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ELETTROCHIRURGIA NON ABLATIVA
L’elettrochirurgia nasce come logica evoluzione delle conquiste tecnologiche in fisica
e in elettronica.
Interventi, un tempo neppure ipotizzabili, ogni giorno sono praticati con successo
grazie al continuo affinarsi della tecnica, grazie a nuove e sempre più efficaci
tecnologie sviluppate.
Gli strumenti più utilizzati oggi in chirurgia dermatologica, a parte la crio e i peeling
chimici e meccanici ormai superati, sono: l’insostituibile radiobisturi, il Laser con tutte
le sue varianti, il Felc e l’ultimo nato per la Plasma chirurgia, il Plexer.
Ciascuno di questi strumenti presenta delle
determinato tipo di intervento.
caratteristiche specifiche per un
Per entrare nel merito di questo moderno approccio alla chirurgia dermatologica, è
necessario valutare attentamente le differenze tra gli apparecchi oggi più utilizzati: il
Laser, Radiobisturi Felc e Plexer.
Il L.A.S.E.R. (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation) utilizza
l’emissione di fotoni coerenti (con coerenza spaziale e temporale) per distruggere,
vaporizzare o coagulare i tessuti.
Il RADIO BISTURI utilizza le onde radio per ottenere un aumento termico nei tessuti
che a seconda del tipo di modulazione permette la coagulazione o il taglio.
Il F.EL.C. (Flusso di Elettroni Convogliati) utilizza gli Elettroni per bruciare i tessuti
più esterni senza scaldare eccessivamente le aree circostanti come avviene con la
radiofrequenza.
Il PLEXER (Plasma Exeresi) ionizza i gas presenti nell’atmosfera del GAP (spazio
interposto tra il puntale detto “sprayer”, e il tessuto da trattare) generando il plasma.
La quantità di plasma prodotto dipende dal ricambio d’aria dello spazio di
ionizzazione (GAP) o dalla immissione in quest’area di gas particolari (argon e altri).
Ogni tessuto presenta delle caratteristiche da valutare attentamente prima di ogni
intervento di chirurgia dermatologica.
Le caratteristiche da valutare attentamente sono:
la resistenza meccanica
la resistenza al passaggio degli elettroni
la resistenza al passaggio dei fotoni
l’assorbimento della luce
la conducibilità elettrica
la conducibilità termica
la massa di tessuto su cui intervenire.
La più nota è la resistenza meccanica: per intenderci l’attrito che incontra il bisturi
nell’incidere un tessuto.
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Altri tipi di resistenza sono:
la resistenza al passaggio di fotoni come per il Laser
la resistenza al passaggio delle onde radio come per il Radiobisturi
la resistenza al passaggio di elettroni come per il Felc.
La radiofrequenza del radiobisturi, come anche la luce o i fotoni del laser, possono
essere assorbiti, riflessi, diffusi, diffratti o trasmessi, mentre la corrente elettrica del
felc può solo essere condotta.
Questa differenza sostanziale ci fa comprendere i differenti risultati che si otterranno
utilizzando l’una o l’altra forma di energia.
Infatti l’impiego di ciascuno di questi strumenti nasce dall’esigenza di intervenire su
un particolare tipo di tessuto che con gli altri presidi risulterebbe particolarmente
difficoltoso e con esiti negativi dal punto di vista del risultato finale.
Analizziamo ora ciascuno degli strumenti di cui abbiamo parlato.
Il Radiobisturi, come noto, utilizza onde radio generando un incremento termico nei
tessuti con maggior resistenza elettrica ma a patto di aver un buon contatto su
tessuti a minor resistenza elettrica.
Tessuti discheratosici, che presentano maggior resistenza elettrica, per poter essere
trattati devono essere prima ripuliti del loro strato isolante corneo che, non
permettendo il passaggio di radiofrequenza, non possono essere trattati.
In molti casi l’operatore sfrutta il buon contatto elettrico delle aree circostanti per
aggredire dai lati la discheratosi procurando antiestetici avvallamenti.
L’incremento termico nei tessuti
essenzialmente da cinque fattori:
trattati
con
la
radiofrequenza,
dipende
1) la resistenza elettrica presentata dai tessuti
2) la durata degli impulsi erogati dal radiobisturi
3) la tensione utilizzata
4) la superficie di contatto tra elettrodo e cute
5) la dissipazione termica del tessuto.
Per comprendere meglio questi fattori li analizzeremo uno per uno.
Reattanza del tessuto.
Per reattanza di un tessuto, si intende la resistenza che esso offre al passaggio di
una corrente alternata quale la Radiofrequenza.
Lesioni cornee o corneificate sulla superficie, o seborroiche, presentano una
reattanza elevata.
Esempi sono: un corno epidermico, una verruca plantare, una formazione
discheratosica virale, una verruca seborroica.
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In questi casi il radiobisturi, per compensare il basso passaggio di corrente dovuto
alla forte resistenza elettrica di queste lesioni, dovrebbe utilizzare delle potenze
tanto elevate da non essere controllabile il punto d’attacco in quanto la corrente
diatermica sceglie il percorso a minor reattanza.
Quindi il chirurgo tende ad aggredire la lesione dal lato dove trovando dei tessuti
sani, trova una zona a conducibilità elettrica nella norma.
Così facendo, si creano, come già detto, inesorabilmente degli avvallamenti sulla
superficie trattata, con una cicatrice antiestetica sia per gli avvallamenti che per le
discromie dovute all’interessamento dei melanociti.
Il Laser, invece, dovrà fare i conti con lo scarso contenuto di acqua di queste lesioni
o con lo scarso coefficiente di assorbimento fotonico dovuto alla riflessione della
luce; riflessione prodotta dalle squame cornee della lesione e dalla mancanza di
complementarietà di colore.
In questo caso il chirurgo ricorrerà all’utilizzo di un cromoforo per rendere colorata la
lesione da operare, con un colore complementare a quello del raggio laser utilizzato.
Il vero problema in questo caso è rappresentato dal fatto che la lesione risulta
surriscaldata dal pigmento usato per colorarla e quindi con esiti imprevedibili per
quanto riguarda il perfetto livellamento della cute sana sottostante la lesione.
In effetti è come se operassimo utilizzando un oggetto arroventato (il cromoforo e il
tessuto colorato) ottenendo effetti non facilmente dominabili.
Altro fattore fondamentale è il tempo medio degli impulsi.
Infatti, se aumenta il tempo di erogazione di una qualsiasi forma di energia su un
tessuto, aumenta anche la quantità di calore ceduta.
Le apparecchiature sofisticate attualmente in nostro possesso, Radiobisturi, Laser,
Felc e Plexer, ci permettono di modulare la quantità di calore ceduto (laser ad
eccimeri a fempto secondi e Plexer).
Questo è possibile ottenerlo programmando la durata del singolo impulso, la durata
del treno di impulsi e la potenza erogata.
In questo modo potremo cedere una determinata quantità di calore creando un
aumento di temperatura tale da coinvolgere al minimo i tessuti circostanti.
Altro fattore da considerare risulta la tensione, intesa come differenza di potenziale
tra puntale del radio bisturi e tessuto.
Infatti, all’aumentare della tensione, aumenta la quantità di calore ceduta al tessuto.
Quarto fattore da considerare è la superficie di contatto.
Infatti, a parità di potenza, se si utilizza un puntale di calibro minore (radiobisturi), o
uno spot di emissione più piccolo (laser), l’incremento termico nel punto di contatto
sarà maggiore.
Un esempio meccanico di questo principio è rappresentato dalla puntina da disegno.
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Ricordiamoci, quando usiamo il Radio bisturi di usare sempre una superficie
maggiore per l’elettrodo di massa che deve avere un ottimo contatto su tutta la
superficie altrimenti potrebbe causare degli effetti uguali o maggiori a quelli del
puntale operatorio.
Ultimo fattore importante da valutare per ogni lesione è la dissipazione termica che
presenta il tessuto da operare ed il contesto dei tessuti circostanti.
Un tessuto discheratosico tipo un tiloma, conduce male sia la corrente elettrica sia il
calore.
Infatti si comporta come un pezzo di legno su cui abbiamo appoggiato una sferetta
rovente, creando un danno termico nel punto di contatto.
Invece, un esempio di grande conducibilità termica è rappresentato dalle mucose,
infatti se ci rifacciamo all’esempio della sferetta arroventata, se applicata su una
mucosa, creerà un danno termico in un’area più vasta e profonda rispetto ad un
tessuto discheratosico.
Inoltre l’incremento termico in questo caso risulterà minore in quanto, a parità di
massa termica (la nostra sferetta), si avrà un maggior coinvolgimento dei tessuti
circostanti.
Ricordiamo che nel caso di tessuti buoni conduttori termici, dovremo utilizzare tempi
estremamente brevi per ogni singolo impulso, treni altrettanto corti e potenze
elevate, se non si vogliono coinvolgere i tessuti circostanti.
Riepilogando: si ottiene un incremento termico per effetto Joule nei tessuti da
operare se facciamo aumentare la tensione, il duty cicle o la reattanza del tessuto o
viceversa se facciamo diminuire la superficie di contatto o la dissipazione termica.
Analizziamo,ora i vari apparecchi per chirurgia e le loro caratteristiche.
Il Radiobisturi, come già detto utilizza onde radio.
In base alla frequenza di emissione di queste radioonde si è creato nel tempo un
diverso modo di chiamare lo stesso apparecchio.
Per Elettrobisturi si intende un apparecchio che eroga radiofrequenza fino a 600
khiloertz.
Per diatermocauterio si intende un apparecchio che eroga radiofrequenza comprese
tra 600 e 1500 Khiloertz.
Per radiobisturi si intende un apparecchio che eroga radiofrequenza
Khiloertz.
oltre 1500
Oggi si utilizzano radiobisturi con frequenze fino a sei Megahertz ed oltre,
programmabili in tutti i parametri, con un sistema open source di programmazione
(quindi non preimpostati) permettendo all’operatore, di spaziare su una gamma di
interventi fino ad ora impensabili.
Per comprendere gli effetti termici nei tessuti viventi al variare della frequenza di
emissione in un radiobisturi, facciamo il seguente esperimento.
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Inseriamo, in una vaschetta elettrolitica contenente della chiara d’uovo, un puntale
costituito da un ago da 32 gouges e lungo cinque centimetri connesso con il nostro
radiobisturi.
Con una radiofrequenza di 600 kilohertz vedremo punti di coagulazione diffusi
mentre la chiara d’uovo coagulerà in modo omogeneo per tutta la lunghezza dell’ago
ed in particolare nel punto di penetrazione.
Sempre con la stessa frequenza, se, con una punta sferica da 2mm, trattiamo una
neoformazione superficiale con 40 watt 10 mSec vedremo che la parte trattata
assumerà l’aspetto di una ustione di primo grado sanguinante.
