Rossoblu per Napoleone, ma c`era prima Qualcuno

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Rossoblu per Napoleone, ma c`era prima Qualcuno
Utente e-GdP: claudiom - Data e ora della consultazione: 19 luglio 2011 10:01
2 TICINO
SCOPERTE
GIORNALEdelPOPOLO
MARTEDÌ 19 LUGLIO 2011
+
Qual è la vera origine dei colori della nostra bandiera
Rossoblu per Napoleone,
ma c’era prima Qualcuno
1803 La bandiera è scelta dal Gran Consiglio il 26 maggio.
1804 La bandiera è adottata. La divisione è orizzontale, il
rosso in alto e il blu in basso.
1809 Il Cantone adotta la bandiera con le iscrizioni in oro
"Pro Patria" in alto sul rosso e "Pagus Ticinensis" in
basso sul blu.
1930 L'aspetto attuale della bandiera è definitivo e regolamentato (con le bande verticali quale soluzione ordinaria e prevalente)
La scelta del Ticino, fatta per onorare il Bonaparte,
si ritiene ispirata ai colori della città di Parigi. Ma
nessuno si era mai chiesto donde provenissero
quei colori. Qui si avanza una fondata risposta.
Pagina a cura di FRANCESCA SOLARI
Ricordi infantili di sventolii festivi,
passaggi di vita sigillati su carta ufficiale, emozioni segrete issate nell’aria su sfondi di rara bellezza, fierezze indicibili per questa terra e la sua
storia di sudditi liberati... Una nuvola di impressioni, un clima, un mondo, si sprigiona da due semplici tinte primarie, il rosso e il blu, i colori
della bandiera ticinese.
La liberazione dei sudditi fu, a dir vero, in minima parte per moto proprio,
e per lo più frutto di un’operazione di
ingerenza umanitaria ante litteram,
condotta dalle truppe napoleoniche, con i pro e i contro di allora, non
molto diversi da quelli di oggi. E fu
proprio per onorare il liberatore dai
balivi, che i colori rosso e blu dello
stendardo parigino furono scelti nel
1803 dal Gran Consiglio del Cantone
Ticino, nascente stato indipendente,
per dare lustro alla sua bandiera.
Anche se significati più indigeni furono invocati a mo’ di miti fondatori: il rosso di Lugano e Bellinzona e il
blu di Locarno, il rosso della Svizzera e il blu del cielo d’Italia, lo stemma di Dante in onore della lingua italiana, il blu dei laghi e il rosso dei focolari ....questa dell’omaggio a Napoleone è però l’unica ipotesi minimamente documentata (1) sull’origine dei colori ticinesi.
Ma da dove venivano allora quei colori parigini, che i nostri antenati
hanno traslato, non si sa quanto avvertitamente, sulla loro e nostra bandiera? Bisogna risalire la storia della
città fino al 22 febbraio 1358, al pri-
DENTRO I COLORI
mo dei tanti moti rivoluzionari che la
segneranno, per trovare l’atto fondatore della bandiera di Parigi.
Quando il potente Maestro della
corporazione dei mercanti, Étienne
Marcel - predecessore in qualche modo di Bertrand Delanoë, il sindaco di
oggi - conduce un folto gruppo di
suoi partigiani, come milizie ribelli a
invadere il palazzo reale, uccide due
marescalli, sequestra il Delfino, futuro Carlo V, e lo obbliga a rinnovare la
“Grande Ordonnance”, una limitazione del potere monarchico, i suoi uomini portano cappa e cappuccio
rossi e blu, che per sfregio sono imposti sulla testa e le spalle del principe reggente. Da allora quei colori,
come inchiostro indelebile, rimangono impressi sullo stendardo della
città.
Ma perché Etienne Marcel ha scelto
il rosso e il blu per le sue milizie?
Nessuna risposta nelle storie correnti di Parigi, ma uno spunto sorge inatteso da una conversazione con Bernard-Marie Geffroy, curato della parrocchia di Saint Leu Saint Gilles della Rue Saint Denis, una comunità cristiana che, situata in un punto caldo
di Parigi, vive in empatia con la gente della strada, punk, barboni, prostitute... e lotta contro le dipendenze
dalle droghe, dall’alcool e ogni altra
sorta di prigioni interiori.
