TECNOLOGIA I tempi di scatto brevi fermano l`azione, ma gli

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TECNOLOGIA I tempi di scatto brevi fermano l`azione, ma gli
TECNOLOGIA
Questione di tempo
I tempi di scatto brevi fermano
l’azione, ma gli otturatori non sono
tutti uguali. Come sta evolvendo un
componente chiave delle fotocamere
l quesito di fondo è
molto semplice: come
fermare un’azione, un
movimento in fotografia?
La regola generale è nota:
se si scatta con tempi di
esposizione molto rapidi si
coglie il soggetto in una
frazione di tempo estremamente breve. Così breve che esso, al sensore
o alla pellicola, appare fermo. Le domanda
diviene allora: quali tempi di esposizione si
dovranno preferire e per quali soggetti? Le risposte saranno molto articolate. Sono legate
alla velocità di spostamento del soggetto, alla distanza tra soggetto e fotografo, alla focale dell’obiettivo usato. Ci è accaduto di non
riuscire a bloccare un’auto di Formula 1, inquadrata da quaranta metri di distanza sul rettilineo delle tribune a Monza e lanciata a 323
Km/h, certificati dalla telemetria di gara,
I
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LUGLIO 2008 FOTOGRAFIA REFLEX
di Maurizio Capobussi
nemmeno scattando con i tempi di 1/1000 di
secondo e di 1/2000. All’opposto, pedalando
in bicicletta, abbiamo potuto congelare perfettamente in fotografia un amico, anch’egli
in bici alla medesima velocità, scattando ad
1/60s. In tale caso la differenza di velocità relativa tra i ciclisti era pari a zero. Naturalmente l’ambiente circostante è risultato filato, con un tipico mosso generato dall’effetto
panning vissuto “dal di dentro”.
La domanda che a questo punto normalmente ci
si pone è semplice: quali
tempi si devono scegliere,
per i diversi soggetti? La
casistica è ampiamente variegata. Due esempi: si sa
che una persona che cammini può essere fermata
facilmente, in fotografia, anche con il tempo
di 1/125. All’opposto, si constata invece che
fotografi che si dedicano a campi specializzati, ad esempio alla macrofotografia di insetti in volo, devono operare con tempi anche
estremamente rapidi. Per scattare ad un’ape
in atterraggio su di un fiore occorre almeno
1/2000. E per fermare il movimento delle sue
ali bisogna spingersi anche molto più avanti,
ad esempio a 1/8000 oppure anche a
1/20.000, un risultato, quest’ultimo, raggiungibile soltanto affidandosi a flash con lampo
A sinistra nella pagina accanto, un millesimo
di secondo è stato sufficiente per bloccare il
cavallo sull’ostacolo. Manifestazione Dieci
Giorni Equestre a Predazzo (TN), ottica
300mm.
A destra, gara ciclistica. Ripresa con
fotocamera digitale compatta, 1/650s, f/2.8,
focale equivalente a 112mm, 80 ISO. Si nota
un chiaro effetto mosso sui raggi delle ruote.
di durata estremamente breve.
Un altro parametro è poi la regola che i fotografi hanno definito come tempo di esposizione basato sulla “frazione inversa”. Consiste nel fatto che, per evitare il micromosso
dovuto al polso non troppo fermo dell’operatore, è sempre opportuno fotografare con un
tempo di esposizione “pari al reciproco della
focale” dell’obiettivo che si sta usando. Equivale a dire: scattando a mano libera con un
obiettivo normale, da 50mm, non si dovrebbe
mai scendere a valori più lenti di 1/50. Con
un teleobiettivo da 250mm non si dovrebbe
invece scendere sotto 1/250. E così via. La
regola non soltanto si è confermata valida anche per le fotocamere digitali ma, dice l’esperienza sul campo, deve essere osservata
con ancora maggiore scrupolo. Soprattutto le
reflex digitali con sensori di grandi dimensioni (24x36mm) e ad alto numero di pixel si
sono confermate molto vulnerabili al mosso.
