La partita non dura 40 minuti,Lo sport al Liceo
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La partita non dura 40 minuti,Lo sport al Liceo
Junior team “Torneo Città della pace” Quest’anno, durante le vacanze di Pasqua, ho partecipato come volontario nello Junior Team del Torneo Città della pace. Lo Junior Team, composto principalmente da ragazzi delle scuole superiori, è la sezione più numerosa di volontari che aiutano ad organizzare la manifestazione. Esso è a sua volta diviso in tre gruppi: accompagnamento, logistica e comunicazione che si occupano rispettivamente di accompagnare le squadre alle partite e agli eventi, aiutare nell’organizzazione generale e sui campi e gestire la pagina Facebook del torneo scrivendo anche articoli. All’interno dello Junior Team io ero un accompagnatore, mi era stata assegnata una squadra di calcio femminile dalla Bosnia Erzegovina e così ho trascorso con loro i tre giorni del torneo. Mi sono divertito molto in loro compagnia e ho potuto confrontarmi con una cultura diversa, inoltre mi sono piaciuti molto gli eventi a cui abbiamo partecipato, come la sfilata per le strade di Rovereto e il giuramento di fair-play alla Campana dei Caduti. Alla sera del terzo giorno le squadre delle varie categorie hanno giocato una volta terminate le partite non sono mancati giorno dalla fine del torneo è stata le finali, i fuochi d’artificio e dopo qualche organizzata una cena con tutto lo Junior Team per celebrare il lavoro svolto. Fare il volontario in questo evento significa poter conoscere numerose persone da tutto il mondo e fare anche nuove conoscenze tra gli altri membri dello Junior Team, tuttavia bisogna anche impegnarsi e lavorare sodo per permettere a tutte le squadre che vi partecipano di vivere un’esperienza migliore possibile e far funzionare l’organizzazione in modo perfetto: non importa se si è un accompagnatore, un membro della logistica o uno della comunicazione, bisogna essere sempre puntuali e disponibili ad aiutare. Sicuramente consiglio di vivere quest’esperienza unica a tutti coloro che hanno voglia di mettersi in gioco, incontrare ragazzi da tutto il mondo e farsi tante nuove amicizie. Niccolò Zen L’avventura del Torneo della Pace Come ogni anno, anche quest’anno Rovereto ha ospitato il Torneo Internazionale Città della Pace ed io ho avuto l’occasione di partecipare al progetto Junior Team 2016. Alcuni organizzatori sono venuti ad illustrare l’iniziativa durante un’assemblea degli studenti del nostro liceo e io ne sono subito rimasta colpita; così ho deciso di compilare e firmare il modulo di iscrizione. Il Torneo si è svolto nel fine settimana di Pasqua (25, 26 e 27 marzo 2016), ma prima erano necessari tre momenti d’incontro dove ci sono state fornite tutte le informazioni e ci sono state spiegate tutte le attività che ognuno di noi avrebbe svolto durante i tre giorni del Torneo. Finalmente è arrivato il primo giorno: ci siamo tutti ritrovati alle 8 di mattina allo Stadio Quercia per allestire lo spazio (appendere gli striscioni degli sponsor, preparare la coreografia ufficiale della manifestazione, gestire i punti informazioni e tante altre cose), in attesa dell’arrivo delle squadre ospiti del Torneo. Mi è stata assegnata una squadra serba di pallamano femminile, uno dei due sport di quest’anno, composta da ragazze fra i dieci e i diciotto anni. Sono arrivate verso le ore 15 di venerdì pomeriggio. C’è stata qualche incomprensione durante tutta la giornata che mi ha portato a sconfortarmi un pochino; poi però, dopo aver accompagnato la squadra nel posto dove avrebbero dormito e a fare un po’ di shopping, mi sono ritrovata con tutti gli amici all’auditorium Melotti per il meeting dei Team Leaders. Sabato, il secondo giorno, c’è stata la cerimonia ufficiale di apertura del Torneo alla Campana dei Caduti, sul colle di Miravalle, con il giuramento da parte di ogni nazione presente e il canto degli inni; successivamente, si è