IMPARARE A RIDERE

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IMPARARE A RIDERE
IMPARARE A RIDERE
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da: “Leggere per crescere” (periodico di formazione e di aggiornamento per operatori
dell’infanzia e le famiglie) Anno III - N. 3 – Autunno 2007 (pag. 2-3) http://www.leggerepercrescere.it/attach/content/1477/bollettino%20autunno07.pdf
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Il valore dell’umorismo nell’educazione dei bambini
In una classifica dei fattori che maggiormente contribuiscono allo sviluppo e al benessere
fisico, mentale e spirituale di un bambino, il sorriso conquisterebbe una posizione di primo
piano.
Secondo il famoso naturalista inglese Charles Darwin (1809-1882), il sorriso ha una
grande importanza nell’adattare il bambino alla vita in quanto è (insieme con il pianto) il
mezzo di comunicazione mediante il quale egli stabilisce, continuamente rinnova e
rinsalda il proprio legame con la madre.
Gli studiosi che ai giorni nostri si occupano di psicologia dal punto di vista dell’evoluzione
umana condividono la convinzione di Darwin fino al punto da ritenere che la capacità di
produrre e di percepire situazioni tali da suscitare il riso sia basata su un processo
biologico, dipendente da strutture neuro-logiche geneticamente controllate, antico di
migliaia se non addirittura di alcuni milioni di anni.
Il valore adattativo del riso può essere compreso anche sulla base della semplice
constatazione della sua funzione socializzante; infatti, di solito, non si ride mai da soli: il
riso non ha senso pieno se non viene condiviso con altri. Tenere per sé una barzelletta e
riderci sopra da soli è un comportamento per lo meno insolito, così come non riderne in
compagnia è generalmente considerata una infrazione allo scambio sociale.
Distinguere comicità e umorismo
Le fonti del riso sono le condizioni comiche e quelle umoristiche. Distinguere la comicità
dall’umorismo non è facile. Il comico scaturisce dall’incongruenza di una situazione
rispetto alla normalità, dal sovvertimento di regole comunemente accettate.
Comico è lo spettacolo di un circo in cui un pagliaccio piccolo piccolo tenta di sospingere
la grande massa di un elefante poco disposto a muoversi.
L’umorismo consiste nella capacità di scorgere l’aspetto ridicolo in persone e situazioni
normali. Lo studioso della comunicazione Umberto Eco fa notare che “nella conversazione
comune si suole identificare spesso umorismo con spirito, dicendo: ‘Ha molto senso
dell’umorismo’ di una persona capace di improvvisare in ogni situazione dei motti di
spirito... (in cui) agiscono le regole elementari del comico, (pertanto) la battuta di spirito
altro non è che un’azione comica che viene rappresentata, anziché fra personaggi, tra
parole o frasi...”
“Di umorista viene tuttavia gratificato, nel linguaggio comune, non solo colui che
improvvisa battute di spirito, ma anche chi, nell’osservare la vita che lo circonda, sa
metterne immediatamente in risalto gli aspetti più risibili. Chi camminando con noi per
strada ci afferra per un braccio per mostrarci un gendarme in alta uniforme che scivola su
una buccia di banana, non è un umorista, ma un consumatore del comico in atto, alla
nostra stessa stregua. Ma chi, di fronte allo stesso gendarme in alta uniforme, tutto
compreso delle proprie funzioni, ci facesse argutamente notare come sarebbe divertente
se improvvisamente esso, così austero e impettito, scivolasse su una buccia di banana,
allora di costui diremmo che è un umorista: egli ha saputo individuare quasi in controluce,
in aspetti apparentemente normali della vita che ci circonda, non il comico in atto ma il
comico possibile”
Umorismo buono e cattivo
Si può dire che vi sia un umorismo buono e uno cattivo. Nell’umorismo buono, il rilievo
risibile non è disgiunto da un moto di simpatia, di benevolenza e di comprensione verso il
prossimo: alla fine uno strumento contro il fanatismo e l’intolleranza. Infatti si dice che, se
si fosse riso un po’ di più di certe tronfie comparsate di alcuni dittatori, la loro fortuna, e le
conseguenti disgrazie dell’umanità, sarebbero state probabilmente molto minori.
L’umorismo cattivo è quello in cui il ridicolo viene scorto e messo in risalto in situazioni
tragiche o pietose, oppure è dettato da uno spirito di ostile superiorità, improntato a intenti
derisori: allora diventa scherno e dileggio.
Funzione educativa del riso
Nel complesso della funzione educativa dell’umorismo nell’infanzia, si deve tener conto
che il bambino, pur apprezzando molto presto il comico, sviluppa pienamente l’umorismo
solo verso i sei anni, quando accetta che si sorrida anche di lui e di solito di buon grado
sopporta e ride di battute di spirito che lo riguardano direttamente. (In realtà, già verso
l’anno di età il bambino comincia a dimostrare un certo senso dell’umorismo: gli piacciono
gli scherzi e ripete azioni e comportamenti che fanno ridere.) Ma non si maturano
adeguate capacità umoristiche se si cresce in un ambiente familiare in cui tali capacità
non vengono esercitate e proposte al bambino in modo naturale e continuo, specialmente
quando vi sono tensioni da stemperare e difficoltà da superare.
Ridere insieme
Gli ingredienti per ridere insieme, per imparare anche a sorridere di se stessi, sono alla
portata di tutti, con la loro carica sdrammatizzante rispetto alle non sempre felici
esperienze della vita. In ogni famiglia circolano da una generazione all’altra storie e
storielle divertenti o comiche: possono rientrare nel repertorio di intrattenimento dei
bambini, accanto a fiabe, favole, racconti.
Nel raccontare vicende personali, i genitori dovrebbero cercare di evitare di prendersi
troppo sul serio: i loro bambini, lieti di sentirsi raccontare piccole cose buffe della vita di
ogni giorno, li imiteranno nel loro presente.
Una precauzione è di fondamentale importanza: non confondere l’umorismo con la presa
in giro gratuita e offensiva: i commenti e le battute siano di spirito lieve, lontani dalla critica
sarcastica del prossimo. Infine, un consiglio ai genitori: scegliete e leggete ai vostri
bambini libri con contenuti umoristici che facciano ridere non solo loro ma anche voi. ■