brescia romana - Istituto Bonsignori

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brescia romana - Istituto Bonsignori
BRESCIA ROMANA
Lo schema urbanistico adottato dai Romani nella costruzione della città è caratterizzato
dall'incontro ortogonale delle strade, cardi (da nord a sud) e decumani (da est ad ovest), che
suddividono la città in isolati quadrangolari. Su questa struttura, ricavata dal "templum"
etrusco e utilizzata costantemente nella costruzione dei castra romani, si basano tre tipi di
impianti urbanistici: secondo un primo schema la città è definita da una cinta muraria
irregolare ed è suddivisa in isolati di forma rettangolare, priva di un centro cittadino ben
definito.
In un secondo sistema, quello più frequente, la città è circondata da una cerchia di mura che
segue un percorso generalmente rettangolare ed è suddivisa in isolati di forma quadrata
delimitati da strade parallele a cardo e decumano massimi, ovvero le vie principali, che si
incontrano nel centro della città dove sorge il foro, fulcro della città romana.
Un terzo tipo di impianto urbano segue uno schema in cui l'incrocio di cardo e decumano
non è posto al centro ma spostato verso uno dei lati, come accadeva negli accampamenti
militari; anche in questo modello il foro è il fulcro della città.
Il foro in principio aveva funzione soprattutto commerciale, poi venne adibito ad ospitare gli
edifici pubblici principali. Era di forma rettangolare, spesso circondato da portici. Al suo
interno l'edificio più importante era la basilica che aveva molteplici funzioni; innanzitutto
fungeva da tribunale, ma era spesso usata anche come luogo di riunioni, accogliendo pure i
mercanti per le loro contrattazioni. Questo edificio aveva pianta rettangolare e poteva essere
chiuso o aperto sui lati esterni; possedeva file di colonne che lo dividevano in navate. Altro
edificio fondamentale nella città romana era il capitolium, tempio dedicato alla Triade
capitolina (Giove, Giunone e Minerva), che voleva essere un'imitazione del Campidoglio.
Anch'esso era situato nel foro, accompagnato generalmente da altri edifici religiosi; veniva
considerato il simbolo del potere religioso e politico dell'impero.
Molta rilevanza nella società romana aveva il teatro, nonostante il suo avvento, in età
repubblicana, fosse stato accolto con diffidenza dai romani, poiché gli attori erano sempre
liberti o schiavi. Il teatro era formato da cavea ed orchestra che avevano forma
semicircolare; quest'ultima col passare del tempo venne adibita ad ospitare i seggi
senatoriali. Dietro al palco (pulpitum) vi era il frons scenae, che presentava una ricca
decorazione costituita da colonne e statue.
Molto frequente nella città romana era anche la presenza dell'anfiteatro, che veniva
utilizzato per spettacoli di lotte fra gladiatori, cacce di animali e battaglie navali. Questi
erano gli spettacoli preferiti dal popolo romano, che vi partecipava in massa. L'anfiteatro era
di forma ellittica; la parte più bassa dell'edificio, cioè quella in cui gareggiavano i gladiatori,
era detta arena; attorno ad essa vi era la cavea, composta da gradinate che salivano
progressivamente. La costruzione esterna era costituita da una parete composta da archi
disposti generalmente su due ordini ed intervallati da colonne ornamentali.
Anche il circo aveva una funzione simile a quella dell'anfiteatro; in esso si svolgevano le
corse dei cavalli e dei carri. Anche questo edificio era di forma ellittica molto allungata.
L'arena era percorsa da un basamento ornato da statue, detto spina ed era circondata dalla
cavea; su uno dei suoi lati corti vi erano i carceres dove venivano tenuti i cavalli.
Questa panoramica sull'urbanistica romana si conclude con le terme, i bagni pubblici
romani, che divennero una vera e propria necessità con l'aumento della popolazione in età
imperiale. Le terme erano composte di tre ambienti principali, frigidarium, tepidarium e
calidarium, che assumevano i propri nomi in base alla temperatura dell'acqua delle vasche.
Il frigidarium era posto davanti all'ingresso e comprendeva una grande piscina all'aperto con
acqua fredda; il tepidarium, un vasto salone di forma rettangolare, era composto da due
vasche calde che, come il calidarium, erano riscaldate a ipocausto, cioè da aria calda che
passava sotto il pavimento. Ultimo ambiente era il calidarium, di forma circolare con una
grande vasca al centro.
Da: http://www.irreer.it/arte/rav1/citrom.html
I Galli Cenomani
Attraverso le Alpi, tra il VI e il IV sec. a. C., scesero i Galli (o Celti) che invasero ad ondate
progressive la Pianura Padana abitata, a quel tempo, da un antico popolo: i Liguri.
Furono i Galli Cenomani con a capo Elitovio che si insediarono per primi sul nostro
territorio e a cui dobbiamo con tutta probabilità l'origine del nome di Brescia. Fu il colle
Cidneo (termine sua volta derivante da Cidno, Re dei Liguri), ad ispirare il nome ch'essi
diedero alla nostra città. Bric o briga (radici celtiche che significano monte, altura o
fortezza), sono infatti la base semantica su cui si costruì con ogni probabilità il nome
Brixia, antenato già latino di Brescia. Non è inoltre improbabile che questo stesso etimo ci
accomuni
alla
vicina
Bergamo.