Con una radiofrequenza di 1150 chiloertz vedremo tutto il campo decisamente pulito
rispetto ai 600 KHz mentre la chiara d’uovo coagulerà in modo omogeneo per tutta
la lunghezza dell’ago e leggermente meno nel punto di penetrazione.
Su una neoformazione superficiale, sempre con una punta sferica da 2mm e con 40
watt 10 mSec vedremo che la parte trattata assumerà sempre l’aspetto di una
ustione di primo grado ma in questo caso non sanguinante.
Con una radiofrequenza di 1950 KHz
vedremo la chiara d’uovo pulita in tutto il
campo mentre la coagulazione intorno
all’ago avverrà con un aspetto a mazza
da
baseball
con
un
minimo
coinvolgimento del punto di penetrazione.
Sulla solita neoformazione superficiale,
sempre con una punta sferica da 2mm e
con 40 watt 10 mSec vedremo che la
parte trattata assumerà ora l’aspetto di
una crosta non sanguinante e con
scarso, se pur presente, coinvolgimento
dei tessuti circostanti.
Nell’immagine a sinistra si osservano: al centro in verticale gli effetti cutanei, mentre,
nelle altre, la coagulazione proteica della chiara d’uovo alle varie frequenze di
emissione.
Potenza di emissione e tempi sono rimasti invariati a 40 Watts di potenza con un
treno di 10 milliSec.
Parametri di programmazione dei Radiobisturi.
Tabella dei termini ricorrenti sui pannelli frontali dei più diffusi Radiobisturi e relativa
traduzione.
Treno di impulsi = Durata in millisecondi dell’erogazione di onde radio
Duty cycle = Durata in millisecondi di ciascun impulso del treno.
PW - (Pulse Width) = durata di un singolo impulso
PRR – (Pulse Repetition Rate) = Velocità di Ripetizione degli impulsi
Frequenza = Numero di onde contenute in un secondo
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Per spiegare con un esempio elementare come programmare un Radiobisturi,
pensiamo che la radiofrequenza erogata sia la lunghezza di un ipotetico treno.
Ovviamente un treno è formato da vagoni e da catene che congiungono i vagoni
stessi.
I vagoni sono rappresentati da pacchetti di radio frequenza erogata (PW e PRR),
mentre le catene che congiungono i vagoni rappresentano i momenti di pausa.
Se, ad esempio, si deve trattare una telangectasie di medio calibro, dovremo
costruire un treno, che, per finalità didattiche assimileremo a multipli dell’otto.
Il treno lo faremo lungo 88 millisecondi,
con dei vagoni ciascuno di 3x8 = 24 millisecondi, con delle catene di raccordo di 8
millisecondi.
In questo modo avremo a disposizione un unico impulso di 88 millisecondi da
erogare ai lati della nostra telangectasie, dove prevarranno i tempi di erogazione
rispetto alle pause, permettendo la coagulazione delle proteine della parete vasale.
Il tempo di riscaldamento è proporzionale alla lunghezza del vagone, mente il tempo
di raffreddamento, alla lunghezza della catena.
Se invece di voler coagulare, volessimo bruciare una lesione epiteliale, senza
coinvolgere i tessuti circostanti, dovremmo costruire un treno con catene più lunghe
e vagoni più corti.
Un posto importante tra i vari apparecchi per chirurgia è quello occupato dai vari tipi
di laser.
Per parlare di tutti i tipi di laser in modo esaustivo, servirebbe una intera
enciclopedia.
Per sintetizzare al massimo, diremo che il laser utilizza la luce provocando un
incremento termico nei tessuti pigmentati o ricchi di acqua.
Il laser è caratterizzato dal fatto di emettere un fascio di fotoni che presentano una
coerenza spaziale (sono tutti paralleli tra loro) ed una coerenza temporale
(presentano la stessa frequenza di emissione).
TABELLA RIASSUNTIVA DEI LASER
Colori Lunghezza d’onda - Colore complementare -LASER
Violetto
Azzurro
Verde
Giallo
Arancio
Rosso
400 - 420nm
440 - 470nm
500 - 530nm
530 - 580nm
590 - 600nm
610 - 780nm
Verde Giallo ECCIMERI
Giallo
ECCIMERI
Porpora
ARGON
Azzurro
KRIPTON
Azzurro -Verde DYE
Verde
RUBINO HeNe
Emissione Infrarosso: target acqua
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ALEXANDRITE 790-800 - DIODO 832- 904 - NdYAG 1000 - CO2 1060 - ERBIUM 2970
Ciascun tipo di laser presenta un colore di emissione del suo fascio (frequenza
espressa in nanometri) ed un colore complementare su cui agisce.
Un esempio per tutti, è il laser ad Argon che emette un fascio di luce verde che
essendo complementare al rosso, è assorbito dall’emoglobina del globulo rosso,
permettendo di coagulare dei piccoli capillari senza intaccare la cute soprastante.
Altri tipi di laser particolarmente diffusi sono il diodico e il laser a CO 2 che agiscono
principalmente su tessuti ricchi di acqua.
Ricordiamo che i laser ad emissione colorata, per lavorare correttamente, utilizzano
un cromoforo per colorare le lesioni non complementari al colore del raggio emesso,
ed in alcuni casi per evitare la diffusione ai tessuti circostanti.
Il Felc come già detto utilizza un flusso di elettroni per bruciare i tessuti.
Nasce dall’esigenza di intervenire su tessuti che conducono male elettricamente e,
come già visto, presentano delle difficoltà per il radiobisturi e essendo poveri di
acqua e non pigmentati presenterebbero delle difficoltà anche per il laser.
Il felc utilizza solo elettroni e utilizza delle potenze molto piccole per ottenere gli
stessi risultati di un laser o di un radiobisturi molto potenti.
Il felc utilizzando elettroni genera un incremento termico nei tessuti con maggior
resistenza elettrica.
Ricordiamo che il radiobisturi per lavorare correttamente deve avere un buon
contatto elettrico, e quindi un puntale sempre pulito.
Il felc al contrario sfrutta l’effetto Joule aumentando la temperatura proprio in quei
tessuti che presentano una reattanza elevata.
Un esempio di utilizzo del felc è rappresentato da una lesione seborroica in una
zona particolarmente sensibile come lo scavo ascellare ed il fianco, in un soggetto
che non può o non vuole essere anestetizzato.
La lesione seborroica è un cattivo conduttore e non si presta ad essere trattata
senza anestesia.
Durante l’intervento si osserva il fumo prodotto dalla combustione dei tessuti bruciati
e la totale assenza di arrossamento nei tessuti circostanti.
La bassa potenza utilizzata senza coinvolgere i tessuti circostanti, è il motivo
dell’assenza sia di discromie sia di avvallamenti nel post operatorio e nel controllo a
90 giorni.
LA CHIRURGIA NON ABLATIVA IN MEDICINA ESTETICA
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La Chirurgia non Ablativa è una tecnica di chirurgia dermatologica semplificata che
si pratica mediante uno strumento (PLEXR) che consente di far sublimare i tessuti
trattati senza causare danni ai tessuti circostanti.
Questa tecnica è nata dalla necessita di intervenire su patologie o inestetismi, dove
risulta difficoltoso l’utilizzo del laser (per il coefficiente di riflessione o di
assorbimento) o del diatermocauterio (per la bassa conduttanza elettrica del tessuto)
o del Felc (per la sua incapacità di trattare tessuti vascolarizzati).
Con il PLEXR l’incremento termico per effetto Joule coinvolgerà unicamente i tessuti
più esterni sublimando sia su tessuti cattivi conduttori sia, a differenza del Felc, su
tessuti normoconduttori (macchie cutanee, nevi, condilomi, fibromi, rughe, verruche,
nevi ecc.), senza causare avvallamenti, discromie, e, molto importante, senza dover
usare anestetici, tranne che per particolari tipologie d’intervento.
La parte trattata, inoltre, raffreddandosi automaticamente per evaporazione dei
liquidi lesionali durante l’intervento (nel caso di patologie a conduttanza termica
uguale a quella dei tessuti sani), non surriscalda i tessuti circostanti, evitando danni
ai tessuti perilesionali.
La chirurgia dermatologica semplificata, nata con la chirurgia a flusso di elettroni
convogliati e radiofrequenza, oggi si è evoluta con la chirurgia non ablativa al
Plasma del Plexer.
Con il Plexer non è necessario ricorrere all’uso di anestetici iniettabili, punti di sutura
e medicazione con cerotti o creme antibiotiche, intervenendo sui tessuti senza alcun
sanguinamento della zona trattata.
Il Plexer si presenta in tre varianti, in base alla quantità di plasma che è in grado di
generare: il Plexer mini più delicato e preciso, riconoscibile dal tasto di colore
bianco; il Plexer midi, con più energia erogata, riconoscibile dal tasto di colore
verde; il Plexer maxi il più potente, riconoscibile dal tasto di colore rosso.
Nel caso di grosse neoformazioni, per ridurre i tempi di intervento, ricorreremo a
quella tecnica che ho denominato “anestesia anulare”.
Una volta identificata le lesione da
operare, se ne delimitano i margini con il
Plexer bianco, per non causare fastidio al
paziente.
Una volta creata una corona circolare
intorno all’area da trattare, avendo
interrotto le fibre nervose responsabili
della propagazione del dolore, potremo
usare il verde o il rosso, senza causare
dolore.
Nel caso di una lesione seborroica del capo, non sarà necessario rasare la zona da
trattare.
A fine intervento, si osserverà, che intorno al tessuto asportato non vi sarà
arrossamento.
In questo caso abbiamo centrato sette degli obiettivi più graditi ai pazienti.
1) Non abbiamo rasato il capo della persona.
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2) Non abbiamo usato ago, siringa e anestetico.
3) Non abbiamo lasciato cicatrici o discromie.
4) Non abbiamo fatto sanguinare la parte trattata.
5) Abbiamo lasciato la parte trattata completamente asciutta.
6) Non abbiamo messo punti di sutura.
7) Non abbiamo applicato cerotti o medicazioni
INTERVENTI E TECNICHE OPERATORIE.
Macchie cutanee
Qui a sinistra si vede una macchia del volto prima del trattamento e a destra la
stessa zona dopo quattro anni.
Come si nota la parte non presenta più la macchia trattata mentre le altre circostanti
non trattate si sono allargate come si osserva nella foto a destra.
Il grosso capitolo delle macchie cutanee e delle discromie, è quello che meglio fa
apprezzare la chirurgia non ablativa al plasma.
La tecnica consiste nello sfumare la macchia cutanea con il puntale, come se
stessimo colorandola di nero con una matita da disegno.
Questa è la tecnica “Spray” che come vedremo sarà utilizzata anche per altri tipi di
intervento.
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Appena terminato di “colorare” la macchia, rapidamente, con del cotone idrofilo
intriso di disinfettante a base di cloruro di benzalconio, strofineremo via i depositi
carboniosi prodotti dalla combustione dei tessuti pigmentati.