Dunque, con esse è spesso opportuno adottare tempi anche leggermente più brevi di quelli consigliati nel campo dell’analogico. La
scomodità è tuttavia tranquillamente aggirabile, perché nel mondo digitale è davvero elevata la qualità di immagine anche a sensibilità Iso elevate. La crescita degli Iso utilizzabili, e la sempre crescente riduzione dei disturbi che è data dal rapido miglioramento
dei software, soprattutto dei firmware delle
reflex digitali d’alta classe, è di straordinario
aiuto. I 400 Iso di una recente reflex digitale
competono efficacemente con i 100 Iso delle
pellicole di ieri e permettono quindi di ricorrere, senza particolari difficoltà, a tempi d’esposizione più brevi.
Guardando alla pratica sul campo non c’è
1/1000
La BMW accelera all’uscita della corsia dei box ed uno scatto ad 1/1000s è sufficiente per
fornire un’immagine perfettamente disegnata. In basso a sinistra, l’ingrandimento di un
particolare testimonia la nitidezza del risultato. In basso a destra il dettaglio di un successivo
scatto fatto con 1/250s. Nonostante il tempo relativamente breve, l’otturatore non è riuscito a
contrastare l’effetto mosso.
1/250
FOTOGRAFIA REFLEX LUGLIO 2008
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AUMENTARE IL MOSSO
È certamente vero che ricorrendo a tempi di esposizione più lunghi si
aumenta l’effetto mosso su soggetti in movimento. Ma è anche vero
che un effetto scia può essere esaltato, o creato ex-novo, anche con il
fotoritocco. Qui una moto in fuoristrada, ripresa con un tempo lento e
quindi già leggermente mossa, è stata ripresa con una compatta digitale. Il file, aperto a video nel computer, è stato trattato con Adobe Photoshop attivando prima una funzione di riquadro della superficie da ri-
toccare, isolata con l’utensile lazo poligonale. Poi, sulla superficie così
individuata, sono state applicate le funzioni Filtri > Sfocatura > Effetto
movimento. Nella finestra di lavoro è stata regolata la Distanza in pixel
verificando l’effetto con l’Anteprima ed è stata inclinata la scia del
mosso regolando l’Angolo sul valore, in questo caso, di -12°. Volendo,
lungo i bordi della scia si possono anche eseguire piccoli ritocchi di perfezionamento con l’utensile Cerotto, oppure Timbro.
In risultato
finale: al
mosso
generato in
ripresa si è
aggiunto un
evidente
effetto scia
ottenuto in
fotoritocco.
A sinistra, il motociclista è stato ripreso ad 1/40s, f/4.5, 200 ISO, con una
compatta digitale. Con il risultato di
ottenere un leggero, ma evidente, effetto mosso.
Il file è stato aperto in Adobe Photoshop (sopra) e, su di un’area individuata con l’utensile Lazo poligonale,
è stata attivata la funzione Filtri >
Sfocatura > Effetto movimento.
La Canon EOS 450D
monta un otturatore a tendine metalliche verticale, davanti ad un sensore a scansione
progressiva. La
prontezza
di
scatto è comunque
elevata.
Dettaglio
otturatore a
lamelle
metalliche a
scorrimento
verticale,
della Canon
EOS 450D.
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LUGLIO 2008 FOTOGRAFIA REFLEX
dubbio che un tempo d’esposizione breve sia
utile per bloccare un’azione. Ma, osserviamo,
è importante, o meglio indispensabile, anche
per un altro scopo: quello di consentire alla
fotocamera di operare ad elevate velocità di
raffica. È inutile disporre di una reflex digitale di ultima generazione, capace di 10 fps, se
quando la si usa non si impostano tempi di
esposizione estremamente brevi. La raffica
veloce è eseguibile soltanto se è rapida la movimentazione della meccanica che sovrintende al ribaltamento dello specchio e all’apertura dell’otturatore. Questa viene raggiunta
soltanto con tempi molto brevi.
