la sottrazione di minori nei casi di separazione e divorzio

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la sottrazione di minori nei casi di separazione e divorzio
LA SOTTRAZIONE DI MINORI NEI CASI
DI SEPARAZIONE E DIVORZIO
Elena Redoglia
Psicologa e Specializzanda, Torino *
1. Premessa
Il problema della sottrazione familiare di minori sorge nel contesto della dissoluzione
del rapporto matrimoniale o della convivenza e sembra costituire il punto estremo della
conflittualità
che
caratterizza
il
procedimento
giudiziario
di
separazione
e
di
affidamento.
In questa realtà, che spesso gli interessati considerano come una vera e propria
guerra con vincitori e vinti, può accadere che entrambi giungano a legittimare ed a
realizzare una vera e propria sottrazione del minore, nonostante la stessa sia gravemente
traumatizzante per il bambino ed evochi nuove problematiche giudiziarie di rilevanza
civile e penale (artt. 388, 573 e 574 c.p.).
Inoltre, il carico di sofferenza e di aggressività verso l’ex-coniuge presente in tali
situazioni di conflittualità, può essere così pesante da indurre madre e padre a
sovrapporre la figura coniugale a quella genitoriale, attribuendo anche a quest’ultima
quella soggettiva inadeguatezza che viene strettamente riferita alla prima.
Con il termine sottrazione familiare intendiamo l’atto con cui un genitore decide
volontariamente, unilateralmente e senza consenso alcuno di sottrarre il figlio all’altro
con l’intenzione di nasconderlo e di tenerlo con sé in modo permanente.
I casi di sottrazione sono innumerevoli e presentano aspetti diversi.
a) Il primo è costituito dal trasferimento illegittimo del minore in uno Stato diverso
da quello ove abitualmente vive, ad opera di uno dei genitori, senza il consenso
dell’altro ed in assenza di una precedente decisione giudiziaria. In questa ipotesi può
rientrare sia la situazione in cui il genitore vittima eserciti l’affidamento in quanto
attribuitogli dalla legge, sia quella diversa in cui il genitore vittima eserciti
*
Questo lavoro è stato monitorato dall’Avv. Prof. Guglielmo Gulotta, nell’ambito della cattedra di
Psicologia Giuridica tenuta presso la Facoltà di Psicologia dell’Università degli studi di Torino.
1
l’affidamento solo di fatto, sia infine l’ipotesi in cui il genitore rapitore, quando ormai il
matrimonio va verso la rottura, sottragga il minore per precostituirsi all’estero una
situazione di fatto favorevole in materia di affidamento.
b) Il secondo si ha quando il prelevamento del minore avvenga solo dopo che il
giudice di uno Stato ha provveduto all’attribuzione dell’affidamento, ad esempio il
minore può essere sottratto al genitore che ne aveva l’affidamento in base ad una
decisione giudiziaria resa in un dato Stato e condotto in un diverso Paese dove non
esista alcuna decisione che contraddica la prima; oppure il minore può venire trattenuto
in uno Stato diverso da quello di sua residenza abituale dal genitore non affidatario oltre
il periodo legale di visita che a questi era stato concesso dal giudice; oppure il minore
può venire sottratto in uno Stato e portato in un altro dopo che in quest’ultimo (oppure
addirittura in un terzo Paese) sia stata ottenuta una decisione che abbia attribuito
l’affidamento del minore al genitore rapitore, in contrasto con la precedente decisione
resa nello Stato ove il minore viveva prima della sottrazione.
c) Il terzo, infine, può capitare quando il genitore non affidatario sottrae il minore e
lo porta in un altro Paese in violazione, non solo della decisione sull’affidamento, ma
anche di un provvedimento che espressamente vietava che il minore lasciasse il
territorio nazionale.
Negli ultimi anni il fenomeno della sottrazione familiare è cresciuto fino a
trasformarsi da problema privato e familiare a problema sociale e legale che coinvolge,
giovani e adulti, ricchi e poveri, istituzioni e professionisti e gruppi etnici e razziali e
che va visto nel contesto di un medesimo cambiamento sociale.
L’aumentare del numero della sottrazioni negli ultimi anni pare essere proporzionale
all’incremento, conseguente al processo di integrazione Europea, dei matrimoni e delle
unioni binazionali, al crescente numero delle separazioni e dei divorzi, alla ridefinizione
dei ruoli tra uomo e donna, alla maggiore libertà di circolazione e di stabilimento di cui
godono i cittadini comunitari ed alla straordinaria immigrazione in Europa di cittadini
provenienti da Paesi non appartenenti alla Comunità. Alla diversità di cultura, fede
religiosa, tradizioni, costumi ed usi, fattori che solitamente sono alla base della
disgregazione delle coppie miste, sovente si aggiunge, quale ulteriore elemento di grave
disturbo per un’efficace tutela dell’interesse minorile, la diversità delle legislazioni
nazionali in materia familiare - che di fatto contribuisce ad avallare comportamenti
2
eterodossi - frutto di una completa assenza di volontà politica di armonizzazione della
normativa.
