Scarica il testo completo dell`articolo

Transcript

Scarica il testo completo dell`articolo
Stato, Chiese e pluralismo confessionale
Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 26/2012
17 settembre 2012
ISSN 1971- 8543
Raffaele Coppola
(ordinario di Diritto ecclesiastico nell’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari,
Dipartimento Giuridico delle Istituzioni, Amministrazioni e Libertà)
Laicità in progress: conclusioni generali *
SOMMARIO: 1. Le diverse soglie della laicità – 2. Prevalenza della
libertà sulla laicità: i presupposti sistematici – 3. I parametri della
relatività – 4. Alcune prospettive per lo studio del diritto ecclesiastico.
1 – Le diverse soglie della laicità
È stato detto che ho cercato con successo la quadratura del cerchio nella
fase organizzativa del congresso e nel corso delle nostre elezioni. Cercherò
in queste conclusioni di farlo quadrare, con mezzi di altro spessore, in
favore del diritto e della scienza del diritto ecclesiastico.
Il dato oggi più significativo, compatibile con la dilatazione
dell’interesse culturale proprio delle discipline ecclesiasticistiche (C.
Cardia), è quello di una sorta di “geopolitica della laicità”, su cui non si
deve cessare di porre l’accento. Come ha detto G. Varnier, si continua a
confondere la laicità con il separatismo, mentre lo stesso concordato può
essere inteso come “concordato di separazione” (R. Botta), ove si
prescinda dalla materia matrimoniale.
La laicità, principalmente, non può considerarsi un assoluto fuori
del tempo, costituendo il prodotto maturo di processi storici, di
mutamenti sociali e di differenti fondamenti filosofici, che generano tante
laicità differenti nelle Americhe, in Africa, in Medioriente, in Asia ed in
Europa, nel nostro continente1. Esiste, insomma, un andamento “a zigzag”
* Il contributo, accettato dal Direttore, riproduce l’intervento di chiusura del primo
convegno di studio organizzato dall’ADEC sul tema “Laicità e dimensione pubblica del
fattore religioso – Stato attuale e prospettive” (Bari, Aula Magna “Aldo Moro”, 17-18
settembre 2009).
I riferimenti ad Autori fra parentesi o senza citazione di note riguardano, in
prevalenza, i contributi offerti dai relatori nel corso del convegno, liberamente aggiornati.
1. Cfr. I. BAUBÉROT, Le tante laicità nel mondo, Luis University Press, Pola, 2008, pp.
79-99.
Stato, Chiese e pluralismo confessionale
Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 26/2012
17 settembre 2012
ISSN 1971- 8543
della laicità, come ha sottolineato per l’Italia, con riferimento al livello
locale, P. Floris.
Appare evidente, così, che pure in ambito giuridico alcuni elementi
della teoria relativistica, come lo spazio geografico ed il tempo storico,
possano rappresentare un sistema di riferimento in rapporto ai valori
sostanziali, racchiusi nei concetti complementari di laicità, uguaglianza e
libertà.
Le precisazioni e le sottolineature abbondano. Per fare un esempio,
guardando di nuovo all’Italia, a cui essenzialmente si è fatto riferimento
nel corso del nostro convegno nazionale, non basta più distinguere il
fronte laico da quello cattolico o religioso in genere. Due nuove posizioni
rilanciano, dentro tale fronte, la distinzione tra laicismo di sinistra e di
destra, di cui vi è stata eco anche in questa sede.
Paladino del primo non è un giurista, ma l’autore di un pamphlet (G.
Bosetti), il quale discetta sul fallimento dei laici intransigenti ed attribuisce
al dogmatismo laicista il rinato oltranzismo cattolico. Sostenitore del secondo è
un autore radicale (M. Teodori), che formula un duro atto di accusa contro
la linea del Pontefice regnante. Lo scontro che si sta annunciando - quasi
un paradosso (in controtendenza) – è fra laici di sinistra, più aperti al
dialogo con i cattolici e laici di destra, chiusi ad ogni concessione.
Per quanto esposto appare chiaro che l’idea di laicità, nata dalle
lotte di religione che hanno travagliato l’Europa della prima modernità,
fatica a tradursi in norme giuridiche, pur rappresentando uno degli snodi
centrali concernenti i rapporti fra Stato e confessioni religiose. Le
problematiche sulla laicità, intesa come criterio interpretativo (C.
Mirabelli),
sono
aumentate,
quantitativamente
e
soprattutto
qualitativamente, tanto al livello intermedio delle autonomie locali (R.
Mazzola) quanto al livello nazionale e sovranazionale.
