n. 5 9 FEBBRAIO - Settimanale La Vita

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n. 5 9 FEBBRAIO - Settimanale La Vita
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LaVita
Anno 117
I O R N A L E
La prima forma di evangelizzazione è la testimonianza”, afferma
solennemente Giovanni
Paolo II al termine di
un lungo processo di
riflessione iniziato formalmente con
l’Evangelii nuntiandi di Paolo VI e
continuato con ritmo crescente fino
ai nostri giorni. Il primato della testimonianza è oggi per tutti una legge
fondamentale dell’evangelizzazione.
Evidentemente ci si riferisce alla persona singola, ma anche, ma soprattutto, all’intera comunità. Non esiste una
evangelizzazione a buon mercato, essa
si paga con la coerenza e la fedeltà
al messaggio che viene annunciato,
si paga con la conversione. Come affermava ancora Paolo VI: “La chiesa
che vuole evangelizzare comincia con
l’evangelizzare se stessa”.
L’efficacia della testimonianza, ha
valore universale, tenendo presente
che per i lontani questa è l’unica arma
a disposizione. Si dirà che i cristiani
autentici sono pochi, ma sono sufficienti per continuare l’opera silenziosa
di Dio: è a questi pochi che è richiesto
di sostenere con la loro forza i deboli
e i ritardatari.
L’esempio ha la capacità di attrarre specialmente coloro che hanno
ormai perduto la fiducia nelle parole.
Certo, il messaggio divino ha in sé una
forza interiore che lo raccomanda
per se stesso. La Parola di Dio è viva
ed efficace, ci ripete la Scrittura con
l’uso delle immagini più significative,
ma non tanto da sostituire e dispensare almeno normalmente l’opera
dell’evangelizzatore.
“Uomini di questo stampo - afferma J.H. Newman una delle più grandi
figure della chiesa del secolo XIX erano gli apostoli; si potrebbero fare
altri nomi di eredi della loro santità,
generazione dopo generazione. Pochi
uomini grandi basteranno a salvare il
mondo per secoli. Nel passato un singolo uomo [Atanasio] ha impresso sulla chiesa un’immagine che con l’aiuto
di Dio non sarà cancellata fino alla
fine dei tempi. Tali uomini sono posti,
come il profeta, sulla torre di guardia, ed accendono in alto i loro fari.
Ciascuno riceve e trasmette la sacra
fiamma, ravvivandola a gara con chi
l’ha preceduto e deciso a conservarla
non meno splendente di quando l’ha
ricevuta; ed è così che lo stesso fuoco
acceso un giorno sul monte Moriah,
pur sembrando a tratti spegnersi, ci
ha infine raggiunto senza subire alterazioni e confidiamo che ugualmente
verrà tramandato fino alla fine del
secoli”.
Naturalmente non sono solo i
grandi santi come Atanasio a svolgere
questo importante compito di mediazione nella trasmissione del messaggio
divino.
“Anzi è già capitato -aggiunge
Newman- che dei posti relativamente
oscuri fossero occupati da persone che
hanno esercitato la maggiore influenza sui successivi destini della religione;
C A T T O L I C O
9 FEBBRAIO 2014
T O S C A N O
e1,10
1,10
e
L’evangelizzatore
è un testimone
come nelle arti e nelle occupazioni di
questo mondo, spesso i grandi benefattori dell’umanità rimangono sconosciuti”. È così che l’impegno della
testimonianza incombe su tutti i cristiani, in modo particolare sui laici che
vivono spalla a spalla con i loro vicini
nella vita di ogni giorno. Ma oggi, nel
tempo della globalizzazione ormai
compiuta, tutti gli uomini sono vicini e
così tutti possono avvertire la forza di
una vita diversa, alternativa, eterogenea, che prende forma e si manifesta
intorno a loro. Il mondo, è ancora Paolo VI che parla, ha oggi più bisogno
di testimoni che di maestri e i maestri
vengono ascoltati nella misura in cui
anch’essi sono autentici testimoni che
nella loro esistenza riflettono la bellezza di quanto stanno insegnando.
Questi pensieri si completano se
vengono applicati alla comunità come
tale. Allora la testimonianza assume
forme più appariscenti e più visibili e
la chiesa realizza la sua vocazione di
essere segno levato sulle nazioni. La
chiesa è la comunità riconciliata, la
comunità diversa, alternativa, l’inizio
nel mistero del Regno di Dio che è già
venuto e sta crescendo, la convocazione dei “figli di Dio innocenti in mezzo
a una generazione malvagia e perversa”, chiamati a risplendere “come astri
nel mondo, tenendo salda la parola
di vita” (Fil 2, 15s.), il “popolo puro,
[…] pieno di zelo per le opere buone”
(Tt 2, 14). La categoria della comunità
alternativa si sta facendo sempre più
strada nella riflessione ecclesiale di
oggi. Una categoria che può produrre
nuovi problemi pastorali, perché la
chiesa non si può ridurre a una piccola
MESSAGGIO DEL PAPA
PER LA QUARESIMA
setta di perfetti e di santi, dal momento che essa è l’intero popolo di Dio,
comprendente sani e malati, cristiani
fervorosi e cristiani della soglia, persone impegnate e persone trascinate,
vicini e lontani, buoni e cattivi. La
chiesa è sempre stata fedele a questa
concezione “popolare” e ha rifiutato
sempre come una vera tentazione concezioni elitarie e aristocratiche, che
pure si sono affacciate più volte nel
corso della sua storia.
Tuttavia la legge del “piccolo gruppo”, del “pusillus grex” non può essere
ignorata e disattesa. La soluzione va
ricercata e forse potrà essere trovata
nella concezione della pastorale a cerchi concentrici. Anche questa, in varie
forme, largamente sperimentata nel
corso della storia.
Giordano Frosini
LA CORRUZIONE
CONTINUA a dilaniare
la società italiana
Un tempo per vincere la situazione di
peccato e di miseria morale che
gravano sulla società di oggi
La nostra
corruzione
rappresenta
la metà del
totale
europeo
PAGINA 2
LA CONDANNA
DELL'USURA
Le dure parole che Papa Francesco
ha rivolto ai volontari impegnati nella
lotta contro questo cancro che continua
a produrre vittime specialmente fra i
meno abbienti
PAGINA 4
PAGINA 14
NEL MONDO
LA GRANDE DISPARITà
NUOVA MINACCIA
SOCIALE
In tutto il mondo è aumentato il livello
di diseguaglianza tra i più ricchie e i più
poveri
PAGINA 15
2
primo piano
La Quaresima è
per tradizione uno
dei tempi più forti
dell’anno liturgico,
destinato alla preparazione
dell’evento
fondamentale della
nostra storia che è
la morte e resurrezione di Gesù. Papa
Francesco da alcune indicazioni alla
chiesa di oggi per
un cammino
comune
e impegnativo
n. 5 9 FEBBRAIO 2014
PAPA FRANCESCO
Il messaggio
per la Quaresima
“
Cari fratelli e sorelle,
in occasione della
Quaresima, vi offro alcune riflessioni, perché
possano servire al cammino personale e comunitario di conversione.
Prendo lo spunto dall’espressione
di san Paolo: «Conoscete infatti
la grazia del Signore nostro Gesù
Cristo: da ricco che era, si è fatto
povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua
povertà» (2 Cor 8,9). L’Apostolo
si rivolge ai cristiani di Corinto per
incoraggiarli ad essere generosi
nell’aiutare i fedeli di Gerusalemme
che si trovano nel bisogno. Che
cosa dicono a noi, cristiani di oggi,
queste parole di san Paolo? Che
cosa dice oggi a noi l’invito alla
povertà, a una vita povera in senso
evangelico?
La grazia
di Cristo
Anzitutto ci dicono qual è lo
stile di Dio. Dio non si rivela con i
mezzi della potenza e della ricchezza del mondo, ma con quelli della
debolezza e della povertà: «Da
ricco che era, si è fatto povero per
voi…». Cristo, il Figlio eterno di
Dio, uguale in potenza e gloria con
il Padre, si è fatto povero; è sceso
in mezzo a noi, si è fatto vicino
ad ognuno di noi; si è spogliato,
“svuotato”, per rendersi in tutto
simile a noi (cfr Fil 2,7; Eb 4,15). È
un grande mistero l’incarnazione di
Dio! Ma la ragione di tutto questo
è l’amore divino, un amore che
è grazia, generosità, desiderio di
prossimità, e non esita a donarsi e
sacrificarsi per le creature amate.
La carità, l’amore è condividere in
tutto la sorte dell’amato. L’amore
rende simili, crea uguaglianza, abbatte i muri e le distanze. E Dio ha
fatto questo con noi. Gesù, infatti,
«ha lavorato con mani d’uomo, ha
pensato con intelligenza d’uomo,
ha agito con volontà d’uomo, ha
amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto
veramente uno di noi, in tutto
simile a noi fuorché nel peccato»
(Conc. Ecum.Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes, 22).
Lo scopo del farsi povero di
Gesù non è la povertà in se stessa,
ma – dice san Paolo – ‘…perché
voi diventaste ricchi per mezzo
della sua povertà’. Non si tratta di
un gioco di parole, di un’espressione ad effetto! E’ invece una
sintesi della logica di Dio, la logica
dell’amore, la logica dell’Incarnazione e della Croce. Dio non ha
fatto cadere su di noi la salvezza
dall’alto, come l’elemosina di chi
dà parte del proprio superfluo con
pietismo filantropico. Non è questo
l’amore di Cristo! Quando Gesù
scende nelle acque del Giordano e
si fa battezzare da Giovanni il Battista, non lo fa perché ha bisogno
di penitenza, di conversione; lo fa
per mettersi in mezzo alla gente,
bisognosa di perdono, in mezzo a
noi peccatori, e caricarsi del peso
dei nostri peccati. E’ questa la via
che ha scelto per consolarci, salvarci, liberarci dalla nostra miseria.
Ci colpisce che l’Apostolo dica che
siamo stati liberati non per mezzo
della ricchezza di Cristo, ma per
mezzo della sua povertà. Eppure
san Paolo conosce bene le ‘impenetrabili ricchezze di Cristo’ (Ef 3,8),
‘erede di tutte le cose’ (Eb 1,2).
Che cos’è allora questa povertà
con cui Gesù ci libera e ci rende
ricchi? È proprio il suo modo di
amarci, il suo farsi prossimo a noi
come il Buon Samaritano che si avvicina a quell’uomo lasciato mezzo
morto sul ciglio della strada (cfr Lc
10,25ss). Ciò che ci dà vera libertà,
vera salvezza e vera felicità è il suo
amore di compassione, di tenerezza
e di condivisione. La povertà di
Cristo che ci arricchisce è il suo
farsi carne, il suo prendere su di sé
le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la misericordia
infinita di Dio. La povertà di Cristo
è la più grande ricchezza: Gesù è
ricco della sua sconfinata fiducia
in Dio Padre, dell’affidarsi a Lui in
ogni momento, cercando sempre e
solo la sua volontà e la sua gloria. È
ricco come lo è un bambino che si
sente amato e ama i suoi genitori
e non dubita un istante del loro
amore e della loro tenerezza. La
ricchezza di Gesù è il suo essere
il Figlio, la sua relazione unica con
il Padre è la prerogativa sovrana
di questo Messia povero. Quando
Gesù ci invita a prendere su di
noi il suo “giogo soave”, ci invita
ad arricchirci di questa sua “ricca
povertà” e “povera ricchezza”, a
condividere con Lui il suo Spirito
filiale e fraterno, a diventare figli nel
Figlio, fratelli nel Fratello Primogenito (cfr Rm 8,29).
È stato detto che la sola vera
tristezza è non essere santi (L.
Bloy); potremmo anche dire che vi
è una sola vera miseria: non vivere
da figli di Dio e da fratelli di Cristo.
La nostra
testimonianza
Potremmo pensare che questa
“via” della povertà sia stata quella
di Gesù, mentre noi, che veniamo
dopo di Lui, possiamo salvare il
mondo con adeguati mezzi umani.
Non è così. In ogni epoca e in ogni
luogo, Dio continua a salvare gli uomini e il mondo mediante la povertà di Cristo, il quale si fa povero nei
Sacramenti, nella Parola e nella sua
Chiesa, che è un popolo di poveri.
La ricchezza di Dio non può passare attraverso la nostra ricchezza,
ma sempre e soltanto attraverso
la nostra povertà, personale e comunitaria, animata dallo Spirito di
Cristo.
Ad imitazione del nostro Maestro, noi cristiani siamo chiamati
a guardare le miserie dei fratelli, a
toccarle, a farcene carico e a operare concretamente per alleviarle.
La miseria non coincide con la
povertà; la miseria è la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza
speranza. Possiamo distinguere tre
tipi di miseria: la miseria materiale,
la miseria morale e la miseria spirituale. La miseria materiale è quella
che comunemente viene chiamata
povertà e tocca quanti vivono in
una condizione non degna della
persona umana: privati dei diritti
fondamentali e dei beni di prima
necessità quali il cibo, l’acqua, le
condizioni igieniche, il lavoro, la
possibilità di sviluppo e di crescita
culturale. Di fronte a questa miseria
la Chiesa offre il suo servizio, la sua
diakonia, per andare incontro ai
bisogni e guarire queste piaghe che
deturpano il volto dell’umanità. Nei
poveri e negli ultimi noi vediamo il
volto di Cristo; amando e aiutando
i poveri amiamo e serviamo Cristo.
Il nostro impegno si orienta anche
a fare in modo che cessino nel
mondo le violazioni della dignità
umana, le discriminazioni e i soprusi, che, in tanti casi, sono all’origine
della miseria. Quando il potere, il
lusso e il denaro diventano idoli,
si antepongono questi all’esigenza
di una equa distribuzione delle
ricchezze. Pertanto, è necessario
che le coscienze si convertano alla
giustizia, all’uguaglianza, alla sobrietà
e alla condivisione.
Non meno preoccupante è la
miseria morale, che consiste nel diventare schiavi del vizio e del peccato. Quante famiglie sono nell’angoscia perché qualcuno dei membri
– spesso giovane – è soggiogato
dall’alcol, dalla droga, dal gioco,
Vita
La
dalla pornografia! Quante persone
hanno smarrito il senso della vita,
sono prive di prospettive sul futuro e hanno perso la speranza! E
quante persone sono costrette a
questa miseria da condizioni sociali ingiuste, dalla mancanza di lavoro
che le priva della dignità che dà il
portare il pane a casa, per la mancanza di uguaglianza rispetto ai diritti all’educazione e alla salute. In
questi casi la miseria morale può
ben chiamarsi suicidio incipiente.
Questa forma di miseria, che è
anche causa di rovina economica,
si collega sempre alla miseria spirituale, che ci colpisce quando ci
allontaniamo da Dio e rifiutiamo
il suo amore. Se riteniamo di non
aver bisogno di Dio, che in Cristo
ci tende la mano, perché pensiamo
di bastare a noi stessi, ci incamminiamo su una via di fallimento.
Dio è l’unico che veramente salva
e libera.
Il Vangelo è il vero antidoto
contro la miseria spirituale: il
cristiano è chiamato a portare in
ogni ambiente l’annuncio liberante
che esiste il perdono del male
commesso, che Dio è più grande
del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo
fatti per la comunione e per la
vita eterna. Il Signore ci invita ad
essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di misericordia e di
speranza! È bello sperimentare la
gioia di diffondere questa buona
notizia, di condividere il tesoro a
noi affidato, per consolare i cuori
affranti e dare speranza a tanti
fratelli e sorelle avvolti dal buio. Si
tratta di seguire e imitare Gesù,
che è andato verso i poveri e i
peccatori come il pastore verso la
pecora perduta, e ci è andato pieno d’amore. Uniti a Lui possiamo
aprire con coraggio nuove strade
di evangelizzazione e promozione
umana.
Cari fratelli e sorelle, questo
tempo di Quaresima trovi la
Chiesa intera disposta e sollecita
nel testimoniare a quanti vivono
nella miseria materiale, morale e
spirituale il messaggio evangelico, che si riassume nell’annuncio
dell’amore del Padre misericordioso, pronto ad abbracciare in Cristo
ogni persona. Potremo farlo nella
misura in cui saremo conformati
a Cristo, che si è fatto povero e
ci ha arricchiti con la sua povertà.
La Quaresima è un tempo adatto
per la spogliazione; e ci farà bene
domandarci di quali cose possiamo
privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà. Non
dimentichiamo che la vera povertà
duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione
penitenziale. Diffido dell’elemosina
che non costa e che non duole.
Lo Spirito Santo, grazie al quale
‘[siamo] come poveri, ma capaci di
arricchire molti; come gente che
non ha nulla e invece possediamo
tutto’ (2 Cor 6,10), sostenga questi nostri propositi e rafforzi in noi
l’attenzione e la responsabilità verso la miseria umana, per diventare
misericordiosi e operatori di misericordia. Con questo auspicio, assicuro la mia preghiera affinché ogni
credente e ogni comunità ecclesiale percorra con frutto l’itinerario
quaresimale, e vi chiedo di pregare
per me. Che il Signore vi benedica
e la Madonna vi custodisca”.
Vita
La
3
n. 5
UN’OTTIMA LETTURA
9 FEBBRAIO 2014
Orgoglio Arancione
“La vita
gratis.
Il resto
a pagamento”
Orme dei
cercatori di Dio
“
Quel contadino umbro
non sapeva nemmeno leggere. Ma c’era nell’animo
suo, custoditovi da una
vita onesta e laboriosa, un
breve angolo in cui scendeva la luce
di Dio, con una potenza non troppo
inferiore a quella dei profeti e forse
superiore a quella dei filosofi”.
Enrico Fermi deve starsene un
po’ di tempo nella campagna umbra
per curarsi un esaurimento. Di notte
capita per caso vicino ad un gruppo
di contadini analfabeti, uno dei quali
contemplando il cielo stellato esclama:“Com’è bello! E pure c’è chi dice
che Dio non esiste”. Nella citazione
di questo episodio giovanile di uno
dei più grandi scienziati mai esistiti
sta il senso ultimo di “Dio esiste, me
l’ha detto Kant. I filosofi che parlano
di Dio spiegati a tutti” (San Paolo,
125 pagine), del giovane filosofo
Simone Fermi Berto. Perché se il
libro ripercorre in breve, ma con le
dovute e azzeccate citazioni dirette,
cosa che nei testi scolastici di filosofia di solito non accade, la storia
delle “prove” dell’esistenza di Dio,
il sospetto è che l’autore la pensi
A
I
Dalla speculazione all’azione in un testo
del giovane filosofo Simone Fermi Berto
di Marco Testi
diversamente. Nel senso che, come
aveva intuito Kant, provare davvero
l’esistenza di Dio è impossibile, e
che semmai, le tracce, non le prove,
di Dio vanno cercate altrove, nel
comportamento morale, nell’amore,
nel sacrificio e nell’accettazione del
dolore.
Fin da quando Berto affronta
l’esistenzialismo di Kierkegaard, si ha
la sensazione che egli veda lì il vero
problema: le pur generose fatiche
degli Agostino, degli Anselmo, dei
Tommaso erano di natura soprattutto speculativa, anche se sostenute,
soprattutto in Agostino, dalla nuova
forza della conversione nella carità.
Kierkegaard, attaccando Hegel, in realtà fa capire che le pure speculazioni
intellettive sono inutili se non sostenute dalle prove cui ci sottopone
l’esistenza, dall’accettazione del limite. In poche parole il danese invitava
ad uscire dai polverosi e umidi studi
i poeti e altre poesie, di
Emanuel Carnevali (Firenze, 4 dicembre 1897
– Bologna, 11 gennaio
1942). Questo il titolo del volumetto numero 47 (pagg. 36, euro 4,
Via del Vento edizioni), della collana
quadrimestrale “acquamarina”, curata da Fabrizio Zollo, che da alcuni anni propone, agli appassionati
bibliofili, testi inediti e rari di poesia
prevalentemente straniera.
Duemila gli esemplari numerati,
impressi su carta avorio, per i tipi
della Stamperia Elle Emme di
Pieve a Nievole (Pistoia), con una
selezione che raccoglie diciotto fra
le sue migliori poesie, scritte fra il
1918 e il 1931, tradotte da Elio
Grasso, che ha curato anche la
nota al testo.
Il volumetto, dato alle stampe nel
settantesimo della scomparsa del
poeta, costituisce un’eccezione
alla linea della collana, non solo
perché questo erede spirituale del
‘maledettismo’ di Arthur Rimbaud
e di Dino Campana scrisse tutte
le sue poesie in inglese, ma anche
perché le scrisse in quell’ambiente
di poeti americani di avanguardia
che influenzò fortemente con la
sua singolare presenza.