Parlare di sottrazione internazionale di minori significa, quindi, affrontare il
problema di minori contesi tra genitori di diversa nazionalità, ma anche di minori
contesi tra due mondi culturali che si differenziano molto spesso oltre che per
nazionalità, anche per religione, per tradizioni, per sviluppo socio-economico e non
ultimo per ordinamento giuridico. In altre parole, la sottrazione internazionale di minore
comporta per il bambino non solo la drammatica separazione da una delle due figure
genitoriali, ma anche l’abbandono del più ampio contesto relazionale e socio-culturale
nel quale era inserito e che rappresenta il suo luogo di vita.
Queste sottrazioni internazionali, oltre ad essere di per sé dolorose per i soggetti
interessati, possono, a lungo andare, costituire un elemento di turbamento nei rapporti
tra Stati e far sorgere dei problemi di natura giuridica sia nel Paese in cui il minore è
stato sottratto sia in quello in cui è stato trasferito.
2. Aspetti giuridici: la Convenzione Europea e la Convenzione de L’Aja
a confronto
L’unica via per combattere la sottrazione internazionale di minori sembra quindi
essere la cooperazione internazionale.
A questo proposito nell’ottobre 1980 sono state redatte due Convenzioni: la
Convenzione Europea di Lussemburgo sul riconoscimento e sull’esecuzione delle
decisioni in materia di affidamento e la Convenzione Internazionale de L’Aja sugli
aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori.
Confrontando i due trattati del 1980 occorre distinguere fra un obiettivo di fondo,
comune ad entrambi, e gli obiettivi specifici che, invece, appaiono subito parzialmente
divergenti.
L’obiettivo comune perseguito dalle due suddette Convenzioni è quello di porre
velocemente rimedio alla sottrazione di minori e di garantire il “bene” e l’interesse del
bambino stesso.
Entrambe le Convenzioni mirano dunque a salvaguardare lo status quo ante, in base
alla considerazione che ripristinarlo nel modo più rapido possibile risponda, in linea di
3
massima, all’interesse del minore e costituisca il metodo migliore per tutelarlo
efficacemente ed evitare il rischio effettivo che il bambino si integri con il passare del
tempo nel nuovo ambiente di vita.
Ulteriore punto in comune tra i due trattati è costituito dal fatto che entrambi si
occupano solo degli aspetti civili della sottrazione e dei soli casi che, travalicando i
confini nazionali, presentino elementi di internazionalità.
Profondamente diverso è invece l’approccio al problema della sottrazione delle due
Convenzioni.
Il Trattato europeo, che per primo si è occupato del fenomeno della sottrazione
internazionale di minori, ha un duplice scopo: provvedere alla restituzione del minore
sottratto al genitore vittima ed assicurare il riconoscimento e l’esecuzione di decisioni
relative all’affidamento di un minore, rese in uno Stato contraente, anche negli altri
Paesi membri della Convenzione (anche a prescindere dal fatto che si sia verificata la
sottrazione).
Il Consiglio d’Europa ritenne che il metodo migliore per combattere tale fenomeno
fosse quello di obbligare gli Stati a predisporre dei meccanismi semplici e rapidi per il
riconoscimento e l’esecuzione dei provvedimenti stranieri in materia di affidamento di
minori, così da scoraggiare la pratica del forum shopping, disincentivando molti genitori
dall’effettuare la sottrazione, compiuta nella speranza di ottenere una nuova decisione di
affidamento a sé favorevole, da parte del giudice di un altro Stato.
I delegati della Convenzione de L’Aja, invece, optarono per un diverso tipo di
approccio al problema della sottrazione, cercando nuovi modi di risolvere tale
questione.
Questa diversità di prospettiva si è tradotta in una differenza anche di scopi: la
Convenzione de L’Aja, infatti, persegue un unico obiettivo: ristabilire la situazione
antecedente alla sottrazione internazionale del minore il più rapidamente possibile,
indipendentemente dall’esistenza di una precedente decisione straniera di affidamento e
dall’attribuzione di efficacia ad essa da parte delle Autorità giudiziarie dello Stato ove è
stato trasportato illegittimamente il minore.
Un’altra importante differenza fra questi due Trattati è relativa al concetto di child
abduction o legal kidnapping: la Convenzione de L’Aja estende il proprio ambito di
applicazione ad un gran numero di casi di sottrazione internazionale di minori, inclusa
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l’ipotesi in cui questa avvenga prima che sia stata emanata una decisione giudiziaria
sull’affidamento. In altri termini si cerca di ottenere il ripristino della situazione di fatto
senza preoccuparsi molto di risolvere l'eventuale questione di diritto e ciò, come si è già
accennato in precedenza, proprio perché un elevato numero di sottrazioni viene
effettuato proprio nella speranza di condurre il minore in uno Stato in cui sia più facile
ottenere una pronuncia favorevole.
La Convenzione Europea, invece, si applica solo ai casi di sottrazione internazionale
avvenuti in violazione di un provvedimento di affidamento emesso dal giudice del Paese
ove il minore viveva al momento della sottrazione, oppure nelle ipotesi in cui tale
provvedimento, non ancora emanato quando il minore viene sottratto, comunque lo sia
successivamente.
In conclusione, i casi di sottrazione contemplati dal Trattato de L’Aja coprono un
ambito più vasto di quello della Convenzione di Strasburgo, il cui meccanismo entra in
gioco quando si sono già avute delle pronunce giudiziarie in materia di affidamento in
qualcuno degli Stati contraenti.
