Allegati PDTA ipertensione ASL MIlano luglio 09
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Allegati PDTA ipertensione ASL MIlano luglio 09
Allegati PDTA Ospedale–territorio per il paziente con Ipertensione di prima diagnosi All. 1 - Metodologia e LG internazionali utilizzate All. 2 - Grading delle principali LG utilizzate All. 3 - Misurazione della PA: bibliografia e scheda di automonitoraggio All. 4 - Diagnosi e relativa bibliografia All. 5 - Prevenzione e terapia non farmacologica e relativa bibliografia All. 6 - Terapia farmacologica e relativa bibliografia All. 7 - Bibliografia di Urgenze ipertensive in MG All. 1 - Metodologia e LG Internazionali utilizzate La Banca dati comparativa del Sistema Nazionale Linee Guida (LG) ha pubblicato il 29 settembre 2008 un documento di confronto (www.pnlg.it/bdc_ipertensione_arteriosa), utilizzato come base per il PDTA. Anzitutto una revisione sistematica della letteratura ha portato al reperimento di 2687 voci bibliografiche: da queste sono state selezionate e valutate qualitativamente 9 LG complete, pubblicate fino a maggio 2008, mentre non ne sono state approfondite altre 25, in quanto focalizzate esclusivamente su un aspetto specifico della malattia (diagnosi, prevenzione, gestione complicanze, ecc.). Fra le 9 LG che si occupano di tutti gli aspetti relativi al management dell’ipertensione è stata fatta un’ulteriore selezione di 5 LG ordinate in base alla validità interna, quantificata utilizzando i punteggi ottenuti con il metodo AGREE. Si sono così analizzate le LG con il punteggio più elevato, insieme ad altre largamente conosciute e utilizzate. • NICE 2006 - National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE). NICE clinical guideline 34 Hypertension: management of hypertension in adults in primary care (partial update of NICE clinical guideline 18). 2006. • CHEP 2003-2008 - Canadian Hypertension Education Program (CHEP). Management and prevention of hypertension in Canada. 2003-2008 • VA/DoD 2004 - Department of Veterans Administration / Department of Defense (VA/DoD). The Management Of Hypertension In The Primary Care Setting Working Group. Va/Dod clinical practice guideline for the diagnosis and management of hypertension. 2005 • JNC VII 2004 - National High Blood Pressure Education Program. Seventh Report of the Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure. NIH Publication No. 04-523, 2004 • ESH/ESC 2007 - Versione ufficiale in lingua italiana di The Task Force for the Management of Arterial Hypertension of the European Society of Hypertension (ESH) and of the European Society of Cardiology (ESC). 2007 Guidelines for the Management of Arterial Hypertension. Journal of Hypertension 2007; 25:1105-1187 1 Il PDTA utilizza affermazioni tratte dalle suddette LG, riportando come richiesto accanto a ciascuna la fonte e la forza attribuita, dove indicata, rimandando per i riferimenti bibliografici alle LG originarie, consultabili on line. Per argomenti su cui esistono nuovi dati, o incoerenze nella pratica clinica si è inserita una finestra di approfondimento, con esplicitazione di alcune voci bibliografiche a supporto delle affermazioni contenute. 2 3 4 5 ALL. 3 e 4 Misurazione della P.A.: bibliografia (scheda di automonitoraggio …..) - Allison MA et al. A high ankle-brachial index is associated with increased cardiovascular disease morbidity and lower quality of life. J Am Coll Cardiol 2008; 51: 1292 - Cassidy AE et al. Progression of subclinical coronary atherosclerosis: does obesity make a difference? Circulation 2005; 111:1877 - Chobanian AV et al. National Heart, Lung and Blood Institute: National High Blood Pressare Education Program Coordinating Committee. Seventh report of the Joint National Committee on Prevention, Detection, evaluation and Treatment of High BP Hypertension 2003; 42:1206 GL - De Backer G et al. European and Other Societies on Cardiovascular Disease Prevention in Clinical Practice. Eur Heart J 2003; 24:1601. GL - European Society of Hypertension (ESH), European Society of Cardiology (ESC) Linee guida 2007 per il trattamento dell’ipertensione arteriosa. Ipertensione e prevenzione cardiovascolare. Sett. 2007. Vol. 14 Suppl al n° 3 WHO - 2007 "Prevention of Cardiovascular Disease - AIFA – 2008 “ Guida all’uso dei farmaci” - Graham I et al. European guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice: executive summary. Fourth Joint Task Force of the European Society of Cardiology and Other Societies on Cardiovascular Disease Prevention in Clinical Practice (Constituted by representatives of nine societies and by invited experts). Eur Heart J 2007; 28:2375 - Guidelines Committee: 2007 European Society of Hypertension–European Society of Cardiology guidelines for the management of arterial hypertension. J Hypertens 2007; 25:1105 - Heald CL et al. Risk of mortality and cardiovascular disease associated with the ankle-brachial index: Systematic review. Atheroscl 2006; 189:61 - Hodis HN et al. The role of carotid arterial intima-media thickness in predicting clinical coronary eventes. Ann Intern Med 1998; 128:262. OS - Ingelsson E et al. Burden and prognostic importance of subclinical cardiovascular disease in overweight and obese individuals. Circulation 2007; 116: 375 - Koren MJ et al. Relation of left ventricular mass and geometry to morbidity and mortality in uncomplicated essential hypertension, Ann. Intern Med 1991; 114:345. OS - Levy D et al. Prognostic implications of baseline electrocardiographic features and their serial changes in subjects with left ventricular hypertrophy. Circulation 1994; 90:1786. OS - Lorenz MW. Prediction of Clinical Cardiovascular Events With Carotid Intima-Media Thickness: A Systematic Review and Meta-Analysis. Circulation 2007; 115: 459 - Michos ED et al. Women with a low Framingham risk score and a family history of premature coronary heart disease have a high prevalence of subclinical coronary atherosclerosis. Am heart J 2005; 150: 1276 - Seventh Report of the Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure: the JNC 7 complete report. Hypertension 2003;42:1206 - Stein JH, et al. Use of Carotid Ultrasound to Identify Subclinical Vascular Disease and Evaluate Cardiovascular Disease Risk: A Consensus Statement from the American Society of Echocardiography Carotid Intima-Media Thickness Task Force Endorsed by the Society for Vascular Medicine. J Amer Society Echocard 2008; 21:93 - World Health Organization/International Society of Hypertension. 2003 World Health Organization (WHO) 7 International Society of hypertension. J Hypertens 2003; 21:1983. GL 6 Siti web utili per informazioni su automonitoraggio P.A e apparecchi: http://www.dableducational.com/ 7 All. 5 - Prevenzione e terapia non farmacologica (a cura del Gruppo di Lavoro dr.i Donzelli, Guazzi, Manunta, Bertoli) Prevenzione primaria (NB: è affrontata come tale solo dalle LG canadesi del 2008, ma molte delle raccomandazioni ricorrono coerentemente anche nelle altre LG valutate dal SNLG, nel capitolo sulle terapie non farmacologiche, trattato di seguito a questo) Esercizio fisico Prescrivere ai soggetti non ipertesi (per ridurre la possibilità di divenire ipertesi) o a quelli ipertesi (per ridurre la loro PA) di fare esercizio fisico dinamico di moderata intensità (camminare, fare jogging, andare in bicicletta o nuotare) per una durata complessiva giornaliera di 30-60 minuti, 4-7 giorni a settimana, in aggiunta alle attività di routine della vita quotidiana. D CHEP (NB: le nuove informazioni consentono oggi di attribuire al provvedimento una forza B) Attività fisiche di tipo più intenso non sono più efficaci. D CHEP Riduzione del peso corporeo A tutti gli adulti dovrebbero essere misurati altezza, peso e circonferenza addominale e dovrebbe essere calcolato l'indice di massa corporea (IMC) D CHEP Un ampio studio di coorte EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition - Pischon T et al. NEJM 2008; 359:2105) ha seguito per 10 anni 360.000 soggetti di 9 paesi europei, esaminando tra l’altro l’associazione tra IMC, circonferenza vita e mortalità. La circonferenza vita, e in minor misura il rapporto vita-fianchi, sono risultati statisticamente associati con il rischio di morte dopo aggiustamento per l’IMC. I RR di mortalità dei soggetti appartenenti al quintile più alto di circonferenza vita erano maggiori (2,05 per gli uomini e 1,78 per le donne). L’aumento di 5 cm della circonferenza vita era associato a un aumento significativo di rischio per ogni valore di IMC. Ne consegue che, in aggiunta all’IMC, la misurazione della circonferenza vita è utile, in particolare nei soggetti con IMC (relativamente) basso. Il mantenimento del peso forma (IMC 18,5 - 24,9; circonferenza addominale <102 cm per gli uomini e < 88 cm per le donne) è raccomandato per i soggetti non ipertesi al fine di prevenire l'ipertensione, C CHEP e per i soggetti ipertesi per ridurre la PA. B CHEP Consumo di alcol Per diminuire la PA, il consumo di alcool dovrebbe rispettare i limiti indicati dalle "Canadian low-risk drinking guidelines", sia nei soggetti normotesi che ipertesi. Gli adulti sani dovrebbero limitare il consumo di alcol a massimo 2 porzioni al giorno e il consumo settimanale non dovrebbe superare 14 porzioni standard per gli uomini e 9 porzioni standard per le donne. B CHEP In Italia le Linee guida per una sana alimentazione (INRAN 2003- www.inran.it) identificano l’unità alcolica (porzione) in un bicchiere di vino piccolo (125 ml) a media gradazione (12°) o in una lattina di birra media (330 ml) o in un bicchierino da bar (40 ml) 8 di superalcolico. Le quantità che si raccomanda di non superare sono 2 unità alcoliche al dì per l’uomo e 1 per la donna. Raccomandazioni dietetiche Si raccomanda che i soggetti ipertesi o normotesi con aumentato rischio di ipertensione consumino una dieta che privilegi frutta, verdura, latticini a basso contenuto di grassi, fibre dietetiche e solubili, cereali integrali e proteine vegetali a basso contenuto di grassi saturi e colesterolo (Dietary Approaches to Stop Hypertension [DASH] diet - Svetkey LP et al. Arch Intern Med 1999; 159:285). B CHEP Relazione Pressione Natriuresi. E’ dimostrata (Guyton et al. Annu Rev Med. 1980; 31:15) l’importanza della relazione fra pressione di perfusione renale ed escrezione renale di Na nello sviluppo dell’ipertensione. Qualunque sia la causa iniziale o scatenante (nervosa, ormonale, genetico-ambientale) il controllo a lungo termine della PA (sia alta che bassa) comporta un adeguato riaggiustamento di questa relazione. In un individuo sano piccole variazioni pressorie si accompagnano a variazioni dell’escrezione renale di sodio e acqua che tendono pertanto a normalizzare la PA. Viceversa, incrementi di Na nella dieta sono eliminati attraverso variazioni moderate e transitorie della PA e del volume extracellulare. E’ il fenomeno conosciuto come natriuresi da PA. Quando per cause diverse questo feed-back è diminuito, si può sviluppare un incremento della PA. L’aumento della pressione di perfusione è trasmesso ai capillari peritubulari con un aumento della pressione idrostatica nei medesimi, con conseguente riduzione del riassorbimento prossimale di sodio. Nella relazione pressione-natriuresi in condizioni fisiologiche, per ogni incremento dell’introito sodico si ha un corrispettivo aumento dei valori di PA con la pronta escrezione renale del carico di sodio. Le principali caratteristiche della relazione tra queste due variabili, cioè la posizione della curva lungo l’asse della pressione (asse delle X, PAM, nella Figura) e la pendenza della relazione (quest’ultima indica la variazione di PA e la relativa escrezione di Na), permettono di individuare i pazienti con un’ipertensione arteriosa sodio resistente o sodio sensibile. Infatti i soggetti che necessitano di ampie e positive variazioni della PA per eliminare lo stesso quantitativo di Na avranno una ridotta pendenza della curva (linea rossa, parte destra della Figura) e spostata a destra sull’asse delle X (pazienti sodio sensibili). Viceversa, nel caso si verifichi una marcata natriuresi senza aumento dei valori di PA, si avrà una pendenza della curva pressione natriuresi pari a zero o addirittura negativa, e il paziente non avrà bisogno di aumentare la PA per eliminare il carico di Na risulterà sodio resistente (Manunta P et al. Kidney Int. 1998;53:1471). 9 Le prove che suggeriscono un difetto renale derivano da studi eseguiti sui ratti geneticamente ipertesi nei quali l’ipertensione è trasmessa con il trapianto di rene. Numerosi studi epidemiologici (DASH study) hanno inoltre evidenziato il legame tra il contenuto di sodio nella dieta e la prevalenza dell’ipertensione arteriosa. Nei pazienti ipertesi di primo riscontro (Manunta P et al. Hypertension. 