Il colle Cidneo deve avere investito fortemente l'immaginario, e davvero deve essere stato
per loro meglio di un'arroccata fortezza: facile a difendere, raccolto, aveva inoltre la
possibilità di spaziare con lo sguardo l'orizzonte più lontano, punto ideale per il primo
insediamento. Abbiamo prove, infatti, che da qui scesero, per estendere poi l'abitato in una
vera e propria città, centro che gli storici latini racconteranno esser così esteso da potersi a
pieno titolo considerare la loro capitale. Gli anni purtroppo non avranno pietà del legno e
del fango, i poveri materiali utilizzati per edificarla e cintarla e poche, dunque, saranno le
testimonianze
materiali
della
loro
lunga
e
importante
presenza.
I Cenomani furono i soli Galli ad essere alleati della Repubblica Romana. Questo popolo,
le cui radici indoeuropee si perdono nella stessa genealogia dello sviluppo occidentale,
puntò orgogliosamente sul futuro, scommise su quei pastori volitivi e pratici che avevano
fondato un impero sulle rive boscose del Tevere. Nella guerra che fù portata alle
popolazioni stanziate nel nord Italia in occasione dell'anno 225 a.C., contro una lega di tutte
le tribù galliche riunite, e ancora, durante la I guerra punica e nonostante la ribellione che
coincise con la II, sempre i Cenomani si schierarono in favore di Roma. Unici vincitori fra
tutte le tribù galliche, nella pace armata che seguì quell'ultimo conflitto (199 - 194 a.C.),
l'alleanza con la Repubblica valse loro una autonomia amministrativa e il diritto a
mantenere un proprio esercito. Presto, come si era soliti, ai centurioni e ai coloni seguirono
mercanti e nobili, attirati dalla fecondità degli scambi e dalle prospettive di guadagno i
primi e dalle bellezze ambientali, dalla pace e dalle promesse di sviluppo i secondi, tutti si
inserirono comunque con facilità nel tessuto cittadino, costituendo di fatto una nuova era per
Brixia.
L'epoca romana
A Brescia venne concesso il diritto latino nel 89 a.C., ed in seguito (nell'anno 49 a.C.),
durante il consolato di Giulio Cesare, la cittadinanza romana. L'urbe guadagnò così un
ordinamento municipale autonomo (era governata dai quattuorviri), con un proprio Senato
e propri magistrati; la distinzione tra i cittadini veniva dettata dal censo o dai meriti di
guerra.
L'imperatore Ottaviano Augusto nel 26 a.C. elevò Brescia a colonia civica augusta e la
attribuì alla tribù Fabia. Sempre Ottaviano diede il via alla costruzione dell'acquedotto,
lungo circa 25 Km, che dall'odierna Lumezzane si sarebbe esteso fino al Cidneo, e che
avrebbe visto il termine solo sotto l'impero del figlio Tiberio. Ma sarà nel 73 d.C. che
Flavio Vespasiano ordina la costruzione della struttura forse più nota e vicina al cuore dei
bresciani: il Capitolium (cioè il tempio Capitolino o di Vespasiano a lui stesso, appunto,
dedicato) che oggi ospita il Museo Romano. Piazza del Foro, che si discosta solo per le
ridotte dimensioni rispetto al foro originale, e che dobbiamo immaginare gremita ogni
giorno non solo per i suoi mercati, ma anche per le feste e le occasioni mondane, dovette
rivestire una non indifferente rilevanza politica, oltre che essere luogo di celebrazione del
gusto più ricco e raffinato. E come oggi anche allora, la sera, i giovani passeggiavano fra i
suoi
lunghi
colonnati
discorrendo
delle
novità
della
vita
cittadina.
Per quanto riguarda, invece, le popolazioni delle nostre valli (Camonica, Trompia, e
Sabbia), qui abitavano i coriacei e saldi "Reti" (che devono probabilmente il nome alle Alpi
Retiche) e che solo nel 15 a.C. Roma riuscì a piegare assoggettandole in via definitiva
all'Impero.
La Brixia romana raggiunge, intorno al 96 d.C., la massima espansione urbanistica (29
ettari) e demografica (circa 9.000 abitanti).
I Longobardi e i Franchi
Una volta crollato l'Impero Romano d'Occidente (476), Brescia subì la dominazione
barbarica da parte degli Eruli (guidati da re Odoacre) e, in seguito, dagli Ostrogoti di
Teodorico che, battuto Odoacre nel conflitto per il Regno d'Italia, gli successe nel
controllo. Successivamente Brescia dovrà conoscere anche il giogo bizantino, che durerà
fino al 568 quando la calata dei Longobardi assicurò loro, in pochi anni, il controllo su tutte
le
città
più
importanti
dell'Italia
dell'epoca.
L'origine etimologica della parola Longobardo deriva probabilmente da: Lang Bart "lunga
barba" o Lang Barte "lunga lancia" e questo ci fa capire l'impatto che questi barbari dovette
avere sulle più colte e raffinate popolazioni del nostro territorio.