Molto importante è la diversa disciplina nei due Trattati riguardo al ritrasferimento
del minore sottratto nel paese d’origine ed ai possibili eccezionali motivi che possono
legittimare il rifiuto, da parte del nuovo Stato di residenza, di restituire il minore.
La Convenzione Europea abbonda in condizioni che di fatto attenuano di molto
l’efficacia delle misure previste: in particolare, gli Stati sono obbligati a procedere
all’immediata restituzione del minore sottratto solo se la domanda è stata inoltrata entro
sei mesi dalla sottrazione ed entrambi i genitori hanno la sola cittadinanza dello Stato
richiedente, dove il minore aveva la residenza abituale prima della sottrazione (art. 8).
La Convenzione de L’Aja, invece, prevede che gli Stati debbano ritrasferire il minore
sottratto o illegittimamente trattenuto sempre, quando la domanda di restituzione è stata
introdotta entro un anno dalla sottrazione ed anche oltre questo termine, purché il
minore non si sia nel frattempo ben integrato nel nuovo paese di residenza (art. 12, I e II
c.).
Avendo il fattore tempo un’importanza rilevante nella decisione da prendere, le due
Convenzioni hanno cercato di stabilire un punto di equilibrio fra due opposte esigenze:
un minimo di tempo utile, necessario per rintracciare il minore, ed un massimo di
tempo, oltre al quale il trasferimento non risponde più all’interesse del minore, avendo
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quest’ultimo già stabilito dei legami significativi con il nuovo ambiente di vita. Diversa
è stata la valutazione di questo punto di equilibrio nei due trattati: la Convenzione di
Lussemburgo considera sufficienti sei mesi perché il minore possa integrarsi nel nuovo
Stato; la Convenzione de L’Aja, invece, ha scelto il termine più ampio ed elastico di un
anno o più dalla sottrazione, come forse è più giusto per permettere al genitore vittima
di rintracciare il figlio che spesso il rapitore cerca di tenere nascosto.
Il sistema del trattato de L’Aja sembra quindi meglio garantire una lotta efficace
contro la child abduction, rispetto alla Convenzione Europea; d’altro canto, proprio la
sua semplicità e maggiore severità indurrà un numero minore di Stati all’adesione.
Per quanto riguarda i motivi di rifiuto a restituire il minore, la Convenzione de L’Aja
prevede solo tre eccezioni all’obbligo degli Stati di ritrasferimento contemplati nell’art.
13;1 mentre la Convenzione di Strasburgo elenca una lunga serie di motivi che
legittimano il rifiuto dello Stato richiesto ad attribuire efficacia alla decisione straniera,
la cui natura è prevalentemente procedurale (art. 9 e 10).2
Un altro aspetto che differenzia i due testi è rappresentato dalle norme relative alla
possibilità per gli Stati di formulare delle riserve, le quali costituiscono la misura della
efficacia e dell’importanza di una Convenzione. Infatti, nel redigere un Trattato
1
L’art. 13 della Convenzione de L’Aja dispone che il rimpatrio del minore possa essere negato solo
ove: a) l’affidatario non eserciti effettivamente il diritto di custodia del minore o abbia consentito alla
sottrazione; b) il rimpatrio comporti un grave rischio per la salute fisica o psichica del bambino; c) il
minore stesso rifiuti il rimpatrio, avendo l’età e la maturità necessaria a scegliere.
2
L’art. 9 della Convenzione Europea legittima il mancato riconoscimento del provvedimento straniero
quando: a) il convenuto non è stato messo il grado di difendersi; b) il provvedimento è stato pronunciato
in assenza del convenuto o del suo legale rappresentante, se il giudice che l’ha emanato non ha fondato la
propria competenza giurisdizionale su uno dei seguenti criteri: 1) la residenza del convenuto; 2) ultima
residenza comune dei genitori, purché uno dei due ancora vi risieda; 3) residenza abituale del minore; c) è
incompatibile con altro provvedimento divenuto esecutivo nello Stato richiesto prima del trasferimento
del minore.
Inoltre, l’art. 10 stabilisce che in alcune ipotesi non regolate dagli artt. 8 e 9 della Convenzione
Europea, l’attribuzione di efficacia al provvedimento straniero può essere inoltre negata se: a) gli effetti
sono incompatibili con i principi fondamentali del diritto di famiglia e dei minori dello Stato richiesto; b)
se il provvedimento non è più conforme all’interesse del minore; c) se al momento dell’istanza: 1) il
minore non aveva alcun collegamento con lo Stato d’origine cittadinanza o residenza abituale; 2) il
minore aveva doppia cittadinanza e residenza abituale nello Stato richiesto; d) è incompatibile con altro
provvedimento reso nello Stato richiesto o in uno Stato terzo ed il rifiuto è conforme al bene del minore.
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internazionale si dovrebbe limitare al massimo il numero delle riserve ammesse, al fine
di assicurare l’effettivo raggiungimento dello scopo perseguito dal testo.
La Convenzione de L’Aja limita il numero delle riserve possibili e comunque le
ammette solo per aspetti marginali del trattato, escludendone al tempo stesso
l’opportunità di ulteriori (art. 42). La Convenzione Europea, invece, permettendo ai
Paesi contraenti di precisare tramite riserva motivi ulteriori di rifiuto oltre a quelli già
specificamente indicati (artt. 8, 9 e 10), ammette la possibilità di brecce assai sostanziali
all’interno del suo meccanismo.