2008; 52:366) lo studio della relazione pressione-natriuresi, mediante l’utilizzo del test acuto in associazione con i polimorfismi genetici, permette di predire la risposta alla terapia con diuretico tiazidico. Inoltre: i pazienti sodio resistenti sono più sensibili al trattamento con BB, mentre i Na sensibli alla terapia con ACE-i. DASH è un RCT su 460 soggetti con PA <160/95 assegnati per 2 mesi a una tipica dieta USA (gruppo di controllo), a una dieta ricca di frutta e verdura (8 porzioni in media al dì) o a una dieta ricca di frutta e verdura e di latticini poveri di grassi (combinazione). Quest’ultima ha dato i risultati migliori, nei normotesi e ancor più negli ipertesi Effetti di due diete sulla PA rispetto a una dieta di controllo PA di base Frutta e verdura mmHg PAS PAD variazione PAS PAD • • 140-159 <140 90-95 80-89 - 7,2 * - 0,8 - 2,8 * - 0,3 Combinazione (dieta DASH) variazione PAS - 11,4 * - 3,5 * PAD - 5,5 * - 2 ,1 * * p<0,01 Consumo di sodio Per la prevenzione dell'ipertensione, oltre ad una dieta equilibrata, si raccomanda un consumo di sodio <100 mmol/die (2300 mg, equivalenti a meno di 6 g di cloruro di sodio o sale da cucina) (Vollmer WM et al. DASH-Sodium trial. Ann Intern Med 2001; 135:1019). B CHEP 10 DASH-Sodio è un RCT su 412 soggetti con PA <160/95 assegnati a una dieta di controllo o a una dieta DASH, ciascuna con 3 diversi livelli di introduzione di sodio (basso 1,5 g al dì; medio 2,3 g; alto 3,3 g, cioè rispettivamente meno di 4, di 6 e più di 8 g di sale al giorno). I livelli di sodio erano cambiati ogni 30 giorni negli stessi soggetti (crossover). L’escrezione media di sodio (rilevabile con un utile esame che in Italia costa € 1,70) nei tre gruppi è stata rispettivamente di 66, 107 e 143 mmol al dì. La PA media si è ridotta in maniera proporzionale alla riduzione di sodio (Tab. 1). Inoltre all’ultima misurazione al 30° giorno si stava riducendo ancora. Le diete con poco sodio hanno anche ridotto il mal di testa sia in chi seguiva la dieta DASH (- 30%), sia in chi non la seguiva (- 20%). Tabella 1 – Effetti sulla PA di diete a basso sodio (vs ad alto sodio) PA di base mmHg PAS PAD 140-159 120-139 * p<0,01 90-95 80-89 • • Basso sodio di controllo cambio in PAS - 8,3 * - 5,6 * PAD Basso sodio + DASH cambio in PAS - 4,4 * - 2,8 * - 11,5 * - 7,1 * PAD - 5 ,7 * - 3,7 * La riduzione di sodio alimentare si è mostrata ormai in grado di ridurre la mortalità CCV in modo significativo e in tendenza quella totale nella ricerca (Cook NR et al. BMJ 2007; 334: 885) che ha usato i dati di 2 RCT (TOHP I e II), con follow-up di 10-15 anni dopo il loro termine. In questi RCT adulti di 30-54 anni con pre-ipertensione hanno ricevuto educazione e counseling sulla riduzione del sodio (settimanale di gruppo e individuale per i primi 3 mesi) per 1,5 anni (TOHP I, su 750 persone) o per 3-4 anni (TOHP II, su 2.400 persone). Le riduzioni di sodio sono state rispettivamente >1 g e 0,76 g rispetto ai controlli, e ciò è bastato per avere un rischio corretto di eventi CV ridotto del 30% (IC 95% 0,53-0,94), con risultati simili nei due studi. Mortalità totale: riduzione del 20% (ns) a lungo termine. La mortalità si è ridotta ancor più marcatamente in 3 anni in un ingegnoso RCT (Chang HY et al. Am J Clin Nutr 2006; 83:1289) in cui anziani senza insufficienza renale hanno avuto la sostituzione del cloruro di sodio con un sale al 50% di potassio (vedi approfondimento sul potassio). Per sapere come mettere in pratica una riduzione del sodio alimentare si rimanda alla Pillola di educazione sanitaria n. 21 (Donzelli A e Ronchi L. CIS dicembre 2007) Un’evoluzione degli studi DASH è stato il successivo RCT OmniHeart (Appel LJ et al. JAMA 2006; 294:2455-64) su 164 adulti sani con PA normale-alta o ipertensione di 1° grado (<160/100), randomizzati a seguire in crossover tre diete salutari, povere di grassi saturi, colesterolo e sodio, ricche di vegetali e fibra, per periodi di 6 settimane ciascuna. Una dieta era simile alla DASH, ricca di carboidrati a indice glicemico intermedio (IG circa 70; NB: quello del pane bianco è 100); nelle altre una quota dei carboidrati era sostituita con proteine, in gran parte vegetali (mandorle, proteine del grano, legumi, soia, semi), o con grassi insaturi (soprattutto monoinsaturi: più abbondante olio d’oliva, di cartamo, noci varie, semi) (Tab. 2). Benché la maggior parte dei soggetti fosse in sovrappeso, per non confondere l’interpretazione dei risultati si è chiesto loro di non aumentare l’attività fisica e di mantenere il peso costante, proponendo diete da aumentare in chi perdeva peso. Tabella 2 – Esempi di menù in OmniHeart (cibi considerati di particolare utilità sono evidenziati in verde) carboidrati (58% di calorie, e 15% da proteine) Colazione Succo di pompelmo Cereali alla crusca Latte scremato Banana Dieta ricca di: proteine (25% di calorie, e 48% da carboidrati) Succo di pomodoro Surrogato di uova strapazzate con formaggio sgrassato Bulgur (grano spezzato e germinato) con soia, margarina d’olio d’oliva e uva passa grassi insaturi (31% calorie + 6% saturi, e 48% carboidrati) Succo d’arancia Cereali con uva passa Latte scremato Pane tostato con margarina d’olio d’oliva e marmellata 11 Sandwich di pollo con pane integrale, petto di pollo, maionese Lattuga con olio d’oliva Mandorle e albicocche secche Hamburger vegetariano con salsa Lattuga con fette di pomodoro Sandwich di pollo con pane, petto di pollo, salsa e margarina d’olio d’oliva Patatine all’olio d’oliva Insalata spinaci con pomodoro e salsa d’olio d’oliva balsamico Insalata di broccoli, olio di cartamo Succo di pomodoro Cena Penne con spinaci, pomodori e olio d’oliva, parmigiano, polpettine di manzo Insalata con lattuga, pomodori ciliegia e salsa con olio di cartamo Uva Pasticcio alla menta piperita Piatto messicano con fagioli neri e proteine di grano (seitan) con verdure, pilaf ai 3 cereali (in grani), olio d’oliva Tortilla chip Petto di pollo Arancia Latte scremato Piatto messicano con fagioli neri con verdure, pilaf ai 3 cereali (in grani) con olio d’oliva Tortilla chip Carote Biscotto alle noci Latte scremato Spuntino Mela piccola Yogurt Formaggio cottage senza grassi Mandarini - Mandorle Mandarini Mandorle Pranzo L’adesione è stata alta. Tutte le diete hanno migliorato PA e colesterolo LDL (Tab. 3). Gli ipertesi rientrati nei limiti della norma sono stati il 62% con la dieta ricca di carboidrati e l’80% con quelle ricche di proteine vegetali e grassi insaturi. Lo studio ha dimostrato che, oltre a quanto si sa di sodio, potassio, peso, alcol e ai componenti della dieta DASH, anche la composizione in macronutrienti influenza la PA. E che i risultati della dieta DASH su PA e lipemia si possono migliorare con una parziale sostituzione di carboidrati (che erano a indice glicemico medio-alto, dunque non ottimale) con proteine, in gran parte vegetali, e con acidi grassi insaturi (specie monoinsaturi), provenienti da cibi appropriati. La trasferibilità dei risultati è buona per numero di partecipanti e criteri di inclusione in questi RCT, applicabili a gran parte delle popolazioni occidentali, e per la composizione delle diete con prodotti palatabili e facilmente reperibili (salvo alcuni tipici degli USA, non essenziali). Limiti sono la minor aderenza a queste diete che si avrebbe nella vita reale e la breve durata dei follow-up. Ma ricevere finanziamenti per studi prolungati è difficile se non ci sono in gioco potenti interessi commerciali. In conclusione, secondo la funzione di rischio PROCAM il rischio CV si ridurrebbe del 20% con la dieta tipo DASH e di più del 30% con le altre due. La dimensione degli effetti ha importanza a livello clinico, oltre che di sanità pubblica. Commento. L’effetto sulla PA delle diete presentate è pari o superiore a quello medio di un’associazione di due farmaci antipertensivi (che in una metanalisi di 354 RCT è in media di –14,6/–8,6 mm HG - Law M.R. et al. BMJ 2003; 326:1427), senza contare gli effetti additivi che avrebbe avuto una modica perdita di peso e un aumento dell’attività fisica, che gli studi hanno volutamente escluso, o la selezione di carboidrati a più basso IG. Anche così nell’ipertensione di 1° grado (la più comune) la PA è stata controllata senza farmaci in 4 casi su 5. Anche gli effetti sui lipidi sono stati importanti, benché inferiori a quelli di diete specifiche (Jenkins DJA et al. JAMA 2003; 290:502 e Am J Clin Nutr 2006; 83:582), confermate da un Consenso Italiano promosso dalla Nutrition Foundation of Italy tra tutte le Società Scientifiche (Consensus Document Nutr Metab Card Dis 2008; 18:S1-16) e descritte nella Pillola di educazione sanitaria 24 (Donzelli A, Pepe A, Ronchi L, CIS dicembre 2007), capaci di ridurre del 30% il colesterolo LDL nei soggetti che vi hanno aderito bene per un anno (35% dei reclutati). Assunzione di Potassio, Calcio e Magnesio La supplementazione di potassio, calcio e magnesio non è raccomandata per prevenire o trattare l'ipertensione. B CHEP Tuttavia per quanto riguarda il potassio la raccomandazione potrebbe cambiare, dopo il RCT che ha studiato gli effetti di un sale arricchito al 50% di potassio su mortalità CV e spese sanitarie. Le cucine di una casa di riposo per vecchi veterani sono state randomizzate in due gruppi: sperimentale con sale arricchito di potassio, di controllo con sale normale, con follow up 2,6 anni. I rischi corretti si sono ridotti per la mortalità CV del 41% e per la mortalità totale del 10% (ns) nel gruppo sperimentale. La vita media si è estesa di circa 6 mesi, risultato eccezionale se si considera che l’intervento è durato solo 2 anni e ½, e in soggetti in età avanzata. 12 La spesa sanitaria per ricoveri e patologie CV è stata inferiore di oltre 400 $ (come pure la spesa sanitaria totale). Anche una nuova analisi degli studi TOHP I e II ha mostrato l’azione sinergica dell’aumento del potassio con la riduzione del sodio. Sembra pertanto ragionevole, per chi non adotti un’alimentazione appropriata e non riduca un elevato introito di sale, considerare la prescrizione di un sale misto potassico, in assenza di controindicazioni sanitarie B. Ciò merita particolare considerazione se il paziente sta assumendo DTT o DT in monoterapia, specie a dosaggio pieno. Considerazioni opposte varrebbero se il paziente stesse assumendo farmaci risparmiatori di potassio, o monoterapie con ACE-i o sartani, che possono portare all’iperpotassiemia. All. 5 - Prevenzione e Terapia non farmacologica Gestione degli stili di vita Le modifiche degli stili di vita non dovrebbero essere presentate frettolosamente al paziente. Dovrebbero essere dettagliate e accompagnate da un adeguato supporto comportamentale. È utile rinforzare periodicamente l'importanza dell'intervento non farmacologico. ESH/ESC Si devono offrire indicazioni appropriate e materiale sia scritto che audiovisivo per promuovere modifiche degli stili di vita. B NICE Le modifiche degli stili di vita finalizzati al controllo dell'ipertensione devono essere raccomandate in ogni caso, eventualmente con associazione della terapia farmacologica. B VA/DoD I singoli consigli per la modifica degli stili di vita sono efficaci, tuttavia affrontare più di uno stile di vita contemporaneamente può avere un maggiore impatto nel ridurre la PA. B VA/DoD Una implementazione di successo richiede molteplici visite ed uno stretto follow-up. B VA/DoD Il processo educativo si può condurre su base individuale o all'interno di gruppi che coinvolgano altre professioni sanitarie. B VA/DoD L'empatia da parte del medico aumenta l'autostima, la motivazione e l'aderenza alla terapia da parte del paziente. VA/DoD I medici, nel predisporre la terapia, dovrebbero considerare la cultura e le attitudini individuali di ciascun paziente. VA/DoD Modifiche degli stili di vita per controllare l'ipertensione* • ridurre il peso: mantenere un peso corporeo normale (diminuzione stimata della PA = 5-20 mmHg/10 kg);** JNC VII 13 • • • • adottare la dieta DASH: consumare una dieta ricca di frutta, verdura e latticini a basso contenuto di grassi (saturi e totali) (diminuzione stimata della PA = 8-14 mmHg);** JNC VII ridurre il sale nella dieta: ridurre l'assunzione di sodio a non più di 100 mmol/die (2,4 g di sodio o 6 g di sodio cloruro) (diminuzione stimata della PA = 2-8 mmHg);** JNC VII impegnarsi in un’attività fisica aerobica regolare come una camminata veloce (almeno 30 minuti al giorno, per la maggior parte dei giorni della settimana) (diminuzione stimata della PA = 4-9 mmHg);** JNC VII moderare il consumo di alcol: limitare il consumo di alcol a non più di 2 bevande alcoliche *** (cioè 700 ml di birra, 300 ml di vino o 90 ml di whisky) al giorno nella maggior parte degli uomini e non più di una *** al giorno nelle donne o in persone di basso peso (diminuzione stimata della PA = 2-4 mmHg).