Nel corso del nostro stesso congresso abbiamo constatato quale sia
il peso, nelle discipline ecclesiasticistiche, dei presupposti ideologici e del
pregiuridico (fenomeni politici e sociali – rilievo della storia). A fronte di
tutto ciò occorre domandarsi se sia possibile un tentativo di maggiore
ancoraggio al diritto positivo, attraverso il filtro della prassi
amministrativa e della giurisprudenza, quanto meno delle principali
tendenze e correnti giurisprudenziali, che consentano un avanzamento
più oggettivo della conoscenza (S. Domianello) nell’alveo di una
concezione rivolta all’unità del sapere e del metodo fra tutte le scienze,
compresa quella giuridica.
In una tale ottica, sul dato dell’esistenza di soglie diverse, graduali,
della laicità (ma anche dell’uguaglianza e della libertà), a partire dal secolo
2
Stato, Chiese e pluralismo confessionale
Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 26/2012
17 settembre 2012
ISSN 1971- 8543
dei lumi fino ai nostri giorni, mi domando se la risposta non possa
condensarsi, con riguardo al diritto ecclesiastico dello Stato, in sette punti
o passaggi fondamentali per lo studio della nostra disciplina, specialmente
dal punto di vista delle potenzialità e delle realtà applicative, che
costituiscono lo specchio della sua incidenza professionale (A. Fuccillo).
Ecco i principali suggerimenti, che riassumo e mi permetto di
riproporre per l’occasione, con i necessari adeguamenti, confortato dagli
orientamenti complessivi desumibili dall’andamento generale dei lavori di
questo importante congresso.
2 – Prevalenza della libertà sulla laicità: i presupposti sistematici
Laicità “pluralista”, certamente, come vuole l’amico e collega N. Colaianni,
ma in primo luogo “relativa” (o congiuntamente storica, ponderata),
richiamata da G. Varnier e da P. Moneta nell’esposizione dei loro
contributi in sede congressuale. L’espressione è da intendere nel senso che
“relativa” non è tanto la nozione di laicità, quanto l’applicazione del
principio, che varia in rapporto alla tradizione culturale ed ai costumi di
vita di ciascun popolo, come si sono riversati nei rispettivi ordinamenti
giuridici.
La laicità (questa laicità così povera e negletta, in declino secondo
Picozza) richiede sicuramente ed ovunque, nell’area convenzionalmente
denominata occidentale, la distinzione fra dimensione spirituale e
dimensione temporale, nonché fra gli ordini e le società a cui dette sfere di
competenza sono proprie (il c.d. dualismo di vincoli e di funzioni); ma,
salvo tale nucleo “ristretto e essenziale”, meno evidente nei Paesi dove
domina un atteggiamento di “neutralità religiosa”, essa è relativa alla
specifica organizzazione istituzionale di ciascuno Stato, quindi è
palesemente storica, legata com’è al divenire concreto di tale
organizzazione o corporazione istituzionale.
Il principio in parola, al di là delle incrostazioni agnostiche o
indifferentistiche, va interpretato, in definitiva, nel complessivo quadro
costituzionale ed ordinamentale (ecco perché si parla anche di laicità
ponderata), senza obliterare il perseguimento di altre finalità parimenti
tutelate, segnatamente a livello della legge fondamentale ovvero di
relazioni con entità sovrane o, quanto meno, dotate di autonomia
istituzionale (altri Stati, Chiesa cattolica, confessioni c.d. di minoranza nel
contesto socio-giuridico nazionale).
3
Stato, Chiese e pluralismo confessionale
Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 26/2012
17 settembre 2012
ISSN 1971- 8543
In secondo luogo necessità, per le democrazie, di un’etica “forte” ed
accettata dalla base popolare (ricordo l’intervento in apertura dei lavori
del nostro Rettore, C. Petrocelli). Autorevoli opinioni riconducono a
questo difetto la debolezza delle democrazie ed, in un simile ordine di
idee, emblematico è il caso italiano con il protrarsi del conflitto fra cultura
laica e cultura cattolica, ricevuto in retaggio dalla generazione
risorgimentale e post-risorgimentale. Da non pochi s’invita a guardare ad
altre esperienze storiche, come il modello nordamericano, sebbene sia
difficilmente esportabile, come dice C. Cardia, nel “perimetro vero della
grande conflagrazione fra Stato e Chiesa cattolica”2. Negli Stati Uniti, ad
esempio, la compagine istituzionale non è indubbiamente confessionale, si
basa anzi sulla separazione dalle confessioni religiose, ma il regime
democratico, più consolidato rispetto all’Italia, mantiene una decisa
ispirazione religiosa, di matrice protestante. È proprio quest’ispirazione,
diffusa e sentita, a rafforzare, se non addirittura a fondare, le istituzioni
libere3.
