Saggi filosofici scolastici

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Saggi filosofici scolastici
“Nessuno da giovane
aspetti a filosofare”
SAGGI FILOSOFICI
DELLE CLASSI “III LA” E “IV E”
DEL LICEO TACITO DI ROMA
NELL’ANNO SCOLASTICO
2014-2015
ANTILOGIE
L’antilogia è un esercizio ideato dagli antichi Sofisti greci per avviare i propri allievi
all’uso della dialettica, ma è tutt’ora utilizzato per addestrare studenti di filosofia o aspiranti avvocati o politici.
Consiste in un “discorso doppio”, volto a dimostrare prima e a confutare poi una tesi,
oppure a elogiare prima e a criticare poi qualcosa o qualcuno. L’antilogia è tanto meglio costruita quanto più è bilanciata e capace di lasciare perplesso l’ascoltatore o il lettore. Se il fine di questo esercizio non è “eristico” (volto a stupire l’uditorio o a sprezzare la verità), ma
metodologico, può servire a sviluppare le capacità argomentative e critiche.
Nella classe III di quest’anno, è stato il primo esercizio filosofico con cui gli studenti si
sono misurati. Dopo le opportune correzioni, quasi tutte le antilogie sono state qui raccolte.
ELOGIO E CRITICA DI PERSONAGGI FITTIZI
NED FLANDERS
(MARTA SALIS)
Elogio
Ned Flanders è uno dei pochi personaggi all’interno della serie dei Simpson che
può essere preso come un modello. È altruista con tutti, anche con chi non se lo merita,
non si arrabbia quando i suoi concittadini non gli restituiscono le cose o le prendono
senza che lui lo sappia. Aiuta tutti quando sono in difficoltà, vive da cristiano devoto si
dedica anche alla divulgazione della sua religione e cerca di far capire la giusta strada ai
suoi amici, soprattutto al suo vicino di casa Homer che è il suo opposto. Si batte per difendere le sue convinzioni: quando lui e Lisa discutono tra evoluzionismo e creazionismo accetta la sconfitta, ma continua a credere nella Bibbia e nei suoi ideali. A differenza di molti dei padri che vengono mostrati nella serie è un padre presente verso i suoi
figli, ci passa molto tempo insieme insegnandogli la devozione verso il cristianesimo.
Critica
Ned Flanders, al di là delle apparenze, è un personaggio negativo. Il suo carattere
lo porta a essere sfruttato da tutti, anche sfacciatamente senza che lui dica niente, una
volta Homer gli ha “preso in prestito” una stanza intera! Attraverso il suo modo di comportarsi ci mostra che essere come lui porta solo a essere usati dagli altri. Il suo atteggiamento oppressivo nei confronti dei figli non li fa crescere e affrontare la vita reale. È
troppo legato alla religione, tanto che non permette ai figli di giocare ad alcuni giochi
che lui ritiene blasfemi, non gli fa conoscere nuove realtà al di fuori di quella della chiesa e passa il suo tempo a controllare gli altri, ad esempio controlla se in televisione
qualcuno dice o fa cose sbagliate. Il suo carattere lo porta anche ad essere escluso dalla
società perché non lascia liberi gli altri.
IRON MAN
(STEFANO VACCA)
Elogio
Anthony Stark è uno dei più grandi ingegneri meccanici al mondo è una persona
carismatica e cordiale. I suoi poteri nascono da una esigenza vitale. Infatti grazie alle
sue capacità in materia si crea un apparecchio che gli consente di tenere in vita il suo
cuore impedendo alle schegge di penetrarvi. Da qui nasce il nome di “Iron Man”. Grazie a questa armatura Anthony Stark acquista poteri che a differenza degli altri supereroi possono essere aggiornati in continuazione. Questa gli permette di volare, di emettere dei raggi repulsori dalle mani e di centuplicargli la forza.
Critica
Anthony Stark, ricco industriale, è un personaggio bramoso di potere e molto complesso: difatti, se lo ritiene necessario, è disposto ad usare sotterfugi, a mentire e ad in-
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gannare anche i propri alleati. Queste sue prerogative caratteriali negative lo hanno
spesso messo contro supereroi come l’Uomo Ragno, Thor e soprattutto Capitan America. A causa dello scoppio di una mina, mentre visitava una delle sue numerose fabbriche di armi in Vietnam, alcune schegge gli penetrarono nel cuore e lo costrinsero a trovare una soluzione per evitargli la morte nel giro di breve tempo. La soluzione fu un’armatura senza la quale morirebbe. Di fatto, egli è costretto a vivervi rinchiuso.
HARRY POTTER
(ARIANNA ANEDDA)
Elogio
Harry Potter è un personaggio di fantasia conosciuto da un’intera generazione ogni
bambino che va dagli 8 ai 18 anni lo ha letto o visto almeno una volta.
Le avventure del mago trasmettono dei grandi valori a chi le legge ad esempio coraggio, amore, amicizia. Lui durante le varie avventure non si arrende mai diventando
perciò per coloro che lo leggono un modello da seguire e quasi un idolo.
L’elemento magico sempre presente nella storia portai ragazzi a credere
all’esistenza della magia perché i romanzi sono ambientati in parte a Hogwardts,una
dimensione magica, e in parte nel mondo reale (Londra).
Si pensa abbia influenzato in modo positivo i ragazzi che grazie a questo racconto
sono portati a leggere più libri.
Critica
Nella saga di Harry Potter l’aspetto principale è la magia, il che ne restringe la
portata a un pubblico infantile. Harry Potter rappresenta l’ennesimo tentativo di manipolare le masse – e tanto più i bambini – che sono portati a credere a un mondo fantastico che li allontana dalla realtà è li fa credere a qualcosa che non è reale. Questo è il motivo per cui è ritenuto da molti un personaggio negativo per i ragazzi.
DOTTOR HOUSE
(LUDOVICA GEMMA)
Elogio
Gregory House è un bravo dottore, brillante e molto competente nel proprio lavoro.
Nella sua carriera lavorativa mette da parte tutte le distrazioni per fare il suo lavoro al
meglio e deve avere anche doti di freddezza. È geniale e riesce a risolvere i casi più difficili dei pazienti con abilità come se fosse un detective. Riesce a comprendere le storie
e le personalità dei suoi pazienti e si sente in dovere di risolvere i loro casi in modo eccellente. Ritiene molto importante salvare la vita del paziente, usando anche metodi drastici, ed ha rischiato la carriera per salvare i malati. A volte è molto sensibile verso i
problemi di alcuni pazienti. Non avendo un rapporto di amicizia con i pazienti, House
non perde il suo tempo parlando con questi ed ha maggior tempo a disposizione per risolvere i casi dei vari pazienti. Molte persone nutrono una grande stima nei suoi confronti e sono affascinati dal suo carisma.
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Critica
Gregory House è una persona burbera e cinica. Non è un medico buono e compassionevole, ma ben altro. È freddo, distaccato e analitico. Usa modi poco consoni per
effettuare diagnosi e cure. I suoi modi di fare causano rapporti contrastanti e conflitti
con i suoi colleghi. Non ha buoni rapporti con i suoi pazienti e non riesce a comprendere lo stato d’animo di questi. Non fa mai visita ai suoi pazienti. Infatti odia il contatto
con i pazienti e le persone in generale. Con il suo carattere irritante e asociale compromette la fiducia tra paziente e dottore. Spesso offensivo e provocatorio verso i colleghi
ed i pazienti. Non rispetta le regole sociali e le regole dell’ospedale. Si diverte a prendere in giro le persone per le loro debolezze. È in lotta contro il mondo perché nessuno riesce a capire la sua genialità. Può essere definito anche narcisista grazie al suo senso di
superiorità, al suo atteggiamento con cui usa gli altri come mezzi per raggiungere i propri obbiettivi e anche per la scarsa empatia con i suoi colleghi ed infatti i suoi colleghi a
volte lo trovano insopportabile per questi motivi. Gli aggettivi che più gli si addicono
sono presuntuoso e arrogante. È dipendente dal “Vicodin”, medicina che usa per alleviare il dolore alla sua gamba.
PARSIFAL
(EMANUELE PETROLINI)
Elogio
Ha 16 anni, è un cavaliere dell’ordine degli shushu, ordine che si occupa di demoni, che vengono rinchiusi nelle armi che usano, con un codice di condotta molto severo
e un pensiero secondo il quale ci sono buoni, cattivi e nessuna via di mezzo. Si caccia
sempre nei guai e vedendolo così tra le nuvole, i suoi compagni cercano spesso di capire
cosa gli passi per il cervello…sempre che ce l’abbia…fa parte del manga/cartone francese wakfu. È forte, coraggioso e leale, non si tira mai indietro davanti ad una lotta, e fa di
tutto per difendere la sua amata, non per niente porta il nome di uno dei cavalieri della tavola
rotonda
Critica
È un po’ ingenuo, impulsivo, testardo e irascibile… Se si arrabbia e si mette qualcosa in testa, non lo ferma più nessuno.
JERRY
(AURORA SIMONETTI)
Elogio
Jerry interpreta il bene. È un topolino in gamba, molto sveglio e astuto. Nonostante
le difficoltà che gli si presentano riesce ad avere sempre la meglio, anche se le caratteristiche fisiche non lo aiutano a pieno.
Tuttavia questo non vuol dire che se si è più piccoli, quindi meno forti, non si può
vincere su uno più grande. Jerry, grazie alla sua furbizia, esce sempre vincitore dalle
situazioni più impensate. Questo dimostra che nei momenti in cui si pensa di non avere
una via d’uscita, bisogna usare l’intelligenza per trovare una soluzione.
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Critica
Jerry non è la vittima come si potrebbe pensare, perché, giocando d’astuzia, riesce
sempre a far finire Tom nei guai. Quando i due si rincorrono per casa, creano senza
dubbio caos, mettendola sottosopra, e, nel momento in cui la padrona si accorge del
trambusto, ovviamente pensa che la colpa sia del gatto, che quindi viene puntualmente
punito. In alcune circostanze, invece, quando Tom se ne sta tranquillo e non dà fastidio
a nessuno, è proprio il topo che comincia a essere dispettoso. Dunque l’immagine di
Jerry può essere valutata ambigua, avendo due facce come una medaglia. Da questo
punto di vista il messaggio che si vuole trasmettere è che non bisogna giudicare
dall’apparenza, perché essere piccoli spesso non significa che non si possa essere pericolosi e innocui.
GUMBALL
(SUSANNA YOSSEF)
Elogio
Gumball Watterson è un gatto blu di 12 anni, furbo ma adora comportarsi da stupido è molto divertente, simpatico e socievole, supera tutte le difficoltà che gli si presentano. Grazie al suo carattere magnetico è amato da tutti ed è affiancato nelle sue avventure dal fratello adottivo Darwin. Il gatto blu è il personaggio che rappresenta l ottimismo per antonomasia, qualità che lo rende comico e interessante rispecchiante molto la
realtà dei bambini.
Critica
Anche se Gumball riesce a tirarsi fuori da ogni guaio non significa che sia merito
suo, infatti essendo molto ingenuo non fa altro che peggiorare, portando gravi danni alle
persone che lo circondano, i problemi che fortunatamente alla fine in un modo o
nell’altro si risolvono nel migliore dei modi. I problemi suoi e degli altri causati da
Gumball sono frutto della sua noia e pigrizia che spesso scaturisce dal suo forte disinteresse per lo studio. Nonostante sia amante della compagnia i suoi amici a volte preferiscono evitarlo per tenersi lontano dalla molteplicità di problemi causati dal gatto blu.
JOKER
(ELISA RIFICI)
Elogio
Joker è un personaggio molto realista e al contrario di come si pensa non è affatto
folle ma è dotato di una sorta di percezione sensoriale estrema: è un caso più unico che
raro di “super-normalità”. Anche se è l’antagonista principale di Batman, è relativamente buono perché non vuole uccidere il suo nemico. Spesso infatti usa il paragone di
un cane che insegue un’automobile: una volta raggiunta non se ne fa niente, si diverte
solo a rincorrerla. Per questo motivo Joker non ucciderebbe mai Batman, perché senza
di lui la sua vita non avrebbe più uno scopo. È sincero poiché in quello che dice c’è
sempre un fondo di verità in quanto siamo tutti uguali ed egoisti perché anche se non
uccidiamo, preferiamo salvare la nostra vita invece che quella degli altri. Infine sembra
relativamente felice, più che altro euforico, per il suo sorriso un po’inquietante e per i
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modi che ha di fare: gli viene dato un lato giocoso e festoso, tanto che in alcune scene si
rivolge direttamente al pubblico dando consigli ai bambini più piccoli, ad esempio con
frasi come «non fatelo a casa, bambini!».
Critica
Joker è uno dei personaggi dei fumetti più cattivi e folli mai inventati. La sua follia
lo rende uno dei più terribili criminali di Gotham, nonché uno dei personaggi col più
alto numero di omicidi a carico nel fumetto. È crudele appunto perché è responsabile di
ogni sorta di crimine e uccide le persone nei modi più cruenti possibili: Prima di mettere
fine alle loro vite, gli disegnava con un coltello un sorriso sulla faccia, simile al suo. È
un personaggio bugiardo perché cambia spesso versione delle cose come ad esempio
quando racconta la storia dei numerosi tagli che ha sulla faccia. Comunque da come si
può capire non ha avuto una vita facile. Per questo è una persona molto triste, perché ha
avuto molti problemi legati all’infanzia ed è anche per questo motivo che è cosi pazzo e
crudele.
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ELOGIO E CRITICA DI OGGETTI O ATTIVITÀ
DELLA VITA QUOTIDIANA
LO SPORT
(DAVIDE ARMINI)
Per i ragazzi è di fondamentale importanza lo sport perché, dal momento che molti
sono sotto pressione per le varie attività didattiche e per la propria situazione familiare,
è un buon modo per distrarsi da ciò che li preoccupa e instaurare nuove amicizie. È
ormai risaputo che le attività ludiche (calcio, pallavolo, basket, eccetera) si rivelino efficaci ad aumentare la maturità del ragazzo, il suo senso di responsabilità e del dovere e
la sua capacità di condividere luoghi e frazioni della giornata con ragazzi che nel bene o
nel male dovrà rispettare. Lo sport può essere considerato come l’esatta unione tra divertimento e competizione, capace di regalare emozioni e soddisfazioni che per quanto
piccole sono immensamente grandi per un ragazzo che affronta un periodo dove quotidianamente si ritrova a dover eccellere in qualsiasi attività si ritrovi a svolgere. È senza
dubbio un’ottima risposta a un ragazzo che cerca di spezzare la propria quotidianità e
che cerca un luogo dove potersi estraniare e divertirsi. In più subentra il fattore squadra,
in cui si crea una vera e propria fratellanza alimentata dal rispetto reciproco e soprattutto dal rispetto verso l’allenatore, che guida i ragazzi alla migliore prestazione fisica
possibile e allo stesso tempo funge anche da motivatore.
È certamente un’occupazione quasi obbligatoria per un adolescente perché oltre ad
essere un’attività che comprende il benessere fisico, interagisce anche con la crescita
educativa del ragazzo. Infatti, dalle fasi di allenamento fino alle competizioni si ritroverà a scontrarsi con pareri contrastanti con il proprio, sia per le scelte tattiche sia quanto
al comportamento di determinati giocatori.
Critica
Sconsiglio vivamente a qualsiasi adolescente di praticare sport a livello agonistico,
per potersi concentrare meglio sul proprio futuro.
Nell’adolescenza, i sogni hanno la possibilità di diventare veri e propri progetti di
vita ma devono essere ponderati con la massima maturità.
Quando mai si è sentito che un ragazzo dalle doti fisiche nella media sia riuscito a
diventare un atleta professionista? E allora perché fargli perdere tempo con attività che
non gli serviranno a nulla quando potrebbe iniziare a costruirsi un futuro capace di realizzarlo e renderlo felice?
Personalmente ritengo che i ragazzi che si comportano in questa maniera siano dei
“capricciosi”, incapaci di guardare in faccia la realtà e ammettere che stanno investendo
troppa serietà in attività dove devono prevalere il divertimento e la leggerezza. Inoltre è
capitato più volte che un ragazzo presenti dei disturbi depressivi causati dallo sport,
dalle aspettative dell’allenatore e della famiglia, dai vincoli giornalieri (le intense ore di
allenamento, le trasferte, eccetera)
Il mondo dell’agonismo può essere molto pericoloso perché in alcuni casi distrae
l’atleta adolescente dalle attività scolastiche, provocando malessere e preoccupazioni
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aggiuntive. Lo sport per molti ragazzi può diventare una vera e propria droga, e come
ogni dipendenza, è importante riuscire a eliminarla per potersi concentrare su ciò che è
davvero importante; e non si tratta di una partita, ma del futuro del ragazzo stesso, delle
sue ambizioni offuscate dall’agonismo e dalle competizioni.
IL PUGILATO
(IRENE BOTTINO)
Elogio
Nobile arte, definirlo sport è riduttivo, in esso si estraggono le migliori doti che un
essere umano possa tirar fuori: forza, coraggio, abnegazione, sacrificio. La boxe è una
metafora della vita, si nasce combattendo, si muore combattendo, si vive combattendo e
se capita di andare al tappeto non è un disonore, se si avrà la forza e il coraggio di rialzarsi e continuare a combattere. Il pugile è ballerino e attore. Mette in gioco fisicità, individualità, totale coinvolgimento di mente e di corpo; esplora i limiti della resistenza,
va a caccia di una soglia del sacrificio da alzare sempre di più. Trasporta sul palcoscenico del ring il racconto drammatico di tutto quello che ha vissuto prima, di tutto quello
che spera potrà vivere dopo. Accade così che ogni combattimento diventi una storia da
raccontare, perché sul quadrato i pugili non salgono solo con il proprio corpo, ma si
fanno accompagnare dalle esperienze della loro esistenza, dalle proprie personalità,
dalle paure e dai sogni. Puoi giocare a pallone, a tennis, a pallavolo, ma non puoi giocare a pugilato.
Critica
“Come può definirsi sport?” “È cosi basso l’intelletto umano?”. Cosa c’è di nobile
in due individui che si picchiano, che si fanno del male, dove la rabbia e l’odio fanno da
protagonisti, in questo “sport” c’è la prova che l’essere umano è un animale violento
che cerca sempre di prevalere sul più debole. Non si vive combattendo, ma confrontandosi e fraternizzando.
IL CALCIO
(FILIPPO MELIA)
Elogio
Il calcio è senza dubbio uno degli sport più popolari al mondo e la sua pratica porta
moltissimi vantaggi a chi lo esercita. Nei paesi poveri riesce a strappare, sin da quando
sono ancora degli adolescenti, numerosi ragazzi dalle mani della criminalità e ad evitare
che essi possano entrare nel mondo della droga impedendo così di segnare per sempre la
loro vita, grazie al calcio abbiamo numerosi esempi di individui che sono riusciti a salvarsi da situazioni di estrema povertà, ne sono esempio moltissimi giocatori provenienti
dall’America del Sud e da altre realtà difficili. Come tutti gli sport anche il calcio insegna cosa significhi sacrificarsi per ottenere un obiettivo, oltretutto essendo uno sport di
squadra insegna a mettere al primo posto il bene comune piuttosto che la singola individualità. Il calcio è uno sport accessibile a tutti dato che non comporta grandi oneri per la
famiglia; così che all’interno di un campo da calcio, dove non conta la provenienza sociale, possano avere tutti le stesse opportunità
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Critica
Il calcio non è uno sport consigliabile, a prova di questo abbiamo le continue guerriglie nei post-partita tra tifosi di squadre rivali che non fanno altro che portare disordini, impiegando forze dell’ordine che potrebbero essere utilizzate per altri scopi. Nel calcio c’è un grande problema di razzismo che, nonostante le campagne di lotta da parte
dei giocatori stessi, è ancora presente. Come gli altri sport presenta il problema
dell’assunzione di sostanze per alterare le prestazioni sportive, non dimentichiamo lo
stipendio smisurato dei calciatori da molti considerato eccessivo rispetto alle cifre guadagnate da una persona “normale”, infatti un professionista, anche se non gioca ad alti
livelli, può arrivare a guadagnare molto di più di quello che un lavoratore comune percepirebbe in un anno. Il calcio è senza dubbio uno degli sport più seguiti al mondo dai
ragazzi di tutte le fasce di età e spesso i calciatori non fanno altro che dare loro un cattivo esempio da seguire: per questo il calcio non è uno sport consigliabile.
IL KARATE
(RICCARDO CORDONE)
Elogio
Il karate è un’arte. Contrariamente a quanto si pensa questa disciplina non è solamente applicata a livello fisico quanto soprattutto a livello mentale. Se preso con serietà
ti può insegnare molto: forma il carattere, ti insegna a conoscere il tuo corpo e, cosa non
da poco, apprenderai nuove tecniche di difesa personale da poter utilizzare ogni qual
volta ne dovessi aver bisogno. A livello agonistico, sicuramente più impegnativo, questa
disciplina ti offre la possibilità di gareggiare in competizioni regionali e nazionali, confrontandoti con atleti della tua stessa categoria. Si provano nuove emozioni e contemporaneamente si vengono a creare nuovi legami che rendono l’ambiente una vera e propria
seconda casa. Fisicamente il karate ti mantiene in forma, migliorandoti di gran lunga i
riflessi, mentre a livello mentale ti libera da sentimenti quali rabbia, paura e vergogna.
Può essere definito a tutti gli effetti uno sport di strategia, dove usare la testa diventa
fondamentale. Se praticato con costanza e determinazione diventa una vera e propria
passione. È uno sport di difesa, non di attacco, è consigliabile per qualsiasi fascia d’età.
