GIORNATA DELLA MEMORIA

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GIORNATA DELLA MEMORIA
GIORNATA DELLA MEMORIA
La legge 211 del 20 luglio del 2000 ha istituito in Italia il “Giorno della Memoria”, allo scopo
di tramandare e rafforzare nei giovani la consapevolezza della Shoah, renderne sempre
vivo il ricordo e tributare il doveroso omaggio alle vittime e a chi si oppose al progetto di
sterminio nazista, sacrificando la propria libertà e la propria vita.
Al fine di onorare tale giornata, l’Agiscuola promuove film per le scuole volti alla
conoscenza e alla riflessione sulla Shoah, affinchè il ricordo di quanto avvenuto non venga
mai meno.
Ricordare è un dovere morale prima ancora che istituzionale, affinché gli errori del passato
siano un monito per il presente ed il futuro
REMEMBER
di ATOM EGOYAN
IL FILM , SELEZIONATO DA AGISCUOLA PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA (27 GENNAIO 2016), ESCE
NEI CINEMA IL 4 FEBBRAIO 2016 E DAL 21 GENNAIO 2016 E’ DISPONIBILE,
IN ANTEPRIMA NAZIONALE, PER PROIEZIONI SCOLASTICHE NELLE SALE
IL FILM E’ DISPONIBILE ANCHE IN VERSIONE ORIGINALE CON SOTTOTITOLI
PER PRENOTAZIONI ED INFORMAZIONI
AGISCUOLA ABRUZZO – Mobile 328.1553723
Tu sei l’unica persona che potrebbe ancora riconoscere il volto dell’uomo che ha sterminato le
nostre famiglie
Devi Trovarlo... Devi Ucciderlo
Noi siamo gli ultimi sopravissuti
Remember è la storia ai giorni nostri di Max (Martin Landau) e Zev, (il premio Oscar Christopher
Plummer), anziani, malati, vivono all’interno di un ospizio e scoprono che il nazista che assassinò la
loro famiglie circa 70 anni prima, nel campo di sterminio di Auschwitz, vive attualmente in
America sotto falso nome. Malgrado le evidenti sfide chela scelta comporta, a causa della demenza
senile di Zev e per il fatto che Max è inchiodato su una sedia a rotelle, decidono di portare a termine
una missione per rendere una giustizia, troppo a lungo rimandata, ai loro cari, portandola a
compimento con una mano tremolante e nello stesso tempo, ferma. La loro decisione dà l'avvio a
uno straordinario viaggio con conseguenze sorprendenti.
Remember è una storia avvincente in cui il capitolo più tragico della del XX secolo entra in
collisione con una missione di vendetta compiuta ai giorni nostri.
Remember è un film che può rappresentare un utile strumento didattico per introdurre gli studenti
all’analisi degli eventi della II Guerra Mondiale e dell’Olocausto attraverso un punto di vista
assolutamente originale.
 Genere: drammatico/storico
 Regia: Atom Egoyan
 Titolo Originale: Remember
 Distribuzione: Bim film
 Produzione: Robert Lantos /Ari Lantons
 Durata: 95’
 Sceneggiatura: Benjamin August
 Direttore della Fotografia: Paul Sarossy
 Montaggio: Christopher Donaldson
 Scenografia: Matthew Davies
 Costumi: Debra Hanson
 Attori: Christopher Plummer, Martin Landau, Bruno Ganz, Jurgen Prochnow, Heinz Lieven,
Dean Norris, Henry Czerny
 Destinatari: Scuole Secondarie di II grado
 Approfondimenti:
Il materiale
Il produttore Robert Lantos non era interessato a rivisitare i temi dell'Olocausto e della demenza
avendoli già trattati in precedenti film. Tuttavia, Remember è qualcosa di molto diverso. È una
storia intima, ambientata ai giorni nostri, ma originata da un evento occorso 70 anni prima. “I macro
eventi del passato che permeano il nostro presente, che si stingono nel nostro presente, danno forma
a questo insolito racconto di una vendetta straordinaria”, afferma Lantos.
Nel decennio che ha portato a questa convergenza di eventi, si è sviluppata una sempre crescente
consapevolezza dell'ingente numero di criminali di guerra della Seconda Guerra Mondiale tuttora
irreperibili e tuttavia sempre più anziani. La campagna "Operation Last Chance" è stata promossa
nel 2002 dal Centro Simon Wiesenthal e si prefigge la missione di rintracciare gli ex gerarchi
nazisti ancora ricercati.