Brescia fu dai Longobardi considerata una delle città più importanti del Regno costituito da
Alboino e fu scelta come sede di uno dei suoi 36 ducati; il centro politico-amministrativo fu
portato quindi dal Foro alla Curia Ducis, eretta tra le attuali Piazza Vittoria e Piazza Loggia
a questo scopo, e sempre nelle vicinanze (a sud cioè di Piazza Vittoria) venne creato il
quartiere militare poi denominato "Serraglio".
Re Rotari (già duca di Brescia), nel 643 emanò il celebre Editto che ancora oggi porta il
suo nome, scritto in latino, in esso trovarono per la prima volta posto le leggi longobarde
dette "consuetudinarie" (che cioè prima d'allora erano tramandate solo oralmente), peraltro
già ammorbidite grazie all'influenza della cultura cristiana, oltre che fortemente influenzate
dalla lunga e generosa tradizione giuridica romana. Questo documento rappresenta la prima
raccolta organica di questo tipo redatta dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente e le
seguenti invasioni barbariche.
L'ultimo regnante Longobardo fu Desiderio (anch'esso insignito del titolo di duca), passò
alla storia per aver costruito due importantissimi monasteri benedettini: uno maschile a
Leno e un secondo, femminile, che trovò luogo in città col nome di S. Salvatore (più tardi
S. Giulia), e che ospita oggi un importante museo di grande richiamo. Qui il Manzoni
ambientò la splendida tragedia in versi dell'Adelchi (figlio di Re Desiderio) e qui come da
lui narrato, davvero trovò la morte la sorella di Desiderio Ermengarda, moglie di Carlo
Magno
e
da
lui
sacrificata
alla
ragion
di
stato.
Carlo Magno, sconfitti definitivamente i Longobardi nel 774, si proclamerà Re dei
Franchi e dei Longobardi e nell'800 sarà incoronato Imperatore del Sacro Romano
Impero.
I Franchi (anche detti "Carolingi") istituirono un regime feudale tale per cui la Corona, in
cambio di servizi di carattere militare, assegnasse possedimenti terrieri ad alcuni potenti
signori. Questi ottimizzarono loro volta i controlli grazie ai numerosi vassalli loro legati da
giuramenti di fedeltà (oltre che da interessi personali), sviluppando così una rete capillare a
maglie strette e robuste negli anni. Furono inoltre istituiti i comitatus, circoscrizioni
territoriali cittadine governate da un conte, mentre i marchesi presero il nome dalle regioni
di confine (marche) loro assegnate. La figura del duca non venne eliminata ma assunse
prerogative diverse, pare di supervisione comitale. Da un punto di vista dei fatti di interesse
storico, vi è poco da dire in merito al dominio Carolongio in Brescia e sono piuttosto
inconsistenti e fumose le notizie relative al periodo successivo la caduta del loro impero
(888). La Penisola venne spartita tra il duca di Spoleto Guido e il marchese del Friuli
Berengario. Questi si diedero battaglia proprio nelle vicinanze di Brescia, scontro che
peraltro non fu risolutivo né in favore dell'uno né dell'altro. Solo qualche anno dopo, del
resto, la nazione fu invasa dagli Ungari e a nulla valsero i tentativi di Berengario di
arrestarne
la
discesa.
Negli anni a seguire il potere venne conteso da varie famiglie e potentati italiani e stranieri.
Fu nel 951 che Ottone I di Sassonia, sceso in Italia e proclamatosi Re, riuscì finalmente a
stabilire la pace. Incoronato nel 962 Imperatore del Sacro Romano Impero, per limitare al
massimo il potere dei feudatari e mirando a consolidare ulteriormente la propria figura e
autorità, delegò al clero (classe peraltro già discretamente influente), molti poteri, per lo più
di carattere politico-amministrativo, giudiziario e militare.
http://www.bresciainvetrina.it/bresciastoria/epocaromana.htm
IL TEMPIO CAPITOLINO E LA PIAZZA DEL FORO
Al centro della città di Brescia sono visibili i resti della Piazza del Foro e del Tempio
Capitolino.
In quella che ancora oggi si
chiama Piazza del Foro, che
risale
al periodo in cui comandavano
gli imperatori Flavi (dal 69 al
96 d.c.) ed era in epoca romana
il luogo di ritrovo per i
commercianti e artigiani che
scambiavano le loro merci,
s’incrociavano
perpendicolarmente
le due vie principali della città:
il decumanus maximus - da est a
ovest - ora via dei Musei,
e il cardus - da nord a sud ora via Agostino Gallo.
Queste strade romane si
trovano
ad un livello inferiore
rispetto
alle strade attuali.
Oggi su questa Piazza
sorgono
vari
edifici
e il Palazzo Martinengo,
sotto il quale vi sono resti
di una bottega romana.
A nord della Piazza vi è il Tempio Capitolino, che fu eretto nel 73 d.C. dall’imperatore
Vespasiano sopra il Santuario Repubblicano del I sec. a.C.
Il Tempio era destinato alla venerazione degli dei Giove, Giunone, Minerva: - la Triade
Capitolina
da
cui
deriva
il
nome
del
Tempio.
E’
possibile
entrare
nel
Tempio
tramite
due
rampe
di
scale.
La seconda rampa conduce alla facciata del Tempio, costituita da sei colonne scanalate (cioè
rigate) e capitelli corinzi, delle quali ne sono state ricostruite solo quattro.
Infatti si può notare che le colonne sono costituite da parti bianche, in marmo - le parti
originali - e da parti più scure, di mattoni - che sono quelle ricostruite.
