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TELECOM ITALIA – ALLA PROVA DEI SOCI
Categorie : In primo piano, Lettera all'Investitore
Data : 14/12/2015 : 07:00
Per l’assemblea del 15 dicembre dei soci di Telecom Italia chiamati ad approvare due importanti
proposte, quali la conversione delle azioni di risparmio, in sessione straordinaria, e quella di
allargamento del CdA, in sessione ordinaria, la decisione di Vivendi di astenersi sulla
“conversione” rappresenta un vero terremoto e tale da condizionarla in maniera sostanziale.
L’assemblea di martedì potrebbe chiudersi con una nulla di fatto, sia relativamente alla
conversione delle risparmio che per l’ampliamento del CdA ma non sono da escludere
sorprese.
Indice:
1. I temi dell’assemblea: conversione delle risparmio e allargamento CdA
2. L’operazione sulle risparmio rafforza il patrimonio
3. Gli aspetti salienti dell’operazione di conversione
4. La presa di posizione di Vivendi sulla conversione delle risparmio
5. L’assemblea ordinaria per l’allargamento del CdA
6. Le regole dell’assemblea
7. La posizione di Xavier Niel
8. Gli italiani in assemblea
L’assemblea dei soci ordinari di Telecom Italia del 15 dicembre sottoporrà
all’approvazione due importanti temi, da una parte la proposta di conversione delle
azioni di risparmio, in sessione straordinaria, dall’altra quella del socio Vivendi di
allargamento del CdA del gruppo italiano per consentire l’ingresso di nuovi consiglieri
designati dall’azionista, in sessione ordinaria. Con un comunicato stampa venerdi sera
Vivendi ha però messo sostanzialmente in discussione la conversione delle azioni di
risparmio. Il gruppo francese ha comunicato infatti che si asterrà dalle votazioni relative
alla suddetta operazione e, viste le regole statutarie, ciò potrebbe portare alla mancata
approvazione della conversione. La decisione del socio francese è avvenuta in
prossimità dell’assemblea in maniera inattesa ed è destinata a monopolizzare
l’attenzione dei soci in assemblea. Di certo Vivendi intende salvaguardare il proprio
investimento in Telecom Italia che ha impegnato “significative risorse proprie – superiori
ai tre miliardi”. Una posizione di socio forte che si contrappone a quella dei fondi che,
dando retta ai proxy-advisor, che sono dei “consiglieri” dei fondi, avevano visto con
favore l’operazione di conversione ma espresso perplessità sull’allargamento del CdA.
E in questo scenario potrebbe passare in secondo piano la posizione di un altro attore,
l’imprenditore francese delle telecomunicazioni Xavier Niel che aveva di recente reso
noto di avere contratti derivati in grado di permettergli di acquisire il 15% di Telecom
Italia, contratti che comunque non forniscono diritti di voto. Telecom Italia venerdì sera
ha reso noto che parteciperà all’assemblea il 55,6196% del capitale ordinario.
Ricordiamo che, a condizione che possano dimostrare di possedere le azioni ordinarie a
partire dal 4 dicembre, possono farsi avanti in assemblea altri soci ordinari. Di certo sarà
un’assemblea da seguire e non si possono escludere ulteriori sorprese, dopo quella di
venerdi.
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Giuseppe Recchi – Presidente T.I. e Arnaud de Puyfontaine – Ceo di Vivendi
I temi dell’assemblea: conversione delle risparmio e allargamento
CdA
Marco Patuano – Ad Telecom Italia
Il 15 dicembre 2015 si terrà a Rozzano l’assemblea dei soci ordinari di Telecom Italia,
convocata per approvare, in sessione straordinaria, la conversione delle azioni di
risparmio in ordinarie oltre che, in sessione ordinaria,e dietro richiesta dell’azionista
francese Vivendi,di allargare il CdA al fine di consentire l’ingresso di 4 nuovi consiglieri
(3 manager di elevato profilo, che attualmente occupano posizioni strategiche all’interno
di Vivendi, ed un consigliere indipendente).
La decisione di convertire in ordinarie le 6,02 miliardi di azioni di risparmio era stata
presa dal CdA dell’ex monopolista lo scorso 5 novembre; data la rilevanza del tema, in
base alle regole statutarie, è stato necessario convocare l’assemblea dei soci ordinari,
in sessione straordinaria, e l’assemblea speciale dei risparmisti (essendo la materia
significativa per gli interessi di questa categoria di azionisti).
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L’operazione sulle risparmio rafforza il patrimonio
La modifica dello status delle azioni di risparmio, che al momento rappresentano il
30,9% del numero totale di azioni, consentirebbe di conseguire due tipi di risultati. In
primo luogo,verrebbe eliminato uno strumento finanziario considerato ormai da molti
“obsoleto” e che si è rivelato poco efficiente nella sua funzione di allocazione del
capitale alle imprese. In secondo luogo, l’operazione di conversione, come è stata
strutturata, consentirebbe un rafforzamento patrimoniale del gruppo italiano di
telecomunicazioni.