Ciò non vuol dire che lo Stato debba o possa, in Italia come Spagna,
ispirarsi ai dettami della Chiesa cattolica; in Grecia a quelli della Chiesa
ortodossa; in Turchia alle regole islamiche e via dicendo. Significa
solamente che lo Stato democratico deve rifuggire da ogni sottinteso o
presupposto etico od ideologico (anche dal dogmatismo laicista) per
aprirsi al pluralismo culturale e religioso della società civile, nonché alle
sue dinamiche interne, insuscettibili di identificazioni mistificanti ovvero di
qualsivoglia appiattimento.
Riconoscimento, per quanto esposto, del ruolo pubblico della
religione o delle religioni4, senza cadere nella tentazione, almeno dal
punto di vista speculativo, di vedere nella regola della maggioranza il
criterio al quale ricondurre la legislazione e la prassi amministrativa.
Scrive A. de Tocqueville che la “tirannide della maggioranza” nasce anche
in una democrazia allorché s’identifica la maggioranza con la volontà
generale del popolo, ignorando quella parte della società, che, per essere
minoranza, non può governare. Eppure, scrive ancora questo attraente
paladino della liberal-democrazia, “è nell’essenza stessa dei governi
2. C. CARDIA, Le sfide della laicità, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo (Mi), 2007, p.
31.
3. Cfr. G. DALLA TORRE, La città sul monte. Contributo ad una teoria canonistica sulle
relazioni fra Chiesa e comunità politica, Ave, Roma, 1996, p. 176.
4. Cfr., valorizzando il binomio “religione del popolo” - laicità dello Stato,
BENEDETTO XVI, Udienza ai partecipanti del convegno nazionale promosso dall’Unione
Giuristi Cattolici Italiani, 9 dicembre 2006, in www.vatican.va.
4
Stato, Chiese e pluralismo confessionale
Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 26/2012
17 settembre 2012
ISSN 1971- 8543
democratici che il dominio della maggioranza sia assoluto; poiché fuori
della maggioranza, nelle democrazie, non vi è nulla che resista” 5.
Nessuna negazione né “occultamento” del fenomeno delle
minoranze, dunque, come avviene nel modello francese (m’ispiro alla
“fotografia” della realtà di S. Ferrari); né, per converso, loro tutela
privilegiata, passando dalla c.d. ragione “dei più”, dalla dittatura della
maggioranza, ad una sorta di malcelato complesso verso le minoranze,
siano esse religiose, etniche o linguistiche. Non per tanto, l’equilibrata
salvaguardia delle medesime garantisce le democrazie dal pericolo della
disgregazione (M. Ventura).
Va inoltre posto l’accento, doverosamente, sulle tendenze che
propugnano l’uguaglianza come parità in tema di libertà delle confessioni
religiose (art. 8, comma 1, Cost.) ed in materia di tutela penale del
sentimento religioso dei cittadini. Data una scelta diversa - scriveva F.
Ruffini –
“ne consegue incontrovertibilmente che un più di punizione contro le
offese e gli attentati significhi necessariamente un più di protezione e
implichi, di conseguenza, un più di libertà religiosa; e che,
inversamente, un meno di protezione significhi un meno di libertà.
Uguale libertà importa uguale protezione”6
anche, ove necessario, nei riguardi degli appartenenti alle organizzazioni
dette di libero pensiero, dirette a dichiarare il pensiero laico od estraneo a
credenze religiose (F. Margiotta Broglio - V. Tozzi).
All’incontro, uguaglianza concreta, giuridica, ancora una volta
“relativa” nella regolazione dei rapporti giuridici facenti capo alle
differenti confessioni religiose e per esse ai cittadini, di cui è parola
nell’art. 3, 1° comma, Costituzione. Infatti, ciò che l’ordinamento deve
esprimere pure in materia religiosa, benché non si tratti di àmbito e
5. A. DE TOCQUEVILLE, Scritti politici, II, La democrazia in America, Torino, 1998, p.
297 ss. Nel bicentenario della nascita dell’autore, mettendone in evidenza l’attualità, cfr.
le belle pagine di G. ZAGREBELSKI, Le correzioni di Tocqueville ai difetti della democrazia
(29 luglio 2005), in Lo Stato e la Chiesa, Roma, 2007, p. 61 ss.