Infine, alcune divergenze sono inoltre presenti nelle norme di carattere organizzativo,
che
prevedono
l’istituzione
di
organismi
incaricati
in
sede
locale
di
curare
l’applicazione di entrambi i Trattati: le Autorità centrali. Le competenze di questi organi
sono determinate in modo molto più dettagliato e specifico nella Convenzione de L’Aja
che nel Trattato europeo, dove alle Autorità centrali vengono attribuiti meno poteri; in
quest’ultimo, infatti, esse hanno più che altro il dovere di raccogliere informazioni e
comunicarle ad altre Autorità centrali o agli organi giudiziari e amministrativi
interessati (artt. 3, 4 e 5 Conv. Europea).
Il Trattato de L’Aja, invece, dispone esplicitamente che detti organi abbiano il potere
di introdurre o favorire procedimenti giudiziari o amministrativi (art. 7, lett. f);
competenza piuttosto importante, perché stabilisce un contatto rilevante fra dette
Autorità centrali e gli altri organi dello Stato coinvolto, dando maggior peso all’attività
svolta dalle prime; inoltre, insiste sulla necessità di rintracciare e ritrasferire il minore
nel più breve tempo possibile, anche questo compito delle Autorità centrali (art. 7, lett.
a, h).
Questo testo contiene inoltre una norma del tutto originale che attribuisce ai suddetti
organi anche il potere di assicurare, ove possibile, la restituzione volontaria del minore,
o di facilitare il raggiungimento di una soluzione amichevole sulla sorte del minore
conteso (art. 7, lett. c); disposizione che non trova corrispondenza nella Convenzione
Europea. Tale norma permette di evitare, quando è possibile, l’intervento della legge in
rapporti familiari già fortemente disturbati; senza contare che una composizione
amichevole risponde all’interesse del minore meglio di un procedimento giudiziario.
In conclusione, la Convenzione Europea e la Convenzione de L’Aja affrontano il
problema della sottrazione internazionale di minori in un’ottica differente, per giungere
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a risultati almeno parzialmente conformi. Dal raffronto di questi due Trattati si può
constatare che il Trattato de L’Aja è sicuramente più semplice, più diretto e più efficace
per combattere il fenomeno del legal kidnapping ed eliminare molte delle motivazioni
di fondo che portano un genitore (o un altro parente) a realizzare la sottrazione del
minore.
La Convenzione di Lussemburgo segue, invece, un tipo di approccio giuridico più
tradizionale, meno nuovo, tentando una difficile armonizzazione fra necessita' concrete
del bambino sottratto e problematiche giuridiche interne ed esterne; questa incontra gli
ostacoli propri di tale tipo di Convenzioni: tanto a livello di riserve che di condizioni per
l’applicazione, il procedimento risulta senza dubbio più lento, a scapito della effettiva
efficacia del testo convenzionale e della capacità concreta di tutela nei confronti dei
piccoli sottratti. Essa inoltre pone dei requisiti di nazionalità estremamente restrittivi che
non tengono conto della realtà odierna, dei sempre più numerosi matrimoni misti e delle
nuove norme in materia di cittadinanza.
Originale, oltre che audace, è l’approccio seguito dalla Convenzione de L’Aja
dell’80 che si limita ad occuparsi del problema pratico della sottrazione, senza
preoccuparsi di questioni giuridiche: quando avviene una sottrazione, effettuata da un
soggetto che vuole così frustrare i diritti dell’altro genitore sul minore, la prima cosa da
fare è semplicemente porre rimedio alla situazione creatasi illegittimamente in seguito
alla sottrazione e provvedere all’immediato ritrasferimento del minore nel Paese dove
viveva abitualmente, ricostituendo così la situazione ex ante.
In questo modo si ottengono tre risultati: si eliminano i vantaggi concreti che il
rapitore spera di ottenere con la sua condotta e quindi molti dei motivi che portano alla
sottrazione internazionale di minori, figli di genitori di diversa nazionalità; si evita che il
minore subisca un trauma maggiore, riportandolo al più presto nell’ambiente in cui è
abituato a vivere ed impedendo che instauri forti legami con il nuovo Stato di residenza
e con il rapitore; infine, si lascia il compito di giudicare sulla delicata questione della
custodia del minore al giudice competente dello Stato di residenza abituale dello stesso,
che è senz’altro il più adatto a valutare le esigenze del minore anche perché ha maggiori
opportunità di farlo.
Tuttavia, proprio per questo, l’applicazione della Convenzione de L’Aja potrebbe
essere elusa da molti Stati: infatti, i pochissimi motivi che legittimano un rifiuto ad
8
adempiere a questo obbligo ed il fatto che non vengano ammesse riserve degli Stati su
disposizioni chiave della Convenzione, aumentano sì l’efficacia del Trattato, ma anche
la riluttanza degli Stati ad impegnarsi in termini così ampi.
C’è poi da aggiungere che, oltre ad avere una prospettiva diversa, i due testi hanno
anche un diverso ambito geografico, avendo la Convenzione de L’Aja una portata
mondiale, mentre l’altra è stata concepita, almeno in partenza, come un Trattato fra
Paesi europei.
