Presenza Italiana
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Presenza Italiana
Anno XXXV · No 6 · Novembre-Dicembre 2012 Periodico della Missione Cattolica Italiana di Ginevra “Quella luce risplende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno vinta”. Gv. 1,5 BuonNatale Foto: Stefano CAVAPOZZI la vostra città, la vostra missione Missione cattolica italiana •15, rue de la Mairie · 1207 GENEVE tel. 022 736 83 82 · [email protected] •36, rue Jacques Dalphin · 1227 CAROUGE tel. 022 342 34 54 Missionari: P. Luciano COCCO, P. Martino SERRAGLIO Segreteria Da lunedì a venerdì: dalle ore 9.00 alle ore 12.00 e dalle ore 14.00 alle ore 18.00. Chiuso: sabato SS. Messe: · a Ginevra, sabato e prefestivi: ore 18.00; domenica: ore 10.00, ore 11.30 e ore 18.00; giorni feriali: ore 18.30. · a Carouge, sabato e prefestivi: ore 18.00; domenica: ore 10.00; giorni feriali: ore 19.00. Battesimi: 3ª domenica del mese: ore 12.30, con preparazione il 1o martedì del mese alle ore 20.00 Matrimoni: presentarsi almeno tre mesi prima. Sommario 4 Nuovo volto dell'emigrazione italiana in Svizzera 6 Una scossa per la Chiesa 12 Tapori un movimento "Quarto mondo" 18 Orizzonti attuali della mobilità umana Foto copertina: foto archivio Istituto italiano Ch. J. Attenville 20, 1218 Grand-Saconnex, tel. 022 798 17 20. Direttrice: sig.ra Sandra Olivet Opera per bambini in età scolastica da 4 a 12 anni Comunità Suore Orsoline: Ch. J. Attenville 20, tel. 022 788 01 30 Casa di riposo “La Provvidenza” 34, rue Jacques-Dalphin, 1227 Carouge tel. 022 304 41 41, fax 022 304 41 04, ccp nr. 12-12928-7. Direttrice: sig.ra Luciana Mühle Garderie (4-12 anni): 36, rue Jacques-Dalphin, tel. 022 301 20 94 Direttrice: Sr. Edoardina Comunità Suore Francescane 36, rue Jacques-Dalphin, tel. 022 301 70 30 2 Casa di riposo “Les Pins“ ch. de l‘Erse 2, 1218 Grand-Saconnex tel. 022 595 41 00 Direttore: M. Novembre-Dicembre Eric Marti Presenza Italiana 2012 Bimestrale della Missione Cattolica Italiana di Ginevra Aderente alla FUSIE (Federazione Unitaria Stampa Italiana all‘Estero) e alla FSS (Federazione Stampa Scalabriniana) Direttore: Luciano Cocco Redazione: Martino Serraglio, Leandro Di Siena Massimo Giovannozzi, Enrico Norelli Abbonamenti / Pubblicità: Maria Alice Cantale Tipografia: “La Buona Stampa“, Via Fola, 6963 Pregassona Tel. 091 973 31 71 Tiratura: 6.800 copie Direzione e Amministrazione: Missione Cattolica Italiana Rue de la Mairie 15 · 1207 Ginevra Tel. 022 736 83 82 · Fax 022 786 71 09 Internet: http://www.missionecattolicaginevra.ch/ E-mail: [email protected] Versamenti per il giornale: abbonamento annuale CHF 35.CREDIT SUISSE SA · 8070 Zürich a favore di CH82 0483 5114 3366 9100 0 Missione Cattolica Italiana · 1207 Genève · Conto N. 80-500-4 RR-Grafik-Studio Roberto Ronca · Zollikofen-Bern · Tel. 031 914 04 65 E-mail: [email protected] editoriale Natale: UN NUOVO INIZIO POSSIBILE Dice Tagore che "ogni bimbo che nasce è un segno che Dio non è stanco degli uomini”. Per la fede cristiana l’annuncio della nascita dei quel bambino duemila anni fa è la buona novella di un nuovo inizio possibile al di là di tutte le nostre stanchezze e di ogni nostra rinuncia a sperare e ad amare. Perciò essa sfida tutti a sognare, mescolando i sogni degli uomini al grande sogno di Dio. Dunque un nuovo inizio appare necessario e urgente, lì la nascita indicata dalla stella cometa sulla grotta di Betlehem accende il sogno che vorrebbe tirare nel presente degli uomini il domani divino. Fu il sogno di Martin Luther King in quel fatidico 28 agosto 1963: “I have a dream...”. È un sogno che parla specialmente ai giovani d’oggi, a quelli che nelle piazze gridano la protesta e per i quali le parole di quel grande sognatore risuonano più che mai vere, attuali: “Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi preferisce alla forza fisica la forza dell’anima”. Il sogno che vorrei condividere con chi mi legge non è fuga dalla realtà o presunzione di realizzare l’impossibile: è, invece, sfida a volare alto, a vedere l’invisibile e ad amare con l’amore che ci invita a fare della nostra vita la realizzazione di un progetto più grande, fino a spenderla - nel modo più giusto e più bello che ci sia dato - al servizio di tutti. Un profeta dei nostri giorni, Hélder Câmara, il “vescovo dei poveri”, amava ripetere: “Beati quelli che sognano: trasmetteranno speranza a molti cuori e correranno il dolce rischio di vedere il loro sogno realizzato”. E un grande protagonista del Concilio Vaticano II, Leo Joseph Suenens, affermava: “Beati quelli che sognano e sono pronti a pagare il prezzo più alto perché il loro sogno prenda corpo nella vita degli uomini”. Bruno Forte Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 3 em i g r a z i o n e Luisa Deponti, CSERPE "L'Europa del Sud torna ad emigrare": titoli simili compaiono ormai con sempre maggiore frequenza nei media dei paesi di lingua tedesca. Greci, portoghesi, spagnoli e italiani - soprattutto giovani - riprendono la via percorsa dai loro nonni verso la Germania, la Svizzera (e l'Austria). Ma la storia si ripete solo in parte. Certamente crisi economica e disoccupazione nell'Europa meridionale spingono, come in passato, singole persone e famiglie a partire per tentare la fortuna in un mercato del lavoro svizzero e tedesco ancora in piena forma e bisognoso di manodopera per motivi demografici. Il sostegno dato dalle reti etniche e familiari per la presenza di grosse comunità di connazionali rendono Germania e Svizzera due mete principali di questa nuova emigrazione intra-europea. D'altra parte, a livello quantitativo gli attuali movimenti migratori non si possono paragonare a quelli avvenuti dopo la seconda guerra mondiale e conclusisi sostanzialmente negli anni '70. A cambiare è anche il profilo dell'emigrante, che presenta in genere un livello di istruzione più elevato rispetto a quello di coloro che partivano con l'ormai proverbiale "valigia di cartone". Per quanto riguarda gli italiani in Svizzera, a partire dal 2007, dopo un paio di decenni di saldo migratorio negativo, il numero dei nuovi arrivati ha cominciato a superare quello di coloro che hanno lasciato la Confederazione. Era dal 1974 che la comunità italiana continuava costantemente a diminuire soprattutto per i rientri in patria e le naturalizzazioni. Negli ultimi anni, invece, c'è stata un'inversione di tendenza. Attualmente in Svizzera i cittadini con solo passaporto italiano risultano essere 291'017, mentre 546'614 sono gli iscritti 4 Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 "... gli italiani in Svizzera, a partire dal 2007, dopo un paio di decenni di saldo migratorio negativo, il numero dei nuovi arrivati ha cominciato a superare quello di coloro che hanno lasciato la Confederazione." all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), molti dei quali cittadini italo-svizzeri. I dati dell'ISTAT danno interessanti indicazioni: a partire dal 2007 è in aumento l'emigrazione dal Centro-Nord verso l'estero, mentre è in calo quella dal Sud e dalle Isole. Cresce la percentuale dei giovani laureati tra gli emigranti di tutte le regioni. I dati, quindi, parlano di un forte movimento interno dal Mezzogiorno verso il Nord dell'Italia, accompagnato da una sorprendente "fuga dei cervelli" all'estero soprattutto dalle regioni settentrionali. I motivi della partenza di questi giovani italiani sono legati, da una parte, alle migliori condizioni che trovano in Svizzera: salari in media più alti, possibilità di ottenere un posto in base più al merito personale che alle raccomandazioni, prospettive di carriera chiare e definite, un sistema sociale più sicuro. Dall'altra parte, serpeggia la sfiducia nel sistema-Italia, che privilegia e tutela soprattutto i lavoratori adulti, offre scarse opportunità a giovani sempre più qualificati e li spinge verso una prolungata precarietà. L'emigrazione di questi giovani promettenti rappresenta una grave perdita umana, economica e culturale per l'Italia, soprattutto se la loro permanenza all'estero tende a diventare definitiva. D'altra parte anche la Svizzera non è un facile Eldorado: la barriera principale per molti è la lingua, in particolare il tedesco, insieme alla perdita di punti di riferimento e del sostegno familiare. Qui si rivela importante la nascita di nuove forme di collegamento e di associazionismo che i giovani, figli dell'era delle comunicazioni digitali, stanno già cominciando a costruire. Anche le missioni cattoliche presenti in Svizzera hanno un ruolo da giocare nell'accompagnamento di questa nuova emigrazione. (1° novembre 2012) Foto: Philipp Eyer e Stephan Hermann MIGRAZIONE E RELIGIONE: LA PROSPETTIVA DEI GIOVANI DELLA SECONDA GENERAZIONE "Penso che più si diventa grandi, meno si è religiosi. A me, in ogni caso, è successo così. I miei genitori mi hanno raccontato della mia religione e mi hanno mostrato delle immagini. Era come una stanza nella mia testa, nella quale c'erano tante cose. Con il tempo ho cominciato a riflettere di più per conto mio e mi sono chiesto: perché è così? Non può essere vero. Quella stanza allora è diventata sempre più vuota". Danoshan, 16 anni "Tra gli albanesi ci sono più giovani che vanno in chiesa che non tra gli svizzeri. La maggior parte di noi dice: 'Sì, certo, io vado in chiesa'. Non ci vergogniamo della fede". Valmir e Mimoza, 14 anni "In Svizzera abbiamo una comunità bosniaca e la religione ti integra in questo gruppo qui. È molto utile e positivo. Mi aiuta a non dimenticare il mio Paese di origine." Zaïda, 17 anni Queste ed altre testimonianze di ragazzi figli di migranti sono state raccolte nell'indagine: "Migrazione e religione: prospettive di bambini e giovani in Svizzera", sotto la guida del prof. Christian Giordano dell'Università di Fribourg. Si tratta di uno dei 28 progetti compresi nel Programma