svolta la sfilata con bandiere e canti tradizionali lungo le strade del centro di Rovereto. Sono stati entrambi due momenti molto intensi ed emozionanti, perché la città si è animata di una vita totalmente nuova. Dopo pranzo sono cominciate le partite: essendo la mia squadra di pallamano, sono stata tutto il tempo al palazzetto, ma non per questo mi sono annoiata, anzi! Con gli altri Junior Team e i due responsabili di campo non c’è mai stato un momento dove non ci fosse qualcosa da fare. La sera del sabato ci siamo ritrovati tutti alla festa alla discoteca Fanum, a Mori, dove abbiamo trascorso una bella serata, ballando e divertendoci! La domenica mattina ci sono state altre partite e dopo pranzo le finali con le premiazioni, la consegna delle medaglie e dei trofei. Verso sera, lo Stadio Quercia si è riempito di mille volti e colori, non solo quelli delle numerose bandiere della pace, ma anche quelli delle tute colorate di ogni squadra e delle bandiere di tutti i paesi: aspettavano tutti la cerimonia di chiusura con i tanto attesi fuochi d’artificio. Dopo tre giorni trascorsi fra mille persone, voci, volti e suoni differenti, l’ultima sera è arrivata con grande dispiacere di tutti, perché nonostante la stanchezza e le fatiche accumulate, per me, come per tanti altri, è stato impossibile trattenere le lacrime. I fuochi d’artificio sono stati commoventi, emozionanti e liberatori allo stesso tempo, hanno concluso tre giorni di forti entusiasmi. La mia squadra mi ha accolta molto bene, superati i primi imbarazzi: mi hanno regalato una bandiera della Serbia e ancora oggi mi scrivono qualche messaggio. Parteciperò sicuramente al Torneo anche i prossimi anni, perché è un’esperienza che mi ha aiutata a crescere e sono certa che mi migliorerà ancora come persona. Ho conosciuto un sacco di gente nuova con cui sono rimasta in contatto, mi sono fatta un sacco di nuovi amici e ho intessuto nuovi rapporti; sono grata che mi vengano offerte opportunità come queste. Perciò io dico che nella vita bisogna sempre mettersi in gioco non solo per i grandi valori quali la pace e la fratellanza, ma anche semplicemente per provare nuove esperienze ed emozioni e poterle condividere con gli altri. Perché questo ci fa diventare persone migliori. Aurora Maffei 3CS La partita non dura 40 minuti Ci siamo mai chiesti cosa succeda dietro le quinte di quei fatidici 40 minuti di una partita? Molto spesso ci diamo risposte troppo scontate e ingenue come “Beh… ci si allena!” Ma allenarsi non basta. Appunto per non scadere nella banalità e per darsi una risposta esauriente, le classi del liceo scientifico-sportivo hanno aderito al progetto “La partita non dura 40 minuti” e, quindi, si sono recate il giorno 11 aprile 2016 al Pala Trento, per incontrare gli “addetti ai lavori” che di norma si occupano dell’organizzazione di questi 40 minuti di basket ad alti livelli. Le classi, arrivate all’impianto sportivo verso le ore 14.00, dopo un primo incontro con Michael Robinson, team manager della società, si sono separate per andare a incontrare, a turno, altre figure importati, quali Matteo Tovazzi, preparatore fisico, Vincenzo Cavazzana, vice allenatore, Maurizio Buscaglia, primo allenatore ed infine Julian Wright, un giocatore della prima squadra. I minuti trascorsi con Michael Robinson sono serviti ai ragazzi per capire quanto sia impegnativa e complessa la settimana dei giocatori e dei dirigenti che devono garantire la riuscita del gioco. Michael ha spiegato come una settimana, tra una partita e l’altra, sia troppo breve per riuscire a riprendere fiato. Infatti i dirigenti oltre ad occuparsi della salute e del benessere, sia fisico sia mentale, dei giocatori, devono anche occuparsi dell’allestimento delle partite, ovvero di programmare orari, trasferte, pubblicità, biglietti e di garantirne la sicurezza. Mentre Michael ha illustrato alle classi l’aspetto organizzativo per arrivare sereni alle partite, Maurizio Buscaglia