Questo batuffolo di cotone intriso di disinfettante, dovrà essere strofinato
delicatamente dopo essere stato appoggiato sulla parte per reidratare i depositi
carboniosi che si staccheranno senza sanguinamento, come se usassimo una
gomma da cancellare.
Il paragone con l’operato di un disegnatore, si adatta perfettamente a questo tipo di
intervento.
Una macchia di due centimetri quadrati di superficie, può essere eliminata in circa
dieci secondi.
A fine intervento, la parte si presenterà perfettamente integra, senza scalini, con lo
stesso colore dei tessuti circostanti.
Unico inconveniente, il lieve rossore causato dallo strofinare del cotone con il
disinfettante.
Non si avrà nessun tipo di sanguinamento e il paziente stesso si meraviglierà del
risultato ottenuto in così breve tempo e senza fastidio.
Ricordiamo che, in caso di macchie multiple, è buona norma trattarne una sola, per
verificare le capacità della persona di medicarsi in modo adeguato, seguendo alla
lettera le avvertenze che gli avremo fornito insieme al consenso informato.
Se il paziente trattato con la macchia test, dovesse tornare al controllo lamentando
la ricomparsa della macchia, molto probabilmente non si sarà saputo medicare e
proteggere correttamente, o il suo tipo di pelle non consente una corretta
riepitelizzazione.
Il test serve unicamente a selezionare il paziente idoneo a questo tipo di intervento.
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Consigli post intervento:
1) La zona trattata può essere lavata con acqua e sapone neutro (Marsiglia), deve
essere disinfettata giornalmente solo con soluzione di benzalconio.
2) Non deve essere mai coperta con cerotti, per la possibilità di macerazioni,
sensibilizzazioni, infezioni.
3) Non devono esservi applicati medicamenti o cosmetici.
4) La crosta non deve assolutamente essere asportata; cadrà da sola dopo 7-20 gg .
In caso di asportazione anche accidentale della crosta si rischiano avvallamenti ed
irregolarità della cute.
Appena caduta la crosta, la zona andrà protetta dalle radiazioni ultraviolette.
Oltre al Sole, emissioni ultraviolette sono presenti nelle lampade abbronzanti, nei
Monitor CRT dei computer e televisori di vecchia generazione, nelle Lampade al
Neon e Fluorescenti, nei rivelatori di banconote false e nelle lampade
stroboscopiche delle discoteche.
In caso di esposizione a dette sorgenti di ultravioletto è necessario proteggere la
parte con fondotinta fluido sterile per evitare la formazione di discromie.
Una colorazione rosata della parte trattata, potrà, in soggetti predisposti, durare a
lungo. In alcuni casi può esitare depigmentazione.
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ACNE ATTIVA E POSTUMI CICATRIZIALI
Il problema dei pazienti affetti da vari tipi di
acne, è stato affrontato in modo totalmente
diverso dal tradizionale, viste le ricadute che si
ripresentano alla sospensione della terapia
farmacologica sia topica che sistemica.
L’idea, è venuta dall'osservazione della
comparsa, sempre nello stesso punto del viso,
di un foruncolo "sentinella“ in alcune pazienti
pochi giorni prima del ciclo.
Per verificare se l'idea che stava prendendo
corpo, fosse corretta, è stato chiesto a tutte le pazienti affette da "foruncolo
sentinella" di sottoporsi al trattamento con PLEXR del dotto pilosebaceo sospettato
di essere la causa del problema.
I risultati confermarono l’ipotesi.
Infatti, nei mesi successivi, le stesse pazienti
riferivano la totale scomparsa, nella zona
trattata, di qualsiasi manifestazione acneica nel
periodo premestruale.
Successivamente, questo trattamento è stato
applicato a tutti i pazienti affetti da alcuni tipi di
acne, sia maschi che femmine, controllando i
risultati clinici, confrontando le foto digitali
seriate nel tempo, con la foto iniziale sfruttando
la sovrapposizione per trasparenza delle foto
utilizzando punti di repere.
Naturalmente è stato sospeso qualsiasi trattamento sia cosmetico sia farmacologico
al fine di evitare falsi positivi.
Anche in questo caso i risultati hanno confermato l’ipotesi.
Infatti, anche se i pazienti nelle sedute successive presentavano ancora delle
formazioni acneiche, queste non si sviluppavano mai sulle aree trattate in
precedenza.
A questo punto, per verificare l’efficacia del trattamento su centinaia di pazienti, sono
stati coinvolti tutti i Medici del Gruppo della Chirurgia non Ablativa sia dermatologi
sia di altre discipline specialistiche.
Il risultato è stato entusiasmante, oltre che per i notevoli risultati ottenuti, anche per il
risvolto psicologico delle persone trattate.
Con questa tecnica si possono trattare sia i comedoni aperti che chiusi, effettuando
una vera e propria plastica del follicolo pilosebaceo deformato dal processo acneico.
Se il dotto del follicolo pilifero della ghiandola sebacea si ostruisce a causa di una
eccessiva cheratinizzazione, il sebo, non potendo uscire, ristagna dando luogo a
delle microcisti che possono infiammarsi o infettarsi.
L’assunzione di particolari alimenti, la ritenzione idrica premestruale, la variazione
idrosalina del sudore e del sebo indotta da stress psichici o fisici, l’utilizzo di
cosmetici ad effetto occlusivo, aggravano il quadro clinico favorendo la formazione
delle pustole acneiche.
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Per impedire tutto questo, dovremo trattare lo sbocco di ciascun follicolo malato.
Con il PLEXR, per ottenere il massimo risultato, bisogna sfiorare il tessuto, evitando
il contatto con la parte, per consentire la formazione del plasma(gas ionizzati) che
provocherà la sublimazione dello strato corneo superficiale senza coinvolgere i
tessuti sottostanti.
Per eliminare definitivamente la possibile formazione di nuovi comedoni dovremo
bonificare tutta la zona in cui si formano le pustole acneiche.
Le microcisti sebacee, i milia e i comedoni dovranno essere trattati solo facendo
sublimare la membrana soprastante la raccolta di sebo mentre, le pustole attive,
dovranno essere trattate allo stesso modo, ma intervenendo solo sulla corona
circolare virtuale che delimita la parte gialla della pustola, dall’area arrossata
circostante.
Così facendo saremo sicuri di aver eliminato il danno anatomico del dotto
pilosebaceo alterato che continuando a trattenere il sebo e lasciando evaporare la
parte acquosa del sudore prodotto, realizza quella raccolta di materiale che, se
successivamente colonizzata, forma la pustola acneica.
Il protocollo prevede che, in caso di acne attiva, dopo una visita accurata, venga
effettuato un test su una piccola area per valutare sia la compliance del paziente sia
la risposta cutanea al trattamento.
Dopo sette giorni verificata la
soddisfazione del paziente e
la durata del rossore (da due
ore a sei giorni), in base alle
esigenze dettate dalla vita di
relazione del paziente, si
opta per trattare tutta la
parte ogni sette giorni o
trattare piccole aree consentendo, se necessario, la ripresa lavorativa subito dopo il
trattamento avendo l’accortezza di applicare sulla parte del fondotinta.
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CICATRICI POST ACNEICHE O DA VARICELLA
Queste devono essere trattate come se stessimo facendo un bassorilievo, trattando
quindi punti non contigui per consentire l’effetto cerniera delle piccolissime crosticine
puntiformi. Queste, se troppo ravvicinate, potrebbero creare una crosta unica che
potrebbe fratturarsi, creando una lesione e se troppo profonde potrebbero creare
esse stesse delle depressioni.
Aspetto della parte trattata con la tecnica del
bassorilievo per punti distaccati, in caso di
cicatrici depresse.
L’immagine ci permette di apprezzare la tecnica
utilizzata per ciascun punto.
Da notare sempre che i singoli punti non si
toccano l’un l’altro per evitare eventuali fratture
di crosta.
Nel caso delle cicatrici post acneiche si deve
trattare prima la cute dei margini per consentire al fondo della cicatrice di salire
verso l’alto, quindi, le mamellonature tra le cicatrici
depresse, senza toccare in alcun modo il fondo delle cicatrici stesse.
Per analogia, dovremo trattare solo i dossi e non le cunette con la tecnica per punti
staccati che è l’unica che favorisce l’accorciamento cutaneo.
Particolare attenzione deve sempre essere posta a non ferire inavvertitamente con il
puntale, la cute del paziente ed evitare nel modo più assoluto di coinvolgere il fondo
della cicatrice(la cunetta di cui sopra)
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In caso di cicatrici molto depresse, è sempre consigliabile trattare i margini e le aree
in plus in più sedute, con un intervallo di ventotto giorni tra le sedute, permettendo la
risalita del fondo.
Anche trattando cicatrici post acneiche in soggetti di colore non si sono mai avute
discromie dovute al trattamento.
Il protocollo per il trattamento delle cicatrici post acneiche e da varicella prevede un
test su una metà di una cicatrice particolarmente profonda per poter verificare
quanto sia migliorata la parte trattata dopo i fatidici ventotto giorni e poter stabilire le
sedute necessarie a quel paziente.
Le sedute dovranno essere sempre distanziate di
ventotto giorni, e la parte trattata, una volta cadute le
piccole croste che si formano sui singoli spot del Plexr
(dai tre ai sette giorni), dovrà essere protetta dalla luce
in modo adeguato.
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XANTELASMI SENZA INTERVENTO CHIRURGICO
Come dice il nome stesso si tratta di lesioni giallastre (xantos=giallo) che tendono ad
invadere sia le palpebre superiori, sia le inferiori sia il contorno occhi.
Diversamente da quanto si crede non esiste una correlazione tra xantelasmi e alti
valori di colesterolo nel sangue.
Trattate con la classica chirurgia, queste formazioni giallastre, tendono a recidivare,
presentando una serie di inconvenienti post operatori che, anche se minimi, creano
disagio e preoccupazione sia al paziente sia al chirurgo.
La Chirurgia non Ablativa mediante Plexr, agisce per sublimazione ed evita qualsiasi
tipo di complicanza o di effetto collaterale indesiderato.
Per eseguire l’intervento di chirurgia non ablativa, non serve applicare creme
anestetiche.
La parte trattata deve essere detersa delicatamente dopo ogni passaggio di plexer.
Non si avrà mai sanguinamento e quindi nessun tipo di cicatrice.
Nelle foto si apprezza lo splendido risultato ottenuto con una seduta di Plexer.
Nella foto sopra, paziente ad occhi aperti per valutare il volume di materiale da
sublimare.
Sotto, ad occhi chiusi, per verificare l’assenza di qualsiasi discromia o cicatrice.
Oggi, infatti, grazie alla chirurgia al Plasma, l’intervento è semplificato al massimo.