Elio Grasso, nella nota al testo,
rileva come “I canali amarissimi
dell’esistenza di Carnevali non
sigillano la diversità d’espressione e
l’inventario lucido di quel che non
va: prima e dopo gli stenti, prima e
dopo la malattia, egli sa bene come
distinguere l’impasse psichica, e
sa come prendersela con gli scrittori che, misteriosamente restano
affascinati e influenzati da questo
ragazzo in fin dei conti estraneo,
straniero. Il ‘black poet’ utilizza
l’esilio affondando la percezione
per affrontare la strada, con tutti i
suoi rischi, e la strada è il confronto
con l’altro, la sfida, i v ari stadi dell’esistenza comune, da quello estetico del
don Giovanni fino a quello etico del
rischio di Dio, non della sua certezza.
E d’altronde lo stesso autore ce lo
dice apertamente, intervenendo nella
narrazione in prima persona:“In cuor
mio penso che la conversione sia e
debba essere un monito quotidiano
e perenne, per il cristiano”.
Vale a dire che la conversione
è sempre in corso, che il deserto
appare sempre ai margini e talvolta
ripresenta minacciosamente le sue
sabbie, così come altre tentazioni e
altri vuoti, ma come diceva san Paolo
(1Cor 13,1-13) “se non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba
o come cimbalo che strepita”.
Ed infatti, quando si stagliano
sulle pagine del volume le figure di
Karl Barth e soprattutto di Albert
Schweitzer, coloro che hanno teorizzato il fare, la partecipazione,
l’adesione interiore unita all’azione
verso l’altro, il volume sembra
avere un’impennata: se prima con
indubbia capacità esplicativa e con
un certo - e rispettoso - humor,
Berto aveva passato in rassegna gli
sforzi intellettuali dei cercatori delle
prove di Dio, ora appaiono sulla
scena gli uomini di Dio, vale a dire
coloro che cercano e nel contempo
mostrano l’esistenza del Numinoso
senza troppe chiacchiere, con il loro
fare. Schweitzer abbandonò carriera
e comodità per curare malati senza
nome per noi occidentali, in nome
di “uno sconosciuto senza nome”
che due millenni fa si avvicinò a dei
pescatori che non sapevano chi fosse.
Più “prova” di così dell’esistenza di
Dio, sembra dire l’autore...
acquamarina
Ai poeti e altre poesie
di Emanuel Carnevali
a cura di Franco Benesperi
dove capisce di potersi incastrare:
le strade americane sono evidenti,
gli sporchi lavori e i pochi dollari diventano nelle sue mani il movimento totale della scrittura, in prosa
e in poesia. L’inglese statunitense
diventa il suo dialetto. La lingua ne
subisce l’effetto, e probabilmente
anche tutte le menti, certamente
non banali, che avvicinano le sue
pagine”.
“Di certo nei suoi versi Carnevali
trancia in modo aperto quel che si
stava producendo - prosegue Elio
Grasso -, e investe della propria
sensibilità la cognizione poetica
affermata oltreoceano, con strenua
caccia di immagini e con gli ‘insulti’
di quel Rimbaud che lo spinge alla
massima libertà, a cui la salvezza
deve essere per forza legata. E
dal suo punto di vista, come dargli
torto? Ogni poesia è fiera delle
analogie che egli vi inietta, qualcosa
che ai titolari allora in voga pareva troppo europeo ma che ben
presto venne riconosciuto come
una scheggia che, pur impazzita,
avrebbe dato una svolta alla ricerca poetica”.
La collana quadrimestrale “acquamarina” è in distribuzione nelle
migliori librerie mentre, per maggiori informazioni e curiosità sulla
piccola ma qualificata casa editrice
pistoiese, è attivo il sito internet
all’indirizzo www.viadelvento.it.
Ai poeti
Essenze di ogni bellezza popolare,
violini dalle corde vibranti
lunghe, soffici, delicate armonie –
anche se sfiorati dalle ruvide dita del mondo,
anche se sfiorati dalle fredde dita del dolore –
pensate al giorno in cui, dormendo nelle vostre tombe,
sarete svegliati dal tuono delle vostre voci
e dal vento forte e gelido della vostra musica:
poiché nel suolo fertile degli anni
le vostre voci fioriranno mutando in tuono,
la vostra musica muterà in vento che monda e genera.
Emanuel Carnevali
nvitò gli italiani a comprare
titoli di Stato, nel 2011, per
salvare l’Italia. Lui stesso
li comprò. Si tratta del
quarratino Giuliano Melani, che
il 4 novembre 2011 acquistò una
pagina di pubblicità sul quotidiano
Corriere della Sera per sostenere
il suo appello, sborsando 20 mila
euro. Tre giorni dopo, mantenendo la promessa, andò alla filiale
di Quarrata (dove Melani vive e
lavora come agente di leasing) della
Cassa di Risparmio di Lucca, Pisa e
Livorno, acquistando 20 mila euro
di titoli di Stato, che gli fruttavano
il 6 per cento arrivando a 40 mila
euro di Bot. «Da quel 4 novembre –raccontava Melani alla stampa
locale- il Paese è cambiato. Fino
al 3, gli italiani volevano vendere
i Btp perché temevano che fosse
carta straccia e non sapevano nulla
di debito pubblico. Oggi sanno di
cosa si tratta e ne hanno meno
paura. In un anno molti, come mai
in precedenza, hanno seguito il mio
esempio. Negli ultimi 12 mesi c’è
stata una cavalcata gigantesca sul
debito: la mia iniziativa ha fatto la
differenza. Agli italiani e al Paese è
servita moltissimo».
Giuliano ricevette quindi almeno
2 mila e-mail di complimenti dopo
la pubblicazione dell’articolo di
stampa, «al 90% di queste –aggiungeva Melani- era stata allegata la
copia del documento che attestava
l’acquisto di Btp». Poi telefonate da
parte di giornalisti e politici, «Matteo Renzi mi chiamò il 4 novembre
dicendomi che condivideva l’iniziativa». A caccia di pubblicità? «Il mio
lavoro –ribatteva lui- non ne ha
tratto benefici. Tutto quello che ho
fatto è stato dettato dalla massima
spontaneità. Se esiste qualcuno che
vuol farsi pubblicità spendendo 40
mila euro in pochi giorni, si faccia
pure avanti». Da qui il libro scritto
da Melani su questa sua indimenticabile esperienza di successo, “La
vita gratis. Il resto a pagamento”,
contenente ipotesi rivoluzionarie
superanti i dualismi, compreso
quello sinistra-destra, che vanno
dritte alla soluzione. «Nel libro
contesto anche il primo articolo
della Costituzione –dice- al posto
del lavoro io vorrei un reddito per
tutti!».
Leonardo Soldati
Poeti
Contemporanei
Prigionieri
C’è una domanda
che ogni giorno m’interroga:
“Se non è d’aiuto
provare sensi di colpa
(o sollevare la spada),
cosa sto facendo
per dare soccorso ai fratelli
tormentati dall’ìngiustizia avviliti
dalla povertà
prigionieri di una notte
che non conosce l’alba”?
Orazio Tognozzi
4
attualità ecclesiale
Fanno spicco le
parole di indirizzo
e di elogio rivolte
alle religiose
“
La festa della Presentazione di Gesù al Tempio
è chiamata anche la festa
dell’incontro: nella liturgia, all’inizio si dice che Gesù va
incontro al suo Popolo, è l’incontro
tra Gesù e il suo popolo; quando
Maria e Giuseppe portarono il loro
bambino al Tempio di Gerusalemme, avvenne il primo incontro tra
Gesù e il suo popolo, rappresentato dai due anziani Simeone e Anna.
Quello fu anche un incontro
all’interno della storia del popolo, un incontro tra i giovani e gli
anziani: i giovani erano Maria e
Giuseppe, con il loro neonato; e gli
anziani erano Simeone e Anna, due
personaggi che frequentavano sempre il Tempio.
Osserviamo che cosa l’evangelista Luca ci dice di loro, come li
descrive. Della Madonna e di san
Giuseppe ripete per quattro volte
che volevano fare quello che era
prescritto dalla Legge del Signore
(cfr Lc 2,22.23.24.27). Si coglie,
quasi si percepisce che i genitori di
Gesù hanno la gioia di osservare i
precetti di Dio, sì, la gioia di camminare nella Legge del Signore! Sono
due sposi novelli, hanno appena
avuto il loro bambino, e sono tutti
animati dal desiderio di compiere
“
Quando una famiglia
non ha da mangiare e
deve pagare il mutuo
ricorre all’usura: non
è umano!”. Sono le parole forti
pronunciate oggi da Papa Francesco al termine dell’udienza
generale in piazza San Pietro,
rivolgendo anche un forte appello
affinché “le Istituzioni possano
intensificare il loro impegno al
fianco delle vittime dell’usura,
drammatica piaga sociale che
ferisce la dignità della persona
umana”. Presenti in piazza oltre
4000 volontari, famiglie a rischio
usura ed ex-giocatori d’azzardo
che fanno capo a 28 fondazioni
sparse in tutta Italia, aderenti
alla Consulta nazionale antiusura
“Giovanni Paolo II”. T
Ancora commosso e tremante
per l’importante giornata è monsignor Alberto D’Urso, segretario
generale della Consulta.
Si aspettava queste parole
forti di condanna dell’usura da parte di Papa Francesco?
“Il Papa ha detto poche parole
ma molto significative, probabilmente a braccio. Questo vuol
dire che sente profondamente il
problema. C’è in me ancora tanta
commozione: l’autorevolezza del
Papa ci ricompensa di venti anni
di lotta. Quando abbiamo cominciato non si parlava di questo
problema. Crediamo che il messaggio del Papa possa avere una
risonanza notevole attraverso i
mass media. Purtroppo il fenomeno dell’usura è in crescita a causa
delle difficoltà economiche delle
persone, sulle quali gli usurai si
precipitano come avvoltoi. Per
n. 5 9 FEBBRAIO 2014
2 FEBBRAIO: L’OMELIA DEL PAPA
Giovani e anziani
possono collaborare
insieme
quello che è prescritto. Questo
non è un fatto esteriore, non è per
sentirsi a posto, no! E’ un desiderio
forte, profondo, pieno di gioia. E’
quello che dice il Salmo: «Nella
via dei tuoi insegnamenti è la mia
IN PIAZZA CON IL PAPA
Contro l’usura crescono
la coscienza del popolo
e la presenza di Chiesa
Oltre 4000 volontari, famiglie a rischio usura ed ex-giocatori
d’azzardo che fanno capo a 28 fondazioni sparse in tutta Italia,
aderenti alla Consulta nazionale antiusura “Giovanni Paolo II”
hanno partecipato all’udienza
di Patrizia Caiffa
i volontari, le persone a rischio
di usura e le persone usurate, le
sue parole sono un grande incoraggiamento. Tra noi c’è anche un
pullman di ex-giocatori d’azzardo:
hanno capito che il tentare la fortuna non risolve i problemi della
perdita di lavoro ma affama ancor
più le famiglie, portando ad altre
più gravi tragedie”.
Con la crisi e la perdita del
lavoro sono aumentate le
persone che vi chiedono
aiuto. O è anche frutto
della vostra presenza e
azione?
“È aumentato il disagio ma anche
la sensibilità della gente. E abbiamo una Chiesa molto più vicina.
C’è una coscienza di popolo che
cresce. Per noi è stato importante
celebrare l’eucarestia nella basilica
di San Pietro, per passare simbolicamente dal pane negato (l’usura),
al pane donato e al pane condiviso. Sono per noi passaggi fonda-
mentali, educativi, e appartengono
alla cultura pastorale che è alla
base dell’attività di prevenzione”.
Il Papa ha fatto riferimento
al problema dei mutui che
le famiglie talvolta non riescono a pagare. Un appello
implicito alle banche?
“Certamente sì. Le banche in
questo periodo hanno ristretto
le possibilità di mutui, pur avendo
concesso la sospensione di un
anno per chi non riesce a pagare
le rate. Ma le persone che hanno
iniziato anni fa a pagare un mutuo e hanno perso il lavoro oggi
stanno rivendendo le case. E tanti
vendono le case per sopravvivere.
Chiedo anch’io alle banche, che
usufruiscono del deposito dei
fondi delle fondazioni, di essere
più attente, vicine e veloci nell’approvazione delle nostre richieste.
La sospensione di un anno è stata,
per certi versi, una provvidenza.
Ma se, dopo un anno, le persone
non riescono a lavorare di nuovo,
i problemi continuano”.
Cosa chiedete invece, di
nuovo, al governo italiano?
“Non basta fare una legge contro
l’usura, bisogna anche rifinanziarla
annualmente. Lo Stato non può
fare delle leggi per combattere
l’usura e poi tenere in vita esperienze come il gioco d’azzardo,
che sono una delle cause principali. Con la mancanza di lavoro le
persone diventano dipendenti dal
gioco, che poi affama e disgrega le
persone, causando suicidi e altre
tragedie. La gente non può vivere
sotto minaccia e nella paura. Noi
ci auguriamo che lo Stato dia il
lavoro e non l’incentivazione della
fortuna attraverso il gioco d’azzardo, in modo che la gente possa
ricominciare a pagare il mutuo e a
fare una vita normale. Ma devono
essere messi in condizione di poterlo fare”.
Vita
La
gioia … La tua legge è la mia delizia
(119,14.77).
E che cosa dice san Luca degli
anziani? Sottolinea più di una volta
che erano guidati dallo Spirito Santo. Di Simeone afferma che era un
uomo giusto e pio, che aspettava la
consolazione di Israele, e che «lo
Spirito Santo era su di lui» (2,25);
dice che «lo Spirito Santo gli aveva
preannunciato» che prima di morire avrebbe visto il Cristo, il Messia
(v. 26); e infine che si recò al Tempio
«mosso dallo Spirito» (v. 27). Di
Anna poi dice che era una «profetessa» (v. 36), cioè ispirata da Dio; e
che stava sempre nel Tempio «servendo Dio con digiuni e preghiere»
(v. 37). Insomma, questi due anziani
sono pieni di vita! Sono pieni di vita
perché animati dallo Spirito Santo,
docili alla sua azione, sensibili ai
suoi richiami…
Ed ecco l’incontro tra la santa
Famiglia e questi due rappresentanti
del popolo santo di Dio. Al centro
c’è Gesù. E’ Lui che muove tutto,
che attira gli uni e gli altri al Tempio,
che è la casa di suo Padre.
E’ un incontro tra i giovani pieni
di gioia nell’osservare la Legge del
Signore e gli anziani pieni di gioia
per l’azione dello Spirito Santo. E’
un singolare incontro tra osservanza e profezia, dove i giovani sono gli
osservanti e gli anziani sono i profetici! In realtà, se riflettiamo bene,
l’osservanza della Legge è animata
dallo stesso Spirito, e la profezia si
muove nella strada tracciata dalla
Legge. Chi più di Maria è piena di
Spirito Santo? Chi più di lei è docile
alla sua azione?
Alla luce di questa scena evangelica guardiamo alla vita consacrata come ad un incontro con Cristo:
è Lui che viene a noi, portato da
Maria e Giuseppe, e siamo noi che
andiamo verso di Lui, guidati dallo
Spirito Santo. Ma al centro c’è Lui.
Lui muove tutto, Lui ci attira al
Tempio, alla Chiesa, dove possiamo
incontrarlo, riconoscerlo, accoglierlo, abbracciarlo.
Gesù ci viene incontro nella
Chiesa attraverso il carisma fondazionale di un Istituto: è bello pensare così alla nostra vocazione! Il nostro incontro con Cristo ha preso
la sua forma nella Chiesa mediante
il carisma di un suo testimone, di
una sua testimone. Questo sempre
ci stupisce e ci fa rendere grazie.
Nella vita
consacrata
E anche nella vita consacrata si
vive l’incontro tra i giovani e gli anziani, tra osservanza e profezia. Non
vediamole come due realtà contrapposte! Lasciamo piuttosto che
lo Spirito Santo le animi entrambe,
e il segno di questo è la gioia: la
gioia di osservare, di camminare in
una regola di vita; e la gioia di essere guidati dallo Spirito, mai rigidi,
mai chiusi, sempre aperti alla voce
di Dio che parla, che apre, che conduce, che ci invita ad andare verso
l’orizzonte.”
Poche parole ma illuminanti
quelle che Papa Francesco ha rivolto alle consacrate, aggiungendo,
parlando a braccio, che le religiose
sono come gli avamposti della chiesa nelle frontiere umane e sociali,
grandi donne e pilastro della chiesa
visto che senza di loro non si può
parlare di questa.
Vita
La
9 FEBBRAIO 2014
Dal 10 al 13 febbraio si
terrà il convegno nazionale
di pastorale giovanile.
Il tema: “Tra
il porto e l’orizzonte.
Le direzioni della cura
educativa”
di Daniele Rocchi
“T
ra il porto e l’orizzonte. Le
direzioni della cura educativa”. E’ il tema del XIII
convegno nazionale che il
Servizio per la pastorale giovanile della Cei
(Snpg) organizza a Genova dal 10 al 13 febbraio.
Il convegno è indirizzato agli incaricati diocesani
di pastorale giovanile e a coloro che si occupano
dell’animazione del mondo giovanile. La scelta
del tema si inserisce nel decennio che la Chiesa
italiana ha deciso di vivere all’insegna della “cura
educativa”, inserito in un contesto di fede cristiana.Ad aprire i lavori sarà monsignor Franco
Giulio Brambilla, vescovo di Novara, e a concluderli il cardinale Angelo Bagnasco, presidente
della Cei e arcivescovo di Genova. Abbiamo
chiesto a don Michele Falabretti, responsabile
del Snpg, di illustrarci l’appuntamento.
Da dove trae origine il tema del
convegno?
“L’ispirazione è venuta dal luogo scelto, ovvero
il porto antico di Genova. Il porto esprime bene
l’idea di accoglienza, di riparo. E la cura educativa
è innanzitutto la capacità di custodirti soprattutto
nei momenti di difficoltà. Nello stesso tempo, una
cura educativa vera è quella che ti permette di ripartire e che ti apre nuovi orizzonti. Un educatore in
gamba è pronto ad accogliere il giovane e a lasciarlo
ripartire con un percorso di vita senza lasciarlo in
mare aperto. Così accende il faro per orientarlo”.
Cosa si propone di dire a chi si occupa dell’animazione e della cura del
mondo dei giovani?
“Questo convegno si rivolge a tutti quelli che
hanno il coraggio e la responsabilità di farsi carico
N
ella lettura evangelica di questa
domenica (Mt 5, 13-16), Gesù
specifica, con immagini suggestive
e, soprattutto, immediatamente
efficaci, le caratteristiche cheEcontraddistinguoanc
no coloro che lo accettano come maestro: sale,
città sul monte, lampada accesa.
Non si tratta di un invito o di una esortazione,
ma di una constatazione. Egli, infatti, egli non
dice «Voi dovreste essere» o, magari, «Mi raccomando che siate», ma, semplicemente e lapidariamente, «Voi siete».
I discepoli di Gesù, dunque, non possono considerare queste tre dimensioni elencate da Gesù
come un fatto privato, come se l’ambiente in
cui vivono ne fosse impermeabile, ma devono
essere consapevoli dell’impatto che, mediante
il loro comportamento, volenti o nolenti, necessariamente eserciteranno, in maniera positiva o
negativa, sulla comunità più o meno vasta a cui
appartengono.
Il sale conserva i cibi, preservandoli dalla
corruzione, se mantiene questo suo potere,
perché altrimenti non soltanto è da gettare,
ma è anche da disprezzare nel peggiore dei
modi (“calpestato dalla gente”): il credente,
cioè, deve essere coerente non soltanto per sé,
ma anche per la sua comunità, alla quale deve
servire da “sale” incarnando il vangelo senza
scendere a compromessi e senza lasciarsi vincere dal rispetto umano.
La città sul monte è, per la sua posizione, necessariamente visibile, ovverosia il credente non
ha mai il diritto di dire “sono fatti miei nei quali
gli altri non si devono intromettere”, perché
con il suo esempio o edificherà, se è buono, o
attualità ecclesiale
n. 5
5
APPUNTAMENTO A GENOVA
Fare spazio ai giovani
nelle comunità cristiane
è promessa di futuro
dei giovani. Le direzioni della navigazione della vita
non sono sempre certe, a volte si tratta di provare ad
uscire in mare aperto e se necessario tornare indietro. La capacità dell’educatore è quella di riconoscere
il bisogno di gradualità. Il mare aperto è un bisogno
di tutti, ci possono essere false partenze. L’educatore
è a fianco del giovane perché non si perda”.
Ma come interloquire con giovani
sempre più istruiti, che abitano con
i genitori, che non hanno lavoro, che
non riescono a mettere su famiglia,
che non hanno fiducia nelle Istituzioni?
“Ripartendo dalla centralità della comunità cristiana. Non è più il tempo degli esperti di pastorale
giovanile cui caricare il tema dei giovani come fosse
un problema. Un concetto questo bene espresso nel
documento del 1999 ‘Educare i giovani alla fede’. La
comunità deve farsi carico dei giovani. La situazione
è drammatica ma se ne viene fuori insieme. Non
possono essere un prete, due suore e quattro educatori a tenere in piedi una bella esperienza e battere
la mano sulla spalla ad un giovane dicendogli, ‘stai
tranquillo che tanto prima o poi un lavoro salta fuori’.
