Le tradizioni legate al calendario - Progetto integrato cultura del

Transcript

Le tradizioni legate al calendario - Progetto integrato cultura del
Fig. 1 - Il cariolon ricostruito. Sostituisce le campane “morte” il venerdì santo, col suono lugubre che evoca il vociare dei persecutori.
Le fasi dell’anno sono scandite dal “calendario”,
o meglio “lunario” (lunari), per giusto rilievo alle
fasi della luna che regolano i tempi delle semine,
favoriscono le nascite, cadenzano le attenzioni
da riservare al vino che matura sensibile al girarsi e voltarsi di quella dolce gobba, lassù. Sul
lunario si annotano gli appuntamenti con la vita
che si rinnova: le nidiate delle chiocce, la solerte
dedizione negli orti, i tempi del riporre, del conservare, dello stagionare.
Capodanno (Prin dal an), nei passi sguscianti dei
bambini rivolti alle case dei padrini (santui), attenti a non farsi anticipare nell’augurio tradizionale del buon anno (il bon principi) a garanzia dei
doni: noci, mele, mandarini, fichi secchi e persino
qualche moneta da riporre, preziosa emozione,
nel borsello.
Epifania (Pifanie), nell’accendersi dei fuochi (pignarûl, pan e vin) che illuminano e riscaldano la
notte, dai covoni e fastelli di canne di granturco
raccolti per le case e gioiosamente accumulati ai
margini del paese. Tutt’attorno, il vociare impaziente dei bambini e le meditazioni degli adulti
intenti alla direzione del pennacchio fumante,
presagio dell’annata che inizia. Annuncio favorevole, col fumo a oriente. Segno di ulteriore miseria ed emigrazione, col fumo ad occidente (se il
fum al va a soreli jevât, cjape il sac e va al mar-
cjât; se il fum al va a soreli a mont, cjape il sac
e va pal mont). Stormi di bambini in maschera,
a Carnevale, ma soprattutto il carro dei coscritti,
da cui esce e si diffonde per magia il suono allegro di una fisarmonica. Il gioioso schiamazzo dei
vent’anni impazza dietro al verde carro di frasche
che un asinello paziente tira passo passo per la
strada. Solo un donnone pettoruto con i baffi e le
gambe pelose va ad affacciarsi di porta in porta
con la sporta di cartocci per la questua delle uova
a sostegno della gran festa e del ballo. Scuote la
testa, perplesso, il prete del paese, ma è Carnevale e si contano ormai i giorni per la Quaresima,
quando la gente e anche i coscritti torneranno in
chiesa e nel timor di Dio a prendere le Ceneri (la
Cinise). È il tempo, ora, del mangiar magro, dell’aringa (renghe), piatto dei poveri, dell’astinenza
e del digiuno che poi risulta una condizione abituale e non soltanto quaresimale sulla mensa dei
più, in tempi di miseria. Festa di San Biagio il tre
febbraio: ricorre la benedizione del collo.
È primavera (Vierte). Le galline sono pronte a intensificare la produzione di uova, utili a ripagare
tanti preziosi servizi del sociale. Gira il postino
per le uova (a cjapâ sù i ûfs), dopo che di giorno
in giorno ha recato con le lettere la voce degli
emigranti. Gira il parroco (siôr santul) a benedire le abitazioni, e lo accompagna il sacrestano
con la sporta per le uova. Girano i cantori della
cantoria parrocchiale, ripagati anche loro con le
uova per l’impegno a cantar messa.
Non solo preghiera e mestizia nei giorni della
Settimana Santa. Per i bambini è il momento del
rumoroso gracchiare delle raganelle (scraçule),
realizzate con perizia d’ingranaggi e coi legni
giusti per la voce più canterina e fragorosa di
tutto il vicinato, da scatenare in chiesa irrefrenabili, e con cui seguire per il paese a frotte chi
va con la carriola-raganella (cariolon) a suonare
il mezzogiorno, ora che non suonano le campane
(a murin lis cjampanis) dalla sera del giovedì al
Gloria del sabato santo. Il cariolon accompagna
anche la processione misteriosa del venerdì santo, nel buio delle strade dove procedono tremule
le fiammelle delle candele e si accende improvviso qua e là il fuoco di una croce fatta coi tutoli del mais (corondul, curubul, çuncul). È anche
la settimana delle grandi pulizie e soprattutto il
momento di lucidare le secchie di rame di ogni
casa (freâ i cjaldîrs) esposti poi ad asciugare lungo la via. Per Pasqua, tutti preparano in anticipo
le focacce (fuiace di Pasche), portate al forno del
paese per la cottura. Per i bambini ci sono le uova
di Pasqua, di vera gallina del pollaio, colorate e
poi contese sulla piazza, mirandovi una moneta
(palanche) fra gli inevitabili imbrogli e le piccole
prepotenze dei più grandi.