nazionale di ricerca "Comunità religiose, Stato e società" (PNR 58), incentrato sul panorama religioso della Svizzera. Lo studio diretto dal Prof. Giordano si è svolto in due luoghi di vita quotidiana dei ragazzi: in alcune classi a scuola e nella sfera familiare. Le famiglie intervistate provenivano dall'Asia meridionale (India, Pakistan e Sri Lanka) e dai Paesi dell'Europa sud-orientale (Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Croazia, Macedonia e Serbia). Tra questi gruppi di immigrati si riscontra una grande pluralità religiosa, con la presenza di cattolici, ortodossi, protestanti, musulmani, indù e di persone senza religione. Gli autori sottolineano che in Svizzera, come in altri Paesi d'Europa, la mentalità più diffusa vede nelle religioni un "modello superato", per cui per essere "moderni" sembra necessario allentare il legame con una religione tradizionale. Il credo religioso è relegato alla sfera privata e personale e raramente viene tematizzato al di fuori dell'ambito familiare. Quei ragazzi, dunque, che provengono da famiglie e da Paesi in cui la religione ha una certa importanza nella vita pubblica e personale, si trovano di fronte a delle sfide particolari nella costruzione della loro identità e dell'appartenenza alla società locale. Come è possibile essere nel proprio ambiente quotidiano - a scuola, tra gli amici - contemporaneamente "religiosi" e "moderni"? Come non rinnegare del tutto quello che si è ricevuto dai genitori e, al tempo stesso, essere giovani e "cool", sentirsi accettati e appartenenti? Questa problematica appare più evidente tra i ragazzi musulmani, in quanto l'immagine dell'islam veicolata dai mass media è al momento attuale particolarmente negativa, a causa di eventi terroristici o conflitti internazionali. Tuttavia, anche i bambini e i giovani cattolici provenienti dall'Asia o dai Balcani avvertono che nella società in cui vivono la pratica religiosa è considerata fuori moda. I ragazzi sono spesso sottoposti a domande e a richieste di spiegazione da parte dei coetanei e degli adulti. Con il passaggio all'adolescenza, come avviene per i giovani locali, il confronto con la tradizione religiosa ricevuta in famiglia diventa più personale. Dalla ricerca non risulta frequente una rottura netta con la religione/cultura dei genitori, ma una rielaborazione individuale, con esiti differenti. In generale la religione non occupa un posto preponderante nella vita quotidiana: scuola, lavoro, famiglia, amicizie hanno un'importanza maggiore. Tuttavia essa acquista rilevanza nei momenti di difficoltà e di fronte a domande relative al senso della vita. La religiosità si distacca però dalle istituzioni ufficiali (chiesa, moschea, tempio) e mette in discussione pratiche e norme prescritte da altri. In parte si distanzia anche dalla cultura dei genitori. "... la mentalità più diffusa vede nelle religioni un "modello superato", per cui per essere "moderni" sembra necessario allentare il legame con una religione tradizionale." Le radici della fede, che continuano ad essere alimentate dalla famiglia, devono poter attecchire nel nuovo ambiente culturale, in un terreno piuttosto "resistente" alle religioni. Le strategie di adattamento sono molteplici e in alcuni casi si riscontra un certo interesse per l'approfondimento dei contenuti fondamentali della propria fede, per poter reagire ad un contesto di vita in cui coesistono secolarizzazione e pluralismo religioso. Importante è notare che tali processi di cambiamento nella religiosità delle seconde generazioni si riscontrano, se pur con tempi e modalità diverse, in tutte le comunità presenti in Svizzera. Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 5 vi t a d e l l a c h i e s a di Egidio Todeschini DELLA ANNO FEDE 2012 2013 UNA SCOSSA PER LA CHIESA Indetto da Benedetto XVI a cinquant’anni dall'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. La speranza di una nuova primavera. Anno della Fede aperto dal Papa l’11 ottobre scorso segue quello indetto nel 1967 da Papa Paolo VI nel XIX centenario del martirio dei santi Pietro e Paolo. Annunciato da Benedetto XVI nel 2011 con la lettera apostolica Porta Fidei, intende far maggiormente comprendere il fondamento della dottrina cristiana, per riscoprire il dono, concesso dal Signore a ciascuno di noi, "di vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani". Senza cedere alle tentazioni della mentalità corrente, più propensa a far fare ciò che piace, piuttosto che a seguire l’insegnamento impartitoci da Gesù. Non a caso la data dell’11 ottobre coincide con quella di due importanti avvenimenti di Chiesa: l’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II (11 ottobre 1962) indetto da Papa Giovanni XXIII, cui partecipò, come consulente teologico, il giovane Ratzinger; e la promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, suggerito dal Sinodo Straordinario dei Vescovi del 1985 e concretizzato da Giovanni Paolo II (11 ottobre 1992). 6 Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 Il Catechismo fu articolato in quattro parti (Credo, Liturgia, Morale, Preghiera), ma espresso in un modo "nuovo", per rispondere agli interrogativi della nostra epoca e per ridurre l’indifferenza religiosa. Motivazioni che avevano, a suo tempo, spinto Giovanni XXIII a trasmettere tramite il Concilio "adunato nello Spirito Santo… una pura e integra dottrina, senza attenuazioni o travisamenti… certa, immutabile, approfondita e presentata in modo che corrisponda alle esigenze del nostro tempo... per illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa". Da molti apprezzate, da altri criticate, le decisioni conciliari furono notevolmente rivoluzionarie. Non solo perché si eliminò il latino dalle funzioni ecclesiastiche; soprattutto perché fu riconosciuta la libertà di coscienza (quindi religiosa, prima negata), e rivalutata la Bibbia che ogni fedele deve "fare propria". Innovazioni cui si aggiunsero modifiche di linguaggio, grazie alle quali gli Ebrei da "perfidi Giudei" divennero "fratelli maggiori" e gli Ortodossi ed i Protestanti "fratelli separati". Si realizzò, quindi, quel rinnovamento che, secondo Papa Ratzinger, deve spingere Chiesa e credenti verso un rapporto personale con Cristo che "aveva aperta ai pagani la strada della fede" (Atti degli Apostoli, 14,17) e fondata la Chiesa che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre "unico soggetto del Popolo di Dio in cammino". "Che fare, per ritrovare il dono della Fede? re In primo luogo, promuove l de rti se missioni nei de mondo contemporaneo e portarvi il Vangelo; fede." offrire testimonianze di Da ciò la decisione di istituire l’Anno della Fede, onde contribuire alla riscoperta della propria vocazione, quindi all’essere testimoni credibili e gioiosi del Signore risorto, nonché capaci di indicare alle persone la "porta della fede" che fa conoscere Cristo, presente in mezzo a noi "tutti i giorni, fino alla fine del mondo". Il Pontefice si riferisce alla frase di San Paolo, "So a Chi ho creduto", per far comprendere che "credere" comporta "innanzi tutto, un’adesione personale a Dio"; ma anche "l’assenso libero a tutta la verità che Dio ha rivelato". Ne consegue che solo una maggiore diffusione della dottrina cristiana può contribuire a consolidare la grande famiglia della Chiesa e a concretizzare l’invito di Gesù agli Apostoli: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura". Quindi invita ad incrementare i pellegrinaggi dei fedeli alla Sede di Pietro, ma anche favorire quelli in Terra Santa, territorio che ha visto e conosciuto il Salvatore e Maria, nonché promuovere ogni iniziativa che aiuti a riconoscere il ruolo particolare della Vergine ed a seguirne le virtù. Un cammino particolarmente necessario nel Medio Oriente che soffre di una cristianofobia sempre più violenta, benché ogni anno, secondo Magdi Cristiano Allam, 6 milioni di Musulmani si convertono al Cristianesimo. Cui però si aggiunge, nel mondo Occidentale, quel relativismo che fa ritenere lecito tutto ciò che piace o conviene. Che fare, per ritrovare il dono della Fede? In primo luogo, promuovere missioni nei deserti del mondo contemporaneo e portarvi il Vangelo; offrire testimonianze di fede; trasmettere agli atei ed ai miscredenti il messaggio di salvezza offertoci da Gesù. Da qui l’invito agli ecclesiastici di tradurre i Documenti del Concilio Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica nelle lingue nelle quali ancora non esistono; favorirne la pubblicazione, in edizioni economiche, o diffonderli con l’ausilio dei mezzi elettronici e delle moderne tecnologie; divulgare la conoscenza dei Santi e dei Beati, autentici testimoni della fede. Ma anche ad organizzare, specialmente nel periodo quaresimale, celebrazioni penitenziali per chiedere perdono a Dio per i peccati compiuti, specialmente contro la fede. E, come suggerisce Mons. Rino Fisichella, a "sostenere la fede di tanti credenti che nella fatica quotidiana non cessano di affidare con convinzione e con coraggio la propria esistenza al Signore Gesù". Necessario, però, il coinvolgimento del mondo della cultura per dimostrare che tra fede e autentica scienza non vi è alcun conflitto "perché ambedue, anche se per vie diverse, tendono alla verità". L’unica che può garantire una vita pura ed onesta, soprattutto alimentata dall’amore, perché "la fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio". Soprattutto dell’egoismo oggi imperante. Il Sinodo, dire il Vangelo oggi Si è concluso il 28 ottobre il Sinodo dei vescovi della Chiesa cattolica per una rinnovata evangelizzazione. Per tre settimane, circa 250 vescovi provenienti da dai diversi Paesi in cui vivono i cristiani si sono interrogati sugli scenari che si presentano in questo tempo di crisi riconosciuta. Nelle terre di antica cristianità, infatti, la trasmissione