Il regista
Questa è la storia di un uomo che prende quel poco di energia vitale che gli è rimasta e, mosso da
una serie di istruzioni e dalla memoria, la investe tutta in un atto di vendetta che darà una svolta alla
sua esistenza. È una storia triste, tenera e piena di suspense. La reazione di Lantos quando ha letto
la sceneggiatura è stata al tempo stesso viscerale e istintiva, in particolare in merito alla scelta del
regista a cui affidare il film, Atom Egoyan. “Remember è insieme uno studio di carattere e un
racconto che tiene con il fiato sospeso e si snoda rivelazione dopo rivelazione.
Questo tipo di narrazione è territorio di Atom Egoyan. È bravissimo a rimuovere gli strati e rivelare
l'essenza di un racconto.”.“Questa è l'ultima storia che si può raccontare al giorno d'oggi in
relazione a quel periodo storico”, sottolinea Egoyan a proposito dell'esigenza delle persone di avere
un'ultima occasione di giustizia. Per molti versi, Egoyan considera Remember un lavoro
complementare’ al suo film precedente Ararat - Il monte dell'Arca (anch'esso interpretato da
Plummer e prodotto da Lantos), nel senso che “affronta il tema degli effetti residuali della storia nel
corso del tempo e di come formiamo la nostra identità in particolare quando la nostra storia
personale comporta un evento traumatico. Questo concetto di come il tempo e il trauma si
rifrangono attraverso le generazioni è al centro di tantissimi materiali che mi interessano. Di sicuro
è il tema di Ararat - Il monte dell'Arca e lo ritroviamo anche in questo film: le conseguenze di
eventi storici sui figli degli autori dei crimini, sui figli dei superstiti, che si ripercuotono in modi del
tutto inattesi. È impossibile prevedere quali saranno gli effetti e quest'incognita pervade il
film.”.Oltre che dall'intensità dei temi storici di Remember, Egoyan è stato attirato anche dalla
qualità della storia che Ari Lantos ha definito “un thriller contemporaneo con interpretazioni
variegate ed è questo il motivo per cui Atom era la persona giusta per affrontarlo.”.
AUSCHWITZ
Il Campo di Auschwitz fu uno dei più grossi campi in cui i nazisti applicarono la loro “soluzione
finale” nei riguardi del popolo ebraico.
Il Complesso di Auschwitz- Birkenau, situato in Polonia, era una vera e propria catena di
montaggio della morte. Era diviso in tre plessi: Auschwitz, dove venivano rinchiusi per lo più gli
oppositori del regime, Birkenau il vero e proprio campo di sterminio, e Monowitz, campo di lavoro
dove venne rinchiuso anche Primo Levi.
In realtà, in Germania già dal 1936 esistevano dei campi di concentramento in cui potevano essere
rinchiusi ebrei ma anche zingari, omosessuali e delinquenti comuni. Si trattava tuttavia di campi di
lavoro e non di campi di sterminio. Ma nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1938, la notte dei
cristalli, i nazisti squarciarono tutte le vetrine dei negozi ebrei dando così inizio alla loro
persecuzione.
Hitler, peraltro, fino a che non riuscì a occupare gran parte dell’Europa, non si pose il problema
degli ebrei; a lui interessava solo impadronirsi delle loro ricchezze. Vista la velocità con la quale
occupò i paesi circostanti, il problema ebraico divenne rapidamente più pressante.
Il Dittatore divenne, infatti, cancelliere nel 1933 e nel 1938, solo 5 anni dopo, agli incontri di
Monaco, dettava praticamente legge all’Europa intera.
E tentò di liberarsi degli ebrei tedeschi letteralmente offrendoli all’Inghilterra e agli Stati Uniti che,
non immaginando cosa sarebbe accaduto, rifutarono l’asilo.
Hitler aveva persino pensato di trasferirli tutti nel Madasgar ma il problema di attraversare il canale
di Suez, in mano agli inglesi, lo fece desistere.
Quando tra 1° settembre del 1939, giorno della invasione della Polonia, e il 1941 egli si trovò
padrone dimezza Europa, il problema ebraico nei disegni del Reich divenne prioritario, ed allora il
Dittatore diede incarico a Himmler, capo delle S.S. e della Gestapo, di trovare una soluzione.
La soluzione furono i campi di sterminio.
I primi di questi, ad esempio Dachau non disponevano di camere a gas, ma i nazisti allestirono delle
camere a gas sui camion.
Dal ‘41 fino alla liberazione dei campi, gli ebrei deportati furono sottoposti a sofferenze inaudite. I
vecchi e i bambini, spesso accompagnati dalle loro madri affinché non piangessero ed infastidissero
le S.S. , venivano immediatamente portati nelle camere a gas. Gli uomini in grado di lavorare
venivano impiegati, fino a sfinirli, nelle industrie e nei campi di lavoro mentre le giovani donne
venivano rinchiuse in camerate ad uso delle guardie del campo.