Critica
Il karate per il 60% ti insegna a colpire e trascura prese e proiezioni (tecniche che
vengono insegnate in altre discipline quali il Judo e il Ju jitsu per esempio). Se praticato
per molti anni si potrebbe perdere la sensibilità nelle nocche delle mani a causa dei ripetuti colpi e a lungo andare si potrebbero avere problemi alle articolazioni. È una disciplina molto impegnativa dove sei costretto a fare moltissimi sacrifici; i colpi fuori
controllo saranno numerosi e sarà molto difficile entrare nella vera mentalità della disciplina, ci vorrà un bel po’di tempo prima di integrarsi. Se non praticato con la testa
diventa solamente uno spreco di tempo e di energie. Sconsigliato vivamente se considerato un passatempo.
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LA CHITARRA
(FEDERICO MADEDDU)
Elogio
La chitarra è uno strumento musicale che rende orgoglioso chi la suona. È uno
strumento che dà molte soddisfazioni; al solo pizzicare delle sue corde, può rallegrare
ogni persona. Questo strumento piace a molti. Ogni tipo di chitarra ha un suono diverso;
ci sono chitarre che, per esempio, si concentrano sui bassi, ed altre chitarre che hanno
un suono più acuto, e ci sono persone a cui piacciono il primo tipo, ed altre a cui piacciono il secondo. Ci sono molti altri tipi di chitarre, e ci sono anche altre persone a cui
piacciono questi altri tipi. Questo strumento è in grado di trascinarti in un mondo tutto
suo, di farti dimenticare tutto, e di pensare solo ad esso e a te.
Critica
La chitarra è uno strumento stupido, difficilissimo da imparare. Se una persona
volesse, potrebbe prenderlo e tirarlo in testa a qualcuno, provocando dolore. Porta via
moltissimo tempo per una passione che nemmeno dà la sicurezza che possa darti da vivere. La chitarra occupa molto spazio ed è delicata, deve essere trattata bene. È solo un
insieme di pezzi di legno con delle corde legate. È uno spreco di soldi.
IL PETROLIO
(CHIARA FERDINANDI)
Elogio
Al giorno d’oggi il petrolio è la più importante risorsa energetica al mondo e influisce notevolmente sulla situazione economica di un paese. Grazie a questa risorsa si è
potuta organizzare l’industria petrolchimica: vi si producono materie plastiche, fibre
sintetiche, concimi chimici che vengono utilizzati nella vita di tutti i giorni. Inoltre le
fabbriche hanno una grande importanza nel settore lavorativo poiché l’industria estrattiva e le raffinerie offrono impieghi a molte persone. Il materiale petrolifero rende anche
possibile la costruzione delle bombole a gas ed è fondamentale per il settore dei trasporti che appunto si basa su questa importante risorsa. Secondo me il petrolio è un
materiale molto utile poiché viene utilizzato spesso nella vita quotidiana e ci risolve parecchi problemi (ad esempio il come recarsi in un luogo o come cuocere I cibi); penso
inoltre che il ritrovamento di giacimenti possa giovare ad un paese povero rafforzandone l economia e dandogli una possibilità di crescita.
Critica
Il petrolio è tristemente famoso per essere all’origine di molti disastri ambientali
che sono spesso causati dalla sua dispersione in natura. Le petroliere che accidentalmente lo rilasciano e il lavaggio delle cisterne in mare sono le cause principali dell’inquinamento delle acque. Il petrolio è inoltre il motivo che spinge molti popoli a dichiarare guerra ad altri, seminando in questo modo distruzione e morte. Molte persone sono
attratte dal potere di questa risorsa poiché può influire in maniera consistente sulla condizione economica di un paese e può determinare una dipendenza di una nazione da
un’altra. Dato che la situazione ambientale tra un paio di anni potrebbe essere abbastanza disastrosa, penso che vadano trovati al più presto rimedi per risanare l’equilibrio
dell’ecosistema in cui viviamo; si potrebbero inoltre sfruttare maggiormente le energie
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rinnovabili come quella solare, eolica ed idrica già prima che il petrolio si esaurisca del
tutto.
GLI ANTIBIOTICI
(JOHN MARCO HIPONIA)
Elogio
Gli antibiotici,che comunemente usiamo, sono un gruppo di farmaci che vengono
prodotte in laboratorio e hanno la funzione di determinare la morte dei batteri o di impedirne la crescita e agiscono quando gli organismi patogeni si manifestano in maniera
incontrollata.
Tutt’oggi gli antibiotici sono i medicinali più usati perché rispetto ad altre medicine, hanno la funzione di uccidere i batteri in modo più efficace ed immediato.
Sono farmaci che tutt’ora e nel corso degli anni hanno salvato un grandissimo numero di vite grazie alla loro azione, e che tutt’oggi vengono utilizzati per curare da malattie più comuni come l’influenza o il mal di denti, a patologie più rare come la cistite o
l’appendicite.
Critica
L’abuso di antibiotici con l’andare del tempo, ne causa l’inefficacia, in quanto i
microrganismi sono in grado di sviluppare una resistenza nei confronti di un antibiotico
che viene assunto con frequenza.
Essendo l’effetto degli antibiotici quello di uccidere i batteri, potrebbe capitare che
vengano uccisi anche i batteri utili che servono al nostro organismo. Un esempio sono
le difese immunitarie.
Tutt’oggi i medici prescrivono gli antibiotici come rimedio per combattere le malattie più banali come raffreddore e febbre. E quindi assumere l’antibiotico quando si ha
un’infezione di origine virale non aiuta a curare l’infezione, non aiuta a far star meglio o
ad accorciare i tempi della malattia e non aiuta neanche a prevenire eventuali complicanze batteriche, come alcuni pensano, sbagliando.
E si suppone, che facendo uso costante di antibiotici ci si può imbattere in difficoltà respiratorie e intestinali.
Gli antibiotici possono provocare effetti che possono danneggiare la salute, come
reazioni allergiche eccetera. Ma questo dipende dalla sensibilità della persona. Inoltre, può
accadere che alcuni pazienti durante la terapia possano manifestare dei sintomi. I più comuni
sono mal di stomaco, nausea e vomito.
GLI AUTOBUS
(MARTINA ESPOSITO)
Elogio
Gli autobus, ah gli autobus che comodità! Per me che non ho la patente sono una
cosa fantastica, vado ovunque quando voglio, non inquino, non devo stressarmi nel cercare parcheggio. Non potevano inventare una cosa migliore dell’autobus! Quando ho
voglia di uscire basta prendere un biglietto, andare alla fermata e aspettare… ed ecco
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che arriva! E tu senza stress di traffico, frizione e semafori non fai niente stai solo comodamente seduto a goderti il viaggio e magari fai anche amicizia con qualcuno, non
nascondetevi dietro i cellulari, parlate potreste migliorare la giornata di qualcuno! Dopo
questo viaggio rilassante arrivi a destinazione, scendi e fai ciò che vuoi! Una volta fatto
tutto ciò che ti va senza preoccupazione della scadenza del parcheggio ritorni alla fermata e torni a casa! E pensa se tutti prendessimo l’autobus; nessuno respirerebbe più
tutto quello smog causato da quelle scatolette terribili… pensate ogni tanto alla vostra
salute! Che meraviglia gli autobus!
Critica
Gli autobus?! Mamma mia che stress gli autobus! Entri in quelle gabbie piene di
gente: odore di sudore su tutti i fronti, gente maleducata che ti cade addosso e nemmeno
ti chiede scusa, un sali e scendi continuo e tu vieni sballottolato ovunque. Che stress!
Per non parlare poi delle attese! Si può aspettare alla fermata per ore intere per poi arrivare in ritardo o buttare una giornata all’aria. E poi… poi io mi fido solo di me stesso!
Dovrei fidarmi di un tizio sconosciuto che frena e mi fa cadere gente addosso? Non ci
penso proprio! E poi se devo spendere 200 euro per un abbonamento tanto vale che pago l’assicurazione della mia macchina! Preferisco stressarmi nel traffico che litigare con
la gente per un posto a sedere che tra l’altro sono pochissimi per tutta quella gentaccia!
Ah e se poi per miracolo l’autobus è puntuale e tu, abituato ai ritardi, lo perdi, rischi di
diventare vecchio prima che parta la corsa successiva! No no io questa vita non la voglio fare grazie!
L’AUTOMOBILE
(AURORA QUAGLIA)
Elogio
Possedere un’auto è molto utile e vantaggioso perché si è più indipendenti: non si è
legati agli orari dei mezzi pubblici e si è più liberi di muoversi. Una delle tante comodità è l’aria condizionata molto comoda nelle calde giornate d’estate; oppure il riscaldamento utile nelle rigide giornate d’inverno. Un’altra cosa che non si può trovare sui
mezzi pubblici è lo stereo che fa molta compagnia quando si è soli o si ha voglia di rilassarsi e riflettere. Poi non sempre si sta comodi sui mezzi pubblici, anzi il 90% delle
volte si è costretti a stare in piedi, mentre i sedili dell’automobile sono molto comodi.
Quindi sono sicura che possedere un’automobile sia molto più vantaggioso che non
averla.
Critica
Possedere un automobile non è molto vantaggioso, anzi se ne può benissimo fare a
meno: infatti possederne una comporta molte spese come ad esempio la benzina,
l’assicurazione, il tagliando, la revisione e altre spese che possono dipendere da incidenti. L’uso dell’automobile provoca inoltre molto inquinamento all’ambiente a causa
dello smog e dei gas di scarico. Quando si usa la macchina ci sono altri due grandi problemi: il parcheggio, che non si trova mai, e il traffico, che fa perdere molto tempo.
Posso quindi dire che é meglio usare i mezzi pubblici e tenersi i soldi invece di spenderli per un’automobile.
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L’AUTO ELETTRICA
(NICCOLÒ FIGLIA)
Elogio
Le auto elettriche sono dedicate principalmente al rispetto per l’ambiente, infatti
sono totalmente prive di tubi di scarico e di conseguenza non emettono elementi nocivi
come il CO2. Per di più una vettura a batterie può essere ricaricata attraverso pannelli
solari, ottenendo il massimo della sostenibilità energetica possibile e mitigando il riscaldamento globale. Queste auto puntano molto anche sul risparmio non risentendo
della volatilità dei prezzi del petrolio grazie alla loro indipendenza da esso, inoltre il costo di manutenzione viene enormemente ridotto per merito del loro motore particolare
che ha meno possibilità di rompersi siccome ha poche parti in movimento. Le vetture
elettriche mirano all’efficienza e grazie al motore elettrico che funziona senza rumore e
senza vibrazioni si ha una guida più confortevole e unica. Le auto elettriche sono più
adatte per i viaggi brevi in città e quindi sono consigliate per le persone che vivono il
pendolarismo.
Critica
Utilizzare una vettura elettrica può non essere così positivo come si possa pensare.
L’auto elettrica infatti ha una limitata autonomia di percorrenza tra le ricariche e ancora
oggi sono poche le stazioni in cui è possibile fermarsi per ricaricare la propria vettura a
batterie, dunque non si riesce a percorrere tanti km con una sola carica. Inoltre le vetture
elettriche richiedono lunghi tempi di ricarica in caso non si abbia una centralina adeguata a caricare queste batterie speciali. Se non la si disponesse, ci possono volere
molte ore per ricaricare le batterie. Le auto elettriche e le loro batterie poi sono anche
spesso molto costose e quindi si perde il senso di risparmio a cui queste macchine mirano. Per ironia della sorte, l’energia elettrica utilizzata per alimentare le vetture potrebbe
provenire da procedimenti che, a confronto l’uso di una macchina normale, possono essere più inquinanti. L’auto elettrica non è quindi a “emissioni zero” nel vero senso della
parola, eccetto che nel momento dell’uso. Le auto elettriche dunque sono sconsigliate
soprattutto per le evidenti difficoltà nell’utilizzo quotidiano e per la poca autonomia che
non permette un utilizzo prolungato.
I TATUAGGI
(DESIRÉ MONOPOLI)
Elogio
Un tatuaggio é un disegno ottenuto sulla pelle umana mediante l’uso di aghi intrisi
di colore. I tatuaggi sono sempre esistiti presso molti luoghi del mondo. Ai giorni nostri
il tatuaggio è visto sotto vari punti di vista: si può incidere sulla propria pelle un valore,
uno stile di vita, si può decidere di tatuarsi per ricordarsi sempre di aver superato un periodo buio della propria vita o in ricordo di qualcuno di caro che abbiamo perso, perché
in fondo i tatuaggi sono questo, un marchio a vita. D’altra parte però ci si può tatuare
per il puro piacere e perché si pensa che il corpo sia una tela da decorare. Per i tatuaggi
si sviluppa una vera e propria passione alla quale non si può resistere e si parla
dell’ultimo tatuaggio come di una leggenda. Sì, perché è impossibile dire di no e nessuno sarà mai l’ultimo. Tutti dovrebbero avere un tatuaggio che racconti qualcosa di loro.
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Ostacoli superati, gioie, amori perché in fondo i tatuaggi sono come delle mappe che
portano alla ricostruzione del carattere di una persona.
Critica
Farsi un tatuaggio è una della cose più rischiose al mondo perché se non fatto bene,
con l’utilizzo di strumenti sterili, si può andare incontro a un’infezione che in alcuni casi può portare anche alla morte. Un altro rischio importante da tenere in considerazione
é che oggi molti ragazzi giovani si tatuano, ma il tatuaggio è una cosa seria e permanente, é una cosa indelebile e con il passare del tempo ci si può pentire di essersi tatuati
certe cose anche perché crescendo i gusti di una persona possono cambiare. Inoltre si
raccomanda di tatuarsi punti che non siano visibili e non come le braccia e i polsi perché ci sono ancora dei pregiudizi riguardo le persone tatuate le quali vengono considerate quasi come dei criminali, delle brutte persone, sì perché ci sono ancora persone che
giudicano il libro dalla sua copertina, e non tutti i posti di lavoro assumerebbero un ragazzo tatuato come, per esempio, in ospedale. Un altro motivo per dire no ai tatuaggi
sarebbe per il dolore che varia però da persona a persona e a seconda del punto che si
vuole tatuare, ma soprattutto non si devono fare perché “vanno di moda” adesso, perché
può essere che un giorno non sarà più così.
LA TELEVISIONE
(FEDERICA PAPIRI)
Elogio
La televisione, uno dei media più amati dalla popolazione mondiale, col passare del
tempo è diventato molto utile aiutando a diffondere la lingua nazionale.
Oggi giorno possiamo ringraziare per l’esistenza della televisione in quanto ci tiene
aggiornati su fatti nazionali e internazionali e ci mostra anche documentari, sia di tipo
storico che scientifico, con i quali in poche ore possiamo riassumere un argomento
piuttosto che leggerlo su un libro; inoltre molto spesso ci fa rendere conto di come la
società di oggi si sta evolvendo.
Infine la televisione è un motivo di svago in quanto aiuta le persone a combattere la
noia suggerendo la visione di alcuni film o serie tv da cui possiamo ricavare un messaggio oppure un insegnamento di vita.
Critica
La televisione non sempre risulta essere un mezzo di comunicazione utile a causa
dei molti programmi che vengono trasmessi, come per esempio i reality show che la
fanno apparire come spazzatura.
Così facendo questo media crea sempre di più dipendenza e sedentarietà negli
adulti ma soprattutto influenza malamente la crescita nei bambini con programmi violenti e molte volte dal linguaggio scurrile, inoltre induce le persone a non comprare più
libri al pensiero che molto probabilmente di quel libro faranno presto il film.
In conclusione, la televisione non insegna nulla che non sappiamo già e quindi risulta essere un mezzo inutile per la nostra vita.
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IL COMPUTER
(RICCARDO ROCCHI)
Elogio
Il computer è uno strumento che permette di compiere diverse funzioni e che, ad
oggi, offre grandi vantaggi.
Mette a disposizione programmi di scrittura, di modifica di immagini, di raccolta di
informazioni e di calcolo, utili sia a fini commerciali che non. In riferimento a ciò, un
esempio importante è che grazie a questo strumento si riescono a gestire i macchinari
per curare le malattie e quelli per svolgere i lavori nelle imprese.
Il computer, tramite l’accesso ad internet, dà la possibilità di aggiornarsi continuamente sugli avvenimenti che accadono nel mondo, ampliando le conoscenze di ognuno
di noi e rispondendo alle domande che ci poniamo. Fare pagamenti e prenotazioni, guardare film e ascoltare musica, inoltre, sono ora possibili anche senza l’obbligo di uscire
di casa e recarsi negli appositi uffici/negozi. Ultimo, ma non meno importante, è che il
computer aiuta a mantenere i rapporti anche con persone fisicamente lontane.
Critica
Il computer ha modificato in questi anni il modo di fare ricerca ed i rapporti tra le
persone. Nel primo caso ha comportato un maggior rischio di raccogliere informazioni
false, nel secondo caso ha eliminato sempre più il contatto umano, sostituendolo con
comunicazioni tramite messaggi istantanei ed e-mail, ed aumentando il pericolo di fare
conoscenze imprudenti.
Un aspetto negativo è anche il fatto che esso elimina la privacy, permettendo ai
professionisti del settore di trovare molti dati su ogni persona, e che esso gestisca, oggi,
i macchinari nelle imprese comportando una forte riduzione del personale e, quindi, un
aumento della disoccupazione, soprattutto di persone grandi di età e con famiglie da
mantenere.
Il computer crea spesso dipendenza, facendo ad esempio trascurare lo sport e aumentando la sedentarietà. Infine, crea problemi alla vista.
IL TELEFONINO
(AURORA PIERI)
Elogio
Il telefonino è un strumento molto utile alla comunicazione a distanza sia vocale
che scritta poiché si può rimanere in contatto con molta gente anche lontana da dove ci
si trova. Tiene compagnia perché con esso si può ascoltare la musica, leggere libri o navigare sui social network come Facebook, Whatsapp…
Con il telefonino si possono immortalare momenti indimenticabile della vita con
foto o video che si possono rivedere quando si vuole, in qualsiasi momento.
È anche molto comodo da portare in giro o tenere in tasca e in borsa vista la sua
dimensione. Con internet, questo strumento, può navigare in qualsiasi momento e in
qualunque posto per cercare informazioni di viabilità, meteo e altre ricerche.
Con il telefonino ci si può anche svagare, magari scaricando giochi di qualsiasi genere che si posso trovare facilmente nello ‘‘store’’. Molte persone lo usano anche per
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annotare pensieri o cose da fare nel quotidiano come: lista della spesa, appuntamenti
importanti…
In molti hanno due telefonini: uno per la vita quotidiana e uno per il lavoro per gestire conferenze, progetti, e-mail…
Critica
Il telefonino è uno stumento che può creare dipendenza; molta gente addirittura ci
dorme insieme così da accorgersi se arriva un messaggio e potersi svegliare per rispondere e rimanere in contatto con tutti costantemente. L’uso prolungato porta purtroppo
all’abbassamento della vista.
Quando si effettua o si risponde ad una chiamata il telefonino manda radiazioni che
possono generare malattie gravi come i tumori e porta alla fusione dei neuroni con onde
elettromagnetiche molto potenti.
È oggetto anche di distrazioni poiché molti studenti a scuola non lo spengono mai e
tendono a usarlo durante la lezione per giocare o chattare.
Ha un costo abbastanza elevato sia per comprarlo sia per mantenerlo infatti per
usarlo per fare chiamate, per inviare messaggi o per navigare su internet bisogna abbonarsi a delle tariffe e pagare.
Uno svantaggio davvero rilevante è che per colpa di questo oggetto molta gente
preferisce chattare che vedersi di persona limitando così i rapporti umani.
IL CELLULARE
(ALESSANDRA PRANZO)
Elogio
Il cellulare è uno strumento che ormai fa parte dell’uomo per la sua estrema utilità
in casi di necessità, ma anche in ogni altro momento come mezzo di intrattenimento.
Questo ci offre, in pochi secondi, qualsiasi informazione tramite Internet e quindi è in
grado di soddisfare ogni nostra curiosità all’istante, ampliando il nostro sapere. Un cellulare diventa parte di noi anche perchè contiene i nostri ricordi, anche quelli che abbiamo fotografato prontamente in momenti di vita quotidiana, a differenza delle normali
fotografie scattate da una reflex, inoltre si possono anche girare dei video, fare registrazioni vocali, vedere il meteo, chiedere una strada e farci condurre a destinazione, senza
perdersi mai con la geolocalizzazione della nostra posizione e si può anche leggere libri,
vedere film ed ascoltare musica. La cosa straordinaria dei cellulari di ultima generazione (“smartphones”) è il fatto che non ti fanno sentire mai solo: grazie ai “social networks” siamo in contatto diretto con chi vogliamo in ogni momento, in tutto il mondo,
anche con nuovi amici. Infine alcuni modelli sono dotati di un assistente virtuale programmato per rispondere, con logica artificiale, ad ogni nostra richiesta vocale.
Critica
Il cellulare può rivelarsi uno strumento molto pericoloso, secondo alcuni studi
scientifici, a causa dell’emissione di micro-onde, nocive per la salute. Inoltre espone
l’individuo ad una quasi totale e continua rintracciabilità, ponendo seri problemi legati
alla “privacy”. L’immediatezza dell’informazione prende il posto del discorso ragionato, costringendo l’utilizzatore a dialoghi e a nuove forme di linguaggio, sia scritto che
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vocale, estremamente sintetici. Questa vasta comunicabilità permette facilmente anche
indesiderate intrusioni di “virus” ed “hackers”.
Il cellulare può creare dipendenza, basta osservare sui mezzi pubblici la gente totalmente “persa” nello schermo del proprio smartphone intenta a superare l’ennesimo
livello del videogame preferito, oppure a leggere l’ultimo “e-book” scaricato, a mettere
“mi piace” su “Facebook” o lanciare un “tweet”.
Il concetto di “follower” si sostituisce a quello di “amico” e la superficialità prevale sull’approfondimento delle proprie conoscenze. La possibilià di video-chiamata
permette degli incontri virtuali sono comunque ben diversi da reali rapporti tra le persone.