Distanziata dalle 4 colonne della facciata c’è l’unica colonna rimasta intatta, ed
è per questo tutta bianca.
Sul Frontone - la parte triangolare posta sopra le colonne - del quale è visibile oggi soltanto
una parte, c’è la scritta dedicata al suo fondatore, l’imperatore Vespasiano.
Infine il Tempio si suddivide in 3 celle, ciascuna delle quali dedicata ad una delle tre
divinità.
I resti di Brescia romana, sotterrati dai detriti e dalle frane precipitate dal colle Cidneo,
furono
ritrovati
grazie
all’unica
colonna
rimasta
intatta.
Infatti nel 1800, nel giardino di una casa, sporgeva appena dal terreno un pezzo di colonna,
per cui il Comune un giorno decise di scavare: scava e scava, vennero alla luce i resti di una
città romana.
Il cuore di Brescia romana era formato dal Tempio, dalla Piazza e da un teatro, situato
vicino al Tempio.
http://www.arifs.it/tempioca.htm
La musealizzazione del nucleo di abitazioni di epoca romana, è un importante occasione per
scoprire le numerose testimonianze archeologiche presenti in città. Brescia conserva infatti
significativi reperti romani che per importanza e ricchezza, non trovano facili confronti.
Un emozionante percorso espositivo che inizia dentro il museo e che prosegue in città, per
riscoprire ed apprezzare le architetture di età romana ripercorrendo luoghi di grande
suggestione, primo fra tutti il celebre Capitolium, ed entrare così fin dentro le radici della
storia della città. Nelle piazze, lungo le strade e sotto i palazzi della Brescia odierna.
*Lapidario, Piazza Loggia
Con un antico provvedimento nel 1480, il Consiglio della città impose l’obbligo di
conservare le pietre lavorate e iscritte venute alla luce durante la costruzione del fondaco del
sale. Le numerose iscrizioni rinvenute furono murate fra il 1488 e il 1489 nelle facciate
delle carceri e del Monte di Pietà in Piazza Loggia.
*Tempio capitolino e teatro romano, Piazza del Foro
Costruito per volere dell’imperatore Vespasiano nel 73 d.C., il Capitolium fu luogo di culto
e simbolo dell’antica Brixia. L’edificio, situato ai piedi del colle Cidneo, è affiancato dai
resti del teatro romano, sede di spettacoli e luogo di riunioni pubbliche, che si pensa potesse
accogliere fino a 15 mila spettatori. L’area archeologica occupata da questi edifici è
considerata una delle più significative e meglio conservate dell’Italia settentrionale.
*Foro
Situato nell’omonima piazza, davanti al Capitolium, il forum era la sede del commercio e
del mercato di Brixia. Circondato da porticati sui quali di affacciavano numerose botteghe,
il foro era delimitato a nord dal decumano massimo, dominato dall’imponente architettura
del capitolium, e a sud dalla Basilica. Sul lato est della piazza sono visibili alcuni resti, in
particolare una colonna in marmo con capitello corinzio.
*Basilica romana, Piazza Labus
Eretta in età flavia (69-96 d.C), costituiva il lato meridionale del foro; la Basilica fu uno dei
più importanti edifici pubblici di Brescia romana, centro dell’amministrazione della
giustizia, di comizi e scambi commerciali. Sono visibili alcuni resti della facciata
meridionale, in particolare delle colonne scanalate e dei blocchi in marmo di Botticino,
nell’attuale piazza Labus.
Sono comunque numerosi i siti archeologici poco conosciuti perchè ubicati sotto case e
palazzi privati. E’ questa un occasione unica per visitare ciò che abitualmente non è facile
vedere.
-Area archeologica del Foro, Palazzo Martinengo (visitabile il martedì e venerdì dalle 9 alle
13 e dalle 15 alle 17)
-Porticula Sancti Eusebii, via Brigida Avogadro
-Domus, Istituto Cesare Arici (visitabile, su prenotazione, dal lunedì al venerdì dalle 14.00
alle 18.00)
-Domus, Istituto Gambara (visitabile, su prenotazione, dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle
18.00 e sabato dalle 10.00 alle 16.00 – tel. 030/3775004-3778049)
-Terme, Liceo Arnaldo (visitabile, su prenotazione, il martedì dalle 8.30 alle 13.00 –
tel.030/41212-49438)
Ricostruzione di come doveva essere il complesso romano di epoca imperiale di Brescia.
Alle falde del colle Cidneo, sul quale in epoca Medievale fu costruito il Castello,sorge il
grandioso tempio che Flavio Vespasiano eresse in Brescia,nell'anno 73 della nostra era.
Sulla 'paternità' del Tempio non vi sono dubbi,dato che sul frontone è riportata la seguente
scritta:
IMP. CAESAR.VESPASAINUS.AUGUSTUS.