Le due Convenzioni, quindi, lungi dall’essere incompatibili, si completano a vicenda,
mirando
entrambe
a
tutelare
l’interesse
del
minore,
in
situazioni
familiari
particolarmente delicate, nel miglior modo possibile.
3. L’Italia e i dati dell’Autorità Centrale
L’Italia ha iniziato ad interessarsi al fenomeno della sottrazione familiare di minori
solo da qualche anno, ossia da quando i mass media hanno cominciato a darne
particolare risalto, a causa del sempre più crescente numero di casi. Infatti, l’Italia, dopo
ben 14 anni dalla firma, è stata uno degli ultimi Paesi europei che ha ratificato con la
Legge n. 64 del 15 gennaio 1994 le due Convenzioni (entrate in vigore nel 1995) ed ha
designato un’Autorità Centrale competente in materia.
E’ proprio grazie ai dati, che l’Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile del
Ministero di Grazia e Giustizia ci ha inviato su nostra richiesta, che siamo venuti a
conoscenza dell’incidenza del fenomeno della sottrazione internazionale di minori sul
territorio italiano (Tabella 1) 3 .
3
Gli anni presi in esame sono quelli dal 1° maggio 1995, anno in cui è entrata in vigore la
Convenzione de L’Aja, al 2000. Le statistiche riguardanti il 2001 sono ancora in fase di elaborazione.
9
Tabella 1 – Casi trattati dall’Autorità Centrale italiana con alcuni Paesi firmatari
(Stati Uniti, Canada e Paesi europei).