L’interfaccia tecnologica del cellulare ci costringe a comportamenti di massa che
possono inevitabilmente scadere in usi, costumi, gusti e mode omogenei.
GLI SMS
(DALILA NAPOLEONI)
Elogio
Gli SMS sono molto utili per la gioventù d’oggi. Diminuiscono le distanze, perché
due persone sono libere di scriversi anche da due capi opposti del mondo e magari sentirsi meno lontani parlando di cose banali come la propria giornata. Inoltre, grazie alla
“protezione” che dà lo schermo (intesa come il non guardarsi negli occhi), ci si può
sentire più liberi di quanto ci si possa sentire dal vivo, magari a parlare di argomenti che
creano imbarazzo o che ci toccano particolarmente e dei quali è più difficile esprimersi
a voce. Grazie a questa “libertà”, si è più sciolti anche nel mostrare se stessi, senza il
timore che ci sarebbe in una presentazione dal vivo: una persona è libera di essere
quello che è senza sentirsi giudicata da uno sguardo o una smorfia del viso dell’altra
(magari anche involontari). Gli SMS si possono considerare anche uno svago, dato che
ci permettono di scherzare con gli amici e passare il tempo, condividere foto e/o video e
sostituire la mancanza di privacy che può presentarsi in luoghi pubblici durate una
chiamata. In fine, sono un mezzo di comunicazione veloce, grazie al quale i rapporti tra
le persone crescono in maniera più spedita rispetto al passato, quando al posto degli
SMS si usavano lettere che impiegavano settimane ad arrivare ed re ad essere scritte, i
rapporti ci mettevano anni a crescere.
Critica
Gli SMS sono un pericolo per la gioventù di oggi. Grazie alla protezione data dallo
schermo dei telefoni, è semplice passare per chi non si è: un ragazzino potrebbe trovarsi
a parlare con un adulto inconsapevolmente, la situazione è molto pericolosa.
Non è sempre detto che attraverso i messaggi sia più semplice parlare, non avendo un
contatto visivo e non sentendo la voce dell’altra persona, determinate frasi ed argomenti
possono essere fraintesi, non si esprime uno stato d’animo con la punteggiatura e da
queste piccole incomprensioni possono nascere dei veri e propri litigi. Inoltre, il fatto di
avere tanti contatti “virtuali” con le persone, spinge ad essere più timidi quando poi ci si
trova in situazioni reali e quindi ad aumentare l’imbarazzo tra due persone che magari si
vedono per la prima volta e, dopo aver chattato tantissimo, fanno fatica a rivolgersi le
domande più semplici o ad iniziare un discorso qualsiasi. Per via degli SMS si è persa la
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“magia dell’attesa”, le situazioni che ci si presentavano nel passato (l’arrivo di una lettera, o di una persona cara, lontana), vengono minimizzate da messaggi su messaggi,
non si provano più le stesse emozioni, e oggi, le situazioni sono “meno vissute”. Infine,
la velocità degli SMS velocizza anche la crescita dei rapporti delle persone che si scrivono, e a volte ci si trova a saltare tappe importanti di conoscenza, il che rovina i rapporti ancora prima che nascano, perché la sicurezza acquisita nel parlare attraverso il
telefono ci mette fretta di sembrare il meglio possibile per l’altra persona e non lascia
spazio alle fondamenta di un qualsiasi rapporto.
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DIALOGHI
Il dialogo “brachilogico”, ossia con interventi brevi e serrati, è stato il metodo filosofico prediletto da Socrate e da Platone (almeno per buona parte della sua vita). Attraverso il confronto è possibile far emergere la verità, o perlomeno confutare le false certezze. Anche quando il dialogo si
chiude in aporia, si è comunque compiuto un progresso verso la conoscenza.
Quest’anno, nella classe III, dopo lo studio del pensiero di Socrate e Platone e la lettura di due
interi dialoghi platonici, è stato proposto agli studenti che già avevano superato tutte le prove di verifica previste, di riunirsi in piccoli gruppi di due o tre per imbastire un dialogo su un tema che toccasse la vita concreta, purché argomentato razionalmente e arricchito di qualche citazione platonica,
e poi metterlo per iscritto. Ne sono venuti fuori due dialoghi intriganti che, con qualche correzione e
rifinitura, sono riportati qui di seguito.
LA MUSICA
(FILIPPO MELIA, AURORA PIERI, RICCARDO ROCCHI)
[Aurora sente la musica mentre Filippo e Riccardo non sanno che fare].
F: Di che possiamo parlare oggi?
A [Si toglie le cuffie]. Cosa hai detto? Scusa ma avevo la musica alta…
R: Filippo aveva proposto di trattare un argomento, ti va?
A: Va bene, farò questo sforzo anche se preferirei ascoltare la musica visto che non
sono dell’umore adatto per parlare…
R: Dài, non essere triste, magari stando con noi ti passa. Allora di che parliamo?
F: Che ne dite di parlare della musica, visto che piace a tutti, soprattutto ad Aurora…?
A: Sì, sono d’accordo ognuno di noi può dire cosa per lui rappresenta la musica.
R: Non so… a me la musica non piace, credo sia inutile.
F: Non devi per forza fare un elogio, ognuno è libero di esprimere i propri pensieri
indipendentemente dalle opinioni altrui.
R: Perfetto, chi vuole cominciare?
F: Io ci devo pensare preferisco sentire prima le vostre idee.
A: Va bene, comincio io se nessuno si propone.
A: La musica, per me, è la fonte delle nostre emozioni, ciò che eleva l’uomo alla
salvezza dell’anima, è la migliore amica di ogni filosofo insieme alla filosofia. È una
delle migliori medicine che possa esistere… Spesso ci sono momenti in cui la musica
accompagna le mie giornate, in alcune canzoni trovo riflesse le mie emozioni, non mi
ha mai deluso, e come ha detto il filosofo Platone, “la musica è la migliore medicina
dell’anima”.
R: Io non la penso come te… Ci sono stati momenti in cui alcune canzoni non sono
state medicine; anzi, sentendole, mi ritornava in mente l’avvenimento che mi faceva stare male. Per questo la musica non tira sempre su il morale e credo che sia inutile. Inoltre, come avrai notato, la musica sottrae lo spazio all’amicizia: prima tu stavi con le
cuffie isolata, invece di parlare con me e Filippo. L’amicizia io la reputo molto più importante della musica poiché, come dice Aristotele, è il valore di cui nessuno può fare a
meno. Non si può vivere senza almeno un amico che ti possa dare conforto e aiutare nel
momento del bisogno, oppure semplicemente farti divertire; la musica invece ti fa isolare e quindi ti porta al non volere amici e secondo il filosofo Aristotele chi non vuole
amici o è un Dio o è una bestia, quindi ciò mi porta a paragonare la musica a qualcosa
che ci snatura.
F: Sì, forse su alcune cose hai ragione, in questo caso Aurora si è isolata e ha ostacolato il dialogo tra di noi, ma come in tutte le cose, dipende dall’uso che ne facciamo.
Secondo me la musica è una delle forme d’arte più belle perché è quella più diretta;
inoltre è la forma d’arte più diffusa al mondo, grazie a cui si possono condividere le
proprie emozioni. La musica è senza dubbio uno degli argomenti che ha interessato di
più artisti e filosofi di tutti i tempi, uno dei pensieri che mi è rimasto più impresso sulla
musica, per la forza del suo messaggio, è quello di Jim Morrison che aveva detto: “Un
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giorno anche la guerra si inchinerà al suono di una chitarra”, proprio per sottolineare
quanto potere abbia la musica. La musica è anche importante per l’anima. Infatti Platone ha detto: “La musica comprende l’insieme delle arti alle quali presiedono le Muse.
Essa racchiude tutto quello che è necessario all’educazione dello spirito”. Spero di
averti convinto a dare una possibilità a quella che considero l’arte più bella del mondo.
A: Sono perfettamente d’accordo con Filippo: ha un grande potere la musica. Riccardo, ma cosa dici? La musica non sottrae spazio all’amicizia anzi… Io ho conosciuto
molto mie amiche grazie all’interesse comune per la musica. Ancora tutt’ora ci lega e ci
aiuta a superare momenti difficile della nostra vita. Su una cosa però avevi ragione,
Riccardo: ho sbagliato a isolarmi con la musica, in questo momento è giusto che passi
un po’ di tempo con voi. Questa volta non è stata la musica a tenermi compagnia o a
guarire la mia anima, ma siete stati voi, è stata la vera amicizia: passare del tempo con
voi e dialogare mi ha aiutato molto, grazie davvero.
F: La musica, anche se talvolta, come in questo caso, può isolarti, ci ha dato occasione di dialogare. Non penso potrei privarmene, perché è ciò che fa provar emozioni
sia belle che brutte: senza essa vivremmo in un mondo monotono che non ha né gioie né
delusioni.
R: Beh, in realtà, riflettendoci, anche Aurora ha ragione: la musica è un mezzo che
ci aiuta a conoscere nuova gente e costruire nuove amicizie. Però bisogna sempre avere
un limite nell’ascoltarla per non trascurare gli amici. Sono contento di averti tirato su il
morale ed anche a me ha fatto piacere passare del tempo con voi dialogando e confrontando le nostre idee.
A: Spero di ripetere quest’esperienza con voi.
LA COSCIENZA
(AURORA SIMONETTI E SUSANNA YOSSEF)
Susanna: Hai sentito della notizia al telegiornale di quel ragazzo che era partito con
la scuola?
Aurora: Ti riferisci al ragazzo ritrovato morto, essendo caduto dal balcone
dell’hotel in cui alloggiava?
Susanna: Esatto, proprio lui! La polizia è stata chiamata da un anonimo che ha riferito ciò che stava avvenendo poco prima la sua morte: il ragazzo si è ubriacato con alcuni suoi amici, questi sono andati sul balcone e per divertirsi si sono comportati in
modo irresponsabile. A questo punto io mi chiedo il motivo per cui abbiano scelto di
divertirsi in tal modo, senza pensare alle eventuali conseguenze.
Aurora: Piuttosto, dov’è la ragione umana in queste situazioni, non hanno una coscienza a cui dar conto?
Susanna: Secondo me tutti hanno una coscienza, ma spesso preferiscono dar retta
al desiderio perché pensano che quello che avviene dopo possa aiutarli a essere più
contenti.
Aurora: Quindi dici che la coscienza sia un ostacolo all’essere felici?
Susanna: No, io penso che sia proprio il contrario. Molte volte il desiderio ci appare l’unica via per la felicità, ma ci sbagliamo. ? la coscienza che dovrebbe guidare le nostre scelte!
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Aurora: In effetti, come dici tu, la coscienza guida le nostre scelte. Tuttavia quando
non la si ascolta si hanno delle esperienze che ti servono da insegnamento per il futuro,
evitando di commettere nuovamente gli stessi errori.
Susanna: Be’ però la coscienza non è l’unica a guidarci: possiamo prendere spunto
dalle esperienze delle persone che ci circondano, evitando di sbagliare sin dall’inizio.
Aurora: Hai ragione, sono d’accordo con te. Ma è inevitabile che l’uomo, non essendo perfetto, tenda a fare continuamente errori nella vita.
Susanna: Ok, però se ascoltassimo la nostra coscienza saremmo perfetti.
Aurora: Non mi è chiaro, me lo spieghi meglio?
Susanna: La coscienza sa distinguere cos’è giusto o sbagliato poiché fa parte
dell’anima che, prima di incarnarsi: ha potuto contemplare i modelli perfetti delle cose
nel mondo delle idee. In poche parole “l’anima ha tutto appreso”.
Aurora: Ah, in questo senso! Allora la coscienza, più che farti essere perfetto, ti fa
aspirare alla perfezione. Ma non pensi che sia soggettivo il discorso che stai facendo?
Susanna: Ritengo che la perfezione sia diventata ormai oggettiva al giorno d’oggi.
Aurora: Come mai pensi questo?
Susanna: Perché, se noti, la maggior parte delle persone pensa sempre la stessa cosa.
Aurora: Però stai analizzando il fatto secondo le persone che conosci o con cui hai
avuto a che fare? È possibile che abbiano lo stesso modo di pensare se davvero “Colui
che ha plasmato l’universo ha voluto che tutte le cose divenissero simili a lui quanto
potevano”.
Susanna: Non sto capendo se mi stai dando ragione o meno…
Aurora: Non è questione di darti ragione: io non credo che in tutta l’umanità non ci
sia almeno una persona che si differenzi dalle altre in qualcosa: pensiero, caratteristiche…
Susanna: Quindi mi stai dicendo che più persone la pensano allo stesso modo perché influenzate da qualcosa più grande di loro. Ma se “colui che ha plasmato l’universo
voleva che le cose fossero simili a lui”, com’è che gli esseri umani hanno però anche
opinioni diverse?
Aurora: Non essendo io né una scienziata, né una filosofa e tanto meno onnisciente, posso solamente teorizzare che le opinioni differenti siano dovute alla ragione
dell’uomo. Ciascun essere umano, essendo plasmato secondo un modello e, quindi, imperfetto, può avere differenze rispetto agli altri.
Susanna: Se ci pensi, con questo discorso abbiamo potuto apprendere dei concetti:
io ho capito che la coscienza ti può rendere migliore, ma non perfetto e tu…
Aurora: …io ora so che la coscienza è ciò che sa distinguere cos’è giusto o sbagliato grazie alle esperienze che ha vissuto in altre vite.
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RILETTURE
La “lettura”, nel senso di interpretazione e commento, o meglio la “rilettura”, nel senso di
interrelazione e adattamento, di testi considerati classici è stato fin dall’età ellenistica, e soprattutto
presso i Romani, un modo eccellente per far filosofia. In questa maniera Cicerone prima e Seneca
tradussero nella lingua e nella cultura latina del loro tempo gli apporti dei Greci, riuscendo a far
uscire la filosofia dai confini della Grecità per renderla, come è oggi, davvero universale.
Quest’anno, gli studenti della classe IV sono stati invitati a scegliere personalmente, da una
lista predisposta, uno o più testi brevi e accattivanti di filosofi di età ellenistica o romana o anche di
autori di altre tradizioni, per farne oggetto di riflessione e poi trarne spunto per una personale rilettura tematica, sotto la supervisione dell’insegnante. Questo lavoro in più fasi ha portato gli studenti a scrivere il primo loro “elaborato”: in base alla metafora baconiana, essi hanno dovuto imparare a comportarsi non come le formiche, che si limitano a raccogliere materiale, né come i ragni, che
si limitano a tessere discorsi propri ma inconsistenti, ma come le api, ossia a raccogliere nutrimento
dai testi e a rielaborarlo personalmente.
POLVERE RITORNEREMO
(ALESSIA DI ROSA)
Perché l’uomo ha paura di morire?
La morte è il non essere: è ciò che ha preceduto l’esistenza, non è altro che la fine
di un’avventura iniziata con la nascita.
Ci porta in quella serenità dove noi eravamo prima di venire al mondo, per questo
non bisogna averne paura.
Del resto, dice Seneca che
la morte verrà: anzi essa è sempre con noi, è la perpetua compagna della nostra vita,
sottolineando il fatto che comunque è una sorte che colpisce tutti gli esseri viventi
e nessuno può scappare o sottrarsi ad essa, questa infatti è la vita. Con la morte quindi
termina l’esistenza di un essere vivente.
A chi non fa paura la morte? Un uomo ha mille motivi per avere paura della morte:
alcuni timori sono più materialisti di altri, come quello di lasciare beni materiali, porre
fine a tutto quello che abbiamo appreso dalla vita e non godere a pieno dei lussi della
vita, mentre altre paure sono di tipo affettivo come ad esempio quello di dare dolori ai
propri cari, lasciare la propria compagna o compagno e poi forse chissà potersi rivedere
in un’altra vita, questo ancora non è certo. La morte, quindi, fa paura a chiunque,
l’unico rimedio magari è quello di godersi fino a fondo ogni istante della vita per poi
non avere rimpianti.
Non è la morte il male più grande, ma il dolore
La morte è l’unico evento che ci accomuna tutti. È un evento naturale, ma siccome
non abbiamo certezza cosa ci sia dopo un po’di paura ne abbiamo. Possiamo quindi dire
che l’uomo ha paura di tutto ciò che non conosce, ma possiamo trovare anche chi non
teme nulla, questo dipende soprattutto dalla sua personalità.
Ma il fattore più grave di tutti è il dolore, ovvero la sofferenza che un uomo prova
nel momento della morte o durante il periodo che sa che prima o poi dovrà morire a
causa della propria malattia.
Ma sicuramente non è detto che l’uomo debba per forza morire sentendo dolore.
Il dolore ci fortifica, la morte ci distrugge, o se vogliamo, ci libera dal peso di un
dolore insopportabile per questo la sorte costituisce per noi una fonte di ansia e dolore.
Epicuro diceva nella sua Lettera a Meneceo:
Perciò stolto è chi dice di temere la morte non perché quando c’è sia dolorosa, ma perché
l’addolora attenderla: ciò che, infatti, presente non ci turba, stoltamente ci addolora quando è atteso.
Epicuro alludeva al fatto che un uomo sente dolore nell’aspettare la sua fine, mentre
potrebbe vivere in modo sereno e vivere in modo migliore ogni istante della sua vita.
L’uomo non vive in tranquillità per paura del “dopo”
La malattia del nostro tempo, che ci colpisce più da vicino è l’ansia, la paura;
quell’umanissimo sentimento, cioè che è il segno più chiaro del nostro limite. Abbiamo
paura, paura del domani, della salute, paura della vecchiaia, paura della notte, paura
della morte e viviamo sempre col batticuore.
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Sicuramente un male potrà avvenire, ma non è assolutamente certo che avvenga, e
quante cose sono avvenute che non erano aspettate, e quante aspettate non sono avvenute mai!
Diciamo che queste sono tutte considerazioni, o meglio supposizioni, che dovrebbero darci sicurezza e tranquillità, ma non è così e noi abbiamo sempre paura, paura del
domani, di quello che ci potrà accadere.
Infatti, come dice Seneca nel De tranquillitate animi:
non viviamo in tranquillità per ciò che ci può accadere contro il nostro volere.
È da sottolineare il fatto che nessuno di noi al mondo può aspettarsi un dopo, perché noi non possiamo prevedere nulla, è il destino nostro che è già scritto, anche se il
nostro destino lo costruiamo noi, ma sempre e comunque se un fatto deve accadere non
c’è nulla che può evitare ciò che è già stato scritto per noi.
È anche da dire che un uomo comunque deve vivere per la felicità di godersi il dono più grande che si possa donare, ossia la vita, non avere rimpianti perché si dice che
“si vive solo una volta” e come dice ancora Seneca nel De tranquillitate animi:
Vivrà male chi non saprà morire bene:
ovvero un uomo deve accettare questo fatto della morte per poter vivere in serenità e
non pensare al peggio, perché potrà un giorno neanche accorgersi di non esistere più.
Ma cosa troveremo dopo la morte? Tutti se lo chiedono, è un enigma che suscita
curiosità, ma anche agitazione. C’è chi non riesce a darsi pace, perché ha paura del dopo
e di quello che gli potrà accadere. Sarà una vita migliore quella dopo? Nessuno lo sa,
però di certo mette in agitazione.
L’uomo ritornerà polvere, questo è il suo destino
Quanto a me (sebbene anche io tema un po’ la morte e quello che mi aspetterà dopo), sono piuttosto d’accordo con questa frase di Epicuro a Meneceo:
quando ci sei tu non c’è la morte e quando c’è la morte non ci sei tu;
questo alludendo al fatto che ora noi stiamo vivendo la nostra vita, pensierosi e ansiosi
di ciò che ci sarà dopo, ma siccome non ne abbiamo la certezza adesso è inutile crearsi
mille problemi e illusioni, bisogna vivere la vita giorno per giorno, quando poi arriveremo a quel punto allora sapremo tutti quanti la verità.
In conclusione se una persona muore, di sicuro ritornerà in quella serenità, in
quell’altro mondo dove prima ha vissuto per molto tempo: l’uomo nato dal nulla è anche ricondotto al nulla e quindi polvere siamo e polvere ritorneremo.
NESSUNA DIFFERENZA TRA IL NON NASCERE E IL MORIRE
(ILARIA PERNA)
La destinazione della morte
Non vi è alcuna differenza tra il non nascere e il morire. L’effetto è lo stesso: non
essere. Tutto ciò che fu prima di noi è la morte. Tale tesi si rifà a ciò che espone Seneca
nelle sue Lettere a Lucilio. Secondo gli Stoici infatti l’anima umana non può essere immortale. Essa è nata, dunque, deve perire come tutti gli altri esseri, compresi gli dèi.
Non perisce però insieme al corpo ma si dissolve in seguito, dopo un tempo proporzio-
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nale alla moralità dell’individuo. Secondo le teorie stoiche la vita futura appariva come
il prolungamento fisico della vita terrena, come continuare un’attività vitale simile a
quella attuale in altri luoghi.
La morte è il non essere: è ciò che ha preceduto l’esistenza. Sarà dopo di me quello che era
prima di me [54, 4-5].
Ci porta in quel luogo pacifico dove eravamo prima di nascere. La morte non è
sofferenza, non sentimmo infatti alcuna sofferenza prima di venire alla luce.
L’individuo viene di nuovo alla luce e rinasce ancora
Tutto cessa, niente perisce. La morte, che fino all’ultimo ricusiamo, interrompe la vita, non la
rapisce. Verrà un giorno che ci riporterà un giorno alla luce.
Niente perisce, tutto muta. Non esiste niente che non sia soggetto alla mutazione,
neanche l’universo intero mosso da Dio. Il mondo non manterrà in eterno l’aspetto attuale. Tutto infatti ha un periodo stabilito. Ogni cosa deve seguire il suo corso. Essa deve nascere, crescere ed estinguersi. La nostra cara Terra, ad esempio, che a noi sembra
così solida, è destinata ad avere un termine.