“Bernard-Marie”, come è chiamato
dai parrocchiani, porta appesa a una
cordicella una croce rossa e blu.
Scherzosamente interpellato sulla
profana “bandiera parigina” al collo
di un religioso, rovescia il paradosso:
è Parigi a portare sui suoi laici palazzi i colori sacri dell’ordine della Santissima Trinità, Etienne Marcel avendo pescato nel simbolismo religioso
per il prêt-à-porter dei suoi militi.
Bernard-Marie Geffroy è un padre trinitario e assicura anche il ministero
del convento di Cerfroid, a 80 km dalla capitale, dove vide la luce la comunità trinitaria, alla fine del XII secolo. Da allora, la croce rossa e blu è il
distintivo della congregazione, portata tuttora dai suoi membri, laici o
consacrati, come medaglia di smalto montata su un supporto metallico, oppure di stoffa, cucita, come nel
medioevo, sull’abito bianco, usato
oggi solo per la liturgia.
Sull’ipotesi che i colori rosso e blu
della bandiera parigina vengano dalla congregazione trinitaria, non esistono di fatto fonti d’epoca. Ma
Thierry Knecht (2), padre trinitario e
storico, riferendosi anche ad altri studiosi del XX secolo, ne parla come di
una ipotesi altamente probabile. La
vita delle congregazioni religiose in-
tesseva la società dell’epoca. Lo stesso Etienne Marcel, ricco mercante, oltre che investito, come Maestro, del
potere politico della città, era attivo
in diverse congregazioni e l’ordine
della Santissima Trinità prosperava
allora in Francia e in Europa. Il capo
dei mercanti di Parigi per la sua battaglia contro l’assolutismo monarchico e per una maggiore autodeterminazione della borghesia nascente,
aveva bisogno di simboli di libertà e
la famiglia trinitaria, votata alla liberazione dalle cattività, come un primo convoglio umanitario riscattava
gli schiavi e i prigionieri di guerra.
Ma la domanda, pur slittando nel
tempo e nello spazio, da un territorio all’altro del continente europeo e
delle formazioni sociali, si ripete: perché il rosso e il blu? Un testo del ’500
parla del sangue e dell’acqua e in particolare il sangue e l’acqua colati dal
costato di Gesù morente. L’acqua è il
fluido originario, custode del potenziale dell’essere e il sangue ne è nutrimento, vitalità, vigilanza nel presente. Altrove si parla dei colori del-
Furono loro a ispirare lo stemma della città sulla Senna
Incontro con un testimone odierno
dei Trinitari, liberatori degli schiavi
L’Ordine della Santissima Trinità, piccolo ma presente nel
mondo intero, vive
oggi una fase di rinnovo ideale. Tutto è
iniziato nel 1193. Giovanni di Martha, nato
nelle alpi della Francia
Bernard-Marie
meridionale da una
Geffroy.
famiglia di origine
Sotto, una stampa spagnola, educato
del convento di
dalla madre alla pratiCerfroid nel 600 e ca della carità, trasfeil mosaico di San
ritosi a Parigi per
Tommaso in
completare gli studi di
Formis a Roma,
teologia, ordinato
sigillo trinitario.
prete, durante la prima messa, ha una visione. Per capirne il messaggio si ritira nella fredda foresta di Cerfroid, dove vive un
eremita, San Felice di Valois. Con la sua
guida crea una comunità
votata al riscatto degli
schiavi. Cerfroid diventerà un convento, pur continuando a chiamarsi casa, per secoli la casa madre
dell’ordine. Alla rivoluzione inizierà un lungo periodo di abbandono e decadenza, che durerà fino alla seconda guerra mondiale.
Oggi l’insieme di case e di
rovine, rivive, per iniziativa di una piccola comunità mista. Bernard-Marie Geffroy è il Padre Superiore, ministero che assume accanto alla guida di una impegnativa e impegnata parrocchia parigina.
Bernard-Marie Geffroy - La vita di San Giovanni di Matha è orientata dalla sua visione di Cristo seduto tra due schiavi, uno ne-
ro e uno bianco, che ha in mano una croce rossa e blu. Lui intuisce che l’immagine si riferisce al flagello dell’epoca: lo scontro tra cristianità e mondo islamico. Cerca un approccio diverso: non con le armi,
non con gli argomenti teologici, ma con
una forma di umanesimo. L’ordine trinitario nasce con una vocazione internazionale, si estende dalla Francia, all’Italia, alla Spagna, con il disegno di passare le frontiere della cristianità per salvare coloro che
rischiano la vita e la fede. Come una prima ONG, sviluppa e realizza il progetto di
andare sul posto nella pace, senz’armi, domandare il prezzo, aprire una trattativa, ottenere la liberazione dei prigionieri, riportarli a casa, rimetterli in piedi, ridare loro
sembianze umane e un’immagine di sé.