STATI
AUSTRIA
BELGIO
BOSNIA
CANADA
CROAZIA
DANIMARCA
EX-JUGOSLAVIA
FINLANDIA
FRANCIA
GALLES
GERMANIA
GRECIA
INGHILTERRA
IRLANDA
MONACO
NORVEGIA
OLANDA
POLONIA
PORTOGALLO
REP. CEKA
REP. SLOVACCA
ROMANIA
SCOZIA
SERBIA
SLOVENIA
SPAGNA
STATI UNITI
SVEZIA
SVIZZERA
UNGHERIA
TOTALE
CASI
1995
2
§0
0
3
0
2
§1
1
8
0
12
1
5
0
0
0
0
2
0
0
§0
0
2
0
1
1
18
1
5
0
Attivi*
Passivi**
Attivi*
Passivi**
1
0
0
1
0
0
0
0
2
0
6
0
2
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
4
1
4
0
CASI
1996
2
2
0
2
0
0
0
1
7
0
10
1
8
4
0
1
0
3
1
0
1
2
1
0
1
0
14
0
10
0
1
0
0
2
0
2
1
1
6
0
6
1
3
0
0
0
0
2
0
0
0
0
2
0
1
1
14
0
1
0
65
44
1
0
0
2
0
0
0
1
5
0
8
1
5
1
0
1
0
2
1
0
1
2
1
0
1
0
8
0
7
0
21
71
48
10
Attivi*
Passivi**
1
2
0
0
0
0
0
0
2
0
2
0
3
3
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
6
0
3
0
CASI
1997
1
0
0
3
1
0
0
1
7
0
19
1
9
0
1
2
5
2
1
0
0
0
1
0
0
2
13
2
7
0
1
0
0
2
0
0
0
0
4
0
6
1
6
0
1
1
3
1
1
0
0
0
0
0
0
1
9
1
3
0
0
0
0
1
1
0
0
1
3
0
13
0
3
0
0
1
2
1
0
0
0
0
1
0
0
1
4
1
4
0
23
78
41
37
Psicologia e Giustizia
Anno 3 Numero 1
Gennaio – Giugno 2002
STATI
AUSTRIA
BELGIO
BOSNIA
CANADA
CROAZIA
DANIMARCA
EX-JUGOSLAVIA
FINLANDIA
FRANCIA
GALLES
GERMANIA
GRECIA
INGHILTERRA
IRLANDA
MONACO
NORVEGIA
OLANDA
POLONIA
PORTOGALLO
REP. CEKA
REP. SLOVACCA
ROMANIA
SCOZIA
SERBIA
SLOVENIA
SPAGNA
STATI UNITI
SVEZIA
SVIZZERA
UNGHERIA
TOTALE
articoli
CASI
1998
3
0
1
0
1
2
0
2
9
1
14
0
12
2
0
0
2
8
0
3
0
0
0
1
0
1
8
4
7
2
Attivi*
Passivi**
Attivi*
Passivi**
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
9
0
8
0
0
0
0
2
0
1
0
0
0
1
0
0
5
3
4
1
CASI
1999
3
2
0
3
0
0
0
1
4
0
17
0
10
1
0
0
4
6
0
2
0
0
2
0
0
9
5
3
4
3
3
0
1
0
1
2
0
2
9
1
5
0
4
2
0
0
2
6
0
2
0
0
0
0
0
1
3
1
3
1
83
49
Attivi*
Passivi**
0
1
0
1
0
0
0
0
2
0
12
0
3
0
0
0
1
4
0
2
0
0
0
0
0
4
2
0
3
2
CASI
2000
1
4
0
3
0
1
0
1
13
0
20
0
6
2
0
1
1
5
1
4
1
0
0
0
0
3
17
2
3
3
3
1
0
2
0
0
0
0
2
0
5
0
7
1
0
0
3
2
0
0
0
0
2
0
0
5
3
3
1
1
0
3
0
3
0
1
0
0
8
0
8
0
1
1
0
0
1
4
1
4
1
0
0
0
0
2
11
0
2
1
1
1
0
0
0
0
0
1
12
0
12
0
5
1
0
1
0
1
0
0
0
0
0
0
0
1
6
2
1
2
34
79
41
38
92
52
40
* Casi attivati dall’Autorità Centrale italiana
** Casi attivati dalle omologhe Autorità Centrali estere.
§ Stato non aderente alla Convenzione de L’Aja del 25 ottobre 1980 al momento
dell’istanza
Da questa tabella si può notare che l’Autorità Centrale italiana ha trattato casi di
sottrazione internazionale che coinvolgevano maggiormente Paesi esteri quali Stati
Uniti, Germania, Inghilterra, Francia e Svizzera.
Negli Usa le stime palano di circa 350.000 casi l’anno, nel Regno Unito variano da
200 a 500 casi l’anno. In Europa gli unici dati ufficiali sono relativi ai casi di sottrazione
internazionale che ammontano a circa 6.000 unità l’anno.
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In Italia le sottrazioni internazionali si aggirano intorno ai 50 casi l’anno.
In totale, tra il 1995 ed il 2000 i bambini italiani coinvolti in storie di sottrazioni
internazionali sono 395, per un totale di 297 casi (Tabella 2). I loro nomi sono diversi,
ma le loro storie si assomigliano tutte: di solito i genitori, nati in Paesi diversi, si
separano male, non trovano un accordo sull’affidamento del bambino e così arrivano
alla sottrazione.
Tabella 2: Casi “attivi”4 totali in Italia per gli anni dal 1995 al 2000
1995
1996
1997
1998
1999
2000
46
54
48
56
41
52
Nelle seguenti tabelle, è possibile osservare il numero dei minori sottratti per anno
(Tabella 3), il numero di minori riconsegnati e rimpatriati per anno (Tabella 4) ed il
numero di minori non restituiti con l’indicazione dei Paesi esteri coinvolti in tali casi
irrisolti (Tabella 5). Inoltre, l’Autorità Centrale ci ha confermato che i casi “aperti”,
ossia irrisolvibili sono quelli con i Paesi del mondo arabo che non riconosce il Trattato
de L’Aja sulla sottrazione internazionale dei minori.
Tabella 3: Minori sottratti per anno
4
1995
1996
1997
1998
1999
2000
65
71
68
73
51
67
Per casi “attivi” si intendono i casi in cui l’Italia è lo Stato che chiede il rimpatrio o il riconoscimento
di un diritto di visita.
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Tabella 4: Minori riconsegnati e rimpatriati per anno
1995
1996
1997
1998
1999
2000
25
24
30
30
17
27
Tabella 5: Minori non restituiti per anno
1995
1996
1997
1998
1999
2000
40
47
38
43
34
40
I Paesi esteri maggiormente coinvolti in tali casi irrisolti sono: gli Stati Uniti, la
Germania, l’Inghilterra, la Francia e la Svizzera. Le motivazioni del mancato rimpatrio
sono varie e si riferiscono agli articoli 27, 35, 38, 43 e 13 della Convenzione de L’Aja.
4. La ricerca: obiettivi e metodologia
Il problema della sottrazione è quindi un fenomeno sempre esistito, ma di recente
attualità ed ancora inesplorato, su cui, almeno nel contesto italiano, non è stata condotta
nessuna ricerca sistematica.
E’ a questo punto che si inserisce il nostro lavoro di ricerca che ha lo scopo di
indagare e descrivere il fenomeno della sottrazione familiare di minori attraverso
un’indagine sul campo.
I principali obiettivi che ci siamo posti sono di:
• delineare un profilo sociologico e psicologico del rapitore e le sue motivazioni;
• studiare le caratteristiche della sottrazione;
• analizzare l’impatto emotivo e psicologico dell’evento sul bambino sottratto.
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Un ultimo, ma non meno importante aspetto che abbiamo esaminato, riguarda
l’efficacia delle risposte giuridiche alla sottrazione internazionale e l’individuazione di
alcuni strumenti di prevenzione per arginare tale fenomeno in continua crescita.
Per raggiungere tali obiettivi abbiamo utilizzato come strumento di raccolta dati un
questionario che è strutturato da una prima parte in cui vengono richiesti all’avvocato
alcuni dati anagrafici e gli eventuali casi di sottrazione familiare di minori da lui trattati.
Nelle seconda parte le domande del questionario vengono suddivise in cinque aree di
indagine:
I.
la sottrazione
II. il rapitore
III. il matrimonio e la sua disgregazione
IV. i bambini sottratti
V. la legge e la prevenzione.
Per ottenere un campione di casi di sottrazione familiare ci siamo rivolti agli
Avvocati dell’AIAF, ossia l’Associazione Italiana degli Avvocati che si occupa del
diritto di famiglia e dei minori.