Per noi la dissoluzione è la morte [36, 10].
Consideriamo reale solo ciò che vediamo: la nostra mente è schiava del corpo e
non vede oltre. Se così non fosse, concepiremmo più facilmente la nostra fine, se solo
capissimo che tutto è uno scambiarsi di vita e di morte,
che i corpi composti si dissolvono e dissolti si ricompongono, e che in questo circolo infinito
si esercita l’arte eterna di Dio [36, 11].
Invece le anime, liberate dal corpo, consapevoli delle leggi universali, vanno per
l’immensità dei cieli, penetrandosi tra loro e integrandosi con le stelle.
L’anima desidera uscire dalle miserie del corpo
L’uomo si sente più vicino a Dio quando pensa alla morte. Egli sa che il corpo non
è la casa della sua anima ma un breve ospizio.
L’anima sua è cosa nobile e grande e non soffre altri limiti che quelli comuni con Dio. […].
La sua patria è l’universo intero [120, 14-16] .
L’uomo estende il suo pensiero nell’infinito. Non accetta costrizioni. Non ha età: tutti
i secoli le appartengono. Un giorno tutto ciò cesserà e l’anima, lasciando il corpo, si ricongiungerà con Dio. Questo concetto si accosta alla concezione stoica che vede
l’anima costituita di aria e di fuoco, che sale in alto dove vi sono gli astri. Là, dove tutto
è conforme alla sua natura, spoglia di ogni legame terreno e corporeo, essa si arresta e si
riposa dedicandosi alla contemplazione.
Seneca confessa:
L’altro giorno io mi compiacevo di pensare, anzi di credere all’immortalità dell’anima, e credevo volentieri all’opinione dei grandi uomini che di una cosa tanto consolatrice ci danno piuttosto la promessa che non la prova: e mi abbandonavo a tanta speranza [102, 1-2]
Si dice infatti che l’anima sia immortale. Tale pensiero ci dà consolazione anche se
non ci sono prove che ciò sia vero. È comune quindi abbandonarsi a tanta speranza e
compiacersi di pensare o meglio credere ad una vita oltre la morte.
Mi chiedo però se sia giusto passare una vita a cercare una risposta a tale enigma o
semplicemente credere a un qualcosa che non renda così terribile la morte.
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LA MORTE NON PORTA VIA TUTTO CON SÉ
(LORENZO BENEDETTI)
Introduzione
La vita è come un crescendo musicale, in un attimo arrivano mille emozioni e subito dopo ti ritrovi alla fine, a dover affrontare la Morte che nel bene o nel male ti avrà
sempre intimorito.
La Morte, la tanto aspettata e temuta Morte che di tutto quello che avevi ed eri non
ti lascia niente, solo un ricordo nel cuore di chi ti ha voluto tra le sue braccia almeno
una volta, di chi ti ha amato e nel cuore di chi hai lasciato il segno anche involontariamente.
La Morte non distrugge tutto, infatti crea un altro mondo nelle menti di chi la teme.
L’amicizia non muore
L’amicizia invece non può morire, ne qualcuno la potrà mai uccidere, la vera amicizia non se ne va via con la morte, questa resterà nei ricordi di una vita passata e vissuta con volontà e coraggio.
“Il ritorno al cielo sarà tanto più rapido quanto più uno sarà stato buono e giusto”
dice Cicerone che vede l’ascesa al cielo come un percorso da compiere per purificarsi
dagli errori e dagli sbagli commessi, un po’ come Dante ci racconta nella Divina Commedia. Cicerone ammette:
Perciò mi sembra che l’amicizia sia sorta dalla natura piuttosto che dal bisogno.
L’amicizia nasce spontaneamente e non per soddisfare una mancanza.
Cicerone pensa che non ci sia nulla di più nobile dell’amicizia che non è altro che
un sentimento nato dalla virtù di ogni uomo.
Come in un film
Dopo la morte non ci sarà che uno specchio, per rivedersi nelle emozioni, negli atteggiamenti e nei pensieri avuti; questo specchio ci permetterà di vedere il giusto e lo
sbagliato della vita come un veloce flash che ci lascerà andare al riposo eterno, con la
speranza di aver capito la trama di questo breve ma intenso film vissuto in compagnia di
altre mille persone, positive o negative che siano state, che come te affronteranno questo viaggio infinito chiamato vita, senza il quale il tempo non avrebbe avuto modo di
essere inventato e pensato.
UN ANTICO PESSIMISTA
(GIANLUCA COSSU)
Lo stile di Tacito
Negli Annales e nelle altre opere di Tacito si può delineare il suo stile che possiamo definire drammatico in quanto le descrizioni di eventi patetici e drammatici sono destinate a colpire l’animo del lettore e a fargli provare lo stesso senso di smarrimento e
tristezza che prova Tacito sia come senatore deluso sia come storico amareggiato.
Quando parla di stragi e o altri eventi tragici lo fa con una crudezza che riesce a presentarsi davanti a colui che legge come una forza che scuote l’animo e fa provare com-
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passione e impotenza per vicende già successe e a cui non si può porre rimedio. Per
esempio:
Nell’anno dei consoli Marco Licinio e Lucio Calpurnio, un disastro improvviso eguagliò, per
vittime, le guerre più disastrose: di tale sciagura lo stesso istante segnò l’inizio e la fine. Un certo
Atilio, liberto di nascita, s’era accinto, in Fidene, alla costruzione di un anfiteatro, destinato agli
spettacoli per gladiatori, ma non gettò solide fondamenta né innalzò l’armatura di legno con travature capaci di reggere,perché indotto ad assumersi quell’impresa non da larghezza di mezzi o
per avere prestigio nel suo municipio, bensì mirando a una bassa speculazione. Vi era accorsa,
avida di questi spettacoli, poiché sotto Tiberio era un divertimento praticamente bandito, una
folla di uomini e donne, gente d’ogni età, più strabocchevole per la vicinanza del luogo a Roma.
Tanto più grande fu la catastrofe, perché la struttura, gremita di folla, si sfasciò, rovinando
all’interno o rovesciandosi verso l’esterno: una gran massa di persone intente allo spettacolo o
assiepata intorno venne travolta e schiacciata. Chi nel crollo trovò subito la morte, pur nel tragico
destino, scampò a orribili sofferenze; più miserevole fu, invece, la sorte di quanti, pur mutilati in
qualche parte del corpo, erano però rimasti in vita, e di chi, cogli occhi alla luce del giorno e con
grida e gemiti di notte, cercava di riconoscere mogli o figli. E gli altri, ormai richiamati dalla notizia, piangevano chi un fratello, chi un parente, chi i genitori. Anche quelli, i cui parenti o amici,
per qualche motivo, non erano là, vissero nel panico; e, finché non si conobbero le vittime di
quel disastro, la paura dilagava per l’incertezza [IV, 62].
Il pessimismo negli Annales
Già all’inizio degli Annales riusciamo a sentire la delusione di Tacito quando descrive gli eventi precedenti a quelli che deve riportare e parla dell’ascesa di Augusto:
gli avversari più decisi erano scomparsi o sui campi di battaglia o nelle proscrizioni, mentre
gli altri nobili, quanto più pronti a servire, tanto più salivano di ricchezza o in cariche pubbliche,
e, divenuti più potenti col nuovo regime, preferivano la sicurezza del presente ai rischi del passato. Né si opponevano a quello stato di cose le province: era a loro sospetto il governo del senato e del popolo, per la rivalità dei potenti, l’avidità dei magistrati e le insufficienti garanzie
fornite dalle leggi, stravolte dalla violenza, dagli intrighi e, infine, dalla corruzione [I, 2].
Già qui infatti possiamo riscontrare la sua consapevolezza nel constatare il fallimento della Repubblica e dei senatori e il suo astio ne confronti dei nobili corrotti. In
tutto il corso degli Annales Tacito mantiene questo stile, che delinea questo periodo
come un periodo triste e contornato dalle nefandezze degli imperatori, dalla violenza
delle masse e dalla corruzione generale. A proposito della corruzione generale
A Roma intanto si precipitavano in gesti servili consoli, senatori, cavalieri. Quanto più elevati
di rango, tanto più ipocriti e pronti a correre; e col volto divenuto una maschera, per non sembrare lieti della morte di un principe né tristi ai primi passi di un altro, mescolavano lacrime e gioia,
lamenti e adulazione [IV, 7].
L’imparzialità parziale
È tuttavia necessario dire che Tacito nelle sue opere ha una tendenza a presentare
le sue opere come imparziali nel prologo dell’opera per poi usare nel testo anche dicerie
e pettegolezzi che giravano ai suoi tempi sugli imperatori, come dipingerli come personaggi grotteschi, ad esempio fa apparire Claudio comandato a bacchetta dalla moglie e
inetto, Nerone come istrione, Tiberio come persona crudele e Augusto come manipolatore. Anche la plebe non è al sicuro dal suo giudizio lapidario, in quanto definita una
massa violenta e mutevole. Questo è anche dettato dal fatto che Tacito giudica le persone dall’alto della sua posizione di aristocratico e storico. Ad esempio quando un sostenitore di Agrippina viene accusato di lesa maestà e spetta a Claudio il marito, giudicarlo:
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Cesare l’avrebbe ascoltato, se non gli avesse fatto cambiare opinione Agrippina, più con le
minacce che con le preghiere; l’accusatore venne mandato in esilio: di questo si era accontentato
Vitellio [XII, 42].
Conclusione
In conclusione posso dire che il pessimismo negli Annales è un atteggiamento fondamentale dell’autore in quanto è onnipresente nel corso di tutta la sua opera il tetro ricordo della caduta della Repubblica e il monito per le future sorti funeste dell’impero,
che accompagna il lettore dando mordente al racconto.
LA VITA È UNA SOLA: PERCHÉ SPRECARLA?
(FEDERICA NERI)
La nostra vita
La vita come raccontano i libri, le poesie, i poeti e scrittori, è una sola e ci viene
donata per viverla al meglio senza nessun rimpianto, perche passiamo una vita a cercare
di perfezionare il nostro lavoro o semplicemente rendere meraviglioso ciò che ci circonda, ma perdiamo la concezione del tempo. Non ci rendiamo conto che i minuti, le
ore, i giorni e gli anni passano e ci perdiamo il meglio di cosa la vita ci può offrire.
Ci dovremmo fermare anche per qualche minuto per osservare cosa ci circonda
dalla cosa più sciocca alla più importante, perdendoci i momenti migliori pensando solamente a noi stessi al nostro lavoro e benessere. Invece il mondo è fatto di tante meraviglie come un bambino che gioca al parco, o il semplice gesto di un genitore verso il
proprio figlio, l’amore che si sente nell’aria, anche vedere come una persona di un altro
paese si abitua ai nostri costumi e alle nostre tradizioni. Sono tutti dei semplici dettagli
che non ci fermiamo mai ad osservare perché siamo troppo impegnati in altre cose.
Come dice Seneca,
nessuno ti restituirà più i tuoi anni…: la vita proseguirà lungo la strada che si è avviata
senza fermarsi mai.
Ed ha perfettamente ragione perché la vita scorre e tu troppo impegnato non te ne accorgi, ma quando verrà la morte a bussare alla tua porta allora lì ti renderai conto che
non c’è più niente da fare, e saresti disposto a donare tutti i beni che possiedi pur di avere qualche anno in più, per goderti la vita al meglio rispetto agli anni passati.
La vita non aspetta nessuno e continua il suo viaggio anche senza di te
La vita ha fretta: intanto arriverà la morte e per lei, tu lo voglia o no, il tempo dovrai trova rlo,
perché è così la morte si presenta quando meno te lo aspetti, può arrivare tardi rendendo
felici le persone che ci stanno accanto o può arrivare a giovane età, e lì che tu lo voglia
o meno succederà. La vita è piena di meraviglie, che vanno vissute tutte a fondo non
perdendosi nulla, perché arrivati alla fine non bisogna rimpiangersi di niente, bisogna
essere fieri del proprio vissuto perché la vita ci viene donata una sola volta e perche
sprecarla? Per perdersi le cose più belle che si potevano fare? No, la vita va vissuta al
pieno, senza freni, con tutto l’amore che abbiamo; certo, bisogna avere anche giudizio
per non cadere nel torto e fare cose sbagliate.
Come diceva Eraclito, “panta rei”, tutto scorre: la vita scorre e anche velocemente;
quindi dobbiamo renderci conto che non possiamo sprecarla cosi quando a volte la vita
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viene strappata in modo cruento a persone che invece se la stavano godendo al meglio,
con un malore fisico o un’incidente. Quindi noi che abbiamo la possibilità di viverla al
meglio dobbiamo farlo e dobbiamo farlo con il sorriso perché non ci capiterà mai di viverla due volte.
Vivere la vita nel preciso istante
Proprio come dice Seneca, il modo migliore per sprecare la vita è proprio quello di
rinviarne il “godimento”, è questo continuo rimandare che ci brucia i giorni uno dopo
l’altro, che ci sottrae il presente con la promessa del futuro. Infatti il maggior ostacolo
alla vita è proprio l’attesa: fa dipendere tutto dal domani e, intanto, sciupa l’oggi. Rimandiamo in continuazione ciò che ci può rendere felici pensando che una volta raggiunto nel futuro sarà tutto perfetto e come dovrebbe essere realmente, non pensando
che gli anni passano e il tempo non ci aspetta, perché non è il tempo che deve seguire il
nostro ritmo, ma siamo noi che dobbiamo adattarci a lui. E l’unico modo di lottare contro il tempo che vola è viverlo intensamente e attingere da esso in fretta, come da un torrente impetuoso che non scorrerà per sempre.
Il cammino della vita
Questo cammino della vita, velocissimo e senza soste, che percorriamo con passo
inesorabile sia nella veglia che nel sonno, a chi è troppo impegnato non appare se non al
suo termine, rendendosi conto di ciò che poteva vivere e ciò che si è perso. La vita si
divide il tre periodi: passato, presente e futuro. Di essi quello che viviamo è breve,
quello che vivremo incerto, solo quello che abbiamo già vissuto è sicuro. Ed è questo
che perdono le persone troppo indaffarate, perché non hanno il tempo di guardare il
passato; però se anche lo volessero sarebbe sgradevole per loro il ricordo di qualcosa da
rimpiangere, perché penserebbero solo a cosa avrebbero potuto fare di più non soffermandosi sui piccoli dettagli che hanno reso la sua vita così com’è. Nel presente sono
davanti a noi solo i giorni, uno ad uno, e questi momento per momento; mentre quelli
del passato, quando vorrai, ti si presenteranno tutti insieme per essere riesaminati e
trattenuti quanto a lungo preferisci. Ma le persone troppo indaffarate non hanno tempo
per farlo. Solo le persone tranquille e serene possono ripercorrere i momenti passati
della propria vita e raccontarli con soddisfazione e orgoglio ai propri cari non pentendosi di nulla. Mentre le persone sempre cariche di impegni non riescono a voltarsi e a
guardare indietro, per questo per loro appartiene solo il presente, così breve che non si
può afferrare.
Conclusione
Se volessi riassumere le argomentazioni fin qui svolte, mi renderei conto che la vita
delle persone troppo prese da se stessi è brevissima, perché non ne usufruiscono al meglio di questo grandissimo dono che ci è stato dato. Alla fine dei loro giorni si volteranno indietro e vedranno che tutto ciò che hanno fatto nella vita non è servito a nulla, perché non sono riusciti a godersela al meglio. Per questo dico che la vita è una sola, piena
di emozioni, belle e brutte, però sono tutte queste emozioni che la rendono così stupefacente ed Unica.
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L’ILLUSIONE DI STAR BENE E LA CONQUISTA DELLA SERENITÀ
(FRANCESCA CEROLI)
Siamo davvero felici quando crediamo di esserlo?
Siamo realmente felici nel mondo in cui viviamo, circondati da negozi, macchine e
soldi? Siamo realmente felici quando, tornando a casa, passiamo ore e ore a guardare la
televisione? O magari stando davanti a un cellulare? E se un giorno tutti questi oggetti
materiali da cui siamo quasi completamente dipendenti non esistessero più, noi saremmo ancora felici? In realtà, ciascuno
sperimenta sensazioni dolorose […] a causa della non cessazione della causa […] che determina il sorgere delle sensazioni dolorose [p. 33],
come recita una tra le più celebri massime del Buddhismo, raccolte da Massimo Jevolella in un libro intitolato Vincere il dolore.
Il Buddha aveva cercato di dare una risposta a questo problema e riuscì a trovarla
solo quando capì che tutto ciò da cui era circondato gli procurava un’illusione dello stare bene e di conseguenza un senso di dolore.
La causa dell’infelicità
Tutti gli sciocchi uomini ordinari, che si dilettano nelle sfere dei sensi, interne ed esterne, che
provano per esse soddisfazione e vi si attaccano, sono portati via da questa corrente, non sono liberi dalla nascita, dalla vecchiaia e dalla morte, dalla pena, dai lamenti, dal disagio, dall’angoscia
e dalla mancanza di serenità; essi non sono liberi dal dolore [p. 56].
Queste frasi rispecchiano a pieno l’ipotesi che meno si è legati alla vita materiale,
meno si soffre e perché come tutto ha un inizio e una fine, così anche gli oggetti materiali ce l’hanno e la cessazione di quest’ultimi ci fa provocare dolore e sofferenza.
L’uomo è entrato in un circolo vizioso nel quale quando prova dispiacere e sofferenza
tende di nuovo a cercare ciò che gli provoca questa illusione dello stare bene, lo stesso
oggetto che gli farà provare di nuovo dolore, ritornando così al punto iniziale. Questo si
può affermare prendendo in considerazione la vita delle persone ricche: sono circondati
da tutto ciò che vogliono, tanti soldi, case e macchine, ma spesso tutto questo è la causa
della loro infelicità perché se tutta la ricchezza che possiedono un giorno dovesse sparire non sarebbero più felici.
In ciò che è visto ci sia solo ciò che è visto, in ciò che è udito ci sia solo ciò che è udito, in ciò
che è percepito ci sia solo ciò che è percepito, in ciò che è conosciuto ci sia solo ciò che è conosciuto [p. 80].
Queste massime descrivono come l’uomo debba evitare l’attaccamento alla vita
materiale, ovvero riconoscendo che ciò che vedono, sentono, percepiscono o conoscono
debbano rimanere fini a se stessi e non attribuendo a questi sensazioni di piacere o gioia
e quindi provare ad analizzarli come in modo completamente distaccato dalle nostre
emozioni.
Il vero rimedio
L’uomo, quindi, dovrebbe imparare ad essere meno attaccato alla vita materiale e a
cercare di abbandonare tutto ciò che non gli appartiene veramente. Questo procurerà
all’uomo vantaggio e felicità per lungo tempo. Il problema, però, è riuscire a capire
l’origine della sofferenza che spesso risulta estraneo alle perone perché è la stessa cosa
che gli provoca un senso di piacere ed è proprio chi è ignorante sotto questo aspetto che
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non sarà mai felice perché non saprà che tutto ciò di cui ha bisogno è abbandonare tutti
quegli oggetti che rappresentano la vita materiale. Di conseguenza più si ha e più si soffre perché ogni oggetto materiale ha un inizio e una fine e quando ci sarà quest’ultima si
tende a soffrire e si soffre tanto do più per ognuno di essi.
Coloro che hanno cento cose care hanno cento sofferenze, coloro che hanno novanta cose care
hanno novanta sofferenze, coloro che hanno ottanta, settanta, sessanta, cinquanta, quaranta,
trenta, venti, dieci, cinque, quattro, tre, due cari… hanno ottanta, settanta, sessanta, cinquanta,
quaranta, trenta, venti, dieci, cinque, quattro, tre, due sofferenze. Coloro che hanno una cosa cara
hanno una sofferenza. Coloro che non hanno cose care non hanno sofferenze! Io dico che questi
sono senza dolore, senza macchie, senza dispersione [p. 88].
Per essere veramente felici, quindi, è bene allontanarsi e abbandonare tutto ciò che
rappresenta sensazione di piacere e gioia, analogamente solo in questo modo si allontanerà quell’illusione dello stare bene e si abbandonerà la sofferenza.
IRA: MEDITARE PRIMA DELL’USO
(CECILIA SARACINO)
Ovvero: come può un saggio non adirarsi con un uomo iroso? Non può!
Il saggio è un attore: ma l’attore è saggio?
Proviamo a capire come può un saggio non adirarsi con un uomo iroso, dal momento che il primo ha il compito di insegnare e di dare il buon esempio. Seneca, nel De
ira, spiega come, paragonando il saggio all’attore:
il saggio finge di essere irato: come gli attori, che quando recitano riescono a commuovere il
pubblico non perché siano delle persone adirate ma perché svolgono bene quella parte [De ira,
I].
Quando si vede un saggio adirato, non lo è realmente, ma recita. Di conseguenza si
potrebbe ipotizzare che, se il saggio è attore quando si adira, allora anche l’attore è saggio. In effetti, questa figura ha dentro di sé molta filosofia. Egli cerca di immedesimarsi
in altri personaggi per capirli e per uscire da se stesso, esaminando altre prospettive.
Tuttavia, la filosofia non porta inevitabilmente ad essere saggi. Dunque, l’attore è filosofo, ma non necessariamente saggio.
La natura dell’uomo è adirarsi o fermare chi si adira?
Per capire in modo più approfondito il motivo per il quale il saggio inevitabilmente
si adira bisogna spiegare la natura di questo stesso. Il saggio è l’unico uomo dotato di
senno, capace di controllare le sue passioni ed allo stesso tempo di dare il buon esempio
alla comunità. Partiamo dal presupposto che il saggio non si adira con la natura, ma
siamo sicuri che la natura dell’uomo sia di adirarsi?
Saggi non si nasce, si diventa e ne spuntano assai pochi in tutto il corso dei secoli e nessuna
persona assennata si adira con la natura [De ira, I].