Ad Auschwitz, il campo di sterminio più grande d’Europa, operò il cosiddetto Medico della morte,
Joseph Mengele, che tentava strani esperimenti soprattutto su bambini gemelli e su coloro che
avevano occhi eterocromi. E sarebbe sicuramente stata preferibile una morte immediata nelle
camere a gas.
Mengele è uno di quelli che scomparve alla fine della II Guerra Mondiale probabilmente messosi in
salvo grazie all’aiuto di uno stato amico. Pare sia morto in Brasile.
Il campo di Auschwitz- Birkenau è quello da cui parte l’antefatto della storia narrata nel Film.
Auschwitz- Birkenau fu liberato il 27 gennaio 1945 dall’esercito russo in avanzata.
Vi avevano trovato la morte oltre un 1.200.000 persone.
Per informazioni:
Agiscuola Abruzzo
Tel. 328.1553723
E.mail: [email protected]
ANITA B.
Di Roberto Faenza
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Sinossi:
Anita, un’adolescente di origini ungheresi sopravvissuta ad Auschwitz, è accolta dall’unica
parente rimasta viva: Monika, sorella di suo padre, che non vuole essere chiamata zia e vive
l’arrivo della nipote come un peso.
A Zvikovez, tra le montagne della Cecoslovacchia non lontane da Praga, Monika vive con il
marito Aron, il figlioletto Roby e il fratello di Aron, il giovane e attraente Eli, la cui filosofia
è spiccia: “gli uomini tirano giù i calzoni, mentre le donne pensano all’amore”. In quel
villaggio dei Sudeti, territori in precedenza occupati dai tedeschi, i nazisti vengono rimpatriati
a forza e gli scampati trasferiti nelle loro abitazioni, in una situazione di crescente tensione
con l’avvento del comunismo.
Attorno ad Anita, uomini e donne vogliono dare un calcio al passato, ballare, divertirsi,
ascoltare di nascosto le canzoni americane trasmesse oltre cortina dalla Voice of America.
Anita sogna come tutti, ma a differenza degli altri non nasconde l’anima.
La ragazza è combattiva e piena di entusiasmo. La sua forza viene dal ricordo dei genitori
persi nel lager. Ma nella nuova casa si trova ad affrontare una realtà inaspettata: nessuno,
neppure Eli, con cui scoprirà l’amore, vuole ricordare il passato. E il più grande tabù è proprio
l’esperienza del campo, quasi fosse qualcosa di cui vergognarsi.
Quando Anita tenta di smontare quella difesa collettiva si trova davanti un muro di silenzi.
Così, se vuole parlare di ciò che ha passato, può farlo solo con il piccolo Roby, che ha appena
un anno e non può capire.
Nella mescolanza di popoli e lingue che confluiscono attorno a Praga, Anita si confronta con
personaggi indimenticabili: il vulcanico zio Jacob, coscienza critica della comunità ebraica ed
estroso musicista nella festa del Purim; Sarah, la dinamica “traghettatrice” armata di pistola,
che organizza l’esodo verso la Palestina; il giovane David, rimasto orfano per la tragica scelta
dei genitori, con cui inizia una toccante amicizia.
Improvvisamente, Anita si trova catapultata in una situazione imprevista, che la pone di fronte
a una decisione che richiede coraggio. E il film si chiude con un inatteso colpo di scena.
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Genere: drammatico
Regia: Roberto Faenza
Titolo Originale: Anita B.
Distribuzione: Good Films
Produzione: Jean Vigo - Cinema Undici - Rai Cinema
Data di uscita al cinema: 16 gennaio 2014
Durata: 88'
Sceneggiatura: Edith Bruck, Roberto Faenza, Nelo Risi, con la collaborazione di Iole
Masucci
Direttore della Fotografia: Arnaldo Catinari
Montaggio: Massimo Fiocchi
Scenografia: Cosimo Gomez
Costumi: Anna Lombardi
Attori: Eline Powell, Robert Sheehan, Andrea Osvart, Antonio Cupo, Moni Ovadia, Nico
Mirallegro, Jane Alexander, Clive Riche, Guenda Goria
Destinatari: Scuole Secondarie di II grado
NOTE DI REGIA di Roberto Faenza
Quanti film sono stati realizzati sulla Shoah? Tanti. Qualcuno dice forse addirittura troppi. Io
stesso ne ho realizzato uno. Ma pochissimi sono stati prodotti sul dopo, cioè affrontando la
vita dopo la morte.