In totale, nel periodo compreso tra settembre e novembre 1999 sono stati inviati via
fax 120 questionari. Abbiamo ottenuto in risposta 33 questionari; tra questi 13 avvocati
hanno risposto di non aver trattato casi di sottrazione e dei rimanenti 20, solo 16 hanno
compilato il questionario e da questi abbiamo tratto il campione vero e proprio della
ricerca, costituito da 68 casi di sottrazione familiare.
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4.1. I Risultati
Grazie ai risultati ottenuti dalla nostra ricerca, possiamo individuare due profili
principali: quello del rapitore e quello del bambino sottratto.
BAMBINI SOTTRATTI
MASCHIO
AFFIDATI GENITORE VITTIMA
0 - 5 ANNI DI ETA
55%
58%
64%
TERAPIA
SOTTRATTO DA CASA
28%
48%
57%
RIPORTATI DAL RAPITORE
PROLUNGANDO LE VISITE
56%
62%
36%
53%
DURATA 8 GG.- 1 MESE
STESSA CITTA (S.N.)
94%
BAMBINI RITROVATI
STATO ORIGINARIO DEL RAPITORE (S.I.)
Osservando il grafico del rapitore si può evidenziare:
v Il rapitore compie nella maggior parte dei casi sottrazioni nazionali.
v Sia la madre che il padre sono portati a sottrarre il loro bambino, ma dai risultati si
evince che la sottrazione è maggiormente messa in atto dal padre, in quanto ha meno
possibilità di ottenere la custodia dei figli dopo la separazione ed il divorzio
In Italia, infatti, i giudici privilegiano l’affidamento monogenitoriale favorendo, nella
quasi totalità dei casi, quello alla madre.
Le cifre fornite dall’Istat relative agli anni trascorsi dimostrano che le percentuali di
affidamento oscillano in maniera quasi irrilevante e, sostanzialmente sono da sempre
così ripartite: 91% alla madre, 6% al padre, 2% congiunto o alternato, 1% a terzi o
istituti.
v La sottrazione avviene in circa la metà dei casi prima dell’emissione del
provvedimento provvisorio di affidamento.
v Nella maggior parte dei casi il rapitore rientra nella fascia di età che va da 30 a 39
anni.
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v In poco meno della metà dei casi il genitore rapitore è originario del Sud Italia.
v Il livello socio-economico è solitamente basso, infatti la qualifica professionale del
genitore rapitore è maggiormente quella di operaio o di disoccupato.
v Il genitore che sottrae raramente ha commesso altri crimini in precedenza, in pochi
casi abusa di sostanze, quali droga e alcool e solo alcune volte si sono riscontrati dei
disturbi psicologici.
v La disgregazione del matrimonio avviene dopo un periodo che va dai cinque ai nove
anni ed è causata soprattutto dall’incompatibilità tra i coniugi.
v Le motivazioni addotte per il proprio gesto dai rapitori si pongono ai due estremi di
un ipotetico continuum: da una parte sottraggono per sentimento di amore e
desiderio di protezione nei confronti del figlio e dall’altra per vendicarsi e colpire
l’ex coniuge. In mezzo troviamo fattori quali il voler stare con il figlio per non
perdere il suo affetto, la paura di non ottenere l’affidamento, la sfiducia nel sistema
giudiziario e l’insoddisfazione delle modalità di visita.
Questi nostri risultati concordano pienamente con gli studi americani di Palmer e
Noble (1984) che dividono la figura del rapitore in due categorie a seconda delle
motivazioni da loro addotte: il genitore rapitore ego-centrico e quello figlio-centrico.
Osservando il grafico sui bambini sottratti si può evidenziare:
v I bambini e le bambine hanno la stessa probabilità di essere sottratti, con una leggera
predominanza dei primi.
v La maggioranza dei bambini ha un’età compresa tra 0 e 5 anni di età.
BAMBINI SOTTRATTI
MASCHIO
AFFIDATI GENITORE VITTIMA
0 - 5 ANNI DI ETA
55%
64%
58%
TERAPIA
SOTTRATTO DA CASA
28%
48%
57%
56%
RIPORTATI DAL RAPITORE
PROLUNGANDO LE VISITE
62%
36%
53%
DURATA 8 GG.- 1 MESE
STESSA CITTA (S.N.)
94%
BAMBINI RITROVATI
STATO ORIGINARIO DEL RAPITORE (S.I.)
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I risultati, concordi con quelli degli studi di alcuni ricercatori americani quali
Agopian, Forehand, Finkelhor, Hegar e Greif, rilevano che i bambini più piccoli hanno
maggiori possibilità di essere sottratti dai loro genitori rispetto a quelli di e tà compresa
tra i 12 ed i 17 anni che sono in grado di opporre una maggiore resistenza alla
sottrazione e che possono decidere dove e con quale genitore desiderano vivere. I
bambini più piccoli sono, invece, delle facili “prede” la cui opinione non viene
minimamente considerata.
v I bambini tendono ad essere sottratti durante il fine settimana o nelle vacanze estive
o invernali, prolungando il diritto di visita.
Questo è un dato significativo, infatti, in questi periodi il genitore rapitore può
sottrarre il bambino facilmente, senza destare subito sospetti e può quindi allontanarsi
liberamente dalla città o dal Paese con un buon margine di vantaggio rispetto alle forze
dell’ordine, al genitore affidatario o agli investigatori privati che inizieranno a cercarlo
solo al mancato rientro dalla visita.