L’ira dell’uomo non è da attribuire alla natura. L’uomo per natura non è portato ad
adirarsi, ma a svolgere determinate azioni che potrebbero provocare ira. Dunque, nel
momento in cui una persona assennata si adira con un iroso, non si adira con la natura,
poiché l’iroso non è da attribuire alla natura. Si può dedurre quindi che il saggio che si
arrabbia con l’uomo che si fa trasportare da questa passione, non si adira con la natura,
ma con una sbagliata reazione alla natura. Il saggio è giustificato dall’adirarsi con chi
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sbaglia, con lo scopo di ottenere qualcosa di buono e di migliore rispetto a quello che è
stato. Ognuno di noi può divenire sapiente: è una dote che si coltiva nel tempo, senza la
quale non ci sarebbero regole e sarebbe tutto in balia del caos.
Come ci si può fidare di un uomo che ha commesso determinati sbagli
e che successivamente si redime?
Come gli elementi del mondo fisico sono quattro, il fuoco, l’acqua, l’aria e la terra, altrettante
sono le forze corrispondenti: il caldo, il freddo, il secco e l’umido. La diversa combinazione degli elementi determina la differenza di carattere e di umore degli esseri viventi [De ira, II].
Come si è già detto, sapiente si diventa, ma come si fa a dimenticare chi si è stati
prima? Si sbaglia, si impara dagli errori e si perde tutta l’ira alimentata in gioventù?
Tutto ciò è difficile ed alcune emozioni rimangono indelebili dentro di noi. Prendiamo
un ragazzo qualunque che, nei primi anni della sua vita, vive continuamente nuove
esperienze, alimenta determinate emozioni e scatena diverse reazioni, e che in un futuro
si rende conto, grazie allo studio, degli errori commessi, diventando a mano a mano sapiente. Come può un peccatore seguire il suo esempio? Pur essendo saggio non può riuscire a non adirarsi con chi sbaglia, perché sa cosa si prova e a cosa si va incontro. Per
riuscire ad educare giustamente i peccatori e a far capire loro che ciò che fanno è errato,
si deve aver provato ciò che si sta rimproverando. Il saggio inevitabilmente non nasce
come tale, ma lo diventa, perché solo così può insegnare.
Seneca ci spiega che gli esseri viventi cambiano umore in base alla diversa combinazione delle forze degli elementi del mondo fisico. Errare è inevitabile, bisogna solo
saper domare queste forze, un po’ come già aveva insegnato Platone, nella descrizione
del mito della “biga alata”. Non ci dobbiamo far trasportare, ma dobbiamo sapere domare le nostre passioni.
Un consiglio per tutti: scegliete la via di mezzo.
La questione sorta nell’antichità riguardo l’ira è ampia e colma di diverse opinioni.
Aristotele nell’Etica Nicomachea sostiene che essa motivi a combattere e ad agire:
l’ira è uno sprone alla virtù e senza di lei l’animo è inerme, pigro e incapace di compiere
grandi imprese.
Seneca invece ritiene che sia motivo di disagio e di problematiche sociali. Per
quanto mi riguarda, credo che entrambe le teorie dicano qualcosa di vero: l’ira incita
l’animo umano, ma deve essere moderata e finalizzata all’insegnamento. Così come il
saggio deve adirarsi moderatamente solo in alcune situazioni e con un fine educativo,
così gli uomini devono misurare la propria passione, cercando di migliorare sempre. La
via di mezzo è la migliore, ti porta a ragionare e non ti mette nella difficoltà della scelta:
si può dire che faccia anche comodo.
Conclusione: il saggio si adira, il peccatore lo ammira.
Del resto, anche nella storia religiosa si legge che, fin dalla creazione dell’Universo, Dio ha contribuito all’educazione degli uomini anche attraverso le punizioni
attribuite alla sua ira. Quanto a noi, non seguiamo l’esempio dei saggi che si adirano,
ma comprendiamone il motivo e agiamo di conseguenza: impariamo e grazie a loro
avremo un mondo in cui nessuno avrà più bisogno di adirarsi con qualcuno o per qualcosa.
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MEGLIO SOLI CHE MALE INDIRIZZATI!
(ILARIA PITTELLA)
Il parere della folla è errato in quanto questa segue errati princìpi
Le vicende umane vanno male quando sono i più a decidere sulle cose che contano di più: il
parere della folla è il peggiore [SENECA, De vita beata, 2].
L’opinione di Seneca su questo punto non sembra vacillare, soprattutto in merito alla questione riguardo cosa sia il bene e cosa sia la felicità. Ma, ponendo il problema su un piano differente, quello dell’antropomorfismo degli dèi, anche Epicuro si trova d’accordo:
Non è empio colui che nega gli dèi della massa, ma chi fa corrispondere agli dèi le opinioni
della massa; infatti i giudizi popolari degli dèi non sono nozioni anticipate, ma illazioni mendaci
[Lettera a Meneceo].
La “folla” si lascia affascinare dalla mondanità, dai piaceri, dalla via più comoda e
meglio adornata; non cerca risposte ma consolazioni, regala opinioni e non verità: farsi
indicare la strada da seguire da essa è quindi moralmente sbagliato. Il retto giudizio è
quello dell’anima, lucerna per discernere il bene e il male. Questa, infatti, non guarda
all’apparenza, ricerca il vero bene, che non ha bisogno di essere messo in mostra ed è
un bene in se stesso.
Il parere della “folla” è errato anche quando la questione la riguarda
Qualcuno potrebbe dire che la “folla” non ha opinioni veritiere quando si tratta di
un problema di un individuo mentre, se l’interesse fosse comune, cioè dell’intera
“folla”, o se la questione fosse qualcosa che la riguardasse direttamente, allora saprebbe
dare risposte giuste ed esaurienti (della serie più siamo meglio è). Ma se chiedessimo
alla “folla” quale sia il suo parere a proposito di cosa sia il piacere, questa non potrebbe
darci una risposta né esauriente né corretta, poiché, accecata dal piacere, non guarderebbe quest’ultimo come ciò che è, ovvero una cosa in più:
Come in mezzo a un campo arato per seminare spuntano anche dei fiori, tuttavia non è stata
fatta tanta fatica per ottenere questa erbetta (per quanto allieti gli occhi) […]così anche il piacere
non è la ricompensa né la causa della virtù, ma un’aggiunta, né è accettato perché allieta, ma, se
accettato, allieta anche [De vita beata, 9].
Il piacere è purtroppo difficilmente controllabile e si finisce per divenirne schiavi.
Il parere della folla può al massimo soddisfare apparentemente, ma lascia inalterati i
dubbi e le inquietudini del nostro animo che con il passare del tempo si fanno sempre
più intransigenti nell’esigere una risposta.
Agire giustamente di fronte alla necessità della “folla”
Sebbene sembri che sia vantaggioso e indispensabile vivere lontano dai “più”,
l’uomo è un animale sociale e ha bisogno di avere qualcuno al suo fianco, una guida,
degli amici e delle relazioni, per cui non può fare a meno di entrare in contatto con la
“folla” e con le sue opinioni. Come bene ha spiegato Aristotele nella sua Politica,
l’uomo per natura è un essere socievole […], quindi chi non è in grado di entrare nella comunità o per la sua autosufficienza non ne sente il bisogno, non è parte dello stato, e di conseguenza
è o una bestia o un dio.
Il vero problema è che l’uomo è illuso, sceglie il male senza rendersi conto che lo
sia, in quanto spaventato da quello che crede essere il male peggiore: la morte. E purtroppo un uomo che ha un’opinione sbagliata ne tira a sé altri e altri ancora che preferi-
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scono affidarsi ciecamente invece di discernere. Se tutti invece di credere a tutto, piuttosto giudicassero, allora i pareri della “folla” sarebbero retti o quantomeno vari, mettendoci quindi comunque di fronte a una scelta, cioè nella condizione di dover giudicare,
interpellando l’anima. L’unico modo per entrare quindi in contatto con la “folla” e poter
ascoltare i loro pareri senza esserne assuefatti, è essere un uomo saggio, capace di giudicare.
Differenze fra il saggio e uno dei “più”
Il saggio, che non segue il parere comune, è felice se dal suo sbaglio impara, se dopo aver male giudicato si rende conto del suo errore, se piano piano giudica più se stesso che gli altri, non ha bisogno di dimostrare niente né di essere invidiato dagli altri per
essere felice. È indipendente da tutto e tutti, è libero; nulla gli nuoce e vive in pace.
Rispettiamo le nostre abitudini come cose che ci appartengono intimamente, che siano o no
buone e invidiate dall’uomo [Gnomologio epicureo vaticano, 15].
Se si entra a far parte dei “più”, questo non avviene. Se si sbaglia non ci se ne rende conto, e se sì, all’ultimo, quasi sempre ormai ci si sente troppo deboli per affrontare
la realtà nel modo giusto, si giudicano i pareri e le cose altrui per non pensare ai propri
errori, si perde l’individualità e la diversità, che rende ognuno di noi speciale, infatti
ogni individuo dovrebbe essere arricchimento per l’altro e non dovrebbe instaurarsi tra
loro un rapporto dipendenza. Meglio dunque errare da soli, meglio essere disprezzato da
tutti se non da una ristretta cerchia di veri amici piuttosto che vivere una vita di paure e
affanni (specialmente in prospettiva di un aldilà), di giustificazioni e incertezze…
Non giovava a nulla procurarsi sicurezza rispetto agli uomini restando immutati dubbi e paure
circa le cose del cielo e del mondo infero e in generale di ciò che accade nell’universo [EPICURO,
Sentenze, 13].
In conclusione: meglio da soli, che male indirizzati!
L’AMICIZIA GENERA BENESSERE
(ADELE COLONNA)
Cos’è l’amicizia
L’amicizia è un legame tanto forte da unire due o più persone, è quando provi affetto e stima per una persona, spesso molto simile a te, con gli stessi pensieri, e gli stessi
svaghi; per me l’amicizia è qualcosa di essenziale, mai inopportuna e fastidiosa.
L’amicizia se sincera rende piacevole la buona sorte e meno pesante il dolore della cattiva sorte, quando c’è un male o un problema se ne parla e si condivide, e si affronta insieme. Le amicizie vere sono eterne e niente e nessuno potrà dividere due amici che si
vogliono bene, come fratelli, perché secondo me l’amico vero quello che conosci in
tutto e per tutto è come un fratello, sai che ci sarà sempre per te. A volte l’amore per un
amico è più forte dell’amore per un parente, il parente non lo scegli, l’amico in un certo
senso, forse in modo inconscio, lo scegli anche se l’amicizia arriva all’improvviso. Se
hai un’amicizia solida e perfetta con qualcuno di conseguenza tutto ti sembrerà più
bello e leggero da sopportare e proverai un benessere, come un senso di appagamento.
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L’amicizia vera e quella falsa
L’amicizia secondo me si divide in due, l’amicizia vera e perfetta e quella falsa e
solamente per trarne vantaggi. L’amicizia vera e perfetta, quando trovi una o più persone con le quali ti senti te stesso, quando non devi mentire su chi sei, su cosa fai e cosa
dici; l’amicizia perfetta è quella spontanea che nasce senza forzature e bugie, quella che
forse già è scritta nel nostro destino. L’amicizia falsa e usata solamente per bisogno è
qualcosa di spregevole, da cui l’altra persona trae i propri piaceri e i propri vantaggi.
Perciò, come dice una massima attribuita a Ennio:
L’amico fidato si riconosce nella sorte infida.
L’amicizia falsa nasce nel momento del bisogno e nel tempo non è assolutamente
costante, non è un dare e un ricevere, ma solo e sempre un prendere. L’amico falso, sin
dall’inizio, tende a mentire, è qualcuno che ti usa solo per ricavarne del bene fine a sé
stesso, è quel qualcuno che nella sorte infida non sarà mai al tuo fianco e non potrai mai
contare su di lui. Infatti l’amico falso ti disprezza quando qualcosa ti va bene, perché
prova gelosia, e ti abbandona quando in realtà ti serve aiuto; è una persona sleale che
non pensa in modo altruistico ma semplicemente al suo stare bene e al suo trarre vantaggi.
Secondo un’altra massima, attribuita ad Archita di Taranto,
se uno salisse in cielo e contemplasse la natura del mondo e la bellezza degli astri, quella vista
meravigliosa non gli darebbe alcun piacere; gli sarebbe graditissima se avesse qualcuno a cui
raccontarla.
Se qualcuno vede qualcosa di meraviglioso ma non ha un amico, una persona a lui
cara che gli è vicino non potrà mai raccontare la bellezza di quella meraviglia vista, ma
se la terrà per sé; questo per dire che l’amicizia vera e perfetta esiste, anche se difficile
da trovare e da mantenere tale, basta amare una persona a prescindere dal tuo bisogno o
dalla ricerca di un’utilità, se si trova bisogna conservarla con gelosia e custodirla per
sempre.
La verità genera odio
La verità in amicizia spesso è dannosa, può essere fonte di odio; l’odio è il
“veleno” dell’amicizia. Perché la verità genera odio? Il vero amico accetta la verità,
perché dalla verità si può trarre solamente cose buone, invece persone false a cui di te
non interessa si “tappano le orecchie” pur di non sentire ciò che hai da dire nei loro
confronti, non apprezzano la verità da un amico. Come diceva Catone,
A qualcuno fanno meglio i nemici aspri di quegli amici che sembrano dolci; gli uni spesso dicono il vero, gli altri mai.
Ad alcuni farebbero meglio i nemici più sinceri per fargli notare dove ha sbagliato
che quelli dolci, i falsi che non dicono la verità per paura di far arrabbiare l’altra persona; la persona che sbaglia non si dispiace per l’errore che ha commesso e non ringrazia
per la correzione che gli è stata fatta, ma si arrabbia con chi glielo ha fatto notare, chi
gli ha detto la verità.
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CHI TROVA UN AMICO TROVA UN TESORO?
(DALILA CONOCI)
L’amicizia
È impressionante come un tema così antico sia allo stesso tempo così attuale ormai
da migliaia di anni a questa parte. Come sappiamo l’amicizia è un bene prezioso, spesso
sottovalutato, ignorato, scontato, o come quasi sempre avviene, banalizzato. Aelredo di
Rievaulx, un monaco inglese vissuto intorno al XII secolo, a tal proposito ci fornisce
un’ampia opera intitolata L’Amicizia Spirituale, incentrata sul rapporto interpersonale
fra due persone. Ma la tematica dell’amicizia, o in generale dell’amore, venne già trattata da precedenti filosofi quali Aristotele e Cicerone e non solo. Di questi, il primo
scrisse una grande opera nel quale l’amicizia veniva presentata come una virtù necessaria alla vita, un bene superiore ad ogni ricchezza, fondamentale per la vita di un uomo.
Aristotele fu uno dei primi infatti ad affermare che l’amicizia tra due uomini poteva nascere per tre diversi motivi: nel primo caso perché uno dei due individui era buono, nel
secondo caso perché la sua compagnia era piacevole, nel terzo perché era utile a raggiungere un altro bene o piacere. Ma l’amicizia vera e perfetta, secondo lo Stagirita, è
quella che unisce questi tre motivi, che nasce solo quando due persone si amano per sé
stesse e necessitano l’uno dell’altro. Anche oggi come allora, sebbene siamo circondati
da un gran numero di conoscenti, compagni, colleghi e fratelli, sappiamo bene tutti che
il sentimento di vera amicizia è raro e, molte volte, si nasconde o si confonde con quelle
amicizie temporanee e fragili, spesso intraprese al fine di raggiungere un piacere o un
qualcosa di utile.
Cicerone, in contrasto con Aelredo e Aristotele, sebbene abbia fornito un grande
aiuto al primo nel completare la sua opera, parla in realtà dell’amicizia verso lo Stato e
della “fides”, intesa come la lealtà e la fedeltà verso i pubblici poteri e verso le persone
alle quali si è legati da qualche obbligo. Nell’Amicizia Spirituale ci troviamo invece davanti a un altro tipo di amicizia ben diverso dal precedente, ma soprattutto davanti a un
altro ben diverso concetto di fede. Nonostante Cicerone sembra avvicinarsi al concetto
di amicizia gratuita, quindi non subordinata al vantaggio o al piacere che si trae da essa,
Aelredo ci fornisce un’idea di amicizia ben più profonda, non a caso “spirituale”, che ha
addirittura come suo massimo valore il dono della propria vita agli altri, come asserisce
l’evangelista Giovanni.
Carità e amicizia a confronto
Un altro concetto affrontato da Aelredo è quello di carità, che per quanto simile a
quello dell’amicizia, è comunque diverso da esso. La carità infatti è un sentimento che
ci fa obbligo di accogliere nel seno dell’amore non solo gli amici, ma anche i nemici. Ci
troviamo di fronte a un tipo diverso di amore verso l’altro, più difficile da esercitare.
Infatti se da un lato l’amore provato per un amico (filìa) in qualche modo è sempre ricambiato, in un rapporto paritario, dall’altro la carità al nemico, quella che Cristo ha
provato sulla croce per ognuno di noi (amore agapico), trova la sua massima espressione in un rapporto unidirezionale. Il vero Amore, infatti, non necessita di essere contraccambiato, il suo unico desiderio è quello di amare senza ricevere nulla in cambio. San
Paolo ne ha fatto una solenne descrizione nella prima lettera ai Corinzi, in cui, con una
serie di attributi, celebra l’essenza della carità: l’amore è paziente, servizievole, non è
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invidioso, non si vanta, non si insuperbisce, non si adira, non cerca il proprio interesse,
ma soprattutto non tiene conto del male ricevuto e tutto sopporta. Con queste espressioni, San Paolo intende dire che solo Dio può provare questo amore che rappresenta la sua
stessa essenza. Con questa ultima riflessione non si ha l’intenzione di sminuire il sentimento che un uomo può provare nei confronti della persona amata, che nella tradizione
cristiana trova la sua massima manifestazione nel sacramento matrimoniale, si deve
piuttosto intendere che il vero amore al nemico è un sentimento che può permeare nel
cuore dell’uomo solo se in lui dimora lo spirito di Dio. Riprendendo il concetto di amicizia, secondo Aelredo è un bene più comune ma rivolto a un numero ristretto di persone. L’amicizia infatti non richiede un amore necessariamente volto al sacrificio, bensì
un interesse e riguardo specifico, non utilitario come già detto precedentemente, ma affettivo e paritario. Questo dono ha valore in se stesso ed è voluto dal cuore umano e il
suo frutto è l’amicizia stessa. L’amicizia nasce tra buoni, per una somiglianza di vita, di
abitudini, di aspirazioni, segnata dalla benevolenza e dalla carità, e guidata dalla prudenza, retta dalla giustizia, custodita dalla fortezza e moderata dalla temperanza.
I vari tipi di amicizia
Dopo aver discusso bene di tutte queste cose, possiamo quindi arrivare a parlare dei
vari tipi di amicizia che costituiscono l’argomento centrale di questo discorso. Molte
volte ci illudiamo e ci circondiamo di false amicizie, o per meglio dire ci accontentiamo
di avere quelle conoscenze che ci permettono di ottenere qualcosa di cui necessitiamo.
Aelredo ci aiuta a fare una grande suddivisione dei modelli di amicizia da evitare e
quelli da coltivare. Tra i primi troviamo l’amicizia puerile: un sentimento che nasce
spesso e soprattutto tra i giovani. Quest’amicizia non conosce la moderatezza, è priva di
ragione e guidata per lo più dall’istinto. Nonostante crei uno stretto legame e attragga in
modo seducente, è un moto puramente animale, che non distingue ciò che è bene da ciò
che non lo è. È guidato dall’amor carnale, quindi è instabile, non è segnato dai quattro
doni, prima elencati, dell’amicizia (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza). Un altro
tipo di amicizia da evitare è quella che lega due individui di indole malvagia, ma in
questo caso non si può neanche parlare di amicizia, in quanto, come abbiamo detto,
l’amicizia è dei buoni. Infine vi è quell’amicizia che nasce per la speranza di trarvi un
qualche guadagno. Anch’essa non può essere considerata amicizia in quanto non ha
come fine l’amicizia stessa. L’utilità infatti deve seguire l’amicizia e non precederla. È
bene saper distinguere dunque queste relazioni ed è inoltre bene evitare chi può portare
ad esse. Ad esempio non è male tenersi lontano dagli iracondi o dai chiacchieroni o dagli instabili o dai sospettosi, in quanto l’amicizia cresce e si fonda sulla fedeltà reciproca. Non per questo però, se abbiamo trovato un amico che ci fa del male dicendo cose
che ci rattristano, o che rivela i nostri segreti, o che non ha piena fiducia in noi, dobbiamo abbandonare quel legame. Ogni uomo in quanto tale può sbagliare e riconoscere il
suo errore. Nel caso in cui l’amicizia non è recuperabile, a seguito di un oltraggio subito
da uno dei due individui che la compone e non è possibile neanche cercare di correggere l’altro, allora bisogna pian piano scucire il legame, senza offendere in alcuna maniera
l’altro e allontanarsi in modo non brusco, per evitare di cadere in inimicizia con l’altro.
In questo caso bisogna quindi agire come i due personaggi biblici, Giacobbe e Esaù, i
quali per lungo tempo si contesero la primogenitura e furono nemici, ma un giorno Esaù
tornò dal fratello e si riconciliarono. Ma quando quest’ultimo chiese all’altro di vivere
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insieme e di seguire l’uno i passi dell’altro, Giacobbe preferì seguire da solo il cammino
che Dio aveva prescritto per lui.