PONT . MAX . TR . POTEST . IIII. EMP . X. P. P. CAS . IIII
CENSOR
L'erezione del tempio (Capitolium) si deve alla vittoria dell'Imperatore su Vitellio, nella
piana tra Goito e Cremona. Nel periodo della decadenza romana e più ancora nelle
incursioni barbariche, nel V e VI secolo, dopo il trionfo del cristianesimo, gli antichi edifici
e specie i templi che avevano servito il culto pagano erano lasciati in abbandono, se non
distrutti e questo edificio dovette subire molte ingiurie da parte del tempo,delle intemperie e
dall'incuria umana,finchè lo sfaldamento di un lembo del colle lo seppellì e per molti secoli
rimase solo la tradizione, e un mozzicone di colonna sporgente con il capitello a meno di
due metri dal suolo.
Dove esso sorgeva, furono costruite case popolari e sul terriccio del colle spianato prosperò
per secoli un giardino, detto dagli ultimi proprietari "Giardino De Luzzaghi". Questo, sul
principio del 1800, ospitava un'osteria e su quello 'spuntone'di capitello di colonna si
sedevano a tavola i vari clienti,bevitori,giocatori di carte,ecc.!
Ma la gente colta della città pensava che, al di sotto, si potessero celare i resti di qualche
antico edificio: del resto le tradizioni pervenute narravano di un Tempio romano in quel
preciso luogo, inoltre erano state fatte altre scoperte di reperti nei paraggi e quindi i dotti
dell'Ateneo bresciano volevano vederci chiaro, convinti che lì si potesse celare la Brescia
Romana perduta. Si tramandava la presenza di un Tempio detto 'di Ercole' e uno dei 'ruderi'
che potevano essere visti ancora nel corso dell' '800 era una colonna che prese il medesimo
nome,colonna
d'Ercole,
tuttoggi visibile nell'area antistante il Capitolium, più propriamente nell'antico Foro
Romano.
Cedendo alle loro insistenze, nel 1823 il municipio di Brescia acconsentì ad iniziare gli
scavi. Dovettero essere acquistate le casupole circostanti, che si dovevano demolire,e l'area
del giardino Luzzaghi sotto la quale si riteneva dovesse celarsi il maggior deposito di
antichità romane.
I lavori iniziarono con molte energie ed entusiasmi e furono subito coronati dal successo
poichè, ad una ad una, vennero alla luce le colonne del grandioso peristilio di un tempio;
colonne di marmo bianco, corinzie, scannellate, di taglio perfetto con accanto i pezzi caduti
di esse, i capitelli, il cornicione, il frontespizio, il tutto in marmo con finissime modanature
.Ce ne fornisce la descrizione il prof.Cafforello nel suo volume ( 1889):
"Il peristilio del tempio,formato da dieci colonne e quattro pilastri sorgeva su uno stilobato,
pure in marmo, alto circa tre metri dal suolo con una larga gradinata davanti, in
buonissimo stato come gli altri pezzi. Addossato al colle, era un altro corpo di fabbrica con
tre celle del tempio, dedicato, stando alle lapidi ritrovate in situ, alle divinità protettrici di
Vespasiano: GIOVE, GIUNONE E MINERVA".
Foto d'epoca (fine 1800 circa) del Capitolium riportato alla luce,sopra.Invece,sotto,come si
presenta oggi,dopo gli interventi di ricostruzione e restauro.
Tre porte sul frontale danno accesso dal peristilio alle tre celle in cui è diviso l'edificio,
circondate da un ambulacro che lo recinge interamente. In fondo a ciascuna di queste celle è
un basamento quadrilatero rettangolo; pavimento e pareti sono incrostati di fine marmo e
benissimo conservati; sotto allo stilobato si apre un corridoio con la soglia a mosaico e con
tracce di decorazioni a colori,relativamente ben conservati. Bellissimi i mosaici che formano
i pavimenti,pressocchè tutti recuperati e ridonati al primitivo stato.
Sul frontone,rimesso a posto, si legge l'iscrizione che ho citato all'inizio,in caratteri romani.
Insieme alle colonne e loro frammenti,furono trovati numerosi oggetti di uso comune del
periodo
romano:
monete,fibule,lucerne,vasi,spilli,stili,anelli,minuterie
di
ogni
genere;modanature,frammenti di sculture,iscrizioni votive,i pezzi di una statua virile di
colossali proporzioni,tre bellissime are oblunghe con bassorilievi,una testa di fauno coronata
d'ellera e molti altri reperti che oggi sono esposti in gran parte nei musei cittadini.Tre anni
dopo,nel 1826,casualmente venne portata alla luce la magnifica Vittoria Alata.
E' permesso visitare il Capitolium,fino all'ingresso delle celle. L'entrata è libera e gratuita,
ma si effettuano anche visite guidate su prenotazione.Alcune immagini del suggestivo
complesso:
Da quest'ultima foto, scattata dalla gradinata del Capitolium,si
può vedere tutta la parte antistante ad esso, che era costituita dal Foro e, proprio in
fondo,sorgeva la Basilica (come da ricostruzione in apertura di pagina).Oggi grandissima
parte risulta interrata.
Veduta del teatro romano,che sorge accanto al Capitolium e su cui, in
epoche medievali, furono innestati edifici signorili,in parte demoliti per recuperare gli
antichi resti,ma in parte tuttora esistenti,come si vede in questa foto (sulla destra)
Il teatro aveva la classica forma di emiciclo e, nell'Italia settentrionale, era secondo per
grandezza soltanto all'Arena di Verona.