Anita B. si sforza di coprire questo dopo e lo fa con l’intenzione di colmare un vuoto dovuto
a molte cause. Tra queste, in primo luogo il bisogno di dimenticare. Quando il trauma è troppo
forte, ecco giungere in soccorso il placebo della rimozione.
Anita è una ragazza tenera e sensibile. E’ appena adolescente quando esce da Auschwitz e ha
conservato la voglia di lottare, nonostante l’esperienza dei campi. Va incontro al nuovo mondo
e alle peripezie che la attendono carica di energia, ma anche di ingenuità.
Nel dopoguerra di allora, tutti vogliono vivere con frenesia. Per molti però vivere significa
oblio: senza rendersi conto di seppellire se stessi insieme alla memoria. Ed è così che Anita si
trova a poter parlare del suo passato solo con un bambino di un anno. Il piccolo Roby ascolta
i suoi racconti, ma non può capirla. Tutti gli altri la invitano a “cambiare argomento”, oppure
le dicono “è passato, dimentica”.
Anita desidera andare avanti senza rimorsi. E non vuole limitarsi a sopravvivere.
Nella lotta per affermare la propria identità c’è la ricerca dell’amore, in cui darà tutta se stessa,
affrontandone costi e rischi.
“Ma a ben pensarci, cos'è l'amore?”, si chiede quando pensa a Eli, di cui si è perdutamente
innamorata. E si arrovella per trovare una definizione, salvo convincersi che è “una cosa tanto
meravigliosa che se provi a definirla, si arrabbia e perde tutta la sua meraviglia”.
La burrascosa passione in cui si trova coinvolta sembra volgere al peggio, quando
miracolosamente riesce a imporre una sterzata e trasformare il salto nel buio in una occasione
di ribellione e rinascita.
Considero Anita B. il mio film più controcorrente, persino in maggiore misura del pluricensurato Forza Italia! In un periodo in cui il cinema sempre più si affida a un mondo irreale
fatto di universi inesistenti e roboanti effetti speciali, questa storia guarda ai suoi protagonisti
con pudore e discrezione, quasi in punta di piedi.
Il racconto di Edith Bruck, al quale il film è liberamente ispirato, descrive la quotidianità di
Anita in un ambiente fortemente ostile, quasi fosse una colpa essere stata deportata. Non ho
mai chiesto a Edith quanto ci sia di autobiografico in quelle pagine, ma ho voluto aggiungere
B. ad Anita, in omaggio al suo cognome. Quando ho finito di leggere il libro durante un
viaggio aereo dal Giappone dove ero stato a presentare un mio lavoro, ho avuto una crisi di
pianto e ho dovuto nascondermi in bagno, sconvolto. Spesso mi chiedo come possiamo
lamentarci delle nostre pene, quando ci sono persone che hanno davvero vissuto nell’ inferno.
Un altro grande scrittore scampato ai campi, il premio Nobel Elie Wiesel, che ho avuto la
fortuna di conoscere, ha dato a un suo libro recente il titolo “a cuore aperto”. Nel momento in
cui entri in rapporto con l’Olocausto, dice Wiesel, diventi a tua volta un testimone.
E’ una grande responsabilità quella che ci assumiamo, pur essendo semplici spettatori. Ma a
ben pensarci è una bellissima responsabilità, perché se siamo vigili la nostra testimonianza
diventa un fiammifero che una volta acceso non si spegne più.
Ho cercato di girare “a cuore aperto” la storia di Anita, lasciandomi trascinare dal suo
entusiasmo, dal suo candore e anche dalla sua soggettività. Un po’ come ho fatto con Jona che
visse nella balena, anche in questo caso ho piazzato la macchina da presa all’altezza degli
occhi della protagonista, per cui tutto ciò che ho visto non ha pretese di essere oggettivo.
Mentre lavoravo tra le montagne dell’Alto Adige e Praga, ho pensato che questa fatica (due
anni per trovare i finanziamenti necessari e uno per arrivare alla copia campione) per me
rappresenta il seguito di Prendimi l’anima, convinto che Sabina Spielrein avrebbe potuto
amarlo. Da qui lo spunto per una conclusione ideale, comune al tragitto di due donne
coraggiose e indomite: “un viaggio verso il passato con un solo bagaglio: il futuro”. Che è la
frase con cui si chiudono gli ultimi fotogrammi.
Il film sarà proiettato il giorno 27 gennaio 2016 presso il Multiplex Arca di Spoltore.
Il costo del biglietto è di € 4,00 ad alunno .
Per informazioni:
Agiscuola Abruzzo
Tel. 328.1553723
E.mail: [email protected]