FS - Anche Padre Bernard-Marie è un uomo
all’ascolto di linguaggi, che, come quello dei
sogni, esulano le categorie della ragione.
BMG - A posteriori ho ricostruito il senso di alcuni
segni nella mia vita.
Una
trentina
d’anni fa, soggiornando in
un monastero, e finito,
non ricordo
come, a messa, al momento dell’eucarestia ho percepito
una luce e sentito
che quella era la sorgente per rifondare la mia vita. Le parole
sono deboli per esprimere l’esperienza.
Fatto sta che sono passato in quel momento dall’ateismo alla fede. Ero nella sofferenza, ridotto all’essenziale, ero nella
notte e nella notte si ode meglio. In ogni
essere umano c’è la capacità di cogliere,
nella propria umanità, una profondità che
va oltre, che la trascende. Sant Agostino
parla di questo quando dice che "l’uomo
è capace di Dio".
Inseguito un sogno mi ha indicato la strada dell’accompagnamento dei diseredati. La mia vocazione sacerdotale è nata dalla mia ferita e so quanto sia importante,
nella mia missione, restare sempre in contatto con questa fragilità originaria dentro
di me.
FS - Come si ripropone oggi il carisma trinitario, con quali permanenze e quali slittamenti di senso?
BMG - Come primo passo, San Giovanni di Matha non va a Marsiglia per imbarcarsi, non va a Roma per chiedere un’investitura. Prende la strada del nord-est,
per raggiungere un eremita, che ha reputazione di santità e con lui cerca di capire il senso della sua visione e della sua vita. Sa che il raccoglimento, la ricerca di significati, vengono prima dell’azione. Sa
che ogni missione, ogni spedizione, attinge la sua forza nella qualità
delle relazioni, della vita fraterna e di preghiera. La comunità è il luogo dell’ascesi, la
scuola dell’amore. Per questo Giovanni fonda la prima comunità trinitaria e
introduce la regola della
tertia pars: un terzo dei beni è per la comunità, un terzo per le opere di misericordia, un terzo per la redenzione
degli schiavi.
Prima di andare oltre i mari, di uscire allo scoperto in territori stranieri, conviene
conoscere i propri limiti, oltre ai propri talenti, per umilmente salire su un asino così voleva la regola trinitaria - e non, come un guerriero, su un cavallo. Saper cambiare i propri riferimenti, andare oltre le
proprie frontiere, andare al di là delle con-
I colori rosso
e blu,
nelle bandiere
e negli stendardi
ticinesi, sono
stabiliti
per legge
e possono essere
disposti sia
orizzontalmente
(bandiera
militare) come
nelle due
immagini sopra
e a lato,
sia anche
verticalmente,
con il rosso
a sinistra.
la Trinità: il rosso della fiamma, del respiro di vita che è lo Spirito Santo, il
blu di Gesù, della sua umanità e umana fragilità, sul bianco del candido
abito trinitario, simbolo della luce, del
giorno, “dies...deus”... Dio Padre.
Sono, probabilmente, ipotesi tardive,
come spiega Hélène Saverny, pittrice e raffinata conoscitrice dell’arte
delle icone, che assicura il segretariato del convento di Cerfroid. Secondo
il simbolismo bizantino che era lo
stesso praticato nella chiesa di Occidente quando è nato l’ordine trinitario, il tratto orizzontale blu rappresenta il cielo ed è tagliato in due dal
tratto verticale rosso, segno che il cielo si apre, per lasciarsi attraversare e
lasciar fluire il rosso dell’amore, che
scende sulla terra, infonde la vita,
pervade l’umanità. «Amore che perdona tutto, perché incondizionato,
smisurato, insensato...» secondo le
parole di Padre Bernard-Marie, amore dagli attributi materni, che sgorga
da una sorgente misteriosa di vita,
che lui, che molti chiamano Dio.