Non è necessario anestetizzare la parte, non si causa arrossamento della palpebra,
non si avrà mai sanguinamento e, particolare non trascurabile, non si deve applicare
alcun tipo di medicazione, tranne l'utilizzo di un collirio a base di benzalconio al solo
scopo di disinfettare la parte.
Il paziente dovrà lavarsi come sempre, asciugare la parte tamponando con un
fazzoletto di cotone, avendo l'accortezza di non strofinare.
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La parte trattata apparirà come se avessimo usato una matita per trucco a coprire il
giallo dello xantelasma.
Appena terminato il trattamento, il paziente potrà riprendere la propria attività senza
alcun tipo di problema, fatta eccezione di un lieve rossore dovuto al passaggio del
cotone utilizzato per rimuovere i depositi carboniosi, che scomparirà dopo alcune
ore.
I risultati sono eccellenti e senza effetti indesiderati o complicanze a patto che
l’operatore osservi le più elementari norme di prudenza.
Appoggiarsi sempre su un piano osseo per minimizzare eventuali movimenti
repentini del paziente, intervenire sempre su piccole aree alternando le zone.
Per consentire lo smaltimento dei vapori di sublimazione, utilizzare un aspiratore di
fumi, far tenere sempre chiusi gli occhi al paziente, farli aprire e chiudere di tanto in
tanto per valutare la diminuzione di volume della parte trattata, rimuovere
delicatamente i depositi carboniosi con del cotone garzato appena inumidito di
disinfettante per evitare colature.
Azzerate le recidive nelle parti trattate, la cute palpebrale riprende il colore originale
senza variazioni cromatiche con i tessuti circostanti.
Questo altro caso si presta perfettamente a far comprendere la differenza
sostanziale tra un intervento per xantelasmi effettuato con il Plexer rispetto alle altre
tecniche: chirurgia tradizionale o Laser.
Nella foto si osserva sull’occhio destro l’area circolare da cui era stato asportato uno
xantelasma sei anni prima.
La cute in questa zona appare perfettamente pigmentata, mentre, nelle zone
circostanti si sono presentate delle nuove aree affette da xantelasma, che per la
prima volta ha interessato anche l’occhio sinistro.
A questo punto la paziente viene trattata nuovamente per eliminare i nuovi depositi
di materiale.
Il trattamento dura appena sei minuti senza dover applicare prodotti anestetici.
Nella foto sopra il controllo due settimane dopo questo secondo intervento.
Questo caso, offre lo spunto per ricordare di avvertire sempre il paziente che
l’intervento elimina definitivamente lo xantelasma nella zona trattata.
Deve essere sottolineato il fatto che le aree trattate non andranno mai più incontro a
xantelasmi, per cui spesso suggerisco di trattare, a scopo preventivo, anche le zone
circostanti che ancora non presentano xantelasmi.
Aspetto della parte appena terminato il trattamento PLEXR poco prima di rimuovere
il sottile strato di carbonio.
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Dalla foto si apprezza la totale assenza di coinvolgimento dei tessuti circostanti
l’area trattata, pur essendo questa una zona particolarmente delicata.
Si dovrà avere sempre l’accortezza di agire su aree non contigue per consentire lo
smaltimento dei vapori della sublimazione del materiale che stiamo asportando e per
evitare il benché minimo surriscaldamento della parte.
Ricordiamo al paziente di tenere chiusi gli occhi durante il trattamento per evitare il
contatto con i fumi di sublimazione che potrebbero irritare la cornea, anche se non vi
è alcun reale pericolo in caso di contatto, solo un antipatico bruciore.
In alcuni casi il paziente potrebbe strofinarsi l’occhio alterando la buona riuscita
dell’intervento.
Si osservi che la parte trattata, in molti soggetti, anche dopo alcuni mesi, si presenta
leggermente più chiara dei tessuti circostanti.
Questa lieve differenza di colore tende a normalizzarsi, anche se con ovvie
differenze individuali, in circa un anno, trascorso il quale non si apprezzeranno
differenze con i tessuti circostanti.
Da quanto su esposto si comprende quanto con la Chirurgia non Ablativa si sia
semplificato ed ottimizzato il trattamento di questo diffuso inestetismo.
Oggi sono sempre più numerosi i pazienti che vogliono evitare l’intervento
tradizionale e la sala operatoria.
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LA BLEFAROPLASTICA DINAMICA NON ABLATIVA.
Molte persone affette da quell’eccesso di pelle alle palpebre che conferisce allo
sguardo un’aria stanca e “datata”, evitano di affrontare l’intervento di blefaroplastica
per paura sia di affrontare una anestesia sia di andare incontro alle possibili
complicanze conseguenti all’intervento tradizionale.
Dalle più banali “orecchie di cane”, alla asimmetria tra i due occhi, alle cicatrici
ipertrofiche e cheloidi fino al lagoftalmo e ai danni irreversibili al visus, come riferito
dalla stampa nazionale e estera degli ultimi giorni.
La radiofrequenza del radiobisturi, trova un percorso preferenziale nel nervo ottico
per scaricare verso l’elettrodo di massa, la luce del laser (diffusa, diffratta, riflessa,
condotta e assorbita) non è certamente meno rischiosa.
La blefaroplastica non ablativa, come dice lo stesso nome, non ricorre al bisturi o al
laser per rimuovere la cute in eccesso, evitando così tutti i rischi dell’intervento
tradizionale.
Questa tecnica di Blefaroplastica viene definita “Dinamica” in quanto permette
all’operatore di invitare il paziente ad aprire e chiudere gli occhi durante il
trattamento, mettendo così in evidenza le pliche di cute ancora da trattare.
Questa tecnica di Blefaroplastica viene definita “non ablativa” in quanto si effettua
senza incidere, senza asportare cute in eccesso, senza asportare grasso e senza
modificare il muscolo orbicolare delle palpebre.
L’intervento di Blefaroplastica dinamica non ablativa si effettua eliminando i
corneociti per sublimazione.
Ricordiamo che per sublimazione si intende il passaggio diretto dallo stato solido a
quello gassoso o aeriforme.
Si opera intervenendo mediante piccoli spot effettuati con un Plexr ciascuno di 500
micron distanziati tra loro per consentire, appena terminata la seduta, la perfetta
plasticità del movimento palpebrale.
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Ciascuno di questi spot, sublima i corneociti superficiali senza coinvolgere la lamina
basale e senza causare sanguinamento e, cosa più importante senza causare alcun
danno necrotico ai tessuti circostanti e sottostanti.
In questo caso sono state trattate più pliche palpebrali in un paziente di sesso
maschile, cercando di attenuare al massimo le rughe periorbitarie, senza tuttavia
eliminarle totalmente per evitare l’effetto “rifatto” .
Il trattamento è stato volutamente effettuato in quattro sedute al fine di non “dare
nell’occhio” consentendo la prosecuzione dell’attività lavorativa, il giorno stesso delle
sedute.
La parte trattata, circa un centimetro quadrato, facilmente intuibile del colorito roseo
del canto esterno della palpebra superiore, è stata scelta in quanto permetteva sia il
lifting delle rughe periorbitarie sia la blefaroplastica superiore.
Questo effetto non è ottenibile con la blefaroplastica tradizionale ed è un ulteriore
motivo a favore della blefaroplastica non ablativa.
Come per tutti gli interventi di Blefaroplastica non ablativa, non si hanno cicatrici o
asimmetrie, il colorito rosato della parte trattata, visibile al controllo effettuato 28
giorni dopo, si normalizza nei giorni successivi e, come evidente dalle foto, non si ha
abbassamento del sopracciglio che conferirebbe il classico aspetto triste dello
sguardo classico del post blefaro tradizionale.
Un ulteriore vantaggio è quello di non causare mai lagoftalmo o quell’eccessiva
apertura degli occhi che da allo sguardo quell’aspetto “spiritato”.
Con la blefaroplastica non ablativa realizzata dopo anni di ricerca, oltre alla classica
riduzione dell’eccesso di cute della palpebra superiore, si ottiene un accorciamento
della cute in eccesso a livello perioculare esterno con conseguente scomparsa delle
rughe d'espressione periorbitarie zigomatiche.
Se la parte trattata è particolarmente estesa si avrà un edema che comparirà la sera
del giorno dopo e che durerà circa due giorni.
Per evitare questa evenienza, tutto sommato trascurabile rispetto ai vantaggi, è
opportuno effettuare il trattamento in due o più sedute.
Comunque l’eventuale edema post trattamento, è facilmente gestibile effettuando
sedute meno impegnative e può essere ridotto o evitato, applicando subito dopo la
seduta delle sfere di metallo ghiacciate e ricoperte con pellicola trasparente.
Queste, andranno applicate delicatamente sulla parte trattata per ridurre anche
quella piccola quantità di calore che residua durante il trattamento Plexr e che per
una zona così sensibile potrebbe dare, il giorno dopo un lieve gonfiore alla parte.
Come per tutti gli interventi di chirurgia non ablativa effettuati sulle palpebre o vicino
agli occhi, dovremo osservare le classiche precauzioni.
Se non necessario evitiamo di anestetizzare la parte, e, visto che non si ha
sanguinamento non applichiamo alcun tipo di medicazione, tranne l'utilizzo di un
collirio a base di benzalconio al solo scopo di disinfettare la parte.
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Il paziente dovrà lavarsi come sempre, asciugare la parte tamponando con un
fazzoletto di cotone, avendo l'accortezza di non strofinare.
Poi applicherà alcune gocce di collirio al benzalconio, non nell’occhio ma sulla parte
trattata.
La parte man mano che viene trattata dà già l’idea del risultato finale.
Infatti, appena terminato il trattamento, il paziente vede il risultato ottenuto e può
riprendere immediatamente la propria attività.
L’operatore dovrà appoggiarsi sempre su un piano osseo per minimizzare eventuali
movimenti repentini del paziente, intervenire sempre su piccole aree formando dei
puntini disposti a triangolo ed intervallati l’un l’altro da una distanza uguale alla
dimensione del punto di sublimazione fatto con il Plexr.
Dovrà alternare le aree trattate per permettere lo smaltimento dei vapori di
sublimazione, utilizzare un aspiratore di fumi, far tenere sempre chiusi gli occhi al
paziente, farli aprire e chiudere di tanto in tanto per valutare i punti di cute da
trattare.
Questa immagine serve a spiegare la tecnica
punto a punto per eliminare l’eccesso di cute
sia della palpebra superiore sia da quella
inferiore.
Come si intuisce dalla foto, si deve effettuare
una lieve pressione con un dito dalla parte
temporale verso l’occhio per evidenziare le
pliche verticali dei tessuti perioculari.
Gli spot di sublimazione dovranno essere fatti
sui punti riportati sulla foto.
Ogni punto dovrà essere trattato con un solo spot per evitare di coinvolgere lo strato
papillare del derma.