L’altro aspetto, da non sottovalutare, è poi
il ritardo di scatto. È un parametro
importantissimo, non soltanto per i fotografi sportivi ma
anche, ad esempio, per chi
vuole scattare a bambini che
giocano. Diciamo che la vecchia battuta “ho scattato al
mio cane che correva, ma in
fotografia ho registrato soltanto la coda” può ancora essere valida. Però la situazione
è in evoluzione. Oggi le migliori reflex digitali rispondono allo scatto con una
prontezza che eguaglia, e in
qualche caso supera, le reflex
analogiche. La difficoltà in-
vece rimane, e la situazione è critica, soltanto nel mondo delle compatte digitali, spesso
disastrosamente lente. Per esse, vale il consiglio di rimediare per mezzo di una pre-focheggiatura. È valido, perché il limite operativo in questi casi risiede, di solito, non tanto
nella rapidità di risposta dell’otturatore quanto nella lentezza dell’autofocus. Basta dunque focheggiare sul punto in cui si prevede
che transiterà il soggetto, eventualmente
escludendo l’autofocus, attenderlo al varco e
infine scattare.
Fino a qui, gli aspetti della pratica sul campo. Quanto poi agli otturatori adottati sulle
fotocamere digitali, qualcosa sta cambiando
e, per chi guarda all’evoluzione tecnologica,
può essere interessante approfondire il tema.
Otturatore elettronico? Esiste un dubbio
ricorrente, quando si parla di fotocamere digitali. Questo: tenuto conto che il sensore digitale ha preso il posto della pellicola, è ancora necessario disporre di un dispositivo di
otturazione meccanica, collocato davanti al
sensore? Perché le fotocamere non controllano l’esposizione semplicemente attivando
e disattivando, elettricamente, il sensore
stesso? Se lo facessero, non avrebbero bisogno di un meccanismo costoso, certamente
complicato da costruire. È un meccanismo
che, secondo i fotoriparatori, è molto esposto a guasti.
Ebbene, alcune fotocamere digitali com-
patte, anche di classe economica, hanno già
compiuto questo passo. Hanno sposato la tecnologia dell’otturazione strettamente elettronica e dunque montano un sensore che attua,
da solo, la funzione di otturatore.
Per esplorare il mondo degli otturatori sposati ai diversi tipi di sensori digitali ci rifacciamo qui a dati divulgati da Kodak, azienda che produce sensori di classe elevata
adottati su fotocamere di alta classe (ad
esempio Hasselblad e Leica M8) oltreché
sensori di classe economica per compatte
digitali. E a dati della Lumenera Corporation di Ottawa, azienda canadese specializzata in fotocamere digitali di alto livello,
scientifiche, militari, di sorveglianza.
Esclusivamente elettronico. In passato,
l’otturatore elettronico era quello “a controllo elettronico”, cioè con un sistema elettronico che garantiva la precisione dei tempi
di esposizione. L’elettronica pilotava, comunque, un otturatore meccanico. Assicurava
precisione di funzionamento, meglio dei
sistemi ad orologeria con molle ed ingranaggi. Oggi è diverso. Il termine otturazione elettronica, su di una fotocamera digitale, sottintende la capacità del sensore di
determinare la durata dell’esposizione, in
modo autonomo. Non c’è più bisogno di
un sistema meccanico. L’otturatore elettronico funziona, in questo caso, in diversi
modi che è interessante analizzare.
Con sensore CCD, con otturazione elettronica. Il sistema è basato su di un sensore
CCD che funziona in modalità a scansione
progressiva. Di che si tratti, è presto detto:
nel sensore, tutti i singoli fotodiodi (pixel)
captano la luce contemporaneamente. Sviluppano, proporzionalmente alla quantità di
luce che ricevono, segnali che generano quelle che sono definite “cariche elettriche”. Alla
fine del momento di ripresa tali cariche vengono trasferite, simultaneamente, ad aree di
immagazzinamento nel sensore stesso e poi
vengono lette contemporaneamente. Dopo
l’esposizione e dopo lo scaricamento dei segnali ogni residua informazione sul sensore,
e sui circuiti di controllo, viene rimossa. Il
sensore appare “pulito”.
