Pesci spazzini ma non solo: i Corydoras

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Pesci spazzini ma non solo: i Corydoras
Acquariforum
Pesci spazzini ma non solo: i Corydoras
Inviato da Mirko Spinasanti
lunedì 09 luglio 2007
Ultimo aggiornamento lunedì 09 luglio 2007
Si chiamano Corydoras ed appartengono alla famiglia dei Callittidi, originari del Sud America. Sono i cosiddetti
“Pesci spazzini”, termine che purtroppo gli è stato affibbiato da diversi decenni, vista la loro salutare
abitudine di ripulire il fondale del nostro acquario per andare alla ricerca di cibo.
Per fare ciò, madre natura ha predisposto loro un delicatissimo organo che li aiuti a “rovistare” bene tra gli
anfratti del substrato, ossia, li ha muniti di due paia di barbigli sensoriali che si trovano ai lati della bocca.
foto di Andrea Tosini
Questi organi, comunemente chiamati “baffi”, sono delle appendici cutanee che consentono al pesce di
fiutare la presenza di cibo nelle immediate vicinanze, anche nei casi in cui l’acqua nella quale vivono, risulti
estremamente torbida e, di conseguenza, con scarsa visibilità. Un’evoluzione geniale quella che ha portato questa
specie a poter essere munita di un così sofisticato muscolo sul quale poter far affidamento anche per scavare piccole
buche nei fondali sabbiosi con lo scopo di trovare riparo da eventuali predatori. In natura, infatti, il Corydoras ha dovuto
sviluppare una fisionomia corporea adatta all’ambiente nel quale vive: una testa massiccia, corpo tozzo, ventre
piatto, coda accentuata e aculei spinosi agli estremi della pinna dorsale e delle pinne pettorali, sono l’unica arma
che questo pesce ha a sua disposizione per difendersi da attacchi di altri pesci predatori “verso il fondo”
non essendo essi abili nuotatori, o temibili combattenti. Anche i loro fianchi sono intelligentemente muniti di una
corazzatura robusta per attutire morsi e impedire ai parassiti di perforare l’epidermide o infiltrarsi tra le scaglie.
Queste placche ossee dermiche sono disposte su entrambi i lati del pesce e sono talmente dure che gli indios, per poterli
mangiare, devono cuocere i poveri malcapitati a fuoco vivo per oltre 10 minuti! La loro evoluzione non si è, però, fermata
soltanto ad uno strato esterno del corpo: vivendo in acque generalmente basse caratterizzate da deboli correnti e, nella
maggior parte dei casi, da una bassa concentrazione di ossigeno, i poveretti non potevano certo morire asfissiati! A tale
proposito, il loro tratto intestinale ha subito continue modifiche nel corso degli anni diventando un importantissimo organo
di riserva d’ossigeno e grazie a tali trasformazioni il loro tubo digerente permette scambi respiratori tra atmosfera
e sangue così… l’aria introdotta attraverso la superficie dell’acqua viene liberata sottoforma di
anidride carbonica dall’orifizio anale.
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foto by Jambè
C. maculifer
Immagine gentilmente concessa da: IanFuller
Per quanto riguarda le loro caratteristiche estetiche, i Corydoras vantano, tra tutti i pesci di fondo, il primato per il
maggior numero di “sottospecie” appartenenti a questa famiglia. Sono circa 200 le colorazioni e le
sfumature che danno a questo pesce un aspetto sempre diverso e stupefacente. Anche questa vasta gamma di
assortimento, che coinvolge tutti i colori esistenti con sfaccettature uniche e meravigliose, è il frutto di un lungo cammino
verso un adattamento mimetico ai diversi fondali che essi popolano. Difatti, in natura, ogni varietà endemica è dovuta ad
una evoluzione naturale della specie, volta al fine di poter assicurare ad ogni esemplare un giusto mimetismo con il
fondale e con l’ambiente circostante. Tra le specie più conosciute e ricercate in acquariofilia, troviamo: C. aeneus
(la più diffusa in tutto il mondo) caratterizzata dalla presenza di un colore marrone dominante con due bande più scure
laterali; C. paleatus (altra specie di larga diffusione) caratterizzata da un corpo totalmente tappezzato di macchie
bianche, nere, grigie e gradazioni sfumate di azzurro; C. reticulatus e C. similis, due specie simili tra loro caratterizzate
da una colorazione a mosaico dal giallo oro al marrone scuro; e poi ancora il C. julii, C.panda, C. schwartzi e C. solidalis.