Nello scorrere della primavera, si moltiplicano le
tradizioni popolari e religiose. I mais nella prima
Scheda n° 5. 1. 25
Progetto Integrato Cultura del Medio Friuli
Tradizioni
a cura di Ivano Urli
Le tradizioni legate al calendario
Le tradizioni legate al calendario
Tradizioni
Le tradizioni legate al calendario
Fig. 2 - Il Carnevale impegna i coscritti a preparare il carro, bardato di frasche, dove prendono posto i mascherati e il suonatore di fisarmonica.
domenica di maggio, quando i giovani scalano i
muri delle case ad appendere sotto i balconi delle ragazze fiori e frasche a titolo di vario apprezzamento, dal ciliegio o l’acacia in fiore, segno di
grazia e bellezza fino alle ortiche, la gramigna,
il maleodorante sambuco metafora di qualità
meno pregiate (saûl, nissun la ûl). Le processioni
per i viottoli di campagna, lungo i confini (rogazions), nella settimana dell’Ascensione (Sense)
e il giorno di San Marco, a impetrare la pioggia
sulle coltivazioni, trattenere la grandine, allontanare il flagello della guerra (“A fulgure et tempestate, a peste fame et bello”, prega e benedice
il prete), mentre i bambini intrecciano crocette
con le erbe. Procedendo l’annata, si succedono le
processioni del Corpus Domini sul tappeto di petali di rosa lungo le strade, la sequela di mucche,
asini e capre sulle vie, coi chierichetti e il prete
benedicente nel giorno di Sant’Antonio, l’Assunzione (Madone d’Avost) a metà agosto, con le
prime piogge dopo la siccità estiva e già qualche
sentore autunnale (la Madone d’Avost e rinfrescje il bosc), fino alla notte misteriosa dei Santi,
fra i rintocchi dolenti e prolungati della campana nel buio e i cjaldîrs colmi d’acqua a dissetare
le anime del Purgatorio che tornano a visitare
la casa. Santa Lucia fa allineare gli zoccoletti
sulle finestre, ad attendere poveri doni: qualche
mandarino, poco al tro. Ed è subito Natale, notte gioiosa, con i Mattutini (Madins) e i bambini
che si affrettano a coricarsi sognando i modesti
doni di Gjesù Bambin. Presto è ancora una volta
Capodanno.
Bibliografia
• V. Ostermann, La vita in Friuli; usi, costumi, credenze
popolari, (II ed.) Udine, Del Bianco, 1940
• A. De Luisa, Rogazions, Ce fastu?, 19., 1943
• P. Gaspari, Storia popolare della società contadina in
Friuli, Monza, Piffarerio, 1976
• A. Nicoloso Ciceri, Tradizioni popolari in Friuli, (terza ed.)
Udine, Chiandetti, 1992
• E. Dentesano e R. Tirelli, Economia e società nella bassa e
media pianura friulana, Castions di Strada, Cassa Rurale ed
Artigiana della Bassa Friulana, 1987
• Martinis M., Friûl mês par mês. Sants, fiestis e
tradizions dal lunari, Udine, Ribis
Per ricercare e approfondire
• È scientificamente provato l’influsso lunare sulla
vegetazione, sul vino e su altri aspetti? Breve ricerca.
• Il brano richiama varie tradizioni del passato: quali, fra
queste, sopravvivono nel tuo paese?
• C’è qualche altra tradizione del tuo paese che nel brano
non viene citata?
• Breve ricerca sul legame tra i fuochi dell’Epifania e
l’antico popolo dei Celti in Friuli.
• Scegli una delle tradizioni ricordate nel brano per una
ricerca su come veniva praticata nel tuo paese.
Scheda n° 5. 1. 25
Progetto Integrato Cultura del Medio Friuli