della speranza cristiana incontra fatiche e ostacoli, al suo interno la Chiesa registra una diminuzione di membri e di vocazioni. Essa, in una società segnata dalla secolarizzazione appare a volte minoritaria, marginale, mentre la cultura dominante non aiuta il suo cammino di umanizzazione. Come dare l’annuncio in Sud America, Africa e Asia, dove la Chiesa cattolica, oltre al confronto con le altre religioni “storiche”, conosce oggi la concorrenza di sette cristiane, di spiritualità esoteriche e di magia? E nei Paesi, Occidente compreso, dove l’Islam nelle sue varie forme, pone nuovi interrogativi? I padri sinodali provenienti dalle Chiese più direttamente implicate hanno cercato di far conoscere i loro problemi. “Proprio per questo - scrive Enzo Bianchi, invitato come esperto al Sinodo - ho trovato uno straordinario poter ascoltare le voci di questi vescovi tutte testimoni di impegno nel dialogo, prive di accenti aggressivi o toni da crociata. La Chiesa è veramente mutata in questi ultimi cinquant’anni: non più ostilità verso gli “infedeli”, ma dialogo, comune responsabilità per il bene della società, ricerca di pace tra le religioni, libertà di coscienza, affermazione della necessaria ragione umana in ogni dottrina religiosa”. Speranza. Peccato che sia rimasta in ombra la questione femminile nella chiesa. Sulle istanze dei divorziati risposati si è ribadito che l’amore del Signore resta fedele anche se ci sono infedeltà, perché la Chiesa è la casa di tutti i battezzati, anche di quelli che vivono in situazioni lontane dal Vangelo (Rocca, nov. 2012). Il Concilio Vaticano II ha 50 anni... ma il suo cammino “è ancora giovane" Papa Giovanni XXIII, convocando il Concilio Vaticano II, ha voluto imprimergli fin dall’inizio uno stile ed un orientamento profondamente innovativo. Nel discorso inaugurale affermò di aver voluto il Concilio per “aggiornare la Chiesa”. Non si trattava certo di modificare il dato della Rivelazione, che è immutabile, ma di presentarlo in modo più consono alla mentalità e alla sensibilità di un mondo che stava profondamente cambiando, anche per la crescente diffusione della fede cristiana in culture diverse da quella europea. Quattro furono le novità principali volute da Papa Giovanni: 1. A differenza degli altri Concili, nel Vaticano II è la Chiesa stessa che è chiamata a guardarsi allo specchio e a confrontarsi con il Vangelo di Gesù, senza dare per scontata la qualità della sua fedeltà e della sua testimonianza. 2. Di qui la seconda novità: il Vaticano II un “Concilio pastorale”, rivolto principalmente al pratico rinnovamento della vita cristiana e degli orientamenti pastorali. Non ha la preoccupazione di esprimere condanne, ma vuole rivolgere sul mondo e sulla Chiesa uno sguardo d’amore, capace di cogliere i “segni dei tempi”. 3. Per la prima volta il Concilio vede coinvolte tutte le componenti della Chiesa: non più soltanto i vescovi ma - pur senza diritto di voto - anche teologi, superiori maggiori delle Congregazioni religiose, laici competenti. 4. Per la prima volta sono invitati, come osservatori, rappresentanti di Chiese cristiane non cattoliche, ebrei e anche altre religioni. (Chiesa Viva, ott. 2012) Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 7 calendari o p a r r o c c h i a l e dicembre 2012 celebrazione penitenziale ·Carouge:lunedi 17 dicembre, ore 19.30 ·Ginevra: martedi 18 dicembre, ore 19.00 natale ·Ginevra: lunedi 24 dicembre S. Messa di Natale, ore 23.00 (veglia: ore 22.30) martedi 25 dicembre SS. Messe ore 10.00, 11.30 e ore 18.00. ·Carouge: lunedi 24 dicembre S. Messa di Natale, ore 23.00 (veglia: ore 22.30) martedi 25 dicembre SS. Messe ore 10.00 e ore 18.00 Semplicità del Natale Il presepio e la musica, a Natale, parlano agli occhi e al cuore. E suscitano sentimenti buoni. Fanno dimenticare, o almeno mitigare, le difficoltà e il dolore per le persone perse lungo la strada. I brani dei vangeli della Natività volevano parlare della nascita della fede, la fede che altro non è se non sentirsi raggiunti da Dio, e da lui amati. Per questo a Natale siamo tutti ricondotti nello stesso posto, là dove, in piedi o in ginocchio, ci capita di fermarci in silenzio e nella preghiera, davanti al Dio fatto uomo nella pochezza della carne di un bambino. È arrivato tardi corso cresimandi adulti Narra una leggenda che i magi erano quattro, ma uno si era attardato più volte lungo la strada: una rissa tra villaggi vicini, una pestilenza, un’inondazione. Invece di cambiare strada, si era tirato su le maniche. Quando arrivò a Gerusalemme, stavano portando un uomo al Calvario. Arrivò giusto in tempo. Noi cominciamo un anno nuovo. Abbiamo tanto tempo davanti, così almeno pensiamo, e ci auguriamo. Non mancheranno fatti imprevisti che ci obbligheranno a correggere il percorso. Importante sarà arrivare in tempo, là dove qualcuno sta aspettando un aiuto. ·Ginevra: primo incontro, giovedì 24 gennaio 2013, ore 20.15 Insieme all’altro fine d'anno ·Ginevra: lunedi 31 dicembre S. Messa di ringraziamento, ore 18.30 ·Carouge: lunedi 31 dicembre, S. Messa di ringraziamento, ore 19.00 gennaio 2013 capodanno ·Ginevra: martedi 1° gennaio 2013 S. Messa ore 10.00, 11.30 e ore 18.00 ·Carouge: martedi 1° gennaio 2013 S. Messa: ore 10.00 e ore 18.00 gruppo insieme giovedi 17 gennaio 2013, ore 14.30 battesimi ·Giulia Castoldi ·Liam Alemanno ·Giulia Paci ·Emilio Puglisi ·Stella Mascaro ·Sarah Machado ·Clea Ricca defunti ·Anna Maria Parachini (79) ·Vito Petretti (85) ·Sr Maria Attilia Osella (95) 8 il biglietto PresenzaItaliana Italiana Novembre-Dicembre Novembre-Dicembre2012 2012 Presenza “L’altro è colui senza il quale vivere non è più vivere” (M. de Certeau). Noi che viviamo in emigrazione, facciamo l’esperienza di incontri diversi, differenziati, e ci accorgiamo quanto sia arricchente incontrarsi con l’altro, anche quando non ci “appartiene”, non parla come noi, non condivide le nostre idee, le nostre passioni. Tendenzialmente cerchiamo l’altro che parla come noi, condivide le nostre idee, e così ci impoveriamo, rendendo poveri e inutili tanti nostri incontri. Siamo chiamati, è la vocazione che tutti ci sentiamo dentro, a muoverci fuori dal tracciato quotidiano, ascoltando l’esortazione del grande vescovo brasiliano Helder Camara: “partire è smettere di girare attorno a se stessi”. P. Luciano vita di comunità Giovani coppie, nasce un nuovo gruppo All'inizio dell'anno pastorale, la nostra comunità vede la nascita di un nuovo cammino di fede per giovani coppie. Esso nasce dalla necessità di trovare, nel rapido scorrere della vita coniugale, o anche dell'essere neo-genitori, del tempo per riflettere, guardarsi negli occhi e pensare all'essere "noi", ed è aperto a tutte le coppie che abbiano il desiderio di confrontarsi al loro interno e con altre coppie onde scambiarsi le proprie idee, stimolare la propria esperienza di vita e crescere nel proprio percorso di fede. La riflessione è incentrata sul libro di Tobia, un testo sapienziale ed allegorico tra i meno conosciuti, ma non per questo meno ricchi, dell'Antico Testamento, ed è guidata dal testo di don Luca Mazzinghi "Tobia: il cammino della coppia", edito da Qiqajon. Il percorso si muoverà dunque su tre piani: la lettura attenta del testo biblico, la riflessione e la IL VANGELO in casa tutti impegnati nella lettura del Vangelo di Luca crescita spirituale individuale, e lo scambio sincero e dialogante col proprio coniuge e con le altre coppie. Al primo incontro di presentazione del progetto e di conoscenza, svoltosi lo scorso 4 novembre, hanno partecipato nove coppie. Per le coppie con bambini, è stato allestito anche un servizio di babysitting. Si è inoltre decisa una cadenza mensile degli incontri: dunque, il prossimo incontro è previsto il 9 dicembre prossimo. Tutte le giovani coppie della nostra comunità sono invitate ad unirsi a questa bella esperienza di fede! Partiamo insieme! Taizé, a Roma 50mila giovani Dal 28 dicembre 2012 al 2 gennaio 2013 Roma accoglierà un gran numero di giovani da tutta Europa per partecipare all’incontro ecumenico organizzato dalla Comunità di Taizé. Stiamo formando un gruppo Scout AGESCI (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani) Hai figli tra gli 8 e i 12 anni, con una gran voglia di giocare e scoprire la vita dei boschi? Sei un ragazzo dai 13 ai 17 anni desideroso di nuove avventure nella natura? Hai dai 18 ai 21 anni e vuoi vivere intense esperienze di volontariato e scouting? Sei un Capo Scout o aspirante tale? Per informazioni: · Alice Fabbro · Nicolò Biancacci [email protected] [email protected] tel. +41 76 237 20 33 tel. +41 76 709 84 18 Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 9 vi t a d i c o m u n i t à Il 29 ottobre scorso si è svolto nella Comunità di lingua spagnola l’incontro dell’Unità pastorale multilinguistica. Dopo un momento di preghiera, ricordando il beato Giovanni Battista Scalabrini, i presidenti delle tre Missioni linguistiche e dell’Unità Pastorale, hanno riferito sull’attività e le proposte in atto. In questo numero presentiamo una sintesi di due relazioni. 