** JNC VII (*) Per una diminuzione del rischio CCV, smettere di fumare. (**) Gli effetti dell'implementazione di questi cambiamenti di stile di vita sono dose e tempo-dipendenti e potrebbero essere maggiori per alcuni individui. (***) 1 bevanda = 15 ml di etanolo (350 ml di birra, 150 ml di vino, 45 ml di whisky) Nella tabella che illustra in modo didascalico i dati JNC VII riportata sulla Pillola di educazione sanitaria 21 (CIS dicembre 2007, cui si rimanda) si sono aggiunti alcuni provvedimenti alimentari a seguito di informazioni da successive revisioni sistematiche di RCT: Fibra alimentare: aggiungere in media 11,5 g al giorno di fibra (Streppel MT et al. Arch Intern Med 2005; 165:150) (diminuzione stimata della PA = 1-2 mm Hg) Omega- 3: consumare 3 o più piatti di pesce grasso (es. salmone o pesce azzurro) a settimana (Clinical Evidence, BMJ Publishing Group) (diminuzione stimata della PA = circa 1 mmHg ogni g di omega-3) (in soggetti ipertesi o con colesterolo alto) Cioccolato fondente: circa 2 quadretti al dì (Taubert D et al. JAMA 2007; 208:49 // Arch Intern Med 2007; 167:626) (diminuzione stimata della PA = 3-4 mm Hg) Proteine di soia: circa 25 g al dì (Welty FK et al. Arch Intern Med 2007; 167:1060) (diminuzione stimata della PA = ≥5 mm Hg) Esercizio fisico Si rimanda agli stessi provvedimenti indicati per la prevenzione primaria dell’ipertensione nelle LG CHEP (NB: le nuove informazioni consentono oggi di attribuire al provvedimento una forza B) Riduzione del peso corporeo Si rimanda agli stessi provvedimenti indicati per la prevenzione primaria dell’ipertensione nelle LG CHEP B alcol ol Consumo di alc Si rimanda agli stessi provvedimenti indicati per la prevenzione primaria dell’ipertensione nelle LG CHEP B 14 Indagare il consumo di alcol di ciascun paziente e, nel caso in cui esso risulti eccessivo, incoraggiare l'assunzione di quantità limitate in quanto ciò può ridurre la PA e avere effetti benefici sulla salute complessiva del paziente. B NICE Raccomandazioni dietetiche Si rimanda agli stessi provvedimenti indicati per la prevenzione primaria dell’ipertensione nelle LG CHEP B Consumo di sodio Nei soggetti ipertesi, il consumo di sale dovrebbe essere di 65-100 mmol (1500-2300 mg/die). B CHEP limitando o sostituendo il sale da tavola, in quanto ciò può ridurre la PA. B NICE Assunzione di Potassio, Calcio e Magnesio La supplementazione di potassio, calcio e magnesio non è raccomandata per la prevenzione o il trattamento dell'ipertensione. B CHEP Non proporre l'assunzione di integratori a base di calcio, magnesio o potassio per ridurre la PA. B NICE Per quanto riguarda l’eventuale integrazione di potassio, si rimanda a quanto indicato nella finestra all’omonimo paragrafo sulla prevenzione primaria (Chang HY et al. Am J Clin Nutr 2006; 83:1289), con particolare considerazione se il paziente stesse assumendo DTT o DT in monoterapia, specie a dosaggio pieno. Considerazioni opposte varrebbero se il paziente stesse assumendo farmaci risparmiatori di potassio, o ACE-i o ARB in monoterapia Scoraggiare un consumo eccessivo di caffé e di altri prodotti contenenti caffeina. C NICE Gestione dello stress Nei pazienti ipertesi in cui lo stress può contribuire all'aumento della PA, la gestione dello stress deve essere presa in considerazione come intervento. D CHEP Interventi cognitivi comportamentali individualizzati sono solitamente più efficaci quando sono impiegate tecniche di rilassamento. B CHEP Le terapie di rilassamento* possono ridurre la PA e i pazienti potrebbero desiderare di intraprenderle come parte del loro trattamento. Tuttavia, non è al momento raccomandato che esse siano fornite routinariamente in medicina generale. B NICE (*) Ad es.: gestione dello stress, meditazione, terapie di tipo cognitivo, rilassamento muscolare e biofeedback. NICE Offrire consigli e fornire aiuto ai fumatori affinché smettano di fumare. A NICE 15 La riduzione/cessazione dell'abitudine al fumo dovrebbe essere affrontata secondo quanto indicato dalla linea guida VA/DoD (per l’Italia vedi le LG ISS www.ossfad.iss.it) Informare i pazienti sulle iniziative locali da parte di gruppi che operano in ambito sanitario o su organizzazioni di pazienti che forniscono supporto e promuovono cambiamenti dei propri stili di vita. D NICE Bibliografia (di Prevenzione e Terapia non farmacologica) Appel LJ et al. Effects of protein, monounsaturated fat, and carbohydrate intake on blood pressure and serum lipids (OmniHeart RCT). JAMA 2006; 294:2455 Bravata DM et al. Using pedometers to increase physical activity and improve health: a systematic review. JAMA 2007; 298:2296 Caro JJ, Speckman JL, Salas M, Raggio G, Jackson JD. Effect of initial drug choice on persistence with antihypertensive therapy: the importance of actual practice data. CMAJ 1999; 160:41 Chang HY et al. Effect of potassium-enriched salt on CV mortality and medical expenses of elderly men. Am J Clin Nutr 2006; 83:1289 Chen J et al. GenSalt Collaborative Research Group. Lancet 2009; 373:829 Clinical Evidence, BMJ Publishing Group Consensus Document Nutr Metab Card Dis 2008; 18:S1-16 Cook NR et al. Long term effects of dietary sodium reduction on CV disease outcomes: observational follow-up of the trials of hypertension prevention (THOP). BMJ 2007; 334: 885 Donzelli A. Pillola di buona pratica clinica/BPC n. 40. Qual è la dieta più efficace per perdere peso e ridurre il rischio cardiovascolare in soggetti obesi? CIS 2007 Donzelli A, Pepe A, Ronchi L. Controllare l’ipertensione mangiando. Pillole di educazione sanitaria/ES, CIS dicembre 2007 Donzelli A, Ronchi L. Controllare il colesterolo senza rinunciare al gusto. Pillole di educazione sanitaria/ES, CIS dicembre 2007 Fagard RH, Cornelissen VA. Effect of exercise on blood pressure control in hypertensive patients. 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Da queste sono state selezionate e valutate qualitativamente 9 LG complete, pubblicate fino a maggio 2008, mentre non ne sono state approfondite altre 25, in quanto focalizzate esclusivamente su un aspetto specifico della malattia (diagnosi, prevenzione, gestione complicanze, ecc.). Fra le 9 LG che si occupano di tutti gli aspetti relativi al management dell’ipertensione è stata fatta un’ulteriore selezione di 5 LG ordinate in base alla validità interna, quantificata utilizzando i punteggi ottenuti con il metodo AGREE. Si sono così analizzate le LG con il punteggio più elevato, insieme ad altre largamente conosciute e utilizzate. • NICE 2006 - National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE). NICE clinical guideline 34 Hypertension: management of hypertension in adults in primary care (partial update of NICE clinical guideline 18). 2006. • CHEP 2003-2008 - Canadian Hypertension Education Program (CHEP). Management and prevention of hypertension in Canada. 2003-2008 • VA/DoD 2004 - Department of Veterans Administration / Department of Defense (VA/DoD). The Management Of Hypertension In The Primary Care Setting Working Group. Va/Dod clinical practice guideline for the diagnosis and management of hypertension. 2005 • JNC VII 2004 - National High Blood Pressure Education Program. Seventh Report of the Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure. NIH Publication No. 04-523, 2004 • ESH/ESC 2007 - Versione ufficiale in lingua italiana di The Task Force for the Management of Arterial Hypertension of the European Society of Hypertension (ESH) and of the European Society of Cardiology (ESC). 2007 Guidelines for the Management of Arterial Hypertension. Journal of Hypertension 2007; 25:1105-1187 Il PDTA utilizza affermazioni tratte dalle suddette LG, riportando come richiesto accanto a ciascuna la fonte e la forza attribuita, dove indicata, rimandando per i riferimenti bibliografici alle LG originarie, consultabili on line. Per argomenti su cui esistono controversie o incoerenze nella pratica clinica si è inserita una finestra di approfondimento, con esplicitazione di alcune voci bibliografiche a supporto delle affermazioni contenute. Terapie farmacologiche [Legenda: diuretici tiazidici/di tipo tiazidico a basse dosi (DT/DTT), calcioantagonisti (CA), ACE-inibitori (ACE-i), sartani (ARB), beta-bloccanti (BB)] 18 L'obiettivo primario del trattamento del paziente iperteso è quello di ottenere la massima riduzione del rischio cardiovascolare (CV) globale a lungo termine ESH/ESC; Una recente metanalisi collaborativa mondiale di RCT (BPLT Trialists’ Collaboration. BMJ 2008; 336:1121) sintetizza gli effetti comparativi dei diversi antipertensivi sugli eventi CV maggiori nei giovani adulti e negli anziani. Questo enorme lavoro (che include decine di RCT per oltre 190.000 pazienti) continua solo in parte a presentare lo storico limite della sua precedente versione (BPLT Trialists’ Collaboration. Lancet 2003; 362:1527) di accorpare i risultati dei DT da quelli dei BB. In effetti due metanalisi pubblicate nel 1997 (Psaty BM et al. JAMA 1997; 277:739), e nel 1998 su ipertesi anziani (Messerli F et al. JAMA 1998; 279: 1903), avevano già chiarito che i BB sono inferiori ai DT/DTT a basse dosi nella protezione da malattia coronarica, ictus, eventi CV totali e (tendenzialmente) dalla mortalità totale. Nel 2003 una monumentale network metanalisi (Psaty BM et al. JAMA 2003; 289:2534) aveva già dimostrato in modo stringente la complessiva superiorità dei DT a basse dosi rispetto ad α-bloccanti, BB, CA e ACE-i. In particolare i BB risultavano inferiori nella protezione da eventi CV totali, e tendenzialmente anche in tutti gli altri outcome considerati. Da quella metanalisi in poi non è più legittimo confrontare le nuove classi di antipertensivi con il raggruppamento di “diuretici e BB”, perché si zavorrano scorrettamente i diuretici con una classe d’efficacia inferiore (Donzelli A, Malliani A, Tombesi M. Dialogo sui farmaci 2006; 2:84). Nonostante il limite in parte persista, i risultati del 2008 sono inequivocabili, in quanto “DT/DTT o BB” danno una riduzione del rischio di eventi CV non inferiore, ma in tendenza superiore rispetto ad ACE-i e CA, sia negli adulti sia negli anziani (e a loro volta gli ACE-i sembrano tendenzialmente superiori ai CA) – Figura 3 Quando ACE-i o CA si confrontano con DT o BB tenuti separati, le differenze continuano a non essere significative, ma i BB fanno tendenzialmente un po’ meglio nei soggetti <65 anni, e un poco peggio nei ≥65 anni, mentre i DT fanno tendenzialmente meglio in entrambi i gruppi di età – Figura 4 19 Qual è in questi confronti il risultato dei sartani? La BPLTTC li presenta sinteticamente nel modo che segue, che si presta a possibili equivoci: Fig 2 Comparison of ARB based regimens with control regimens. SBP/DBP difference=overall difference in mean BP during follow-up between treatment groups (ARB treated group versus control group), calculated by weighting difference observed in each contributing trial by number of individuals in trial. Negative BP values indicate lower mean follow-up BP in first listed than in second listed groups Blood Pressure Lowering Treatment Trialists' Collaboration, BMJ 2008;0:bmj.39548.738368.BEv1-bmj.39548.738368.BE Copyright ©2008 BMJ Publishing Group Ltd. Qualcuno, davanti a questa tabella, potrebbe pensare che i sartani siano tendenzialmente meglio di tutti gli altri farmaci messi insieme. Ma il riscontro analitico è ben diverso. Infatti gli “OTHER” sono soprattutto placebo; quando si misurano con comparator attivi, pareggiano o perdono ai punti con l’ACE-i captopril, con il CA amlodipina (vincono, pur aumentando la mortalità totale, contro l’altro CA nitrendipina, ma solo con l’espediente di 20 sottodosarlo rispetto alle dosi dimostratesi efficaci nel precedente Syst-Eur), vincono in pratica solo contro atenololo, meno efficace della media dei BB (v. appendice), non hanno nessun confronto diretto con DT/DTT, e in particolare con clortalidone, che dovrebbe essere il n. 1 dei comparator dopo la network metanalisi del 2003 (Psaty BM et al. JAMA 2003; 289:2534) IDNT (IIrbesartan vs placebo vs amlodipina: irbesartan protegge il rene, ma ha > mortalità n.s. LIFE (llosartan vs atenololo) RENAAL (losartan vs placebo) losartan protegge il rene, ma ha > mortalità n.s. SCOPE (candesartan vs placebo) CHARM-added (candesartan vs placebo) CHARM-Alternative (candesartan vs placebo) CHARM-Preserved (candesartan vs placebo) VAL-HEFT (valsartan vs placebo) NB: valsartan > mortalità se pz riceve già ACE-I e BB VALUE (valsartan vs amlodipina) valsartan dà < nuovi casi di diabete, ma > infarti; < ns scompenso, ma > ns: ictus, end point composito primario e mortalità totale ELITE II (losartan vs captopril) captopril ha ns: < mortalità totale (15,9% vs 17,7%), < morte improvvisa o rianimazioni per arresto cardiaco, < altri outcome CV prespecificati. Ha però 5,1% più pazienti che non lo tollerano, specie per tosse OPTIMAAL (losartan vs captopril) captopril ha ns: < mortalità totale (16,4% vs 18,2%), < morte improvvisa, < reinfarto fatale e non, < ictus fatale e non; < morte CV; < ri-ricoveri. Ha però 6% più pazienti che non lo tollerano, specie per tosse VALIANT (valsartan vs captopril) tutte differenze ns. Mortalità totale valsartan 19,9%, captopril 19,5% MOSES (eprosartan vs nitrendipina sottodosato!) meno recidive di ictus ed eventi primari CV con eprosartan; però nitrendipina < mortalità totale ns, benché sottodosata Di particolare interesse è il dato complessivo dei “sartani vs OTHER” (che, come si è visto, è costituito in gran parte dal placebo) rispetto all’end point omnicomprensivo della mortalità totale: la BPLTTC mostra che per età >65 anni gli ARB mostrano un minimo trend a favore (HR 0,99), mentre per età <65 il trend è più consistente e a favore di OTHER (HR 1,06). Mettendo insieme tutti gli eventi rapportati ai soggetti randomizzati si ha qualche morto in più con ARB che con OTHER. L’end point malattia coronarica, poi, ha un andamento diverso: nei soggetti < 60 anni il trend è a favore di ARB (HR 0,48, ma si parla di un totale di soli 6 eventi), mentre per età 60-69 il trend è a favore di OTHER (HR 1,40, su un totale di 12 eventi) e per età >70 è sempre a favore di OTHER (HR 1,41, su un totale di 34 eventi). Naturalmente la massima riduzione del rischio CV globale a lungo termine deve rispettare la condizione che si riduca contestualmente, almeno in tendenza, la mortalità totale 21 Sfortunatamente non mancano gli esempi di incoerenza tra l’andamento del tasso di eventi CV o persino della mortalità CV e la mortalità totale, che rappresenta l’outcome di maggiore interesse per la maggior parte dei pazienti correttamente informati. Ad esempio nel RCT ACCORD (NEJM 2008; 358:2545) il gruppo sottoposto a controllo intensivo della glicemia (risultato mediano Hb glicata 6,4%) ha avuto 10% meno eventi CV e 24% meno infarti non fatali del gruppo con cure usuali (mediana Hb glicata 7,5%), ma più crisi ipoglicemiche, più morti CV e soprattutto 21% più mortalità totale, il che ha determinato la precoce interruzione dopo 3,4 anni di follow up. Restando all’ipertensione (Maschio G et al. NEJM 1996; 334:939), i 300 pazienti con benazepril hanno avuto meno episodi di raddoppio della creatininemia rispetto all’analogo gruppo placebo, ma 8 morti vs 1 (differenza non statisticamente significativa, n.s.). Nel RCT PROGRESS (PROGRESS Collaborative Group. Lancet. 