Queste sono soltanto alcune delle innumerevoli specie che tale famiglia conta nel suo “albero
genealogico”. Le uniche due specie regolarmente riprodotte in cattività sono C. aeneus e C. paleatus. Di
conseguenza, sono le specie più economiche e più facilmente reperibili in tutti i negozi d’acquari con prezzi che
possono variare, a seconda della grandezza degli esemplari, dai 2 ai 5 euro circa. Le altre specie, essendo nella maggior
parte dei casi importate dai luoghi d’origine (Colombia, Perù, Brasile…), hanno valutazione leggermente
superiore sfiorando il prezzo massimo di circa 10 euro per le varietà più appariscenti come C. sterbai, C. panda e C.
barbatus.
C. aeneus
C. aeneus "albino"
C. aeneus è la varietà più diffusa nelle nostre vasche
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C. julii
C. pan
foto di Roberto Posarelli
Nei nostri acquari, i Corydoras sono i perfetti coinquilini di molte specie di pesci, dai piccoli e delicati caracidi, ai grandi e
colorati ciclidi. Compagni ideali possono essere ad esempio Discus e Scalari, visti i valori chimico-fisici dell’acqua
che sono pressoché uguali per le tre specie. I Corydoras prediligono un’acqua con Ph neutro o leggermente
acido (da 6 a 7), durezza media (8-12 Dgh) e una temperatura compresa tra i 22 e i 27 gradi a seconda della specie.
Questi sono i valori che bisognerebbe non infrangere per assicurare ad ogni esemplare uno stato di benessere continuo
e duraturo nel tempo, nonostante questi pesci abbiano mostrato nel corso degli anni straordinarie capacità di adattamento
ad ogni tipologia di acqua. Per quanto riguarda l’arredamento della vasca, il tutto dipende da che Corydoras si
intendono ospitare. Diverse specie gradiscono un fondale ricco di vegetazione con piante da far radicare molto bene al
terreno, onde evitare che i pesci le danneggino. Di grande importanza è il materiale che usiamo per ricoprire
l’argilla nel fondo: si può usare qualsiasi tipo di pietra e qualsiasi tipo di ghiaia. La cosa importante è che i sassolini
siano ben arrotondati per evitare di danneggiare i delicati “baffi” dei pesci. L’ideale sarebbe una
finissima sabbia di quarzo rosa con granulometria di 1 mm. Inoltre, la vasca deve essere provvista di un ottimo sistema
di filtraggio in quanto si sa che è proprio nei pressi del fondale che si registrano maggiori concentrazioni di quelle
sostanze tossiche ai pesci dovute al deterioramento di mangime, feci ecc… Piccoli cambi dell’acqua
settimanali nella misura del 10% sono ben accetti dai bellissimi pesci che, dopo minimie variazioni all’ambiente
nel quale vivono o all’acqua, vengono stimolati alla riproduzione.
C. breei
C. burgessi
C. concolor
C. elegans
Immagini concesse da: IanFuller
Quasi tutti gli esemplari di questa specie raggiungono una completa maturità sessuale all’età di circa due o tre anni.
Per questo, vista la difficoltà che si ha nel riconoscere esattamente il sesso di ognuno, è bene acquistare un gruppetto di
5-6 Corydoras da ospitare in una vasca di circa 200 litri. Sebbene si tratti di animali relativamente piccoli (6-7 cm), hanno
bisogno di molto spazio per essere lasciati liberi di agire come se si trovassero in natura. C’è anche da
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considerare il fatto che questi pesci non sfruttano tutta la capacità della vasca, bensì soltanto la parte inferiore quindi non è
molto importante quale sia il volume totale dell’acquario, ma è fondamentale invece che quest’ultimo si
sviluppi più in lunghezza e larghezza piuttosto che in altezza. L’ideale sarebbe una vasca a base ampia di
120x50 cm. E’ proprio in quest’ambiente, con i giusti valori dell’acqua, che i Corydoras pronti
all’accoppiamento, inizieranno i loro giochi amorosi fatti di inseguimenti, capovolte, continui scossoni da parte del
maschio che tenta di conquistare la femmina e parate minacciatorie tra gli esemplari che si contendono la stessa
“preda”. Per stimolare il processo riproduttivo è utile abbassare di 1-2 gradi la temperatura
dell’acqua visto che in natura, tale raffreddamento, corrisponde all’arrivo del periodo delle piogge, periodo
durante il quale i pesci sono nel pieno della loro attività riproduttiva. Se le condizioni ricreate nell’acquario saranno