Per
tutte
le
informazioni
Area
Archeologica
del
Capitolium
Via Musei, 55- 25121 Brescia - tel. 030.2977834: WWW.BRESCIAMUSEI.COM
Mappa dell'antica cinta muraria romana di Brescia e della sua estensione
all'epoca(si ringrazia Roberto Bicci).
•
Dal 28 marzo al 2 aprile 2006 è stata aperta in via straordinaria una piccola ma
importantissima porzione della Brescia romana,la Brixia nascosta,come si dice. Ho
potuto documentarla, aggiungendo un'altra ricca visita: la cella del Santuario di epoca
repubblicana(I secolo a.C.), più antico di un centinaio d'anni del Capitolium.
Pagine correlate a questo argomento in questo sito:
Curioso ritrovamento:la Vittoria Alata
Visita straordinaria alla cella del Santuario repubblicano(I sec.a.C.)
Brescia e dintorni
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Tutte le foto sono di Marisa Uberti e soggette alle Avvertenze/Disclaimer.
Sicuramente il pezzo di maggior spicco, che adornava un tempo il Capitolium, è la
VITTORIA ALATA, il cui ritrovamento venne fatto in una afosa giornata dell'agosto1826,
mentre si scavava in una sorta di cubicolo sul lato destro del tempio, onde isolarne la parete
dal monte che sta dietro. In un 'ripostiglio' ad arte scavato tra il muro e la roccia, quindi un
nascondiglio in piena regola dove doveva essere stata messa (insieme ad altri oggetti) per
evitarne il trafugamento o la distruzione, venne rinvenuta la meravigliosa scultura bronzea.
Lo spazio angusto rendeva difficili le operazioni di recupero, perchè gli oggetti accatastati
erano molti. Si racconta che erano presenti il poeta bucolico Cesare Arici e l'architetto
Vantini (che progettò il grandioso cimitero monumentale cittadino) e molta gente trepidante
attendeva che venisse mostrata agli occhi di tutti e quale fu lo stupore quando, issata sullo
stilobato del tempio e ripulita alla bell'è meglio dal terriccio che la ricopriva, ne videro la
bellezza. Scoppiò un applauso commosso anche perchè, in quei giorni in cui la Patria
versava in tristi circostanze, la città aveva ritrovato uno dei suoi numi tutelari e si sperò in
un avvenimento benaugurale. La statua aveva anche delle dita rotte,che furono in seguito
saldate; le restò quella patina di verde cupo che i secoli trascorsi sottoterra le avevano
conferito, ma in origine doveva essere dorata. Esigue furono le tracce(ma presenti specie nei
ripiegamenti più profondi) del rivestimento aureo che la ricopriva un tempo. I competenti
capirono immediatamente che si trattava di un reperto di altissimo valore artistico ed
archeologico ma si era in un periodo difficile per le comunicazioni ed era ancora necessario
avere il 'nullaosta' della polizia della Santa Alleanza, sempre 'sospettosa'. Pertanto, per
lungo tempo, alla statua non venne data troppa pubblicità e dovette rimanere nella
circoscrizione locale, nonostante molti studiosi iniziavano a farsi avanti e ad incoraggiare
l'attenzione di persone competenti. L'eruditissimo archeologo milanese Labus, scrisse una
dottissima memoria sulla Vittoria Alata, mentre tra gli stranieri il primo a riconoscerne la
preziosità e il posto che doveva prendere la statua quale capolavoro dell'arte greca, fu Raoul
Rochette, insegnante di archeologia a Parigi e addetto al Museo del Louvre.
La statua, al momento del ritrovamento, aveva le braccia e le ali staccate, che le erano state
posate vicino con cura; mancava dell'elmo, sul quale poggia i piedi, e del clipeo o scudo, sul
quale è in atto di scrivere. Ma lo stupore non era finito: in una cavità interna della
imponente statua, venne ritrovata una statuetta di bronzo dorato di 70 cm di altezza, con la
testa parimenti dorata e i guarnimenti da cavallo. Questa statuetta -più protetta rispetto a
quella che la conteneva- mostrava la sua doratura ancora in buonissimo stato.Al
momento,non conosco la destinazione attuale di questo ‘piccolo’ reperto(che chiamerò
‘statua figlia’ della Vittoria Alata) né ho trovato ulteriori menzioni in merito (solo sul testo
citato ne ho tratto la notizia) e auspico che qualche lettore interessato o un esperto possa
apportare maggiori contributi in merito.
Victoria in clipeo scribens?
La Vittoria Alata misura 1.95 metri di altezza; è in piedi, nell'atto di scrivere con uno stilo
sullo scudo(o clipeo)che tiene fermo con il braccio sinistro sul ginocchio.Il piede sinistro è
rialzato(per la piegatura del ginocchio che sostiene il clipeo) e appoggia su un elmo che la
accomuna a Minerva. Ma attenzione: non era originariamente così(e lo scopriremo tra
poco!).