2001; 358:1033) il perindopril da solo ha ridotto in modo non significativo (n.s.) le recidive di ictus e aumentato del 14% (n.s.) la mortalità totale, che invece si sono ridotte rispettivamente di quasi 40 e 31 punti % per merito dell’aggiunta a perindopril del diuretico di tipo tiazidico indapamide. Una specifica revisione sistematica (Freemantle et al. JAMA 2003; 298:2554) ha raccolto ben 167 RCT con end point combinato, mostrando che nel 51% dei casi c’era discrepanza tra la mortalità e l’end point primario. Se i pazienti con un’ipertensione di stadio 1 non aderiscono alla modifica degli stili di vita, o se vi aderiscono ma non mostrano alcun miglioramento nei valori di PA entro 3-6 mesi, si deve iniziare la terapia farmacologica. VA/DoD La terapia antiipertensiva dovrebbe essere prescritta per valori medi di PAS ≥160 mmHg A CHEP o valori medi di PAD ≥100 mmHg, A CHEP in pazienti senza danno macrovascolare d'organo Offrire la terapia farmacologica a: • • pazienti con PA persistentemente ≥160/100 mmHg; NICE pazienti con rischio CV aumentato (rischio di malattia CV a 10 anni ≥20% o precedente malattia CV o danno a organi target) e con PA persistentemente ≥140/90 mmHg. A NICE La terapia antiipertensiva dovrebbe essere assolutamente considerata se la PAS media è ≥140 mmHg in presenza di danno d'organo, C CHEP • nei diabetici e nei pazienti a rischio cardiovascolare elevato o molto elevato o in presenza di condizioni cliniche associate (ictus, infarto del miocardio, danno renale e proteinuria) la PA dovrebbe essere ridotta a valori <130/80 mmHg; ESH/ESC Raccomandazioni per soggetti con ipertensione sisto-diastolica I principali benefici della terapia antiipertensiva dipendono dalla riduzione pressoria; ESH/ESC Una metanalisi (Baguet JP et al. Am J Cardiovasc Drugs 2005; 5:131) mostra le riduzioni pressorie mediamente ottenute con farmaci di diverse classi (DT come idroclorotiazide e indapamide sr; CA come 22 amlodipina e lercandipina; ACE-i come ramipril ed enalapril; ARB come candesartan, irbesartan, losartan e valsartan; BB come atenololo) in monoterapia alle dosi comunemente impiegate in studi clinici di efficacia. Queste non differiscono in maniera statisticamente significativa per le riduzioni di PA diastolica tra le diverse classi, mentre per le riduzioni di PAS mostrano un vantaggio significativo per i diuretici, e in particolare per quelli di tipo tiazidico come indapamide (affine a clortalidone, anche se con durata d’azione inferiore: emivita circa 18 vs 48 ore). Alcune recenti revisioni Cochrane comparano l’efficacia all’interno di diverse classi di antipertensivi. In particolare: nessuno dei 14 ACE-i confrontati in 92 RCT risulta più o meno efficace degli altri a dosi standard, la riduzione media di PAS/PAD è di -8/-5 mm Hg (-11/-6 se misurata entro 12 ore dalla somministrazione), e metà della dose massima ottiene già il 90% dell’effetto antipertensivo (Heran BS et al. ottobre 2008) nessuno dei 9 ARB confrontati in 46 RCT risulta più o meno efficace degli altri a dosi standard, la riduzione media di PAS/PAD alla dose massima raccomandata è di -8/-5 mm Hg (-12/-7 se misurata entro 12 ore dalla somministrazione), e metà della dose massima ottiene già l’80% dell’effetto antipertensivo (Heran BS et al. Luglio 2007). Le cinque classi principali di farmaci antiipertensivi – DT/DTT, CA, ACE-i, ARB e BB sono tutte indicate come scelta terapeutica con cui iniziare e proseguire il trattamento, sia in monoterapia sia in associazione (ma) i BB, specie se associati a un diuretico, sono sconsigliati nei pazienti con sindrome metabolica o ad alto rischio diabetogeno; ESH/ESC • (nella scelta va considerato) il costo dei vari farmaci, sia a carico del singolo paziente che della struttura sanitaria. Queste ultime considerazioni non dovrebbero, tuttavia, prendere il sopravvento su quelle relative all'efficacia, alla tollerabilità e alla protezione del paziente ESH/ESC La citata revisione Cochrane (Heran BS et al. Cochrane Review 2008, issue 4, CD003823– 8 ottobre 2008) mostra che nessuno dei 14 ACE-i confrontati in 92 RCT risulta meglio o peggio degli altri nell’abbassare la PA (né al momento si possono evidenziare differenze significative negli effetti avversi): la prima scelta dovrebbe pertanto ricadere sui meno costosi e più studiati tra gli ACE-i a brevetto scaduto, che al momento sono ramipril ed enalapril. Un’altra citata revisione Cochrane (Heran BS et al. Cochrane Review 2008, issue 4, CD003822 – 8 ottobre 2008) mostra che nessuno dei 9 ARB confrontati in 46 RCT risulta meglio o peggio degli altri nell’abbassare la PA. Tra i DT/DTT, i più efficaci nell’abbassare la PA (clortalidone e indapamide) risultano anche nell’ordine i più studiati e poco costosi (clortalidone, non disponibile come generico, è comunque il meno costoso tra tutti i farmaci antipertensivi: € 12,5-25 per un anno di trattamento) • (va prestata) particolare attenzione agli effetti collaterali. ESH/ESC Una metanalisi di 354 RCT (Law M.R. et al. BMJ 2003; 326:1427) chiarisce bene le relazioni tra effetti avversi e dosi delle diverse classi. In particolare DT/DTT e CA causano sintomi raramente a metà della dose standard, più spesso alla dose standard, molto spesso a dose doppia. I sintomi dei BB sono maggiori a metà dose, ma aumentano meno rapidamente con l’aumento della dose. L’aumento dei sintomi degli ACE-i non è correlato alla dose, quello dei sartani è evidente solo ad alte dosi. 23 Per altro, mentre i DT, e in particolare quelli di tipo tiazidico più potenti come clortalidone e indapamide, sono abbastanza comunemente usati a metà della dose standard anche in monoterapia, ciò spesso non vale per i CA, mentre gli ARB sono sempre più spesso usati a dose doppia (nel megatrial ALLHAT, non incluso nella metanalisi di Law, gli effetti avversi sintomatici con clortalidone sono stati leggermente meno frequenti rispetto a quelli con amlodipina e lisinopril). Clortalidone 25 mg Indapamide 2,5 mg Idroclorotiazide 25 mg Bendrofluazide 2,5 mg (metà 12,5 ) (metà 1,25) (metà 12,5 ) (metà 1,25) DT/DTT Amlodipina 5 mg Nitrendipina 20 mg (metà 2,5 ) (metà 10 ) CA Valsartan 80 mg Losartan 50 mg Irbesartan 150 mg Telmisartan 40 mg Candesartan 8 mg (metà 40) (> in GISSI AF ecc.) (metà 25) (> in LIFE ecc.) (metà 75) (> in PRIME ecc.) (metà 20) (> in ONTARGET) (metà 4) (> in DIRECT 1 e 2) ARB La terapia iniziale dovrebbe essere una monoterapia con diuretici di tipo tiazidico (DT/DTT); A CHEP Nell’ipertensione stadio 1 (PAS=140-159 o PAD=90-99 mmHg) andrebbe usato un DT/DTT nella maggior parte dei casi. Prova di tipo 1a - JNC VII i DT/DTT dovrebbero far parte del trattamento farmacologico della maggioranza dei pazienti con ipertensione non complicata, da soli o in combinazione con altre classi di farmaci JNC VII I DT/DTT sono raccomandati come terapia di prima scelta per l'ipertensione, in monoterapia, oppure in combinazione con altri farmaci. A VA/DoD Nei pazienti ipertesi di età uguale o superiore a 55 anni o nei pazienti africani o caraibici di qualsiasi età, la prima scelta per la terapia iniziale dovrebbe essere costituita da un CA o da un DT/DTT. A NICE Gli ACE-I non sono indicati in soggetti di colore; B CHEP L'ipokaliemia dovrebbe essere evitata in pazienti in monoterapia con DT/DTT. C CHEP 24 Tuttavia una metanalisi di 354 RCT (Law M.R. et al. BMJ 2003; 326:1427) rileva che i DT/DTT a metà dose standard hanno solo un piccolo effetto nella riduzione della potassiemia (-6%), e che anche a dose standard la perdita totale di potassio è piccola e non aumenta il rischio di aritmie (come accadeva con le alte dosi di DT/DTT in disuso da tempo). Inoltre la paventata ipopotassiemia con clortalidone non ha rappresentato un problema importante nei trial in doppio cieco in cui il farmaco è stato impiegato a bassi dosaggi (12,5, max 25 mg), ma ancor meno lo sarebbe in una terapia in cui medico e paziente siano ben consapevoli del farmaco prescritto/assunto (Donzelli A. Dialogo sui farmaci 2007; 3:126). Infatti a tutti gli ipertesi dovrebbe per prima cosa essere prescritta una dieta ricca di frutta, verdura e di cibi vegetali in genere, come la dieta DASH (Svetkey LP et al. Arch Intern Med 1999; 159:285 // Vollmer WM et al. Ann Intern Med 2001; 135:1019), che fornisce di per se la più fisiologica ed efficace integrazione di potassio, e ciò vale particolarmente nel caso si ricorra a un DT/DTT in monoterapia. Anziché sollevare timori poco giustificati per i soggetti ipertesi che usano clortalidone a basse dosi e che mangiano ciò che i sanitari dovrebbero prescrivere a ogni iperteso, sarebbe meglio preoccuparsi di non iniziare trattamenti in monoterapia con ACE-i, per il rischio opposto di iperpotassiemia. In effetti gli ACE-i co-prescritti con integratori di potassio sono risultati negli USA i farmaci più associati con ricoveri iatrogeni (Thomas A, Routledge PA. Le interazioni tra farmaci nella pratica clinica. Focus, Bollettino di farmacovigilanza 2003; 34:2), ed è paradossale il successo di farmaci antipertensivi in presenza dei quali si debbano porre limiti alle principali e comprovate misure dietetiche per abbassare la PA! Si aggiunga che anche maggiori preoccupazioni di iperpotassiemia dovrebbero accompagnare l’uso di ARB in monoterapia (Karin AM et al. J Hypertens 2005;23:463 // Strippoli G et al. BMJ 2004;329:7470). Si dovrebbero preferire farmaci o formulazioni a lunga durata d'azione in monosomministrazione in grado di garantire un'efficacia terapeutica lungo tutto l'arco delle 24 ore. ESH/ESC Quando possibile, raccomandare farmaci da assumere una sola volta al giorno. A NICE L’efficacia ipotensiva del clortalidone unita alla lunga emivita dovrebbe aumentare il suo interesse potenziale per la sanità pubblica, per la possibilità di utilizzarlo come prima linea in monoterapia (con capacità di controllare da solo circa il 40% delle ipertensioni di primo grado, come l’RCT ALLHAT ha chiaramente dimostrato) e in unica somministrazione giornaliera. Quest’ultimo fattore è in grado di aumentare la compliance a un trattamento cronico, in cui all’opposto la necessità di usare più assunzioni giornaliere è un fattore di minor adesione (Schroeder K et al. Cochrane Review 2004, issue 3, CD004804). Altri farmaci a lunga emivita, senza riduzione dell’efficacia nel corso delle 24 ore sono ad es. amlodipina tra i CA, telmisartan tra gli ARB. L’emivita di altri antipertensivi di comune impiego è invece inferiore. Ad es ore: indapamide 14-18, idroclorotiazide 2,5-12; metoprololo e atenololo circa 7; captopril 3, benazepril 10-11, enalapril 12; altri ARB, ca: losartan 2, eprosartan 6, valsartan 7, candesartan 11, olme- e irbesartan 13 e 16 Prescrivere farmaci generici se è appropriato e se minimizza i costi. D NICE Una recente revisione sistematica con metanalisi (Aaron S et al. JAMA 2008; 300:2514) ha dimostrato l’equivalenza dei risultati clinici dei farmaci generici e di marca comunemente usati nelle malattie CV, e in particolare delle principali classi di antipertensivi, rilevando per altro come metà degli editoriali firmati da illustri specialisti sollevassero dubbi non legittimati dall’evidence di cui si dispone. Farmaci antiipertensivi in associazione dovrebbero essere utilizzati se con monoterapia a dosi standard non si raggiungono i valori target di PA. B CHEP Nell’ipertensione di primo grado la monoterapia a dosi standard con DT/DTT, CA e (in misura leggermente minore) con ACE-i ha dimostrato di raggiungere i target a lungo termine nel 40% circa dei casi (es. ALLHAT, e ancor più in ANBP2). Una recente revisione sistematica con metanalisi di 50 RCT (Matchar 25 DB et al. Ann Intern Med 2008; 148:16) ha dimostrato che tale risultato si ottiene nel 55% dei pazienti trattati con ACE-i e ARB a breve medio termine, anche se il risultato a lungo termine in grandi RCT con ARB e BB ha richiesto 2 o più farmaci nella grande maggioranza dei casi (es. LIFE). I farmaci da aggiungere devono essere scelti tra quelli di prima linea. Possibili associazioni utili: un DT/DTT o un CA con un ACE-I, o con un ARB o con un BB C CHEP Il passaggio a un ARB è in genere consigliato se un ACE-i non è tollerato. Nella più ampia e recente metanalisi (Matchar DB et