Di educatori che sanno suonare la chitarra e che
sorridono ma non riescono a cogliere i problemi reali
dei giovani non sappiamo che farcene. E’ urgente
ridisegnare la figura dell’educatore”.
Che tratti distintivi deve avere
questa nuova figura?
“Innanzitutto deve avere una passione profonda,
che sappia spendersi nel momento in cui accetta la
sfida educativa, che a volte ti fa andare a mille e a
volte ti fa perdere colpi. Ma senza abbandonare i
ragazzi. Un educatore che non costruisce solo momenti di festa ma che condivide tutto con i giovani,
anche le lacrime, quando non sa più che fare. La
Rio de Janeiro 28 luglio 2013: don Michele Falabretti, responsabile del servizio nazionale di pastorale giovanile a Casa Italia
cura educativa non è legata solo al ‘saper fare’ ma al
‘saper essere’. C’è bisogno di una passione che torni
senza paura alla domanda: perché lo facciamo?”.
Prima parlava di comunità cristiana. Ma in che modo la Chiesa deve
ricalibrare la propria azione pastorale?
“Deve essere una comunità che attiva delle reti
e che tiene lo sguardo aperto sui suoi giovani. La
pastorale giovanile non sono le cose che fai per e con
i giovani ma è la capacità degli educatori di tornare
dagli adulti e fare in modo che abbiano l’attenzione
alta sulle nuove generazioni. Una pastorale giovanile
non può basarsi su una fiducia smisurata negli eventi
davanti ai quali non ci si deve tirare indietro, e penso
alle Gmg, che sono bellissime. Se tornare a casa, per
un giovane, vuol dire non aver futuro anche quei
momenti rischiano di essere un tradimento. Sono
l’offerta di un sogno che mai si potrà realizzare.
Occuparsi dei giovani a 360 gradi ma non perché li
La Parola e le parole
V Domenica del Tempo Ordinario anno A
Is 58,7-10; Sal 111; 1 Cor 2,1-5; Mt 5,13-16
distruggerà se è cattivo, con merito e premio
nel primo caso o con vergogna e punizione nel
secondo caso. Anzi, quanto più ci troviamo in
posizione di rilievo, con conseguente maggiore
visibilità, tanto più aumenta la nostra possibilità
di influenzare chi ci vede e, di conseguenza,
cresce la nostra responsabilità. Così certi recenti
scandali provenienti dal clero -anche se da piccole minoranze- hanno avuto effetti devastanti
per la Chiesa, mentre i protagonisti, che forse
non si aspettavano questa risonanza, sono stati
letteralmente “calpestati dalla gente”. Non è
qui fuor di luogo ricordare che gli incarichi pubblici, compresi quelli politici, non vanno rifiutati
per principio dal credente, se ne viene richiesto
e ne ha la vocazione, come se fossero situazioni nelle quali è inevitabile “sporcarsi”, ma
vanno invece accettati come occasioni preziose
di testimonianza di servizio, da vivere -rigorosamente- nello spirito suggerito da Gesù-capo,
venuto “non per farsi servire, ma per servire”
fino al dono della propria vita.
La lampada ha bisogno, per adempiere alla sua
funzione, di essere accesa e poi di mantenersi
così. La luce si accende con la lettura o l’ascolto
della Parola di Dio e con la meditazione del
messaggio che attraverso di essa ci giunge.
Questa luce, poi, si mantiene accesa mediante
l’attenzione all’opera che lo Spirito Santo svolge
dentro di noi e che si percepisce soprattutto
quando facciamo silenzio specialmente nella
preghiera prolungata. Allora si attua la promessa di Gesù: «Il Paràclito, lo Spirito Santo che il
Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà
ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho
detto» (Gv 14,26). Non ha senso, poi, che la
lampada si nasconda, perché è suo compito
-se no che lampada è?- far «luce a tutti quelli
che sono nella casa». Gesù, a questo punto,
esce dalla similitudine e conclude ordinando
perentoriamente ai suoi discepoli: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché
vedano le vostre opere buone e rendano gloria
al Padre vostro che è nei cieli».
Come? Nella sua omelia della III Domenica di
Pasqua, il 14 aprile 2013, papa Francesco così
lo ha spiegato: «Ricordiamolo bene tutti: non
si può annunciare il Vangelo di Gesù senza la
testimonianza concreta della vita. Chi ci ascolta
e ci vede deve poter leggere nelle nostre azioni
ciò che ascolta dalla nostra bocca e rendere
gloria a Dio! Mi viene in mente adesso un
consiglio che san Francesco d’Assisi dava ai suoi
fratelli: predicate il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole. Predicare con la vita
la testimonianza. L’incoerenza dei fedeli e dei
Pastori tra quello che dicono e quello che fanno,
tra la parola e il modo di vivere, mina la credibilità della Chiesa».
Il modo più qualificante per diventare luce ci
si considera malati. La cura educativa va intesa come
il collocare i giovani dentro la vita di una comunità,
accanto agli adulti, agli anziani, ai bambini. Mettere
i giovani in condizione di essere persone in grado
di ricevere dalla comunità ma anche di donare”.
Come dire aiutare i giovani a vivere
e non a campare…
“Aggiungerei anche aiutare i giovani a collocarsi
nel mondo. La comunità cristiana può mostrare
al mondo che esiste un modo attento e pieno di
carità di fare spazio alle nuove generazioni. Allo
stesso modo i giovani devono sapere che la vita si
conquista e che non possiamo portargli i pesi in
eterno. Nessun giovane, infatti, si è mai conquistato
uno spazio perché gli adulti o chi gli stava davanti lo
ha fatto passare. Nella vita si entra formandosi. La
fede non è fuga dal mondo ma lo strumento che ti
permette di entrarci avendo in mano la forza della
verità del Vangelo”.
viene suggerito dalla prima lettura, tratta dal
“terzo Isaia (Is 58, 7-10), che afferma la supremazia della carità addirittura sulla pratica del
digiuno e la capacità della carità di trasformarci
in luce perfino quando siamo in stato di peccato, simboleggiato da una ferita non rimarginata:
«Non consiste forse [il digiuno che voglio] nel
dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre
in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno
che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti?
Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua
ferita si rimarginerà presto».
Nella seconda lettura (1 Cor 2, 1-5), l’apostolo
Paolo ci dice, portando ad esempio la sua
esperienza, che, per essere sale della terra, città
sul monte e luce del mondo, non occorrono
doti speciali: «Quando venni tra voi, non mi
presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con
l’eccellenza della parola o della sapienza». «Mi
presentai a voi nella debolezza e con molto
timore e trepidazione.[…] La mia parola e la
mia predicazione non si basarono su discorsi
persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione
dello Spirito e della sua potenza, perché la
vostra fede non fosse fondata sulla sapienza
umana, ma sulla potenza di Dio». Dunque la
nostra debolezza e l’esserne consapevoli non
è penalizzante per essere sale della terra,
città sul monte e luce del mondo, ma, anzi -può
sembrare un paradosso-, è addirittura una
carta vincente: quanto più ne saremo convinti,
tanto più diventeremo trasparenti all’azione di
un Dio che vuole manifestarsi proprio anche
attraverso la nostra debolezza, così come lo ha
fatto attraverso quella dell’apostolo Paolo.
Don Umberto Pineschi
6
U
na “Reginella santa” che
mette d’accordo notabili e
persone semplici. Sabato 25
gennaio alla beatificazione
di Maria Cristina di Savoia, sposa
di Ferdinando II di Borbone, morta
a 23 anni il 31 gennaio 1836 dopo
aver dato alla luce il figlio Francesco
tanto desiderato dopo 3 anni di
matrimonio, a gremire la basilica
di Santa Chiara a Napoli c’erano
duemila persone, tra nobili, come i
discendenti dei Borbone e dei Savoia, uniti, per una volta, dall’amore e
dalla devozione per la nuova beata,
ma anche tanta gente del popolo. Il
rito di beatificazione è stato presieduto dal cardinal Angelo Amato,
prefetto della Congregazione delle
cause dei santi e rappresentante del
Papa; la celebrazione eucaristica è
stata presieduta, invece, dal cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo
di Napoli; hanno concelebrato,
oltre al cardinale Amato, il cardinale
Renato Raffaele Martino, presidente
emerito del Pontificio Consiglio
per la giustizia e la pace; monsignor
Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari dove la nuova beata nacque nel
1812; monsignor Fabio Bernardo
D’Onorio, arcivescovo di Gaeta;
monsignor Mario Milano, emerito
di Aversa; monsignor Armando Dini,
emerito di Campobasso-Bojano;
padre dom Beda (Umberto) Paluzzi,
abate ordinario di Montevergine;
fr. Giovangiuseppe Califano, postulatore della causa di beatificazione,
che ha letto una biografia di Maria
Cristina; padre Agostino Esposito,
ministro provinciale dei Frati minori
di Napoli, e più di sessanta sacerdoti.
La festa liturgica per la nuova beata,
le cui spoglie mortali sono custodite
proprio nella basilica di Santa Chiara,
è stata fissata il 31 gennaio.
I
n Italia nascono sempre
meno bambini. Secondo i dati
provvisori Istat, riferiti ai primi
sette mesi del 2013, il saldo
negativo è il peggiore da 33 anni:
rispetto al 2012 sono nati 62 neonati in meno al giorno. Più di 22mila
bambini che mancano all’appello.
Se la cifra forse non rende l’idea, è
meglio ricorrere all’esempio di una
vecchia Pubblicità Progresso che sensibilizzava sulla perdita quantitativa
della foresta amazzonica. Ebbene,
i bambini non nati corrispondono
all’incirca alla popolazione di un medio comune della provincia italiana.
Quindi quest’anno ci siamo giocati,
a scelta: Lumezzane, Colleferro
oppure Ariano Irpino. Una cittadina
intera sparita, cancellata, dissipata.
Interpretati così, i numeri cambiano
decisamente la prospettiva e forniscono nuova linfa apprestandoci
a celebrare domenica prossima la
36esima Giornata per la vita. Anche
per rispondere a chi si chiede se ancora c’è bisogno di festeggiare questa ricorrenza o se in fondo non si
perda nella lunga processione ormai
pressoché quotidiana di “giornate
per qualcosa”, che vogliono ricordare
un po’ tutto e poi spesso passano
senza colpo ferire.
Basti pensare che la prima volta fu
nel 1979. Si era all’indomani della
legge sull’aborto e la Chiesa italiana
voleva ribadire che non si sarebbe
mai rassegnata o arresa nella difesa
della vita e decise di organizzare,
ogni anno, un momento dedicato
espressamente alla necessità e alla
n. 5 9 FEBBRAIO 2014
BEATIFICAZIONE A NAPOLI
La «Reginella santa»
Nobili e popolo a celebrazione per Maria Cristina di Savoia
di Gigliola Alfaro
lo consigliava alla moderazione e
alla clemenza, come nel caso della
commutazione delle condanne a
morte alla pena del carcere anche
per cospiratori e nemici”.
Quadruplice
Dono prezioso
Maria Cristina di Savoia “è dono
prezioso per la Chiesa di Napoli e
per la Chiesa universale. La sua vita
e le sue opere di carità rimangono
per tutti un tesoro da custodire e
da imitare anche oggi”, ha osservato
nell’omelia il cardinale Crescenzio
Sepe, che indossava una casula confezionata, per l’occasione, dalle seterie
di San Leucio. Opera rilanciata proprio dal “coraggioso impegno” della
nuova beata. “Ella - ha aggiunto - fu
una straordinaria donna di carità con
una predilezione speciale per i poveri,
i malati, le donne in difficoltà; carità
autentica e incarnata nella realtà
del suo tempo, carità vissuta come
promozione umana e cristiana del
suo popolo”. Maria Cristina è stata
“la regina dei poveri perché ha posto
l’amore evangelico alla base del suo
stile di vita semplice e sobrio, del
suo impegno per il perdono e la
pace in famiglia e nella società; per il
sostegno alla gioventù esposta, anche
allora, a pericoli di ogni genere; per
la difesa dei diritti inalienabili della
persona umana, consapevole che
nulla è estraneo a Cristo e al suo
Vangelo di quanto è veramente umano”. Il cardinale Sepe ha ricordato
anche che la regina “fu consigliera
del suo sposo, adoperandosi per la
difesa e la promozione del popolo
a lui affidato” e che “Ferdinando II,
nella sua azione di governo, fece suoi
i desideri di bene della sua sposa che
messaggio
“La beata Maria Cristina è stata
talmente conquistata dall’amore di
Gesù da trasformare la nobiltà del
censo in nobiltà di grazia, diventando
un’autentica regina della carità”, ha
affermato il cardinale Angelo Amato,
alla fine della messa. Per il porporato,
la beata ci consegna oggi un quadruplice messaggio. Innanzitutto,“ricorda a tutti i battezzati che tutti siamo
chiamati alla santità”. Il secondo
messaggio consiste “nel riconoscere
che la vera ricchezza e nobiltà è il
nostro essere cristiani, figli del Padre
celeste, salvati da Gesù Cristo”. In
terzo luogo,“i santi come Maria Cristina risvegliano il mondo facendolo
uscire dal torpore della mediocrità
e del male per aprirlo al dinamismo
del bene”. Infatti,“i santi bonificano la
nostra vita sociale dall’inquinamento
dei vizi, restituendo valore alla virtù
e dignità alla vita”. Infine, ha concluso
il cardinale Amato, “la nostra beata,
giovane mamma, morta nel dare alla
luce il suo bambino tanto atteso, ci
ricorda che la nostra esistenza, breve
o lunga che sia, avrà il suo approdo
nella vita eterna”.
GIORNATA PER LA VITA
Trentasei anni dopo…
“generare futuro”
È più di un tema, di un titolo per un documento.
È l’invito a essere promotori e custodi responsabili dell’unica
vera e sorprendente energia in grado di rimettere
la società in movimento: la vita
di Emanuela Vinai
bellezza del suo pulsare. A trentasei
anni di distanza molte cose sono
mutate, ma le emergenze che riguardano la tutela della vita, di tutta la
vita nel suo svolgersi, sono ancora
qui. Eppure lo sguardo è ancora
rivolto in avanti, alla speranza, e non
a caso il messaggio della Conferenza
episcopale italiana pone a tema “Generare futuro”.
È un bel verbo generare. Significa
dare la vita, procreare, dare origine,
ma anche cagionare, provocare, suscitare.Tutti sinonimi, seppure con venature diverse. E poi un generatore è
quello che dà energia: quale energia
è più forte di quella vitale? Colui che
è generato, è dello stesso “genere” di
chi lo genera, quindi generare è trasmettere qualcosa di sé, di generazione in generazione. Ma che succede
se questa trasmissione si interrompe,
se non ci sono più bambini cui i nonni possano raccontare com’era, per
far loro immaginare come sarà? Cer-
to c’è la crisi che frena, che inibisce,
che spaventa. Oggi la fascia di età
compresa tra il 25 e i 35 anni, quella
più fertile, in cui storicamente si “fa
famiglia” e si accolgono i figli, è anche
quella che più risente della precarietà economica. La recessione blocca
la speranza e posticipa le decisioni.
A questo si aggiunge la miopia della
politica che invece di promuovere e
adottare politiche di sostegno alla
genitorialità, ristagna affidandosi a un
welfare familiare che non regge più
la supplenza alle carenze dello Stato
sociale. A ciò si aggiunge una dichiarata sfiducia dei giovani nel futuro
e nel mondo in generale, visto come
irrimediabilmente corrotto e insicuro.
Però non posso fare a meno di pensare che la mia generazione è quella
nata negli anni ’70. Per capirsi basta
un rapido e non esaustivo bignami
di storia: conflitto mediorientale, crisi
energetica mondiale, guerra civile
in Irlanda, violenza di piazza, lotta
armata, terrorismo e anni di piombo.
Serve altro? I nostri genitori, spesso
monoreddito, devono essere stati
davvero degli incoscienti a pensare
a metterci al mondo in un contesto
simile! Eppure hanno avuto fiducia
nel futuro. Quella cosa nebulosa, indistinta, ipotetica, sognata che ci sta di
fronte. Come lo si affronta nei tempi
bui? “Il futuro non è più quello di una
volta” ammoniva Paul Valery. E meno
male! Il futuro è nuovo ogni giorno e
serve a costruire il presente, a dare
una meta su cui costruire i nostri
progetti. Un domani molto prossimo
dove “accogliere con stupore la vita, il
mistero che la abita, la sua forza sorgiva, come realtà che sorregge tutte
le altre”. Per questo “generare futuro”
è più di un tema, di un titolo per un
documento. È l’invito a essere promotori e custodi responsabili dell’unica
vera e sorprendente energia in grado
di rimettere la società in movimento:
la vita.
Vita
La
Samaritana
della strada
in onore di
santità
di Alessandro Orlando
Sono passati tre anni
da quando il 19 febbraio 2011, nella
Basilica della SS. Annunziata di Firenze,
alla presenza del
cardinal Giuseppe
Betori, vi è stata la celebrazione della
chiusura del processo diocesano di beatificazione della fondatrice delle suore
passioniste di San Paolo della Croce, la
Serva di Dio Maria Maddalena Frescobaldi Capponi, laica e madre di famiglia.
Maria Maddalena nacque a Firenze
l’11 novembre del 1771. Sposata con
il marchese Pier Roberto Capponi visse
a Firenze da dove esiliò a causa delle
invasioni napoleoniche. Finita la guerra
e tornata ad abitare il palazzo vicino a
piazza SS. Annunziata iniziò a prestare
la sua mirabile opera all’ospedale Bonifazio di via S. Gallo imbattendosi nella
piaga della prostituzione che coinvolgeva
giovani donne. Decise quindi, con la collaborazione di alcune amiche, di fondare
una scuola dove in seguito molte delle
ragazze salvate vollero consacrarsi al
Signore ed offrire la propria vita per il
bene delle persone bisognose, povere e
dimenticate. Nel 1817, Maria Maddalena, chiese ed ottenne dal generale dei
Passionisti di affiliare la piccola comunità
alla paternità spirituale del grande
mistico e apostolo S. Paolo della Croce.
Maria Maddalena morì a Firenze l’8
aprile del 1839 circondata dall’affetto
delle figlie Passioniste e da tante persone che avevano ricevuto da lei amore e
dedizione comunione e dell’amore divino.
Ricordata anche per la sua lotta all’usura
e come una delle fondatrici della Cassa
di Risparmio di Firenze, quella di Maria
Maddalena è una figura particolarissima,
una nobile donna sollecita nell’operare
il bene e testimoniare l’amore verso gli
altri, in special modo verso i più poveri,
gli ultimi e le giovani senza speranza,
abbruttite dalla prostituzione ma desiderose di cambiare vita. Ella non obbligò
mai nessuno a seguirla, ma individuò le
potenzialità e le attitudini del prossimo
valorizzandole in ogni singola libertà e
suscitando disponibilità al cambiamento
e all’incontro con la fede e l’infinita
comprensione di Dio. Maria Maddalena
si è avvicinata al mistero della Passione
di Cristo e i dolori di Maria che non sono
una porta chiusa e un luogo sconosciuto,
ma il posto dove risiede l’amore senza
fine e la condivisione di ciò che non
separa mai il divino dall’umano e lo
integra perfezionandolo nelle opere di
misericordia. Nel ricordare la vita e le
opere di Maria Maddalena mi tornano
alla mente le parole di Gesù di fronte
agli scribi e ai farisei che condannavano
l’adultera e volevano lapidarla,“Chi di voi”
- disse- “è senza peccato getti per primo
la pietra contro di lei” e poi rivolgendosi
alla donna “Dove sono coloro che ti
condannano? Nemmeno io ti condanno.
Va’ e d’ora in poi non peccare più”. Maria
Maddalena praticò la vera misericordia,
una misericordia che è compassione nel
senso originario della parola, del “patire
con”, del “soffrire insieme”, lasciandosi
toccare dal male, dalle ingiustizie e dal
dolore altrui, nella certezza che chi ha
fatto misericordia è stato colui che si è
fatto povero tra i poveri e ultimo tra gli
ultimi. La sua opera continua nella dedizione e nel lavoro delle oltre mille suore
appartenenti alla congregazione delle
suore Passioniste di S. Paolo della Croce
presenti in tantissime nazioni del mondo
e, ovviamente, nella casa madre di Signa.
Pistoia
Sette
N.
5 9 FEBBRAIO 2014
Q
uest’anno la Giornata per la vita è
stata celebrata da
don Tommaso, parroco della chiesa
della Vergine che ringraziamo
anche per la festosa e amorevole accoglienza di tutta
la sua comunità. La Messa
è stata celebrata alle 11 da
monsignor Mansueto Bianchi,
vescovo ddi Pistoia. È seguito un incontro conviviale al
Centro Giovanni Paolo con il
vescovo, il parroco, numerosi
parrocchiani e gli operatori
del Movimento per la vita e
Centro di aiuto alla vita.