e Vincenzo Cavazzana hanno spiegato ai ragazzi quanto siano complessi l’aspetto tecnico e psicologico che precedono una partita. Dopo ogni incontro, in vista di quello successivo, gli allenatori e lo staff tecnico si riuniscono per creare le tattiche con cui affrontare l’avversario della prossima sfida. Per creare queste strategie, gli allenatori spendono ore a studiare i video delle tattiche avversarie, per poi trasformarle in schemi di gioco, che saranno consegnati agli atleti, che dovranno a loro volta impararli, assieme alla lista degli avversari con le rispettive doti fisiche. Proprio su questo aspetto si è concentrato il commento del primo allenatore Maurizio Buscaglia, il quale ha focalizzato il suo discorso sulla dimensione psicologica del giocatore in partita: ha spiegato che, oltre a doti fisiche, i professionisti devono avere una mente aperta e flessibile, dato che ogni settimana si confrontano con tattiche diverse. Ha ribadito, inoltre, come sia essenziale lo spirito di squadra, come ogni giocatore debba sentirsi a proprio agio per affrontare al meglio ogni singolo momento, dando il massimo di sé. Ed è proprio per questo motivo che all’interno della squadra ognuno, titolare o riserva che sia, ha un ruolo specifico ed essenziale per la riuscita del gioco. Infine, spostandosi da Matteo Tovazzi, i ragazzi hanno potuto costatare come gli atleti siano sottoposti a ferree sedute di allenamento e potenziamento sia per migliorare le prestazioni fisiche sia per evitare qualche sciagurato infortunio. Prima di ritornare a scuola le classi hanno avuto la fortuna di incontrare uno degli atleti che quest’anno compone il roster dei giocatori: Julian Wright. Julian, che parla solo inglese, ha riferito un po’ della sua vita e della sua grande passione che è cresciuta con lui fin da bambino e che lo ha portato in Italia assieme alla sua famiglia: insomma una storia di emozioni, di sogni, esperienze e passione. In conclusione: 40 minuti di puro spettacolo e coinvolgimento, tra semplici appassionati e tifosi accaniti; ecco cosa si nasconde dietro una “semplice” partita di pallacanestro. Ma dopo questo progetto, dopo aver sudato in palestra e aver incontrato di persona i “registi” delle partite si è capito che quei 40 minuti, non sono che l’apice della settimana: ecco, i 40 minuti di gioco sono il faticoso risultato di giorni di sudore, studio, organizzazione, impegno e passione. Ed è forse proprio perché in una sola partita sono racchiusi tutti questi “ingredienti” che il basket con i suoi 40 minuti di gioco ci appare così avvincenti. Gianmarco Bertolini e Emanuele Saiani 1 FR Il progetto ha visto due incontri: uno con lo sportivo e uno con tutti gli altri studenti. I Lo sport al Liceo Durante i nostri cinque anni di liceo abbiamo avuto l’opportunità e il piacere di partecipare a numerose iniziative e competizioni sportive, anche al di fuori delle ore scolastiche. Le occasioni di divertimento non sono mancate, ma abbiamo anche avuto spesso la possibilità di apprendere i fondamenti di nuove discipline. Al di là degli sport convenzionali infatti, come la pallavolo, l’atletica o il calcetto, ci siamo anche cimentati in sport più di nicchia, come ad esempio il tiro a segno, le bocce e l’arrampicata. Anche se non in occasione di competizione queste attività si sono rivelate divertenti e interessanti: ricordiamo con piacere la camminata in montagna per visitare le trincee Nagià-Grom, la ciaspolata sui pendii della Val dei Mocheni o l’uscita di classe in barca a vela sul lago di Garda. Ma i momenti più soddisfacenti li abbiamo vissuti rappresentando la scuola nelle varie competizioni interscolastiche e provinciali. In primis la vela, per la quale abbiamo avuto l’onore di partecipare al primo campionato scolastico organizzato dalla provincia, ottenendo un buon quarto posto. Poi lo sci da discesa, dopo la tradizionale selezione d’istituto. Poi ancora la campestre e il badminton, che da