al. Ann Intern Med 2008; 148:16) gli ACE-i sono associati con un maggior rischio di tosse (senza prove di differenze nei tassi degli altri eventi avversi usualmente riportati) e c’è una tendenza (ma con prove non definitive) a favore degli ARB per quanto riguarda le minori cessazioni per effetti avversi/maggior persistenza in terapia. Ciò tuttavia non dà luogo a una differenza clamorosa: si traduce in una differenza nei tassi di tosse del 6,7% negli RCT, mentre negli studi di coorte, che hanno minori tassi di tosse riportati rispetto agli RCT, la differenza è dell’1,1%. Il tasso mediano di interruzione della terapia per eventi avversi negli ACE-i è 8%, e negli ARB 3,7%. L’8% circa – dovrebbe dunque essere un ragionevole ordine di grandezza per il passaggio dagli ACE-i a una terapia con sartani, di cui beneficerà per altro solo circa la metà di chi ha fatto lo shift. E’ chiaro che non si può sapere prima chi di questo 8% beneficerà, altrimenti lo shift si potrebbe razionalmente limitare al 4-5%. Tale ordine di grandezza è stato successivamente confermato dai risultati del grande RCT ONTARGET, dove le interruzioni a lungo termine per qualsiasi motivo del farmaco di assegnazione sono state il 21% nel gruppo telmisartan e 23,7% nel gruppo ramipril, ma quelle per effetti avversi molto meno, con un eccesso in monoterapia - del 3,1% per tosse e dello 0,2% per angioedema nel gruppo ramipril, e dello 0,9% per sintomi ipotensivi nel gruppo telmisartan (senza per altro che il più costoso telmisartan mostrasse vantaggi rispetto a ramipril nella protezione CCV). Se la PA supera di oltre 20/10 mmHg il target pressorio va considerata una terapia di associazione con due farmaci antiipertensivi, uno dei quali dovrebbe solitamente essere un DT. JNC VII La terapia iniziale con due farmaci può essere preferibile per I pazienti con ipertensione stadio 2. VA/DoD Aggiungere un altro farmaco: • se il farmaco iniziale non è un DT/DTT, questo dovrebbe essere utilizzato come farmaco in aggiunta, a meno che non sia controindicato o non tollerato, anche perché spesso esalta gli effetti del primo farmaco e ha i migliori risultati sugli esiti cardiovascolari; A VA/DoD Una terapia combinata che utilizzi farmaci di prima linea può essere presa in considerazione come terapia iniziale dell'ipertensione se la PAS è di 20 mmHg superiore al target o se la PAD è di 10 mmHg superiore al target. C CHEP Tuttavia va usata cautela nei pazienti in cui si possa verificare più facilmente o possa essere meno tollerata una rapida diminuzione della PA a seguito di terapia combinata (ad es. pazienti anziani). 1b - JNC VII Ipertensione stadio 2 (PAS ≥160 o PAD ≥100 mmHg): combinazione di 2 farmaci nella maggior parte dei casi: solitamente DT/DTT e ACE-I, o ARB (se l’ACE-i non è tollerato), o BB (se vi è controindicazione per l’uso di farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina: possibilità di restare incinte o gravidanza in corso, o in presenza di rapido deterioramento della funzione renale 26 Se a una terapia iniziale comprendente un CA o un DT/DTT si rende necessario aggiungere un secondo farmaco, scegliere un ACE-I (o un ARB se l'ACE-I non è tollerato). NICE Qualora sia necessario un trattamento con 3 farmaci, si dovrebbe utilizzare una combinazione composta da un ACE-I (o un ARB), un CA e un DT/DTT. B NICE Se con dosi adeguate di tre farmaci non si riesce a controllare la PA, bisogna considerare di aggiungere un quarto farmaco o richiedere una consulenza specialistica. C NICE Se è richiesta la somministrazione di un quarto farmaco, si deve prendere in considerazione uno dei seguenti: • una dose elevata di DT/DTT o l'aggiunta di un altro diuretico (si raccomanda un attento monitoraggio) oppure • un BB oppure • un alfa-bloccante selettivo. C NICE I BB non sono la terapia di prima scelta per l'ipertensione. Tuttavia si possono prendere in considerazione per la terapia in pazienti più giovani, in particolare: • per quelli con intolleranza o controindicazione agli ACE-I o agli ARB (se l’ACE-i non è tollerato) • per le donne in età fertile • per quelli con un evidente ipertono simpatico. B NICE • Quando un BB è interrotto, la dose deve essere diminuita gradualmente. La terapia con BB non deve essere interrotta nei pazienti che hanno indicazioni stringenti per il blocco dei recettori beta-adrenergici, come quelli con angina sintomatica o che hanno avuto un IMA. C NICE Anche una revisione Cochrane (Wiysonge CSU et al. 2007; issue 1. CD002003) su 13 RCT ha concluso che i BB non sono validi quanto DT/DTT, CA e farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina per ridurre mortalità e morbosità se usati come farmaci di prima linea per l’ipertensione. Ma tali conclusioni non sono confermate nella recente revisione sistematica della BPLTTC (BMJ 2008; 336:1121), di cui alla pag. 2 Gli alfa-bloccanti non sono raccomandati come farmaci di prima linea nell'ipertensione non complicata; A CHEP Va evitato l'uso di: Alfa bloccanti in monoterapia. D VA/DoD Nell’unico grande RCT comparativo tra i due farmaci, ALLHAT, il braccio con doxazosin è stato interrotto precocemente per l’eccesso di eventi CV e soprattutto di scompenso cardiaco rispetto al braccio di controllo con clortalidone (the ALLHAT Collaborative Research Group. JAMA 2000; 283:1967). Ciò non ha ancora fatto si in Italia che il doxazosin sia abbandonato come terapia di prima, seconda e terza linea per 27 l’ipertensione, ed è tuttora usato in monoterapia molto più di clortalidone: ogni 1000 abitanti/die si sono consumate nel 2007 100 DDD di doxazosin (81 in Milano, 86 in Lombardia) vs sole 8 DDD di clortalidone (11 in Milano, meno di 6 in Lombardia). La spesa del SSN in Italia è stata di 133 milioni di Euro per doxazosin (2,4 in Milano), contro soli 0,9 milioni di Euro (€ 21 mila in Milano) per clortalidone. I CA a breve durata d'azione non devono essere usati, perché non vi è alcuna prova di beneficio/efficacia. D VA/DoD I CA diidropiridinici a breve durata d'azione possono causare danni. D VA/DoD I BB non sono raccomandati come farmaci di prima linea nell'ipertensione non complicata in pazienti di età ≥60 anni; A CHEP gli ACE-I non sono raccomandati come farmaci di prima linea per l'ipertensione non complicata in pazienti di colore. A CHEP Raccomandazioni per i soggetti con ipertensione sistolica isolata La terapia iniziale dovrebbe essere una monoterapia con DT/DTT; A CHEP o con CA a lunga durata d'azione; A CHEP In effetti nel RCT SHEP su pazienti con ipertensione sistolica isolata (Curb JD et al. JAMA. 1996;276:886 e Kostis JB et al. Am J Cardiol 2005; 95:29-35), con ben 14,3 anni di follow up, i risultati con clortalidone a basso dosaggio sono stati eccellenti (soprattutto nel sottogruppo di pazienti diabetici, che ha avuto esiti due volte migliori in termini di mortalità totale e CV rispetto a quelli pur positivi dell’accoppiata indapamideperindopril nel RCT ADVANCE). Nel RCT HYVET (Beckett NS et al. NEJM 2008; 358:) su soggetti >80 anni con ≥160 mmHg (PAS/PAD medie = 173/90,8), indapamide RP 1,5 mg ha ottenuto una marcata riduzione pressoria (consentita l’aggiunta di perindopril in chi non arrivava in monoterapia al target di PAS <150) e una riduzione del 64% di scompenso cardiaco, del 30% di ictus e del 21% della mortalità totale (n.s.). In un RCT comparativo (Emeriau JP et al. J Hypertens 2001; 19:343) indapamide RP 1,5 mg ha mostrato in anziani con ipertensione sistolica isolata un’efficacia antipertensiva (-25 mm Hg) lievemente superiore ad amlodipina 5 mg (-23 mm) e a idroclorotiazide 25 mg (-18 mm), normalizzando l’84,2% dei soggetti (con il 20% di effetti avversi), vs l’80% con amlodipina (38% di effetti avversi) e 71,4% con idroclorotiazide (26% di effetti avversi). Anche nel RCT comparativo X-CELLENT (London G et al. Am J Hypertens 2006; 19:113) indapamide RP ha ridotto la PAS delle 24 ore in misura significativamente superiore ad amlodipina. Obiettivo terapeutico per gli adulti ipertesi senza indicazioni stringenti per farmaci specifici L'obiettivo terapeutico per la PAS è un valore <140 mmHg. C CHEP L'obiettivo terapeutico per la PAD è un valore <90 mmHg. A CHEP La maggior parte delle indicazioni stringenti includono comunque un DT/DTT: • diabete mellito:* agenti di scelta: DT/DTT e/o ACE-I VA/DoD. Anche l’edizione italiana di Clinical Evidence 2008, ufficialmente inviata ai medici italiani, considera “sicuramente utili” nel diabete ACE-i e DT/DTT, e tutte le altre classi solo “probabilmente utili”. 28 Alternative/in aggiunta: ARB, CA, BB (con cautele sull’aggiunta di BB a un DT espresse da ESH/ESC) Per quanto riguarda l’asserito “effetto diabetogeno” dei DT/DTT, si ricorda che in una metanalisi di 354 RCT a metà dose standard inducono un aumento della glicemia dell’1%, e che anche a dose standard “l’aumento di glicemia è reversibile, senza eccesso di rischio di diabete conclamato” (Law M.R. et al. BMJ 2003; 326:1427). Si fa notare che l’ipotesi sul plausibile meccanismo d’azione dei DT/DTT – aumento della diuresi – curiosamente non ha fatto invocare una spiegazione meramente emodinamica del loro presunto “effetto diabetogeno”. Infatti, e semplicemente, la maggior percentuale di superamento della soglia di 125 mg/dl di glicemia con diuretici (rispetto ad altri antipertensivi) può significare che la stessa quantità totale di glucosio circolante si presenta lievemente più concentrata in una quantità standard di sangue prelevato in soggetti con volume circolante lievemente ridotto, a causa della diuresi. Ciò consentirebbe di spiegare il mancato eccesso di eventi CV e renali riscontrato in ALLHAT nei soggetti in trattamento con clortalidone che sviluppavano una glicemia >125 mg/dl, a differenza di quanto appare evidente nei soggetti in trattamento con amlodipina o lisinopril che superavano tale soglia (Whelton PK et al. Arch Intern Med 2005; 165: 1401-9 // Barzilay JI et al. Arch Intern Med 2006; 166:2191-2201). Anche l’analisi degli outcome cardiovascolari e renali in tutti i soggetti che aumentavano di 10 mg/dl la glicemia di partenza mostra un analogo interessante andamento: il rischio non aumenta nei trattati con clortalidone, mentre aumenta tendenzialmente nei trattati con amlodipina, e significativamente nei trattati con lisinopril. La spiegazione potrebbe semplicemente consistere nel fatto che un vero diabete si sviluppa con clortalidone (o con altri diuretici) in misura non diversa da quanto accade con altri farmaci antipertensivi, e che l’apparente eccesso di diabete con i diuretici… non è diabete. A ulteriore riprova di ciò, tale effetto “diabetogeno” tende chiaramente ad attenuarsi nel tempo (Barzilay JI et al. Risk and impact of incident glucose disorders. American Society of Hypertension 19th Annual Scientific Meeting, May 2004, New York), mentre dall’altra parte si attenua nel tempo l’effetto “protettivo” di lisinopril e di amlodipina; dunque nei casi di “diabete di nuova insorgenza” la forbice fra diuretico e altre classi tende a chiudersi, e non ad aprirsi come molti autori lasciano impropriamente intendere. L’ipotesi formulata potrebbe anche spiegare l’apparente effetto anti-diabetogeno di ACE-i e ARB (Abuissa H et al. J Am Coll Cardiol 2005; 46:821 // Elliot WJ. Lancet 2007; 369:201), ampiamente vantato nonostante l’assenza di prove di effetto protettivo nei trial specificamente disegnati per rilevarlo (Bangalore S et al. N Engl J Med 2007; 356:522), o in assenza di logiche conseguenze sugli outcome cardiovascolari di tale presunto effetto (Whelton e Barzilay: già citati // Gillespie EL et al. Diabetes Care 2005; 28:2261). Esso potrebbe essere semplicemente la conseguenza di una riduzione - prodotta da ACE-i e ARB - delle resistenze vascolari mediate dall’angiotensina II (Karin AM et al. J Hypertens 2005;23:463), con un possibile marginale aumento del volume plasmatico circolante ferma restando la quantità totale di glucosio in circolo]. • sindrome metabolica Nel più grande RCT mai condotto su pazienti con queste caratteristiche (Black HR et al. Diabetes Care 2008; 31: 353), con oltre 8.000 pazienti con sindrome metabolica, oltre 9.500 senza (ed esclusi gli oltre 15.000 diabetici) amlodipina rispetto a clortalidone non ha dato differenze significative di rischi CV nei soggetti con sindrome metabolica e ha dato un significativo maggior rischio di scompenso cardiaco (+55%) in quelli senza sindrome metabolica lisinopril rispetto a clortalidone nei soggetti con sindrome metabolica ha dato più rischi significativi sia di scompenso (+31%), sia di malattie CCV complessive (+19%), e una tendenza ad aumentare i rischi di tutte le condizioni considerate (CHD/malattia coronarica, mortalità per tutte le cause, stroke/ictus, heart failure/scompenso, malattie CCV totali, ESDR/malattia renale all’ultimo stadio), vedi Figura 29 . non è emersa inoltre alcuna significativa interazione tra la sindrome metabolica e i gruppi di trattamento, pertanto non c’è motivo evidence based per riservare agli ipertesi con sindrome metabolica farmaci di prima linea diversi rispetto a quelli usati con gli altri ipertesi • insufficienza cardiaca sistolica: ACE-I, BB; alternative: ARB, VA/DoD idralazinanitrati, antagonisti dell'aldosterone. Altri: diuretici (per il trattamento dell'ipervolemia) VA/DoD Le LG europee per il trattamento dello scompenso (Eur Heart J 2008; 29:2388) prevedono di iniziare con diuretici + ACE-i da titolare fino alla stabilità clinica, proseguendo con BB, ecc. come da algoritmo sotto riportato. Per quanto riguarda la scelta dell’ACE-i, non sembra ci siano differenze di outcome con le diverse molecole nella classe (Tu K et al. Am J Cardiol 2005; 95:283) e ciò dovrebbe far dare la preferenza a molecole ampiamente studiate a brevetto scaduto come enalapril o ramipril. Per quanto riguarda gli ARB, non sembra che la loro aggiunta porti vantaggi a pazienti già trattati a dosi piene con ACE-i e BB (v. RCT con valsartan - Cohn JN et al. NEJM 2001; 345:1667 - mortalità con l’ARB 19,7%, con placebo 19,4%), in particolare se assumono anche un antagonista dell’aldosterone. 