6. F. RUFFINI, Diritti di libertà, 2ª ed., ristampa anastatica, La nuova Italia, Firenze,
1975, p. 80. È appena il caso di puntualizzare, de iure condito, che le sentenze della Corte
Costituzionale riguardanti la tutela penale della religione hanno prodotto la
depenalizzazione del reato di bestemmia (art. 57 D. Lgs. 30 dicembre 1999 n. 507) e le
conseguenti, speculari modifiche del legislatore nel quadro dei reati di opinione, come
configurate negli artt. 7-10 della l. 24 febbraio 2006 n. 85. Sul tema cfr. V. PACILLO, I
delitti contro le confessioni religiose dopo la legge 24 febbraio 2006 n. 85. Problemi e prospettive di
comparazione, Giuffrè, Milano, 2007.
5
Stato, Chiese e pluralismo confessionale
Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 26/2012
17 settembre 2012
ISSN 1971- 8543
finalità da porre in relazione con lo Stato, è la reciproca coerenza delle
norme in riferimento all’obiettiva diversità di situazioni e di circostanze,
espressione del compito di classificazione pertinente al legislatore
(legislare, invero, significa classificare). Su questo punto, circa la funzione
del principio di eguaglianza, ha posto efficacemente l’accento S. Bordonali.
Rammento che sempre il Ruffini, considerato, accanto a Francesco
Scaduto, uno dei fondatori della scuola italiana di diritto ecclesiastico, pur
avendo escluso ogni disparità fra religione cattolica e religioni non
cattoliche in materia di tutela penale, sosteneva a chiare lettere la necessità
pratica per lo Stato di adeguare la sua condotta in relazione alla differente
posizione della Chiesa cattolica e delle altre confessioni nel nostro Paese7.
Non a tutti lo stesso, ma a ciascuno il suo, perché “è tanto ingiusto trattare in
modo disuguale rapporti giuridici uguali, da quanto trattare in modo
uguale rapporti giuridici disuguali”8. Su questa linea si colloca la
giurisprudenza dell’Alta Corte, pure negli odierni sviluppi9,
conformemente alle esperienze costituzionali di altri Paesi, fra cui gli Stati
Uniti, la Germania e la Confederazione Elvetica.
Ancora, valore fondante della libertà di coscienza10, da intendere
come principio supremo e prioritaria “libertà di scelta” 11, avendo peraltro
presente che la Corte costituzionale, in tutto il quadro della sua
giurisprudenza in materia ecclesiastica (con attenzione ovviamente alle
decisioni applicabili), preclude qualsivoglia apertura nei confronti di
lesioni “subliminali” dei diritti di libertà, con riguardo ai singoli ed alle
confessioni religiose; manifesta chiaramente di propendere per il
riconoscimento di lesioni intelligibili, obiettive, interpretate con equilibrio
e secondo parametri giuridici condivisi, piuttosto che alla stregua di un
incerto “dover essere”, non di rado scaturente da postulati ideologici e
confessionali o, comunque, da punte di mal celata intolleranza.
Esiste, come abbiamo chiarito, un anticlericalismo di struttura,
resistente al mutare dei tempi, dal quale l’Italia non riesce a liberarsi dopo
oltre sessant’anni di vita democratica. Bisogna prendere atto che tale non
7. Cfr. F. RUFFINI, Corso di diritto ecclesiastico italiano. La libertà religiosa come diritto
pubblico subiettivo, Bocca, Torino, 1994, p. 424.
8. F. RUFFINI, Diritti di libertà, cit., p. 84.
9. Cfr. Corte cost., 14 novembre 1997, n. 329, in Foro it., 1998, I, c. 26 ss.; Corte cost. 20
novembre 2000, n. 508, in Giur. cost., 2000, p. 3969 ss.; Corte cost., 9 luglio 2002 n. 327, in
Dir. eccl., 2002, II, p. 179 ss.; Corte cost., 29 aprile 2005, n. 168, in Foro it., 2005, I, c. 2288 ss.
10. Cfr. Corte cost., 5 maggio 1995, n. 149, in Dir. eccl., 1995, II, p. 293 ss.
11. Cfr. E. N. LUTTWAK, S. CREPERIO VERRATTI, Che cos’è davvero la democrazia,
Mondadori, Milano, 1996, p. 164 ss.; Id., Il libro delle libertà, Mondadori, Milano, 2000, p.
15 ss.
6
Stato, Chiese e pluralismo confessionale
Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 26/2012
17 settembre 2012
ISSN 1971- 8543
invidiabile retaggio conduce ad operare sui concetti di libertà, laicità ed
uguaglianza una serie di distinzioni e di suddistinzioni, che richiamano
alla mente i “bigottismi del laicismo” (non meno perniciosi di quelli propri
del confessionismo), circa i quali metteva giustamente in guardia il
principe degli ecclesiasticisti italiani, A. C. Jemolo, insuperato maestro di
tutti noi 12.
