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La fotografia
A cura di Nicola Ziccardi
2. Storia della macchina fotografica.
La “camera obscura”.
"La sperientia che mostra come li obbietti mandino le loro spetie over similitudini intersegate dentro all'occhio nello
umore albugino, si dimostra quando per alcuno piccolo spiraculo rotondo penetrano le spetie delli obbietti alluminati in
abitatione fortemente oscura: allora tu riceverai tale spetie in una carta bianca posta dentro a tale abitatione lquanto
vicina a esso spiraculo e vedrai tutti li predetti obbietti in essa carta colle loro proprie figure e colori ma saran minori e
fieno sottosopra per causa della intersegatione li quali simulacri se nascieranno di loco alluminato del sole saran proprio
dipinti in essa carta la quale vuole essere sottilissima e veduta da rovescio e lo spiraculo detto sia fatto in piastra
sottilissima di ferro".
(Leonardo da Vinci - Codice Atlantico)
“L‟esperienza che dimostra come gli oggetti mandino le loro immagini riflesse nell‟occhio e nel suo umore
lucido, è palese quando le immagini d‟oggetti illuminati entrano attraverso una piccola apertura rotonda in
una stanza molto buia. Potrete catturare quindi queste immagini su un pezzo di carta bianca che sia posto
verticalmente nella stanza,non lontano dall‟ apertura, e vedrete l‟oggetto su questa carta nella sua forma e
colori naturali, ma essi appariranno più piccole e capovolte, per l‟intersecarsi dei raggi all‟apertura”.
Così scriveva Leonardo da Vinci intorno al 1500, paragonando il funzionamento
dell‟occhio umano a quella che poteva essere una prima camera oscura da lui definita
“Oculus artificialis”. Ma già prima di lui altri avevano scoperto l‟antenata della macchina
fotografica.
Camera obscura rappresentata come se fosse un occhio, agli inizi del '500.
Tornando indietro di molti secoli, ci accorgiamo che il primo accenno alla camera oscura
venne fatto da Aristotele (384-322 a.C.) intorno al 350 a.C. Il filosofo greco aveva
osservato che il sole in eclissi parziale, proiettava sul terreno, attraverso i fori di uno
staccio e gli squarci tra le foglie, un‟immagine a forma di mezzaluna: notando, inoltre, che
quanto minore era il foro tanto più nitida si formava l‟immagine. Ritentò l‟esperimento in
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una stanza buia con un foro quadrato alla parete e notò che il sole formava un‟immagine
circolare sulla parete opposta al foro. Nei “Problemata” affermò quindi che "I raggi del sole,
passando per un'apertura quadrata, formano un‟immagine circolare la cui grandezza
aumenta con l'aumentare della distanza dal foro”.
Dobbiamo però agli arabi la realizzazione della prima camera obscura, in particolare al
filosofo-astronomo Alhazen Ibn Al-Haitam, il quale, tra il X e l‟XI sec., descrisse
ottimamente il fenomeno. Egli utilizzò la camera obscura per poter studiare un‟eclissi di
sole e nel suo libro di ottica riportò quanto scritto: “Se l‟immagine del sole al momento di
un‟eclisse, purché questa non sia totale, cade attraverso un forellino rotondo su di una
superficie piana opposta, essa avrà la forma di una mezzaluna. L‟immagine del sole rivela
questa proprietà solo quando il foro è molto piccolo.”
Dal XIII secolo, la camera obscura si sviluppò con estrema. Ruggero Bacone (1214-1294),
filosofo e scienziato inglese, descrive un fenomeno molto simile a quello citato da
Aristotele e ne “traccia una figura schematica esatta” nel “De Multiplicatione specierum”
del 1267; Guillaume de Saint Cloud, astronomo francese, nel 1290 riferisce, attraverso un
Almanacco, che tale fenomeno veniva utilizzato per osservare più comodamente le eclissi
di sole e osserva a sua volta con una camera oscura, nell‟ “anno del Signore 1285, il 5°
giorno di Giugno”, le fasi di un‟eclissi solare facendo “nel tetto di una stanza chiusa una
apertura rivolta verso la parte del cielo dove doveva apparire”: lo spiraglio aveva un
diametro simile al foro che “si pratica in un barile per togliere il vino”, ossia un paio di
centimetri.