Conclusione
Bisogna sempre fare attenzione agli affetti di cui ci circondiamo. Anche quando
crediamo di aver un tesoro nelle nostre mani possiamo sbagliarci. Guardiamo ad esempio il vaso di Pandora, bello a vedersi ma pieno di mali che si sono poi riversati
sull’umanità, o l’anello del Signore degli Anelli, che per quanto bello e per quanto potesse apparire come un tesoro agli occhi degli altri, era un oggetto pericoloso e dannoso
per gli uomini e andava distrutto, o ancora, osserviamo la scoperta del nucleare che ha
portato sì a una grande evoluzione scientifica ed a una serie di vantaggi legati allo
sfruttamento dell’energia, ma che ha anche permesso che molte città fossero rase al
suolo dalle bomba atomica. Tutti questi esempi ci devono mettere in guardia e ci devono spronare a continuare la ricerca della vera amicizia. Quando poi l’avremo trovata,
non dobbiamo arrenderci davanti ai primi ostacoli e alle prime problematiche, o tirarci
indietro davanti ai primi difetti dell’altro. Se infatti l’amico cade in errore, bisogna correggerlo con amore e non con presunzione, far sentir lui il nostro affetto e il nostro sostegno, e se così sarà, l’amicizia si restaurerà e sarà ancor più forte e salda di prima. È
un dono che va accresciuto con pazienza e amore, giorno dopo giorno, fino a raggiungere il massimo grado di amicizia spirituale.
CONTINUA ERA L’ANGOSCIA E INENARRABILE LA RICERCA DI DIO
(AURORA D’ELIA)
L’ermetismo e il valore dei testi ermetici
Con il termine Ermetismo ci si riferisce a vari autori probabilmente greci, la più
parte sconosciuti, che elaborarono a cominciare dal II secolo d.C., un complesso di dottrine mistico-religiose e filosofiche alle quali si affiancarono elementi della filosofia di
ispirazione platonica e pitagorica, credenze gnostiche e antiche procedure magiche egizie.
I testi ermetici sottolineano il valore di testimonianza di un atteggiamento religioso
di pietà distinta dall’appassionata devozione nei confronti del mondo e l’amore per la
vita, quindi, anche se influenzati da tradizioni ellenistiche, in particolare platoniche, sono scritti di pietà e testimonianze di una ricerca continua del divino.
Questi testi si dividono in due tipi di scritti: quelli di natura tecnico-pratica e quelli
di natura filosofico-speculativa; quest’ultimi sono costituiti da forme dialogiche nelle
quali una divinità (Ermete o Thot) rivela ad un gruppo di discepoli il suo sapere e trasmettono concezioni relative a Dio, al cosmo e all’uomo. Ermete e Thot sono le due divinità, entrambi della scrittura, del sincretismo greco-egiziano dalla quale fusione abbiamo la creazione di Ermete Trismegisto (“il tre volte grandissimo”) ; quindi
l’ermetismo è il primo esempio storicamente documentato di incontro tra la tradizione
greca e la sapienza orientale come forma di sapere rivelato (il sapere, per gli ermetici, è
una conoscenza rivelata).
Una visione del mondo unitaria
La visione del mondo, che sta alla base degli scritti tecnici, non è diversa da quella,
più elaborata, che si trova negli testi filosofici. Domina la dottrina della sympatheia
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universale delle cose secondo cui legami misteriosi uniscono e collegano tutti gli elementi del cosmo inanimato e animato. Quindi si ha una concezione di cosmo unitario, di
un Unus Mundus animato e vitale poiché è sorretto dall’energia divina. Questa concezione, tipica del periodo, secondo la quale l’uomo è inserito armonicamente in un cosmo che è immagine divina e visibile di Dio, riceve la sua impronta dalla pietà ermetica,
caratterizzata dalla posizione che assume l’uomo nel confronti del cosmo e di Dio.
Possiamo vedere come la tensione verso l’Uno è uno dei fulcri fondamentali della
filosofia rinascimentale, quindi anche degli scritti ermetici. La concezione di Uno, così
come la troviamo nel pensiero filosofico di Plotino, si presenta come il Tutto che si
contrappone al molteplice di cui anche gli dei sono espressione. Plotino è il primo che
pone l’Uno al di sopra dell’Essere e, essendo l’Uno all’origine di tutto, e quindi anche
del pensiero, quest’ultimo nel risalire alla propria fonte deve negare se stesso. Plotino
chiama Anima del mondo il principio vitale da cui prendono vita gli elementi del mondo, inoltre afferma che la vita non opera assemblando singoli elementi fino ad arrivare
agli organismi più evoluti, ma al contrario.
La gnosi ermetica
Ogni cosa può essere vista da chi possiede l’intelletto; chi si riflette in quanto intelletto si conosce e chi si conosce, conosce il Tutto. Il Tutto è nell’uomo.
Da questa sentenza delle Definizioni ermetiche si può capire che, mentre nelle altre
religioni la ricerca di Dio avviene tramite la fede, nell’ermetismo essa avviene tramite
l’intelletto. In essa sono contenute le note elementari di ogni sapienza gnostica: il possesso del nous come organo superiore all’anima e di origine divina e quindi unico strumento in grado di vedere veramente le realtà invisibili; e la consapevolezza che questo
Tutto è all’interno dell’uomo.
Novit qui colit.
Questa tipica formula ermetica, la cui traduzione potrebbe essere: “consegue la conoscenza (di Dio) colui che pratica (la pietà)”, sta a semplificare gli interrogativi di fondo che tormentavano non pochi spiriti irrequieti dei primi secoli dell’impero. Questo
accadde perché dal momento che Dio non si rivela ci sarà un’angoscia, ma quando Dio
si rivela gli uomini possono coltivare la loro conoscenza verso di Lui.
Continua era l’angoscia e inenarrabile la ricerca di Dio: finché l’artefice di tutto continuava a
non volere, l’ignoranza invadeva ogni cosa. Quando invece decise di mostrarsi tale quale è, ispirò negli esseri divini desideri d’amore e donò alle loro intelligenze la luce che in abbondanza
aveva in petto, perché prima di tutto volessero cercare, poi desiderassero trovare, infine potessero
riuscire.
Come possiamo capire da questa frase tratta dal testo attribuito ad Ermete Trismegisto e pubblicato col titolo La pupilla del mondo, siamo davanti a una forma particolare di gnosi che non si presenta soltanto come un sapere oggetto d’insegnamento, ma
come una presa di coscienza, un’illuminazione improvvisa, che dall’ignoranza fa passare alla certezza che Dio esiste e vuole essere conosciuto, quindi c’è un desiderio fervente di ricerca che è tutt’uno con la pietà.
Un aspetto caratterizzante di questi testi è il tentativo di conciliare due modalità inconciliabili: il misticismo cosmico e la ricerca del Dio sconosciuto e assolutamente trascendente. Questo è possibile come conseguenza della particolare gnosi ermetica la
quale solleva quel velo di ignoranza che impedisce di ricongiungersi con la matrice di-
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vina da cui si proviene. La gnosi ermetica quindi è il processo tramite il quale l’uomo
può cogliere l’essenza divina e questo processo è dovuto all’illuminazione proveniente
da Dio che conduce l’uomo all’estasi e al ritorno dell’anima al suo creatore. La ricerca
dell’unità, del fondamento del tutto, è dunque il centro della gnosi ermetica.
Come Dio è il padre di tutte le cose e, di conseguenza, tutte le cose sono parti di Dio per cui,
facendo tutte le cose, Dio crea se stesso e non potrà cessare mai di creare, poiché Dio non può
cessare di essere. Ugualmente l’uomo, la più divina delle creature, non può non realizzare questa
sua dimensione partecipando alla vita del tutto e celebrandone la molteplicità e l’unità.
Da queste parole possiamo capire che la gnosi ermetica ricerca e si identifica col
fondamento divino del tutto attraverso un accrescimento di potenza che assimili, per
quanto possibile, l’uomo al suo dio. Quindi il desiderio di risalire alla sorgente
dell’essere, al momento della creazione, ricercando la presenza immediata dell’Uno, il
Dio invisibile che si manifesta nel tutto, costituisce il motore immobile della pietà ermetica.
Nel libro La pupilla del mondo, tra il mondo superiore e il mondo inferiore non
c’era possibilità di comunicazione; solo un atto di volontà da parte di Dio permise di
superare un abisso che appariva incolmabile dal momento che ciò che appartiene al
mondo inferiore non può risalire da solo a quello superiore. Siamo di fronte, quindi, al
mistero di una volontà divina che decide di rivelarsi per farsi conoscere: solo mettendo
in moto un processo di ricerca che aspira alla conoscenza di Dio, sarà possibile levare il
velo d’ignoranza. Ermete è il perfetto esecutore di questa mediazione, è colui che ha
tutto conosciuto e compreso ed è quindi in grado di trasmetterlo.
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QUESTIONI DISPUTATE
Frutto dell’interazione tra esigenze dell’interpretazione biblica e logica aristotelica, il metodo
“scolastico” ha caratterizzato la filosofia universitaria dal XII al XVII secolo.
Prodotto tipico di questo metodo è la “questione disputata”, che consiste nel tematizzare un
problema formulandolo attraverso alcune domande consequenziali a risposta chiusa e provando a
rispondervi sistematicamente dopo aver dibattuto argomenti in favore e in contrario (“Sic et Non”).
Si tratta di una forma rigorosa e “tecnica” di dialogo filosofico.
Anche se in maniera più elastica e discorsiva, ancora oggi si utilizza tale approccio per affrontare questioni razionali, o almeno ragionevoli, che al momento sono considerate ancora aperte e
scottanti, e quindi “dibattute”.
Quest’anno, dopo lo studio della Filosofia Medievale, gli studenti del IV anno sono stati invitati a organizzarsi in gruppi per dibattere con questo metodo alcune questioni attinenti alla loro
vita. Essendo mancato il tempo per una revisione dei lavori, le questioni disputate che ne sono scaturite e che qui sono raccolte non sono ancora compiutamente e rigorosamente strutturate; comunque
costituiscono un primo significativo tentativo di argomentazione rigorosa.
SULLE SCELTE DI VITA
È POSSIBILE FARE SCELTE CHE DETERMININO TUTTA LA VITA?
(ILARIA PITTELLA)
Si domanda
Se sia possibile determinare il proprio modo di essere per tutto l’arco della vita.
Sembra di sì
Infatti, giunti a una certa maturità, si presuppone che l’uomo sappia distinguere il
bene dal male e che quindi abbia una certa linearità nel modo di pensare e di agire. Difatti solo un bambino, che ancora non ha una sua etica, può adattarsi completamente ai
modi di fare e allo stile di vita che gli impone l’ambiente circostante, anche se diverso
da quello dove ha vissuto i primi anni della sua infanzia.
Ma in contrario
Nei casi estremi che talvolta la vita ci pone d’innanzi non possiamo prevedere la
reazione di nessuno e qualsiasi uomo ha il suo “tallone d’Achille”.
Ogni relazione umana è fondata sulla rinuncia di alcuni dei nostri princìpi e
all’accettazione di altri differenti e l’uomo, come afferma Aristotele, è un animale sociale, che senza relazioni perde proprio la sua umanità.
Rispondo
Quindi rispondo che l’intelligenza è proprio quella facoltà umana che ci permette
di adattarci in ogni circostanza della vita, e, benché ci sia chi è meno dotato di altri, tutti
abbiamo la capacità di ragionare e tutti, in quanto uomini, siamo dotati di intelletto. Ponendo subito un esempio, gli uomini precipitati con l’aereo sulle Ande nel 1972, erano
uomini di grandi principi, persone come noi oggi, eppure, di fronte ad un evento così
estremo, purtroppo furono costretti a sperimentare il cannibalismo, un abominio, ma
forse (ognuno può poi liberamente giudicare) inevitabile. E sì, è vero che un uomo può
aver compiuto molti gesti valorosi e può anche aver compiuto ripetutamente atti coerenti ai suoi princìpi (come i martiri, sacrificatisi per la propria fede; o come tutti i
“Robin Hood” che celebra la nostra società), ma ognuno di noi ha dei punti deboli e non
potremo mai sapere se quell’ipotetico “uomo valoroso”, morto per la salvezza di qualcun altro, si sarebbe lo stesso sacrificato se la vita che gli si chiedeva di salvare fosse
stato l’assassino di suo figlio. Possiamo anche illuderci che esista un supereroe-terreno
ma che l’uomo non sia perfetto è una certezza. È vero che in tanti casi di matrimoni falliti sentiamo dire “Da quando sta con me non è cambiato in nulla!”, ma questo può star
a significare o che i due coniugi, uno o entrambi, abbiano poca capacità di adattarsi alla
nuova realtà, o che i problemi e le situazioni che si incontrano nel nuovo nucleo familiare non varino tanto dalle circostanze dell’ambiente precedente in cui si viveva e che
quindi non comportino o non necessitino (secondo l’opinione del marito, della moglie, o
di entrambi) di un cambiamento. La nostra sicurezza e la nostra razionalità possono però venir meno in qualsiasi situazione. Sì, ognuno di noi a una certa età si presuppone
che sappia distinguere il bene dal male ma è impossibile che durante tutto l’arco della
vita non cambi idea su azioni compiute in passato giudicate allora giuste e successiva-
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mente erronee (da qui quella che viene definita come la “saggezza degli anziani”). Ponendo un esempio, gli ideali che da giovani possono sembrare giusti da ogni punto di
vista e per i quali vale la pena lottare, da adulti possono essere considerati privi di fondamento, e i gesti compiuti in difesa di quest’ultimi, una pazzia; si dice infatti che ogni
genitore sappia che i figli rivedranno da spettatori, come genitori, gli stessi sbagli nei
loro figli. Se qualcuno dicesse di non rimproverarsi niente sarebbe solo un meccanismo
di orgoglio e autodifesa o potrebbe sottolineare la sua volontà di conformarsi a quello
che l’altro con cui discorre crede sia giusto. Inoltre siamo perennemente attratti dal
cambiamento, anche se minimo, e più o meno disposti all’ascolto e all’analisi delle posizioni e delle idee altrui. Tutte le dittature prima o poi crollano proprio perché la vita
delle persone non si può standardizzare e anche un “fedelissimo” di qualcuno può poi,
per smania di potere o anche solo per l’assunzione di un punto di vista differente, rivoltare le armi contro colui di cui prima era discepolo; la vita e la storia infatti insegnano
che non ci si può totalmente fidare di nessuno poiché la mente umana è complessa e talvolta incomprensibile. La spiccata capacità di adattarsi alle diverse circostanze e
all’altro è considerata oggi una virtù, che consente la stabilità nella nostra società; infatti come potrebbe, un essere umano, rimanere con lo stesso modo di agire di pensare e
di essere quando il tempo passa e le cose mutano? Vivrebbe inesorabilmente male e la
sua vita perderebbe probabilmente di senso, in quanto almeno alcuni di quei princìpi su
cui aveva fondato la sua esistenza avrebbero perso solidità con l’avanzare degli anni.
Un uomo che fosse perennemente sicuro di sé, delle sue scelte, e della strada che
percorre sarebbe inoltre un orribile egoista senza famiglia né amici, non sarebbe un uomo ma, come dice Aristotele di “colui che è senza amici”, una belva. È dunque impossibile determinare il proprio modo di essere durante tutto l’arco della vita.
È POSSIBILE FARE SCELTE DI VITA FIN DA GIOVANI?
(DALILA CONOCI)
Si domanda
Se sia possibile fare scelte di vita fin da giovani.
Sembra di sì
Infatti: se si prende una decisione che riguarda il proprio futuro, si può osare e si
può tornare indietro, in quanto si ha tutta la vita davanti; si ha più iniziativa e più spontaneità. Si inseguono i propri sogni e si ha più possibilità di vederli realizzati.
La scelta è inevitabile che riguardi le cose più piccole e quotidiane o le cose più
importanti e determinanti della vita, senza distinzioni a seconda dell’età.
Ma in contrario
Capita che in giovane età non si sia ancora maturi e non si abbia la piena consapevolezza di quello che si sta facendo, o non ci si conosca abbastanza per sapere ciò che si
vuole.
In altri casi si è confusi, per lo più dalla “folla” e da chi ci sta più vicino, e ci si distrae dal nostro cammino o dai nostri più profondi desideri.
Rispondo
Quindi rispondo che il periodo della giovinezza è il più determinante della vita,
perché costituisce il fondamento del proprio futuro ed è per questo che è inevitabile che
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le scelte di vita vengano prese fin da giovani, che si voglia o no. Fin dai primi anni di
vita, ad esempio, siamo catapultati nelle aule scolastiche e, senza che ce ne rendiamo
conto, ci troviamo a dover scegliere a quale studio specialistico vogliamo dedicarci,
quale ci appassiona di più, o quale ci risulta essere più di tutti alla nostra portata. È vero
che molte volte si è ancora immaturi per fare una scelta, ma ciò non giustifica il non
prenderla. Al contrario più si prendono decisioni, più si impara dall’esperienza e si discerne sempre più ciò che conviene e ciò che non conviene, ciò che è giusto e ciò che è
sbagliato, e si impara a crescere, ad essere più autonomi e nel tempo a maturare. Quando si è adulti, si ha un esperienza più ampia alle spalle e proprio questo è determinato
dal fatto che gran parte delle decisioni sono già state prese. Ciò non vuol dire che le
scelte che prendiamo da ragazzi siano sempre quelle giuste: a volte infatti seguire troppo l’istinto non è consigliabile, ma chi si è, e cosa si vuol diventare, lo si capisce col
tempo, quindi è inutile aspettare, poiché l’esperienza e la saggezza le acquistiamo solo
dopo aver scelto e soprattutto dopo aver sbagliato. È vero, inoltre, che molte volte
ascoltare i consigli dei nostri amici o dei nostri parenti può essere vantaggioso, ma non
bisogna mai smettere di pensare con la propria testa. A volte, infatti, per non deludere
un genitore, siamo pronti a scegliere un indirizzo di studi che non ci appassiona, o
pronti a seguire una strada che non è la nostra, rinunciando a un sogno che potrebbe non
più ripresentarsi sul nostro sentiero. Altre volte invece, per non deludere una comitiva
di amici, ci orientiamo o “disorientiamo” per vie che ci portano verso un futuro che non
è il nostro, o peggio, per direzioni che ledono alla nostra stessa vita. È molto importante, invece, che seguiamo fin da piccoli i nostri sogni, i quali se non sono perseguiti fin
dai primi anni dell’infanzia, dopo potrebbero non essere più raggiunti; che si tratti della
danza, della musica, della ginnastica, dello sport e chi più ne ha più ne metta, bisogna
rimboccarsi le maniche quando si è più piccoli e la via risulterà non solo più semplice,
ma anche quella che ci rende più felici. Bisogna tuffarsi nella vita e nelle scelte senza
temere l’esito e, nel caso in cui dovessimo sbagliare, non dovremmo pensare che ormai
quel che è già stato fatto sia irreparabile. Come dice un famoso detto: “tutto fa brodo”,
ovvero, anche quello che all’inizio può sembrare sbagliato, contribuisce sempre alla costruzione di qualcosa. Niente è irrecuperabile.
LE SCELTE DI VITA SONO DAVVERO PERSONALI?
(FEDERICA TOGNI)
Si domanda
Se le scelte di vita siano personali, piuttosto che il risultato di un condizionamento da
parte della massa.
Sembra di sì
Sì, le scelte di vita sono personali. L’uomo è un individuo libero di scegliere in che
direzione far procedere la propria vita, indipendentemente da quello che succede intorno
a lui. Certo quello che accade farà parte degli ostacoli da superare, ma se si ha ben fisso
in testa uno schema da seguire, se si hanno delle idee chiare e decise, non ci sarà niente
a offuscare la nostra vista. Se pensiamo alle scelte che facciamo lungo il corso della nostra esistenza, sicuramente ci verrà in mente qualche episodio passato in cui abbiamo
chiesto il parere di qualcuno, di qualche amico o familiare magari per essere sicuri di fare la cosa più giusta, per essere sicuri di non sbagliare e di non perdere occasioni e op-
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portunità. Analizzando bene queste esperienze però possiamo accorgerci di quanto il parere degli altri sia limitativo, malleabile e soprattutto irrilevante su quello che pensiamo
e di conseguenza facciamo se siamo sicuri di noi stessi e di quello che vogliamo fare. Il
più delle volte infatti, chiediamo un parere non perché vogliamo realmente dare ascolto
alle opinioni di un altro, ma solo per confermare le nostre tesi. Dare ascolto o farsi influenzare da una massa sarebbe sciocco e non gioverebbe al singolo; il potere risiede nel
singolo e così la massa si forma dall’unione di vari singoli, i quali hanno ognuno proprie idee e pensieri. Quanto può essere giusto affidarsi a ciò che dicono i più? Solo noi
sappiamo il percorso che abbiamo fatto da quando siamo venuti al mondo, sappiamo
quali scelte che abbiamo preso e i motivi di quelle che non abbiamo preso, conosciamo
noi stessi, e anche se non siamo in grado di sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato, siamo in grado di capire cosa è meglio per noi, per il momento che stiamo passando, per le
circostanze in cui ci troviamo. Pertanto ogni scelta fatta è personalissima poiché chi
sceglie siamo solo noi, con tutte le varie voci dei grilli parlanti che ci girano intorno.
Possono dire si, no, bianco, nero, cerchio o quadrato, e che noi facciamo coincidere la
nostra opinione con quella degli altri oppure no, saremo sempre noi a fare le nostre
scelte.