10 Comunità di lingua italiana L’Unità pastorale multiculturale ➧La lettura e la meditazione del Vangelo di Luca sarà uno dei temi centrali delle attività di tutti i gruppi della Missione ➧L'anno catechistico si è aperto all'inizio del mese di ottobre; ai genitori verrà proposta la lettura in famiglia del Vangelo di Luca. ➧L’attività giovanile prende un grande spazio e interesse nella comunità: -il gruppo degli adolescenti dai 15 ai 18 anni, conosciuto con il nome di “Cuori Aperti"; -il gruppo dei giovani dai 18 ai 24 anni, co nosciuto anche come "Mistica e Mastica"; -il gruppo degli adulti dai 25 anni in su quest’anno punta sul tema della Fede e del discernimento. ➧Sono già confermati i Ritiri di Avvento e Quaresima. ➧Nasce un nuovo cammino di fede per giovani coppie. Il progetto si muoverà, a partire dal mese di novembre, su un testo-traccia basato sul libro di Tobia. ➧Il gruppo delle Volontarie Vincenziane continua ad offrire un aiuto concreto sia per casi singoli a Ginevra, sia per progetti internazionali. In conclusione, il futuro prossimo ci pone davanti una sfida difficile, ma affascinante: tracciare, alla luce delle mutate condizioni sociali ed organizzative, il futuro delle nostre attività, garantendo un'"osmosi" tra le varie comunità, favorita dalla supervisione del Consiglio dell'Unità Pastorale. (Salvatore Di Guida) Avendo ricevuto questo incarico da pochi mesi, sto imparando a conoscere le particolarità delle tre Missioni. Pensando ai gruppi giovanili, che conosco meglio, metto in evidenza alcune caratteristiche. ➧La comunità italiana è di terza o quarta generazione, ma c’è anche un nucleo di giovani della prima emigrazione che trovano a Ginevra un luo go di lavoro particolare: Organismi internazio nali, Multinazionali, ecc. ➧La comunità di lingua portoghese conta molti giovani e numerosi catechisti, la maggioranza della seconda generazione. ➧La comunità ispanofona si contraddistingue per il grande numero di gruppi etnici, ciascuno con una propria cultura e caratterizzati da forme diverse della religiosità popolare. ➧Da ricordare un incontro con P. Francesco Buttazzo nell’ambito della proposta vocazionale per i giovani e per le comunità. ➧Una forte esperienza che ha coinvolto le tre missioni è stata la preparazione dei Cresimandi adulti che ha visto le tre corali riunite per preparare i canti in diverse lingue. La diversità è una ricchezza, ma ci vuole una certa prudenza per proporre le attività in comune. Rimaniamo comunque in ascolto di altre proposte, che possano essere occasione d’incontro fra le tre comunità, nel rispetto delle rispettive differenze. (Giuseppe Lo Presti) Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 catechismo Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 11 un Movimento “Quarto Mondo” Il Movimento ATD Quarto Mondo (Agire in tutta dignità, in francese: ATD Quart Monde) è stato creato nel 1957 dal sacerdote Joseph Wresinski per aiutare le famiglie con cui viveva in un campo di Noisy-le-Grand fondato dall’Abbé Pierre alla periferia di Parigi. Presente in una trentina di Paesi, ATD lavora sia sostenendo le famiglie nel loro impegno di crescita (senza distribuire soldi), sia promuovendo i propri principi a livello nazionale e internazionale. Tapori è un movimento di bambini, tra 7 e 13 anni, legati da 12 Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 una grande corrente d’amicizia e solidarietà, in tutti i Paesi e in tutti i ceti sociali. ATD Quart Monde ha per obiettivo l’eliminazione dell’estrema povertà a partire da un chiaro principio fondante: far conoscere e rispettare i diritti dei bambini e dar loro la possibilità di agire e di vivere nella pace. Questo scopo può essere raggiunto soltanto se ogni cittadino, povero o meno, non importa il ceto sociale o la sua confessione religiosa, s’impegna a cambiare la propria mentalità, frenare i meccanismi dell’esclusione, lottare contro la grande povertà e promuovere il rispetto dei diritti dell’uomo. (sito: www.atd-quartmonde.org). È una Organizzazione Non Governativa che ha lo statuto consultivo presso l’ECOSOC (United Nation Economic and Social Council), l’UNESCO, l’UNICEF, il BIT e il Consiglio dell’Europa. Oggi migliaia di bambini tra i 7 e i 13 anni di tutti i continenti sono in relazione tra loro tramite la Lettera Tapori, che ogni mese invia notizie, in varie lingue, d’altri ragazzi e ragazze che in Europa, in Africa, in America e in Asia trovano modi diversi per non lasciare nessun bambino in disparte, solo e senza amici. La Lettera serve da forum per costruire l’Amicizia e la Pace (vedi sito: www.tapori.org). Per mettere in relazione bambini di tutto il mondo intorno a un progetto comune, ogni anno lanciamo una Campagna Tapori. Il contenuto delle campagne è presentato all’ONU ogni anno il 17 ottobre in occasione della “Giornata mondiale per l’éliminazione della miseria”. Quest’anno abbiamo lanciato la campagna 2012-2013: ”Tutti costruttori di Pace”. Ognuno può essere costruttore di pace. È quello che abbiamo voluto scoprire con i bambini. con la proposta di fabbricare un elemento di questa costruzione: il Cubo della pace. Messaggi dei ragazzi Tapori Breve storia Il nome "Tapori" è stato scelto in segno di solidarietà con i bambini più poveri. Père Joseph, fondatore di ATD Quart Monde, era cresciuto nella povertà. Durante uno dei suoi viaggi in India incontrò bambini vagabondi che vivevano nelle strade di Bombay: erano chiamati “TAPOORI” (POOR, da povero). Questi bambini raccoglievano sui treni i resti di cibo lasciati dai viaggiatori e poi si radunavano per condividerli in modo che ciascuno avesse qualcosa da mangiare. Al ritorno in Francia Wresinski scelse come linea d’azione “Nous voulons que tous les enfants aient les mêmes chances” e cominciò a scrivere lettere personali a bambini in difficoltà, in cui ripeteva: “Voi siete come i Tapori, quando - da quasi nulla - cercate di costruire un mondo di amicizia, nel quale non ci sarà più la miseria.” Iris Amaldi ” ” ” ” ” On ne peut pas avoir la paix alors qu'on e st toujours t riste en étant mis de côté. C'e st dur quand on ne t'approche pas ou quand on vous tourne le dos, quand on refuse la main tendue. Thaddé, della Républica Democratica del Congo La paix c’e st quand chaque personne dans le monde acceptera l’aut re comme il e st. C’e st la cohabitation sur une seule terre sans aucune gêne, c’e st quand toute personne sera en égalité avec son prochain. Elie, del Libano Je sens que je const ruis la paix quand je suis uni avec me s amis. Pour la const ruire là où je vis, il faudrait que le s uns e t le s aut re s se pardonnent. Lorraine, 14 ans, Côte d’Ivoire Pour const ruire la paix pour tous, là où je vis, il faudrait un parc de vant la maison pour que l’on joue e t partage de s bons moments ensemble. Célia, 11 ans, Lausanne, Suisse Tous le s jours nous voulons la paix. La solidarité donne la force de bien faire l’amitié. L’amitié nous conduit dans la paix e t la paix fait disparaît re la misère. Saleh, della Republica Democratica del Congo Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 13 mondo scalabriniano CONGREGAZIONE DEI MISSIONARI DI S. CARLO BORROMEO di Graziano Tassello SCALABRINIANI: 125 ANNI La congregazione religiosa dei Missionari di S. Carlo, conosciuti come Scalabriniani, fu fondata dal beato Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di Piacenza, il 28 novembre 1887, con lo scopo "di provvedere all'assistenza specialmente spirituale degli italiani emigrati, massime nelle Americhe". Scalabrini, "per compiere - com'egli stesso si esprime - i suoi doveri episcopali verso tanti infelici" anche al di là dei confini della propria diocesi, fra tante altre iniziative, organizza laici volonterosi nella "Società S. Raffaele", attiva soprattutto nei porti d'imbarco e di sbarco. Ma accanto ai laici, egli vuole un gruppo di missionari. Inviando i suoi missionari nelle Americhe, mons. Scalabrini vuole preservare la fede degli emigranti, anche rispettando e privilegiando le loro tradizioni linguistiche, culturali e religiose affinché la pratica religiosa potesse esprimersi nella maniera loro più consona. Un amore a tutto campo L’amore dei missionari per i migranti è un amore a tutto campo. I religiosi non pensano solo all’ambito religioso. A contatto con lo sfruttamento e la miseria a cui sono condannati a vivere gli emigrati, i missionari sono spesso gli unici ad intervenire in un deserto fatto di silenzio e di disinteresse, per cui Scalabrini può affermare: “Dovunque sorgono chiese, conventi, scuole cristiane, orfanotrofi, ospedali. L’azione benefica della Croce di Cristo consola gli emigrati e li incoraggia, mantenendo fermi i loro principii religiosi e preservandoli dai pericoli della corruzione e dell’apostasia…” (L’emigrazione italiana in America, Piacenza, 1887). 14 Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 A Genova padre Maldotti combatte contro la malavita locale che sfrutta gli emigranti in attesa di imbarco. A Ellis Island padre Morelli gestisce la “San Raffaele”, consigliando i nuovi arrivati su come difendersi dagli sfruttatori. E sulla tolda di una nave, dove i decessi per malattia erano un evento ordinario, di fronte ad un genitore disperato per la morte della moglie che lo lascia con due figlioletti, P. Giuseppe Marchetti si commuove e promette di fondare un orfanotrofio per prendersi cura di quegli orfani. E mantiene la promessa. Dopo il linciaggio di alcuni italiani a New Orleans nel 1891 - il grave episodio aveva suscitato la sdegnata quanto inutile reazione del governo italiano che aveva minacciato di mandare le sue cannoniere per fare giustizia - è padre Giacomo Gambera a consolare le famiglie e a cercare di sollevarle dalla umiliazione e dalla disperazione. In America e in Europa La morte prematura del Fondatore, che nel 1901 e nel 1904 aveva visitato i suoi missionari negli USA e in Brasile, aveva impedito al vescovo piacentino di affinare le strutture organizzative della nuova congregazione. Durante la prima guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra, la giovane congregazione subisce gravi contraccolpi. La scarsità di missionari induce la direzione a reclutare sacerdoti italiani che si aggregano solo per alcuni anni alla congregazione, mentre la Santa Sede si dice convinta che il fenomeno migratorio sarebbe cessato del tutto, venendo così meno lo scopo per cui era sorta una nuova congregazione religiosa nella chiesa. Ma, grazie anche all’entusiasmo di alcuni giovani chierici, la congregazione conosce una nuova stagione di vitalità. La reintroduzione dei voti religiosi