Possiamo trovare riferimenti alla camera obscura anche negli scritti di Levi Ben Gerson
(1320).
Filippo Brunelleschi fu l‟inventore della prospettiva con un unico punto di fuga ed egli
stesso utilizzò uno strano marchingegno dotato di specchi che gli permetteva di misurare
la diminuzione dei corpi in profondità grazie alla convergenza delle ortogonali verso un
unico punto di fuga. Tale marchingegno aveva molte caratteristiche tipiche della camera
obscura.
La camera obscura venne quindi concepita per favorire gli studi sulla prospettiva e per
molti anni rimase soltanto uno strumento "meccanico", e non certo artistico, indispensabile
per architetti e pittori. Un suo grande utilizzatore fu, ad esempio, il Cataletto che usava la
camera obscura per "vedere" i paesaggi di Venezia.
Il 24 gennaio 1544 Rainer Frisius utilizzò una camera oscura per osservare anch‟egli
un‟eclissi di sole, lasciando una illustrazione del metodo utilizzato.
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Il principio della camera obscura illustrato da Rainer Frisius,
che la utilizzò per osservare l'eclissi solare del 24 gennaio 1544.
Nel 1550 Gerolamo Cardano migliorò la qualità dell'immagine applicando al foro una
lente convessa. Quindici anni dopo Daniele Barbaro migliorò ulteriormente la resa
applicando un diaframma per ridurre il diametro di lavoro della lente. Nel giro di poco
tempo vennero così poste le basi teorico-conoscitive che porteranno allo sviluppo degli
obiettivi fotografici, poco meno di tre secoli dopo. In quegli anni il Vasari documentò
l'utilizzo della camera obscura in pittura.
C'è da dire che la camera obscura necessitava di una scena molto luminosa, perché la
sua rappresentazione capovolta e invertita era notevolmente scura; per questo motivo era
necessario limitare le dimensioni della proiezione, che altrimenti sarebbe stata pressoché
inutilizzabile. Per questo motivo gli artisti che facevano uso della camera obscura
ricorrevano anche all'impiego del pantografo.
La camera obscura reflex.
Prima Johann Christoph Sturm la progetta nel 1676, poi Johann Zahan la realizza nel
1685: si tratta della prima camera obscura reflex, dove i raggi vengono deviati verso un
vetro smerigliato mediante uno specchio inclinato di 45 gradi. In tal modo il lavoro del
lucidista diventa più agevole.
Camera obscura di Johann Zahan.
Nel corso degli anni la camera obscura assunse forme molto diverse tra di esse: a volte
era una carrozza oscurata, altre una tenda o una scatola. Era però sostanzialmente uno
strumento di semplice osservazione o di "ripresa", che serviva soltanto a consentire il
ricalco dell'immagine.
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Camera obscura realizzata mediante una tenda, con periscopio in cima.
Veniva usata da paesaggisti e vedutisti.
Camera obscura trasportabile a mo' di portantina,
con periscopio in cima e bocche di aerazione per il disegnatore,
con piano di lavoro e sedile.
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La fotocamera stenopeica.
Per arrivare alla versione fotografica della camera obscura dobbiamo attendere l‟arrivo
della fotocamera stenopeica (1850 ca). La fotocamera stenopeica (dal greco stenos
opaios – piccolo foro) differisce dalla camera obscura solo per il fatto di essere
predisposta per contenere un supporto sensibile alla luce, su cui si forma l'immagine.
La fotocamera stenopeica è molto semplice da costruire perchè è sufficiente una scatola
vuota e nera, un piccolo foro su una parete e un foglio fotosensibile su quella opposta. Per
un prodotto più sofisticato basterà aggiungere un mirino per calcolare l‟inquadratura, un
semplice otturatore ed aumentare l'autonomia utilizzando una pellicola in rullo.
Oppure possiamo prendere una qualunque macchina fotografica, togliere l‟obiettivo e
praticare un piccolissimo foro nel tappo del corpo macchina. Caratteristiche della fotografia
stenopeica sono: una nitidezza piuttosto bassa, l'assenza di distorsioni e una profondità di
campo praticamente infinita. Ha grandi possibilità creative e molti artisti la utilizzano
ancora oggi.