In questo modo, oltre ad eliminare i corneociti, otterremo un effetto lifting che farà
attenuare fino a far sparire le piccole rughe periorbitarie(zampe di gallina).
Questa immagine fa vedere la cute in eccesso della palpebra superiore che si
presenta appesantita ed estremamente plissettata.
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Qui praticheremo la tecnica mediante spot “point by point”.
Si vedono i puntini di carbonio staccati l'uno dall'altro all’inizio della seduta.
Non è stata praticata anestesia con le classiche creme anestetiche in quanto la
paziente presentava una alta soglia del dolore e aveva timore nell’applicare
qualsiasi tipo di anestetico.
Se possibile si cercherà di evitare l’uso di anestetici topici, anche se i tessuti
perioculari sono particolarmente sensibili e richiedono una estrema delicatezza di
intervento.
Naturalmente si procederà trattando le altre pliche di
tessuto eccedente che si osservano al di sopra delle
ciglia e sul canto nasale della palpebra superiore.
Ogni tanto si deve invitare il paziente ad aprire l’occhio
per evidenziare le parti non trattate che altrimenti non
sarebbero visibili.(immagine a sinistra)
Si vede benissimo la parte nasale con tre pliche di
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tessuto eccedente da trattare
per ottenere un risultato esteticamente ottimale evidenziato dalla estrema
naturalezza dello sguardo. Il risultato a tre mesi dalla seduta è eccellente e senza
alcuna cicatrice o retrazione (immagine a destra).
Non c’è alcun segno che possa far pensare che sia stato fatto un trattamento di
blefaroplastica.
La paziente e stata felice di non aver avuto disagio nel post intervento se non un
lieve gonfiore il giorno successivo.
Per evitare anche questo, consiglio di effettuare la blefaroplastica in più sedute.
In questo modo non si avrà nessun gonfiore e si potrà, da subito, uscendo dallo
studio del medico, riprende la propria attività.
Una seduta tipo, dura al massimo dieci minuti e le crosticine puntiformi di meno di un
millimetro cadranno dopo circa tre o, al massimo, sette giorni.
Oggi, finalmente, possiamo affermare che la Blefaroplastica Dinamica non Ablativa
per Sublimazione, è sicuramente superiore alla chirurgia classica sia per lo
splendido effetto estetico e funzionale, sia per l’azzeramento del disagio del paziente
rispetto ai rischi e ai costi di intervento.
Valutazione istologica di lesioni cutanee indotte da Radiobisturi e Plexr effettuate
presso l’Università di Chieti:
Corresponding author Antonio Scarano D.D.S., M.D., MS.
1) valutazione istologica di lesioni cutanee
indotte da Radiobisturi e Plexr
2) Materiali e metodi: otto conigli maschi
Nuova Zelanda 3,9 Kg
Parte dorsale rasata e divisa in due parti di 5
cm uguali
3)Rimosso strato corneo in 10 punti con
Plexr a dx e 10 con Radiobisturi a sn su ogni
coniglio
4) In ogni area sono state effettuate 10 siti di
abrasione per un totale di 20 siti per coniglio
5) Sono stati sacrificati due conigli al giorno ogni 7 giorni con overdose di Tanax
6) Sono state effettuate 20 biopsie per area incluso il sottocutaneo, 10 per il Plexr e
10 per il Radiobisturi totale 40 per settimana
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7) Risultati: con il Plexr non ci sono stati danni termici al derma.
8) Assenza di strato necrotico e presenza di infiltrato infiammatorio.
9) Conclusioni: il Plexr rispetto al Radiobisturi evita i danni all'interno del
parenchima.
10) Materiali e metodi: Questo studio è stato approvato dal Comitato Etico di Studi
Animale e dell'Uomo presso la Scuola di Medicina dell'Università di Chieti, Italia.
Questa tecnica realizzata per la prima volta dal prof. Giorgio Fippi Presidente della
Società Italiana di Medicina Estetica e Chirurgia non Ablativa.
È realizzabile grazie ad uno strumento ultra maneggevole, senza fili, molto piccolo e
alla portata di tutti: il Plexr.
Grazie a questo straordinario strumento, si possono risolvere con estrema facilità
tutti gli inestetismi e le patologie cutanee palpebrali benigne, evitando di dover
ricorrere al laser o al tradizionale bisturi che in alcuni casi esitano cicatrici e
discromie.
RIMOZIONE TATUAGGI
L’asportazione di tatuaggi merita una particolare attenzione.
Infatti è sempre opportuno effettuare un test in un punto difficile, per valutarne
cicatrizzazione e cromatismo.
Un caso particolare che spiega perfettamente sia la tecnica di asportazione di un
tatuaggio sia la personalità di alcuni tatuati.
Un tatuaggio tribale trattato e medicato male dal paziente che, nonostante avesse
avuto le corrette indicazioni per la medicazione e le avesse sottoscritte all’atto del
consenso informato, vi aveva messo un cerotto.
Aspetto sette giorni dopo il test foto in alto a sinistra dove si vedono gli effetti del
cerotto..
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In alto a destra stesso paziente ritornato dopo asportazione di tutto il tatuaggio e con
un nuovo tatuaggio rifatto sulla parte trattata.
Ulteriore ripensamento del soggetto e nuova seduta con asportazione di gran parte
del secondo tatuaggio. Foto in basso a sinistra.
In basso a destra sulla stessa diapositiva la correzione dei punti più profondi.
Si può apprezzare la perfezione dei vari interventi che non hanno causato ne
discromie ne cheloidi o avvallamenti.
Nell’ultima foto l’ennesimo tatuaggio che la paziente ha deciso di rimuvere,
Dall’immagine si vede la perfezione della cute da cui è stato rimosso per ben tre
volte, che non presenta avvallamenti o discromie eccezion fatta per il colorito rosato
della parte trattata l’ultima volta e non ancora esposta al sole.
________________________________________________
PLEXER
Plexer portable, le Nuove frontiere della Chirurgia Soft con L'ultima generazione di
Strumenti per il Dermatologo ed il Medico Estetico: il nuovo strumento senza cavi,
senza contatti elettrici totalmente wireless più piccolo di una torcia elettrica.
Fino a pochissimo tempo addietro, si sono utilizzati laser, radiobisturi, felc, luce
pulsata, radiofrequenza tutte apparecchiature che sfruttano i tre stati della materia
(solido, gassoso e liquido) ora, grazie ad una intuizione creativa del prof. Fippi siamo
arrivati alla chirurgia mediante il quarto stato della materia: il PLASMA.
Ma, e qui sta l’innovazione, si utilizza un dispositivo non connesso con la rete luce,
totalmente wireless.
Nella foto il PLEXR sulla sua colonna porta aspiratore e accessori,
con i tre manipoli cordless di colori diversificati in base alle esigenze
dell'operatore.
La base per la ricarica è anch'essa ricaricabile ed ha un'autonomia
di alcuni giorni. I manipoli non hanno contatti elettrici per essere
ricaricati e non sono collegati ad alcun cavo.
Infatti, un contatto con la base, comportandosi da antenna, ne
comprometterebbe l'efficacia per la formazione del microplasma a
partenza dei gas dell’aria, o da gas aggiunti.
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Gli stessi manipoli, una volta caricati sulla base, non connessa alla rete elettrica,
possono essere trasportati autonomamente non avendo necessità di alcuna
connessione elettrica.
Sono dotati di un led per illuminare la zona da operare.
Sono tascabili e attraversati al loro interno da un sistema di tubicini idonei
all’espletamento di numerose funzioni tra cui l'abbattimento dei fumi.
La chirurgia "SUBLIME" come è stata definita da alcuni docenti a Ingegneria
Elettronica, in quanto oltre alla calefazione dell’acqua contenuta nei tessuti questi
ultimi"sublimano" evitando così di comunicare al sottocutaneo quantità di calore
indesiderate.
In effetti si tratta di un generatore di plasma che a contatto della pelle crea una micro
combustione simile al laser ad eccimeri a fempto secondi.
Con questo piccolissimo strumento si possono effettuare, oltre agli interventi prima
riservati al felc, anche interventi su piccole neoformazioni vascolari.
La maneggevolezza di uno strumento senza fili, si apprezza molto quando si opera
su neoformazioni multiple del corpo, che richiedono spostamenti anche importanti
delle apparecchiature intorno al lettino operatorio.
La Plexr Chirurgia non ablativa, può essere sintetizzata in tre passaggi fondamentali.
Primo, la differenza di potenziale tra manipolo Plexr e cute.
Secondo, la formazione di un piccolo arco elettrico simile ad un minuscolo fulmine
(cariche elettriche ed elettrostatiche) che provoca la ionizzazione dei gas contenuti
nell'aria (genesi del Plasma)
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INTERVENTI E TECNICHE OPERATORIE
Corno corneo o corno epidermico:
Definizione e aspetto: detto anche corno cutaneo o epidermico.
E’ una proliferazione corniforme e corneificante dell’epitelio cutaneo.
Ha una base papulosa o nodulare ed una protuberanza cheratosica.
Molto spesso i corni cornei (CC) sono delle cheratosi solari
ipertrofiche.Spesso alla base di un corno epidermico è presente un
CSCIS ( carcinoma spinocellulare in situ ) o un CSC ( carcinoma
spino cellulare ) invasivo.
Ubicazione: i corni epidermici insorgono quasi sempre nella cute
senile in aree di fotoinvecchiamento (dermatoeliosi) solitamente nel
volto, orecchie, dorso delle mani, avambracci.
La formazione di un corno corneo non precanceroso si può verificare nel contesto di cheratosi seborroiche ,
verruche o cheratoacantomi.
Come si vede, in questo caso, il CC si è formato sul dorso del naso
Aspetto della pelle dopo una settimana dalla sublimazione della lesione epidermica.
Altro corno epidermico sul cuoio capelluto
Clinicamente le dimensioni del CC variano da pochi millimetri ad
alcuni centimetri. Il corno può essere di colore bianco, nero o
giallastro e di forma retta , curva o a spirale. Istologicamente si
riscontra alla base di un CC un CSCIS o un CSC invasivo, o a volte
una cheratosi attinica. E’ opportuno asportarlo per il rischio di un
evoluzione neoplastica.
Materiali e metodi: Plexer verde midi in modo da sublimare
velocemente la lesione che avendo una grande impedenza oppone
una grande resistenza al passaggio della corrente.
Quando ci si avvicina alla superficie cutanea si continua sino a
pareggiare la base della lesione col piano cutaneo circostante.
Nel caso di corni epidermici molto sollevati, conviene per motivi di tempo agire alla base, leggermente sopra al
piano cutaneo.
Una volta asportata la lesione si procederà a livellare la parte
eliminandola completamente.
Nel caso di una radice particolarmente profonda si svaseranno i
margini circostanti la lesione per avere in seguito la possibilità di
risollevare il fondo della parte depressa.