Durante il pranzo, la responsabile del Centro ci ha
intrattenuto raccontandoci
le sue esperienze al servizio
della vita.
“Mi chiamo Vanda Ferrari,
sono la responsabile del Centro di aiuto alla vita di Pistoia
sin dal 2003. Voglio comunicarvi alcune mie riflessioni.
5 settembre 2003, mi
sembra, 1° giorno.
Mi ero “catapultata” da
una scuola elementare di
Pistoia al Centro di aiuto alla
vita, dove attualmente svolgo
la mia attività come responsabile, circondata da 10 colleghe
che si prodigano nell’operare
con me. A scuola ho sempre
avuto esperienze e rapporti
profondi con i genitori, nonni
e bambini e devo affermare
che ho risolto più volte situazioni difficili, nel dare consigli
alle famiglie per un lavoro proficuo per tutti. Mi interessavo
molto al dialogo che cercavo
di costruire con empatia e
correttezza. Desideravo soprattutto prendermi cura
dei bambini più deboli che
difendevo con ostinità e forza.
Tornando al 5 settembre
2003, ricordo.
Era una bella giornata,
piena di sole, che infondeva
fiducia e speranza.
Mi sentivo emozionata nel
salire le scale del nostro Centro. Mi dicevo: “Come andrà
a finire? Sarò all’altezza? (Per
fortuna ho anche un diploma
di assistente sociale). Mentre
questi pensieri mi affollavano
la mente, vidi una figura esile,
occhi che esprimevano tristezza, ma sincerità e rispetto.
Una nomade stanziale, ma che
non sembrava tale. Le figlie
bambine, un marito che la
picchiava spesso. La povertà.
Ascoltavo in silenzio quel vissuto, cercai di aiutarla.Ancora
oggi la vedo e la saluto.. Mi farà
presto conoscere la figlia in
attesa di un bambino.
TESTIMONIANZE
Cronaca di una
“Giornata
per la vita”
di Giuliana Zoppis
Così ebbi la mia prima
esperienza al Centro.
Quante madri in situazioni
difficili di disagio, ma le persone cui tenevo maggiormente
erano e sono le ragazze madri
di qualsiasi nazionalità esse
siano, con i loro bambini non
riconosciuti, ma con tanta voglia di combattere e di andare
avanti.
I primi tempi, tornando a
casa, pensavo e ripensavo alle
confidenze che si erano create
durante i colloqui. Mi faceva
male il ripensare.
Le esperienze si sono susseguite. Ricordo con affetto
una ragazza madre italiana che
presenta una minorazione ad
una mano e all’avambraccio.
Un figlio che ora frequenta la
scuola elementare; un misero
contributo per il suo handicap;
per fortuna vive con la madre
che percepisce una pensione
minima di reversibilità. Per
Natale mi ha telefonato, sono
andata a trovarla. Sto cercando di trovarle un lavoro nelle
categorie protette. Spero di
riuscirci; per questo motivo
ho coinvolto la mia famiglia.
Il lavoro del centro non
si esaurisce qui; moltissimi
stranieri, troppi, che spesso
chiedono aiuto pretendendo
ed è allora che bisogna far
capire che quello non è l’atteggiamento giusto. Molti di loro
dicono che non lavorano; c’è
quindi da dubitare, nonostante
i documenti richiesti.
Una recente esperienza
di pochi giorni fa. Una signora
albanese ha dato alla luce una
bambina. Non sapeva di essere
in attesa, raccontava la figlia
ventenne, mentre ascoltava le
mie perplessità, toccava il suo
cellulare di ultima generazione. Una famiglia di 5 persone,
ora di 6, con figli maschi di 23
e 22 anni, un babbo giovane.
Nessuno lavora solo il primo
figlio. Come fanno a vivere?
Come è possibile? C’è da
crederci?
Ascoltare le persone è
difficile, faticoso, coinvolgente, per cui occorre prendere
le dovute distanze in alcuni
momenti e prestare molta
attenzione ai vissuti. Devo
confessare con amarezza che
le donne italiane sono più
riservate, più timorose, hanno vergogna di chiedere, di
esternare i loro problemi
psicologici ed economici. Bi-
sogna metterle a proprio agio,
favorendo la verbalizzazione
dei sentimenti, senza forzature
e con la massima discrezione.
Naturalmente dopo i
colloqui, le utenti vanno dalle
altre volontarie, le quali si
affannano con amore per
cercare e consegnare vestitini, carrozzine, passeggini e
corredini.
Altre esperienze significative sono quelle delle mamme
in stato interessante, che sono
a volte sole, ma che affrontano
la decisione di scegliere la vita,
in piena libertà, superando
ogni intimazione e ostacolo
dei parenti che vorrebbero
farle abortire.
Perché non menzionare
le donne di colore? Fra loro
anche Abel, una mamma bellissima, sembra una modella,
ma il marito l’ha lasciata per
un’altra. Ha una bambina con
forte rachitismo lo si vede dalle gambine fortemente arcuate
e una andatura non adeguata.
Quando me ne sono accorta,
l’ho mandata subito dal pediatra che ha confermato i miei
timori. La madre e la figlia sono
andate in Africa per un mese
e, quando sono tornate la
piccola stava meglio. Ora viene
seguita dai medici dell’ospedale Mayer di Firenze.
Molte donne di colore
arrivano al centro con i loro
piccoli “cavalcati” (caricati)
sulle spalle, credendo nella
vita, pur nella loro povertà,
mostrandoci con fierezza i
loro piccoli bellissimi, dagli
occhi neri, lucidi e penetranti.
Il nostro centro è questo:
un via vai di mamme, bambini
che ci aspettano, che ridono,
che piangono, che chiedono
aiuti, che raccontano…
Non è sempre facile. Ma
tutto ciò è un inno alla vita.
Quest’anno abbiamo aiutato a nascere e crescere 51
neonati con latte e pannolini
che saranno seguiti fino a due
anni. In tutto abbiamo assistito
154 famiglie.
Si ricorda che il Centro di
Aiuto alla Vita ha la sua sede
in Vicolo dei Pazzi, 16 a Pistoia
ed è aperto il lunedì e il mercoledì dalle 15,30 alle 17,30 e
il venerdì dalle 9,30 alle 11,30.”
Durante la Messa il presidente del Movimento e Centro di aiuto alla vita,Tommaso
Braccesi, ha ricordato che il
Movimento per la vita ha invece una funzione soprattutto
culturale ed educativa informando l’opinione pubblica su
varie tematiche. Si serve di
concorsi scolastici dalle scuole
materne alle superiori, pubblica il periodico Sì alla Vita,
organizza incontri e seminari
per giovani e famiglie, ha raccolto firme, come è avvenuto
quest’anno, per sensibilizzare
la vita politica al rispetto
dell’uomo dal concepimento
alla morte naturale.
Non tutti sanno che dal
1978 al 2012, con la legge 194,
le interruzioni di gravidanza
in Italia sono state 5.437.553,
come si facessero scomparire
singolarmente città come
Roma, Milano, Napoli, Bologna.
Si dice che il numero degli
aborti in Italia sia diminuito ad
opera della legge 194, in realtà,
gli aborti sono diminuiti per la
vendita di 400mila confezioni
di pillole del giorno dopo,
l’azione educativa svolta dalla
Chiesa e dai Movimenti per
la vita e per l’azione dissuadente e assistenziale dei 338
Centri di Aiuto alla vita sparsi
in tutta Italia. Una buona
notizia riguarda l’obiezione di
coscienza di medici, infermieri
e farmacisti, che è in costante
crescita.
Il presidente del Movimento per la vita italiano, Carlo
Casini, con una sua lettera, ringrazia tutti coloro che hanno
collaborato alla raccolta delle
firme per l’iniziativa europea
“Uno di noi” che è stata presentata al Parlamento europeo
con 1.896.852.
Si apre ora una seconda
fase. Occorre che la nostra
domanda sia accolta, comunque tutto ciò è stato un
segno di rinnovamento civile e
morale. Intanto un risultato è
già stato raggiunto: un risveglio
delle coscienze ed una ripresa
di coraggio in tutta l’Europa.
Ringraziamo il parroco
che ci ha accolto e monsignor vescovo che ci guida e
ci sostiene sempre in questa
nostra attività.
CELEBRATA IN CATTEDRALE
Giornata per la vita consacrata
D
omenica 2 febbraio, Festa
della presentazione di Gesù
al tempio, la chiesa ha celebrato la Giornata mondiale
della vita consacrata. Anche i consacrati
e le consacrate di Pistoia si sono trovati
in Cattedrale alle 18 per celebrare l’eucaristia presieduta dal nostro vescovo.
È stato un momento importante di comunione ecclesiale di tutti i consacrati. I
quali, sono una significativa testimonianza evangelica e, come ci ha ricordato il
vescovo una vita donata, offerta in particolare per i più poveri, una vita in cammino ed una vita di luce (il simbolo della
candela), che poi si traduce in fedeltà.
La vita consacrata nei suoi diversi
carismi è un dono per tutta la chiesa,
sia quelle che si esprimono nel servizio pastorale, educativo, caritativo, ma
anche quelle che vivono in clausura
donando la loro vita nella preghiera,
tutte esprimono il primato di Gesù e la
bellezza di donarsi totalmente a lui.
Anche Papa Francesco ha esortato
tutti i consacrati con queste parole:
“Questa offerta di se stessi a Dio riguarda ogni cristiano, perché tutti siamo
consacrati a lui mediante il Battesimo.
Tutti siamo chiamati ad offrirci al Padre
con Gesù e come Gesù, facendo della
nostra vita un dono generoso, nella fa-
miglia, nel lavoro, nel servizio alla Chiesa, nelle opere di misericordia. Tuttavia,
tale consacrazione è vissuta in modo
particolare dai religiosi, dai monaci, dai
laici consacrati, che con la professione
dei voti appartengono a Dio in modo
pieno ed esclusivo. Questa appartenenza al Signore permette a quanti la vivono in modo autentico di offrire una testimonianza speciale al Vangelo del Regno di Dio. Totalmente consacrati a Dio,
sono totalmente consegnati ai fratelli,
per portare la luce di Cristo là dove più
fitte sono le tenebre e per diffondere la
sua speranza nei cuori sfiduciati.”
Gabriella D’Agostino
8
comunità ecclesiale
ASSOCIAZIONE MEDICI CATTOLICI
Progetti per l’anno in corso
MONASTERO
DELLE BENEDETTINE
Una nuova
arrivata
a cura di Daniela Raspollini
D
opo la messa in memoria di
Marco Tamburini, che è stato
per lungo tempo presidente dell’Associazione medici
cattolici di Pistoia, abbiamo effettuato
un’intervista a Franco Niccolai, attuale
presidente
Quale è lo scopo dell’Associazione medici cattolici Iitaliani
(Amci)?
L’Amci ha, tra i suoi scopi principali,
quello di provvedere alla formazione
morale e professionale dei medici, di
promuovere studi in ambito della bioetica
ispirandosi ai principi cristiani e di animare
e difendere lo spirito di autentico servizio
umano e cristiano del medico verso gli
ammalati.
Quale è l’impegno e il progetto dell’Amci in questo anno
pastorale?
I temi proposti per approfondimento
in questo anno dal Consiglio nazionale
sono:
- rapporto tra economia e gestione
della sanità: come coniugare responsabilità, trasparenza e carità con efficiacia e
efficienza manageriale
- il volto umano dell’embrione.
Gli Ordini dei medici stanno preparando la stesura del nuovo Codice deontologico che andrà a sostituire quello del
2006. Come medici cattolici, sia a livello
nazionale e regionale che diocesano, ci
stiamo impegnando perché i principi
in esso contenuti siano rispettosi della
sacralità della vita e della dignità della
persona.
Come Amci diocesana abbiamo deciso di aiutare concretamente persone
ammalate con problemi economici. Siamo infatti a conoscenza che sempre più
persone bisognose non sono in grado
di comprare medicine, di pagare ticket
sanitari e cure odontoiatriche. Abbiamo
perciò deciso, autotassandoci per un euro
al giorno, di costituire un fondo sanitario che sarà gestito direttamente dalla
Caritas. Stiamo inoltre predisponendo
un elenco di medici generici e specialisti
disponibili, su diretta chiamata telefonica
del personale della Caritas, a visitare
persone bisognose.
Il 2 febbraio è stata celebrata
una messa in ricordo di Marco
Tamburini: quale è stato il suo
ruolo nell’Amci?
Marco è stato presidente dell’Associazione per sette anni e, grazie al suo
impegno di medico che esercitava la
professione come una missione al servizio
dei malati ed alle sue doti manageriali, ha
contribuito al rilancio dell’Amci organizzando convegni e conferenze sui problemi
della bioetica e portando avanti progetti
di aiuto economico a donne in gravidanza
tramite il Movimento per la vita.
La sua morte improvvisa è stata una
grave perdita per tutti noi, ma il suo ricordo è uno stimolo per continuare l’opera
da lui iniziata.
Lei è anche presidente della
onlus “Insieme per la Terra Santa”. Quali sono i vostri scopi e gli
impegni
L’associazione “Insieme per la Terra
Santa” è nata quattro anni fa per iniziativa
di un gruppo di persone che aveva fatto
esperienza di pellegrinaggi in Terra Santa
sotto la guida di don Cesare Tognelli.
Lo scopo dell’associazione è quello di
far conoscere le realtà della Terra Santa,
favorire il dialogo fra ebrei, cristiani e musulmani e aiutare le popolazioni cristiane
che là vivono.
Il nostro impegno è quello di organizzare pellegrinaggi in Terra Santa (il
prossimo nella prima metà del mese di
aprile). Nei nostri pellegrinaggi non ci
limitiamo a visitare i luoghi sacri, le pietre
calpestate da Gesù, ma cerchiamo anche
di incontrare le “pietre vive”, cioè le comunità cristiane, le parrocchie, gli istituti,
gli ospedali, ecc.
In particolare abbiamo un rapporto di
vicinanza con la Casa dei Bambini Gesù di
Betlemme, un istituto gestito dalle Suore
del Verbo Incarnato che ospita bambini
palestinesi disabili. In questi ultimi anni
ci siamo impegnati a raccogliere fondi
per contribuire alla ristrutturazione ed
ampliamento della Casa. Ed ancora oggi
continuiamo ad aiutare economicamente
la Casa per sopperire alle ingenti spese
di gestione.
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
L’attività dell’ente
Camposampiero
I
A Pistoia, in perifieria,
nella zona del popoloso
quartiere delle Fornaci,
tra il rione di S. Marco
e Candeglia sulla via Antonelli
ha sede l’Ente Camposampiero.
Sorto il 20 gennaio 1946
per onorare la memoria del
professor Giuseppe Camposampiero, eminente studioso,
apprezzato insegnante appassionato sostenitore del
riscatto e delele necessità
dei più poveri di Pistoia, così
come lo era stato in Firenze a
fianco del prof. La Pira.
La Camposampiero oggi
come ieri opera con lo stesso
spirito di servizio di allora e
con le stesse aspirazioni che
hanno motivato e mosso Giusepe Camposampiero e e signorine Borgioli, in particolare
la prof.ssa Angela Borgioli, che
hanno dato seguito concreto
alle idee di giustizia sociale e
solidarietà umana e cristiana
promosse dal fondatore.
Anche oggi, come ieri,
sembra che la povertà bussi
alla porta di tante famiglie
che vivono nella nostra città
e nei nosti quartieri. È povertà materiale, che riduce i
consumi delle famiglie, ma è
di Luca Traversari
anche e soprattutto mancanza
di entusiasmo, di energia per
realizzare il futuro e perdita
di speranza.
Quale risposte avrebbe
dato Giuseppe Camposampiero oggi a questa sfida? Non
lo sapremo mai, ma possiamo
vedere quello che si cerca di
realizzare oggi alla Camposampiero.
La sede di via Antonelli è
un piccolo villaggio della solidarietà, dove operano varie
cooperative che si occupano
d inserimenti lavorativi per
fasce deboli (ex carcerati, di-
Vita
La
n. 5 9 FEBBRAIO 2014
sabili) , un centro adolescenti
che raccoglie i ragazzi della
zona, una nuova cooperativa
di produzione, Manusa, che si
occupa di riuso di vestiti usati
e messa a nuovo degli stessi,
una scuola materna comunale
e la Fabbrica delle emozioni
che rappresenta uno spazio
aperto ad assciazioni e realtà
del quartiere.
L’Ente Camposampiero,
associazione di soli volontari ,
nell’ultimo periodo si è impegnato per la realizzazione di
un impianto fotovoltaico, che
produce circa il 50% dell’ener-
gia elettrica di cui la struttura
necessita di un centro Caritas,
per l’ascolto e distribuzione
di vestiti e aiuti alle famiglie
in difficoltà del quartiere.
Ultimamente con un gruppo
di ragazzi aiutati da dei volontari sta recuperando le zone
verdi circostanti la struttura
e in abbandono, creando un
orto sociale e un frutteto
biologico. In questo modo i
ragazzi coinvolti ricevono un
contributo economico che
offre aiuto in un momento
della loro vita non certo facile
e contribuiscono a migliorare
l’ambiente della zona.
A breve l’Ente in collaborazione
con la Fondazione Cassa di
Risparmio di Pistoia e Pescia
proporrà un bando rivolto ai
giovani per progettare una
parte dello spazio esterno alla
Camposampiero da destinare
a giardino della pace, dove
giovani e anziani, persone
con origini etniche, culturali
e religiose diverse possono
incontrarsi e sperimentare
momenti di condivisione e
amicizia.
I sogni vissuti da
pochi rimangono nel cassetto,
se condivisi da tanti possono
diventare realtà.
La consacrazione di suor Maria
Marcella Mondombo Kane avverrà
domenica 9 febbraio
S
uor Maria sarà consacrata a Dio nella vita
monastica domenica
9 febbraio.
La solenne concelebrazione eucaristica,
presieduta dal vescovo di Pistoia Mansueto Bianchi, avrà
luogo alle 16 nella Chiesa
del Monastero “Santa Maria
degli Angeli” (in piazzetta
Civinini).
A suor Maria Marcella
rivolgiamo alcune domande
sulla sua vocazione.
Come è nato il suo
desiderio di entrare
nell’ordine benedettino come monaca di
clausura?
Ho avuto la chiamata alla
vita contemplativa quando
ero studentessa di storia.
Un’insegnante ci parlava
della vita monastica e io
sognavo di poter fare una
vita di preghiera e lavoro, ma
senza andare a lavorare fuori
del convento (in quel tempo ero suora di vita attiva).
Allora mi sono documentata
sul motto ‘ora et labora’ e
ho capito che era quello lo
stile di vita che sognavo. Ho
chiesto di entrare nel Monastero Benedettino per poter
condurre una vita semplice,
cercando l’umiltà e praticando l’ubbidienza al Vangelo,
alla regola di san Benedetto
e all’abbadessa. Mi attirava
anche l’amore delle Benedettine per la Lectio, per la
Liturgia e per il Canto Gregoriano. Questo ho trovato
e questo sto vivendo con
convinzione.
Qual è il suo messaggio per la chiesa di
Pistoia?
Vorrei dire alla nostra
diocesi che la vita contemplativa è un ‘sì’ gioioso,
quotidiano, al Signore. La
clausura non è chiusura ma
trampolino di lancio della
propria vita. E’ un modo per
esprimere la propria amicizia
con Dio e con il prossimo,
nell’intimità del chiostro, nella solitudine scelta e nel silenzio interiore, pregustando
in questo modo la gioia della
vita eterna. Per noi monache
è molto importante sentirci
nel cuore della chiesa, dunque essere presenza ‘endogena’ nella nostra diocesi è
una responsabilità e noi lo
viviamo con grande impegno.
Per questo chiediamo a chi
legge di pregare il Signore
per noi e per tutte quelle
donne che lui starà preparando ad unirsi a noi nel
canto della lode, in questa
sua santa casa”.
D.R.
IN CATTEDRALE
Vespro d’organo
con Matteo Bonfiglioli
Domenica 9 febbraio 2014 alle 17, in Cattedrale, ci sarà il Vespro
d’organo con Matteo Bonfiglioli che eseguirà musiche su organo
Tronci 1793 e Costamagna 1969.
Matteo Bonfiglioli ha un nutrito calendario di esecuzioni: è stato
invitato invitato ad esibirsi per rassegne, festival e associazioni
musicali in Italia e all’estero. Sue esecuzioni sono state trasmesse
da enti radiofonici e televisivi. Si è esibito in alternanza con il
Coro del Teatro Comunale di Bologna per la Rassegna Il nuovo
l’antico organizzata da Bologna Festival. a presentato musica in
prima esecuzione assoluta. È organista presso la Basilica di San
Martino Maggiore di Bologna, dove è conservato un organo
risalente al 1556, capolavoro di Giovanni Cipri.