La fotocamera a cassette scorrevoli (1820 c.a. - 1860 c.a.).
Le fotocamere a cassette scorrevoli non sono altro che la camera oscura di Kaspar Schott
modificata per accogliere un supporto sensibile al posto del vetro su cui viene proiettata
l'mmagine. Già nel 1657 Kaspar Schott aveva introdotto la grande novità di due cassette,
scorrevoli una dentro l'altra, che permettevano di variare la distanza fra la lente e il piano
su cui si forma l'immagine, e quindi di mettere a fuoco la camera oscura. Questa
invenzione segna la data ufficiale della nascita della macchina fotografica. Per altri due
secoli e per cinquant‟anni dopo l‟invenzione della fotografia, non subirà grandi
cambiamenti. Niépce, Daguerre e Talbot utilizzarono tutti fotocamere a cassette scorrevoli,
magari con qualche curiosa variante: ad esempio Talbot per i suoi primi esperimenti ad
annerimento diretto utilizzò delle fotocamere dotate di un foro di ispezione, chiuso da un
tappo, nella parte anteriore. I tempi di esposizione erano talmente lunghi che una sbirciata
di verifica di tanto in tanto non arrecava nessun danno all'immagine.
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Daguerre, in società con il cognato Giroux, fondò la prima azienda al mondo per costruire
fotocamere, prima ancora che l'invenzione fosse presentata all'Accademia delle Scienze di
Francia, e iniziarono la costruzione di fotocamere a cassette scorrevoli. Daguerre aveva
intuito che non sarebbe stata la scoperta a fargli ottenere denaro, ma bensì poteva
sfruttare la sua notorietà per costruire e vendere le macchine e i prodotti per la
realizzazione di immagini dai risultati garantiti.
Le fotocamere a cassette scorrevoli vennero utilizzate a lungo anche dopo l'arrivo delle più
pratiche e leggere macchine a soffietto perchè molti fotografi le preferivano per la loro
semplicità e robustezza che rendeva queste fotocamere quasi indistruttibili. Esploratori e
fotografi girovaghi, che cercavano clienti nelle piazze di città e nei mercati di campagna e
che quindi erano continuamente in giro le preferivano, appunto, per queste loro
caratteristiche.
La fotocamera da studio e da campagna (1850 c.a. - 1930 c.a.).
Le fotocamere da studio e da campagna erano quelle fotocamere,anch‟esse di legno che,
grazie all'invenzione del soffietto, sostituirono in breve tempo le cassette scorrevoli, rigide
e scomode da trasportare. Il soffietto era realizzato in
pelle o in tela gommata o
verniciata e inizialmente era una semplice sacca floscia fino a quando, verso il 1850, non
fecero la loro comparsa i modelli piegati, più rigidi e con maggior possibilità di
compressione. Le fotocamere da campagna sono decisamente le più longeve della storia
in quanto ne esistono ancora diverse e continuano ancora oggi ad esserne prodotti nuovi
modelli, come ad esempio la cinese Shanghai Shenhao che è stata immessa sul mercato
nel 2001. Altre, tuttora in produzione, sono le giapponesi Wista (legno di rosa, ciliegio o
ebano), Ikeda Anba e Tachihara (entrambe in ciliegio), la Deardorff, l'inglese Gandolfi
Precision, la Iston, l'indiana Rajah, la futuribile K. B. Canhan "costruita con tecnologie
aereonautiche" e l'americana Wisner Zone VI (mogano),
osannata dalla stampa
americana come "the most complete camera on the market and superior to all other
wooden cameras (...) with a jewel like finish (...) another addition to what is becoming the
Winer tradition of American classics". Tuttavia la fine dell'epoca delle fotocamere in legno
va collocata verso il 1930, quando le fotocamere da campagna vennero soppiantate dalle
piccole macchine fotografiche che consentivano una fotografia più dinamica e,
contemporaneamente, negli studi fotografici l‟arrivo dei primi banchi ottici in metallo, più
moderni e funzionali, sostituirono le fotocamere da studio in legno.
