Cl in Spagna: quando un Encuentro ti cambia la vita
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Cl in Spagna: quando un Encuentro ti cambia la vita
PROTAGONISTI 3 26 agosto L’entusiasmo della fondatrice delle comunità di recupero “Cenacolo” ha conquistato il popolo ciellino Sister Act si chiama Elvira Incontrandola non si può non chiedersi quale elisir abbia ingerito. Suor Elvira Petrozzi, porta i suoi 70 anni con la vitalità di una ventenne innamorata. I suoi occhi raggianti, coprono addirittura le rughe del suo volto, per vederle bisogna starle a un palmo di naso. Nell’83 Elvira fonda Cenacolo, comunità di recupero, che oggi conta 56 case nel mondo. Ieri, durante uno degli incontri del ciclo “Si può vivere così”, che quotidianamente presenta ospiti diventati protagonisti per aver assecondato il fatto cristiano, Elvira si è raccontata alla folla. È rimasta in piedi per mezz’ora, gesticolando e sudando gioia, tremante per la commozione e per il continuo movimento. «Sono felice di essere qui a testimoniare la bellezza della vita, che è gioia e amore». E che non sono parole superficiali, da “suorina” che non ha sperimentato la durezza della realtà, lo si capisce immediatamente quando, alzando le mani consumate, ammonisce il popolo ciellino: «I giovani hanno bisogno dell’amore vero. Voi genitori non potete pensare di amare perché lasciate scegliere ai figli il gusto del gelato che preferiscono». Nella sua comunità di recupero offre come unica cura Cristo: «mi sentirei una ladra se non dessi loro quello che ha curato me». Poi esce dal padiglione con l’accompagnatrice esasperata, perché quella donna non riesce a staccarsi dalla folla. Le consegnano lettere, la ringraziano e lei risaluta, tendendo le braccia per accarezzare ogni viso. Tratta tutti, con un atteggiamento che solitamente si assume con amici di vecchia data, che non si vedono da troppo tempo. Poi l’hostess riesce a strapparla alla gente per attraversare la fiera, dove l’aspettano in un altra sala i “suoi ragazzi”. Intanto, i volontari la circondano per accompagnarla, ma lei ne scansa uno sulla cinquantina, e al «sei troppo vecchio per queste co- I suoi ragazzi li cura senza medicine ma con la fede: «Mi danno della pazza, la se la malattia è dell’anima, solo il suo Creatore la può curare. Dio? È una violenza nasconderlo non proporlo». se», prende il suo posto e comincia un girotondo saltellante con il cordone, ritmato dal “tubighi” intonato per lei dalla folla. E la domanda sul segreto di quel “vivere così”, non si placa, anzi, si acuisce nello stare con una che sprizza di gioia, quando poco prima, ha ricordato le sue sofferenze. È infatti cresciuta con un padre alcolizzato Elvira, e con una madre assente per lavoro: erano 7 le bocche da sfamare. Ma se ieri si vergognava, oggi è felice della sua storia, e di aver obbedito alle pretese di quel padre malato, per cui attraversava le strade nella notte in cerca di sigarette, che se non arrivavano erano “botte”. Ma a detta sua, è stato lui il primo drogato che la provvidenza le ha donato: per imparare a non avere paura, ad obbedire e a sacrificarsi, doti necessarie alla Comunità: per lei non esiste orario in cui smettere di darsi. Poi a 19 anni capisce, fidanzata, che uno non le poteva bastare, e che la sua vocazione era l’amore per tante anime. Non resta che continuare a seguirla verso i “suoi giovani” per capire sempre di più, ma incontrandoli le perplessità aumentano. Sono persone a cui non si darebbe una lira, ribelli che cambiati dall’incontro con lei, vivono la sua regola: sveglia alle 6 per pregare, lavorare e condividere la vita. Il buon senso dice che a “vivere così”, farebbe fatica anche chi è definito socialmente normale. Eppure quella è gente felice. E ancora, davanti a quei miracoli, guariti senza medicine, le domande si potenziano. «È stata un’intuizione», dice lei, «non l’ho mollata, anche se mi davano della pazza, la medicina aiuta, ma se la malattia riguarda l’anima è solo il suo Creatore che la può guarire. È un atto di onestà il mio. Dio? È una violenza nasconderlo, non pro- Il ciclone suor Elvira Petrozzi tra i volontari del Meeting. porlo, perchè è Lui l’unico in grado di riempire il cuore». E poi anche smettessero di “farsi”, non sa- India: due cristiani bruciati vivi Gravi episodi di violenza di gruppi di induisti ai danni di alcune comunità cristiane sono accaduti ieri a Khuntampali, nella regione indiana dell’Orissa: nei più gravi di questi, sono stati arsi vivi una donna ed un uomo. La donna, Rajnie Majihie, poco più che ventenne, sarebbe rimasta intrappolata nell’incendio appiccato all’orfanotrofio presso cui lavorava, mentre l’uomo Rasananda Pradhan