Fortunatamente questo tipo di lesioni capitano raramente.
Una delle aree più colpite è il dorso del naso .
Una volta vaporizzata la lesione lasceremo cicatrizzare la parte e al
controllo dopo sette giorni vedremo il tessuto perfettamente
riepitelizzato.
In alcuni casi il corno epidermico è situato al disopra di un fibroma
cutaneo per cui conviene asportarlo sempre agendo dall'esterno verso la base e non lateralmente.
Lesioni discheratosiche senili :
una categoria di
lesioni particolarmente difficili da trattare sono le discheratosi. In
particolare le lesioni con superficie cornea.
Sono dure da incidere con il tagliente, riflettono il laser con le loro
squame discheratosiche, non permettono il passaggio di
radiofrequenza dei bisturi elettrici. Con il Plexer faremo sublimare la
lesione, asportandone strati successivi fino a eliminarla.
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L’intervento dura pochi minuti, non richiede anestesia e cerotti; appena terminato si applica della polvere
antisettica.
Altra immagine di lesione discheratosica pigmentata.
Nelle due foto sovrapposte si nota che in quella di sotto si può
osservare una vistosa macchia senile con una formazione
pigmentata e discheratosica.
Trattamento in chirurgia non ablativa con Plexer, si osserva nella
foto sopra la perfetta guarigione dopo mesi di esposizione solare.
Le modalità di trattamento sono tutte sovrapponibili a quelle già menzionate.
Una macchia cutanea
dermica del cuoio
capelluto a tendenza
discheratosica.
Sei mesi dopo si
apprezza
la
parte
trattata con normale
ricrescita dei capelli
perfettamente
riepitelizzata e senza
discromie dopo esposizione solare
Neoformazioni della narice come questa formazione psuedo
fibromatosa e discheratosica possono essere spianate senza creare
arrossamenti e principalmente senza anestesia, che in questa sede
risulta particolarmente rischiosa e dolorosa.
Non si deve esagerare nella sublimazione da effettuare come
sempre in questi casi con la tecnica spray, in quanto nella parete
mediale della narice sono presenti zone cartilaginee e vasi
particolarmente importanti per la vascolarizzazione della parte.
Qui si osserva una
neoformazione
pigmentata
discheratosica sul lato
nasale dell’orbita.
Il trattamento è stato
effettuato nel solito
modo: anestesia
anulare, sublimazione
della neoformazione
sino al piano cutaneo.
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Un anno dopo l’intervento. Anche questa volta in una zona difficile il trattamento con il la chirurgia al Plasma del
Plexer,lascia una cute indenne priva di discromie.
VERRUCHE SEBORROICHE
Verruca Seborrica: lesione cutanea a volte rilevata a volte pianeggiante (vedi foto).
E’ detta seborroica perché all’interno di essa sono contenuti molti granuli di sebo.
Sotto l’azione del plasma generato dal Plexer si avvertono degli scoppiettii dovuti alla sublimazione del sebo con
la formazione di abbondante fumo.
Questa lesione verrucosa pianeggiante è stata sublimata sino al piano cutaneo circostante e sano.
Le verruche volgari e le seborroiche sono particolarmente impegnative sia con la crio chirurgia sia con il laser sia
con i vari tipi di radiobisturi.
Recidive, discromie e cicatrici depresse o peggio ipertrofiche sono gli esiti più comuni che ci capita osservare.
Nella foto qui sotto una
verruca seborroica
ipertrofica.
Nel suo contesto sono
evidenti parecchi
accumuli di melanina e
di sebo.
Caratteristico è il suo
aspetto irregolare e
quasi mammellonato.
Mediante il Plexer, un grossa lesione seborroica della tempia, prossima all’arteria temporale, può essere trattata
con successo.
Sarebbe opportuno prima del trattamento mediante un doppler
vascolare da 8-10 MHz di controllare il passaggio dei vasi sottostanti
la lesione al fine di evitarli facendo scorrere per trazione la cute
circostante, e per escludere la presenza di vasi anomali. C’è da dire
che tale accorgimento è legato ad un particolare scrupolo: infatti la
metodica non potrebbe causare alcun danno vascolare data la
mancanza di riscaldamento dei piani sottostanti alla pelle.
Una volta praticata la tecnica della anestesia anulare eliminiamo
tutto il tessuto malato.
Osserviamo sempre lo scarso arrossamento dei tessuti circostanti.
In molti casi, un piccolo arrossamento può essere dovuto alla
frizione del cotone imbevuto di disinfettante al benzalconio utilizzato
per rimuovere i depositi carboniosi della combustione dei tessuti
operati.
Al controllo, sei mesi più tardi la zona trattata appare perfetta dal punto di vista cromatico e della superficie
cutanea che non presenta ne avvallamenti né cicatrici.
Inoltre osserveremo con piacere che anche il pilizio assente sulla lesione ricompare nella zona trattata con il
Plexer.
Con la chirurgia al Plasma del Plexer, in casi dubbi si può asportare la lesione per farla analizzare.
Ricordiamo che in questo caso conviene lavorare su di un piano più alto, per poter asportare il pezzo e spianare
in seguito la parte.
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Terminato l’intervento condotto sempre con la tecnica anulare per evitare di fare una iniezione di anestetico, i
tessuti possono essere toccati in quanto non sanguinano.
Si potrà cosi apprezzare il livellamento con le aree circostanti.
Il paziente, al solito. medicherà con benzalconio cloruro ed eviterà
cerotti e garze
Una verruca seborroica dell’area peri auricolare prima e dopo
soblimazione.
In basso a destra il controllo sette giorni dopo.
Si vede la parte appena rosea dopo la caduta della crosta.
Anche in questo caso la parte è stata medicata con solo disinfettante
al benzalconio.
Una classica verruca molle del viso
Trattattata con la
chirurgia Plexer, dopo
30 giorni presenta un
aspetto normale fatto
salvo per il colorito
roseo del tessuto
trattato ancora non
esposto al sole.
Il caso di verruche
piane multiple del viso
trattate con il Plexer.
Si eliminano in una
seduta di 15 minuti.
Alla visita di controllo
si osserveranno le
solite lesioni rosee ed
in molti casi altre verruche che al momento dell’intervento non erano
evidenti.
È sempre consigliabile effettuare delle foto dettagliate delle zone trattate al fine di controllare la crescita di nuove
lesioni e per dimostrare eventualmente che le nuove lesioni non insistono sulle aree trattate in precedenza.
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Verruche volgari: dopo trattamento con Plexer far applicare sulla parte della Tuja Tintura madre; il
prodotto dovrà essere usato per alcune settimane, sempre dopo aver lavato con sapone di Marsiglia.
Verruca sviluppata in seguito ad un piercing dell’orecchio.
La bruciatura con LA
CHIRURGIA AL
PLASMA DEL
PLEXER, ci assicura un
buon risultato estetico e
l’assenza di recidive.
Sette giorni dopo, si
vede la parte
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perfettamente cicatrizzata
Verruca Vulgaris del 1^ dito della mano; recidivata dopo intervento di crio chirurgia.
E’ stata trattata in modo tradizionale con la chirurgia al Plasma del Plexer, senza anestesia chimica.
Sulla foto di destra si osserva il risultato a 60 giorni.
L’area discromica sul dorso del dito era presenta prima della bruciatura della verruca.
Verruche periungueali e della superficie volare delle dita recidivate per anni dopo ripetuti interventi di crio
chirurgia, Laser, radiobisturi e applicazione di acidi di vario tipo.
Trattamento con Plexer senza anestesia.
A destra controllo a 30 giorni.
Una formazione
verrucosa della punta
del naso con superficie
corneificata, presenta
difficoltà risolutive per la
diversa conducibilità
elettrica, termica e
luminosa delle sue parti.
Con il Plexer si asporta da un lato per salvarne una parte da analizzare, per poi finire nel solito modo, livellando
con le parti circostanti.
Quindici giorni dopo si apprezza il risultato ottenuto.
L’apertura della narice non presenta alcuna alterazione sia di forma
che di colore.
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INTERVENTI E TECNICHE OPERATORIE
Fibromi molli: (Neoformazioni rilevate)
FIBROMA PEDUNCOLATO :
sinonimi: acrochordon, papilloma cutaneo, fibroma molle, papilloma
peduncolato, polipo cutaneo.
Definizione e aspetto: lesione cutanea molto comune di consistenza molle, del colore della cute normale, bruno
o bruno scuro ( fibroma pigmentato ). Di solito assottigliato alla base ma anche con impianto un po’ più largo.
Dimensioni variabili da 1 a 10 mm. Asintomatico. A volte può diventare dolente in seguito a trauma e divenire
crostoso o emorragico.
Ubicazione: Sulla cute di soggetti di età media o senile. E’ più comune nelle donne e nei soggetti obesi.
Localizzato più spesso alle pieghe ( ascellari, sottomammarie, inguinali ), al collo e alle palpebre.
Foto n. 1
Foto n. 1 bis
Come si vede la stessa lesione con due dominanze di colore diverse. Nella seconda sono più evidenti gli accumuli
di melanina all’interno del fibroma che in questo caso è pigmentato.
Altra lesione : sempre fibroma peduncolato meno pigmentato del primo
Ancora una bella
immagine di un fibroma
molle con colore più
vicino a quello della
pelle, l’aspetto è sempre
rugoso l’aspetto
tondeggiante e l’impianto
è peduncolato.
La lesione fibromatosa anche se grande può essere trattata con il solo PLEXER mini (bianco)per l’anestesia
anulare con la tecnica spot e spray combinate insieme. La sublimazione del resto della massa viene effettuata
con il Plexr rosso (maxi) e poi in vicinanza della base il lavoro viene terminato con il mini sino a pareggiare la base
del fibroma con la restante cute.
Mai approfondire la sublimazione della base del fibroma più del minimo indispensabile per non creare
cicatrici o acromie della pelle.
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Fibromi sessili : Neoformazioni rilevate
Le neoformazioni benigne di una certa grandezza possono essere
trattate sia con La chirurgia al Plasma del Plexer sia con il
radiobisturi.
Se sono molto voluminose è preferibile usare il Plexer maxi (rosso)
ad energia maggiore per asportare dalla base la lesione tenendosi
su di un piano più elevato rispetto ai tessuti circostanti per poi
portare a compimento l’intervento (Plexer Midi verde o mini bianco)
utilizzando energie via via minori per evitare qualsivoglia
avvallamento o discromia.
L’utilizzo dei vari tipi di laser deve essere evitato per le possibili discromie che possono esitare e per l’effetto
biostimolante che tende a far sviluppare lesioni fibromatose sui margini di taglio.
Fibromi cutanei sessili e ben peduncolati, possono essere operati
agendo lateralmente, consentendo così l’eventuale controllo
istologico del pezzo asportato.