Tensione infine verso l’ideale, oggi più maturo (ma purtroppo
ancora non vicino), di un diritto comune europeo, non di un diritto
ecclesiastico europeo, di cui qui si è parlato, tenuto conto che per tutti i
popoli del continente uniche e comuni sono state, lungo l’arco dei secoli
trascorsi, tanto la civiltà giuridica quanto la medesima normativa di base.
Ciò peraltro non può comportare, persino quando i tempi divengano
maggiormente propizi, il sacrificio di valori nazionali o comunque
identificanti, che appaiano consolidati e irrinunciabili secondo la corretta
valutazione della volontà popolare, da rilevare con metodo democratico
ed affezione verso la giustizia.
In particolare non va dimenticato, a fronte del recupero della
tradizione separatista francese, come desumibile dagli irrigidimenti della
nuova legge sui simboli religiosi (15 marzo 2004), parallela all’insorgere di
una prassi di consultazioni periodiche con le confessioni (R. Astorri), che
la via italiana alla libertà religiosa, individuale e collettiva, segnata dal
legislatore e dagli importanti interventi della Corte costituzionale, indica
una prevalenza della libertà sulla laicità. Quasi una “religione della
libertà” di crociana memoria13, la quale consente di affermare che dove
sarebbe assoluta la laicità relativa è la libertà (proprio come in Francia) o,
al contrario, che dove è relativa la laicità si accresce la dimensione della
libertà (come in Italia), confermandone le note di “legge suprema”14.
Nondimeno, a differenza dalla laicità e dall’uguaglianza, mai per essa è
stato rivendicato, con duraturo successo, il carattere dell’assolutezza nella
lunga storia della società e del diritto.
3 – I parametri della relatività
12. Cfr. A. C. JEMOLO, Lezioni di diritto ecclesiastico, 5ª ed., Giuffrè, Milano, 1979, p.
143.
13. Cfr. B. CROCE, La religione della libertà - Antologia di scritti politici, a cura di G.
COTRONEO, Rubettino, Soveria Mannelli, 2002, in particolare pp. 131-142.
14. B. CROCE, La religione della libertà, cit., p. 145.
7
Stato, Chiese e pluralismo confessionale
Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 26/2012
17 settembre 2012
ISSN 1971- 8543
La relatività nell’applicazione dei valori sostanziali complementari di
libertà, laicità ed uguaglianza, che costituiscono il fondamento del diritto
ecclesiastico statuale, trova singolari coincidenze sia sul terreno filosofico
in una direzione cognitiva e scientifica del reale, anche se oggetto della
filosofia sembra essere in sostanza “lo studio del tutto”15, sia specialmente
in campo fisico, ove si ponga mente al linguaggio generico ed al significato
specifico del termine ovvero si sposti l’attenzione sul principio di relatività
galileiana e su quello di relatività einsteniana, posto dapprima a
fondamento della teoria della relatività ristretta (o speciale) e,
successivamente, dell’estensione a sistemi di riferimento non inerziali
(teoria della relatività generale)16.
Occorre rammentare che, sul presupposto dell’unità del sapere e
del metodo fra tutte le scienze (comprese quelle naturali)17, la scienza
giuridica, quindi anche la scienza del diritto ecclesiastico, oltre a
distinguersi per un linguaggio tendenzialmente chiuso, sistematico e
specializzato, è caratterizzata dal fatto che i suoi risultati non devono
risultare privi della possibilità di controllo, proprio come avviene nel campo
delle scienze naturali18.
Ecco perché occorre sfrondare lo studio del diritto da qualsiasi
pregiudiziale ideologica o confessionale o, se questo è impossibile, aprirsi
autenticamente al confronto ideologico, con l’obiettivo di individuare
serenamente (vorrei dire asetticamente) dei princìpi generali o
classificatori, da intendere quali punti di forza per passare dal generale al
particolare coordinato e viceversa, a seconda del tipo di ragionamento,
attraverso una serie di spiegazioni, che, in quanto effettivamente basate su
15. A. INCAMPO, Sul dovere giuridico, Cacucci, Bari, 2003, p. 17.
16. Cfr. A. EINSTEIN, I fondamenti della relatività, trad. it., Newton Compton, Roma,
1984; M. LUDVIGSEN, General relativity. A geometric approach, Cambridge University
Press, Cambridge, 1999.
17. Per alcuni studi circa la necessità e la possibilità di un approccio interdisciplinare
al sapere, che nasce negli anni ‘70 - ‘80 del Novecento come nuova apertura delle scienze
naturali verso lo studio dei sistemi complessi (sistemi di sistemi) ed apre anche un ponte
tra scienze naturali ed umane, si vedano H. ATLAN, L’intuizione del complesso,
Mondadori, Milano, 1993; AA. VV., La sfida della complessità, a cura di G. Bocchi, M.