Gli aspetti salienti dell’operazione di conversione
Vincent Bollorè – Presidente Vivendi
Ricordiamo gli aspetti salienti dell’operazione che prevedono temporalmente, in una
prima fase,la conversione facoltativa con rapporto 1:1 delle azioni di risparmio in azioni
ordinarie con pagamento di un conguaglio di 9,5 centesimi di euro. Una conversione
facoltativa che, qualora venisse sottoscritta da tutti gli azionisti, porterebbe circa 570
milioni di euro a Telecom Italia, denaro fresco da utilizzare per sostenere gli
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investimenti.
La conversione facoltativa, secondo la proposta fatta, potrà essere sottoscritta per un
periodo di tempo limitato, terminato il quale scatterà la conversione obbligatoria, senza
conguaglio, con un rapporto pari a 0,87 azioni ordinarie per ciascuna azione di
risparmio.
Sia la conversione facoltativa che quella obbligatoria permettono agli azionisti di
risparmio di conseguire un vantaggio economico: quella facoltativa di importo maggiore
rispetto alla obbligatoria.Secondo i termini di legge, è previsto comunque anche il diritto
di recesso per gli azionisti di risparmio che scelgono di non aderire all’operazione, ad un
prezzo unitario di 0,9241 euro per ciascuna azione di risparmio. Telecom Italia si è
comunque riservata il diritto, a suo insindacabile giudizio, di annullare l’operazione
qualora l’ammontare dovuto a seguito delle richieste di recesso superino 100 milioni di
euro. Relativamente ai tempi, l’operazione nel suo complesso dovrebbe essere
conclusa prima della distribuzione del dividendo 2015 (presumibilmente).
La presa di posizione di Vivendi sulla conversione delle risparmio
L’azionista Vivendi, venerdi sera con un proprio comunicato stamapa, ha messo però
sostanzialmente in discussione la conversione delle risparmio. Il colosso francese ha
fatto presente di volersi astenere in assemblea straordinaria per una serie di ragioni: in
primo luogo l’equità del rapporto di conversione delle azioni di risparmio in ordinarie,
oltre che la giustificazione per il pagamento in contanti. In secondo luogo l’azionista
francse ha messo in evidenza come, sebbene per gli azionisti risparmio vi sia stata una
relazione di congruità sull’operazione c.d. “fairness opinion”, questa sia mancata per gli
azionisti ordinari che, in seguito alla conversione vedrebbero i propri diritti diluiti, in
particolare quelli di voto. Vivendi fa riferimento al fatto ben noto, che per effetto della
conversione, i propri diritti di voto scenderanno dal 20,116% al 14% circa. Operazione,
quella di conversione, che, secondo il gruppo francese, non richiedeva nessuna urgenza
per essere realizzata e che pertanto potrebbe essere proposta da un CdA che sia
maggiormente rappresentativo dell’attuale assetto azionario.
Ricordiamo che era stato pressochè unanime il plauso dei proxy-advisor dei fondi sulla
scelta della società di abbandonare le azioni di risparmio. Quasi tutte le società italiane
del listino, infatti, hanno messo da parte questo strumento che una volta era molto
diffuso.
L’assemblea ordinaria per l’allargamento del CdA
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Arnaud de Puyfontaine – Ceo di Vivendi
La forte presa di posizione di Vivendi, avvenuta a più di un mese dalla decisione di
conversione maturata nel consiglio di amministrazione di Telecom Italia del 5 novembre
e in prossimità della scadenza assembleare, pone l’attenzione anche su quanto verrà
deciso in assemblea in sessione ordinaria. Ricordiamo infatti come Vivendi abbia
richiesto di allargare il CdA del gruppo italiano di telecomunicazioni da 13 a 17 membri
al fine di nominare quattro propri rappresentanti e come tale richiesta sia sottoposta alla
decisione dell’assemblea dei soci in sessione ordinaria. L’attuale CdA sarà in carica
sino all’approvazione del bilancio dell’esercizio 2016. Esigenza, quella del colosso
francese, motivata dall’investimento di “significative risorse proprie – superiori a tre
miliardi di euro”, come ha ricordato il suo CEO, Depuyfontaine, in una lettera aperta
diretta ad Assogestioni. A partire dal 22 giugno scorso, infatti, quando Vivendi ha
ricevuto da Telefonica l’8,3% delle azioni ordinarie di Telecom Italia come forma di
pagamento parziale della quota di controllo nella carioca GVT, il gruppo francese ha
costituito, incrementando la sua quota in momenti successivi, una partecipazione
rilevante pari all’attuale 20,116%.
Ricordiamo come le principali società di proxy advisor che svolgono il prezioso ruolo di
“consiglieri” dei fondi, non abbiano visto con favore la posizione sull’allargamento del
CdA e l’ingresso dei rappresentanti di Vivendi. Fondi che, al momento e secondo le
informazioni disponibili, rappresentano circa il 79% del capitale.
Le regole dell’assemblea
Considerati da una parte il tema della conversione, l’allargamento del CdA e la presa di
posizione di venerdi scorso, meritano adesso un breve cenno le regole normative e
statutarie di funzionamento dell’assemblea di Telecom Italia.