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Wisner Zone VI
Le fotocamere in legno si diversificarono sostanzialmente in due tipologie: quelle da studio
e quelle trasportabili, mantenendo in comune solamente l'uso di lastre più grandi rispetto
alle macchine amatoriali senonché alcune possibilità di decentramento e basculaggio. La
differenza fondamentale fra i due tipi consisteva proprio nella trasportabilità poichè, con la
diffusione della fotografia professionale nella metà dell'„800, le macchine da studio
iniziarono ad aumentare di formato, di peso e conseguentemente ad adottare supporti più
solidi e spesso non pieghevoli. Al contrario da campagna mantennero dimensioni di lastra
più contenute ed adottarono tutte le migliorie in grado di semplificarne il trasporto e la
messa in opera. I formati tipici delle campagnole, chiamate folding dagli inglesi (nel senso
di pieghevoli, non tascabili, riferendosi a questa classe di fotocamere) erano "13x18 cm.,
e tutto al più di 18x24 cm., perchè da esso si possono ottenere immagini visibili, e perchè
non imbarazza chi deve portarla su per i monti o dovunque" (L. Gioppi, 1887) mentre il
formato delle macchine da studio erano spesso di 30x40 cm.
Considerata la modesta richiesta, i primi apparecchi fotografici erano fatti completamente
a mano, montati e adattati da abili ed esperti meccanici. Le fotocamere avevano corpi in
legno rinforzati di ottone e soffietti di pelle.
Con l'introduzione delle pellicole a rullo di maggiore sensibilità e obiettivi a grande
apertura la produzione è passata da artigianale ad industriale in serie, da un lato per
soddisfare le aumentate richieste di apparecchi fotografici, dall‟altro per contenere i costi,
vista anche l‟incidenza del costo dei sistemi ottici.
La fotocamera Leica.
Nei primi anni del 1900, due grandi eventi tecnologici segnarono in maniera significativa lo
sviluppo e la diffusione della fotografia. Nel 1925 e nel 1932 vennero commercializzate
due fotocamere maneggevoli che utilizzavano per la prima volta il rullino da 35 mm. Si
trattava della Leica (LEItz CAmera) e della Contax. Quest‟ultima segnò l‟ingresso della
Zeiss Ikon nel mondo della fotografia formato 35 mm.
Sempre nel 1925 avvenne anche il passaggio al flash a bulbo, che sostituì la polvere di
magnesio.
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La Leica cambiò radicalmente la storia della macchina fotografica: non fu il miglioramento
di qualcosa già esistente ma un progetto rivoluzionario che ridisegnò la fotocamera
inventando una impostazione dei comandi che nessuno ha più modificato. Per questo
motivo è universalmente riconosciuta come la pietra miliare che segna l'inizio della storia
moderna della fotocamera.
Già nel 1911 Oskar Barnack, ingegnere proveniente dalla Zeiss, il cui sogno era di trovare
“un piccolo negativo per grandi foto”, iniziò a studiare il sistema per ridurre le dimensioni
del neativo. Nel 1913, come dipendente di Ernst Leitz, dopo aver progettato una
cinepresa, pensò di costruire una piccola macchina fotografica da affiancare alla cinepresa
per calcolare l‟esatta sensibilità della pellicola grazie a semplici “scatti”, per evitare di
sviluppare l‟intera pellicola esposta. Cercò di utilizzare la pellicola per riprese
cinematografiche con apposite modifiche inserendola in un caricatore. Naque così la
fotocamera a pellicola 24X36 noto anche come "formato Leica" che troviamo sulle
fotocamere ancora oggi.
Oskar Barnack creò il prototipo UR (1914), una fotocamera 35 mm con otturatore sul
piano focale, con obiettivo 50 mm, slitta porta accessori e peso di 350 gr. Questa fu la
capostipite di tutte le fotocamere leica e la sua architettura rimase invariata e la ritroviamo
in tutte le fotocamere 35 mm fino ai nostri giorni.
Con la crisi economica tedesca, Leitz si convinse a giocare la carta della produzione
fotografica, fu coniato il nome che ancora oggi ha la casa tedesca Leica e nel 1925, alla
fiera di Lipsia, fu presentata la Leica I, prima Leica di serie; i concetti costruttivi erano
quelli che ancora oggi sono alla base delle moderne fotocamere 35 mm.
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