sarebbe morto tra le fiamme appiccate nella sua abitazione, nel villaggio di Rupa. Oltre a questi due eventi, sono state registrate in tutta la regione numerose azioni di violenza contro diversi cristiani: edifici distrutti e saccheggiati, gente aggredita, auto e pulmini dati alle fiamme. Del gesto sarebbero stati artefici un gruppo di estremisti indù esponenti del gruppo Vhp (Vishwa Hindu Parishad). Questa esplosione di violenza, iniziata già da domenica, sarebbe legata all’uccisione del leader radicale indù Swami Laxanananda, avvenuta il 23 agosto, e per la quale sarebbero stati accusati alcuni cristiani. La notizia è rapidamente giunta anche qui al Meeting, proprio ieri, giorno in cui era prevista la conferenza stampa del Ministro degli Affari Esteri Franco Frattini con Jean-Louis Tauran, presidente Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Frattini, in serata, ha espresso «ferma condanna» per i «gravissimi e ingiustificabili gesti di violenza» augurandosi che le autorità indiane perseguano rapidamente i responsabili assicurandoli alla giustizia. E.M. rebbe sufficiente ad una donna che non è al mondo per sopravvivere, ma per essere felice e ridonare il bene di cui è oggetto. Forse il segreto si è svelato un po’di più nel seguirla una giornata. Elvira è una persona semplice, che spesso chiede aiuto ai giornalisti per trovare le parole. Elvira è una che come tutti ha sofferto e gioito, come tutti ha le sue doti e i suoi limiti, ma come pochi, ha abbracciato la sua storia tutta intera. È così che è arrivata a parlare del suo “Innamorato”, come lo chiama lei, in modo tanto familiare e della resurrezione che accade dove nessuno la cerca: ragazzi persi, che ritrovano se stessi nella fede. «Sono contenta che ci sei» grida ad uno dei suoi, «altro che rabbia contro i tuoi genitori, meno male che c’è stato quell’atto d’amore e quello spermatozoo benedetto, per cui sei qui!». Benedetta Frigerio Cl in Spagna: quando un Encuentro ti cambia la vita Josè Miguel Oriol racconta la nascita del Movimento in terra iberica, attorno a una piccola casa editrice che oggi ha 30 anni «Quando ho incontrato Oriol per la prima volta portava un poncho colorato, me lo ricordo come fosse ieri.» Giancarlo Cesana apre con un aneddoto l’incontro con Josè Miguel Oriol, fondatore della casa editrice Encuentro, sulla nascita di Cl in Spagna. Lo spazio del “Caffè letterario” è gremito di gente, ma trovare un altro italofono è un’impresa: la comunità ciellina spagnola al completo è radunata a fare memoria delle proprie origini. D’altra parte, gli albori della storia del Movimento iberico coincidono con i primi anni di vita di questa piccola casa editrice, che proprio nel 2008 festeggia il trentesimo compleanno. Correvano gli anni ’70 quando O- riol, che lavorava presso un altro editore, giunse a Francoforte in occasione della Fiera del libro, dove lo stand della Jaca Book attrasse la sua attenzione: «Mi colpì la continuità del progetto editoriale, ma soprattutto l’unità di esperienza della gente che lavorava lì – racconta Oriol - iniziai così una conversazione con loro ed ebbi la percezione che era la certezza sull’identità che generava quell’immediatezza nel rapporto con me». Una chiacchierata che gli cambia la vita: Oriol si trasferisce a Milano e una sera viene invitato a cena “dal vecchio” (leggasi don Giussani). Una cena che dura quattro ore e da cui inizia un percorso che lo porta alla L’estremeño don Julián Carrón. fondazione di Encuentro. Perchè una casa editrice? Lo spiega Cesana: «Una casa editrice parla al popolo spagnolo attraverso i suoi libri; per questo ogni scelta deve essere sostenuta da ragioni forti». «La mia famiglia era profondamente cattolica, io sono cresciuto in un contesto segnato da questa tradizione – racconta Oriol – ma per me significava solo un cumulo di dogmi e regole morali. Pian piano, vedendo quelle che don Giussani definirà “conversioni non morali ma ontologiche, che ribaltano l’essere” di tanti adulti in Spagna, è nata in me una domanda sommessa sul cristianesimo che ha trovato risposta nell’in- contro col Movimento.» L’incontro che cambia la vita di Oriol dà origine alla linea editoriale. Ma anche a una svolta inaspettata: sono i libri editi ad attrarre l’attenzione di alcuni preti, tra cui quella di Juliàn Carròn, del movimento Nuova Terra. Nasce così un rapporto che prima è di amicizia e rispetto, ma poi finisce per cambiare la storia: incontrando Giussani, Carròn capisce che non ci sono ragioni per cui Nuova Terra non debba confluire nella storia di Comunione e Liberazione. Esattamente come è successo qualche mese fa, a Cleuza Ramos e Marcos Zerbini dei Sem Terra. Roberta Cassina