SCUOLA DI FORMAZIONE TEOLOGICA
Alto riconoscimento
per il segretario
Martedì 4 febbraio, prima dell’inizio delle lezioni ordinarie,
la scuola di teologia ha vissuto un momento di festa per la
consegna, fatta da monsignor vescovo, della bolla di nomina di
cavaliere di San Silvestro Papa al segretario della scuola Giacomo Poncini, visibilmente commosso e contento. Il direttore
della scuola, monsignor Frosini, ha introdotto la breve cerimonia ringraziando il neo-cavaliere per l’attenzione continuata da diversi anni nell’adempimento della sua funzione.
Vita
La
È
passato un anno
da quel 10 gennaio del 2013 in
cui Don Ferrero
è morto, in quel tempo pareva
non volesse lasciare la sua
amata Valdibure, tanto è che
è rimasto nella sua chiesa
per ben 5 lunghi giorni, per
poi continuare a dormire nel
piccolo cimitero accanto alla
pieve.
E’ proprio vero che nel
Regno di Dio non c’è distinzione fra noi, i morenti, e loro,
i viventi in Dio.
In realtà non se n’è mai
andato, continua a starci vicino, a guidarci, a volerci bene,
noi lo sentiamo, lo sente tutta
la sua gente che a distanza di
un anno, ha voluto riempire di
nuovo la chiesa di Valdibure la
sera del 10 gennaio, quando si
è celebrata una messa e Padre
Paul ha benedetto la bella lapide che è stata apposta in sua
memoria in fondo alla chiesa.
E così è successo anche
a Santomoro, domenica 12
L
o scorso lunedì 3
febbraio la comunità parrocchiale
pistoiese di San Biagio in Cascheri ha festeggiato
con particolare solennità il
suo patrono San Biagio.
Per avere notizie sulla figura del Santo Biagio, vescovo
e martire, occorre compiere
un immaginario lungo viaggio
nel tempo e nello spazio:
vissuto tra il III e il IV secolo,
Biagio era un medico e fu
nominato vescovo della città
di Sebaste, in Armenia. Non
si hanno molte notizie sulla
vita di San Biagio, mentre
molte sono le leggende fiorite
attorno alla sua figura: a lui si
attribuiscono vari miracoli,
tra cui il salvataggio di un
bambino che stava soffocando
dopo aver ingerito una lisca
di pesce.
A causa della sua fede venne imprigionato dai Romani, e
poiché si rifiutava di rinnegare
la fede cristiana, fu torturato
con i pettini di ferro che si
usano per cardare la lana. Il
suo martirio si concluse nel
316 con la decapitazione,
nell’ambito di una feroce persecuzione contro i cristiani,
con distruzione di chiese,
condanne ai lavori forzati per
9 FEBBRAIO 2014
comunità ecclesiale
n. 5
Associazione degli amici di don Ferrero Battani
Grazie Ferrero
gennaio, con una messa seguita da un pranzo, organizzato
dalla gente del paese, presso
la casa del popolo, con più di
100 persone, il cui ricavato è
stato destinato all’Associazione degli amici di don Ferrero
per fini di beneficienza.
L’associazione ha fatto
stampare un giornalino intitolato “Grazie Ferrero”, che
raccoglie una serie di racconti
di tante persone che nel tempo lo hanno conosciuto, e non
lo hanno più dimenticato.
La famiglia ha fatto scolpire sulla sua tomba un bel
bassorilievo in pietra serena
che lo raffigura con le braccia
protese in avanti in segno di
accoglienza e vicino i simboli
delle realtà che più ha amato,
Valdibure, la montagna, il deserto, i campeggi.
Son tutti piccoli gesti di
amore che la sua gente ha
sentito il bisogno di offrirgli
per questo primo anniversario
della sua morte, perché l’amore che continuiamo a provare
per don Ferrero ci accompagna immutato e ricordarlo ci
fa stare bene.
Lui è stato per noi un
padre, un grande maestro ed
il suo insegnamento è vivo
dentro di noi e ci permette di
andare avanti con responsabilità e autonomia, come figli
ormai adulti.
Continuiamo a sentirlo vicino, e cerchiamo ogni
giorno di aderire al presente,
di sentirci costruttori del Regno, attenti a scorgere quel “
frammento di Infinito “ che è
in ognuno di noi.
Paola Vivarelli
La parrocchia di San Biagio in Cascheri festeggia il proprio Patrono
un vescovo dal cuore gonfio
di amore, per Dio e per gli
uomini, e quell’amore non
lo ha mai abbandonato fino
alla morte, proprio come ha
insegnato Gesù.
Come tutti gli anni, la
parrocchia di San Biagio in
Cascheri ha festeggiato la solennità del santo patrono con
tre celebrazioni religiose: una
mattutina alle ore 8, una alla
vecchia chiesa presso l’Ombrone, che era stata sede parrocchiale fino all’edificazione
della nuova chiesa più grande,
ed una solenne alle ore 17.30.
La partecipazione dei parrocchiani è stata sentita e abbondante a tutte le celebrazioni,
e nel corso della celebrazione
solenne pomeridiana si è vista
la chiesa piena come nelle
grandi occasioni: la liturgia
è stata assistita da un valido
servizio di coro, ed in chiesa
si sono visti molti devoti di
San Biagio provenienti anche
da altre parrocchie cittadine,
come ad esempio Vicofaro o
le Casermette.
Per l’occasione alcune
signore della Caritas parrocchiale si sono impegnate
a cucinare e confezionare
alcune ceste di biscotti decorati di pasta frolla a forma di
pesce, da distribuire ai fedeli
in memoria del miracolo per il
quale il santo viene principalmente ricordato e venerato; il
ricavato delle offerte è stato
interamente devoluto alla
Caritas parrocchiale per l’acquisto dei generi alimentari
per i bisognosi.
Al termine di tutte le celebrazioni don Piero Vannelli
ha somministrato ai numerosi
fedeli presenti la benedizione
della gola con le candele incrociate, come da tradizione.
Ma i festeggiamenti del
patrono nella parrocchia di
San Biagio in Cascheri proseguiranno ancora per qualche
giorno: prossimamente il coro
polifonico di San Biagio organizzerà una rassegna corale,
mentre domenica prossima,
al termine della celebrazione
delle ore 11, la comunità
parrocchiale di San Biagio si
ritroverà per un pranzo comunitario organizzato presso
i locali della chiesetta vecchia
presso l’Ombrone da un’equipe di volontari parrocchiali.
Esso si concluderà – come
vuole la tradizione originaria
di Milano, dove il culto di San
Biagio è molto vivo – con
il panettone appositamente
conservato dalle festività natalizie per essere consumato
proprio in questa occasione.
Nicola Ponsillo
La Rai intervista le donne del Moica
A
breve distanza di
tempo dal ricevimento del dono
di un prezioso ricamo da parte del Presidente della Repubblica, un altro
importante evento riguardante il Moica si preannuncia
per il prossimo 7 febbraio.
In questo caso si tratta di
un’intervista che una troupe
della Rai verrà a fare alle
socie e alla presidente
dell’associazione, Anna Maria
Michelon Palchetti, nei locali
del Museo del ricamo. Que-
sta potrà essere una buona
occasione perché, attraverso
l’interesse dimostrato dalla
Rai per il Moica e il Museo
del ricamo, si possa diffondere l’immagine della nostra
città sul piano nazionale.
Nel frattempo il Movimento della casalinghe ha iniziato i lavori dell’anno 2014
con la prima riunione assembleare, avvenuta il 28 gennaio,
relativa in primo luogo al
tesseramento. Era presente il
nuovo presidente della Misericordia, Sergio Fedi, venuto
ad assicurare la continuità
del positivo rapporto col
Moica instaurato dal precedente presidente, Aligi Bruni,
a giusto titolo ricordato con
gratitudine dalle socie. Si è
successivamente delineato
il programma operativo per
l’anno 2014, sia in riferimento al corso di ricamo già in
essere dal 17 gennaio, sia in
riferimento all’incontro del
10 marzo per celebrare la
festa delle donne (con due
giorni di ritardo per motivi
pratici), sia per quanto con-
I cento
anni
di don
Giuseppe
Vignozzi
Da 75 anni al
servizio dei religiosi
e della chiesa
Festa di San Biagio
i cristiani e condanne a morte
per i vescovi.
Per questi motivi oggi viene ancora venerato San Biagio,
vescovo e martire, quale protettore delle malattie della
gola e patrono degli otorinolaringoiatri, nonché protettore
dei cardatori di lana.
Anche se non molte sono
le notizie certe che si hanno
sulla vita di San Biagio, una
certezza è giunta comunque
intatta fino a noi oggi: che
cioè la sua figura è quella di
PITEGLIO
9
cerne la gita culturale del 1
aprile, giornata del “lavoro
invisibile” delle casalinghe.
La gita avrà per meta una
villa della Lucchesia, villa
Mansi, proseguendo così un
itinerario che si snoda tra le
più belle dimore artistiche di
Toscana e che ha già toccato
le ville medicee di Cerreto
Guidi e di Poggio a Caiano.
Un altro argomento all’ordine del giorno è stato il
Convegno nazionale del Moica che si svolgerà a Cascia
il 5 e 6 giugno prossimi: in
particolare si è discusso della
modalità più adatta per prendervi parte. Ma l’argomento
principale dell’incontro sono
state le due celebrazioni che
cadono quest’anno: i venticinque anni del Moica e i
dieci anni del Museo del ricamo. Sono già in preparazione
le iniziative per solennizzare
questi due anniversari e tutte
le socie sono state invitate
ad esporre idee e proposte
utili al coinvolgimento della
cittadinanza pistoiese.
Piera Petracchi
Don Giuseppe Vignozzi in
questo 2014 ha tagliato il
record di cento anni; infatti è
nato a Montelupo Fiorentino
nel settembre del 1914.
Orfano di guerra, fu ordinato sacerdote nel 1939 dal
vescovo di Pistoia Giuseppe
Debernardi. Dopo l’ordinazione sacerdotale fu inviato
a San Marcello Pistoiese nella
veste di cappellano.
Nel ‘40 ebbe la nomina nelle
chiese: di Santa Maria Assunta
di Piteglio, della Madonna del
Carmelo di Prataccio e degli
oratori della Pieve vecchia
(chiesa Matildica) e Migliorini.
Fino ad oggi don Vignozzi ha
trascorso settantaquattro
anni di sacerdozio in montagna., dove è stato animatore
anche del cinema parrocchiale.
Tante sono le cose che realizzò in questo tempo: fu
professore di scuola media,
insegnò hai ragazzi la religione,
diresse per oltre cinquanta
anni il bollettino pastorale
“Voce-Amiche” che fu organo
di informazione fra il paese
di Piteglio e gli emigranti di
queste zona sparse in ogni
angolo della terra.
Questo piccolo giornale
ebbe attenzione da parte di
una prestigiosa università di
New-York. Tempo fa ne venivano stampati 1200 copie
che venivano distribuite ai
parrocchiani.
Nel luglio 1999 potè celebrare in occasione di festeggiamenti ad anziani sacerdoti la
Messa a Castel-Gandolfo con
papa Giovanni Paolo II.
I suoi parrocchiani lo ricordano così: basco in testa, la
sciarpa, una borsa nera dalla
quale uscirono sempre lezioni
di bontà e nella quale entrò
ben poco, e quando vi entrò
fu per il bene di tutti. Umile e
povero si congeda dalla vita
rimanendo lo stesso mentre
le sue cose un giorno saranno
per i giovani che verranno
perché il suo cuore vuole
battere sempre con loro.
Giorgio Ducceschi
10 comunità e territorio
Coldiretti invoca
un maggiore
coinvolgimento
delle aziende
agricole nella gestione
del territorio.
Per Capecchi
(Commissione
urbanistica)
occorrono interventi
preventivi
MALTEMPO
Ancora frane
e allagamenti
pagina a cura
di Patrizio Ceccarelli
vori pubblici del Comune di Pistoia -,
i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
La nostra montagna, le nostre colline,
in assenza dell’intervento dell’uomo,
dei terrazzamenti, della cura quotidiana di scoli e piccoli fossi, della
pulizia di argini e briglie, si sbriciolano.
Crollano, letteralmente, pezzo dopo
pezzo, mettendo a rischio la stessa
sopravvivenza delle poche famiglie
ed imprese che ancora costituiscono
un presidio».
Coldiretti da tempo invoca un
maggior coinvolgimento delle aziende
agricole nella gestione del territorio.
«Sono in grado – sostiene Mario Carlesi, presidente dell’associazione - di
svolgere un ruolo ancora più attivo
nell’ambito della piccola manutenzione e monitoraggio del territorio, in
montagna ed in pianura».
«È in assenza di un’opera costante di manutenzione di boschi e pendii,
di rinforzo e ripulitura – riprende
Alessandro Capecchi -, che le forze
circostanti tendono a riprendere il
loro posto, mettendo a rischio strade,
ponti e ferrovie, costruzioni e capannoni. Non vi è nulla di eccezionale in
ciò che accade, e la ripetizione costante di certi fenomeni testimonia la
loro inevitabilità, sistematicità, dannosità. Perché a fronte di un uomo che
si ritira, e abdica al proprio ruolo, vi
è una natura che tende a riprendere
spazio. Così accade che il sistema
idraulico non riesca più a trattenere
a monte ciò che, con troppa velocità,
pressione, violenza, si riversa a valle,
determinando il costante rigonfiamento dei normali recettori idraulici
e la conseguente esondazione di gore
INFRASTRUTTURE
Nuovo parcheggio
da 97 posti a Pistoia ovest
L’area di sosta sarà collegata a centro e stazione da bus navetta.
Realizzata anche una rampa per disabili nel sottopasso ferroviario
È
stato inaugurato il nuovo
parcheggio di interscambio
di Pistoia Ovest nei pressi
di viale Adua a ridosso
della stazione ferroviaria (dietro gli
istituti tecnici Fedi e Fermi). Il parcheggio, realizzato su un terreno di
circa cinquemila metri quadrati che il
Comune ha acquistato dalla Provincia, ha 97 posti auto di cui 4 riservati a
disabili. L’opera ha un costo complessivo di 900mila euro di cui 450mila
sono serviti per l’acquisto dell’area.
L’importo è finanziato per metà dal
Comune e per metà dalla Regione.
«Si tratta di un’opera importante - sottolinea il sindaco Samuele
Bertinelli - in una zona di particolare
rilevanza strategica per la città. Il
parcheggio servirà, infatti, un’utenza molto ampia e diversificata: dai
pendolari che utilizzano il treno, ai
residenti, dagli avventori degli esercizi
e delle funzioni private e pubbliche
presenti sul viale Adua a chi proviene
dalla montagna. Rappresenta anche
una struttura di servizio per l’uso
della linea Porrettana, infrastruttura
fondamentale per l’intero nostro territorio. Da qui sarà possibile spostarsi
comodamente con i mezzi pubblici,
ma anche a piedi o in bicicletta. Si
tratta dunque di un intervento coerente con i principi che ispirano le
politiche della mobilità dell’Amministrazione, volte a favorire la mobilità
dolce, il trasporto pubblico e l’interscambio modale». Dal parcheggio di
Pistoia Ovest, con sosta gratuita, si
potrà quindi raggiungere facilmente
il centro storico grazie alla linea 3
dell’autobus con corse ogni quindici
minuti nei giorni festivi e ogni ora
in quelli feriali. Il biglietto, che costa
90 centesimi ed è valido per l’intera
giornata, potrà essere acquistato sul
posto alla macchinetta emettitrice.
La fermata della linea 3 più vicina
al parcheggio è in via Savonarola,
all’uscita del sottopasso di attraversamento della ferrovia. Si tratta di un
collegamento pedonale dal parcheggio di attestazione in direzione del
centro cittadino migliorato con un
intervento grazie alla realizzazione
di una rampa per l’accesso ai disabili.
L’opera, costata complessivamente
210mila euro, è stata finanziata con
gli oneri destinati all’abbattimento
delle barriere architettoniche. Infine
nel parcheggio sono stati installati
quattordici punti luce per illuminare
l’area nelle ore notturne.
e, con ragionevolezza, ripensare al
rapporto tra uomo e ambiente, ed in
particolare alla necessità di una montagna viva, abitata, gestita, sviluppata».
SANITà
L’Asl annuncia
25 assunzioni
entro l’anno
«
«
Appena piove la montagna frana e la pianura
si allaga. Una situazione
non più tollerabile, secondo Coldiretti, sia per
i rischi diretti alla vita e ai beni delle
persone, sia per l’assoluta incertezza
che produce all’attività economica
pistoiese, e in particolare alle aziende agricole.
«In pianura – denuncia l’associazione agricola - di nuovo vivai e
campi allagati con i consueti disagi
per abitanti e aziende delle zone
di Chiazzano, Quarrata e non solo.
In montagna il rischio isolamento è
purtroppo concreto».
Praticamente tutto il territorio
di Pistoia e della Toscana è a rischio
idrogeologico (il 98% dei comuni).
Il clima cambia, ma i continui disagi sono dettati dalla mancanza di
manutenzione ordinaria. Gli interventi si effettuano solo a seguito di
eventi drammatici. «Dopo decenni
di ubriacatura ecologista – tuona
Alessandro Capecchi, presidente
della Commissione urbanistica e la-
e torrenti.A loro volta impossibilitati
a drenare tutta l’acqua generata da
una pianura nel frattempo riempita di
costruzioni, di impermeabilizzazioni,
di ostacoli. Occorre invertire la rotta
Vita
La
n. 5 9 FEBBRAIO 2014
Saranno rinnovati anche
44 contratti a termine
Entro la fine del 2014 verranno assunte 25 persone e rinnovati 44 incarichi a tempo determinato. Molto prima, già nelle
prossime settimane, verrà presentato il piano per la riorganizzazione dei servizi».
Lo annuncia l’Asl 3 di Pistoia rispondendo all’affondo dell’Intersindacale
medica, sul piede di guerra per carenza di personale e organizzazione
del nuovo ospedale San Jacopo con il suo modello per intensità di cura.
Nel mirino dei sindacati sono finiti poi ancora una volta i compensi dei
dirigenti Asl, considerati sproporzionati rispetto a quelli del resto del
personale.
«Non applichiamo che i contratti nazionali di lavoro», replica l’Azienda
diretta da Roberto Abati, rispondendo punto per punto alle critiche.
«Grazie all’azione di razionalizzazione realizzata nel 2013 – sostiene l’Asl
- l’Azienda potrà presentare nei prossimi giorni il piano delle assunzioni
per il 2014 prevedendo il rinnovo di 44 incarichi a tempo determinato
e circa 25 ulteriori assunzioni, così come aveva fatto per il 2013, con la
presentazione del piano assunzioni nel quale erano chiaramente definiti
i vari profili». In quest’ottica, la prossima è prevista la presentazione del
progetto generale di riorganizzazione dell’Azienda, con la revisione del
regolamento e delle strutture interne che, come annunciato da tempo,
punta allo snellimento della struttura organizzativa accompagnato dall’indizione dei concorsi per la nomina dei nuovi primari che si affiancheranno ai tre nominati di recente.
COMMERCIO E SERVIZI
Da giugno scatta
l’obbligo del Pos
per imprese
e professionisti
Critica la posizione di Confcommercio:
«l’economia riparte tagliando le tasse, non
introducendo nuovi obblighi»
N
on dal 30 giugno 2015, come voleva un emendamento al Milleproroghe approvato in precedenza, bensì già dal prossimo 30
giugno 2014 sarà vigente la norma che obbliga commercianti
e professionisti ad accettare pagamenti con il bancomat per
transazioni superiori a 30 euro. Fino al 30 giugno 2014 saranno sottoposte alla norma solo le attività con fatturato superiore ai 200
mila euro ma entro il 26 giugno 2014 è possibile che venga pubblicato un
ulteriore decreto per i soggetti per adesso esclusi. «Un vincolo – commenta Tiziano Tempestini, direttore di Confcommercio Pistoia - che, se da
una parte vorrebbe imprimere modernità ai servizi della rete distributiva
italiana, dall’altra viene imposto come nuovo balzello per imprenditori e
professionisti e in pratica sembra un regalo al sistema bancario da parte
del Governo». «Se la norma è stata fatta con l’intenzione di rendere più
efficienti, comodi e sicuri i pagamenti, oltre che rintracciabili – prosegue il
direttore di Confcommercio -, allora andrebbero immediatamente calmierate le commissioni bancarie sulle transazioni. Da noi sono ancora troppo
alte. Il decreto Salva Italia del dicembre 2011 prevedeva la revisione delle
commissioni bancarie per il Pos, che non mi risulta abbia ancora avuto
un suo decreto attuativo. Per avere il Pos in negozio si arriva a pagare un
canone di 15-20 euro al mese, oltre alle commissioni su ogni transazione:
spese basse per il bancomat (0,50-1%), più alte per le carte di credito
(dall’1 al 3-4%). Per una struttura commerciale che fattura sui 500mila
euro l’anno si tratta di una spesa di 15.000 euro annui». Ma i problemi
maggiori riguardano ovviamente i piccoli commercianti, «molti dei quali –
precisa Tempestini - sprovvisti di Pos proprio alla luce dell’entità irrisoria
dei singoli pagamenti che ricevono, e i professionisti, come commercialisti
e avvocati, che non sempre dispongono dei sistemi per l’accettazione di
pagamenti con moneta elettronica». «È urgente far ripartire l’economia
tagliando le tasse e il costo del lavoro – conclude Tempestini -, invece di
accatastare vincoli e obblighi sulle spalle delle piccole imprese».