Agli omeri sono attaccate due grandi ali, magistralmente modellate. I capelli, secondo
l'usanza greca, sono annodati dietro la nuca. Una sottile benda intarsiata in argento da un
ramoscello d'olivo le cinge il capo. Veste la sottile camicia dorica detta sistide, che una
spilla(fibula) trattiene sulla spalla destra;le braccia sono nude, e la veste scende dal collo al
fianco,mentre un'altra sottile veste, il sago, tipica delle donne greche antiche, scende sui
fianchi disegnandone e modellandone le forme. Da qualunque parte la si guardi, questa
statua denota l'armonia perfetta che l'artista che la scolpì le conferì per sempre. Fino ad
oggi la statua era stata datata al I secolo d.C. ma,come leggeremo tra poco,questa datazione
è stata di recente sconvolta. Sembra certo poter escludere il periodo di Fidia,con quella
rigidità di linee,e pure quello della decadenza greca,concomitante con l'invasione di Roma,
più probabile resta il periodo tra la repubblica di Pericle e l'epopea macedonica (IV secolo
a.C.),epoca in cui deteneva lo scettro dell'arte Lisippo da Sicione e la sua scuola. Era stata
forse costruita per rendere onore agli eroi greci caduti o per glorificare qualche vittoria nella
patria Ellade? I Romani la depredarono in seguito alle loro conquiste e finì a Roma; come
sia giunta a Brescia non si sa, forse Vespasiano la fece con tutta probabilità trasportare qui,
per ornare il suo Tempio alle falde del Cidneo(per glorificare la sua vittoria locale).Chissà
in quali tempi e circostanze fu sepolta, perchè non venisse distrutta?
Nuove indagini
Le nuove indagine hanno portato a modificare sia la datazione del reperto che la sua origine.
In realtà,essa sarebbe stata in origine una dea, Afrodite, che non aveva le ali e –al posto
dello scudo- rifletteva la propria immagine in uno specchio ovale. Una recente mostra a
Brescia l’ha esibita effettivamente in questa ‘veste’: così come doveva presentarsi
nell’originale greco del III sec. a.C. Fatta probabilmente bottino di guerra dai Romani,
venne soltanto nel corso del I secolo d.C. issata sul frontone del Tempio di Vespasiano e
‘trasformata’ nella Vittoria Alata, Victoria in clipeo scribens, apponendole due ali posteriori
e inserendo uno scudo su cui teoricamente si appresta a vergare il nome dell’Imperatore
Vespasiano per celebrarne la vittoria su Vitellio. Non si conosce esattamente quando venne
sotterrata con cura: forse nel III secolo d.C., quando la ricerca di bronzo era molto intensa e
si temette venisse fusa (fu dunque nascosta) o nel corso delle incursioni barbariche del V
secolo,per salvarla dalla depredazione.
Da quando fu ritrovata, nel 1826, dopo un corridoio di secoli in cui non se ne seppe più
nulla, molti Musei ne vollero i gessi e i calchi; ben presto, divenne uno dei simboli civici
più cari al popolo bresciano; fu scelta come simbolo politico e patriottico: venne effigiata
su una serie di quattro francobolli emessa nel novembre del 1921 in occasione del terzo
anniversario della battaglia di Vittorio Veneto; ispirò a Giosuè Carducci, nel 1878, nobili
versi, pubblicati in una raccolta che prese il nome di 'Odi barbare' . Anche Gabriele
D’Annunzio ne fece menzione (‘Ode alla Vittoria’). La statua comparve, a testimonianza
della grande diffusione che aveva raccolto, quale icona per il manifesto del Primo Circuito
Aereo Internazionale, prima manifestazione aviatoria italiana svoltasi nella città di Brescia
nel 1909 e, ancora oggi, è oggetto di studio e interesse da più parti. La possiamo ammirare
in una delle sale del Museo di Santa Giulia a Brescia.
http://www.duepassinelmistero.com/Curioso%20ritrovamento%20Vittoria%20Alata.htm
La cella del Santuario di epoca repubblicana (I sec.a.C.)
Brescia, 2 aprile 2006. Ultimo giorno di apertura per la brevissima parentesi ( 28
marzo2006- 2 aprile 2006) in cui il pubblico ha potuto accedere a questo gioiello millenario
sepolto sotto una casa di civile abitazione. Noi c'eravamo!
Si potrebbe esordire orgogliosamente così, per un evento tanto ridotto (come tempistica),
per poter accedere al prezioso locale che in via del tutto eccezionale è stato aperto in
anteprima il 25 e 26 marzo '06;la sera del 31 marzo e per i cinque giorni sopra elencati.
L'organizzazione è stata curata dal Comune di Brescia,dalla Soprintendenza per i Beni
Archeologici della Lombardia,dalla Fondazione Cab, da Brescia Musei S.p.A., dall'
Associazione Amici dei Musei. Appena in tempo per goderci un frammento della Brixia
nascosta, che non era da perdere,di questo siamo sicuri.Quando riaprirà, non sappiamo
quando, non sarà tutto come ora: altri ambienti saranno stati resi accessibili. Infatti, dopo il
2 aprile 2006, riprenderanno a porte chiuse i restauri completi degli affreschi e dei mosaici e
si renderà lo spazio fruibile alle visite,secondo un progetto da tempo in incubazione,che
dovrebbe prevedere un itinerario aperto al pubblico,comprendente tutte le strutture fino ad
allora recuperate della Brescia romana.Per il momento, affrontiamo il presente.