Ceruti, Feltrinelli, Milano, 1997; E. LAZLO, Olos. Il nuovo mondo della scienza, Riza,
Milano, 2002.
18. Cfr. F. FINOCCHIARO, Lo studio del diritto ecclesiastico negli ultimi venti anni, in
Dir. eccl., 1981, I, p. 506. Per i rapporti fra scienze giuridiche e scienze umane, nell’alveo
di una concezione che mira, precisamente, all’unità del sapere e del metodo fra tutte le
scienze, comprese quelle naturali, cfr., sebbene con prioritario riferimento al diritto
ecclesiastico civile (o dello Stato), M. TEDESCHI, Sulla scienza del diritto ecclesiastico, 3ª
ed., Giuffrè, Milano, 2007, pp. 5-114.
8
Stato, Chiese e pluralismo confessionale
Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 26/2012
17 settembre 2012
ISSN 1971- 8543
dati controllabili, possono qualificarsi come scientifiche nel senso più
genuino del termine.
In quest’ottica il ragionamento giuridico s’identifica col
ragionamento tout court, sulla piattaforma dell’osservazione empirica e
dell’elaborazione ordinata dei dati normativi, guidato dall’idea di equità e
dall’imparzialità dell’interprete, nonché, possibilmente, dalla conoscenza
del pregiuridico (realtà storiche, sociali, politiche), nonché di differenti
sistemi o famiglie giuridiche19. Nel famoso discorso di Regensburg, del 12
settembre 2006, Benedetto XVI ha sottolineato il dato dell’universitas
scientiarum, dell’esperienza di universitas,
“[...] l’esperienza cioè del fatto che noi, nonostante tutte le
specializzazioni che a volte ci rendono incapaci di comunicare,
formiamo un tutto e lavoriamo nel tutto dell’unica ragione con le sue
varie dimensioni [...]”20.
La possibilità di controllo, a cui si faceva riferimento, esiste, per
quanto ora interessa, tanto per gli specifici risultati della ricerca sulla
“relatività” dei valori giuridici presi in considerazione, movendo dal
terreno applicativo, quanto per l’impressionante analogia con le valenze
del principio in filosofia21 e, si licet parva componere magnis, nel campo della
fisica.
Penso alla necessità di un criterio di riferimento (per esempio, un
insieme di coordinate) per alcune proprietà o grandezze, che assumono
solo così significati e valori univoci, per cui essi non possono essere
considerati assoluti fuori del sistema adottato, ma vanno appunto concepiti
come relativi per questa dipendenza dalla variabilità del sistema o dei
sistemi. Le esemplificazioni potrebbero continuare; mi limito a
sottolineare, quanto alla teoria della relatività ristretta (o speciale) di
Einstein, la relatività della contemporaneità (o della simultaneità), la
19. Per l’impostazione originaria, quantunque in ambito canonistico, cfr. R.
COPPOLA, La non esigibilità nel diritto penale canonico - Dottrine generali e tecniche
interpretative, Cacucci, Bari, 1992, p. 90 ss.
20. BENEDETTO XVI, Fede, Ragione e Università. Ricordi e riflessioni, in Chi crede non è
mai solo. Viaggio in Baviera - Tutte le parole del Papa, Cantagalli, Siena, 2006, p. 13 s.
21. Sebbene la differenza delle culture non pregiudichi, in sé, l’idea di universalità dei
diritti, per gli argomenti specifici connessi alla rilevanza in filosofia della teoria della
relatività di Einstein, al di là della polivalenza semantica dei concetti e dei princìpi, cfr. R.
MAIOCCHI, Einstein in Italia. La scienza e la filosofia italiane di fronte alla teoria della
relatività, Angeli, Milano, 1985.
9
Stato, Chiese e pluralismo confessionale
Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 26/2012
17 settembre 2012
ISSN 1971- 8543
dilatazione relativistica del tempo, la contrazione relativistica delle
lunghezze, l’equivalenza tra massa ed energia22.
Alla luce di quanto esposto c’è analogia fra la relatività
dell’applicazione dei concetti giuridici o comunque assunti nella sfera del
diritto, come i valori sostanziali di libertà, laicità ed uguaglianza, e la
relatività di cui si discute in campo filosofico e fisico. Utilizzando le
intuizioni (con reciproche verifiche) di un illustre fisico polacco, noto per
essere l’autore del calcolo del limite della forza di attrazione dei corpi
(“Kostro constant”), anche in campo giuridico lo spazio geografico ed il
tempo storico possono costituire, come abbiamo detto in principio, un
sistema di riferimento in rapporto ai valori23.