ottimali, in breve tempo si noterà la coppia pronta alla deposizione aggirarsi freneticamente lungo tutta la superficie del
fondo e delle pareti, alla ricerca di un substrato sul quale adagiare le uova. Con i delicati barbigli, la coppia di partner,
pulirà accuratamente il luogo prescelto e tutta l’area circostante. Nel fare questo, i pesci lasceranno man mano uno
strato sottilissimo di muco invisibile lungo lo spazio che percorreranno. La natura di questo muco è un argomento
alquanto discusso tutt’oggi: alcuni scienziati sostengono che si tratti di una secrezione che i genitori stessi
liberano attraverso i barbigli per disinfettare il luogo dove depositeranno le uova, proprio come una specie di saliva
disinfettante antiparassitaria; altri sostengono invece che si tratti di un liquido incolore che serve a delimitare il territorio
attraverso l’odore che lo stesso emana: difatti gli altri maschi della specie, percependo questi odori, non
oserebbero oltrepassare i confini precedentemente segnati e non sarebbero di pericolo per la nidiata; altri ancora
sostengono che si tratti di una secrezione appiccicosa, secerna con lo scopo di tenere raggruppati i piccoli nelle prime
ore di vita, fino allo smaltimento del sacco vitellino; infine c’è chi avvalora tutte e tre le tesi sostenendo, inoltre,
che questo muco sia di fondamentale importanza alla sopravvivenza e alla schiusa della uova, in quanto, in assenza di
esso, queste ammuffirebbero o non verrebbero fecondate. Se ciò fosse vero, si spiegherebbero molti degli insuccessi che
si riscontrano spesso allevando e cercando di far riprodurre la specie in cattività.
C. rabauti
C. pulcher
C. pygmaeus
C. parallelus
Immagini concesse da: IanFuller
Giunto il momento della deposizione, la vasca contenente questi simpatici pesci è in piena attività. Difatti, la femmina
pronta per l’atto, inizierà a richiamare l’attenzione del partner scelto con tremolii del corpo e impicchiate
turbinose lungo le pareti dell’acquario. E’ proprio sul vetro sito nella parte opposta al filtro che avvengono
la maggior parte delle deposizioni in quanto le uova hanno bisogno di molto movimento dell’acqua per terminare il
loro sviluppo e non ammuffire. Occorre una continua e potente ossigenazione che permetta un’alta percentuale di
schiusa. Le modalità di fecondazione possono variare a seconda di ogni singolo individuo, in quanto, parlando di specie
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allevate in cattività, alcuni dei tratti comportamentali riguardanti la riproduzione sono stati modificati nel corso del tempo. In
ogni caso, come in tutte le specie della famiglia dei Callittidi, la femmina si pone sopra al maschio nella classica
posizione a “T” aspirando gli spermi e mettendoli in contatto con le uova attraverso i suoi opercoli
branchiali o attraverso la sua apertura anale. Una volta fecondate le uova, la femmina deposita i “futuri
nascituri” sul substrato prescelto aiutandosi nell’ardua impresa con i suoi impagabili barbigli. Può capitare
alle volte che una stessa femmina faccia fecondare le proprie uova da maschi differenti e questo avviene quando,
all’interno di uno stesso gruppo, non si sia ancora formata una vera e propria gerarchia e, di conseguenza, non ci
sia un’esemplare dominante al suo interno. Se la vasca è abbastanza capiente (almeno 200 litri) non è
necessario isolare la coppia prima della deposizione perché nonostante i riproduttori non riconoscano la prole come
propria, di rado attaccano la nidiata o i piccoli appena nati. Se la vasca nella quale si trovano, invece, risulta sprovvista di
ingegnosi nascondigli e densamente popolata, è bene isolare la coppia prima della deposizione in un acquario dedito a
loro e allontanare gli stessi genitori dalla nidiata dopo 2-3 giorni. Le uova, solitamente, si schiudono dopo circa 3 giorni
dalla deposizione e i piccoli, che appena nati misurano 1 mm di lunghezza, sono appesantiti nel nuoto da un ultimo
residuo di sacco vitellino. Dopo 24-48 ore gli avannotti, che somiglieranno sempre più ai genitori, inizieranno a muoversi
e a spostarsi con lievi balzi da terra fino a quando non avranno terminato tutto il contenuto del sacco vitellino. A questo
punto sono pronti per iniziare la loro vita in modo totalmente autonomo.