Ma in contrario
Le scelte di vita non possono non essere influenzate dalla massa. Sin dalla nascita
un individuo cresce plasmato da valori o ideali che provengono dall’esterno, volente o
nolente. Tutto quello che facciamo è il prodotto di ciò in cui ci imbattiamo nel corso
della nostra esistenza: è impossibile pensare a un mondo in cui i “sistemi” interagiscono
tra di loro senza influenzarsi, senza che vi siano conseguenze. Tutti i giorni interagiamo
con altre persone, scambiamo le nostre idee con altri, i nostri pensieri e le esperienze
sommate tra di loro ci portano ad acquisire una data forma mentis. Per cominciare,
l’uomo è parte di una società che impone, se vogliamo, degli ideali e atteggiamenti ai
quali se non ci si conforma si viene tagliati fuori. Da qui nasce l’influenza delle masse,
che detengono il potere sul singolo. Per essere parte di una società è necessario alterare
le proprie idee e nei casi più estremi, cambiarle totalmente. Scendendo nello specifico,
cosa vuol dire allora essere influenzati? L’uomo è influenzato sin da piccolo in primis
dalla famiglia, che è l’ambiente in cui cresce, in cui forma i propri concetti in cui forma
il proprio “io”. I genitori, anche tramite piccole cose, inculcano quotidianamente nella
testa del bambino dei concetti, che difficilmente non influenzeranno le sue scelte. Come
un bambino cresciuto in una famiglia di ladri sarà maggiormente propenso a rubare poiché cresciuto in un ambiente in cui l’atto del rubare non è considerato un male, un bambino cresciuto in una famiglia moralmente onesta sarà propenso a non farlo poiché gli è
stato insegnato che rubare è qualcosa di malvagio. Ecco che in questo modo la famiglia
diviene un vero e proprio paradigma che sarà costante lungo il corso dell’esistenza
dell’individuo. Un peso non irrilevante hanno altri fattori esterni, come la scuola, le
amicizie, gli ambienti lavorativi, i mass media, che danno il 60% del contributo.
L’uomo il più delle volte vive preoccupandosi di quel che la società pensa, agisce secondo quello che la società impone, e la cosa più allarmante è che il più delle volte lo fa
inconsciamente. Basti pensare ai mass media; con il notevole incremento della tecnologia nei gli ultimi decenni siamo letteralmente bombardati da messaggi informativi che
influenzano la nostra vita negativamente. L’uomo, specialmente oggi, crede di pensare
con la propria testa, ma quello che non sa è che quel che ha nella testa è frutto delle idee
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di qualcun altro e quanto di noi rimanga veramente è una domanda difficile a cui rispondere. Le mode sono un esempio lampante, dove non è più bello ciò che è bello, ma
“è bello ciò che detta la massa”. Se la domanda è se qualcuno riesce a non piegarsi a
tutto questo, la risposta è no: tutti siamo influenzati, chi di più, chi di meno.
Inoltre, come dice Oscar Wilde nel Ritratto di Dorian Gray,
influenzare qualcuno significa dargli la propria anima: non pensa più con i suoi pensieri
spontanei, né arde delle sue passioni spontanee. Non ha virtù proprie. I suoi peccati, se cose come i peccati esistono, sono presi in prestito. Diventa l’eco della musica suonata da un altro,
l’interprete di una parte che non è stata scritta per lui. Lo scopo della vita è lo sviluppo di noi
stessi. La perfetta realizzazione della nostra natura: questa è la ragione della nostra esistenza.
Rispondo
Fare una scelta non è mai semplice. Nella nostra vita accadrà spessissimo di trovarci di fronte a un bivio, ci verrà chiesto di prendere una decisione piuttosto che un’altra,
e scegliere talvolta sarà semplice, talvolta sarà più complicato. Credo personalmente
che le scelte più semplici siano quelle in cui non ci è richiesto di agire seguendo
un’etica, quelle in cui potremmo semplicemente lanciare in aria una moneta e lasciare
che il caso decida per noi. La moneta non può invece scegliere quando subentrano altri
fattori, quali i nostri sentimenti, le nostre paure, i nostri desideri. Non essendo macchine
è impossibile pensare di agire mettendo da parte la nostra umanità, guardando le cose
intorno a noi con occhi incorruttibili. Il più delle volte capita di scegliere in base a
quello che pensiamo accadrà, ci preoccupiamo del futuro invece che del presente, lasciandoci influenzare dagli eventi del passato, positivi o negativi che siano stati. Allo
stesso modo a volte agiamo in virtù di quello che pensano gli altri, specialmente durante
la giovinezza, in cui per sentirsi inseriti nella società bisogna essere parte del gregge ed
essere al passo con i tempi, frequentando i luoghi più conosciuti, avendo l’ultimo telefono uscito in commercio, o andando in vacanza nei posti più belli e seguendo tutte le
mode del momento. Molti giovani fanno cose che vanno contro il proprio pensiero o
volere per non sentirsi tagliati fuori, per essere “all’altezza della situazione”. Quello che
si sta creando nelle nuove generazioni sono individui deboli e succubi delle masse, incapaci di dire no e di andare contro corrente, pronti a fare azioni sempre più estreme per
dimostrare di essere qualcuno, di contare qualcosa. La verità è che siamo terrorizzati dal
mondo che ci circonda, siamo schiacciati dai nuovi modelli antropologici; preferiamo
voltarci senza guardarci indietro piuttosto che affrontare le cose. Ci sentiamo al centro
del mondo e siamo caratterizzati da masse digitali, costantemente bisognosi di far sapere al mondo intero cosa stiamo facendo o cosa “pensiamo”.
Per quel che mi riguarda la società ci impone una visione unilaterale della vita, che
ci rende vittime di noi stessi, non permettendo alle nostre capacità di svilupparsi e di
guardare il mondo senza filtri. Tornando alle decisioni, se vogliamo affrontare la cosa
da un punto di vista diverso, osservando solo il rapporto “individuo/scelta”, è l’istinto
che ci comanda, e sono in pochi a sapere davvero quando usare il buon senso e quando i
sentimenti. Usare troppo la ragione ci rende distaccati e freddi e a lungo andare insoddisfatti, vuoti e dediti a un’incessante ricerca di un modo per colmare lo strazio. Così i
sentimenti sono un’arma a doppio taglio, buttarsi sempre senza paracadute può essere
rischioso e un domani può portarci a dire: “e se avessi usato la testa invece che seguire i
miei sentimenti?”.
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Le emozioni cambiano insieme a noi, fare una scelta seguendo solo l’istinto non è
la cosa migliore da fare. Quante volte ad esempio si sente di mariti e mogli che divorziando si accusano a vicenda di non aver dato i giusti spazi all’altro? Di aver fatto delle
scelte importanti e di aver messo da parte i propri sogni e le proprie aspettative per
l’altro? Di vivere una vita di rimpianti, contornata dai vari “se”? Il modo migliore per
raccogliere il più possibile è seminare una giusta dose di ragione e sentimento, trovare il
giusto equilibrio, agire seguendo il cuore ma ricordarsi di valutare bene tutti i pro e i
contra. Magari anche affidarci al parere delle persone che ci vogliono davvero bene e di
cui ci fidiamo, come la nostra famiglia e i nostri amici, che guardano la nostra vita da
fuori, e davanti a una scelta sbagliata che potremmo fare ci aprono gli occhi mettendoci
di fronte alla realtà delle cose, cercando di evitarci un male anche se talvolta questo
vuol dire abbandonare i nostri propositi; o magari possono spronarci a credere in noi
stessi, e a guidarci al massimo utilizzo delle nostre capacità. In questo vige l’assenza del
pregiudizio, riuscire ad avere una chiara visione d’insieme, e una predisposizione alle
opinioni altrui non affidandosi solo a se stessi.
DOBBIAMO COMUNQUE ADATTARCI AI TEMPI?
(GIANLUCA COSSU)
Si domanda
Se dobbiamo adattarci ai tempi.
Sembra di sì
Infatti, l’adattamento ci garantisce benessere rispetto agli altri e al mondo, infatti
adattarsi ai tempi ci fornisce vie sempre più comode per risolvere i problemi quotidiani.
Adattamento e progresso sono fondamenti esistenziali dell’essere umano e negarli sarebbe come negare una parte di noi stessi. Se l’uomo non si fosse adattato ed evoluto rispetto al mondo che lo circondava non potremmo avere i beni di cui disponiamo e dovremmo ancora lottare aspramente contro madre natura per procurarci cibo e un riparo.
Dunque l’adattamento non può che portare prosperità e felicità all’uomo ed è sua necessità e convenienza seguire i tempi e le idee contemporanee per non trovarsi svantaggiato
in tutti gli ambiti e situazioni.
Ma in contrario
L’adattamento e la voglia di adattarsi a qualcosa di diverso derivano dalla massa,
dall’esclusione da quest’ultima e da una conseguente insoddisfazione personale. Adattarsi ai canoni della massa è quasi sempre una costrizione dettata dai più, e spesso seguire ciecamente la folla è il metodo più veloce per causare disastri, come quando viene
messo a capo un dittatore da una folla inferocita e poi la stessa popolazione che ha
eletto il tiranno paga le conseguenze dei propri atti sventati. È necessario saper decidere
con la propria testa prima di riconoscere come giuste le idee che la massa condivide, bisogna saper scegliere il male e il bene da soli anche perché seguire ignorantemente le
idee di altri fa perdere l’individualità che caratterizza ogni uomo pensante. È quindi
meglio rimanere nella relativa sicurezza delle proprie convinzioni che arrischiarsi in
idee di altri con probabili esiti disastrosi.
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Rispondo
Secondo il mio modo di vedere l’adattamento è una delle costanti della natura
umana e come tale dobbiamo sapere quando seguirla e quando trovare altre strade. Infatti è vero che l’adattamento porta a modi sempre più comodi di affrontare la quotidianità ma può anche portare a effetti ai quali non eravamo preparati mentre seguivamo le
idee proposte dagli altri. Infatti non bisogna perdere la propria umanità e la propria capacità di scegliere individualmente poiché queste ci definiscono come persone libere e
indipendenti. Ovviamente non bisogna neanche lasciare che il nostro ego prenda il sopravvento su tutto, sia perché le idee e le tendenze del momento possono aiutarci ad integrarci con gli altri, sia perché noi stessi possiamo provare a introdurre nuove idee
nella società. L’uomo è portato naturalmente a seguire l’esempio di un individuo che
prospera meglio di lui ed è proprio imitando, sperimentando e rivisitando che l’uomo è
arrivato dov’è adesso e sicuramente migliorerà ancora, continuando a seguire questo
metodo. L’adattamento quindi è come gran parte degli aspetti della natura umana
un’arma a doppio taglio: bisogna saperla maneggiare, altrimenti si rischia di potercisi
ferire; bisogna sapere quando avanzare e quando fermarsi.
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SUL VIAGGIO
È GIUSTO VIAGGIARE PER CAMBIAR VITA?
(ADELE COLONNA)
Sembra di no
Infatti molte persone non hanno spirito di avventura e non riescono ad adattarsi a
nuove culture e al folclore di un paese.
Ma al contrario
“Il mondo è un libro, e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina”.
Rispondo
Penso che un viaggio possa decisamente cambiarti la vita e che proprio per questo
sia giusto viaggiare. Penso che quelli che non viaggiano, che hanno paura di lasciare la
propria famiglia, la propria città non si rendono conto di ciò che c’è nel resto del mondo, e non viaggiando non ne conosceranno la bellezza e la cultura, vedere luoghi che
prima non conoscevi, o magari ne conoscevi solo il nome, ti fa conoscere le usanze di
quella terra, il sapore dei loro piatti, vedi realmente come sono i luoghi, non dalla televisione o da una foto. viaggiare penso sia una delle cose più belle che possa esistere, un
viaggio è per sempre, un viaggio ti cambia caratterialmente ti segna e ti aiuta a crescere
è un’avventura che in molti dovrebbero fare, ti dà quel senso di libertà.
Sono belli quei viaggi senza destinazione e senza programmi, quei viaggi decisi
all’ultimo minuto quei viaggi dove non ti aspetti niente e solo il destino sa cosa potrà
succederti.
Quando torni dai viaggi non sei come prima, ti porti dentro nuove esperienze,
nuove persone e quei paesaggi che solo viaggi del genere possono regalarti. Viaggiare è
una cosa magnifica e penso che non bisogna legarsi a nessuna terra perché nel momento
in cui dovrai ripartire sarà come lasciare un pezzo di cuore.
Chi non viaggia non vive la vita a pieno; un viaggio serve a te stesso per conoscere
i tuoi limiti, fin dove il tuo spirito di avventura può arrivare, e dove i tuoi sogni si possono realizzare. Per qualcuno il viaggiare è proprio uno stile di vita; viaggiare per posti
lontani. Un viaggio ti apre la mente, ti permette di far entrare dentro di te degli aspetti,
delle idee che fino ad ora non ti avevano lontanamente sfiorato.
È GIUSTO VIAGGIARE PER AMORE?
(FEDERICA NERI)
Sembra di no
Infatti la lontananza può portare a discussioni e a non aver fiducia l’uno dell’altro,
facendo allontanare due persone per sempre.
Ma in contrario
È giusto viaggiare per amore perché ognuno deve essere libero di amare chiunque e
dovunque, anche se questo comporta andare in un altro paese per incontrarlo.
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Rispondo
Viaggiare per amore ha moltissimi lati positivi come: il poter viaggiare per tutto il
mondo avendo la certezza che c’è qualcuno dall’altra parte che ci aspetta a braccia
aperte. Ti porta ad avere maggiore sicurezza in te stesso e nella persona che ami, perché
un rapporto per durare nel tempo deve avere delle basi molto solide, ognuno si deve fidare dell’altro senza mettere in dubbio la loro relazione ed impegnarsi a mantenere la
promessa data.
Devi amare realmente quella persona che abita in un altro paese poiché la distanza
sarà molta, e non ci sarà sempre l’occasione di vedersi ogni volta, quindi bisogna fare
dei sacrifici per mantenere una relazione a distanza. Anche se ci saranno quei momenti
in cui rimpiangerai tutto perché non è vicino casa e non puoi vederlo, o durante una discussione non puoi chiarirci a voce ma soltanto tramite telefono, oppure quando passi
un momento difficile nella tua vita con la scomparsa di qualcuno a te caro e vorresti che
lui stia lì accanto a te piuttosto che sentirlo con un messaggio. Però è così se sei disposto a “sacrificare” la tua vita per un amore che ne vale la pena di viverlo, allora lo fai e
non pensi agli aspetti negativi ma a quelli positivi, pensi a quanto manca per rivederlo e
per trascorrerci del tempo insieme anche affrontando ore e ore di viaggio. Perché
l’amore è questo non ha limiti, arriva quando meno te lo aspetti, può essere bianco, nero
o quello che sia, ma una volta che è arrivato è difficile allontanarsi da esso. Certo ci
vorrà impegno per conciliare gli impegni di entrambi e trovare un po’ di tempo libero
per prendere un aereo e partire, ma con la giusta motivazione e con il giusto entusiasmo
tutto si può fare, niente è impossibile se lo si vuole davvero.
Come diceva Anna Frank, “non c’importa tanto di non arrivare da nessuna parte
quanto di non avere compagnia durante il viaggio”; ed è proprio così non ci importa dove stiamo andando, ma quanto con chi ci stiamo andando. Ognuno di noi nella vita percorrerà il proprio viaggio e non si sa dove esso ci porterà ma l’importante è che ci sia
sempre qualcuno al nostro fianco, per darci la forza e la determinazione di andare avanti
e non mollare mai, cosi anche se bisogna affrontare la distanza con un aereo, treno o
quello che sia, l’importante è arrivare da colui che ci accompagna nel nostro viaggio,
anche se sta a 350.000km da noi. Perché la distanza è solo un numero e noi possiamo
affrontarla con il giusto coraggio e determinazione che ci fa andare avanti senza fermarci ad ogni piccolo ostacolo.
Ovviamente come ogni cosa anche viaggiare per amore ha degli aspetti negativi
come il dover aspettare mesi per rivedere il proprio fidanzato, il fuso orario tra due paesi differenti, oppure la lingua e cultura diversa. Però sono tutte cose futili perché se si è
davvero disposti a coltivare questo amore si supera tutto quanto, dalla cosa più semplice
a quella più difficile.
Viaggiare per amore penso sia una delle cose più belle che ci possano essere al
mondo, perché ci vuole moltissima determinazione e fiducia a mantenere un rapporto a
distanza, ad aspettare per moltissimo tempo senza vedersi, ma solo sentendosi tramite
telefono. Ma credo che tutto sia possibile se lo si vuole davvero basta un minimo di
forza e di amore per riuscirsi, poi chi lo sa ognuno di noi non conosce il proprio destino
quindi non si sa cosa la vita ci può riservare, però una cosa la so ogni cosa essa ci riservi bisogna accoglierla a braccia aperte e con molta positività.
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SULLA MENZOGNA
UNA DOLOROSA VERITÀ È MEGLIO DI UNA PIACEVOLE BUGIA?
(FRANCESCA CEROLI)
Sembra che sia meglio una piacevole bugia
1.
È meglio una piacevole bugia piuttosto che una difficile e dolorosa verità
perché mentre la prima, se fatta a fin di bene, ti farà stare meglio e riuscirà a farti andare
avanti più serenamente, la seconda ti provocherà sofferenza e tristezza.
2.
La piacevole bugia è una menzogna che spesso l’uomo dice per proteggere
in alcuni casi gli altri e in altri se stesso e questo non deve essere giudicato come atto di
mancanza di carattere o egoismo, ma come una scelta di altruismo che comporta, ad
esempio, il difendere l’amico che ha bisogno di aiuto, o se stesso.
3.
Con tutte le sofferenze che ci offre la vita non possiamo stare male anche
per essere venuti a conoscenza di una dolorosa verità.
In contrario
Dice Aristotele: “Per se stessa, poi, la falsità è cattiva e biasimevole, mentre la verità è per se stessa bella e lodevole. Così anche l’uomo sincero è lodevole, mentre gli
uomini falsi sono biasimevoli”. Dunque una verità, anche se dolorosa, è sempre meglio
di una bugia.
Rispondo
Che una dolorosa verità sia meglio di una piacevole bugia si può provare attraverso
queste dimostrazioni.
Sembrerebbe più facile dire una bugia che possa rendere felice una persona e nascondere la verità, ma bisogna guardare l’oggettività della realtà e non pensare a come
l’individuo preso in causa possa reagire perché quest’ultimo potrà sempre superare un
momento di difficoltà dovuto a una triste verità. Pertanto, un’amicizia può essere considerata sincera e reale dal momento che, essendo basata su tali principi, nessuno dei due
abbia niente da nascondere all’altro; prendiamo il caso di due migliori amici, se uno dei
due mente all’altro, anche solo per rendere la sua vita più facile, sarà sempre preso dal
rimpianto di non essere stato leale e vero con lui tanto da non rivelargli la verità. In
amore non possono esistere bugie, altrimenti il partner potrebbe perdere la fiducia
nell’altro o decidere di interrompere la relazione, e anche se si arrabbierà a causa della
scomoda verità, te ne sarà sempre riconoscente perché non gli hai mentito e questo ti farà onore.
La verità, inoltre, dovrebbe sempre essere considerata a fin di bene, bella o brutta
che sia, anche se ti fa scoprire dei lati del tuo carattere che pensavi di non avere o se ti
fa trovare in situazioni spiacevoli, sarà comunque un punto di partenza per migliorare se
stessi in relazione ad altri individui o per essere più forti di prima e superare le difficoltà
che la vita ci riserva. A nessuno piace essere preso in giro attraverso bugie, anche se
fatte a fin di bene, perché quest’ultime si sa, hanno le gambe corte, e non potranno mai
risolvere completamente, ad esempio, discussioni o situazioni poco gradevoli.
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Mentire è la cosa meno giusta da fare, poiché è un atto sleale e infedele. La verità,
al contrario, è alla base di un vivere sereno e tranquillo, caratterizzato dalla mancanza di
non aver paura di rivelarsi per ciò che si è o per ciò che non si ha. La sincerità è il punto
di riferimento che spinge una persona a stringere un legame con un’altra e a scambiare
opinioni senza timore di essere giudicato.
L’uomo, da sempre, cerca costantemente la felicità, sia nel relazionarsi con gli altri
che con se stesso; ma per essere felici e vivere una vita serena è necessaria la sincerità,
bisogna mostrarsi al mondo per come si è realmente ed essere sempre onesti e corretti
verso il prossimo, altrimenti che felicità sarebbe se questa fosse basata sulla menzogna e
sull’ipocrisia?
MENTIRE È UN SEGNO DI DEBOLEZZA?
(AURORA D’ELIA)
Sembra che mentire non sia un segno di debolezza
1.
Infatti, è giusto dire delle bugie consolatorie poiché sono a fin di bene, ad
esempio per confortare una persona cara in qualcosa che ha fatto con molto impegno.
Dirle che ha fatto un lavoro mediocre o sbagliato la ferirebbe. Dunque, mentire non è un
segno di debolezza.
2.
Si può mentire per proteggere un amico, per non metterlo nei guai. Questo
significa avere buon senso. Dunque, mentire non è un segno di debolezza.
3.
Le persone mentono per riuscire nei propri scopi. Raggiungono gli obiettivi
che si erano posti e non importa quale mezzo abbiano utilizzato per farlo. Dunque,
mentire non è un segno di debolezza.
4.
Il mentire è un arte. Chi riesce ad esempio a far credere di possedere un
qualcosa che in realtà non ha, o comunque chi riesce a distorcere la realtà mediante una
menzogna e a far credere che la menzogna sia una realtà è una persona intelligente.
Dunque, mentire non è un segno di debolezza.
In contrario
Come dice Hermann Hesse, “l’uomo si differenzia dal resto della natura soprattutto
per una viscida gelatina di menzogne che lo avvolge e lo protegge”. Ora, si usa la menzogna come una protezione, una corazza in cui si spera che in modo o nell’altro possa
servire a superare divergenze e complicazioni.
Rispondo
Che mentire è un segno di debolezza si può provare attraverso queste dimostrazioni.
Mentire è il segnale di un timore di confrontarsi con ciò che è la realtà e del non
sentirsi “abbastanza” in tutto. Le persone spesso mentono per proiettarsi in un mondo
che desiderano, ma che non possiedono ed arrivano anche ad autoconvincersi di possederlo realmente. Una persona con un carattere forte è sicura di se stessa e non arriverebbe mai a nascondersi dietro ad una bugia poiché non vuole dimostrare agli altri di essere
qualcosa in più di ciò che è realmente. Dunque, le persone che mentono sono deboli.