E’ importante evidenziare come per legge e per Regolamento assembleare, sia facoltà
del presidente dell’assemblea, nell’ambito dell’agenda prefissata, decidere
Giuseppe Recchi – Presidente Telecom Italia
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l’ordine di discussione delle materie da trattare. Ciò vuol dire che spetterebbe
all’ingegner Recchi decidere se mettere in votazione prima la conversione delle azioni
e di seguito l’allargamento del CdA. Questa possibilità, a nostro modo di vedere,
avrebbe potuto creare una situazione di difficoltà per l’azionista Vivendi. Infatti, qualora
l’ordine di discussione avesse anteposto la parte straordinaria ovvero relativa alla
conversione, il gruppo francese si sarebbe trovato a votare per la conversione senza
avere poi la certezza di avere i propri rappresentanti eletti in CdA.
Per chiarire questo punto occorre un ulteriore chiarimento sulle regole di voto,
ricordando come, in assemblea, il quorum deliberativo sia costituito dalla maggioranza
assoluta (oltre la metà delle azioni presenti in assemblea) per la parte ordinaria e dai
due terzi del capitale convenuto per la parte straordinaria.
E’ ragionevole ipotizzare che i fondi,nella parte ordinaria relativa all’allargamento,
avrebbero votato tutti nello stesso modo, bocciando l’ampiamento a Vivendi del CdA.
Considerate le regole statutarie relativa al quorum deliberativo sarebbero stati sufficienti
la presenza in assemblea di azionisti, che rappresentano il 22% del capitale di Telecom
Italia per bloccare la proposta di Vivendi. Già dalla sera del’10 dicembre era stato
comunicato dal gruppo italiano di telecomunicazioni che avrebbero partecipato in
assemblea azionisti rappresentanti il 55,46% del capitale ordinario e pertanto Vivendi
avrebbe, probabilmente, dovuto fronteggiare in assemblea l’opposizione di circa il 33%
del capitale: si può comprendere cosa possa avere spinto Vivendi alla mossa di venerdi
sera.
Sempre in base alle regole statutarie, l’astensione di Vivendi in assemblea straordinaria
avrebbe come conseguenza la mancata approvazione della mozione di conversione
delle risparmio.
La posizione di Xavier Niel
Xavier Niel
In questo scenario, già di per se complesso, risulta difficile fare delle ipotesi sul
comportamento di un altro soggetto, il magnate delle telecomunicazioni Xavier Niel che
detiene opzioni su azioni di Telecom Italia per potere acquistare il 15% delle azioni
ordinarie, e di come potrebbe condizionare l’andamento dei lavori. Al momento
l’imprenditore francese non ha diritti di voto ma non si può escludere che acquisisca
azioni, anche in prestito, per potere essere presente e votare in assemblea. La
condizione per partecipare all’assemblea è quella di potere dimostrare di essere titolare
dei diritti di voto a partire dal 4 dicembre. Naturalmente dovrà adottare un
comportamento cauto in quanto, qualora emergesse un accordo con il gruppo Vivendi,
Niel potrebbe essere tacciato, dalla Consob, di “agire di concerto” con Vivendi e ciò
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avrebbe la conseguenza di rendere automatica l’OPA totalitaria su Telecom Italia.
Giuseppe Vegas – Presidente Consob
Conclusioni: la mossa di Vivendi e l’assemblea
In conclusione la mossa di Vivendi di venerdi ha condizionato in maniera determinante
l’assemblea del 15 dicembre facendo emergere una criticità che dovrà essere affrontata
successivamente. Da una parte infatti si ha il sistema dei fondi che ha mostrato di
vedere con favore operazioni come la conversione in ordinaria delle azioni di risparmio
ma che sembrano preoccupati della possibilità di avere azionisti che possano esercitare
una influenza significativa su Telecom Italia. Dall’altra si ha un grande gruppo
finanziario come Vivendi che ha deciso, tramite l’investimento in Telecom Italia, di
volere rientrare in un settore in cui vantava una consolidata presenza. La mossa di
venerdi, dimostra l’intenzione di volere salvaguardare il proprio investimento.
L’assemblea di martedi potrebbe chiudersi con una nulla di fatto, sia relativamente alla
conversione delle risparmio che per l’ampliamento del CdA.
Gli italiani in assemblea
Si è aperta una nuova fase che, dopo l’uscita di scena di due
soggetti come Telco, ex azionista di riferimento di Telecom Italia con
il 22,4% (che vedeva accanto a Telefonica la presenza di Generali,
Mediobanca e Banca Intesa) nonchè della Findim della famiglia
Fossati, non vede più azionisti forti italiani. E questo malgrado
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Telecom Italia sia, per gli interessi del nostro Paese, un asset
strategico. Tanto meno è presente il governo che, decaduta la tutela
della golden share, può contare soltanto sul “goldenpower”, un
mezzo di intervento che offre al governo, rispetto alla golden share,
dei mezzi molto più limitati per tutelare gli interessi del Paese.
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