sempre sono pilastri dello sport studentesco. Per ultima, ma non meno importante, l’atletica, che ogni anno richiama numerosissimi studenti da tutte le classi alla fase d’istituto e per la quale il nostro liceo si è spesso distinto anche nella fase provinciale. Anche se combinare lo studio con le attività sportive può apparire a volte un’impresa, riuscire ad organizzarsi è notoriamente un pregio dei liceali, che sicuramente tutti gli studenti devono sviluppare durante il quinquennio e per il quale lo sport certamente può aiutare. Ci piacerebbe dunque che altri studenti negli anni a venire raccolgano il nostro testimone e riescano a divertirsi grazie allo sport, crescendo sia come studenti che come sportivi. Giacomo Galvagni e Alberto Santino Otium in horto, II edizione Marco Terenzio Varrone, Publio Virgilio Marone, Plinio il Vecchio e molti altri autori dedicarono alcune loro opere all’esaltazione dell’agricoltura, alla descrizione delle tecniche di coltivazione e alla cura dei campi. Noi studenti di 2AS, seguiti dalla professoressa Senter, abbiamo deciso di intraprendere un progetto denominato “OTIUM IN HORTO” per meglio comprendere quanto importanti autori scrissero e per farci un’idea del mondo agricolo a noi giovani ormai quasi del tutto sconosciuto. Sostanzialmente si è strutturata l’organizzazione del progetto in due periodi: nel primo (da gennaio a fine marzo) abbiamo studiato in classe e nel laboratorio di informatica dei testi in latino, abbiamo analizzato i vocaboli fondamentali dell’area semantica agricola ed elaborato delle riflessioni sulla loro etimologia. Da aprile a fine maggio, invece, ci siamo occupati della parte manuale, lavorando prima il terreno e poi mettendo a dimora delle piantine. Ora il cortile della biblioteca e le aiuole all’ingresso del Liceo hanno un aspetto più vivace e fresco! Il progetto si può considerare un successo grazie all’impegno i noi ragazzi e delle docenti Senter e Galvanetto, fondamentali per la buona riuscita del tutto. Matilde Dal Bosco 2AS Con parole loro Le diverse resistenze al nazifascismo presenti nel nostro territorio e in quelli vicini, raccontate attraverso una selezione di documenti d’epoca da due classi di scuola superiore, una di lingua italiana, l’altra di lingua tedesca. Questa l’idea alla base del programma «Con parole loro», realizzato da History Lab, il canale digitale della Fondazione Museo storico del Trentino. Il programma è stato proiettato ieri in anteprima a Trento presso Le Gallerie di Piedicastello: erano presenti i ragazzi che lo hanno realizzato e le loro famiglie. Le classi coinvolte sono state la V CS scientifico del Liceo Antonio Rosmini di Rovereto, guidata della professoressa Annamaria Cesaro, e la 5 Gymnasium del Liceo di lingua tedescaWalther von der Vogelweide di Bolzano, seguita dal professor Hannes Petrmair. Le puntate di «Con parole loro» sono 8, ciascuna di una durata di circa 5 minuti, quattro dedicate alla resistenza di lingua italiana in Trentino e nel Bellunese, e altre quattro alla resistenza di lingua tedesca, sia in Sudtirolo che nel Bundesland Tirol. Tutte le puntate sono introdotte da una breve presentazione in italiano dell’argomento, i documenti sono invece letti in lingua originale mentre sullo schermo scorrono alcune parole chiave in entrambe le lingue. Il programma sarà trasmesso in televisione (canale 602 del digitale terrestre) a partire da venerdì 22 aprile, alle 20.45 e alle 22.15 (in replica dalle 15.15 e domenica dalle 15.00 e dalle 20.30). AMOR DOCET MUSICAM | MusicaLiceo AMOR DOCET MUSICAM ( alcune note su Jan Novák ) Jan Novák nasce l’8 aprile 1921 a Nova Rise, una piccola città nella Moravia sudoccidentale. Frequenta la scuola dei Gesuiti a Velehrad e, in seguito, il liceo classico a Brno. Fin dalla prima infanzia Jan Novák mostra grande talento musicale che, una volta cresciuto, educa frequentando il Conservatorio di Brno dove studia composizione e pianoforte. Durante