Ecco il punto: in questo tipo di soluzione
l’elettronica trionfa e la presenza di un otturatore meccanico non è richiesta. Il metodo è
moderno, è efficace, comporta la presenza di
un’elettronica di elevata qualità. È un sistema
che viene convenzionalmente definito come
Global Shutter: l’otturatore esegue una registrazione globale, contemporanea, di tutta la
scena inquadrata. In breve: siamo in presenza
di un vero otturatore elettronico, a volte adottato su digitali compatte. Le voci di corridoio
insistono a dire che molte aziende guardano
con sempre crescente attenzione a questa soluzione, esaminando la possibilità di applicarla non soltanto su apparecchi compatti ma
anche su reflex.
Con sensore CCD, con scansione inter-
LA DISCREZIONE ABITA QUI
Le fotocamere Leica M8 sono ottime digitali a telemetro, con sensore da 10 megapixel. Ma sono state criticate dai fotografi: lo scatto del loro otturatore, a tendine metalliche ed a scorrimento verticale, è risultato più rumoroso rispetto a quello dell’otturatore a tendine in stoffa gommata, a scorrimento orizzontale, che in passato ha fatto la fama delle Leica a telemetro analogiche.
Per quest’ultimo si è sempre parlato di un sussurro, non di un
rumore: la silenziosità, la massima discrezione, sono sempre
state componenti importanti a favore del mito Leica.
La critica, per un fotocamera da 4700 euro senz’ottica, non è
di poco conto. Ma è destinata a tramontare. L’ultima notizia è
che i tecnici di Solms hanno preso di petto il problema ed
hanno studiato un nuovo otturatore con soluzioni meccaniche raffinate, molto perfezionate per quanto riguarda lo scorrimento della prima tendina. Cinematicamente, la movimenLeica M8, digitale a telemetro
da 10MP. La casa ha comunica- tazione di tutti i meccanismi è stata resa più fluida. Assicura
to la possibilità di sostituire minore inerzia nelle operazioni della fase iniziale di scatto e
l’otturatore della macchina con nella frenatura della prima tendina. Il risultato: un otturatore
una nuova versione molto più che al momento della ripresa trasmette meno vibrazioni e prosilenziosa. Sotto, anche il di- duce meno rumore. È più discreto anche e soprattutto operansplay può essere modificato.
do con i tempi di otturazione molto lenti, quelli da sempre preferiti dai fotografi che adoperano le macchine a telemetro.
La nuova soluzione soddisferà i fotografi intenzionati ad acquistare una Leica M8 non soltanto per l’eccellenza delle ottiche ma, appunto, anche per la silenziosità. Suscita tuttavia
qualche disappunto presso chi già possiede una M8 di prima
generazione, ancora “rumorosa”. La casa tedesca fa sapere
che propone una via d’uscita. I fotografi interessati potranno
infatti rivolgersi ai centri di assistenza Leica, a partire dal mese di agosto
2008, per farsi sostituire il pure eccellente otturatore attuale con quello di nuova progettazione.
Costo dell’intervento: circa 800 euro, con diritto ad
una estensione di garanzia di un anno.
La riduzione del rumore, e delle vibrazioni, è una
dote importante. È decisiva anche per garantire a
Leica il mantenimento della fama di fotocamera
per scatti colti al volo ed a luce ambiente, con la
massima discrezione e con tempi lenti. Tra l’altro,
la fotocamera è costruttivamente piuttosto massiccia, un aspetto che favorisce la stabilità e dunque la qualità nelle lunghe esposizioni.