si accompagna ad una consistente fioritura vocazionale. Sorgono nuovi seminari in Brasile e negli USA e l’Europa diventa un altro campo di azione missionaria scalabriniana. Durante la seconda guerra mondiale in Germania i missionari, che avevano seguito gli italiani emigrati stagionali come cappellani del lavoro, visitano gli internati italiani per portare loro conforto. A Ginevra i missionari scalabriniani coinvolgono la comunità italiana già esistente nell’assistenza a rifugiati e sfollati in fuga dall’Italia. Dopo la seconda guerra riprende l’emigrazione. Nel 1946 arrivano in Belgio i primi minatori italiani. P. Giacomo Sartori ed altri missionari iniziano una campagna in difesa dei diritti di questi lavoratori. Nella tragedia di Marcinelle verificatasi l’8 agosto 1956, come in altre tragedie minerarie (ricordiamo l’opera dello scalabriniano Giuseppe D’Andrea nell’assistere le famiglie delle vittime della tragedia mineraria di Monongah nel West Virgina avvenuta il 6 dicembre 1907, una delle più gravi tragedie minerarie della storia) sono i missionari a consolare le famiglie delle vittime e a dare conforto ad una comunità affranta. In Svizzera P. Giovanni Favero è confrontato con un boom migratorio senza precedenti e riesce a convincere la chiesa locale ad erigere nuove missioni cattoliche italiane nella Confederazione elvetica. In Argentina alcuni missionari vengono incarcerati durante la rivoluzione peronista. Come risposta costruiscono a Buenos Aires il Santuario “Madonna dei Migranti” nel quartiere della Boca con accanto una scuola professionale, sostenuti dall’ing. Sallustri, successivamente trucidato dai terroristi. Nel secondo dopoguerra si erano diretti negli Stati Uniti moltissimi emigrati. Ma rimaneva irrisolto il grave problema dei ricongiungimenti familiari. P. Cesare Donanzan fonda l’ACIM con lo scopo di far modificare la legge americana sull’immigrazione, riuscendo nel suo intento nel 1965. Per gli emigrati anziani, i religiosi scalabriniani costruiscono case e villaggi a Parigi, Los Angeles, Ginevra, Washington, Providence, Montevideo, Sydney, Melbourne e Londra. I nuovi flussi migratori verso il Venezuela, il Canada, l’Australia vedono i missionari impegnati in prima linea ad offrire ai nuovi arrivati ogni tipo di assistenza. Presenti sopratutto nelle grandi città, i missionari mantengono vivi i contatti anche con gli italiani che lavorano nelle aree più lontane attraverso visite, missioni volanti annuali e celebrazioni di festività che diventano momenti forti di aggregazione religiosa o ricupero della fede. Sotto la spinta dei chierici negli USA e in Brasile e confrontata con l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, la congregazione scalabriniana, cosciente dell'evolversi del fenomeno migratorio a livello mondiale e pronta a cogliervi i segni dei tempi - facendo leva anche sulla visione universalistica del Fondatore -, riconosce nel proprio carisma un dono di Dio per i migranti di tutte le etnie, aprendosi a sempre nuove nazionalità. Si aprono altri se- minari. L’Australia diviene la pedana di lancio per le aperture in Asia dove sorgono nuove comunità nelle Filippine, a Taiwan, in Giappone, in Indonesia, in Viet Nam. Il continente africano vede gli scalabriniani presenti in Sud Africa e in Mozambico. Apertura a tutte le etnie Oggi i missionari di S. Carlo abbracciano la complessa varietà del fenomeno emigratorio assistendo migranti, rifugiati, marittimi, sfollati nei modi più svariati. Possiamo trovarli nei quartieri delle grandi città dei Paesi del benessere, dove i grattacieli si affiancano a sacche di povertà in apparenza invisibili agli occhi distratti delle persone rinchiuse nel loro benessere, o li possiamo trovare con i migranti cattolici nei Paesi del Golfo a predicarvi delle missioni per mantenere viva la loro fede. Oppure li osserviamo muoversi ai crocevia e alle frontiere tra Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo, sulla terra di nessuno, dove pregano e curano quanti quotidianamente intraprendono il pellegrinaggio della speranza, affamati di pane e vangelo, nonostante sconfitte, illegalità e sogni infranti. La congregazione è consapevole che tocca alle chiese e alle società di partenza e di arrivo la responsabilità diretta di questa fetta di umanità in cammino. I missionari si prefiggono solamente di offrire delle testimonianze pastorali esemplari sostenendo la fede di quanti, a contatto con le difficoltà del vivere in emigrazione, possono essere tentati di dimenticare Dio per correre affannosamente verso l'opulenza che sfocia nella delusione e nella indifferenza religiosa. I religiosi affiancano il lavoro nella pastorale immediata svolta solitamente in parrocchie, missioni linguistiche, cappellanie, unità pastorali, con un rilevante impegno nell’ambito della carità culturale (mezzi di comunicazione sociale e centri di studio e di ricerca). Oppure si inseriscono in alcune posizioni dove si elaborano nuovi piani pastorali o dove si ipotizzano o si monitorizzano nuove politiche migratorie. La necessità di sensibilizzare soprattutto le giovani generazioni sulle sfide migratorie ha favorito la moltiplicazione di sussidi formativi, liturgici e musicali incentrati sul tema della mobilità. Per garantire maggiore coordinamento e più incisività a livello sociopolitico è stata creata una rete che incorpora tutte le opere sociali della congregazione (Scalabrini International Migration Network SIMN) ed una agenzia scalabriniana per la cooperazione e lo sviluppo (ASCS), che porta avanti progetti a favore dei paesi poveri del mondo. Nel 2000 è sorto a Roma lo Scalabrini International Migration Institute (SIMI), un istituto accademico internazionale, incorporato presso la Pontificia Università Urbaniana, dove si formano specialisti nel campo delle migrazioni. Le sfide future Viene spontaneo chiedersi che cosa tenga uniti nella comunione i membri di una famiglia religiosa le cui storie di vita li vede impegnati in posizioni assai diversificate tra di loro, con stili di vita in apparenza eterogenei, provenienti da tante nazionalità, culture e lingue assai dissimili tra di loro. Queste diversità li obbligano a sperimentare all’interno della congregazione stessa la sfida e la provvidenzialità dell'incontro di popoli e culture prima ancora che nella società in cui agiscono come strumenti di dialogo e di unità, anticipando con la loro vita e il loro apostolato in una umanità bagnata dal sangue di scontri ed avvilita per la mancanza di fratellanza e di condivisione, il piano di Dio, “così che la terra diventi luogo di fratellanza, di condivisione e di gratuità, anticipo di quel banchetto nel Regno, dove nessuno è escluso e tutti sono chiamati per nome dal Padre” (Traditio Scalabriniana). Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 15 pagina della bibbia NATALE: UNA STORIA DI DONNE Le statistiche non sono tutto, ma non è certamente privo di significato un dato di cui non ci rendiamo forse sempre conto leggendo il racconto della nascita di Gesù (e di un episodio della sua infanzia) contenuto nei primi due capitoli del vangelo di Luca, che ci accompagnerà in questo anno liturgico. In questi due capitoli, il nome del padre di Gesù, Giuseppe, compare in tutto tre volte. E per di più, di questi tre casi, uno solo è quello in cui è nominato in maniera indipendente e compie egli stesso un’azione. Giuseppe sullo sfondo Si tratta di 2,4: in occasione del censimento di Augusto, "Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa". Qui non c’erano alternative: la registrazione avviene sulla base del luogo d’origine del padre, e d’altra parte era Giuseppe che, in quanto padre di famiglia, doveva organizzare lo spostamento. In altri termini, Giuseppe compie un’azione autonoma, nel racconto di Luca, solo là dove non era possibile altro, e si tratta di un’azione in primo luogo "profana", che riguarda i rapporti tra le persone e le istituzioni terrene, anche se il risultato sarà importantissimo per la storia dei rapporti tra le persone e Dio: infatti, questa circostanza porterà Gesù a nascere a Betlemme, il villaggio dove doveva vedere la luce il messia. di Dio "... l’onnipotenza zo si rivela in mez " a. alla fragilità uman Delle altre due volte in cui è nominato, la prima (1,27) lo è come fidanzato di Maria, in un episodio decisivo di cui è lei la protagonista assoluta ; la seconda (2,16) è quando i pastori, andati alla mangiatoia dopo l’annuncio degli angeli, "trovarono Maria e Giuseppe e il bambino". Diversamente da quel che ci si sarebbe aspettato in una "normale" lista dei membri di una famiglia, il nome della moglie viene prima di quello del marito. E subito dopo (2,19) l’evangelista aggiunge che Maria serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. 