C. robustus
C. schwartzi
C. semiaquelas
C. vittatus
C. trilineatus
C. seussei
Immagini concesse da: IanFuller
Gli avannotti dovranno essere nutriti inizialmente con mangimi liquidi o infusori per i primi 2 o 3 giorni. Successivamente
si potrà passare ad una alimentazione più sostanziosa composta da cibo vivo (naupli di Artemia salina) e mangime secco
finemente sminuzzato. Nel giro di un mese i piccoli corydoras saranno, pressoché, la copia in formato ridotto dei propri
compagni adulti e già da tempo avranno iniziato a rovistare tra la sabbia del fondo alla ricerca del cibo.
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C.araguaiaensis
C. barbatus
<>
C. blochi
C.atropersonatus
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Da quanto esposto sopra emerge come i Corydoras siano non solo importantissimi filtri biologici per l&rsquo;acquario,
ma anche affascinanti pesci che sanno regalare ad ogni acquariofilo, neofita o no, momenti di indimenticabile purezza ed
inconfondibile piacere suscitando continuamente la curiosità e catturando l&rsquo;attenzione di chiunque si fermi ad
osservarli.
Ringraziamento e classificazione
Lo staff di AcquariOnLine vuole ringraziare Ian Fuller per aver fornito molte delle foto qui presenti che ritraggono specie
di corydoras probabilmente ancora poco conosciute ai più. Nel fare ciò rimandiamo a QUESTA pagina del suo sito in cui
vi è un'aggiornata classificazione di questi pesci, completa di foto ed info utili (sopratutto luogo di ritrovamento!)
ULTIMISSIME DAL MONDO DELL&rsquo;AMERICA DEL SUD
Una equipe di 15 scienziati facenti parte dell&rsquo;INSR, composta da esperti in materia di chimica, fisica, biologia e
studiosi di tutti i diversi biotopi presenti in natura, sta esplorando, ora, i territori che vanno da Trinidad a La Plata con
mezzi sofisticati e apparecchiature costosissime per documentare e risolvere tutto quello che ancora rimane inspiegabile
ed oscuro delle diverse specie ittiche che popolano tale zona. Tra queste il Corydoras è una delle specie più
&ldquo;indagate&rdquo; di questo momento e le scoperte fatte a partire dall&rsquo;Aprile 2002 sono a dir poco
sensazionali.
Dati statisti degli ultimi 10 anni, rilevavano un&rsquo;anomalia riguardante la concentrazione delle nascite di esemplari
maschili e femminili nei diversi periodi dell&rsquo;anno. Difatti, dopo lunghe e attente indagini su pesci presi come
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campioni per la ricerca, si veniva a creare uno squilibrio totalmente inaspettato&hellip; In natura il Corydoras si riproduce
con regolarità soprattutto in due periodi dell&rsquo;anno: in pieno inverno e in piena estate. Il 92,58% degli esemplari nati
in inverno era di sesso maschile, mentre il 97, 42% degli esemplari nati in estate era di sesso femminile!!! Una
incongruenza troppo vistosa per non essere notata&hellip; Difatti dopo 2 anni di studi ed esperimenti fatti in laboratorio,
gli scienziati, lavorando sul codice genetico dei Corydoras e su tutte le fasi di produzione, sviluppo e fecondazione delle
uova, sono arrivati alla certezza matematica che il sesso dei pesci dipende dalla temperatura dell&rsquo;acqua nella
quale si trovano le uova al momento della loro produzione e del loro sviluppo dopo la fecondazione.
E&rsquo; oramai accertato come alcuni esemplari di diverse specie di Corydoras provenienti dal Bacino
dell&rsquo;Orinoco, dell&rsquo;Essequibo e del Rio delle Amazzoni, trovandosi in gruppo monosessuale, riescano
spontaneamente a cambiare sesso mutando il loro apparato riproduttivo. Capita alle volte che interi gruppi di pesci, si
ritrovino divisi a causa di una deviazione del corso d&rsquo;acqua nel quale si trovano, un momentaneo abbassamento
del livello dell&rsquo;acqua che forma pozze isolate ecc&hellip; In questi casi, i Corydoras isolati, se si ritrovano in un
gruppo formato soltanto da esemplari dello stesso sesso, possono variare la loro conformazione fisica avvicinandosi al
periodo riproduttivo. Così si è potuto osservare come esemplari dominanti di uno stesso gruppo si trasformino in breve
tempo da maschio a femmina o viceversa per continuare il normale ciclo vitale della natura. Uno stupefacente
adattamento alla selezione delle specie viventi, un&rsquo;arma efficace contro il rischio dell&rsquo;estinzione di intere
razze animali&hellip;!
Di Mirko Spinasanti (29-04-2003)
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