Non basta. Annunciando la nascita del nuovo otturatore, i progettisti Leica hanno segnalato la
possibilità di un altro up-grading, cioè del miglioramento del livello qualitativo delle macchine già
vendute. È la possibilità di applicare un rivestimento in vetro zaffiro, soluzione oggi esclusiva e
di alta classe, sul visualizzatore LCD. Il vetro zaffiro, in termini di durezza, è inferiore soltanto al dia- I grafici tratti da misurazioni compiute
mante. Rende il monitor immune da graffi anche nei laboratori tedeschi di Leica, a Solms.
mostrano il comportamento
se viene a contatto con granelli di sabbia, pietre, dell’otturatore di tipo vecchio e di
oggetti metallici e così via. I tecnici assicurano che quello di tipo nuovo, in entrambi i casi
la visione sullo schermo LCD apparirà sempre inal- scattando con il tempo di 1/30s.
terata brillante anche dopo anni di utilizzo. Al pun- L’accelerazione e la decelerazione delle
to da farlo apparire sempre “come nuovo”. Il co- tendine trasmette energia al corpo della
sto dell’applicazione del vetro zaffiro è pari a 750 fotocamera. Questa si traduce in
euro. A chi farà eseguire il doppio intervento, cioè possibilità di vibrazioni e in una
la sostituzione dell’otturatore e l’applicazione del generazione di rumore. È stata misurata
e, come si vede, è evidente che il
vetro zaffiro, verrà anche riservato uno sconto. Pacomportamento del nuovo otturatore è
gherà una tariffa forfetaria di 1120 euro Info: Lei- più favorevole soprattutto nella fase
ca Polyphoto SpA (via Cesare Pavese 11/13, 20090 iniziale dello scatto e cioè al momento
Opera Zerbo (MI); tel: 02.53.00.21; fax: dell’apertura della prima tendina.
02.576.091.41; [email protected].
FOTOGRAFIA REFLEX LUGLIO 2008
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L’OTTURATORE E IL FLASH
Nelle riprese con il flash è sempre stato molto importante sincronizzare correttamente l’emissione del lampo con l’apertura dell’otturatore. Le tre diverse soluzioni qui illustrate mostrano come
avvenga la sincronizzazione con otturatori di tipo Rolling Shutter, oppure Half-Global Shutter o
Global Shutter. descritti nell’articolo.
Si tratta di grafici nei quali il riquadro rosso rappresenta l’ampiezza del tempo necessario ad una
esposizione totale del fotogramma. Nel primo riquadro è mostrato il tempo di lettura della prima
riga (o del gruppo di prime righe lette contemporaneamente). Nel secondo riquadro viene mostrato il tempo di scansione della riga (o righe) successiva, per completare l’esposizione.
Rolling Shutter
Fase 1: inizia e si conclude la prima lettura.
Fase 2: prima che si concluda la lettura della Fase 1, inizia la seconda lettura, che completa poi la
registrazione.
Fase 3: ecco, al momento della partenza della Fase 2, che viene attivato il lampo del flash. Comporta un ritardo, nel tempo di accensione, ma è interessante notare che la durata dell’emissione del lampo flash deve essere tale da abbracciare un momento in cui siano in fase di registrazione tutte le righe del sensore, sia quelle della Fase 1 sia quelle della Fase 2.
I problemi tecnici sono due: in primo luogo
c’è quello che l’accensione del flash deve
essere leggermente ritardata, proprio per
sincronizzarsi con la Fase 2; infatti quando il
flash non è ancora scattato succede che le
righe della Fase 1 sono già in registrazione.
Poi, succede che se la luce ambiente è molLo schema di funzionamento per un otturatore
to forte può accadere che una parte dell’imtipo Rolling Shutter, la versione più semplice e
magine risulti leggermente sovraesposta (il
più economica.
rischio è minore con diaframmi chiusi).
Half-Global Shutter
Fase 1: inizia e si conclude la prima lettura.
Fase 2: inizia contemporaneamente alla Fase 1 ma poi prosegue la registrazione anche quando la
Fase 1 è conclusa.
Fase 3: al momento della partenza della Fase 2 (e sostanzialmente anche della Fase 1), viene attivata l’accensione del flash. Il ritardo di accensione è minimo. La durata della Fase 3 copre
agevolmente sia la Fase 1 sia la Fase 2.