16 Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 Per molto, troppo tempo, sono stati gli uomini a elaborare la memoria: a stabilire quali fatti fossero importanti e dovessero essere ricordati, e anche come dovevano esserlo. Qui, Luca sta dicendo al suo lettore che la memoria più autentica della nascita di Gesù, cioè dell’inizio dell’evento più importante di tutta la storia del mondo, è quella affidata a una donna. Maria in primo piano Negli stessi due capitoli, Maria è nominata dodici volte. Le prime quattro nell’episodio dell’annunciazione (1,26-38), di cui è l’unica attrice, insieme con l’angelo, cioè insieme con la voce di Dio stesso. Conosciamo bene questo racconto, ma vale la pena di meravigliarci ancora una volta del fatto che qui Maria prende da sola una decisione che non solo cambia la storia universale, ma prima di tutto sconvolge le prospettive di quella che stava per diventare una buona famiglia come tante altre. E questo in un ambiente in cui ogni decisione relativa alla famiglia doveva essere presa esclusivamente dall’uomo! Eppure, Maria non chiede una pausa di riflessione, non prega l’angelo di ripassare quando ci sarà Giuseppe, o almeno quando ne avrà parlato con lui. Il momento di scegliere è quello, e la persona cui è richiesto di scegliere è lei. La sua scelta sembra passiva, in quanto accetta che le avvenga ciò che altri ha deciso per lei; ma in realtà questa accettazione esigerà che lei affronti positivamente una vita diversa da quella che senza dubbio si aspettava: e presto ci penserà Simeone (2,35) a ricordare a noi lettori di quanto coraggio Maria avrà bisogno. Segue immediatamente un altro episodio in cui pure Maria è nominata quattro volte, quello della visita a Elisabetta (1,39-56); Maria entra "nella casa di Zaccaria", ma Luca racconta solo le donne. Due voci profetiche: Elisabetta riconosce in Maria la madre del suo Signore, e Maria scioglie a Dio un inno tra i più famosi di tutte le letteratu- di Enrico Norelli re, quel Magnificat in cui tutte le azioni potenti di Dio attraverso la storia, evocate con parole tratte dalle Scritture d’Israele, vengono a culminare in ciò che Dio ha fatto in lei, nella piccola vita che questa ragazza come tante porta in grembo. Alle soglie del vangelo, Luca annunzia il nucleo del vangelo: l’onnipotenza di Dio si rivela in mezzo alla fragilità umana. La Bibbia designa come profetesse Maria, sorella di Mosè, e Debora, che innalzarono canti alla potenza di Dio (Esodo 15,21; Giudici 5,2-21). Luca ha voluto suggerire che il canto di Maria di Nazaret è anch’esso profetico, in quanto coglie quel che Dio sta operando per la salvezza del suo popolo. Ma questa volta non ci sono guerrieri annegati a frotte, né un principe nemico ucciso dal piolo che una donna intrepida gli ha piantato nella tempia: ci sono due fragili donne sposate che proteggono con i propri corpi due bimbi ancora non nati, entrambi destinati a morte violenta e all’apparente fallimento. Mi viene in mente l’iconografia tradizionale della Visitazione, quella che si trova nelle icone bizantine e che ha ispirato ad esempio Giotto: l’arco di cerchio formato dalle braccia delle due donne che si salutano è il ponte che unisce una storia che termina, quella dell’Antico Testamento che si chiude con Giovanni Battista, e una storia che comincia, quella del Nuovo Testamento che si apre con Gesù. Nel racconto evangelico esistente prima di Luca, questo ponte era in certo modo raffigurato dall’acqua in cui Giovanni, adulto, immergeva Gesù, adulto, nel battezzarlo. Luca ha separato Giovanni da Gesù in tale circostanza, raccontando, con apparente stranezza, il battesimo di Gesù dopo l’imprigionamento di Giovanni (3,19-22). Mi chiedo se questa scelta sorprendente non si capisca meglio anche pensando che questo evangelista ha voluto spostare questo contatto tra le due epoche a prima ancora della nascita dei due personaggi, affidandolo all’abbraccio delle loro rispettive mamme. Certamente, raccontando Natale essenzialmente come una storia di donne in un mondo dominato dal potere spesso violento degli uomini, ha inteso aiutare noi lettori a capire che Dio si rivela tra di noi là dove, come in Lui stesso, la forza estrema e l’estrema dolcezza coincidono e solo così possono cambiare il mondo. un libro per voi BRUNO FORTE: "PERCHÉ IL VANGELO PUÒ SALVARE L'ITALIA" Cosa c’entra il Vangelo con l’Italia? Bruno Forte, 63 anni, vescovo di Chieti (Abruzzo), ci porta il suo punto di vista: l’Italia vive una grave crisi, economica, politica, civile ... ma la cui dimensione peggiore è quella dell’anima. Possiamo fermare questa crisi, ispirandoci al Vangelo, vivendo come ci suggerisce il Vangelo. Ma il tono impiegato da Bruno Forte nel libro, non è tanto quello dell’insegnamento o del dispensatore pacioso e bonario di sani consigli. Il tono è quello della sfida. Perché la crisi è grave e il cambiamento urgente. A volte le copertine scelte per presentare il libro aiutano a capire le intenzioni dell’autore. La copertina di questo libro è sobria, di colore bianco pallido con il titolo scritto grande in grigio scuro e ... rosso fuoco. A me ha ricordato un “rosso-sangue”. Senza cadere nella facile retorica, questo colore “rosso sangue” sembra confermare il messaggio delle pagine iniziali: questa crisi non è un incidente di percorso: il comportamento allucinante di certi personaggi politici, gli sprechi, i furti e la corruzione, l’ottimismo di facciata di fronte a chi soffre ... fanno arrabbiare, si direbbe nelle buone famiglie, ma più sinceramente: chiamano giustizia e gridano vendetta. La situazione della Grecia è per noi Italiani istruttiva : la violenza di massa non è lontana. La sopportazione della tanta gente normale che ha prima subito i furti della corruzione e deve ora reggere gran parte del peso del rigore finanziario, arriva al limite. L’esplosione della rivolta può venire dalla violenza nelle piazze o dal ricorso al capo carismatico, “salvatore della patria” di stampo totalitario, sia esso di destra o sinistra poco importa. La violenza e la brutalità in questo secondo caso, non saranno forse più nelle piazze, ma nelle istituzioni stesse. Il cambiamento quindi, ci suggerisce Forte, non è una questione di “... gettarsi nella mischia per servire il bene comune e fare di quest’Italia ferita un Paese più giusto, libero e sereno per tutti". eleganza morale, è una questione di vita, di non-decadenza, di sopravvivenza del nostro stare insieme. In una prima parte introduttiva l’autore affronta direttamente il ruolo politico, economico, civile del cittadino. Dice come dovrebbe essere un amministratore pubblico. Propone criteri chiari e concreti per la nostra vita civile e soprattutto per chi decide di “gettarsi nella mischia per servire il bene comune e fare di quest’Italia ferita un Paese più giusto, libero e sereno per tutti". Il pensiero poi si fa più filosofico e infine religioso e spirituale. In questa seconda parte Bruno Forte cerca di andare alle radici della crisi che appunto identifica prima di tutto come una crisi dell’anima. Ricordando gli scritti di Sant’Agostino identifica questo travaglio con l’opposizione tra vanitas e veritas, la vanità e la verità. Spiega la vanità come “il primato dell’apparenza, il trionfo della maschera che copre interessi egoistici dietro proclamazioni di intenti altisonanti ... fa apprezzare il perbenismo di facciata, in grado di nascondere il reale gioco di interessi”. Il primato della verità invece esige una prassi politica e amministrativa ispirata alla ricerca disinteressata del bene comune, ... capace anche di dire dei “no” se necessario, per fare ciò che è giusto. Il lettore non si può certo rilassare leggendo alcuni esempi portati da Forte, tra gli altri: Alcide De Gasperi, di cui Montanelli scriveva che “aveva il complesso del martirio” e Thomas Moore morto martire. Per essere cittadini onesti bisogna forse essere masochisti? Vale la pena essere onesti, “veri”, quando il successo sembra stare dalla parte della vanità e la falsità? Bruno Forte non la mette sul drammatico, non tutti hanno lo stomaco del martire e si può essere onesti e ... normali. Però bisogna essere pronti a pagare il prezzo delle proprie convinzioni. E la società italiana ha urgente bisogno di persone capaci di assumere l’impegno del servizio agli altri, per il bene comune. Per trovare questo coraggio e il senso di questo impegno, l’autore ci porta sul piano religioso, della scelta cristiana, attraverso molti esempi, tra i quali una bella pagina sulla figura dei magi, pellegrini nella notte, viaggiatori al tempo stesso audaci e prudenti, in cerca di senso per la loro vita, illuminati soltanto da una lontana stella. G. Gambaro Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 17 in t e r v i s t a ORIZZONTI ATTUALI DELLA MOBILITÀ UMANA Mons. Tomasi dal 2003 è Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e le Organizzazioni Internazionali a Ginevra. In questa sua delicata e importante missione ecclesiale, che lo porta a rendere presente alla comunità internazionale la posizione della chiesa cattolica su molte delicate questioni come il rispetto dei diritti umani, la libertà religiosa, il disarmo, Mons. Tomasi segue anche l’evoluzione a livello globale delle migrazioni e delle politiche in questa materia. Gli abbiamo chiesto alcune indicazioni sui futuri scenari del mondo migratorio. Le attuali migrazioni nel mondo sono un fenomeno molto complesso. C’è chi emigra regolarmente e chi è costretto alla clandestinità. Nel prossimo futuro, quali saranno le principali caratteristiche delle migrazioni? Il mondo sta evolvendo verso un’interdipendenza crescente. Le migrazioni stanno assumendo una varietà di volti e le possiamo classificare lungo una traiettoria che va dal turista al rifugiato che scappa per salvare la sua vita. Gruppi molto diversi di persone si muovono dal Paese in cui sono nate verso un altro, dove trovano lavoro, sicurezza, soddisfazione personale, possibilità di carriera. Tutte costoro si devono confrontare con un contesto sociale differente, stabilire dei rapporti professionali e umani con la gente del posto, cominciare un cammino di integrazione. Il primo passo quindi è un atteggiamento di appoggio verso i nuovi arrivati. I dati a livello mondiale - 215 milioni di migranti internazionali e 750 di migranti interni - rivelano la dimensione strutturale delle migrazioni nelle società moderne. Tuttavia, le politiche migratorie in molti Paesi presentano una contraddizione profonda: la necessità di mano d’opera straniera, nonostante la crisi economica, e il rigetto sociale che spesso domina la retorica delle campagne elettorali e la stampa nazionalista. Ma il movimento di gente continuerà anche in futuro, per cui i responsabili politici e religiosi dovrebbero preparare il terreno per una convivenza serena nel rispetto dei diritti di tutti e facilitare attraverso leggi più adatte l’inevitabile movimento di persone. Quali sono e saranno i maggiori Paesi di partenza e i principali poli di attrazione delle migrazioni? Se la storia insegna, saranno i Paesi dove la povertà, la violazione dei diritti umani, i conflitti violenti persistono, a inviare all’estero i loro cittadini. 