Le persone che mentono si rifugiano nella menzogna, non riescono ad affrontare la
realtà anche perché le bugie si accumulano fino a diventare più grandi di loro stessi e da
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non riuscirle a domare; non hanno il coraggio di dire la verità, inoltre hanno paura delle
conseguenze che seguono alla scoperta di questa o anche per proteggere altri da queste
conseguenze, ma bisognerebbe capire che nella vita ci si deve prendere delle responsabilità e si deve rispondere delle proprie azioni. Dunque, mentire è un segno di debolezza.
Le persone che mentono sono disposte a perdere la fiducia negli altri pur di guadagnare qualche piccola soddisfazione, non realizzando che quest’ultime sono fondate su
un mare di menzogne; inoltre chi mente è pervaso dal senso di colpa e preferisce questo
al dire le cose come sono oggettivamente senza portarsi sulle spalle il peso di una bugia.
Dunque, mentire è un segno di debolezza.
Le persone che mentono si lasciano influenzare a mentire, una persona forte preferisce essere schietta e sincera nonostante sia magari una persona cara a chiederlo. Dunque, mentire è un segno di debolezza.
Le persone che mentono quando vengono scoperte hanno l’indole di rinchiudersi
sotto il peso delle loro stesse bugie e neanche in quel caso riescono ad affrontare la vita.
Dunque, mentire è un segno di debolezza.
Le persone che mentono sono disposte a perdere la fiducia negli altri pur di guadagnare qualche piccola soddisfazione, non realizzando che quest’ultime sono fondate su
un mare di menzogne. Dunque, mentire è un segno di debolezza.
Le persone che mentono sono deboli; infatti la verità ha sempre la meglio, anche
quando stanno per avvicinarsi al loro traguardo vengono travolte… come è giusto che
sia!
D’altra parte, occorre riconoscere anche che non sempre le persone che mentono
sono deboli poiché esistono vari tipi di menzogne e varie motivazioni che spingono a
mentire. Esistono le bugie dovute al carattere di una persona e in quel caso sono fondate
sulla debolezza di un individuo.
Ad esempio le bugie di timidezza: alla radice di questo tipo di bugia c’è una concezione negativa di se stessi, per cui i timidi affrontano la vita sentendosi sempre inferiori
agli altri e questo modo di pensare condiziona le loro relazioni. Mentono per apparire
migliori agli occhi degli altri, per nascondersi o per evitare situazioni in cui si sentirebbero a disagio.
Inoltre le bugie di discolpa: derivano dalla necessità di discolparsi da accuse più o
meno fondate e sono basate su una debolezza poiché una persona forte saprebbe difendersi con coraggio e determinazione senza ricorrere a secondi mezzi.
E poi esistono le bugie dovute al buon senso che non sono affatto fondate sulla debolezza di un individuo. Ad esempio le bugie per difendere la privacy: nasce soprattutto
negli adolescenti questo bisogno di crearsi uno spazio proprio e decidere se raccontare o
meno le proprie esperienze e emozioni. Inoltre le bugie per proteggere se stessi o gli altri: nella vita di tutti i giorni accadono svariate situazione che portano una persona a
mentire per questo motivo, si mente per coprire un’amico, per non mettersi nei guai o
anche perché un regalo ricevuto non ci piace, ma non vogliamo ferire chi ce l’ha regalato. Quindi, come non bisogna giudicare mai un libro dalla copertina, esistono vari tipi
di menzogne e non è giusto dire che ogni individuo che mente è debole.
E così si risponde anche alle obiezioni, in parte accogliendole.
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TACERE UNA VERITÀ EQUIVALE A DIRE UNA BUGIA?
(LORENZO BENEDETTI)
Sembra di sì
Infatti non dire la verità ha lo stesso effetto di dire una bugia. La reticenza può essere considerata una bugia anche perché la differenza tra esse è veramente sottile; infatti
a volte per non rivelare qualcosa ci si arrampica sugli specchi e si cambia discorso dicendo tutt’altra cosa, usando lo stesso procedimento della bugia.
Ma al contrario
L’omissione e la bugia sono due cose differenti, infatti la bugia è nascondere qualcosa di cui è stata fatta specifica richiesta, mentre l’omissione è nascondere qualcosa di
cui non è stata fatta esplicita richiesta. Se io ometto qualcosa non significa che stia
mentendo, semplicemente non mi sto tirando in causa.
Rispondo
Penso che tra omissione e bugia la differenza sia veramente poca, infatti entrambe
sono delle forme di viltà e poco carattere.
L’omissione può essere ad alcuni aspetti caratteriali di persone poco loquaci ed ermetiche che preferiscono a volte il silenzio piuttosto che entrare in discussioni di poco
peso o persino banali. Chi mente usando una bugia, invece, spesso lo fa per interesse
personale poiché, se si tiene veramente ad una persona, la verità è l’unica strada giusta
da seguire; inoltre non penso che esistano bugie a fin di bene, infatti mentendo teniamo
qualcosa di nascosto che sarebbe invece giusto svelare.
Inoltre a volte l’omissione può essere involontaria non ricordandosi un particolare
o un fatto accaduto, mentre la bugia è esplicitamente una menzogna detta per interessi
personali o per nascondere qualcosa che non si vuole dire, causandoci situazioni poco
“comode”.
Se si analizzano le bugie, si rileva come possano generalmente avere due fini: il
mantenimento dell’integrità della propria immagine verso sé e verso gli altri o
l’accrescimento d’importanza della propria immagine.
Invece l’omissione non viene usata per trarne vanto o accrescimento della proprio
immagine, anzi, con questa si mettono a tacere fatti o dettagli ai quali non si da importanza o che semplicemente non si vogliono tirare in causa durante un dibattito o un discorso.
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SULL’ARTE
L’ARTE PORTA AL PIACERE?
(ILARIA PERNA)
Sembra di sì
L’obiettivo primario di chiunque è raggiungere la felicità. Coltivando la propria
passione si è felici, quindi l’arte è felicità e la felicità è piacere. Essere artista significa
vivere una passione, quel fuoco interiore che ti permette di vivere e non semplicemente
di sopravvivere. Il sogno di chiunque è vivere la propria vita nel più piacevole dei modi,
e l’unica strada per raggiungere questo scopo è vivere della propria passione.
Se coltivare il proprio talento porta a star bene, allora l’arte porta al piacere. Il benessere che ne consegue è sia psicologico che fisico, poiché la soddisfazione che si ottiene si riflette sia nell’anima che nel corpo. Pur sapendo che non è facile raggiungere il
piacere, vivere felici coltivando la propria passione, porta sicuramente al piacere.
Ma in contrario
L’artista vive in un proprio mondo fatto di irrazionalità, di quell’astrazione capace
di mandarlo in una dimensione surreale in grado di distaccarlo sempre più dalla realtà
come se lo risucchiasse in un vortice che lo estrania da tutto ciò che è materiale. Questo
distacco dalla realtà porta ad un malessere in quanto non è buono vivere in un proprio
mondo illusorio e distorto.
Inoltre, non fa bene vivere artisticamente. Lo sforzo che implica tale stile di vita è
eccessivo ed insano perché vivere con i piedi ben saldi a terra è di certo meglio che perdersi in un’illusione. Illusione che porta necessariamente ed inevitabilmente al malessere.
Rispondo
Io credo che l’arte porti al piacere, ma che il percorso per ottenerlo non sia in ogni
caso soddisfacente, in quanto a volte ci si abbatte a causa degli ostacoli che si possono
incontrare. Ciò non toglie che vivere d’arte sia fondamentale in quanto avere una passione distingue e rende speciali.
Distinguersi ed essere speciali sono due accezioni essenziali per il conseguimento
del piacere personale.
Avere una passione vuol dire essere pienamente felice, fare quello che si sente di
voler fare, di ricoprire quindi il giusto ruolo nella propria vita, è l’unica via per raggiungere il piacere.
PRATICARE L’ARTE ELEVA L’ANIMO?
(CECILIA SARACINO)
Sembra di no
Infatti, praticare l’arte porta all’acquisizione dei beni materiali. I beni materiali non
elevano l’animo. Quindi, praticare l’arte non eleva l’animo.
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Inoltre, per elevare l’animo bisogna avere una giusta moralità. L’ambizione a cui
porta praticare l’arte induce l’artista ad essere egoista. Un egoista non ha moralità.
Quindi, l’arte non eleva l’animo.
Ma in contrario
Come dice Flaubert, “Se c’è sulla terra e fra tutte le cose qualcosa da adorare, se
esiste qualcosa di santo, di puro, di sublime, qualcosa che assecondi questo smisurato
desiderio dell’infinito e del vago che chiamano anima, questa è l’arte”.
Ma tutto ciò che è sublime, santo e infinito eleva l’animo. L’arte è divina, sublime
e infinita. Quindi, praticare l’arte nobilita l’animo.
Rispondo
Rispondo che praticare l’arte significa, per l’artista, distaccarsi da tutto ciò che è
materiale e terreno, elevandosi. Con il termine “elevarsi” intendiamo un’accezione positiva del “distinguersi”, facendo della passione, il proprio strumento di vita. L’arte è
per definizione qualcosa di santo, puro e sublime; chi ne fa uso innalza il proprio animo.
Se ipotizzassimo che l’arte non elevi l’animo andremmo incontro a un enorme controsenso poiché ciò che è elevato, non può che elevare. L’artista, che prende il suo significato dalla parola derivante dal latino medievale del XIV secolo, è il “maestro d’arte”.
Infatti rappresenta colui che insegna ad applicarla e apprezzarla. Come potrebbe quindi
un maestro esporre qualcosa che non elevi l’animo dell’alunno? Come potrebbe non
istruire al meglio? Ecco che si ha la dimostrazione dell’importanza della grandezza
dell’arte.
Secondo Aristotele l’arte è creativa quanto la Natura; nel libro dell’Etica spiega
che ci porta in una dimensione diversa, una dimensione del possibile o del verosimile.
In tale aspetto l’artista descrive fatti non accaduti, ma che potrebbero verificarsi. Ci si
chiede a questo punto se sia possibile che l’arte, intesa in questo senso, possa portare
all’acquisizione di beni effimeri quali soldi e notorietà. In realtà, il vero artista non si
applica per essere ripagato di qualcosa, ma per essere appagato da qualcosa: l’arte.
Quindi, chi vive di arte non può che elevarsi.
L’arte, in quanto santa, pura e sublime, arricchisce con emozioni colui che se ne
appropria e riempie i vuoti di colui che ne ammira la bellezza. Le emozioni sono un distacco da tutto ciò che è razionale: portano in un mondo parallelo e non percepibile ai
sensi. Quindi, nel bene o nel male, distacca dalla realtà terrena, portando a migliorare.
L’arte è solo il mezzo per innalzarsi; è nostro compito scovare ciò che abbiamo di diverso dagli altri, non per un obbligo personale, ma per un aiuto, un’esigenza primaria
che ognuno di noi inconsciamente ha. Una volta riconosciuta questa personale particolarità bisogna coltivarla con buon senso e determinazione, caratteristiche che implicano
ambizione. Ciò non deve però portare ad un egoismo e ad una cattiva moralità. Ma è il
desiderio di vivere nell’arte l’obiettivo dell’artista, o è l’arte che lo fa esistere nel desiderio? Bramosi di risposta, consideriamo il solo traguardo dell’artista amare incondizionatamente. Amare l’amore, amaro, dell’arte.
Rispondo alle obiezioni
Alle obiezioni rispondo che “chi lavora con le sue mani è un lavoratore, chi lavora
con le sue mani e con la testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e con la testa e
con il cuore è un artista”
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Chi lavora con il cuore non pensa al mondo materiale. L’arte non mira ai beni effimeri. Quindi, l’arte non porta all’acquisizione dei beni materiali.
Chi lavora con il cuore non pensa solo a se stesso. L’arte si pratica unicamente con
il cuore. Quindi, praticare l’arte non porta ad essere egoisti.
SI PUÒ ANCORA VIVERE D’ARTE?
(ALESSIA DI ROSA)
Sembra di no
Infatti, l’arte non è un mestiere sicuro e redditizio. Non essendo sicuro e redditizio
non comporta denaro. Quindi non si può vivere di arte.
Inoltre, si sono allargate le possibilità di apprendimento dei mestieri in tutti gli ambiti, come medici e cantanti. Essendosi allargate le possibilità di apprendimento non si
trova lavoro. Quindi non si può vivere di arte.
Infine, un artista per realizzarsi pienamente si sforza a tal punto da volere sempre
di più. Volendo sempre di più arriva alla frustrazione. Quindi non si può vivere di arte.
Ma in contrario
“Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e con la testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista”.
Dunque un artista mette tutta la sua buona volontà in quello che conduce e realizza e
questo è dovuto del tutto dalla sua passione, anche se ne potrebbe rimanere deluso dai
risultati, ma sicuramente avere due mani, un’intelligenza ed un cuore porta l’artista a
soddisfare il proprio obiettivo.
Rispondo
Rispondo dicendo che sicuramente non è facile vivere di arte, ma ritengo che sia
una strada non impossibile da intraprendere. Secondo me infatti si può vivere di arte,
poiché con arte noi intendiamo quella forma di comunicazione, oltre che un atto creativo, libero e liberante, che ci consente di esprimere noi stessi e in cui l’artista mette tutta
la sua anima per raggiungere uno scopo importante nella sua vita ed anche un certo
guadagno.
Ad esempio lo scrittore, il musicista, il pittore sono mestieri ambitissimi eppure un
artista a differenza di un impiegato la maggior parte delle volte è molto più avvantaggiato poichè può avere un maggior rendito lavorativo, specialmente con la propria bravura può raggiungere una fama notevole in modo da sentirsi realizzato nella propria riflessione. L’importante è sapere che volere è potere. Bisogna lottare senza abbatterci
alla prima difficoltà che incontriamo durante il cammino perché la strada della vita è
lunga e ci riserva sorprese inaspettate e bisogna credere in quello che ci appassiona di
più. Fortunatamente nella nostra società moderna sempre più mestieri comportano attività inerenti all’arte e questo permette anche agli artisti di vivere della propria arte.
La determinazione, in questo campo è necessaria, poiché un artista avendo un determinato obiettivo sia lavorativo, ma anche per quanto riguarda la sua reputazione,
mette tutto il suo impegno per arrivare a fare sia un buon lavoro, che verrà poi ripagato,
sia per ottenere la notorietà.
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Al giorno d’oggi infatti tramite la televisione si sente parlare sempre di più di artisti che fanno successo con i propri libri, canzoni, oppure ancora meglio con le proprie
mani per quanto riguarda un pittore. Anche l’attore si può considerare un artista, l’unica
differenza è che non “lavora” con le proprie mani, ma con il proprio talento per raggiungere una notevole popolarità: ci vuole istinto e spontaneità.
L’arte non comporta solo fama e denaro, l’arte è qualcosa che va oltre ogni limite.
Un artista può benissimo guadagnare poco o anche nulla, ma questo non vuol dire che
sia del tutto negativo nella vita. La cosa che senza ombra di dubbio ci guadagna ogni
essere umano è la felicità, infatti quello che più si guadagna è la serenità, essere felici di
quello che si pratica; come diceva anche Sant’Agostino, “l’uomo vuole essere felice anche quando vive in modo da rendersi impossibile la felicità”.
Perché un’affermazione del genere? Sono perfettamente d’accordo con questa citazione: l’uomo se non riesce nel suo intento non guadagnerà nulla, ma di una cosa sarà
convinto, ovvero quella di aver vissuto in maniera felice e serena perché è questo il vero
scopo della vita.
Soluzione alle tre obiezioni
Alla prima obiezione dico che si può vivere di arte poiché con la passione e la propria determinazione noi possiamo arrivare a soddisfare i nostri bisogni portando anche
un certo guadagno per vivere, quindi si può vivere di arte.
Alla seconda obiezione dico che sono molte le persone che possono fare gli artisti,
ma come anche altri ambiti lavorativi. C’è da dire che in uno dei due casi è più facile
realizzare il proprio scopo, poiché il medico è un lavoro molto richiesto e quindi difficile da trovare, l’artista non è da meno, ma si può facilmente fare successo con il proprio talento. Quindi si può vivere di arte.
Alla terza obiezione rispondo che l’artista, capace di utilizzare la propria ragione,
pur fallendo nella propria passione, riesce a rialzarsi e pensare razionalmente al motivo
per cui ha iniziato il suo viaggio, quindi si può vivere di arte.
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INDICE
SAGGI DELLA III LA
ANTILOGIE ________________________________________________________________________ 1
ELOGIO E CRITICA DI PERSONAGGI FITTIZI
NED FLANDERS (Marta Salis) _______________________________________________________________ 3
IRON MAN (Stefano Vacca) __________________________________________________________________ 5
HARRY POTTER (Arianna Anedda) ___________________________________________________________ 6
DOTTOR HOUSE (Ludovica Gemma) __________________________________________________________ 6
PARSIFAL (Emanuele Petrolini) _______________________________________________________________ 7
JERRY (Aurora Simonetti)____________________________________________________________________ 7
GUMBALL (Susanna Yossef) _________________________________________________________________ 8
JOKER (Elisa Rifici) ________________________________________________________________________ 8
ELOGIO E CRITICA DI OGGETTI O ATTIVITÀ DELLA VITA QUOTIDIANA
LO SPORT (Davide Armini) _________________________________________________________________ 10
IL PUGILATO (Irene Bottino)________________________________________________________________ 11
IL CALCIO (Filippo Melia) __________________________________________________________________ 11
IL KARATE (Riccardo Cordone) _____________________________________________________________ 12
LA CHITARRA (Federico Madeddu) __________________________________________________________ 13
IL PETROLIO (Chiara Ferdinandi) ____________________________________________________________ 13
GLI ANTIBIOTICI (John Marco Hiponia) ______________________________________________________ 14
GLI AUTOBUS (Martina Esposito)____________________________________________________________ 14
L’AUTOMOBILE (Aurora Quaglia) ___________________________________________________________ 15
L’AUTO ELETTRICA (Niccolò Figlia) ________________________________________________________ 16
I TATUAGGI (Desiré Monopoli) _____________________________________________________________ 16
LA TELEVISIONE (Federica Papiri) __________________________________________________________ 17
IL COMPUTER (Riccardo Rocchi) ____________________________________________________________ 18
IL TELEFONINO (Aurora Pieri) ______________________________________________________________ 18
IL CELLULARE (Alessandra Pranzo)__________________________________________________________ 19
GLI SMS (Dalila Napoleoni) _________________________________________________________________ 20
DIALOGHI ________________________________________________________________________ 21
LA MUSICA (Filippo Melia, Aurora Pieri, Riccardo Rocchi) _______________________________________ 23
LA COSCIENZA (Aurora Simonetti e Susanna Yossef)____________________________________________ 26
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SAGGI DELLA IV E
RILETTURE _______________________________________________________________________ 27
POLVERE RITORNEREMO (Alessia Di Rosa) __________________________________________________ 29
NESSUNA DIFFERENZA TRA IL NON NASCERE E IL MORIRE (Ilaria Perna)______________________ 32
LA MORTE NON PORTA VIA TUTTO CON SÉ (Lorenzo Benedetti) _______________________________ 34
UN ANTICO PESSIMISTA (Gianluca Cossu)____________________________________________________ 34
LA VITA È UNA SOLA: PERCHÉ SPRECARLA? (Federica Neri) __________________________________ 36
L’ILLUSIONE DI STAR BENE E LA CONQUISTA DELLA SERENITÀ (Francesca Ceroli)_____________ 38
IRA: MEDITARE PRIMA DELL’USO (Cecilia Saracino) _________________________________________ 39
MEGLIO SOLI CHE MALE INDIRIZZATI! (Ilaria Pittella) ________________________________________ 41
L’AMICIZIA GENERA BENESSERE (Adele Colonna)____________________________________________ 42
CHI TROVA UN AMICO TROVA UN TESORO? (Dalila Conoci)___________________________________ 44
CONTINUA ERA L’ANGOSCIA E INENARRABILE LA RICERCA DI DIO (Aurora D’Elia) ____________ 46
QUESTIONI DISPUTATE ____________________________________________________________ 48
SULLE SCELTE DI VITA
È POSSIBILE FARE SCELTE CHE DETERMININO TUTTA LA VITA? (Ilaria Pittella) ________________ 51
È POSSIBILE FARE SCELTE DI VITA FIN DA GIOVANI? (Dalila Conoci) __________________________ 52
LE SCELTE DI VITA SONO DAVVERO PERSONALI? (Federica Togni) ____________________________ 53
DOBBIAMO COMUNQUE ADATTARCI AI TEMPI? (Gianluca Cossu) _____________________________ 56
SUL VIAGGIO
È GIUSTO VIAGGIARE PER CAMBIAR VITA? (Adele Colonna) __________________________________ 58
È GIUSTO VIAGGIARE PER AMORE? (Federica Neri) ___________________________________________ 58
SULLA MENZOGNA
UNA DOLOROSA VERITÀ È MEGLIO DI UNA PIACEVOLE BUGIA? (Francesca Ceroli) _____________ 60
MENTIRE È UN SEGNO DI DEBOLEZZA? (Aurora D’Elia)_______________________________________ 61
TACERE UNA VERITÀ EQUIVALE A DIRE UNA BUGIA? (Lorenzo Benedetti) _____________________ 63
SULL’ARTE
L’ARTE PORTA AL PIACERE? (Ilaria Perna) ___________________________________________________ 64
PRATICARE L’ARTE ELEVA L’ANIMO? (Cecilia Saracino) ______________________________________ 64
SI PUÒ ANCORA VIVERE D’ARTE? (Alessia Di Rosa) __________________________________________ 66
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