Vita
La
n. 5
PROVINCIA DI PISTOIA
I dati dell’osservatorio
turistico di ottobre 2013
C
rescono gli arrivi ma calano le presenze. E’
questo, in sintesi, quello che è emerso dalla
statistica dei dati di ottobre 2013 rispetto
ad ottobre 2012. Il settore più in difficoltà
è quello alberghiero mentre quello extraalberghiero è
molto migliore sia per quanto riguarda gli arrivi (+18,67%)
che per le presenze (+0,32%). Il trend complessivo è composto da una flessione marcata del movimento dall’Italia
e da una crescita di quello estero.
La Valdinievole è quella che presenta risultati più
positivi ( +3,84% per gli arrivi e -2,94% per le presenze)
grazie al movimento dall’estero. Anche Montecatini
presenta risultati positivi per gli arrivi (+5,80%) e negativi per le presenze (-2,07%) con una sensibile crescita
dall’estero ed una flessione dall’Italia di entità moderata
per quanto riguarda gli arrivi e molto estesa per quanto
riguarda le presenze. Fra gli altri comuni che spiccano
segnaliamo Lamporecchio con un +103,79 di arrivi e
+34,30 di presenze mentre a Pescia le variazioni positive
riguardano siano il movimento estero che quello interno.
In calo invece i comuni di Larciano e Chiesina Uzzanese.
Decisamente peggiore il trend nell’area pistoiese che
ha registrato una diminuzione degli arrivi del 13,25% e
del 15,% delle presenze con evidenti diminuzioni sia del
movimento interno che di quello estero. In forte discesa
il comune di Pistoia oltre a quello di Serravalle e più
ancora di Quarrata. Per quanto riguarda la parte montana un trend positivo si registra per San Marcello che
ha fatto registrato un +50,44% di arrivi e un -15,68% di
presenze non da meno tuttavia i dati fatti registrare anche
da Abetone, Cutigliano e Piteglio. L’area del Montalbano
presenta invece un andamento negativo (-14,51 di arrivi
e -7,70% di presenze) causato dalle notevoli flessioni del
movimento interno che influiscono sul risultato positivo
da parte dell’estero.
Considerando invece il periodo Gennaio ottobre
notiamo che non ci sono state molte differenze rispetto
a quello dei primi nove mesi dell’anno sia per il movimento estero sia per quello interno. Stesso discorso per
l’andamento settoriale con una flessione dell’alberghiero
ed un incremento dell’extralberghiero. Nella zona della
Valdinievolei i risultati si attestano sul -4,48% per gli arrivi
e-3,94% per le presenze. Fra gli arrivi trend positivo per
il comune di Lamporecchio le proprie quote di arrivo
insieme a Monsummano Terme mentre i migliori risultati
li ha raggiunti il comune di Larciano con un +55,63% di
arrivi e +18,24% di presenze grazie al movimento estero.
Trend positivo per gli arrivi anche per l’area pistoiese
(+2,05%) con una stabilità delle presenze e con i valori
migliori per il movimento interno rispetto a quello estero.
La parte montana registra una netta ascesa degli arrivicon
un +5,66% e presenze stabili grazie anche al minore,
ma migliore movimento estero. Fra i comuni in crescita
troviamo Abetone (+15,19% di arrivi e +10,63% di presenze) mentre in lieve flessione i comuni di Cutigliano e
San Marcello. La zona del Montalbano, infine, è l’area che
si mantiene su incrementi significativi (+9,80% di arrivi e
+4,19% di presenze) grazi anche al decisivo apporto del
movimento estero.
Edoardo Baroncelli
Bilancio incoraggiante
per l’Avis di Quarrata
umeri fatti di persone. Il
2013 si è chiuso con numeri molto incoraggianti per
Avis Quarrata. La sezione
guidata da Franco Burchietti ha fatto
registrare infatti segni positivi in tutte le
voci dell’attività donazionale, superando
anche gli obiettivi fissati dalla Regione.
Le unità donate dai donatori quarratini
in tutto il 2013 ammontano a 1971
(203 in più di quelle del 2012 con un +
11,3% ). L’incremento di donazioni totale
si è registrato sia per quanto riguarda il
sangue intero, sia per quanto riguarda
il plasma, superando in entrambi i casi
gli obiettivi minimi stabiliti dalla Regione:
le sacche di sangue raccolte sono state
1389 (168 in più rispetto al 2012, pari
ad + 13,8%, 131 in più rispetto all’obiettivo regionale); le unità di plasma raccolte
invece sono state 582 (35 in più rispetto
al 2012 con un incremento del 6,4%,
30 sacche in più rispetto all’obiettivo
regionale).
«Questi risultati dimostrano come l’impegno paghi sempre – afferma Franco
Burchietti, presidente Avis Quarrata – La
nostra sezione si sta consolidando come
la seconda più importante in tutta la
provincia e tra tutte le altre associazioni
similari. Gli obiettivi raggiunti oltre ogni
più rosea aspettativa nel 2013 dall’Avis,
hanno permesso di far conseguire risultati importanti anche al Centro di raccolta dell’Asl3 di Quarrata che infatti si
è attestato su un valore di circa l’11,3%
del totale Asl».
Se si tiene conto anche delle donazioni
effettuate nel centro raccolta di Quarrata
dai donatori iscritti all’Avis di Serravalle
o di altre associazioni, il numero delle
donazioni sfonda quota 2 mila: precisamente 2.023, con un incremento rispetto
al 2012 di 169 unità, pari al + 9,1%
I donatori effettivi che hanno reso possibile il raggiungimento di questi traguardi
sono stati 905 (586 maschi, 319 femmine), anche se i donatori complessivi
iscritti all’Avis di Quarrata sono mille.
L’Avis comunale di Quarrata, insieme
al Centro di raccolta sangue gestito
dell’Asl3, conta nel 2013 un incremento
di circa 200 unità trasfusionali donate/
raccolte rispetto al 2012: un numero
significativo se si tiene conto che l’incremento totale in tutta la provincia di
Pistoia è di circa 600 unità.
«I numeri dicono molto, ma non tutto –
conclude Burchietti - Perché sono “aridi”
se non vengono supportati dalle persone:
volontari, membri del consiglio, personale
medico, incaricati alle chiamate e naturalmente i donatori. A tutti rivolgo il mio
più sentito grazie. Un grazie inoltre anche
all’Ail provinciale, per il miglioramento
delle attrezzature e del supporto tecnico
alla donazione».
Luca Giuntini
(Avis Quarrata)
AGLIANA
A
Laboratorio di lettura
l via dal corrente mese fino al prossimo maggio,
ad Agliana, un laboratorio di lettura e non solo per
bambini (da 3 a 6 anni) e genitori. L’iniziativa è
organizzata dalla Biblioteca comunale “Angela
Marcesini” in collaborazione con la Cooperativa sociale Pantagruel. Gli incontri prenderanno spunto dalla lettura di una
storia per trasformarsi poi nel “Laboratorio dell’artigiano”
dove verranno costruiti piccoli oggetti o fatti disegni da portare
poi a casa, magari insieme a qualche libro o dvd preso in
prestito in biblioteca. Il tutto si svolgerà nella Sezione ragazzi
della Biblioteca comunale di via Goldoni a San Piero Agliana
due volte al mese il sabato mattina (i primi due ogni mese)
a partire dalle 10 e fino a mezzogiorno. Gli incontri sono
totalmente gratuiti.
11
Il miracolo di
Pistoia, premio
dell’Unione
Europea come
città accessibile
P
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
N
comunità e territorio
9 FEBBRAIO 2014
istoia premiata dall’Unione Europea come destinazione emergente d’eccellenza per il turismo accessibile e sostenibile, unica
città italiana tra le 19 segnalate da più parti d’Europa, alla quale
sono stati riconosciuti armonia tra natura ed arte, centro storico chiuso alle automobili e visitabile facilmente in sedia a rotelle, itinerari
con informazioni specifiche sull’accessibilità per chi ha una disabilità fisica.
Due le particolarità della città segnalate, il percorso sotterraneo, il più
lungo in Toscana, di quasi settecento metri accessibile lungo l’antico alveo
del torrente Brana sotto l’ex ospedale cittadino del Ceppo, ed il museo
tattile per ciechi ed ipovedenti allestito al piano terreno di Palazzo dei
Vescovi in piazza Duomo.
Nella Pistoia sotterranea si vedono mulini, ponti medievali, opifici, resti delle
vecchie mura, nel percorso in superficie anche l’anfiteatro anatomico più
piccolo del mondo, scelto da History Channel come set per il docufilm
su Leonardo da Vinci in onda a marzo 2014, con la collezione di ferri chirurgici tra i quali l’antenato del bisturi, L’itinerario, interamente accessibile
per persone con disabilità motorie, è dotato anche di pannelli braille. Nel
museo tattile, invece, mappe e modellini smontabili dei monumenti più importanti, con accanto i campioni dei materiali con cui sono stati realizzati,
cotto, marmo, pietre, per far scoprire la città a chi non può vederla con
i propri occhi ma anche per farla vedere agli altri sotto una luce diversa.
Ritiene che sia meritato il premio a Pistoia Lamberto Tozzi, già funzionario
della Regione ed oggi presidente dell’associazione no profit “Cittadinanze.
Turismo senza barriere” di Sesto Fiorentino (FI) che promuove le buone
pratiche nell’accessibilità in Toscana, occupandosi anche dell’omonimo sito
Internet. «Ho verificato personalmente –dice alla stampa, lui che si muove
sulla sedia a rotelle- i percorsi della città. Niente a che vedere con gli Stati
Uniti o con alcune città europee nate già nell’impostazione urbanistica senza
barriere, ma il livello di accessibilità nella regione è alto rispetto al resto
d’Italia, dove s’incontrano situazioni veramente incresciose. Sarà tuttavia
impossibile in Italia avere città totalmente accessibili, a causa della loro
conformazione. Le strade dei centri storici sono quasi tutte in lastroni o in
pietra, quindi irregolari. I palazzi sono antichi e spesso non si può intervenire su scale e ripiani. Attenuanti che però non giustificano la mancanza di
attenzione sistematica, a parte alcuni casi, sull’abbattimento delle barriere
architettoniche. Tanti altri interventi si possono programmare, dalle informazioni e segnalazioni degli ostacoli all’inserimento di pedane e rampe ed
alla realizzazione di percorsi alternativi. Il problema non riguarda solo i
disabili, ma anche gli anziani, mamme con bambini piccoli e chiunque abbia
difficoltà di movimento anche temporanei. Spesso, invece, sono interventi
sporadici, affidati alla buona volontà dei singoli enti o di privati, senza un
coordinamento. In controtendenza, però, la Toscana che effettivamente si
sta distinguendo in questo».
Leonardo Soldati
PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE
Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633
- [email protected] - [email protected]
SEDE PISTOIA
Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected]
FILIALI
CHIAZZANO
Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected]
PISTOIA
Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected]
MONTALE
Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected]
MONTEMURLO
Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected]
SPAZZAVENTO
Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected]
LA COLONNA
Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected]
PRATO
Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected]
S. AGOSTINO
Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected]
CAMPI BISENZIO
Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected]
BOTTEGONE
Via Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected]
12
comunità e territorio
CYBER-BULLISMO
Confartigianato
Pistoia in prima linea
La degenerazione
della comunicazione in rete
Aziende
in piazza
per ribellarsi
di Marina Zampolini
S
ono in corso di definizione in ambito governativo
misure volte a contrastare l’espandersi del fenomeno del cyber-bullismo, ovvero
della prevaricazione, derisione o
persecuzione di gruppo attraverso
i social network nei confronti di
soggetti ,per lo più giovanissimi,
individuati come potenziali vittime
a causa di loro particolari caratteristiche o presunti difetti, delle
loro inclinazioni o comportamenti
sessuali, e, fatto gravissimo, perfino
della loro disabilità. Questa forma
di bullismo telematico, come e ancora di più del bullismo tradizionale, può avere effetti devastanti sulla
psiche della vittima, specie se adolescente (a causa della intrinseca
vulnerabilità di una identità ancora
in fase di consolidamento) e specie
se già in difficoltà ad elaborare
psicologicamente alcune condizioni
personali, quali l’omosessualità, la
presenza di problematiche corporee o di salute ,familiari ecc. L’opinione pubblica è stata infatti profondamente colpita da episodi, anche recenti, di suicidi di adolescenti
additati al pubblico disprezzo sulla
rete per la loro tendenza sessuale
o perché, nel caso di una ragazzina, tacciata di essere una “ragazza
facile”: le loro giovani menti non
hanno retto alla vergogna prodotta da questa “gogna virtuale” e
non hanno quindi potuto attivare
misure di autotutela psicologica né
chiedere efficacemente aiuto, ma
sono sprofondati nella disperazione
senza ritorno. La normativa in corso di definizione, che punta soprattutto sull’autocontrollo dei social
network per arginare il dilagare di
violenza e volgarità nella comunicazione in rete, potrà raggiungere la
massima efficacia se sarà accompagnata da un incremento di consapevolezza circa questa problematica
nell’ambito delle agenzie formative
primarie: se la scuola quindi cesserà
di considerare la comunicazione
attraverso i social network come
un fatto privato ed appartenente
alla vita extrascolastica degli allievi,
ma ne riconescerà l’importanza, in
positivo e in negativo, per lo sviluppo psicosociale degli adolescenti;
se la famiglia quindi cesserà di
considerarla una semplice “moda”
comunicativa degli adolescenti di
cui gli adulti non debbono interessarsi più di tanto, ma ne coglierà
anche i potenziali pericoli per il
benessere psichico dei figli. Ai fini di
questo aumento di consapevolezza
gioverà ricordare che la particolare
pericolosità del bullismo cibernetico rispetto al bullismo tradizionale
è legata soprattutto alla sua pervasività; esso non si esplica infatti
solo in determinati ambienti ( la
scuola, l’ambito sportivo ecc) ed in
determinati momenti, ma colpisce
la vittima attraverso l’uso di pc, tablet, smartphone ecc in qualunque
momento ed in qualunque luogo,
compresa l’intimità della cameretta,
divenuta non più protettiva. Inoltre
la comunicazione in rete consente
un ampliamento teoricamente illimitato del gruppo dei persecutori,
così da provocare nella vittima una
sensazione di accerchiamento ,reso
ancora più inquietante dal fatto che
il persecutore può mascherare in
rete la propria identità, conferendo
così ad insulti e minacce la capacità
di provocare nella vittima dubbi,
sospetti e distanziamenti interpersonali che peggiorano ancora di
più la qualità del suo mondo relazionale. Un’ ultima, non secondaria
considerazione, è relativa alla scarsa
autocoscienza degli adulti rispetto
alla propria comunicazione in rete:
volgarità ed aggressività non sono
infatti patrimonio esclusivo della
comunicazione degli adolescenti,
ma anche gli adulti fra un tweet e
un retweet possono perfino arrivare ad augurare la morte a persone
malate, come accaduto di recente.
spor t pistoiese
ELEZIONI
Silvana Innocenti
a capo del Panathlon
S
Vita
La
n. 5 9 FEBBRAIO 2014
arà ancora Silvana Innocenti Giovannini (nella foto)
a rappresentare il Panathlon Club: la signora Innocenti Giovannini, infatti, è stata eletta presidente del
Panathlon International Club Pistoia -Montecatini
Terme per il terzo biennio consecutivo (2014, 2015). La “signora dello sport pistoiese”, sposata con Rinaldo Giovannini,
ex dirigente dell’atletica leggera e telecronista della Pistoiese
ai tempi della serie A, è stata votata all’unanimità dai 34 soci
presenti all’assemblea elettiva, tenutasi nella suggestiva cornice dell’Hotel Tettuccio di Montecatini Terme. Nell’occasione
sono stati eletti anche nove consiglieri, tra i quali, prossimamente, saranno scelti i due vice presidenti, il segretario, il tesoriere e le altre persone che si occuperanno di fair play, del
controllo del doping, dei diversamente abili, delle quote rosa
e dei rapporti con la stampa. La presidentessa, visibilmente
emozionata e che si è detta “contenta di poter proseguire la
propria opera”, ha assistito poi all’approvazione del bilancio
2013; da menzionare, inoltre, che la relazione sull’attività del club ha ottenuto molteplici elogi. Silvana Innocenti Giovannini ha avuto modo di ricordare e sottolineare le manifestazioni organizzate
dalla prestigiosa associazione, quali l’assegnazione del III Premio Nazionale di Giornalismo Sportivo
al giornalista/scrittore Franco Esposito, la cerimonia di premiazione degli studenti segnalati da Coni
e Provveditorato agli Studi per meriti scolastici e l’etica nello sport praticato e ancora l’aver insignito
gli atleti e i dirigenti sia dello sport professionistico che di quello dilettantistico di Pistoia e provincia.
Ha inoltre chiesto ai soci l’autorizzazione a portare avanti i contatti con il Club di Verona per giungere a un proficuo gemellaggio, ottenendo disponibilità e una convinta approvazione. Dulcis in fundo,
ha salutato con gioia l’ingresso di un nuovo, autorevole membro. È entrato a far parte del Panathlon
International Club Pistoia-Montecatini, infatti, il sindaco di Montecatini Terme Giuseppe Bellandi: è
stato associato per la categoria ippica, in considerazione dei suoi successi da gentleman driver con
le redini lunghe. Il primo cittadino termale ha ricevuto il tradizionale distintivo, letto il decalogo del
panathleta ed è stato applaudito a lungo.
Gianluca Barni
C
onfartigianato Pistoia in
prima linea per la manifestazione di protesta delle
imprese prevista per il 18
febbraio a Roma.
In piazza Santi Apostoli si ritroveranno
artigiani e commercianti di Rete Imprese Italia con lo slogan “Senza impresa
non c’è Italia. Riprendiamoci il futuro”.
“Da mesi _ sottolinea il presidente provinciale di Confartigianato Simone Balli
_ stiamo sollecitando i livelli nazionali
per scendere in piazza tutti insieme e
finalmente vediamo concretizzarsi la
nostra richiesta”
Obiettivo della manifestazione è rappresentare in modo costruttivo l’esigenza di dare un forte impulso alla
ripresa economica, con misure urgenti
che consentano alle aziende di resistere
alle difficoltà presenti e tornare rapidamente a fare la loro parte in modo
efficace per riattivare lo sviluppo.
Questo è peraltro ciò che Confartigianato chiede con insistenza da quando
è cominciata la crisi: che il sistema
fiscale non penalizzi le imprese e
le famiglie sottraendo risorse, che si
tolgano i vincoli e si abbattano i costi
che gravano sul lavoro, che si provveda
alla semplificazione e all’eliminazione
dei costi impropri della pubblica amministrazione, che le banche tornino
ad investire sull’economia reale, che lo
Stato saldi i suoi debiti con le aziende
e che le regole siano uguali per tutti e
fatte rispettare da tutti.
“Le aziende si ribellano a questa situazione insostenibile _ concluede Balli _
e Confartigianato cerca di interpretare
la loro rabbia”.
Calcio - Basket
Tempi Supplementari
N
di Enzo Cabella
essuno si sarebbe immaginato che
il Pistoia Basket potesse disputare
un campionato così entusiasmante
e ricco di vittorie. Se torniamo indietro di quattro, cinque mesi, non possiamo non
ricordare le preoccupazioni che tutto l’ambiente
pistoiese manifestava. L’essere una matricola, l’aver
costruito la squadra in economia, l’aver puntato
su cinque americani giovani, senza esperienza,
sconosciuti al grande pubblico e, forse, anche a
qualche addetto ai lavori erano argomenti validi
per un futuro cupo. ‘Punteremo solo alla salvezza
e speriamo che vada bene’ era il ‘refrain’ lamentoso
che si ascoltava nell’ambiente, aggrappandosi alla
speranza e al dio della palla a spicchi. Dobbiamo
onestamente dire che quelle preoccupazioni era
più che fondate. Non era metter le mani avanti,
cautelarsi se le cose fossero andate male, era
invece fotografare una realtà che non ammetteva
alibi. E i primi passi nell’olimpo del basket hanno
confermato quelle preoccupazioni: dopo le prime
partite la squadra di Moretti si è trovata all’ultimo
posto della classifica. Ma il coach, la squadra, la
società, i tifosi hanno saputo reagire con caparba
convinzione. Gli americani poco alla volta, e prima
del previsto, si sono inseriti egregiamente nell’ambiente pistoiese, hanno capito il basket italiano,
trovato l’intesa e migliorato il loro rendimento, bene
assecondati dagli italiani Galanda, Cortese e Meini.