la seconda guerra mondiale è costretto a interrompere gli studi musicali per due anni e mezzo. Come la maggior parte degli studenti cechi della sua generazione, è deportato dai nazisti in un campo di lavoro in Germania ma riesce a fuggire ed a trascorrere la fine della guerra nascosto in casa di suo zio. Dopo la guerra prosegue gli studi di musica presso l’Accademia di Praga, prima di tornare a Brno. Completa i suoi studi grazie a una borsa di studio per gli Stati Uniti dove, a New York, incontra il suo famoso connazionale Bohuslav Martinů con cui stringe amicizia e lavora fino al suo ritorno in Cecoslovacchia. Il contatto epistolare con Martinů durò fino alla morte di quest’ultimo, sopraggiunta nel 1959, superando anche il blocco della cortina di ferro. Novák torna a Brno, dove lavora come compositore indipendente. Umanista di larghe vedute, con comportamenti pubblici ed artistici incorruttibili, ha scontri ricorrenti con le autorità. Qui sperimenta jazz e dodecafonia: linguaggi musicali etichettati come troppo “occidentali” dai dogmi artistici del realismo socialista ufficiale. A metà degli anni Cinquanta, Novák inizia a dedicarsi alla lingua e letteratura latina. Il suono morbido e la definizione ritmica dei versi dei grandi autori latini lo affascinano tanto da crearne versioni musicali. Quando gli fu chiesto il motivo per cui la lingua latina aveva un ruolo così importante nel suo lavoro, Novák rispose: “Nihil est, bone, immortalitatis causa hoc fit” (E’ solo, caro mio, perché è immortale). Il 21 agosto del 1968, mentre Novák è in Italia per dei concerti, la Cecoslovacchia viene invasa dall’Unione Sovietica. Era la Primavera d Praga. Deciso a non tornare, con la sua famiglia soggiorna per un breve periodo in Austria e Germania, poi in Danimarca. L’anno seguente con il suo trio Mimus Magicus ( per voce, clarinetto e pianoforte ) vince un concorso per compositori a Rovereto, che diventerà la sua patria elettiva. Qui Novák comprende di essere giunto nel luogo che apre alla latinità e decide di stabilirsi a Riva del Garda – dove, tanti anni prima, eran fioriti i limoni. Nel corso di questi anni trascorsi in Italia, compone alcune delle sue più importanti e mature opere. Nel 1977, per motivi economici, suo malgrado si trasferisce a Neo-Ulm e solo nel 1982 viene nominato per la cattedra di teoria musicale alla “Staatliche Hochschule für Musik und Darstellende Kunst” di Stoccarda. Due anni dopo, il 17 novembre 1984, Jan Novák muore a Neu-Ulm. IL CONCERTO PER JAN NOVÁK | MusicaLiceo IL CONCERTO PER JAN NOVÁK Giovedì 18 febbraio ore 20.45, Sala Filarmonica Clara Novakova flauto Dora Novak-Wilmington pianoforte musiche di: J. Novák, B. Martinů Il 18 febbraio alla Sala Filarmonica di Rovereto c’erano tante persone venute ad ascoltare le composizioni dei due più grandi musicisti cechi del ventesimo secolo, Bohuslav Martinů e Jan Novák, suonate dalle due figlie di Novák stesso. Clara Novakova (flauto) è la figlia minore di Novák, ha studiato a Stoccarda e a Parigi, dove tra il 1988 e il 2006 è stata il flauto principale nell’Ensemble Orchestral de Paris. Ha insegnato in Francia e in Spagna con master in Europa, America centrale e Asia. Ora insegna alla Soochow University di Suzhou in Cina. La figlia maggiore è Dora Novák –Wilmington (pianoforte), che ha studiato al conservatorio Monteverdi di Riva del Garda completando gli studi a Friburgo. Studia poi a New York, dove rimane a insegnare prima del rientro a Monaco di Baviera dove insegnerà. Si è esibita anche in Europa, America e Giappone. Tutti i brani che ci hanno proposto avevano una potenza nelle note difficile da spiegare, erano la perfetta unione di due strumenti cosi belli e perfetti anche da soli. L’intensità dei brani è stata resa in modo fantastico dalle due musiciste che hanno interpretato ottimamente le anime sfaccettate dei compositori. È stata un’esperienza incredibile, che spero di avere occasione di ripetere in futuro.