Un diverso atteggiamento troveremo in Europa ed in Asia, in
Polonia e in Italia; un altro, ancora, nell’antichità o nel medioevo, nell’età
moderna ed in quella contemporanea. Esiste, altresì, un sistema di
riferimento lato sensu culturale con difficoltà di assimilazione delle
posizioni verso i valori base (fondanti) nei Paesi con maggioranza
cristiana, islamica, buddista e via dicendo. I confini della relatività in
rapporto alla sfera c.d. dell’assoluto, che si ha quando una quantità non
dipende (per la fisica einsteniana) dal sistema di riferimento, sono anzi
decisamente più ampi nella sfera delle scienze giuridiche e,
conseguentemente, della scienza del diritto ecclesiastico, salva l’idea
dell’universalità dei diritti umani, peraltro ininfluente sui rispettivi
contenuti, come nelle situazioni d’emergenza24.
4 – Alcune prospettive per lo studio del diritto ecclesiastico
22. Cfr. R. RESNICK, Introduction to the special relativity, Wiley, New York - London,
1968. Nella teoria della relatività ristretta lo spazio ed il tempo sono dimensioni relative
perché l’intervallo spaziale e quello temporale tra due eventi dipendono dal sistema di
riferimento. All’incontro, il binomio spazio-tempo è assoluto perché l’intervallo spaziotemporale fra due eventi non dipende da questo, essendo lo stesso, uguale in tutti i
sistemi di riferimento. La teoria della relatività generale, come abbiamo accennato,
comporta l’estensione dell’elaborazione e dei risultati, qui ulteriormente specificati, al
complesso dei sistemi di riferimento, anche a quelli non inerziali.
23. Cfr. le suggestioni di L. KOSTRO, Einstein e l’etere. Relatività e teoria del campo
unificato, Dedalo, Bari, 2001, passim; L. KOSTRO, Gli orologi della teoria relativistica, in
AA.VV., La natura del tempo. Propagazioni superluminari, paradosso dei gemelli, teletrasporto, a
cura di F. Selleri, Dedalo, Bari, 2002, pp. 167-183.
24. Cfr. I. VIARENGO, Deroghe e restrizioni alla tutela dei diritti umani nei sistemi
internazionali di garanzia, in Riv. dir. int., 2005, pp. 955-996; V. EBOLI, La tutela dei diritti
umani negli stati d’emergenza, Giuffrè, Milano, 2010.
10
Stato, Chiese e pluralismo confessionale
Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 26/2012
17 settembre 2012
ISSN 1971- 8543
Concludiamo, evidenziando che le odierne prospettive dello studio del
diritto ecclesiastico vanno nel senso dell’equilibrio, del discernimento
nell’uso dei poteri statali e nell’interpretazione della volontà del popolo
sovrano: la norma segue il fatto25, per cui il legislatore non previene,
sistematicamente o per principio, “le commozioni della pubblica
opinione”26. Ricordo le suggestive descrizioni del premio Nobel per la
letteratura, O. Pamuk, circa il confronto tra Occidente ed Islam, che oggi si
vive anche drammaticamente nello Stato fondato Atatürk in Turchia.
Nelle pagine del romanzo-testimonianza i rivolgimenti sono organizzati
dai nazionalisti laici, non dagli integralisti religiosi, mentre avanza una
contraddittoria “laicità”, sorretta da provvedimenti sostanzialmente
antidemocratici27.
Occorre privilegiare, tornando verso il contesto originario, la
visione di un diritto che non sia né “mite” (cosa che comporta la
relativizzazione dell’etica) né forte (che potrebbe significare l’imposizione
di un’etica). La tensione dello Stato, laico e democratico, dovrebbe avere
ad oggetto un diritto “giusto”28, cioè solidale ed esigibile per i destinatari,
tanto nel momento della produzione normativa (attraverso gli organi
deputati ad hoc) quanto in quello della sua applicazione pratica (mediante
gli organi giudiziali ed amministrativi).
25. Cfr. R. COPPOLA, Il valore della norma nell’interpretazione del giurista, in Nuovi
orientamenti, n. 23, novembre-dicembre 1973, pp. 7-8.
26. Atti parlamentari, Camera dei deputati, Legislatura XIV, 1ª sessione 1880-81, Documenti,
etc., n. 159-A, p. 2 (relazione della Commissione della Camera sul disegno di legge,
presentato dal Ministro di grazia e giustizia e dei culti Villa, con rinvii a Cicerone e G. B.
Vico per il sostegno dell’idea inversa).