•
Dove ci troviamo? Appena dentro l'area del Capitolium. A sinistra,è stato allestito un
percorso di ingresso che conduce direttamente nella cella offerta in visione,in cui
esplode -come si entra- uno spettacolo di colori,pareti affrescate e mosaici,che
sembrano state realizzate l'altro ieri. Il segreto è che gli antichi realizzatori ebbero
cura di ricoprile con della cera d'api e olio d'oliva (benedetta natura!), un impasto
'miracoloso'sapientemente dosato per permetterne la durata nei millenni.
Prima che venisse costruito il Capitolium (nel 73 d.C.),quando Roma non era ancora un
Impero ma una Repubblica, nel corso del I secolo a.C., in quest'area sorgeva un Santuario
di culto,sacro agli dei, che pare fosse stato eretto su vestigia di un tempio ancora più antico,
secondo la prassi ormai a noi nota che un luogo sacro non perde mai la sua caratteristica di
esserlo per sempre(almeno nella stragrande maggioranza dei casi giunti alla nostra umile
osservazione).
Il Santuario venne restaurato al tempo di Augusto e demolito in età Flavia, quando si
ordinò la costruzione di un nuovo santuario e le celle di questo vennero probabilmente
riempite di materiale da costruzione e sigillate sotto strati di macerie,così come furono poi
ritrovate ai nostri tempi.
Nel corso dei secoli -essendo sprofondati i resti romani (Capitolium compreso) sotto strati
di materiale franato dal Colle Cidneo - a poco a poco presero il posto delle antiche e
meravigliose vestigia altre costruzioni. Nessuno più seppe su cosa si trovava ad abitare o
almeno -se lo sapeva - taceva. Come capitò a Casa Pallaveri (impianto del '600 circa), sotto
la quale giace un'area archeologica di valore inestimabile. Già nel 1823, quando si
eseguirono i primi scavi per il recupero del Capitolium, si erano individuate strutture ancora
più antiche, che vennero ulteriormente indagate tra il 1956 e il 1961 e in anni più recenti,a
partire dal 1990 fino al 1992, in occasione della ristrutturazione di Casa Pallaveri, per
concludersi nel 2005.
• Il Santuario doveva essere assai splendido ed è considerato unico nel panorama
archeologico dell'Italia settentrionale.Forse venne costruito per celebrare la
concessione del diritto latino (89 a.C.) alla città di Brescia.Era costituito da quattro
aule di forma rettangolare affiancate su un podio comune, con entrate indipendenti e
precedute da un portico colonnato (pronao),all'interno di una terrazza prospiciente il
decumano.Si tenga presente che ci si trova lungo il lato nord di via Musei, l'antico
decumano in età romana.
La visita ha permesso di ammirare l'aula occidentale del Santuario,che è l'unica ad essere
stata recuperata ed è in ottimo stato di conservazione.Come abbiamo detto, sopra
ovviamente c'è la Casa Pallaveri e si è dovuto a lungo capire come rendere fruibile l'accesso
al pubblico,senza far crollare anzitutto le strutture sovrastanti,oltre che reperire i fondi
necessari. In un futuro si cercherà di trasformare gli ambienti in uno spazio museale, in cui
raccogliere ed esibire anche i reperti venuti alla luce nell'area circostante, integrando il tutto
con materiale illustrativo e ricostruzioni dell'area com'era originariamente.
• Una volta entrati nell'aula occidentale,quindi,ecco cosa si è potuto contemplare:
Sui lati lunghi e su quello di fondo,in asse con l'ingresso,si trovano banchine lievemente
rialzate, a mosaico policromo.
Si notano chiaramente i punti in cui dovevano trovarsi delle colonne,che erano un
'continuum'di quelle presenti( ancora oggi) ai lati. Lateralmente, infatti, si notano colonne
scanalate che sono riprese nel modello negli affreschi delle pareti.
Nel registro inferiore c'è una serie di velari sospesi ad un'asticciola,e si vedono perfino gli
anellini dipinti su cui è infilato il tendaggio.Al di sopra, vi sono dei riquadri che hanno un
tema piuttosto curioso:incrostazioni marmoree di vario colore e tipologia,
Probabilmente, almeno da quanto hanno capito gli archeologi, le aule erano coperte da una
volta a sesto ribassato impostata su trabeazioni o architravi poggianti su file laterali di
colonne, secondo schemi romani dei ninfei di età Sillana o degli oeci corinzi pompeiani. Si
voleva, in poche parole, dimostrare l'aderenza della città al modello culturale di Roma.
Gli studiosi hanno dedotto che chi eseguì la decorazione pittorica doveva avere un elevato
grado di maestria, e possiamo conoscere due personaggi che vi hanno lavorato,grazie ad
un'iscrizione rinvenuta nel santuario.
Due Artisti che hanno creato con tanta perizia,e un pizzico di vezzosità,un ambientazione
particolare per un luogo di culto come doveva essere questo.
A ovest di quest'aula, rispetto all'ingresso, si trova una cella più piccola, priva di
decorazione
A est -rispetto all'ingresso- si trova invece la parete più vivacemente dipinta
e il frammento di capitello di una colonna
Con questa visita, i nostri due passi sono stati molto lunghi,in un passato che ci ha portato
indietro di oltre duemila anni. Ne abbiamo percepito tutto il fascino,l'ardore,la
bellezza,anche se dobbiamo accontentarci di brandelli che riaffiorano e tornano, di quando
in quando, a deliziarci con quel profumo antico che non smette mai di stupirci e di
emozionarci.
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