Un grosso fibroma sessile del cavo ascellare: una volta praticata una
anestesia con lidocaina al 2% intorno la lesione, si procede dai lati
con una sonda a spatola da 1,5 con una potenza intorno ai 50 watt
appena sovramodulata per coagulo.
Il pezzo andrà asportato coagulando di volta in volta i vasi che il peduncolo contiene, tenendosi leggermente al
disopra del piano cutaneo circostante.
Così potremo asportare in breve tempo il pezzo eventualmente da analizzare e potremo finire di asportare la base
con il Plexer, fino a levigarla perfettamente con la cute circostante.
Da notare che anche in questo caso non avremo sanguinamento della parte trattata e di conseguenza non
avremo fatto un intervento invasivo.
Otterremo così di non causare discromie da perdita di melanociti ed avremo una cicatrizzazione perfetta.
Come al solito far medicare a casa con disinfettante al benzalconio evitando cerotti e indumenti attillati.
Neoformazioni del viso : Anche grossi fibromi del viso e nevi di Nieshel, possono essere eliminati senza recidive
o discromie.
Con il Plexer si può
asportare la lesione ed
eventualmente farla
analizzare.
Ricordiamo che in
questo caso conviene
lavorare su di un piano
più alto per poi spianare
in seguito la parte.
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Terminato l’intervento
condotto sempre con la
tecnica anulare per
evitare di fare una
iniezione di anestetico, i
tessuti possono essere
toccati con le nude
mani in quanto non
sanguinano.
Si
potrà
cosi
apprezzare
il
livellamento con le aree
circostanti.
Il paziente, come al solito. medicherà con benzalconio ed eviterà cerotti e garze.
Al controllo dopo 15 giorni la parte risulterà rosata nei punti dove è caduta la crosta
Nella foto: controllo dopo un anno. Il risultato sarà perfetto se il paziente avrà evitato di staccare la crosta prima
del tempo.
Altro caso di due grosse
neoformazioni del viso
che
possono
identificarsi in fibromi
pigmentati
a
largo
impianto.
Nella foto: appena eliminata la prima neoformazione, senza aver rimosso il deposito carbonioso rimasto sulla
parte dopo bruciatura con Plexer.
Si osserva al controllo:
la parte trattata sette
giorni prima ormai priva
di crosta e la seconda
neoformazione
(superiormente
sul
solco
naso-genieno)
appena operata e dopo
aver rimosso il deposito
carbonioso
della
bruciatura.
Si osserva che i tessuti adiacenti non sono arrossati a
testimonianza che non è stato ceduto calore dalla sede di
intervento sui tessuti circostanti e sani
Al controllo dopo un anno dall’intervento si osserva la perfetta
guarigione e lo sviluppo di un’altra neoformazione.
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NEOFORMAZIONI MULTIPLE E NEVI GIGANTI
Neoformazioni
multiple: Un capitolo a
parte
riguarda
le
neoformazioni multiple.
In alcuni casi con la
Soft
Surgery
si
ottengono dei risultati
altrimenti impossibili.
Ad
alcuni
pazienti
affetti da questo tipo di
neoformazioni
sono
stati proposti e tentati interventi di autotrapianto di cute ed interventi di laser chirurgia con risultati discutibili.
Quando le neoformazioni invadono più del 49% della superficie corporea del paziente, le precauzioni per
l’intervento devono essere sempre tenute presenti come se si operasse con un laser o con un radiobisturi
Vale sempre la regola
del nove per gli
ustionati ?
Ricordiamoci
sempre
che con i nostri potenti
mezzi per la chirurgia
dermatologica
stiamo
creando
un
ustione
iatrogena sul nostro paziente.
Dovremo tener d’occhio il senso di sete del paziente, la sua
temperatura corporea ed il suo stato di vigilanza.
Interromperemo
la
seduta
quando
la
superficie trattata si
avvicina a quel nono
che teniamo a mente
nel caso delle ustioni.
Due foto a distanza di
un anno dall’inizio del
trattamento
condotto
sempre con le solite
modalità.
Una piccola parte del
corpo è stata liberata dalle neoformazioni e, come si osserva al
controllo, la cute epitelizza egregiamente.
Da osservare che non si
creano aree
depigmentate e che
insperabilmente, a
differenza da altre
tecniche le zone
cutanee che risultavano
prive di peli prima
dell’asportazione delle
neoformazioni,
incredibilmente
riprendevano l’aspetto
che avrebbero avuto
fisiologicamente.
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Per apprezzare meglio questo sviluppo insperato di peli nella zona basta confrontarla con la parte sana
controlaterale.
Effettuato il controllo dopo un anno ed osservata la perfetta riuscita della asportazione delle lesioni più esposte
alla vista, si decideva di intervenire sulle restanti parti.
Alcune fasi
dell’intervento con la
chirurgia al Plasma del
Plexer, fanno
comprendere
l’impegno
professionale che
richiede un simile tipo
di intervento.
L’uso dei guanti non è
indispensabile dal
momento che la
neoformazione non è contagiosa e che la chirurgia al Plasma del Plexer non provoca sanguinamento.
Naturalmente, le regole da osservare da parte del paziente sono sempre le stesse, semplici ma ferree:
disinfettante al benzalconio cloruro, sapone di Marsiglia, asciugare tamponando, protezione raggi UV e soprattutto
non utilizzare cerotti.
Nella foto in alto a sinistra, come meglio in quella sotto, si osserva il danno prodotto da occlusione con cerotto e
garza nella zona scapolare.
Una fase del trattamento . Le zone scure sono le zone carbonizzate con il Plexer.
La zona scapolare non è stata ancora trattata.
Si osserva il lieve danno da cerotto oggi scomparso e la presenza di alcune neoformazioni pigmentate che sono
state lasciate volontariamente e tenute sotto controllo.
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ELETTROCHIRURGIA NON ABLATIVA
O.F.F. è una nuova apparecchiatura alimentata a batterie che emette un flusso di onde
sinusoidali frazionato.
Sono onde con cui, a seconda del tipo di programmazione o di puntale utilizzato, saremo in
grado di intervenire su inestetismi o patologie.
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ANGIOMI E TELANGECTASIE
Nel trattamento delle teleangiectasie, dovremo intervenire appoggiando delicatamente ai lati
del vaso con andamento a spot a zig zag, come con il plebe, per far contrarre le fibre elastiche
dell’intima vasale, svuotando il capillare del suo contenuto ematico.
Dovremo evitare, nel modo più assoluto, di scalfire la cute per evitare anche il più piccolo
gemizio ematico non consono alla chirurgia non ablativa.
Come si vede da questo caso, non vi è sanguinamento e si vede scomparire immediatamente
il capillare dilatato.
I piccoli puntini bianchi che si osservano sulla cute dove abbiamo appoggiato il puntale
arrotondato, sono dovuti alla crema anestetica che il paziente aveva applicato prima del
trattamento
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Un angioma del viso trattato con OFF,
A destra si vede il tessuto che ricopriva la lesione afflosciato dalla mancanza di spinta
dell’angioma ormai eliminato.
Qui a sinistra la cute trattata con la tecnica spot del
Plexer per riaccorciare la cute dilatata dalla pressione
dell’angioma.
Qui sotto gli effetti di una prima seduta di OFF
Su un angioma congenito del padiglione auricolare.
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Un altro angioma del viso trattato in una seduta e risultato a due mesi.
Sopra, grossi vasi ectasici deo naso in un caso di rinofima
Diapositiva a sinistra, vasi ectasici degli zigomi trattati
con OFF. e fibroma cutaneo del naso trattato con
Plexer
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MICRO LIPO PLASTICA
Tecnica di utilizzo di OFF con dei normali aghi da
agopuntura infissi nei tessuti fino a raggiungere il
tessuto adiposo da eliminare per elettrocuzione
ipertermica.
A sinistra si vedono gli effetti nella chiara d’uovo delle
diverse frequenze applicate all’ago non schermato
immerso nell’albume.
Come si osserva la coagulazione nell’intorno della
punta si ottiene solo con un certo tipo di programma
preimpostato che non darà danni alla cute soprastante il
volume di grasso da trattare.
I campi di utilizzo sono i più svariati, dal grasso del
sottomento ai lati della mandibola alla sottoglutea e ai
trocanteri.
Il volume di grasso distrutto varia in base al programma,
ai ntempi di applicazione e allo stato di idratazione del
tessuto.
L’operatore fermerà l’erogazione di flussi frazionati nel
momento in cui il paziente riferirò fastidio nella zona,
avendo il calore raggiunto i tessuti epidermici
Esempi di applicazione.
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INFISSIONE DEGLI AGHI CUI ANDRA’ AVVICINATO IL PUNTALE DEL NOSTRO “OFF”
TECNICA PER DELIMITARE LE AREE DOVE INTERVENIRE
RISULTATI DI QUATTRO SEDUTE DISTANZIATE DI 28 GIORNI
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VIBRANCE – LE TRE CORRENTI FONDAMENTALI IN SINERGIA
Per il NEEDLE
SHAPING, la
ricostruzione
volumetrica
autologa, si utilizza
un apparato in
grado di erogare
una corrente
programmabile nei
parametri
fondamentali(Pulse
Width e Pulse Repetition Rate) miscelata con una corrente galvanica ad alta tensione e limitata
in corrente. Alcuni miscelano a queste due correnti una terza corrente idonea all’apertura dei
poro-canali di membrana ad una frequenza molto prossima a quella che deriva dalla
impostazione della corrente programmabile per generare un battimento tra le due frequenze.
Queste correnti
miscelate,
potenziate dalla loro
azione sinergica,
regolate ad una
intensità tale da non
essere percepite dal
paziente se non in
certi punti
particolarmente
sensibili, devono
essere applicate ad un ago non schermato da agopuntura, di quelli con manico metallico da
dodici o quindici centimetri allo scopo di far aderire le
fibre elastiche del derma al corpo dell’ago.
Una volta agganciate e leggermente disidratate, per
sottrazione salina elettromediata, le fibre elastiche evono
essere arrotolate con estrema delicatezza fino ad
ottenere una sorta di fuso di materiale autologo ben
visibile al movimento dell’ago.
Se la corrente elettrica deve avere caratteristiche idonee
ad agganciare le fibre elastiche del derma e far migrare
parte dei sali interstiziali che altererebbero la durata nel
tempo dei risultati ottenuti, anche la trazione esercitata
con l’ago deve
essere tale da
ottenere un
certo volume
ma non deve
mai strappare
fibre da altri
distretti.
Infatti,
diversamente
dalle altre tecniche di autotrapianto, ci si limita ad assottigliare la parte donatrice per rigonfiare
le volumetrie in minus.
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Le strutture donatrici, solamente e microscopicamente assottigliate, riprendono i volumi iniziali
nei ventotto giorni successivi, mentre la parte ricostruita, raggiunge il volume definitivo dopo
circa sette giorni per mantenerlo a lungo.