Insomma, in breve tempo la squadra biancorossa
ha compiuto passi da gigante sulla strada del gioco
e della personalità, conquistando alcuni successi
di grande prestigio. Il PalaCarrara si è confermato
ancora una volta una vera roccaforte, dove il
Pistoia Basket ha conquistato ben sette vittorie su
nove partite: anche le squadre di primo piano, le
squadre più accreditate e titolate, quelle di maggior
tradizione e carisma non hanno avuto scampo.
L’ultima a dover soccombere è stato il Bando di
Sardegna di Sassari, sconfitta di ben 12 punti dalla
squadra biancorossa che ha messo in campo le sue
caratteristiche peculiari, fisicità, ardore combattivo,
spirito di sacrificio e di gruppo. Già nel precedente
incontro casalingo, contro Cantù, i ragazzi di Moretti
furono straordinari, contro Sassari hanno ripetuto
la performance, dimostrando che anche contro le
grandi sanno offrire il meglio di sé. Wanamaker,
Johnson, e anche Gibson e Washington sono
stati bravissimi, ma la rivelazione è stato Cortese,
mattatore sia in difesa che in attacco. Un talento
che meritava di essere confermato. Ed anche
in questo, il direttore sportivo Iozzelli ci ha visto
giusto. Pensate: la squadra pistoiese ha ben otto
punti di vantaggio sull’ultima, può dormire su due
guanciali. Domenica 9 il campionato osserva un
turno di riposo per dar modo di giocare le finali di
coppa Italia.Tornerà con la grande sfida casalinga
contro l’Armani Milano.
La Pistoiese ha osservato la sosta di campionato in
coincidenza con lo svolgimento del Torneo di Viareggio, Coppa Carnevale, nel quale sono impegnati gli
arancioni Belli e Giordani. Il campionato riprenderà
il 9 con la partita in casa contro la Narnese.
Vita
La
9 FEBBRAIO 2014
IL DRAMMA ELECTROLUX
AI BORDI DELLA CRONACA
La parole
svuotate
di Paolo Bustaffa
I
l turbinio che in questi giorni,
anche nelle alte sedi istituzionali,
sembra andare sempre più fuori
controllo sconcerta per la cattiva
qualità del parlare ma preoccupa
ancor più per il riflesso che questo vociare ha sul piano dell’educazione e della
formazione della coscienza.
È un segnale triste e che in tempi così
difficili non contribuisce a rafforzare
quell’etica della responsabilità di cui
anche questo nostro Paese ha necessità.
Non si tratta di esprimere giudizi sui
contenuti politici che, nella loro diversità o
contrapposizione, devono avere garantito
il diritto di essere manifestati. Sempre nel
reciproco rispetto.
La preoccupazione nasce nel prendere
atto che il significato di molte parole,
più gridate che pronunciate, è spesso
impoverito, smarrito, tradito.
Che cosa ha provocato e provoca questa
deriva che, seguendo i racconti mediatici
di questi giorni, non si rileva solo nello
spazio politico?
Cosa è successo al vocabolario? Chi e
perché lo ha manipolato? Sarà possibile
restituire alle parole la loro dignità? Potrà
essere recuperato un significato autentico, libero cioè dall’ ideologia, dall’improvvisazione, dal rancore, dall’assenza di
memoria, dalle invasioni pubblicitarie?
Come sempre in questi casi ci sono più
domande che risposte, più dubbi che
certezze.
Ed è comprensibile che sia così perché
restituire significato alle parole è possibile
solo se viene restituita la dignità alla
persona, se viene ricomposto il rispetto
dell’altro, se viene ridata nobiltà al confronto tra le diversità.
Preoccupa lo svuotamento del vocabolario delle parole ma ancor più preoccupa
lo svuotamento del vocabolario della vita.
Si sta con il fiato sospeso.
E non è questa un’esagerazione perché
se il parlare si allontana dal vivere inevitabilmente si affievolisce e rischia di
spegnersi il pensiero sul futuro di ognuno
e di tutti.
Non ci si può allora rassegnare al furto di
significato ed è incoraggiante incontrare
alcuni che invitano a prendere coscienza
della deriva e a porvi rimedio.
Papa Francesco è tra questi. I media
di tutto il mondo lo seguono perché “è
notizia” ma forse ancora non si sono
sufficientemente resi conto che nella
sua comunicazione così diretta e così
efficace c’è l’appello, a riscoprire il significato autentico delle parole. C’è anche
l’indicazione per ritrovarlo.
Se si passa in rassegna l’elenco delle
parole che Francesco ha rivolto al mondo
fin da primo istante del pontificato si
scopre che non ha coniato parole nuove
ma ha dato e dà significato autentico alle
parole di sempre, alle parole della vita
perché le radica nella verità nella bontà
e nella bellezza. E chiede di camminare
con lui su questa strada.
Non è una richiesta di poco conto e
neppure è solo la domanda ad andare
controcorrente..
C’ è qualcosa di più, c’è un appello che
va dritto al cuore e alla mente delle
persone perché custodiscano, cioè facciano crescere e non si lascino rubare il
significato delle parole a cominciare da
quelle che danno sapore alla vita, invitano
all’incontro, aprono alla speranza.
Troppo distante questo parlare dal
turbinio vociante che ogni giorno entra
nelle case?
Più il tempo passa e più ci si accorge
che le parole di Francesco sono le parole
di tutti i giorni e per questo è credibile
quando, al bivio tra le parole vane e
le parole folli come sono le parole del
Vangelo, indica la strada da prendere e
per primo si incammina.
dall’Italia
n. 5
13
Ha scatenato
una guerra fra poveri
D
ecretata la fine, anzi la
morte, dell’Electrolux
di Porcia. Pessimismo il
nostro? Ce lo auguriamo
di tutto cuore.Anzitutto, per le maestranze che non se lo meritano. Sono
di qualità. Secondo, perché quando
le cose vanno male la colpa non può
essere sempre dei più piccoli, degli
operai, dei dipendenti. E mai del
capitale, dei manager.
Irricevibile va invece considerata
la proposta del team dirigenziale
italo-svedese di abbassare gli stipendi da 1400 euro fino a 700. Proposta
fatta anche per gli altri impianti
industriali dell’Electrolux: Susegana,
Solaro e Forlì, dove per lo meno
sono previsti degli investimenti. Lo
è sul piano umano. Porcia e gli altri
siti italiani non sono la Polonia o
qualunque altro Paese sfruttato da
queste multinazionali. Sfruttare è
una parola divenuta desueta nella
mentalità comune, ma non ha perso
tutta la sua verità.
Basti dire, per riferirsi solo
all’Italia, che il 10 per cento della
popolazione detiene quasi il 50 per
cento della ricchezza dell’Italia intera. Il fenomeno riguarda in termini
più o meno uguali tutta l’Europa. In
tempi di crisi i ricchi sono diventati
più ricchi, mentre con il loro strapotere economico ingaggiano tra noi
e la Polonia, tra i Paesi sviluppati e
quelli in via di sviluppo, una guerra
tra poveri.
Si dirà o si vuol far credere che
le difficoltà di Porcia sono da addebitarsi al costo del lavoro in Italia, che
come sappiamo tra l’altro è inferiore
alla Germania e in genere ai Paesi
nordici. Ma è questa la causa? Circa
L’
hanno definita la
terza fase della
crisi economica che
attanaglia il mondo
da quando scoppiò la bolla immobiliare a Wall Street, sei anni fa.
Dopo appunto il tracollo americano,
in buona parte già assorbito, e la
crisi dell’euro, i cui riflessi si fanno
ancora sentire qui in Europa, sta
arrivando l’onda (pesante) dei
problemi che stanno attraversando
in queste settimane alcune delle
economie cosiddette “emergenti”:
Brasile,Turchia e India in primis. E,
in un mondo
globalizzato, i problemi di Rio de
Janeiro e Ankara sono pure problemi per noi.
La miccia l’ha innescata l’Argentina,
un Paese che si era risollevato dal
crack del 2001, ma è stato gestito
politicamente ed economicamente
così male che le condizioni per un
nuovo default ci sono ormai tutte.
E l’Argentina è pure un mercato di
esportazioni per le merci brasiliane,
il potente vicino di casa che non
corre più come un tempo, quando
con i Brics (Cina, India e Sudafrica)
trainava il mondo.
Ma la miccia argentina s’innesca su
una bomba costruita, come sempre,
da certe economie occidentali, Usa
E questa volta a contenderci il lavoro con
polacchi e ungheresi, ci siamo noi italiani.
Un epilogo impensabile per lo stabilimento
di Porcia, per il quale sono gravi
le responsabilità dei manager, incapaci
di garantire l’innovazione necessaria
di Bruno Cescon
quattro anni fa l’Electrolux elaborò
un piano industriale per Porcia. È già
decotto? Ve la immaginate una Volkswagen che sbaglia in questo modo la
programmazione? Impensabile!
In effetti, non si dice che la filiera
degli elettrodomestici è satura in termini di prodotto, proprio perché non
è stata avviata l’innovazione necessaria. Di fatto a Porcia si è sbagliato
posizionamento sul mercato, suggeriscono gli analisti e gli economisti.A
chi toccava questo compito? Proprio
ai manager che non hanno avuto il
coraggio di avanzarlo alla proprietà e
che ora hanno proposto la riduzione
vergognosa degli stipendi. Eppure, anche dall’interno della fabbrica erano
venute delle proposte interessanti.
Del resto alla società svedese
non interessa il fatturato prodotto
in Italia per distribuire i dividendi.
Il fatturato si può raggiungere con
i grandi numeri di una produzione
dequalificata come si può attuare
in Polonia o in Ungheria, utilizzando
persino i fondi europei, che sempre
soldi nostri sono.
Ora s’invoca l’intervento della
regione Friuli Venezia Giulia e del
governo, che dovrebbero stanziare
altri fondi. Come se l’Electrolux non
avesse alcun obbligo etico nei nostri
riguardi, visto che per l’acquisizione
della Zanussi negli anni Ottanta ha
ricevuto un consistente pacchetto
di miliardi di lire forniti dalla regione
Friuli attraverso la sua finanziaria.
Ora un’azienda è costituita dalle
risorse del capitale, del lavoro e del
patrimonio. I sacrifici si chiedono
solo al lavoro.
Per Pordenone, dove è nata la
fabbrica con Lino Zanussi,
morto in un incidente aereo
in Spagna il 18 giugno 1968,
la fine dell’azienda, oramai
quasi certa, è una sconfitta
storica e un dramma per
migliaia di famiglie. Anzi
rischia d’essere una sconfitta della speranza, della
fiducia. Eppure i talenti non
mancano. E anche i capitali.
S’investa con coraggio e intelligenza come il pioniere
Lino.
ECONOMIA
Gli “emergenti’’
traballano
Effetti collaterali della stretta creditizia americana
di Nicola Salvagnin
in primis, che in questi sei anni
hanno inondato il mondo di carta
moneta stampata per colmare i
propri debiti pubblici e rianimare
le (loro) economie. Una valanga di
soldi dati a costo zero e da allora
impiegati un po’ ovunque alla ricerca di rendimenti: dal rand sudafricano alla lira turca, dalla Borsa di
Shanghai all’immobiliare di Mumbai.
Ma da qualche settimana è partita
la manovra inversa, sempre dalla
Fed americana: l’eccesso di liquidità
va riassorbito, il credito facile sarà
meno facile.
Ecco quindi che i soldi scappano dagli scenari più incerti (Turchia), fragili (India), gonfiati. Meglio rifugiarsi
nei titoli in euro (compresi i Bot italiani, mai così bassi nei rendimenti),
facendo sprofondare più di un Paese
emergente, costretto a svalutare pesantemente la propria moneta per
cercare di attrarre capitali in fuga.
Si dirà, cinicamente: dopo qualche
anno di vacche grasse, tocca a loro
sperimentare quelle magre... A parte
il fatto che in molti casi le avevano
sperimentate già nel passato, e
pesantemente, le difficoltà di certe
economie rischiano di essere le nostre (cioè dell’Italia) per due motivi.
Anzitutto l’Italia in questi sei anni è
rimasta a galla per aver esportato
a man bassa in mezzo mondo. Se
pure certi mercati si raffreddano,
c’è poco da stare allegri, visto che
gli Usa non sono ancora fuori dalla
crisi e l’Europa naviga a vista. E
poi c’è una paura di fondo. I soldi
sono “emotivi”, si muovono anche
in base a timori, entusiasmi, panico. Se l’Occidente, pro domo sua,
comincia a fare la gara ad attrarre
queste colossali masse finanziarie,
l’Italia può essere concorrenziale
con Germania, Usa, Gran Bretagna
o addirittura la Spagna?
No, perché i suoi titoli rendono poco
(il “vantaggio” di avere uno spread
basso) rispetto alle preoccupazioni
che da troppo tempo gravano sul
nostro sistema-Paese: debito pubblico spaventoso, economia che
non si riprende, dirigenza politica
inadeguata.
Quest’ultima non è una considerazione nostra né oggettiva: è quanto
si pensa a Berlino come tra i grandi
investitori mondiali. Gente che ci
misura con i numeri e i fatti, e vede
i primi costantemente negativi e i
secondi sostanzialmente assenti. Nel
momento in cui ci considereranno
più vicini all’Argentina che alla Germania, scapperanno - di nuovo - dai
nostri titoli di Stato. Un film già visto
nel 2011, con una trama da brivido.
14 dall’italia
Il magistrato
Gian Carlo Caselli
analizza
il fenomeno
denunciato in sede
europea.
Le gravi
responsabilità
della politica
La corruzione
continua
a dilaniare
la società italiana
di Luigi Crimella
N
ella giornata del 3 febbraio, alla diffusione
del primo Rapporto
dell’Unione europea
sulla corruzione, c’è stato in Italia
chi ha subito suonato la grancassa
dell’Italia Paese più “corrotto”
d’Europa coi suoi 60 miliardi stimati di “mazzette” rispetto al totale
europeo di 120, un ben triste primato. I siti internet dei principali
quotidiani andavano in questa direzione. Qualcun altro, invece, ha
dubitato sulle stime diffuse dalla
Commissaria Ue agli affari interni,
Cecilia Malmström. Tra i “dubbiosi”, c’è Michele Polo, docente di
economia politica alla “Bocconi”
di Milano, che ha affermato su “lavoce.info” quanto segue: “Il dato
di 60 miliardi di euro l’anno nasce
da una grossolana stima, figlia di un
curioso passaparola: nel 2004 stime
mondiali indicano nel 3-4 per cento del Pil il costo della corruzione,
percentuale che, applicata al Pil
italiano, genera quella cifra. Chi per
primo fa questo calcolo abborracciato ottiene la cifra di 60 miliardi
di euro. Un numero che poi viene
passato di rapporto in rapporto,
ogni volta precisando che è una
stima approssimativa, ma continuando nella sua fortunata carriera
di unico numero disponibile”. Sulla
corruzione nel nostro Paese, il Sir
ha scelto di approfondire più che
gli aspetti economici, di difficile
quantificazione, quelli giuridici. E lo
ha fatto con l’ex magistrato Gian
Carlo Caselli, famoso per il suo
impegno come procuratore della
Repubblica a Palermo e da ultimo
per il suo contrasto alla violenza
perpetrata dai No Tav, in qualità
di procuratore della Repubblica a
Torino.
Dottor Caselli, cosa pensa della cifra dei 60 miliardi
di cui ha parlato la commissaria europea Malmström.
Ritiene questa cifra attendibile per l’Italia, visto che
la stessa Commissione fa
riferimento, nel rapporto, a
“stime” risalenti al 2011?
“Le stime di profitti illeciti
sono sempre approssimative. Ma
le cifre della corruzione nel nostro
Paese sono certamente imponenti.
E purtroppo i dati del report Ue
non sembra che difettino troppo
per eccesso”.
L’adozione in Italia nel
2012 della legge anticorruzione viene apprezzata dalla Commissione Ue
come un buon passo avanti.
Si suggerisce d’introdurre Codici etici e ulteriori
strumenti di trasparenza e
rendicontazione. Lei cosa
c’indicherebbe tra lo stru-
Vita
La
n. 5 9 FEBBRAIO 2014
mentario giuridico-tecnico
perché gli appalti pubblici
in infrastrutture, sanità,
acquisti, spese militari e di
funzionamento siano più
controllabili ed evitino fenomeni corruttivi?
“Ritengo sia bene diffondere i
‘Codici etici’, purché abbiano finalmente conseguenze concrete in
termini di effettiva responsabilità
disciplinare e politica e non si ridu-
M
entre la situazione
economica dei
giovani è critica, gli
anziani tirano un
sospiro di sollievo. Ce lo dimostrano i recenti dati pubblicati
dalla Banca d’Italia sul bilancio
delle famiglie: nella popolazione
tutti dichiarano di sentire un deterioramento nella loro situazione economica, eccetto i pensionati, i quali, invece, negli ultimi 10
anni hanno migliorato “significativamente la loro posizione relativa,
passando dal 95 al 114 per cento
della media generale”, spiega l’istituto di via Nazionale. La “forza”
degli anziani si conferma, al netto
delle variazioni temporali, anche
sul reddito che si riduce per tutte
le fasce d’età tranne che per gli
over 65.
A pagare lo scotto più alto sono
i giovani. Ci dice il rapporto che
“il calo è di circa 15 punti percentuali per le persone tra i 19 e i 35
anni e di circa 12 punti percentuali per quelli tra 35 e 44 anni”.
Inoltre tra i più giovani riscontriamo l’aumento più rilevante della
quota di persone a basso reddito:
aumentata tra i 19 e i 35 anni
dell’11,2%.
La situazione economica influisce
sulle relazioni tra giovani e adulti:
mutano i comportamenti e le abitudini e con essi l’atteggiamento
culturale. Nel patrimonio del nostro immaginario collettivo troviamo Enea che porta sulle spalle
Anchise, il suo vecchio padre, oggi
forse dovremmo cambiare questa
narrazione che ha sintetizzato nei
secoli la solidarietà, l’attenzione
cano ad enunciazioni velleitarie. Ai
Codici devono poi affiancarsi altre
misure. L’elenco completo sarebbe quasi interminabile. Tra i punti
principali ricordiamo: l’anagrafe dei
candidati alle elezioni nazionali e
locali; i test di integrità per politici
e funzionari; la reintroduzione del
reato di falso in bilancio; la previsione di indagini sotto copertura;
l’estensione alle indagini sulla corruzione delle norme che favorisco-
no le collaborazioni; la riforma della
prescrizione; la punizione dell’autoriciclaggio”.
Sembra di capire che
la classe politica, in fondo,
sia la prima responsabile di
queste carenze che sono sia
di tipo legislativo sia semplicemente operativo per
applicare le leggi che già ci
sono, magari da decenni.
Cosa potrebbe suggerire ai
nostri politici?
“Faccio un esempio molto
semplice e calzante proprio circa il
rapporto di cui stiamo parlando. In
applicazione della legge anticorruzione 6 novembre 2012 n.190 ogni
amministrazione pubblica dovrebbe dotarsi di un piano triennale di
prevenzione della corruzione: era
stabilito il termine del 31 gennaio
2014, ma non sembra che sia stato rispettato. Del resto persino
l’A.N.AC (Autorità nazionale anticorruzione) esiste più che altro
sulla carta. Ha solo cambiato nome:
prima era CIVIT (Commissione
per la valutazione, la trasparenza
e l’integrità delle amministrazioni
pubbliche). Come si vede, siamo
bravi a creare un bel ‘carrozzone’,
salvo poi dimenticarci di farlo funzionare...”.
Non si sente un po’
“offeso” come italiano nel
sentire una Commissaria
europea dire che il nostro
Paese da solo assomma il
50% degli importi della corruzione continentale? Lo
trova credibile, visto che
non sono state fornite cifre
e dati di controprova inoppugnabili?
“Che la ‘nostra’ corruzione
rappresenti la metà del totale europeo sconcerta, soprattutto se il
dato viene riferito all’Europa a 27
Stati. Credo per altro che la visibilità del fenomeno in Italia sia fortemente accentuata dalle grandi difficoltà di prevenzione e di contrasto
della corruzione che si registrano,
anche sul versante delle forze di
polizia e della magistratura”.
SOCIETà
Giovani a basso
reddito
Storia rovesciata: ora è Anchise che porta sulle spalle Enea
di Andrea Casavecchia
e la cura della relazione tra le
generazioni; almeno per quanto
riguarda le risorse economiche
sono proprio i “vecchi padri” a
dover sentire la responsabilità di
non abbandonare i propri figli.
Certo rimane il legame di solidarietà, anche se a parti invertite,
nel quale i figli faticano a trovare
una modalità di “restituzione”
per quello che hanno ricevuto.
Si vedrà a regime cosa porterà
questa reciprocità amputata, che
implica una doppia “disabitudine”:
quella di non occuparsi dei propri
genitori e quella di non affidarsi, di
non essere di peso, ai propri figli.