27. Cfr., per la migliore intelligenza delle espressioni nel testo, O. PAMUK, Neve, trad.
it. di M. Bertolini, S. Gezgin, Einaudi, Torino, 2006, passim. L’autore, in apertura del
volume, riporta una frase calzante, tratta da un altro celebre romanzo, che trascrivo per il
suo valore ai fini della penetrazione della situazione, difficile e delicata, con non pochi
precedenti e somiglianze nel concerto mondiale. “Bene, allora, eliminate il popolo,
toglietegli ogni potere, fatelo tacere. Perché l’illuminismo europeo è più importante del
popolo” (F.M. DOSTOEVSKIJ, note ai Fratelli Karamazov). In questo quadro, per come si
governa il Paese che si considera erede di quella che un tempo fu una grande potenza
europea (l’Impero ottomano), cfr. M. CARDUCCI, B. BERNARDINI D’ARNESANO,
Turchia, il Mulino, Bologna, 2008.
28. Per una disamina del rapporto dialettico fra diritto e giustizia cfr. le riflessioni,
succinte ma appropriate, del compianto L. TROCCOLI, Ius - Iustitia - Lex Domini, in
AA.VV., Diritto divino e legislazione umana, a cura di A. Filipponio, R. Coppola,
Giappichelli, Torino, 1998, p. 285 ss.
11
Stato, Chiese e pluralismo confessionale
Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 26/2012
17 settembre 2012
ISSN 1971- 8543
Esigibile significa prima di tutto possibile, fisicamente e moralmente,
per i singoli, i gruppi, per i corpi morali operanti nell’ordinamento: un
diritto accogliente, su misura della persona umana (V. Tozzi), che, tuttavia,
non comporti il rischio del cedimento delle regole, derivante dalle
implicazioni di alcune tesi, riconducibili a correnti di pensiero pur
interessanti ed originali.
L’accento cade sugli studi in merito ai diritti naturali, sulle
interazioni umane e norme giuridiche29, sulle varie ricerche circa il diritto
vivente o spontaneo, nonché sull’ordine senza il diritto30, sulle
elaborazioni della sociologia delle norme implicite31; ma principalmente
vanno valutate le aperture, non sempre adeguatamente critiche, nei
confronti del pluralismo esasperato degli universi culturali, etici, religiosi
e politici. Non mi riferisco all’immagine equilibrata data da M. Tedeschi,
ma al c.d. diritto per princìpi (di valore)32, che rafforza la cittadella del
governo dei giudici, non più semplici, fermi sacerdoti della legge.
Ringrazio dell’ascolto e, con affetto e gratitudine per la vostra
partecipazione (ed attenzione), per il silenzio assorto che ha accompagnato
le mie parole, dichiaro chiuso l’odierno convegno nazionale di studio su
“Laicità e dimensione pubblica del fattore religioso - Stato attuale e prospettive”.
Oltre che il dono più bello che poteva essermi fatto, è stata tale attenzione
il compenso migliore alle mie fatiche.
29. Cfr. L. FULLER, La moralità del diritto, trad. it., Giuffrè, Milano, 1986.
30. Cfr., fra gli altri, H. W. ARTHURS, Without the law, University of Toronto Press,
Toronto, 1995, e sul realismo americano, quantunque risalente nel tempo, A. HUNT, The
Sociological movement in Law, Macmillan, London-Basingstoke, 1978.
31. Cfr. R. MOTTA, Intorno ai concetti giuridici e antropologici - Occidente e altri «blocchi
culturali» a confronto, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 1995, in particolare p.
433 ss. per le indicazioni verso una nuova semantica del pluralismo giuridico e degli
approfondimenti sull’internormatività; R. MOTTA, Roderick MacDonald e la sociologia delle
norme implicite, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 1999, p. 145 ss.
32. Cfr. G. ZAGREBELSKI, Il diritto mite - Legge diritti giustizia, Einaudi, Torino, 1992.
12
Stato, Chiese e pluralismo confessionale
Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 26/2012
17 settembre 2012
ISSN 1971- 8543
The Principle of Secularism (laicità) “in Progress”
General Conclusion
ABSTRACT: Like the previous national meetings, from the sessions of
this Conference one may appreciate the worthwhile link between the
academic-scientific
experience
and
the
juridical-jurisprudential
experience. The homogeneity of contents (as revealed by the academic
doctrine) together with the relativity of substantial values (strictly related
to the conceptions of liberty, secularism and equality) is not necessary due
to be translated into different models of State-religions relationship. The
concrete use of normative systems is a clear example of that.
These are in fact results that emerge from both the public relevance of
religious phenomena and the outcomes given by the overview of
legislative works; as the main Italian scholars have already underlined at
the national and international level, including the European area.
KEYWORDS: Secularism, Juridical Experience, Liberty, Equality, Italy,
normative system.
13