Problemi tecnici: è vantaggioso il fatto che l’accensione del flash avvenga in pratica quando inizia l’esposizione sia della Fase 1 sia della
Fase 2, cioè con elevata prontezza. Lo svantaggio è che, anche a flash spento, la Fase 2
prosegue a registrare: se la luce ambiente è
molto forte può accadere che l’immagine
presenti una sovraesposizione, variabile anche in base all’apertura di diaframma (che
condizione la luce ambiente). È un buon otLo schema di funzionamento per un otturatore
turatore ma non raggiunge ancora la perfetipo Half-Global Shutter, versione semplificata
zione.
del tipo Global.
Global Shutter
Fase 1: inizia e si conclude la prima lettura..
Fase 2: inizia e si conclude anche la lettura di tutto il resto del sensore. Per essere più precisi succede, in pratica, che tutto il sensore viene attivato contemporaneamente su tutta la sua superficie.
Fase 3: salvo un brevissimo ritardo di sincronizzazione viene attivata l’accensione del flash
nello stesso momento in cui il sensore inizia a riprendere la scena. La durata del
lampo coincide, sostanzialmente, con la
durata di esposizione del sensore per la
luce continua (un tempo che può anche
essere molto breve). Non esistono difficoltà di sovraesposizione anomala. La soLo schema di funzionamento dell’otturatore Glo- luzione di otturazione Global Shutter è
bal Shutter, il tipo più raffinato che permette di quella più raffinata, più versatile e pratica
fare a meno di un otturatore meccanico ausiliario. sul campo.
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LUGLIO 2008 FOTOGRAFIA REFLEX
lacciata. Se il sensore digitale non funziona a
scansione progressiva ma adotta una scansione interlacciata, le cose cambiano. Anche
qui, come accade nel caso della scansione
progressiva, prima di ogni scatto i fotodiodi
vengono resettati per essere pronti per una
nuova ripresa. Però, alla fine di ogni ripresa,
succede che le cariche elettriche memorizzate in corrispondenza di ciascuna riga di fotodiodi, non vengono scaricate tutte contemporaneamente. Ecco: le righe dispari e quelle
pari, originate dai segnali dei pixel, sono scaricate in momenti differenti, sfalsati. Ne deriva che il fotografo non può disporre di una
vera otturazione elettronica istantanea. Ecco
dunque il punto critico: la fotocamera in questo caso è obbligata a disporre anche di un otturatore meccanico, magari di costruzione
semplificata, per potere scattare fotografie.
Il sistema a scansione interlacciata ha il
vantaggio di essere molto meno costoso ed è
particolarmente diffuso su fotocamere digitali compatte di classe economica.
Con sensore CMos a scansione a scorrimento. Un’altra promettente famiglia di sensori ha da tempo affiancato quella dei sensori CCD. È quella dei sensori CMos. Su questi
componenti è abbastanza diffuso il metodo di
funzionamento definito di otturazione a scorrimento. In gergo è spesso descritto come sistema Rolling Shutter.
Consiste in una esplorazione progressiva
del sensore, condotta ad esempio leggendo riga dopo riga il CMos, dall’alto verso il basso.
È un funzionamento che assomiglia a quello
di un classico otturatore meccanico a tendine,
a scorrimento verticale. Le righe, o gruppi di
righe, vengono scaricate in successione anche piuttosto rapida (il tempo intercorrente
tra l’azzeramento della lettura di una riga e
l’inizio della lettura della riga successiva viene definito tempo di integrazione). Variando
la velocità di scaricamento, cioè variando il
tempo di integrazione, si può modificare la
durata dell’esposizione e le regolazioni possibili sono molto ampie.
La lettura può essere veloce, cioè una riga
può essere resettata quando si inizia a leggere la riga successiva (single line), oppure può
essere molto più lenta, e in questo caso la prima e tutte le righe successive vengono resettate quando tutto il sensore ha captato la luce.
In questo caso si arriva all’ultima riga e subito si ricomincia una nuova scansione partendo dalla prima riga (metodo full frame time).