18 Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 Basta guardare alle decine di migliaia di profughi che lasciano la Siria in questi giorni sotto la minaccia dei bombardamenti e delle rappresaglie etniche e religiose. Le regioni dove le persone sono forzate ad emigrare sono contraddistinte dall’estrema povertà, dai drastici cambiamenti climatici come nel Sahel, dalla violenza endemica come in alcune zone dell’Africa. L’economia moderna, d’altra parte, esige una certa mobilità di manager, tecnici, ricercatori. Accordi multilaterali facilitano lo scambio di studenti. Ci confrontiamo con tutta una serie di possibilità che sostengono il movimento di persone anche tra Paesi sviluppati. Per esempio, negli Stati Uniti d’America e in Australia studiano centinaia di migliaia di giovani stranieri. Le migrazioni sono, quindi, parte integrante della globalizzazione. Come favorirne gli aspetti positivi per i migranti, i Paesi di partenza e di arrivo? Certo, la mobilità umana è un dato di fatto. Lo sforzo che la comunità internazionale deve fare è di rendere le migrazioni una scelta e non una necessità. Perciò l’attività per lo sviluppo, la facilitazione del commercio per i Paesi più poveri, la ricerca per soluzioni pacifiche ai conflitti sono tutte misure che vanno nella direzione giusta. Gli studi sugli effetti delle migrazioni hanno ormai documentato il fatto che, a lungo andare, esse sono un beneficio per i migranti e per i Paesi di origine e di arrivo. Occorre quindi lavorare perché l’impatto iniziale dell’incontro di persone e gruppi portatori di culture e di religioni diverse non sia uno scontro ma la scoperta di nuovi contributi, uno scambio arricchente. La gestione delle differenze è sicuramente una sfida. Ma abbiamo delle risorse per farlo, specialmente se, oltre a sottolineare i benefici economici che derivano dall’accoglienza dei migranti, allarghiamo l’orizzonte e riscopriamo la fraternità cristiana, che pur nel mondo secolarizzato di oggi rimane un fermento di profonda trasformazione sociale e di creatività. Si parla spesso di frontiere. Le frontiere possono essere luogo d’incontro, ma anche di sofferenza e di morte. È opportuno ipotizzare la nascita di un mondo senza frontiere? Qual è il ruolo dello stato nazionale in un fenomeno che di per sé è transnazionale? Le frontiere sono rimaste il simbolo più evidente delle divisioni e della protezione di interessi particolari. La sovranità di uno stato non può essere così assoluta da utilizzare le frontiere per bloccare la libertà dei suoi cittadini a muoversi e per impedire a persone in necessità di cercare rifugio. Il bene comune implica, oltre al bene dei cittadini di una nazione, anche quello di tutta la famiglia umana. La dottrina sociale della chiesa riconosce l’obbligo di uno stato di accogliere persone in cerca di protezione e di una vita più degna, pur nei limiti delle sue possibilità concrete. Sarebbe utile se anche il diritto internazionale giungesse a formulare il diritto di immigrare, naturalmente prendendo in considerazione la realtà e le condizioni specifiche di un dato Paese. Come riporta la stampa internazionale, frequenti sono le tragedie che si consumano alle frontiere con migliaia di migranti morti ogni anno. Penso ai confini tra Messico e Stati Uniti, tra il Nord Africa e l’Italia e la Spagna, tra la Somalia e lo Yemen, tra l’Indonesia e l’Australia. Alle Nazioni Unite è cominciata la discussione su una possibile governance globale della mobilità umana. È scontato ormai che uno stato da solo non possa gestire un fenomeno che di natura sua coinvolge altre nazioni. Ma rimane anche vero che per la sua sensibilità "... preparare il terreno per una convivenza serena nel rispetto dei diritti di tutti ..." politica ogni stato è ancora riluttante a perdere anche parte del controllo su chi entra nel suo territorio. Attualmente le popolazioni locali di molti Paesi hanno atteggiamenti di paura nei confronti dell’immigrazione, un fenomeno che trasforma le società dal punto di vista culturale, sociale, religioso. I nuovi arrivati in un Paese introducono certo dei cambiamenti e ciò suscita apprensione perché non si vede chiaro dove il processo conduce. Inoltre c’è una certa resistenza istintiva al cambiamento, che non si può sottovalutare. Per esempio le migrazioni negli Stati Uniti stanno dando un nuovo volto al Paese con la popolazione di origine africana, latino-americana e dal Pacifico che sta sorpassando quella di origine europea. L’Italia, che da Paese di emigrazione è diventato Paese di immigrazione, con i nuovi arrivi si confronta con un inedito pluralismo religioso: 660 mila cristiani evangelici (di cui 250 mila immigrati), 900 mila cristiani ortodossi, un milione e 300 mila musulmani, 100 mila induisti, 25 mila sikh, etc. L’Unione Europea presenta statistiche simili. La convivenza e il governo di società pluraliste porta le democrazie ad interrogarsi su quali nuovi ordinamenti possano permettere di costruire il futuro rispettando la libertà di migranti e autoctoni e l’esigenza di coesione sociale. La tentazione di demonizzare l’altro è una scappatoia che non risolve niente. Occorre piuttosto cercare assieme ed accettare quei valori fondamentali che vengono dalla dignità di ogni persona e che devono costituire la base del diritto. Educazione e dialogo quindi sono la strada del futuro. Inoltre, grazie alla sua esperienza millenaria, la chiesa può dare il suo contributo annunciando una dimensione essenziale, quella della fraternità universale. L’ultimo Messaggio del Papa per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato era intitolato “Migrazioni e nuova evangelizzazione”. Anche autori appartenenti ad altre confessioni cristiane sottolineano il binomio tra missione e migrazioni. Come interpretare questo legame tra migrazioni ed evangelizzazione? Ho visto qualche mese fa che in Qatar tra gli immigrati, che formano quasi il 70% della popolazione, vi sono numerosi cattolici. Il venerdì - che è il giorno festivo in questo Paese - arrivano a migliaia alla Messa settimanale. Sono filippini, indiani, srilankesi, latino-americani. Il semplice fatto di poter partecipare alla liturgia diviene testimonianza di fede in un contesto completamente non-cristiano. I migranti cattolici possono essere evangelizzatori: lo sono stati storicamente e continuano ad esserlo oggi. Dovranno però trovare un ambiente dove i diritti umani fondamentali, come la libertà religiosa, sono rispettati ed essere accompagnati da sacerdoti e catechisti che con loro vivano la fede. La fede è come il fuoco: quando c’è, riscalda e illumina. L’altra faccia della medaglia riguarda il numero ingente di immigrati non cristiani arrivati nei Paesi di vecchia tradizione cristiana. Certo in questi Paesi occidentali, specialmente in Europa, il secolarismo e l’indifferenza, se non l’ostilità, verso il cristianesimo non aiutano. L’interrogativo che ci dobbiamo porre è se abbiamo il coraggio di testimoniare e in alcuni casi anche fare la proposta della fede ai nuovi arrivati, sempre nel totale rispetto della loro libertà. A cura di Luisa e delle missionarie secolari scalabriniane Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 19 te s t i m o n i TOGO UNA VACANZA DIVERSA D ecisi di fare la mia prima esperienza di volontariato in Togo lo scorso gennaio 2011. Ero in contatto con l´organizzazione umanitaria BICE (Bureau International Catholique de l´Enfance, www.bice.org), e avevamo stabilito che avrei fatto un´esperienza umanitaria a Lomé con i bimbi, accolti quotidianamente presso un centro ricreativo della BICE, e con i minori in carcere. Eppure, nonostante la decisione presa e il biglietto aereo acquistato, non riuscii a comunicare questa mia decisione a nessuno dei miei familiari ed amici se non poco tempo prima della mia partenza: sin dal primo momento avevo potuto sentire forte e chiaro dentro di me che quell´esperienza sarebbe stata una svolta nella mia vita e questa idea mi commuoveva così profondamente che non riuscivo a condividerla se non con “gli addetti ai lavori”. Perché avrei scelto il Togo e proprio la BICE?... di fatto, non avevo scelto nulla… tutto era arrivato da sé. 20 Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 A cosa sarei andata incontro? Cosa aspettarmi? Non lo sapevo. Sapevo solo che il viaggio in Togo era una chiamata ben chiara di Dio, una Sua risposta alle mie continue domande sul senso della mia vita, domande che pesantemente mi avevano per lungo tempo provato l´anima e il cervello. Quando arrivai in Togo nel Luglio 2011, a Lomé, volevo scapparmene solo dopo due giorni. Non avrei mai immaginato tanta sofferenza. Non vedevo l´ora di andarmene via, mi sentivo semplicemente un pesce fuor d´acqua e soprattutto inutile. Se qualcuno mi avesse detto che il Togo sarebbe diventato parte integrante della mia vita, non ci avrei mai creduto. Ed invece, dopo solo tre settimane trascorse a Lomé, mi ritrovai nel pieno delle attività a sostegno dei bambini: supporto per istruzione, cure mediche, visite agli orfanotrofi, nelle carceri… per cercare di entrare quanto più possibile nell´anima di quella città e delle sue persone e di ogni persona che soffriva e quindi di entrare in Gesù, che si incarna ogni volta in ogni nostro fratello che soffre. E poi la chiamata di Dio è andata oltre…e cosí, al termine del mio soggiorno, rientrai a Ginevra con una “figlia”, una bimba bellissima di 5 anni, Essevi Marie Aurore, che sostengo a distanza durante i periodi di lavoro, e di presenza durante le vacanze. E dopo le vacanze