Negli altri casi i minori sono solitamente sottratti dalla propria casa e sono meno
probabili sottrazioni da altre residenze o da scuola
v Nelle sottrazioni internazionali il bambino sottratto viene di solito portato nello
Stato originario del genitore rapitore; in quelle nazionali rimane nella stessa città di
residenza
v In molti casi le sottrazioni hanno una durata che varia da otto giorni ad un mese e gli
episodi che durano da due mesi ad oltre un anno caratterizzano le sottrazioni di tipo
internazionale in cui i bambini vengono portati in un altro Stato, togliendoli dalla
giurisdizione legale del provvedimento di affidamento e rendendo più difficile il
loro recupero.
v Nel 94% dei casi i bambini sottratti sono stati ritrovati/riportati dal genitore rapitore
grazie all’opera di mediazione degli avvocati e delle autorità competenti e circa la
metà di questi è stata seguita da psicologi e/o assistenti sociali; inoltre, dopo il
ritrovamento, il 64% dei bambini è stato affidato al genitore vittima
v L’esperienza della sottrazione causa nel bambino dei disturbi a livello psicologico,
comportamentale e relazionale.
Le reazioni che grazie ai questionari si sono rilevate essere le più frequenti nei
bambini sottratti sono essenzialmente: disturbi d’ansia, del sonno quali difficoltà ad
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addormentarsi, sonno interrotto, incubi notturni e sogni ricorrenti; sintomi questi che
caratterizzano il disturbo da stress post-traumatico; paura di porte e finestre aperte e di
essere nuovamente abbandonato; stato di confusione.
A questi seguono dei disordini comportamentali e di condotta, quali ostilità,
scontrosità, eccessivo attaccamento e tendenza all’isolamento; una regressione ad uno
stato psichico e motorio precedente a quello presente al momento del verificarsi dei fatti
(enuresi notturna, succhiarsi il pollice, il rifiuto nei bambini più piccoli di usare la
toilette, ecc.).
Possono, inoltre, essere presenti problemi scolastici quali difficoltà di apprendimento
e di relazione con gli altri bambini; reazioni di adattamento e difficoltà nel
reinserimento scolastico ed affettivo; astio, rabbia, dolore verso il genitore vittima, in
quanto il bambino pensa l’abbia abbandonato; ira e rifiuto verso il rapitore o adulazione,
totale dipendenza e desiderio di tornare con lui, nel caso si sia instaurato un forte
legame durante la sottrazione; depressione ed introversione.
Il sempre maggior numero di casi di sottrazione che avvengono in Italia e nel resto
del mondo, ci ha indotto a chiederci se potessero esserci degli strumenti utili ed efficaci
per prevenire tale fenomeno.
Gli avvocati della famiglia hanno segnalato come efficaci strumenti di prevenzione la
mediazione familiare e una serie di incontri di consulenza psicologica da attuare nel
periodo intercorrente tra il deposito del ricorso e l’udienza presidenziale; questi
permetterebbero agli ex-coniugi di elaborare la separazione ed indicherebbero loro una
migliore gestione nell’allevare ed educare i figli. Come strumenti utili, ma meno
efficaci, sono stati indicati l’affidamento congiunto ed una maggiore attenzione alle
modalità relazionali dei coniugi prima e dopo la separazione o il divorzio.
Per prevenire il fenomeno della sottrazione sembra dunque necessario un lavoro di
equipe in primo luogo tra gli operatori sociali e giuridici che hanno il compito di non
radicalizzare il conflitto già presente, ma di mediarlo; in secondo luogo, sembrerebbe
indispensabile una maggiore attenzione e collaborazione da parte dei politici e delle
autorità competenti per promuovere nuove leggi a tutela dei minori. Solo unendo le
forze sarà forse possibile arginare la crescita del fenomeno della sottrazione di minori
da parte di un genitore, salvando in questo modo molti bambini da un futuro incerto ed
infelice.
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5. Bibliografia
Agopian, MW., The impact on children of abduction by parents, in Child Welfare,
1984, vol. 63, n. 6, pp. 511-519.
Finkelhor D., Hotalin A71g G., & Sedlak A., Children abducted by family members:
A national household survey of incidence and episode characteristics, in Journal of
Marriage and the Family, 1991, vol. 53, pp. 805-817.
Finkelhor D.; Hotaling G., & Sedlak A., The abduction of children by strangers and
nonfamily members: estimating the incidence using multiple methods, in Journal of
Interpersonal Violence, 1992 (june), vol. 7, n. 2, pp. 226-243.
Forehand RL, Long N., Zogg C., Parental child abduction: the problem and possible
solution advances, in Clinical Psychology, 1990, vol. 12, pp. 113-137.
Greif GL. & Hegar RL., When Parents Kidnap, The Families Behind the Headlines,
New York: Free Press, 1993.
Mosconi F., Rinoldi D., (a cura di) La sottrazione Internazionale di minori da parte
di un Genitore. Studi e Documenti sul Kidnapping Internazionale, CEDAM, Padova,
1988.
Noble DN.; Palmer CE., The painful phenomenon of Child Snatching, in Social
Casework: The Journal of Contemporary Social Work, 1984, vol. 65, pp. 330-336.
Salzano Alberto, La sottrazione internazionale dei minori, Giuffrè, Milano, 1995.
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