Il sistema Rolling Shutter è valido e non è
troppo costoso. Ma quando viene impiegato
per fotografare (o anche per riprendere con
una videocamera) soggetti che siano in rapido movimento, può dare luogo ad un inconveniente. È quello della deformazione dell’immagine: poiché viene registrata in tempi
diversi, come conseguenza di una esposizione a righe che scorrono dall’alto verso il basso, viene ricostruita sotto forma di una fotografia deformata. È un effetto analogo a quel-
lo che conoscono molto bene, da lungo tempo, i fotografi che impiegano fotocamere
analogiche equipaggiate di otturatori a tendine sul piano focale, se si cimentano nella fotografia sportiva con soggetti che si muovono
molto rapidamente.
Con sensore CMos con global shutter. È
la soluzione che potremmo definire più evoluta, basata su una vera otturazione elettronica adottata su sensori CMOS. Assomiglia all’analoga otturazione elettronica effettuata su
sensori CCD. Anche qui, dopo ogni ripresa e
alla fine del tempo di integrazione, il sensore
viene scaricato in blocco. I segnali vanno in
un’area di immagazzinamento simultaneo
delle cariche. Poiché non si verificano differenze di tempo nel corso dello scaricamento
di queste o quelle aree di ripresa, il metodo
non introduce deformazioni nelle immagini.
È realmente un valido ed efficace otturatore
elettronico.
Esiste anche una soluzione intermedia, battezzata Half Global Shutter. Si presenta come
un Global Shutter un poco meno raffinato: la
lettura delle righe successive alla prima inizia
contemporaneamente a questa ma prosegue
anche dopo che la prima riga è stata scaricata. Permette una semplificazione costruttiva.
A Manila, una foto ricordo ad una caratteristica Jeepney delle Filippine eseguita con un
otturatore del tipo Global Shutter, senza distorsioni.
A sinistra, per confronto, la stessa foto ottenuta con un otturatore tipo Rolling Shutter,
che introduce un effetto di distorsione sul
veicolo in rapido movimento.
Tuttavia, la versione Global Shutter è comunque è operativamente migliore.
Considerazioni pratiche. Per i fotografi,
disporre di un otturatore esclusivamente elettronico, capace di sostituire e di rendere superflua la presenza di un otturatore meccanico è un traguardo allettante. Per molti motivi:
l’assenza di meccanica rende assolutamente
silenziosa l’azione di scatto e permette di fotografare con assoluta discrezione. È un van-
taggio notevole se, ad esempio, si fotografa a
teatro. In più, l’assenza di meccanismi complessi rende più robusta la fotocamera. La
macchina è meno esposta ad usura ed è in
grado di sopportare gli urti, magari anche le
cadute. In più, la precisione della durata d’esposizione può essere molto elevata.
Tuttavia osserviamo che la realizzazione di
una fotocamera davvero “senza meccanica”
non è proprio a portata di mano. Soprattutto
se la macchina è reflex si deve tenere conto
della presenza dello specchio ribaltabile e dei
suoi tempi di movimentazione. Per i progettisti è spesso preferibile affidarsi ad un otturatore meccanico a lamelle, il cui sgancio è attivato dallo stesso specchio reflex quando arriva a fine corsa verso l’alto. In più, si sa che
è particolarmente costoso realizzare sensori a
scansione progressiva che siano di grandi dimensioni.
Ancora: non è facile controllare i possibili
effetti di surriscaldamento di un sensore di
questo tipo quando si scatta con tempi di
esposizione lunghi. Insomma: è vero che
qualche otturatore completamente elettronico
è stato installato sulle fotocamere compatte
ed è certamente lecito sperare che una simile
soluzione possa progressivamente migrare
sulle reflex. Ma non sembra che questo traguardo sia portata di mano in tempi brevi.
Tuttavia, qualche motivo di ottimismo esiste: l’evoluzione dei sistemi Live View ha obbligato a sviluppare soluzioni nuove. Per funzionare bene, si sa che i sistemi Live View
hanno richiesto sensori poco soggetti al surriscaldamento anche in caso di pose lunghe,
che effettivamente sono stati realizzati. È uno
spiraglio che dimostra come la ricerca sia in
corso e che lascia bene sperare.
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