estive sono arrivate quelle natalizie, e così son tornata a Lomé ancora una volta…; e dopo le vacanze natalizie son tornate quelle estive del 2012. E così, il 30 agosto, sono partita di nuovo per Lomé, per vedere la mia bimba e ovviamente tutti gli altri. Quest'anno ho ricevuto il bellissimo dono di non essere andata più sola ma accompagnata dalla mia preziosa amica Annamaria. Ripenso all´anno scorso, alla vigilia della mia prima partenza: tanta emozione, un animo travagliato da più di un anno da turbamenti interiori e da domande senza risposta e un fortissimo senso di stare per compiere un'esperienza senza sapere il come e il fine. Ora dopo un anno, l'animo è colmo di serenità e pace, nonostante le incertezze della vita quotidiana, e il come e il fine credo di averli almeno “intuiti”: sono solo uno strumento nelle mani di Dio nostro Padre. È Lui che opera tramite me (e noi), non sono io che agisco ma è Lui che agisce tramite me e mi permette di compiere opere che non avrei mai neppure immaginato e ci permette di superare difficoltá per le quali non avrei neanche sperato una soluzione. Il come del mio vivere è semplicemente “come uno strumento docile” nelle mani di Chi mi ama e di Chi solo può donare pace e sollievo al mio animo travagliato e affranto. E se ho avuto momenti di crisi sul senso della mia vita e sul mio ruolo, è proprio Dio che li ha permessi per darmi quella spinta, violenta, coraggiosa e contraddittoriamente rabbiosa, che ha fatto annientare me stessa e il mio “ego” per rendermi disponibile a rimettermi totalmente alla Sua volontá, e a trovare Lui in pienezza. Quale sia il fine?... sembrerà strano, ma dopo la mia esperienza in Africa, non ho rinnegato affatto la mia vita qui a Ginevra, vita scandita dalla mia passione per il lavoro, da una forte ambizione nella mia vita professionale, e anche dal piacere di alcune gratificazioni materiali, ma queste non sono più il fine ma, di nuovo, sono “solo uno strumento”. Grazie al mio lavoro, imparo “forma mentis” e strategie che mi aiutano definitivamente anche nelle mie attivitá di volontariato in Africa. Grazie ai consigli di colleghi più esperti di me, imparo come affrontare meglio situazioni umane difficili in Africa. Grazie all´esperienza in Africa, ho apprezzato molto più nel profondo i privilegi del mio lavoro e della mia azienda e questo mi ha favorito un atteggiamento piú spontaneamente positivo e grintoso anche durante situazioni lavorative critiche e difficili. Cristiana Volontaria a Lomé 30 agosto 2012, in aeroporto, direzione Lomé: si sta finalmente concretizzando un grandissimo mio desiderio: partire per l’Africa non come semplice turista ma per una esperienza di volontariato. Dopo i tanti racconti della mia amica Cristiana circa la sua prima esperienza nell’estate dell’anno scorso, non ho riflettuto nemmeno un minuto quando lei ha domandato chi volesse accompagnarla quest’anno. E così mi son ritrovata catapultata in questa magnifica esperienza senza neanche accorgermene e forse anche con un briciolo di incoscienza. Come lei, ho aspettato a lungo prima di poter comunicare questa mia decisione alla mia famiglia, all’inizio scettica ma poi comprensiva. Arrivata là, tutto è stato così diverso da quanto avessi immaginato ma non pensavo minimamente di ritornare a Ginevra e di rimpiangere quanto vissuto laggiù. Ho svolto la mia esperienza di volontariato in una “Pouponnière” gestita dalle suore francescane: un orfanotrofio per bambini abbandonati alla nascita o orfani di genitori, da un mese a 4 anni. La maggior parte di questi bimbi viene poi adottata in Africa o all’estero. La prima settimana l’ho passata affiancando le due signore che dovevano accudire i 18 bebè da 1 a 7 mesi: dar loro il biberon, cambiare i pannetti, lavarli e metterli a dormire, seguendo ovviamente il ritmo dei neonati. La seconda settimana invece sono stata con i bimbi più grandi, da 1 anno e mezzo a 4 anni, giocando o svolgendo con loro attività educative. Non potrò mai dimenticare la gioia provata a tenere fra le braccia i bebè che ti guardano con i loro occhioni ed essere completamente assalita dai più grandi che ti ringraziano con tanti abbracci e tanti sorrisi per il tempo a loro dedicato. La mia esperienza umana a Lomé è stata arricchita anche dalla presenza e conoscenza di alcuni preti e seminaristi che si trovavano per brevi o lunghi periodi nella missione dove eravamo alloggiate. Anche tramite loro abbiamo conosciuto in maniera più profonda la cultura e le abitudini locali, spesso completamente diverse dalla nostre. Ciascuno di loro ci ha lasciato un piccolo ma unico insegnamento. Fra un impegno e l’altro siamo andate a trovare anche le suore Orsoline di Akaklou che ci hanno accolto magnificamente, facendoci visitare la loro casa dove impartiscono anche corsi di cucina e cucito per ragazze, che possono così ottenere un diploma riconosciuto a livello nazionale per la ricerca di un lavoro. E così i giorni son volati e ben presto mi son ritrovata sull’aereo per il ritorno in Europa. Sono ritornata a Ginevra e nonostante sia già passato un po’ di tempo dal mio rientro, ho vivi nella mia mente come nel mio cuore i ricordi e i volti di tutte le persone che ho incontrato in questa mia magnifica esperienza che mi ha arricchito a livello umano. Un ‘esperienza che avrà sicuramente un seguito l’anno prossimo. Annamaria Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 21 associazioni avis Nel settembre scorso, la sezione Avis Ginevra ha partecipato alla solenne manifestazione della sezione AVIS Savigliano, con la quale è gemellata da oltre 20 anni. Due giorni che hanno messo in rilievo la fraterna amicizia tra avisine e avisini divisi dalle Alpi. Tanti volti di donne e uomini lieti d’aver dato il proprio sangue per persone bisognose di questo dono. Due giornate ricche di valori umani, solidarietà ed amicizia. alpini Appuntamenti 2012: ·4 novembre al cimitero St Georges; ·11 novembre: parc Mon Repos ·sabato 24 novembre Festa di Natale a Corsier. Per informazioni e prenotazioni varie, rivolgersi a Antonio Strapazzon (tel. 022 343 31 54 o 079 434 82 12) o a Maddalena Fronda (tel. 079 209 33 22). Appuntamenti 2013: ·venerdi 18 gennaio, alle ore 18.30, presso la Cappella Italiana: S. Messa in commemorazione degli Alpini “andati avanti”. ·domenica 17 febbraio, alle ore 10.00, presso la Maison du Général Dufour: Assemblea generale. suor rita Il gruppo di sostegno all’Istituto Daniele Comboni, dove suor Rita opera in favore dei meninos de rua, organizza una giornata di solidarietà domenica 3 febbraio 2013 alla Missione Cattolica Italiana, con il seguente programma: ore 11.30 Santa Messa, segue il pranzo e una ricca lotteria. In questa giornata, avremo il grande piacere di avere con noi suor Rita, disponibile a scambiare quattro chiacchere con noi sulla sua missione. Per l’organizzazione, siete pregati di riservare per il pranzo entro il 30 gennaio 2013 telefonando alla signora Gianna Morganti (022 792 69 04) o alla signora Laura Zottarelli (022 731 41 61 o 079 78 315 60). 22 Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012 marchigiani Per festeggiare insieme Il ballo di carnevale l’AMIS (Ass. Marchigiani di Ginevra) organizza una grande serata danzante sabato 9 febbraio 2013 dalle ore 19.30 alla salle communale du Pt-Lancy, av. Louis-Bertrand 7, 1213 Pt-Lancy, con l’orchestra italiana Arizona. La cena sarà servita solo su prenotazione fino al 6 febbraio 2013 o esaurimento posti. Per riservare, rivolgersi al sig. Franco Antonelli (022 792 46 64 o 079 213 98 32 ore pasti). Ampio parcheggio in prossimità della sala. Ai soci, a tutti gli italiani di Ginevra, agli amici svizzeri, cordiali e amichevoli auguri di Buon Natale e Felice Anno 2013. lucchesi organizzano la Festa di Carnevale il 2 marzo 2013, dalle ore 19.30, alla Salle des Bossons. Per iscriversi, rivolgesi direttamente al Presidente: Bacci Menotti (022 320 96 72). bellunesi organizzano la Festa e Cena di Carnevale, sabato 9 marzo 2013, alle ore 19.30, presso l’école de Vernier Place. La serata sarà animata dal Duo di Casa Nostra. Prenotazioni presso Capraro Giacobbe (022 794 25 80) e Casanova Silo (022 782 53 26). centro avviamento allo sport e la cultura italiana Il Centro Avviamento allo Sport e la Cultura Italiana sta organizzando insieme ad alcune Associazioni italiane di Ginevra: Caviale e lenticchie, commedia brillante in tre atti di Scarnicci e Tarabusi. Il gruppo Teatro La Nuova Generazione di Basilea sarà di ritorno il 16 marzo 2013 presso la scuola Henry-Dunant. Riservate già d'adesso questa data. Tutte le associazioni e sostenitori che vogliono contribuire alla riuscita di questa manifestazione, possono contattare Vincenzo Bartolomeo (079 688 45 67) oppure via mail: [email protected]. Indirizzi utili Consolato Generale d’Italia a Ginevra, rue Charles-Galland 14, 1206 Ginevra, tel. 022 839 67 44 Orari di apertura: Lunedì: 09.00-12.30 - Martedì: 14.30-17.30 Mercoledì: 09.00-12.30 Giovedì: 14.30-17.30 - Venerdi: 09.00-12.30 Sabato e domenica: chiuso. Ente italiano Socio-assistenziale Rue de l’Athénée 26, 1206 Genève, tel. 022 346 89 49 Aperto martedì, giovedì e venerdì dalle ore 9.00 alle ore 11.00. COMITES - Comitato per italiani all’estero Rue de l’Athénée 26, 1206 Genève, tel. 022 346 99 13 Patronato ACLI 76 rue de Carouge, 1205 Ginevra, tel. 022 781 09 32 Patronato INCA-CGIL - Ch. Surinam 5, case postale 346, 1211 Genève 13, tel. 022 344 71 72 Patronato ITAL-UIL - Rue J.-Necker 15, Case postale 1941, 1211 Genève 1, tel. 022 738 69 44 Couple et famille 12 rue Adrien Lachenal, 1207 Genève, tel. 022 736 14 55 DU BOULEVARD AGENCE HYUNDAI Vente voitures neuves et occasions. 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La bisaccia è ricolma di doni e di sogni: gli uni e gli altri per Lui, il Figlio di Dio disceso dai cieli." padre Silvano