30 Per la scelta dei BB nello scompenso, quelli evidence based confrontati con placebo sono metoprololo succinato CR/XL 200 mg/die in conveniente monosomministrazione a rilascio modificato (MERIT-HF, riduzione della mortalità totale del 34%, dei ricoveri per peggioramento scompenso 32%), bisoprololo alla dose corretta di 10 mg/die (CIBIS II, riduzione della mortalità totale del 32%, dei ricoveri per peggioramento scompenso 32%), carvedilolo (COPERNICUS, riduzione della mortalità totale del 35%, dei ricoveri per peggioramento scompenso 33%) e nebivololo (SENIORS, riduzione della mortalità totale del 12%, n.s.). Come si vede sono tutti sostanzialmente equivalenti, salvo nebivololo, non autorizzato dalla FDA per lo scompenso, ma varia molto il costo annuo di una terapia: metoprololo RP generico 200 mg € 77-86 bisoprololo generico 10 mg € 71 carvedilolo 50 mg € 246 nebivololo 10 mg € 368 Dunque la scelta di carvedilolo o di nebivololo, rispetto ad es. a metoprololo RP da 200 mg, comporterebbe un costo aggiuntivo di 1,7 o 2,9 milioni di € ogni 10.000 pazienti, senza prove di maggior beneficio con il primo, e con probabile minor beneficio per il secondo). Il successivo RCT comparativo COMET, sponsorizzato dal produttore di carvedilolo, non può modificare queste considerazioni, in quanto confronta carvedilolo alla dose di 50 mg (1,33 DDD, dosaggio più che pieno) con un comparator inadeguato: metoprololo tartrato 50 mg/ 2 volte die (metà della dose efficace in MERIT-HF, 0,75 DDD, ma nella pratica è stato ancor meno: 43 mg/die x 2 in media; e non in formulazione che consente la monosomministrazione): l’unica lezione di COMET non è la superiorità di carvedilolo, ma è che metoprololo tartrato a bassa dose non va bene, e che occorre usare metoprololo a rilascio prolungato, nella formulazione e nelle dosi già dimostratesi efficaci. Due recenti ampi studi osservazionali di popolazione, pur confermando che il trattamento con BB nello scompenso riduce la mortalità rispetto al placebo, hanno riaperto il dibattito sulla scelta dei BB. In uno (Kramer JM et al. Arch Intern Med 2008; 168:2422) rilevando che le riospedalizzazioni per scompenso sono più frequenti rispetto ai gruppi con placebo o con altri BB non evidence based, come atenololo e propranololo (ma lo studio osservazionale non può escludere che si tratti di pazienti meno gravi, e/o che usano atenololo per l’ipertensione e non per lo scompenso). Nell’altro (Go AS et al. Arch Intern Med 2008; 168:2415) mostrando che il rischio di morte rispetto ad atenololo è risultato maggiore del 16% sia con metoprololo tartrato sia con carvedilolo (anch’esso RR 1,16, ma n.s.). Anche in questo caso la natura osservazionale dello studio non consente conclusioni certe, ma sembra confermato che il metoprololo tartrato a rapido rilascio non va usato (e che vada preferito l’evidence based metoprololo succinato). E inoltre che l’uso di atenololo per lo scompenso, benché non ancora basato su prove da RCT, potrebbe non essere una scelta sbagliata. 31 • malattia renale cronica: ACE-I, ARB, diuretici (DT/DTT o dell'ansa a seconda della funzionalità renale) VA/DoD alternative/in aggiunta: BB, CA non diidropiridinici, CA diidropiridinici a lunga durata d'azione; La revisione sistematica con metanalisi di Strippoli et al (BMJ 2004; 329:828) mostra che nei nefropatici in tutti gli stadi con diabete di tipo 1 e di tipo 2 ACE-i e ARB consentono la regressione o riducono la progressione del danno renale nei diabetici in misura sovrapponibile, ma che solo i primi associano tale beneficio a una riduzione della mortalità totale. La metanalisi riguarda i principali ACE-i (captopril, enalapril, cilazapril, fosinopril, lisinopril, perindopril, ramipril) e sartani irbesartan, losartan e valsartan. Risultati Tabella 1 RR ACE-i vs placebo (n° di pazienti) RR Sartani vs placebo (n° di pazienti) Risultati Mortalità per qualsiasi causa Nefropatia terminale Raddoppio della creatininemia Progressione da micro a macroalbuminuria Regressione da micro a normoalbuminuria 0,79 0,99 (2.838) (3.331*) 0,64 0, 78 (1.907*) (3.251) RR A AC CE E--ii vs Sartani confronti diretti RR A AC CE E--ii vs Sartani confronti indiretti (n° di pazienti) (RR <1 vuol dire che vanno meglio gli ACE-i) O O,,7799 O O,,8822 0,60 0,79 (1.868*) (3.251) 0,45 0,49 00,,1166 (1.888) (761) (92*) 3,42 1,42 00,,8800 (2.010) (670) (24*) O O,,8833 1,14 O O,,7766 * la differenza non ha raggiunto la significatività statistica Come mostra la tabella 1, nel caso degli ACE-i la mortalità totale è complessivamente ridotta in misura statisticamente significativa rispetto al placebo (RR 0,79, IC 95% 0,63-0,99), anche se l’effetto è determinato essenzialmente da ramipril e captopril. Nel caso dei sartani non c’è riduzione della mortalità totale rispetto al placebo (RR 0,99, IC 0,85-1,17). Nei tre piccoli RCT che hanno confrontato direttamente ACE-i con sartani (in 2 enalapril vs losartan, in 1 captopril vs valsartan) non è riportata la mortalità totale. Un RCT di 92 pazienti riporta la progressione da microa macroalbuminuria e non mostra differenze significative, anche se la stima puntuale è a favore di captopril (RR 0,16) rispetto a valsartan. Un RCT (Tutuncu NB et al. Acta Diabetol 2001; 38:157) misura la regressione da micro- a normoalbuminuria in tre gruppi sperimentali: con enalapril 5 mg, con losartan 50 mg o con la loro associazione: dopo un anno l’indicatore composto utilizzato ha dato differenze percentuali sovrapponibili, il numero di normalizzazioni è stato di 10 pazienti su 12 con enalapril e di 8 su 12 con losartan. L’associazione dei due farmaci non ha portato alcun ulteriore beneficio. La tabella 2 mostra le (modeste) differenze in effetti collaterali che emergono dalla metanalisi. Tabella 2 Effetti collaterali Tosse Mal di testa Iperpotassiemia Impotenza RR ACE-i verso placebo o RR Sartani verso placebo o nessun trattamento (e IC 95%) nessun trattamento (e IC 95%) 22,,7744 (1,74-4,30) 11,,8877 (n.s.) 0,97 (n.s.) 0,47 (n.s.) 55,,4411 (1,20-24,28) 0,85 (n.s.) 1,26 (n.s.) non rilevata Negli studi comparativi i DT clortalidone in ALLHAT (Rahman M et al for the ALLHAT Collaborative Group. Arch 32 Intern Med 2005; 165:936) e indapamide SR sia in NESTOR (Marre M et al.. J Hypertens 2004; 22:1613 e segg.), sia in (Donnelly R et al. Comparative effects of indapamide and captopril on BP and albumin excretion rate in diabetic microalbuminuria. Am J Cardiol. 1996; 77: 26B–30B) hanno dimostrato un effetto sulla funzione renale altrettanto buono di quello degli ACE-i lisinopril, enalapril e captopril, il cui effetto renoprotettivo si dà per scontato. In associazione a un ACE-i indapamide ha mostrato di proteggere efficacemente il rene anche nel RCT ADVANCE (ADVANCE Collaborative Group. Lancet 2007; 370:829). • post-ictus: DT/DTT e ACE-I; VA/DoD (NB: è discutibile aver incluso tra le prime scelte gli ACE-i, verosimilmente a seguito dello studio PROGRESS, e non CA e ARB, di cui si discute nella finestra sottostante) Per quanto riguarda gli ACE-i, si è già detto del RCT PROGRESS, in cui il perindopril da solo ha ridotto in modo n.s. le recidive di ictus e aumentato del 14% (n.s.) la mortalità totale, che invece si sono ridotte rispettivamente di quasi 40 e di 31 punti % per merito dell’aggiunta a perindopril del DTT indapamide, cui spetta pertanto il reale merito del risultato. Si aggiunga che nella metanalisi della BPLT Trialists’ Collaboration (BMJ 2008; 336:1121) gli ACE-i sono risultati tendenzialmente inferiori a DT/DTT o BB nella prevenzione degli eventi CV maggiori. In particolare sembrano lievemente inferiori a DT/DTT, CA e ARB nella protezione dall’ictus. Per quanto riguarda indapamide, aveva già dimostrato di ridurre efficacemente (-29%) le recidive di ictus nel RCT PATS (PATS Collaborating Group. Chinese Med J 1995; 108:710). Si era mostrato anche molto efficace nel ridurre l’ictus (-38%) il CA nitrendipina alla dose di 20-40 mg nel RCT Syst-Eur (Forette F et al. Lancet. 1998; 352: 1347). Gli autori del RCT MOSES (Schrader J et al. Stroke 2005; 36:1218) hanno dichiarato che eprosartan avrebbe fatto meglio di nitrendipina in ipertesi con ictus in prevenzione secondaria (21-25% eventi primari CV in meno), imponendosi come il primo farmaco per questa indicazione. Però eprosartan ha avuto tendenzialmente una maggiore mortalità totale (57 morti, contro 52 con nitrendipina, differenza n.s.), e soprattutto nel RCT MOSES si è imposto un dosaggio di partenza di nitrendipina di 10 mg (con possibilità di salire fino a 20): l’esatta metà della dose che si era dimostrata efficace in Syst-Eur!. Di fatto si è usato un comparator a dose inadeguata, togliendo credibilità ai risultati dello studio, sponsorizzato dal produttore di eprosartan. • post-IMA: BB e ACE-I; alternative/in aggiunta: CA non diidropiridinici, DT/DTT; altri: CA diidropiridinoci a lunga durata d'azione. VA/DoD Tra i BB una metanalisi di RCT in pazienti con CHD (Freemantle N et al. BMJ 1999; 318:1730) ha riportato un beneficio in termini di mortalità associato con l’uso di propranololo e timololo, non selettivi (RR rispettivamente 0,71 e 0,59), ancora significativo ma minore con il selettivo metoprololo (RR 0,80), e nullo con il selettivo atenololo (RR 1,02). Un’Agenzia pubblica canadese (Therapeutics Initiative. Therapeutics Letter 1995; 8a, July/August) aveva già formalmente raccomandato 14 anni fa di aggiungere, se necessario, al DT/DTT a bassa dose un BB non selettivo alla più bassa dose necessaria, e di evitare espressamente atenololo, la cui cardioselettività non avrebbe rappresentato un’azione desiderabile, in base ai dati disponibili. scompenso cardiaco: Diuretici, BB, ACE-I, ARB, AntAld ESH/ESC Si rimanda al già citato algoritmo per il trattamento dello scompenso e ai commenti riportati nella finestra sottostante alla raccomandazione per l’insufficienza cardiaca sistolica, fermo restando che invece il trattamento dell’insufficienza diastolica (con frazione di eiezione conservata) non ha finora trovato soluzioni farmacologiche realmente efficaci, come ha dimostrato anche l’insuccesso del RCT I-PRESERVE con irbesartan (Massie BM et al. NEJM 2008), che non ha dato vantaggi rispetto al placebo (outcome primario 36% vs 37%), ma ha peggiorato significativamente la funzione renale (6% vs 4% di raddoppio della creatininemia) 33 Ipertrofia ventricolare sinistra associata allo stato ipertensivo Secondo le LG Europee, qualsiasi farmaco antipertensivo in grado di ridurre la PA, da solo o in associazione, induce una regressione dell’ipertrofia ventricolare sinistra, con efficacia sovrapponibile per ACE-i (pari a nifedipina e a candesartan), ARB (superiori ai BB), CA e forse antagonisti dell’aldosterone ESH/ESC. Però le LG Europee riconoscono subito dopo che “l’unico studio di adeguata potenza che valuta gli effetti della terapia diuretica (LIVE) nella regressione dell’ipertrofia cardiaca ha mostrato l’efficacia dell’indapamide, superiore a enalapril” Le LG europee aggiungono immediatamente “Lo studio (LIVE- Gosse P et al. J Hypertens 2000; 18:1465) non consente informazioni conclusive, in quanto è l’unico che non ha mostrato un’efficacia dell’ACE-i sul danno d’organo cardiaco”(n.d.r. in LIVE enalapril 20 mg ha ridotto l’ipertrofia ventricolare, ma in modo non statisticamente significativo a differenza del DTT). Ciò tuttavia è impreciso, perché già nel RCT comparativo di 5 antipertensivi TOMHS (Neaton JD et al. JAMA 1993; 270:713 e Liebson PR et al. Circulation 1995; 91:698) enalapril aveva ridotto l’ipertrofia ventricolare sinistra meno di clortalidone, come pure amlodipina, acebutololo e doxazosin, superati da clortalidone in tutte le 5 successive misurazioni dai 3 mesi ai 4 anni. Clortalidone ha avuto una riduzione media di -35 g, tutti gli altri da -24 a -27. Dunque i DTT di potenza e durata d’azione adeguata, come clortalidone e indapamide, sono del tutto idonei a far regredire l’ipertrofia ventricolare negli ipertesi. Ma anche idroclorotiazide in un RCT comparativo tra 6 antipertensivi (Gottdiener JS et al. Circulation 1997; 95:2007) ha superato (media - 42,9 g) due farmaci efficaci (captopril – 38,7 g; e atenololo -28,1 g), mentre prazosin, diltiazem e clonidina non hanno fatto meglio del placebo. Osteoporosi e fratture in ipertesi/e Molti studi mostrano una protezione da osteoporosi e fratture con l’uso di DT/DTT (Transbol I et al. Metabolism 1982; 31:383 // Sowers MR et al. Am J Clin Nutr 1985; 41:1045 // Adland Davenport P et al. J Obstet Gynecol 1985; 152:630 // Wasnich RD et al. Obstetrics and Gynecology 1986; 67:457 //Ray WA et al. Lancet 1989; 1:687 // LaCroix AZ et al. NEJM 1990; 5:286 // Heidrich FE et al. Ann Intern Med 1991; 115 :1 // Felson D et al. JAMA 1991 ; 265 :370 // Cauley J et al. Ann Intern Med 1993 ; 118 :666 // Jones G et al. J Bone Miner Res 1995; 10:106 // Herings R et al. J Clin Epidemiol 1996; 49 :115 // Feskanich D et al. Osteoporosis 1997; 7:79 // La Croix AZ et al. Ann Intern Med 2000; 133:516 // Reid IR et al. Am J Med 2000; 109:362 // Schoofs M et al. Ann Intern Med 2003; 476) // Rejnmark L et al. Calcif Tissue Int 2005; 76:167, coerentemente con la loro riduzione della calciuria. Farmacogenomica dell’ipertensione arteriosa Numerosi studi hanno dimostrato che nei paesi occidentali il controllo dei valori di PA nelle popolazioni ipertese è scarso. In Italia il 34% delle donne ipertese e il 50% degli uomini ipertesi non è sottoposto ad alcun trattamento specifico (www.cuore.iss.it) e solo il 39% delle donne e il 28% degli uomini ipertesi è trattato in modo definito “adeguato” in termini di controllo dell’ipertensione. Ciò rende necessario un approccio che utilizzi una terapia rivolta al singolo paziente, realmente efficace nel controllare i valori di PA e le sue complicanze. La farmacogenomica, studiando i polimofismi genetici (SNP), è potenzialmente in grado di predire la risposta al trattamento farmacologico in assenza di effetti collaterali. Ad esempio in un gruppo di 193 ipertesi la risposta a idroclorotiazide è stata molto variabile (Manunta P et al. Hypertension. 