L`affordable housing di de Blasio e la questione casa a Roma

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L`affordable housing di de Blasio e la questione casa a Roma
L’affordable housing di de Blasio e la
questione casa a Roma
New York ha appena approvato un piano per creare
alloggi a prezzi calmierati. A Roma intanto…
Le politiche abitative di cui de Blasio ha fatto un cavallo di battaglia della campagna elettorale oggi
scatenano proteste e opposizione. Ma visto dall’Italia, dove le leggi sulla casa sono vecchie di
cinquant’anni, Il piano newyorchese appare ambizioso e avanzato.
Per l’amministrazione de Blasio il mese di marzo 2016 ha segnato due punti importanti, almeno sul
piano della comunicazione, aspetto per il quale il sindaco è stato criticato fin dai primi mesi
dell’insediamento. Il 17 marzo ha finalmente partecipato alla storica Patrick’s Day Parade, evento
che ha saltato, nei due anni da sindaco, in polemica con il divieto di apporre simboli riconducibili alla
comunità LGBT. “Le persone lavorano e migliorano insieme. Tutti dobbiamo essere orgogliosi di
avere origini irlandesi, di avere la possibilità di esprimere la nostra appartenenza e orgoglio LGBT,
di essere americani e newyorkesi”, ha detto lo scorso anno. Quest’anno ha sfilato insieme a una
delegazione LGBT irlandese.
Dopo il messaggio inclusivo e accogliente lanciato alla Patrick’s Day Parade, il sindaco deve ora fare
i conti con una città che esprime tante divisioni e proteste rispetto al piano per le politiche abitative
a lungo atteso e definitivamente approvato il 22 marzo. Si tratta di un piano che comprende
il Mandatory Inclusionary Housing (MIH) and Zoning for Quality and Affordability (ZQA), e
che mira alla creazione di 80.000 alloggi a prezzi più bassi del mercato. A New York vivono per
strada fra le 3.000 e le 4.000 persone, mentre altre 58.000 sono già ospitate dalle strutture della
città.
In quali zone della città verranno costruiti questi alloggi? L’amministrazione de Blasio ha individuato
sette aree previste per quello che viene definito il “rezonings”: East New York a Brooklyn; Bay
Street a Staten Island; alcune parti di Flushing e Long Island City nel Queens; Jerome Avenue nel
Bronx; East Harlem e Inwood a Manhattan. Il futuro del progetto dipenderà anche dal mantenimento
di una serie di agevolazioni fiscali per i costruttori che andranno negoziate col governo statale. Una
di queste, la cosiddetta 421a Exemption, è scaduta il 15 gennaio 2016 e non è ancora stata
rinnovata.
Ma le critiche partono soprattutto perché il piano porterà inevitabilmente cambiamenti che i
cittadini, ad oggi, non possono prevedere e temono un incremento di gentrification e di sfratti.
Tuttavia si tratta del più grande piano di rezoning di New York dopo la Zoning Law che venne
adottata per la prima volta proprio a New York nel 1916. La legge definiva, per ogni lotto o isolato
della superficie di Manhattan, una “zona immaginaria” che tracciava i contorni del massimo volume
costruibile consentito. La legge stabiliva anche le altezze massime degli edifici, e le distanze minime
che l’edificio avrebbe dovuto avere nei confronti dei limiti del proprio lotto edificabile.
Nel 1961 un aggiornamento al piano prevedeva indicatori per l’altezza edificabile dei soffitti e delle
torri. Il nuovo piano del 2016 prevede che, in tutte le aree della città individuate, debba esserci,
accanto ai nuovi edifici, una fetta considerevole di alloggi a prezzi accessibili. L’area di East New
York dovrebbe essere quella maggiormente interessata. L’amministrazione de Blasio si è inoltre
impegnata a erogare sussidi per sostenere la stabilizzazione degli affitti per i meno abbienti.
Un piano-casa, insomma, che si inserisce nell’ambito di quelle politiche sociali per cui ha lavorato
anche la presidenza Obama. Il piano includerebbe alloggi per i cittadini che hanno un reddito
compreso tra i $ 36.300 e i $ 48.400 in media, ovvero redditi pari al 40 per cento (o meno) del
reddito medio per New York.
Il piano è piuttosto ambizioso e i risultati potranno vedersi solo col tempo, ma a New York non
mancano le critiche e, proprio sulle politiche abitative di cui de Blasio aveva fatto un cavallo di
battaglia in campagna elettorale, il sindaco sta incontrando la più dura opposizione da parte di
movimenti e associazioni per i diritti alla casa che nei provvedimenti decisi dalla città vedono il
rischio di gentrificazione e frammentazione sociale dei quartieri.
Eppure, visto dall’Italia, questo piano appare un grande progetto se si pensa che nella nostra
Penisola le zonizzazioni vennero introdotte solo nel 1967 e nel 1962 venne approvato un grande
progetto nazionale con i Piani di Edilizia Economica e Popolare (PEEP). Da allora sono passati più di
50 anni. Il PEEP è uno strumento urbanistico con lo scopo di reperire ed acquisire le aree da
destinare alla costruzione di alloggi economici e accessibili alle classi sociali meno abbienti,
insieme alle opere ai servizi complementari (come le fognature, la rete stradale ecc.) L’obiettivo è
fornire alloggi a prezzi calmierati, sia in proprietà che in affitto, a soggetti con alcuni requisiti, come
un reddito che non superi gli 80.000 euro annuali per nucleo familiare. I Piani di zona sono
realizzati su aree private che possono essere o aree espropriate e rivendute alle imprese o le
cooperative che devono realizzarli che partecipano a un bando comunale che prevede l’assegnazione
dei suoli a prezzo calmierato (o in concessione di diritto di superficie per 99 anni) in cambio della
realizzazione di alloggi da assegnare in proprietà o in locazione agli aventi diritto. I soggetti
beneficiari dell’edilizia popolare sono soggetti a un vincolo di invendibilità per cinque anni
dell’immobile e a un vincolo sul prezzo di vendita o sul canone per tutto il periodo della durata della
convenzione.
Questo, sulla carta. A Roma e in altre città italiane questi obblighi di legge spesso non sono stati
rispettati e le localizzazioni dei Piani di zona spesso sono state individuate senza alcun
approfondimento socioeconomico del territorio. Nella capitale, sono circa 120.000 gli ammobili
dell’ATER (Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale) che rimangono sfitti semplicemente
perché gli affitti a Roma sono troppo alti rispetto ai redditi delle famiglie. La morosità a Roma nelle
“case popolari” sfiora l’80%, anche se in realtà non è un’emergenza, ma una situazione strutturale di
disagio abitativo che la città soffre ormai da anni.
A Roma, e in molte città italiane, le persone che vivono nella difficoltà di trovare un alloggio a prezzi
accessibili o che possano permettersi di accendere un mutuo per l’acquisto, sono soprattutto
giovani, giovani coppie, persone sole, anziani, precari, disoccupati, famiglie numerose, immigrati.
Accade così che nel 2016 a Roma siano attualmente occupati circa 1.000 stabili da parte di più di
5.000 famiglie. Sono 7.000 ogni anno a Roma gli sfratti e 30.000 le richieste per aver accesso a una
casa popolare. Sulla pelle di molti abitanti di Roma, romani o migranti, si vive quotidianamente
la gentrification. È talmente parte della vita quotidiana di molte persone che probabilmente quello
della riflessione sulle conseguenze a lungo termine nello sviluppo della città, dovrebbe essere il
primo punto del programma del futuro sindaco di Roma dove le elezioni amministrative sono alle
porte.
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