Per spiegare questo fenomeno basta riferirsi ai derma espander, una sorta di palloncini che il
chirurgo gonfia sotto la pelle del paziente per ottenere del tessuto da trapiantare asportandolo
con la tecnica del lembo a losanga.
La parte donatrice in questo caso riprende lo spessore iniziale mentre come ovvio presenta
una impercettibile cicatrice lineare al centro.
Ovviamente nel nostro caso la cicatrice non sarà presente, e non avremo dx mai scalini dal
momento che operiamo degli spostamenti volumetrici molto piccoli del sottocutaneo senza
incidere la cute.
Mediante questa tecnica si ottiene un risultato estremamente naturale.
Normalmente si possono ottenere Volumi importanti, per scivolamento di tessuti con ausilio
elettrico, senza introdurre alcun tipo di sostanza, ma sfruttando i tessuti stessi che in quanto
omologhi non alterano la fisionomia e non presentano scalini o ponfi.
Il paziente non percepisce alcun tipo di sensazione o fastidio al passaggio della corrente che
deve avvenire per il tempo strettamente necessario a permettere l'aggancio delle fibre del
sottocutaneo utili per ottenere i volumi desiderati, mentre i liquidi eliminati osmoticamente dalla
deprivazione salina mediata dalle correnti, non permetteranno lo srotolarsi delle fibre e del
collagene arrotolato.
Fondamentale per risultati duraturi, applicare prima la corrente poi ruotare nel verso opportuno
l’asse dell’ago e alla fine sfilarlo con decisione dopo averlo ruotato di pochi gradi in senso
opposto.
Interlacciare le fibre, infiggere aghi elettrodo con decisione senza dare dolore, sapersi fermare
esattamente quando ci si accorge se il paziente sente fastidio o dolore, erogare la corretta
quantità dicorrente solo nei punti che ne hanno reale necessità, senza farsi prendere la mano.
Ricordarsi che per le rughe periorbitarie e nelle zone di cute molto sottile non si deve ruotare
l’ago per più di 360 gradi per evitare anellini di connettivo che potrebbero essere visibili tipo
catena di rosario.
Acquisire quella sensibilità che, ci avverte quando le fibre che stiamo “strecciando” stiano per
distaccarsi(cosa che non deve avvenire mai, altrimenti ci troveremo un altro vuoto da colmare),
e quando sia giunto il momento di sfilare l’ago.
Nella foto
si vede
come il
sottile ago
mediante
una debole
corrente
genera un
volume
importante
nei punti desiderati, senza iniettare sostanza dato che
l'ago stesso è di metallo pieno ed il contatto elettrico è, in questo caso, mediato dalle dita del
medico.
Mediante questa tecnica si ottiene un risultato estremamente naturale.
Volumi anche importanti, ottenuti con questa tecnica, non alterano la fisionomia e non
presentano scalini o ponfi.
Alla fine, anche un occhio esperto, non sarà in grado di riconoscere dove sia stato effettuato il
trattamento estetico anche se i volumi ottenuti siano importanti.
L’innovazione consiste nel non aver inserito materiali estranei che potrebbero dare problemi.
Per spiegare il meccanismo di questa tecnica, immaginiamo di inserire un perno di metallo in
una rete formata da tanti elastici di gomma.
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Se ruotassimo questo perno sugli elastici, esso scivolerebbe senza provocare alcun effetto
meccanico.
Ora, applichiamo il nostro mix di correnti, riusciremo finalmente a far aderire il nostro perno agli
elastici di gomma, riuscendo ad ottenere un fuso del volume desiderato.
Ovviamente, non si deve esagerare con la trazione, per evitare di strappare gli elastici.
Il perno di cui sopra corrisponde al nostro ago, mentre la rete di elastici di gomma corrisponde
ai componenti del derma.
I risultati sono eccellenti sia per la durata praticamente definitiva sia per l'estetica decisamente
naturale.
Nelle rughe sottili, periorbitarie e perilabiali, una volta inserito l'ago, è sufficiente erogare
corrente solo per pochi istanti. quindi sfilarlo.
Nel caso delle
nasogeniene e
delle nasolabiali,
si utilizza la
tecnica a zig zag
che permette un
massiccio
trapianto dai
margini.
Si Infiggere l'ago
parallelamente al
piano cutaneo
ma non lungo l'asse della ruga, bensì prima sotto il lato destro per poi dirigere verso sinistra
passando sotto l'asse della stessa.
Evitare di infiggere perpendicolarmente il solco delle
pliche e delle rughe sottili, a causa della trazione dai piani
sottostanti che provocherebbe una depressione del punto
di infissione.
Tecnica dell’arrotolamento.
Infiggere l’ago perpendicolarmente al solco, ruotarlo di
centottanta gradi e dopo breve erogazione di corrente,
sollevare la parte e, mantenendola sollevata, ruotarlo di
centottanta gradi in senso anti orario, permettendone la
fuoriuscita.
Mediante questa tecnica si ottiene un risultato estremamente naturale.
Per ruotare il labbro verso l’esterno rendendolo convesso, se il paziente presenta già delle
labbra carnose, si dovranno trovare con un “palper” i punti da trattare premendo delicatamente
sul labbro fino a trovare il punto che aumenta la
convessità mucosa.
Quindi infiggere esattamente il punto trovato per creare il
fuso.(vedi foto)
Precauzioni e consigli:
Evitare formazioni neviche, virali, micotiche e vasi.
Nel caso delle labbra, è necessario far fare al paziente la
smorfia che si vede nella foto per evitare che qualcuno
possa affermare che si siano creati dei vuoti e per
dimostrare a noi stessi che dopo le quattro applicazioni le
barre del codice sono diminuite o scomparse.
Non esercitare trazione o rotazione in presenza di dolore per la possibile formazione di
ematomi.
Nelle rughe profonde e nelle depressioni ipodermiche, infiggere l'ago-elettrodo lateralmente al
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fondo ed arrotolare fino alla formazione di un fuso delle
dimensioni idonee al riempimento della parte.
Se il solco risulta particolarmente depresso, sempre
infiggendo dai lati, ottenere un fuso perpendicolare al
solco in modo da ottenere con i precedenti una struttura
ad h, simile a punti di sutura.
Si otterrà un riempimento in diagonale per tutta la
lunghezza della depressione.
Rughe periorbitarie e palpebrali: infissione assiale con
rotazione oraria per la superiore dx e inferiore sn e vice
versa per le controlaterali.
Detta rotazione, anche se i tessuti lo permettono non dovrà mai superare i 180 gradi.
In caso di sanguinamento anomalo o di ematomi
utilizzare un tampone freddo.
Ovviamente, i risultati
LABBRA PRIMA DEL
realmente definitivi,
TRATTAMENTO in basso a sn
riguardano la
LABBRA DOPO QUATTO MESI E
correzione delle
TRE APPLICAZIONI in alto a dx
cicatrici depresse e le
volumetrie delle parti non soggette a sollecitazione da
parte della mimica.
Invece le rughe da espressione, anche se alcune
possono scomparire definitivamente, solitamente si
ripresentano a distanza di mesi o di anni in base alla mimica del soggetto.
Nel caso delle
labbra i risultati
sono estremamente
duraturi, anche
parecchi anni,
mentre per il
cosiddetto codice a
barre, quelle rughe
a raggiera che si
evidenziano
pronunciando in
modo esagerato la vocale "U", spesso bisogna ritoccarle a distanza di alcuni mesi.
Per un risultato ottimale è assolutamente necessario rispettare la tecnica ed i punti di infissione
dell'ago oltre ai tempi di erogazione del mix di corrente elettronica. Naturalmente, nelle aree
donatrici, il tessuto si rigenera perfettamente dato che le fibre stirate del sottocutaneo non sono
state danneggiate o asportate, ma solo assottigliate.
È l'insieme di tanti piccoli filamenti che ci permette di ottenere questi risultati.
Durante la seduta di needle shaping, invito sempre ad osservare il risultato ottenuto appena
allontanato il microago dalla parte, perché quello sarà il risultato che si avrà a distanza di giorni
o mesi.
Infatti trascorsi altri tre o quattro minuti, la parte apparirà più gonfia a causa dell'irritazione dei
tessuti determinata dal passaggio dell'ago.
Questo ulteriore rigonfiamento che sembra aver ridato il volume che cercavamo, si riassorbirà
nel giro di due o tre giorni.
Quello che invece resta è il risultato visibile appena sfilato l'ago.
Ogni ruga deve essere trattata almeno quattro volte per un risultato accettabile. Le sedute non
possono essere effettuate se non siano trascorsi almeno ventotto giorni tra l'un e l'altra, tempo
necessario ad un ciclo di ricrescita.
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paziente con codice a barre dove è stato necessario incrementare anche il volume di entrambe
le labbra.
Arrotolare sempre creando il fuso del
volume desiderato.
Fermarsi se il paziente riferisce fastidio o
dolore(patogniomonico di un vaso o di un nervo
incappato nel gomitolo di fibrina che stavamo
realizzando).
Quindi srotolare di novanta-cento ottanta gradi e sfilare
l’ago
dopo aver erogato corrente(codice a barre e solchi).
In molti casi si deve operare una sorta di trama e ordito
per
evitare che il paziente, appena terminato il trattamento, con la mimica del viso, sorridendo o
ammiccando, possa far sciogliere, srotolare il fuso appena formato rendendo inefficace il
trattamento.
Tecnica della treccia.
Fusi perpendicolari tra loro fino ad ottenere una vera e propria treccia che risulterà duratura nel
tempo.
Tecnica del Piercing: l'ago penetra nei tessuti per fuoriuscirne esattamente come un piercing.
A questo punto l'operatore ruoterà lago, dopo aver erogato corrente per alcuni istanti, secondo
l'asse maggiore in senso orario fino ad ottenere una specie di fuso nel derma e continuerà ad
arrotolare fino ad ottenere il volume desiderato, idoneo a riempire la ruga o la lesione, quindi
ruoterà di centottanta gradi in senso anti orario e sfilerà l'ago senza erogare corrente.
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L'ago del piercing deve essere ruotato in senso orario al lato superiore destro ed antiorario al
lato superiore sinistro, per portare materiale dai lati
al disotto della parte depressa.
Questa ultima tecnica si utilizzerà per le volumetrie
di labbra e zigomi.Aspetto della parte dopo alcuni
minuti.
Da notare che il volume reale che durerà nel
tempo è quello che si osserva appena sfilato l’ago
dai tessuti, poi incomincerà una reazione nel punto
trattato come nella foto.
Questi volumi un po’ arrossati sono la fisiologica
reazione infiammatoria al trattamento che
scomparirà in poche ore, mentre il volume visto appena sfilato l’ago rimarrà per mesi o anni a
seconda della mimica del soggetto.
Nelle cicatrici depresse, il volume ottenuto con il
needle shaping solitamente è garantito a vita.
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