2008; 52:366): alcuni pazienti hanno avuto una riduzione di PA molto importante (- 58 mmHg) altri non hanno avuto variazioni significative, ma la media è stata solo di - 8.5 mm Hg. Lo studio dei polimorfismi di tre geni (ADD1, WNK1 e NEDD4L), coinvolti nel rimaneggiamento del sodio a livello renale, permette di predire il gruppo di pazienti che risponderanno di più al DT (- 23.2 mm HG) rispetto a quelli che avranno un minor vantaggio (- 3.4 mm Hg). Si può così individuare un sottogruppo di soggetti “responder” a un determinato farmaco. 34 Una variabilità simile a quella mostrata nel grafico nelle risposte a idroclorotiazide è stata rilevata anche con le altre classi di antipertensivi ACE-i, ARB e BB. L’approccio descritto è oggi potenzialmente possibile per la maggior parte delle classi di farmaci antiipertensivi, con costi contenuti (di circa € 0.50 per singolo SNP), e costituisce una strategia molto promettente per il prossimo futuro. Appendice 1 Perché le “critiche sull’associazione BB + DT” (basate sugli studi LIFE, ASCOT-BPLA e ACCOMPLISH) non hanno fondamento LIFE (Dalhof B et al. Lancet 2002; 359:995): Losartan + DT meglio di Atenololo + DT ?? Il confronto è stato tra losartan e atenololo. Idroclorotiazide (12,5 o max 25 mg) poteva essere aggiunto al bisogno a discrezione del medico (ed è stato aggiunto marginalmente in più con losartan), ma si sono aggiunti spesso anche altri antipertensivi Il gruppo losartan ha presentato una PAS lievemente ma costantemente più bassa del gruppo atenololo: gli autori hanno sostenuto che standardizzando per questo aspetto il risultato non cambia molto, ma anche il risultato in termini assoluti non è così vistoso: mortalità CCV 4% vs 5%, mortalità totale 8% vs 9% in quasi 5 anni (BIF 2001; 6:252), ed è trainato da una maggior protezione dall’ictus (dove per altro atenololo si è rivelato nettamente inferiore anche ad altri antipertensivi con cui si è misurato), mentre nel proteggere dall’infarto e dai ricoveri per angina atenololo ha fatto tendenzialmente meglio di losartan Almeno dal 1997 avrebbe dovuto essere chiaro a tutta la comunità scientifica (Psaty BM et al. Health outcomes associated with antihypertensive therapies used as first-line agents. A systematic review and meta-analysis. JAMA 1997; 277:739) che i DT erano superiori ai BB (e in gran parte degli RCT era stato usato il BB atenololo): perché è proseguito uno studio che usava come comparator proprio atenololo, e soprattutto perché nell’interpretazione dei 35 risultati non si è fatta parola dei problemi emersi a suo carico? Questo fatto comunque non si dovrebbe più ignorare alla luce delle metanalisi comparse dal 2004 a cura di uno degli stessi autori di LIFE (Carlberg B et al. Atenolol in hypertension: is it a wise choice? Lancet 2004; 364:1684 // Lindholm LH et al. Should β-blockers remain first choice in the treatment of primary hypertension? A meta-analysis. Lancet 2005; 366:1545), che mostrano che atenololo riduce l’ictus meno delle altre classi e che non riduce mortalità totale, CV e infarto rispetto al placebo. Sui LIFE il Bollettino ministeriale (BIF 2001; 6:252) non nasconde “perplessità che i dati dello studio siano in un database di Merck Sharp & Dohme, che un dipendente della stessa azienda compaia tra gli autori e che un altro sia responsabile dell’analisi dei dati” Nel commentare LIFE vi fu chi espresse questo sillogismo: dato che le 4 principali classi di antipertensivi sono sostanzialmente simili come efficacia (abbastanza vero), dato che l’efficacia del BB atenololo rappresenta quella delle suddette classi (probabilmente falso anche all’interno dei BB, certamente falso nel confronto tra BB e DT/DTT a basse dosi), dato che losartan (rappresentante di una nuova classe di antipertensivi) ha battuto atenololo (vero), ciò significa che losartan batte (in seguito “i sartani battono”) tutte le altre classi (falso) Per avere la misura della forzatura, si consideri che, se losartan ha fatto meglio di atenololo in un confronto diretto, nei rispettivi confronti diretti con atenololo i diuretici (e in tendenza i CA) avevano fatto ancora meglio! Si vedano ad es. i confronti di atenololo con DT rispetto a quelli di atenololo con losartan (chissà perché i produttori di sartani schivano i confronti diretti con i comparator più forti, come clortalidone o indapamide?!): Mortalità totale: Atenololo vs Losartan (LIFE) RR 11,,1133 (0,99-1,29) Atenololo vs DT (HAPPY) 11,,2277 (0,76-2,11) Atenololo vs DT (MRC-Old) 11,,2222 (0,99-1,51) Mortalità cardiovascolare Atenololo vs Losartan (LIFE) RR 11,,1155 (0,96-1,38) Atenololo vs DT (MRC-Old) 11,,4411 (1,04-1,91) Infarto miocardico Atenololo vs Losartan (LIFE) RR 00,,9955 (0,78-1,16) (nell’infarto losartan va un po’ peggio di atenololo!) Atenololo vs DT (MRC-Old) 11,,6633 (1,15-2,32) Ictus Atenololo vs Losartan (LIFE) RR 11,,3344 (1,13-1,58) Atenololo vs DT (MRC-Old) 11,,2222 (0,83-1,79) Per finire, comunque, la proposta di questo PDTA non è quella di associare un DT (o meglio un DTT) con atenololo, ma neppure con losartan, bensì con un ACE-i, se il controllo pressorio con DTT a bassa dose non è soddisfacente. ASCOT-BPLA (Dalhof atenololo + DT ??? B et al. Lancet 2005; 366:895): Amlodipina + Perindopril meglio di ASCOT è un RCT finanziato dal produttore di amlodipina (che aveva 3 membri non votanti nel Comitato guida) con valutazione in cieco degli endpoint ma trattamento in aperto, su >19.000 ipertesi con almeno altri 36 3 fattori di rischio CV, assegnati ad amlodipina 5-10 mg, + perindopril 4-8 mg se necessario; o ad atenololo 50-100 mg, + bendrofluazide 1,25-2,5 mg se necessario, valutati con visite semestrali. Le differenze nell’endpoint primario - IMA non fatale e CHD fatale - non hanno raggiunto la significatività statistica, ma è stato interrotto prima perché endpoint secondari mostravano un vantaggio con amlodipinaperindopril. La PA media è stata minore di 2,7/1,9 mm Hg nel braccio amlodipina, con differenze iniziali ancor maggiori (es. -5,9 mm Hg di PAS ai 3 mesi). Secondo gli autori ciò spiegherebbe solo metà degli effetti osservati, ma per altri li può già spiegare tutti (Staessen JA et al. Lancet 2005; 366:869). 1) Due metanalisi pubblicate nel 1997 (Psaty et al, già citata), quando ASCOT non era iniziato, e nel 1998 su ipertesi anziani (Messerli et al, già citata), avevano già chiarito che i BB sono inferiori ai DT/DTT a basse dosi nella protezione da CHD, ictus, eventi CV totali e (tendenzialmente) dalla mortalità totale. Nel 2003 una network metanalisi (Psaty et al, già citata) ha dimostrato in modo stringente la complessiva superiorità dei DT/DTT a basse dosi rispetto ad α-bloccanti, BB, CA e ACE-i, e senza differenze significative tra DT/DTT e ARB, nei pochi confronti, tutti indiretti. In particolare i BB risultavano inferiori nella protezione da eventi CV totali, e tendenzialmente anche in tutti gli altri outcome considerati. Da quella metanalisi in poi non è più legittimo confrontare le nuove classi di antipertensivi con il raggruppamento di “DT/DTT e BB”, perché si zavorrano scorrettamente i DT/DTT con una classe d’efficacia inferiore. Psaty e colleghi insistono che “In base all’estensiva evidenza da trial clinici, metanalisi e network metanalisi, i DT/DTT a basse dosi sono il trattamento di prima scelta … dovrebbero servire come trattamento nel braccio di controllo di futuri RCT… Ora servirebbero RCT per valutare la miglior classe di farmaci di seconda linea”, da aggiungere ai diuretici se serve per controllare l’ipertensione. Dopo il RCT MRFIT (Circulation 1990; 82:1616), che ha dato risultati inferiori con idroclorotiazide rispetto a clortalidone (che oltretutto richiede una sola somministrazione al giorno, ottimizzando la compliance), quest’ultimo sembra il diuretico da preferire, a maggior ragione dopo il megaRCT ALLHAT (JAMA 2002; 288: 2981). Dunque ASCOT contravviene già a una prima solida regola dell’Evidence Based Medicine, non usando come primo comparator di amlodipina un DTT, bensì un BB. Ma altri aspetti di ASCOT contrastano con il razionale delle attuali conoscenze. 2) Come standard ha scelto atenololo, cioè un BB che non dovrebbe essere la prima scelta come antipertensivo. Infatti si è dimostrato inferiore non solo a losartan nel citato trial LIFE, molto pubblicizzato; ma anche e più nettamente inferiore a idroclorotiazide a bassa dose (MRC Working Party. BMJ 1992; 304:405) e in tendenza anche a bendrofluazide (The Steering Committee of the HAPPY trial. MAPHY and the two arms of HAPPY. JAMA 1989; 162:3273) e al CA lacidipina (Zanchetti A et al. ELSA. Circulation 2002; 106:2422), in studi assai meno citati. Inoltre atenololo non è risultato superiore al placebo nel proteggere da infarto cardiaco e mortalità totale, e ai limiti della significatività per ictus, tanto che autori svedesi (non citati neppure in bibliografia in ASCOT-BPLA) dubitano che il suo uso sia “una scelta saggia” (Carlberg B et al. Lancet 2004; 364:1684). Una successiva metanalisi (Lindholm LH et al. Lancet 2005; 366:1545) conferma che i BB hanno un rischio d’ictus intermedio tra placebo e altri antipertensivi, che tendono a ridurre meno la mortalità e che atenololo è sotto la media dei BB. La scelta di atenololo come comparator si spiega solo dal punto di vista di produttori che intendano promuovere propri farmaci in alternativa. Alcuni sponsor hanno capito da tempo che con atenololo il loro farmaco può avere buon gioco, mentre non conviene misurarlo con un DT/DTT. L’ultimo “errore” di questo tipo è stato commesso nel RCT CONVINCE, dove il produttore di verapamil ne ha sponsorizzato il confronto con atenololo e idroclorotiazide, valutati separatamente. Nel tempo verapamil stava prevalendo su atenololo, e idroclorotiazide su entrambi. Se quel trend si fosse mantenuto per la durata stabilita del RCT il vantaggio del DT su verapamil avrebbe superato la significatività statistica, ma lo sponsor ha deciso di interromperlo per “ragioni 37 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) commerciali”. Solo la denuncia di due studiosi indipendenti (Psaty BM, Rennie D. Stopping medical research to save money. JAMA 2003; 289:2128) ha reso pubblico questo triste capitolo della ricerca medica. ASCOT-BPLA non si limita a usare il DT solo come secondo farmaco (il che è avvenuto nel primo anno nel 56,6% dei pazienti, e solo nei 2/3 circa negli anni successivi), ma ha scelto bendrofluazide, anziché il più studiato clortalidone Inoltre usa bendrofluazide al 50% della sua DDD (e atenololo al 67% della propria), contro sia amlodipina sia perindopril a dose piena, al 100% delle relative DDD. Quando dopo 1,5 anni c’è finalmente la possibilità di usare bendrofluazide al dosaggio corretto di una DDD, si era consentito già da un anno di usare amlodipina a dose doppia: due DDD! E in parallelo con il permesso di usare bendrofluazide al 100%, perindopril ha potuto arrivare al 200% Al regime basato su amlodipina, che ha già perso il confronto diretto con clortalidone in ALLHAT, si è aggiunto un ACE-i, ma non enalapril, ben studiato e disponibile come generico, o l’economico ramipril, bensì uno dei più costosi: perindopril. Ma in PROGRESS perindopril da solo non ha fatto meglio del placebo, mentre ha dato ottimi risultati l’associazione con indapamide, DTT affine al clortalidone, senza che il disegno del RCT abbia permesso di mostrare se indapamide da solo avrebbe dato gli stessi benefici. Ciò non ha impedito al marketing di far crescere le vendite del solo perindopril, 5 volte più prescritto di indapamide in monoterapia. L’editoriale di Staessen (Staessen JA et al. Lancet 2005; 366:869) rileva in ASCOT BPLA una violazione “dei principi base della randomizzazione e dell’analisi intention-to-treat” e che “l’accurata predizione delle riduzioni di rischio relativo … evidenzia che il gradiente di sistolica di 2,7 mm Hg basta a spiegare il beneficio CV di amlodipina con o senza perindopril”. La differenza media nel trial di 2,7 mm Hg di PAS si è ridotta alla visita finale ma era più che doppia all’inizio, anche perché nel braccio amlodipina si poteva raggiungere già nel passo 2 il dosaggio pieno dell’antipertensivo più efficace, mentre nel braccio atenololo la possibilità di dare a dosaggio pieno il DT, più efficace, subentrava solo al passo 4. E’ probabile che la forte differenza pressoria nelle fasi iniziali abbia contribuito alle differenze di risultato. Quando nel secondo anno scende in campo il DT, benché inizialmente sottodosato, la differenza in PA tra i due gruppi si riduce progressivamente, e a seguire si sarebbe ridotta la differenza negli outcome, ma il RCT viene interrotto prematuramente “per evidenti benefici” dei farmaci “più nuovi”, anche se l’end point primario non ha raggiunto la significatività statistica… Altre severe critiche compaiono in BMJ 2005; 331:1022. In conclusione, contrariamente alle dichiarazioni degli autori e del marketing, ASCOTBPLA non aggiunge nulla di nuovo sul miglior farmaco di prima linea per l’ipertensione, che resta un DTT. Tuttavia, registrando l’ennesima sconfitta di atenololo, rafforza l’ipotesi che il secondo farmaco da aggiungere al DTT possa essere un ACE-i. Dunque clortalidone, ed enalapril o ramipril come secondo passo, potrebbero essere una ragionevole combinazione standard a dosi adeguate, contro cui misurare terapie che si pretendono innovative. ACCOMPLISH (Jamerson K et meglio di benazepril + DT ??? al. N Eng J Med 2008; 359:2485) Benazepril + amlodipina La conclusione di ACCOMPLISH è viziata da gravi distorsioni. 