Certo con il sostegno dei propri
genitori (il 46,6% degli italiani tra
i 25 e i 34 anni vive ancora con
loro), e a volte, con il sostegno
dei propri nonni i nostri giovani
potranno accettare lavori scarsamente remunerati, potranno
continuare a cercare lavori migliori, anche attraverso nuovi
investimenti formativi, potranno
continuare a mantenere un alto
livello di consumi, nei confronti
della maggioranza dei loro coetanei nel mondo.
C’è però un problema di pro-
gettualità verso il futuro, perché
anche le indicazioni economiche
ci lasciano intuire le difficoltà per
le giovani generazioni di proiettare la propria vita nel tempo. Non
ci si può stupire poi se il numero
delle coppie e delle coppie con
figli stia costantemente scemando.
Senza autonomia finanziaria diventa arduo immaginare un futuro
personale, e ancor di più un futuro comune. Lo stesso costo sociale si sta rivelando pesante con la
crisi della natalità e con la carenza
di giovani nel nostro paese.
Vita
La
9 FEBBRAIO 2014
n. 5
La grande disparità
nuova minaccia sociale
In tutto il
mondo è
aumentato il
livello di
diseguaglianza
tra i più ricchi
e i più poveri
di Angela Carusone
L
e elite economiche
mondiali agiscono
sulle classi dirigenti
politiche per truccare le regole del gioco economico e il funzionamento
delle istituzioni democratiche,
generando un mondo dove
85 super ricchi posseggono
l’equivalente di quanto detenuto da metà della popolazione mondiale. Comincia così il
rapporto di Oxfam diffuso di
recente, che sottolinea come
l’estreme diseguaglianza tra
ricchi e poveri implichi un
progressivo indebolimento
dei processi democratici a
opera dei ceti più abbienti,
che piegano la politica ai
loro interessi a spese della
stragrande maggioranza.
“Le pari opportunità stanno diventando un miraggio
a livello globale”, e ciò rappresenta una nuova e forte
minaccia sociale, rilevano gli
analisti, ma le lobby finanziarie
continuano imperterrite nella
loro politica speculativa. Una
minaccia che riguarda i Paesi
sviluppati, oltre a quelli in via
di sviluppo, dove l’opinione
pubblica ha sempre più la
consapevolezza della concentrazione di potere e privilegi
nelle mani di pochissimi. Dai
sondaggi condotti in India,
Sudafrica, Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti, la maggior
parte della popolazione si è
detta convinta che le leggi
sono scritte e concepite per
favorire i più ricchi.
In Africa le grandi multinazionali, in particolare quelle
dell’industria mineraria ed
estrattiva, sfruttano la propria
influenza per evitare l’imposizione fiscale e le royalties,
riducendo in tal modo la
disponibilità di risorse che i
governo potrebbero utilizzare
per combattere la povertà,
sottolinea il rapporto. In India il numero di miliardari
è aumentato di dieci volte
negli ultimi dieci anni grazie
a politiche fiscali che hanno
diminuito la tassazione sulle
grandi rendite, mentre il Paese
è tra gli ultimi del mondo per
l’accesso a un’alimentazione
sana e nutriente.
Peggio negli Stati Uniti,
dove il reddito dell’uno per
cento della popolazione è
aumentato ed è ai livelli più
alti dalla vigilia della grande
depressione del 1929. L’uno
per cento dei più ricchi ha intercettato il 95 per cento delle
risorse a disposizione dopo
la crisi finanziaria del 2009,
mentre il 90 per cento della
popolazione si è impoverito.
E recenti studi statistici hanno
dimostrato che gli interessi
della classe benestante statunitense sono eccessivamente
rappresentati dal governo
rispetto a quelli della classe
media o dei poveri, le cui esigenze non hanno impatto sulle
politiche sociali. In Europa la
politica di austerità adottata a
seguito della crisi degli ultimi
anni è stata imposta alle classi
povere e alle classi medie a
causa dell’enorme pressione
dei mercati finanziari, dove i
ricchi investitori hanno invece
beneficiato del salvataggio statale delle istituzioni finanziarie.
“Il rapporto dimostra che
viviamo in un mondo nel quale
le elite che detengono il potere economico hanno ampie
opportunità di influenzare i
processi politici, rafforzando
così un sistema nel quale la
ricchezza e il potere sono
sempre più concentrati nelle
mani di pochi, mentre il resto
dei cittadini del mondo si
spartisce le briciole –rileva
Winnie Byanyima, direttrice
dall’estero
di Oxfam International–. Un
sistema che si perpetua perché i più ricchi hanno accesso
a migliori opportunità educative, sanitarie e lavorative,
regole fiscali più vantaggiose,
e possono influenzare le decisioni politiche in modo che
questi vantaggi siano trasmessi
ai loro figli”. Lo dimostra il
fatto che dalla fine degli anni
Settanta le tasse per i più
ricchi sono diminuite in quasi
tutti i Paesi, il che vuol dire che
in molti Stati i ricchi non solo
guadagnano di più, ma pagano
anche meno tasse.
Queste conquiste dei ricchi a spese delle classi povere
e medie ha contribuito a creare una situazione per cui sette
persone su dieci vivono in Paesi dove la diseguaglianza è aumentata negli ultimi trent’anni,
e l’uno per cento delle famiglie
possiede il 46 per cento della
ricchezza mondiale, 110mila
miliardi di dollari.
Le disparità di reddito
minano la stabilità sociale e
minacciano la sicurezza su
scala globale, avvertono gli
studiosi, ricordando che se
non si combatte la diseguaglianza non solo non si può
sperare di vincere la lotta
contro la povertà, ma non si
potranno neanche costruire
società basate sul concetto di
pari opportunità, rischiando di
rimanere tutti prigionieri della
rete finanziaria.
TRISTE CONFERMA
Per i cristiani l’Asia è il continente
delle persecuzioni
Dei 50 Paesi messi sotto osservazione da “Open Doors International”, 9 dei primi 10 sono
asiatici. I cristiani subiscono torture, vessazioni, incarceramenti o, nella peggiore
delle ipotesi, sparizioni e uccisioni per mano degli estremisti islamici
I
più feroci nella persecuzione
dei cristiani sono i Paesi asiatici. La World Watch List 2014
di Porte Aperte (Open Doors
International) - un’agenzia missionaria attiva da oltre 55 anni nel campo
del sostegno ai cristiani perseguitati compilata da specialisti, ricercatori ed
esperti sul campo della persecuzione
contro i cristiani, che identificano
il rispetto della libertà religiosa nel
privato, in famiglia, nella comunità
in cui risiedono, nella chiesa che
frequentano e nella vita pubblica del
Paese in cui vivono, a cui si aggiunge
una sesta area che serve a misurare
l’eventuale grado di violenze che subiscono, presenta nei primi 10 posti, 9
Paesi del continente asiatico: insieme
alla Corea del Nord, per il 12° anno
consecutivo al primo posto, sono
presenti la Siria, l’Iraq, l’Afghanistan,
l’Arabia Saudita, le Maldive, il Pakistan,
l’Iran e lo Yemen. Come avviene per
36 dei 50 Paesi che compongono la
lista, 9 dei primi 10 sono a maggio-
di Umberto Sirio
ranza islamica. A conferma del fatto
che si è rilevato negli ultimi 15 anni: è
l’estremismo islamico la fonte principale di persecuzione contro i cristiani,
che subiscono torture, vessazioni,
incarceramenti o, nella peggiore delle
ipotesi, sparizioni e uccisioni.
La situazione in
Corea del Nord,
Siria, Pakistan,
Iraq
Se in Corea del Nord un cristiano
trovato in possesso della Bibbia può
essere messo a morte o rinchiuso
per anni in un campo di prigionia del
regime - si stima che siano attualmente tra i 50 e i 70mila - la vita dei cristiani è divenuta ad altissimo rischio
in Siria, in ragione della guerra civile
e lo è altrettanto in Pakistan, dove
agli islamici radicali vengono garantiti
ampi spazi di agibilità e i loro crimini
non vengono neanche puniti. In Iraq,
la pressione sui cristiani è elevata in
tutte le sfere della vita: la costituzione
recita che ogni individuo ha libertà
di pensiero, coscienza e credo, ma la
Sharia è la principale fonte legislativa, che proibisce la conversione dei
musulmani ad altre religioni. Questo
rende legalmente impossibile l’applicazione della libertà di credo nel
caso di convertiti dall’Islam, poiché
non sono in grado di cambiare la
designazione religiosa sulla loro carta
d’identità. Pertanto i figli che prendono la religione automaticamente dal
padre saranno considerati musulmani,
sebbene il padre non lo sia più in
quanto ex musulmano. Essendo una
minoranza, i cristiani sono un facile
bersaglio dei rapitori. Si sono rifugiati
nel nord, affrontando la discriminazione delle autorità curde e a causa
della forte emigrazione, si verifica il
fenomeno della mancanza di membri
di chiesa o di leader in alcune zone
centrali e meridionali dell’Iraq che
spinge alla vendita delle chiese.
La vita dei cristiani
in Iran, Arabia
Saudita, Maldive,
Yemen e Afghanistan
In Iran, ogni musulmano che abbandona l’islam rischia la pena di morte e le
funzioni religiose non musulmane sono
controllate dalla polizia segreta. La
maggior parte dei cristiani perseguitati
in Arabia sono stranieri provenienti da
nazioni vicine e che vivono e lavorano
temporaneamente nel paese: lavoratori asiatici e africani, oltre ad essere
sfruttati e mal pagati, sono esposti a
violenza anche a causa della loro fede
cristiana. Nelle Maldive, per i cristiani
non esiste una sfera privata: non ci
sono riunioni di culto o chiese, i pochi
cristiani prendono tutte le precauzioni
possibili per non essere scoperti. I
cristiani yemeniti convertiti dall’Islam
si sono dovuti nascondere nel paese
o addirittura espatriare. In Afghanistan,
chiunque decida di abbandonare l’Islam
viene considerato apostata e si trova
in una situazione pericolosa.
15
Dal mondo
Petrolio
in Messico
Per assenza di investimenti,
la produzione di petrolio
in Messico è calata da 3,4
milioni di barili al giorno
del 2004 al 2,5 milioni del
presente. Per invertire tale
tendenza, il presidente Enrique Pena Nieto ha varato
la legge che apre il mercato
petrolifero messicano agli
investimenti stranieri e che
modifica tre articoli della
costituzione: decade così
il monopolio detenuto dal
1938 dal gigante petrolifero
statale Pemex (Petroleos
mexicanos che necessariamente entrerà in contatto
di collaborazione con
aziende private, nazionali o
straniere. La nuova normativa ha le potenzialità per
condurre il paese latinoamericano ad una rapida
crescita economica e per
creare posti di lavoro.
Risorse di
Groenlandia
Il sottosuolo della Groenlandia è ricco di risorse naturali come il gas, il petrolio, l’uranio ed il ferro; sono
elementi numerari, fondamentali perché il comparto
industriale del continente
europeo possa competere
con successo sulla via dello
sviluppo e nel campo della
produzione - con l’apparato industriale internazionale. La Groenlandia possiede
questi beni m natura, e
tanto da potere fare fronte
ad una porzione consistente della domanda mondiale
nel prossimo futuro.
L’estrazione di tali elementi è stata incrementata,
per offrire all’Europa una
accresciuta certezza di
approvvigionamento. Anche
la Cina dispone di minerali,
quali l’apatite e l’uraninite.
Venti del
Nordafrica
Il governo marocchino è
orientato e determinato
a coprire, entro il 2020, il
42% del fabbisogno energetico del paese mediante
lo sfruttamento della forza
del vento una risorsa che
sovrabbonda fra la catena
montuosa dell’Atlante e
l’oceano Atlantico e grazie
all’utilizzazione dell’energia
idroelettrica e termosolare.
Si tratta di fonti pulite, delle quali il territorio nordafricano vanta considerevoli
entità e dalle quali conta di
ricavare vantaggi economici
negli assetti dei piani energetici nazionali. Percorsa
da vigorose correnti aeree,
anche la terra egiziana sta
concentrando le proprie
attenzioni e sviluppando
le proprie attitudini sulla
risorsa naturale, il vento.
16 musica e spettacolo
Vita
La
n. 5 9 FEBBRAIO 2014
Philip Seymour Hoffman,
da comprimario a primattore
La morte
a 46 anni
di Francesco Sgarano
È
stato rinvenuto nel
suo appartamento di Manhattan il
corpo senza vita
di Philip Seymour Hoffman,
uno dei più dotati ed intelligenti attori del nuovo corso
statunitense. La gloria eterna
gli toccherà per il ruolo di
Truman Capote nel film del
2005 “Capote”, in cui si racconta perlopiù la vita dello
scrittore americano durante
i sei anni trascorsi a dedicarsi
al libro “A sangue freddo”, un
romanzo-inchiesta sullo sterminio di un’intera famiglia avvenuto in Kansas per mano di
due assassini. Hoffman riesce
a rendere, con capacità mimetica sorprendente, le movenze
e le gestualità dell’autore -gay
confesso-, il suo eloquio quasi
stridulo, il suo atteggiamento
dandy, che all’epoca ne fecero
un personaggio assai discusso
per i suoi modi ostentata-
L’
impressionante ascesa
e discesa di
Jordan Belfort,
giovane broker di New York (Usa) che
accumula una fortuna incredibile truffando milioni
di investitori, utilizzandola
poi per comprarsi un’infinità di afrodisiaci: cocaina,
donne, automobili, una
moglie supermodella, ed
altri acquisti senza limiti.
Mentre la società di Belfort, la Stratton Oakmont,
è sulla cresta dell’onda tra
il 1987 ed il 1997, Sec ed
Fbi tengono d’occhio il suo
impero basato sulla gratificazione edonistica.
Martin Scorsese racconta una storia realmente
accaduta, riletta in chiave
di commedia nera, avvalendosi di Leonardo Di
Caprio come protagonista,
facendola narrare allo stesso (Belfort) che si rivolge
direttamente in macchina
agli spettatori, compatendoci perché non possiamo
capire i complicati meccanismi finanziari che lo
hanno portato al successo,
applicando un vademecum
di rapina alla religione
del prendere a tutti per
arricchire se stesso fino
all’inverosimile, lenendo lo
stress con diversivi, fomentando gli accoliti.Vediamo
solo Belfort/Di Caprio,
infatti, spendere milioni di
dollari in droghe, accompagnatrici di lusso, vizi vari e
mente effeminati e per le sue
vanità salottiere prima ancora
che per le indubbie qualità
artistiche, di cui Hollywood
si avvide subito, trasportando sullo schermo, con casti
rimaneggiamenti, “Colazione
da Tiffany”. Furono per Hoffman molti premi in tutto il
mondo, tra cui l’Oscar. Ma
quest’attore corpulento -che
si è conquistato una propria
identità con un cognome certo impegnativo per un attore,
impresa non da poco- io lo
ricordo più volentieri in un
altro film, capolavoro questo
-non solo l’interpretazione-,
anzi, dirò, forse l’ultimo grande film americano che abbia
avuto occasione di vedere:
“Onora il padre e la madre”,
canto del cigno del colossale
Sidney Lumet, una tragedia
familiare, piena di invidie,
inganni, mancanza di scrupoli
della più spregevole fattura.
Qui Hoffman è un dirigente
immobiliare avido di denaro
che, servendosi del succube fratello minore, progetta
una rapina nella gioielleria
dei genitori. Ma il piano, minuziosamente studiato per
condurre in porto l’operazione senza spargimento di
sangue, non andrà come nelle
previsioni. Una narrazione
basata su incastri temporali
pressochè prodigiosa, regia
asciutta e recitazione da manuale -Hoffman in testa, ma
bravi anche Ethan Hawke
e Albert Finney- fanno di
questo lavoro un gioiello. Lo
si ricorda anche in tre film di
Paul Thomas Anderson, di cui
il secondo,“Magnolia”, è certo
il più bello (Hoffman fa un
infermiere sensibile); il primo
è un ritratto d’autore dell’industria del porno agli inizi,
“Boogie nights”, un filmetto
interessante, al contrario di
“Ubriaco d’amore”, dove comunque Hoffman ricopre un
ruolo alquanto marginale, che
CINEMA
The wolf of Wall Street
è una pellicola sfasata sotto
molteplici aspetti.
Nella mia memoria di
spettatore lo ricordo giovanissimo studente costretto ad
ascoltare i tuoni e i fulmini del
colonello cieco di Al Pacino
in “Scent of a woman”, imbranato poliziotto che lascia
partire un colpo di pistola a un
Paul Newman che viaggia col
furgone sul marciapiede innevato di una paesino dove tutti
sanno tutto di tutti in “La vita
a modo mio”, passa con abile
diplomazia nel volutamente
sgangherato apologo della
“diversità” dei fratelli Coen,
“Il grande Lebowski”, nel
nostalgico ritratto dei ‘70 in
“Almost famous”, opera prima
di Cameron Crowe, nel movimentatissimo amarcord -pure
questo- degli anni delle radio
libere,“I love Radio Rock”, che
-piaccia il film o no- sfodera
comprensibilmente una delle
più belle soundtrack di tutta
la storia del cinema. E soprattutto Hoffman lo ricordo, al
fianco di un nervoso Edward
Norton e di una sensuale Rosario Dawson, nel più bel film
di Spike Lee,“La 25ma ora”, di
cui resta impressa la sequenza
di una Ground Zero ancora
fumante per le macerie. E’ un
attore che, nella sostanziale
penuria di talenti, mancherà
molto al cinema Usa.
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in via Puccini 46 Pistoia in orario di ufficio.
Un film di Martin Scorsese con Leonardo Di Caprio
di Leonardo Soldati
pure futilità, con 569 “fuck”
(parola universale inglese)
pronunciati complessivamente nei dialoghi di una
storia tragica raccontata un
po’ a barzelletta, rendendo
il protagonista una simpatica canaglia amato dai suoi
dipendenti e capace di tutto
per loro, le vittime invece
non vengono mai messe in
scena.
Tanto che Christina McDowell, figlia di uno dei soci
fregati da Belfort, ha scritto una lettera aperta agli
autori del film, dicendogli:
“Voi siete gente pericolosa.
Il film è l’ennesimo tentativo maldestro di rendere
simpatico e divertente un
mondo di banditi. Che modello culturale rappresentate? State dalla sua parte,
consacrate l’ossessione
paranoica per i soldi”, pur
nella consapevolezza che la
signora è parte in causa e
molto colpita ovviamente
nei propri sentimenti.
Nel film, poi, Belfort ed
i suoi compari sono abili
nel fare soldi, ma ancora
più facilmente sono bravi a
rovinarsi, facendo credere
che Wall Street e magari
il capitalismo in generale
siano in mano ad un gruppo
essenzialmente di smidollati. Il diligente agente dell’Fbi
che gli dà la caccia viene invece presentato come una
figura grigia, senza interesse.
Eppure il cinema statunitense non è mai stato tenero
verso il mondo della finanza, basta pensare a “Wall
Strett” di Oliver Stone
alla fine degli anni Ottanta,
riconoscendo, da parte di
molti, nel protagonista impersonato da Michael Douglas proprio Jordan Belfort,
che raccoglieva soldi anche
soltanto con una telefonata
persuasiva ma subdola, finendo per scrivere un libro
sulla sua vita, edito da Bur,
nel quale si autodefiniva “Il
lupo di Wall Street”. Questa
pellicola, di quasi tre ore,
scritta da Terence Winter
(la cui sceneggiatura è nominata all’Oscar) autore
televisivo della serie “Sopranos”, presenta dialoghi
spesso ironici, una novità
per Scorsese che magari gli
farà aggiudicare la Statuetta
d’Oltreoceano, con immagini forti, ritmi frenetici,
musiche assordanti, alcune
scene che probabilmente
rimarranno nella storia del
cinema, un Maelstrom nella
sostanza, con una voce di
Di Caprio addirittura ringhiosa nell’edizione originale. L’attore ha voluto fortemente interpretare un vero
finanziere “gangster” in
realtà mai entrato nel salotto buono di Wall Street, vedendone la metafora della
corsa all’arricchimento degli anni Ottanta e Novanta.
L’opera ha acceso inevitabilmente un dibattito negli
Stati Uniti sulla questione
se sia corretto portare
sullo schermo le gesta di
un truffatore tossicomane,
con il rischio di celebrarlo.
Probabilmente ha attirato
l’attenzione di Scorsese più
lo spaccato di vita che ne
emerge che il personaggio,
una società dove un tipo
del genere può prosperare
rimanendo impunito è una
società infatti in decadenza.
Di Caprio, vitale nell’interpretazione, bravo nella
mimica con la quale dà proprio il senso della fame di
denaro, da un po’ di tempo
aspetta l’Oscar, ma essendo
giovane, prima di ottenerlo
con un ruolo da Caligola
moderno, può attendere
ancora un po’.
LaVita
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CHIUSO IN TIPOGRAFIA: 5 FEBBRAIO 2014