Gli Animali nel “Catechismo” cattolico

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Gli Animali nel “Catechismo” cattolico
14-06-2006
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Gli Animali
nel “Catechismo”
cattolico
Marzio Panichi
Nella trattazione dell’Articolo 7 - Il settimo Comandamento - (Non rubare) del
“Catechismo della Chiesa Cattolica”,
Libreria Editrice Vaticana 1992, Città del
Vaticano, al Titolo II (Il rispetto delle persone e dei loro beni si leggeva che:
Capoverso 2416 (Pag. 588)
“Gli animali sono creature di Dio. Egli li
circonda della sua provvida cura. Con la
loro semplice esistenza lo benedicono e
gli rendono gloria. Anche gli uomini devono essere benevoli verso di loro.
Ci si ricorderà con quale delicatezza i
santi, come san Francesco d’Assisi o San
Filippo Neri, trattassero gli animali”.
Capoverso 2417
“Dio ha consegnato gli animali a colui
che egli ha creato a sua immagine.
È dunque legittimo servirsi degli animali
per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti. Possono essere addomesticati, perché aiutino l’uomo nei
suoi lavori e anche a ricrearsi negli svaghi.
Le sperimentazioni mediche e scientifiche sugli animali sono pratiche moralmente accettabili, se rimangono entro limiti ragionevoli perchè contribuiscono a
curare o salvare vite umane”.
Capoverso 2418
“È contrario alla dignità umana far soffrire
inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita.
È pure indegno dell’uomo spendere per
gli animali somme che andrebbero destinate, prioritariamente, a sollevare la miseria degli uomini.
Si possono amare gli animali; ma non si
devono far oggetto di quell’affetto che è
dovuto soltanto alle persone”.
Nel 1997 pubblicavo con il Dott. M. Vozza un lavoro sul “Progresso Veterinario”
(Anno LII, n. 13, pag. 464) dal titolo “Sperimentazione animale e il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica” dove si
proponeva indirettamente che nel capoverso 2417, alla frase che si riferisce alle
sperimentazioni mediche e scientifiche,
il vocabolo “perché” venisse sostituito
con un “purchè” o con un “quando”.
Nella seconda edizione del Catechismo
della Chiesa Cattolica del 1999, Ristampa 2005, sempre al Capoverso 2417 e
sempre alla frase che si riferisce alle “sperimentazioni” compare una piccola modifica: il vocabolo “perché” viene sostituito con una “e” di congiunzione con un
precedente “se” (pag. 638).
Parrebbe evidente che gli estensori del
nuovo testo abbiano avuto un ripensamento sulla legittimità di utilizzo degli
animali nella ricerca non finalizzata a “curare e salvare vite umane”.
Forse perché ci si è interrogati sulla moralità di impiego di animali da esperimento per le ricerche finalizzate a scopi
bellici, cosmetologici o squisitamente economici e commerciali.
Al di là dell’ipotesi verosimile che credo
legittimo supporre come interpretazione
personale, mi viene di conseguenza opportuno considerare un’ulteriore elaborazione della posizione dei cattolici nei
confronti degli animali tutti, anche quelli
zootecnici e quelli da affezione.
Qui di seguito oso proporre una bozza
di testo per i Capoversi 2417 e 2418 che
riporto per intero e che ho riflettuto considerando che la Religione cattolica ed il
suo Catechismo si devono rivolgere anche verso popoli e comunità dove le
condizioni economiche e sociali non sono quelle delle Nazioni europee e/o dei
Paesi ad avanzato sviluppo. La proposta
per un nuovo testo dei Capoversi 2417 e
6 / 288
2418 potrebbe a grandi linee essere
scritta con le seguenti lievi modifiche:
Capoverso 2417
“Dio ha consegnato gli animali a colui
che egli ha creato a sua immagine. È
dunque legittimo servirsi degli animali
per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti evitando loro inutili sofferenze. Possono essere addomesticati perché aiutino l’uomo nei suoi
lavori e anche a ricrearsi negli svaghi preservando il loro benessere.
Le sperimentazioni mediche e scientifiche sugli animali sono pratiche moralmente accettabili se rimangono entro limiti ragionevoli e purchè contribuiscano
a curare o salvare vite umane”.
Capoverso 2418
“È contrario alla dignità umana far soffrire
inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita. È pure
indegno dell’uomo spendere somme di
denaro eccessive per alimentare e curare gli animali con accanimento perché tali risorse andrebbero destinate,
prioritariamente, a sollevare la miseria degli uomini. Si possono amare moderatamente gli animali, ma non si devono far
oggetto di quell’affetto che è dovuto
soltanto alle persone”.
Peraltro è pur vero che “mantenere e curare” un cane costa quasi come un figlio!
(Corriere della sera, 3 Marzo 2006).
Nel redigere questa proposta non voglio
apparire né esperto né cultore delle materie teologiche o morali, tanto meno il
mio atteggiamento vuole essere presuntuoso, desidero solo farmi portavoce di
una prerogativa sostenibile per una maggiore tutela degli animali, anche dal
punto di vista cattolico.