38 1) nel più grande RCT comparativo mai effettuato il DTT clortalidone era già risultato pari ad amlodipina nell’outcome primario e indiscutibilmente superiore nel ridurre lo scompenso cardiaco (Davis BR et al. Circulation 2006;113:2201). 2) In MRFIT (MRFIT Research Group. Mortality after 10 ½ years for hypertensive participants in the Multiple Risk Factor Intervention Trial. Circulation 1990; 82:1616) l’idroclorotiazide aveva mostrato più mortalità coronarica di clortalidone; quando il Safety Board ha deciso di usare come diuretico solo clortalidone questo trend sfavorevole si è invertito (P=0,04 per il confronto dei due periodi temporali). 3) In due studi comparativi indapamide SR aveva già dimostrato un’efficacia antipertensiva almeno pari (Emeriau JP et al. J Hypertens 2001; 19:343) o superiore (London G et al. Am J Hypertens 2006; 19:113) a quella di amlodipina, mentre idroclorotiazide era leggermente meno efficace. Perché non si è scelto clortalidone (o eventualmente indapamide SR, che è comunque 5 volte più costoso) per l’associazione con l’ACE-i? 4) L’uso una sola volta al giorno aggiunge una distorsione all’idroclorotiazide, dato che la sua più breve emivita lascia metà giornata senza una (adeguata) copertura DT, non ben coperta nemmeno da benazepril, che ha emivita più lunga di idroclorotiazide, ma che non supera le 10-11 ore. Invece amlodipina, o clortalidone, hanno emivita di 40-50 ore, e avrebbero potuto confrontarsi ad armi pari. 5) Inoltre, idroclorotiazide è stato usato alla dose iniziale di 12,5 mg (metà DDD), e ha raggiunto 19,3 mg (come media giornaliera nel RCT, 76% della sua DDD); amlodipina invece è stata usata a dose piena da subito, e ha raggiunto 7,7 mg (come media giornaliera, 154% della sua DDD). In pratica amlodipina è stata costantemente usata a dose doppia rispetto a idroclorotiazide. 6) Ancora, quale sarebbe la ragione clinica per prescrivere benazepril, anziché ACE-i che hanno perso il brevetto, come i più studiati ramipril o enalapril, che costano 4-8 volte meno? 7) Per finire, gli RCT sponsorizzati dall’industria hanno mostrato drammatiche distorsioni nei loro risultati e nelle loro conclusioni (rispettivamente 20 e 35 volte più favorevoli alle aspettative dello sponsor se questo è commerciale rispetto a ciò che accade con uno sponsor no profit, in una revisione di 200 RCT sulle statine - Bero L et al. Factors associated with findings of published trials of drug-drug comparisons: why some statins appare more efficacious than others. PLoS Medicine 2007; 4(6):e184). Ma gli studi sponsorizzati da un solo sponsor commerciale (come accade in ACCOMPLISH) sono persino più propensi a riportare conclusioni favorevoli per il proprio farmaco rispetto a studi con più di uno sponsor (anche se commerciali, come mostrano le metanalisi sull’ipertensione - Yank V et al. Financial ties and concordance between results and conclusions in meta-analyses: retrospective cohort study. BMJ 2007; 335:1202-5). Appendice 2 Trattamento della PA elevata nei soggetti molto anziani. Meno è meglio (traduzione della Therapeutics Letter n. 71, Therapeutics Iniziative, University of British Columbia, september-october 2008) Il rischio di seri eventi avversi CV aumenta con l’aumentare dell’età e della PA. Cadute e altri seri eventi avversi associati con l’ipotensione posturale aumentano a loro volta con l’età e con la terapia farmacologica antipertensiva. Perciò è importante sapere se il trattamento farmacologico migliora non solo i risultati CV, ma anche misure di beneficio netto per la salute che combinano 39 benefici e danni: queste sono la mortalità totale e il totale dei pazienti con un qualsiasi evento avverso grave (SAE). Questa scheda si focalizza sulle migliori prove disponibili sul trattamento farmacologico di una PA elevata negli anziani. Quali sono le prove a favore di un trattamento farmacologico della PA elevata in pazienti di 60-79 anni? Una revisione Cochrane (Mulrow, 1998) pubblicata nel 1998 ha quantificato il beneficio in morbosità e mortalità della terapia antipertensiva per ipertesi (PAS ≥160 mmHg) ≥60 anni. Essa include 15 RCT della durata di almeno un anno, e 22.000 pazienti, soprattutto dai 60 ai 79 anni. La maggior parte degli studi è stata condotta in paesi occidentali industrializzati, ha avuto una durata da 3 a 6 anni e ha valutato un diuretico e un betabloccante come terapia di prima linea, con possibilità di “terapia a gradini” utilizzando altre classi di farmaci. Questa metanalisi ha dimostrato che la terapia ha ridotto sia la mortalità totale (RR 0,88, IC 95% 0,82-0,98), ARR=1,7%, NNT=59 per 5 anni; sia l’insieme di ictus e malattia coronarica totali (RR 0,73, IC 95% 0,68-0,77), ARR=5%, NNT=20 per 5 anni. Nessuna informazione è disponibile per l’insieme degli eventi avversi gravi (SAE). Queste prove per il trattamento di una PAS ≥160 mmHg in una popolazione di età soprattutto di 60-79 anni sono considerate robuste e ben stabilite. Quali sono le prove per il trattamento farmacologico di un’elevata PA in pazienti ≥80 anni? Fino all’estate 2008 le prove per trattare pazienti ≥80 anni erano basate anzitutto su una metanalisi di sottogruppo (Gueyffier, 1999) di RCT dalla revisione Cochrane sopra citata. Tale metanalisi di sottogruppo è stata pubblicata nel 1999, deriva da 7 RCT e ha incluso 1.670 partecipanti ≥80 anni. Ha trovato una riduzione nell’insieme degli ictus (RR 0,77, IC 95% 0,48-0,93), ma nessuna riduzione in mortalità: RR 1,09 (IC 95% 0,95-1,25). Gli autori hanno concluso che, per la possibilità di un aumento in mortalità causato dal trattamento, fossero necessari ulteriori RCT. Cosa abbiamo imparato dai due studi HYVET? I ricercatori del Hypertension in the Very Elderly Trial (HYVET) hanno concepito due RCT per stabilire se il trattamento antipertensivo desse benefici in questo gruppo di grandi anziani. L’HYVET iniziò con un RCT multicentrico in aperto (Bulpitt, 2003) pubblicato nel 2003. E’ stato condotto in 10 paesi europei con arruolamento di 1280 pazienti con una PAS persistente da 160 a 219 e PAD da 90 a 109 mmHg. I pazienti sono stati randomizzati a 1 di 3 trattamenti di prima linea: diuretici tiazidici, ACE-inibitori, o nessun trattamento. La PA target era < 50/80 mmHg, dosi del farmaco di prima linea potevano essere raddoppiate e poteva essere aggiunto Diltiazem a lento rilascio. Il follow-up medio è stato di 13 mesi. La mortalità totale non è variata nei due trattamenti attivi rispetto all’assenza di trattamento : RR 1,23 (IC 95% 0,75-2,01) i SAE totali non stati riportati. Gli ictus totali si sono ridotti nei due bracci di trattamento attivo rispetto all’assenza di trattamento: RR 0,50 (IC 95% 0,26-0,95). Questi risultati non rispondono alla domanda sull’effetto del trattamento farmacologico sulla mortalità totale, ma hanno aiutato nel disegnare il formale RCT (Beckett, 2008) pubblicato nell’agosto 2008. 40 HYVET ha arruolato 3850 pazienti ≥80 anni con una PAS persistentemente ≥160 mmHg da 13 paesi dell’Europa occidentale ed orientale, Cina, Australasia e Nord Africa. I pazienti sono stati randomizzati a trattamento attivo o placebo. Il trattamento attivo era il diuretico di tipo tiazidico indapamide 1,5 mg SR (equivalenti a circa 12,5 mg di clortalidone), seguito da una terapia a gradini con l’ACE-i Perindopril a bassa dose (2 mg, aumentabili a 4 mg se necessario). La PA target era minore 150/80 mmHg. Il follow-up mediano è stato 1,8 anni. Nel trattamento attivo il 26% ha richiesto solo tiazide, 24 % tiazide + 2 mg di ACE-i e 50 % tiazide + 4 mg di ACE-i. La terapia attiva ha ottenuto una PA <150/80 mmHg nel 48% dei pazienti mentre il placebo l’ha ottenuta nel 20%. Gli autori di HYVET hanno riferito i risultati come HR ed eventi totali, piuttosto che come pazienti con almeno un evento. E’ perciò impossibile calcolare il RR o l’ARR salvo che per la mortalità, per la quale i pazienti possono sperimentare solo un evento. Questo RCT ha mostrato che il trattamento attivo riduce la mortalità totale: RR 0,82 (IC 95% 0,69-0,99), ARR=2,2, NNT=48 per 2 anni. Gli autori hanno anche riportato il numero di SAE: 358 nel gruppo di trattamento attivo e 448 con placebo. L’outcome primario, l’ictus totale, non è stato ridotto in maniera statisticamente significativa: HR 0,70 (IC 95% 0,49-1,01), ma lo scompenso fatale e non è stato ridotto: HR 0,36 (IC 95% 0,22-0,58). Aggiungendo questi due studi HYVET alla metanalisi di Cochrane di sottogruppo consente di allargare la revisione a 9 RCT che comprendono 6800 partecipanti ≥80 anni. Questa nuova metanalisi non mostra effetto sulla mortalità totale RR 0,97 (IC 95% 0,87-1,08), ma una riduzione significativa negli ictus totali: RR 0.67 (IC 95% 0,54-0,84). Ciò si traduce in una ARR 4% per l’ictus NNT=25 per 5 anni per una popolazione molto anziana con un’incidenza di ictus del 12% nell’arco di 5 anni (incidenza nel gruppo di controllo di (2). Interpretazione Le prove complessive per abbassare la PA in soggetti ≥80 anni con PAS ≥60 si riferisce ad individui reclutati per RCT, che sono relativamente in buona salute. Non è applicabile ad anziani malati o fragili. L’insieme delle prove dimostra una riduzione di un’incidenza di ictus, ma nessuna riduzione nella mortalità totale. Ciò costituisce una ragionevole giustificazione per offrire un trattamento farmacologico a ipertesi molto anziano relativamente in buona salute, dato che la generalità di tali pazienti si augura di evitare un ictus. La scelta del farmaco migliore per il trattamento non è risolta dalla metanalisi. Però l’RCT più ampio (Beckett, 2008) è l’unico che ha dimostrato un beneficio netto per la salute riducendo sia la mortalità che il numero dei SAE utilizza un approccio relativamente semplice: inizia con un diuretico di tipo tiazidico a bassa dose, cui aggiunge al bisogno un ACE-i a bassa dose, raddoppiando il dosaggio dell’ACE-i se necessario per raggiungere una PA <150/80 mmHg. Usando questo approccio ci si può aspettare che circa la metà dei pazienti raggiunga una PA <150/80 mmHg. Questo approccio conservativo alla gestione della PA è corroborato dal recente studio osservazionale in soggetti svedesi ≥85 anni, che mostra che la PAS da 140 a 160 mmHg è ottimale per i soggetti molto anziani (Molander, 2008). Conclusioni 41 • • • Per pazienti ≥ 80 anni: varie terapie antipertensive per la prevenzione primaria in pazienti relativamente sani con PAS >160 mmHg hanno ridotto l’ictus ma senza un effetto provato sulla mortalità totale. Usando un diuretico di tipo tiazidico a bassa dose come prima linea, con l’aggiunta di una bassa-media dose di ACE-i ha ridotto la mortalità come pure i SAE in un ampio RCT. Con questo regime ci si può aspettare una PA<150/80 mmHg in circa il 50% dei pazienti. Bibliografia Terapia farmacologica Aaron S et al. Clinical equivalence of generic and brand-name drugs used in CV diseases. A systematic review and meta-analysis. JAMA 2008; 300: 2514 ALLHAT Officers and Coordinators for the ALLHAT Collaborative Research Group. Major outcomes in high-risk hypertensive patients randomized to ACE-inhibitors or CCB versus diuretic: the Antihypertensive and Lipid-Lowering Treatment to Prevent Heart Attack Trial (ALLHAT). JAMA 2002; 288: 2981-97 ALLHAT Collaborative Research Group. Renal outcomes in high risk hypertensive patients treated with an ACE-inhibitor or a calcium channel blocker vs a diuretic, Arch Intern Med 2005; 165: 936 ALLHAT Collaborative Research Group. 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