1. Antonio Galli, Notizie sul cantone Ticino - Bruno Guidi, Araldica. Stemma
cantonale, in Rivista storica ticinese, 1,
febbraio 1938, Istituto Editoriale Ticinese, Bellinzona 1938.
2) Storico, professore di teologia alla
facoltà Notre-Dame de Paris - Seminario
di Parigi - autore di Trinitaires. Huit siècles d’histoire, París 1993 - Mgr von Galen - L’évêque qui a défié Hitler - Broché
2007- coautore di Le temps de l’écoute vers un nouveau rapport entre église et
âge moderne.(Benoìt XVI) - Broché
2006
I Trinitari anima del San Carlino
Alla fine del ’500, per riportare la Congregazione alla povertà
e alla regola primitiva, nascono in Spagna i Trinitari scalzi, i
soli esistenti oggi. Ai primi del ’600 arrivano a Roma, dalla
Spagna, quattro frati scalzi e costruiscono una chiesetta,
consacrata alla Santissima Trinità e a San Carlo Borromeo,
sulla collina del Quirinale, al crocicchio delle quattro fontane.
Nel 1634, i frati, conoscono un giovane architetto, inquieto e
incompreso. Viene da Bissone. Si chiama Francesco Borromini.
Dall’incontro tra il dinamismo creativo dell’artista e l’aperta
determinazione della piccola e povera comunità, sorge
inatteso il progetto di una nuova chiesa e convento. I religiosi gli fanno fiducia
e mettono a disposizione lo spazio del loro primo insediamento, l’artista
rinuncia a compensi personali e assieme si avventurano nella costruzione.
Malgrado l’uso di materiali poveri, i costi esplodono e non mancano momenti
di angosciose ristrettezze. Infine, superati gli ostacoli, le pietre prendono
volume e movimento, nasce il San Carlino, capolavoro dell’architettura
barocca. Il Borromini lo considera la sua opera prima e conserva per la vita un
legame di riconoscenza, amicizia e complicità con i lungimiranti Trinitari. Loro
non hanno mai lasciato le volute delle sue mura, tra cui risiedono tuttora.
LA VISIONE DI SAN GIOVANNI DI MATHA
Il carisma dei trinitari si fonda su una visione del fondatore
dell’ordine, San Giovanni di Matha. Lo stesso Giovanni
intorno al 1210 ne ha curato la rappresentazione, sul
frontespizio della chiesa romana di San Tommaso in Formis,
per opera dei marmorari Jacopo e Cosmo Cosmati, virtuosi
nell’arte delle icone. I Trinitari ne hanno fatto il loro sigillo.
venienze, prendere dei rischi, capire le differenze, aprire lo spazio del dialogo, per riscattare, redimere il fratello impedito,
paralizzato da una cattività.
FS - La cattività esteriore rispecchia quella
interiore. Bernard-Marie, dopo essere stato
cappellano di ospedali e prigioni, accompagna a Cerfroid e in parrocchia, a Parigi, persone in grande sofferenza.
BMG - La cattività interiore è anche più temibile di quella esteriore.
Per affrontarla è importante dispiegare
una "compassione competente". Oggi ci
sono degli strumenti che conviene integrare. Ci sono psicologi e psicanalisti
che, come Donald Winnicot, Carl Gustav
Jung, Emil Frankl... abbordano la questione dell’inconscio spirituale. Da parte mia,
oltre agli studi per la mia prima professione di maestro e quelli di filosofia e teolo-
gia in seminario, ho fatto io stesso una psicanalisi e ho seguito una formazione
diocesana in psicologia, “Chretiens en
santé mentale”, concepita per religiosi
confrontati a situazioni difficili, in contesti psichiatrici, carcerari, pratiche di esorcismo...
Nella tradizione trinitaria, comunque,
era fin dall’inizio contemplato anche il
confronto con le prigioni interiori, perché
gli schiavi erano colpiti nella loro dignità
umana e, una volta liberati, bisognava aiutarli nella ricostruzione. “Gloria a te trinità
e agli schiavi la libertà”, il motto dei trinitari, è sempre adeguato. La Trinità è amore, movimento verso l’altro, che ci libera
dalle pulsioni di morte del nostro egoismo,
della nostra sete di potere e di riconoscenza immoderata. La casa della Trinità è una
casa dove si cerca di risanare nella benevolenza.