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PK
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Susanna Cotena
Le trame celebri della
letteratura italiana...
...in tasca
OLTRE CENTOTRENTA
CAPOLAVORI
Trama completa
Incipit famosi
Film tratti dalle opere
Glossario
area umanistica
s
s
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SIMONE
EDIZIONI
Estratto della pubblicazione
Š
Gruppo Editoriale Esselibri - Simone
Estratto della pubblicazione
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l’editore è a disposizione degli aventi diritto. L’editore provvederà, altresì, alle
opportune correzioni nel caso di errori e/o omissioni a seguito della segnalazione degli
interessati.
Prima edizione: maggio 2004
Seconda edizione: giugno 2010
PK1/5
ISBN 978-244-5407-0
Ristampe
8 7 6 5
4
3
2
1
2010
2011
2012
2013
Questo volume è stato stampato presso
Officina Grafica Iride
Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA)
Per informazioni, suggerimenti, proposte: [email protected]
Grafica e copertina:
Gianfranco De Angelis
Estratto della pubblicazione
Presentazione
Quest’agile volumetto costituisce un valido strumento di affiancamento e
di supporto ai libri di letteratura italiana sia per chi frequenta ancora le scuole
superiori (può risultare particolarmente utile alla stesura di tesine o relazioni)
sia per chi è già iscritto a una facoltà universitaria (la maggior parte dei manuali in circolazione non presenta quasi mai per esteso la trama delle opere
trattate). Esso, tuttavia, è anche rivolto a chi voglia semplicemente recuperare
conoscenze che il tempo ha affievolito o soddisfare la propria curiosità avvicinandosi a una parte importante del nostro patrimonio letterario o, ancora,
a chi abbia la necessità di avere “in tasca” uno strumento di consultazione
schematico e originale.
Oltre centotrenta capolavori della nostra tradizione, dalle origini al
Novecento, sono presentati attraverso uno schema fisso che prevede:
• uno specchietto introduttivo, contenente le informazioni preliminari
(autore, genere, data di composizione, personaggi principali);
• un breve trafiletto di contestualizzazione con le coordinate storicoculturali entro cui si colloca l’opera;
• la trama vera e propria, esposta sempre in maniera puntuale e dettagliata.
La disposizione dei titoli secondo l’ordine alfabetico rende immediata la
consultazione, possibile, inoltre, anche mediante un indice analitico per
autori, posto in calce al testo.
Pur nella snellezza tipica delle sintesi, la trattazione risulta precisa ed esaustiva anche grazie alle glosse (esplicative o di approfondimento) e ai frequenti
rinvii al glossario presente alla fine del volumetto e contenente la spiegazione dei termini relativi ai generi e alle correnti letterarie, alla narratologia,
alle figure retoriche e a tutto quanto possa risultare necessario a completare
e arricchire la conoscenza delle opere trattate. Agli incipit più famosi e alla
filmografia eventualmente legata ad alcune di esse sono infine dedicate due
finestre-jolly (L’incipit e Il film).
Estratto della pubblicazione
Guida pratica alla consultazione
• Il testo è consultabile:
– come un dizionario (i titoli delle opere sono disposti secondo l’ordine
alfabetico)
– attraverso l’indice analitico per autori (posto in calce al volumetto)
• Il simbolo ¤rinvia a collegamenti intratestuali
• Le parole ߨsottolineate e recanti in apice un triangolino colorato rinviano
al Glossario
• Le glosse contengono spiegazioni o approfondimenti relativi a una determinata opera
A
Adelchi
Autore: Alessandro Manzoni (1785 – 1873)
Genere: tragedia ߨ
Data di composizione: 1820 - 1822
Personaggi principali: Adelchi, Carlo Magno, Desiderio, Ermengarda
Atto I - Siamo alla corte longobarda di
Pavia: Ermengarda, figlia di re Desiderio Adelchi Figura centrale della tragedia
è naturalmente Adelchi, che appare,
e sorella di Adelchi, è tornata a casa insieme con la sorella Ermengarda, il
perché suo marito, il re dei Franchi Carlo personaggio più combattuto e soffeMagno, l’ha ripudiata. Desiderio, che giura rente, perennemente diviso tra le sue
due “nature” di guerriero e cristiano.
vendetta, decide di favorire le pretese al Come guerriero, infatti, Adelchi sa
trono dei Franchi dei figli di Carlomanno bene che il proprio dovere è rimanere
e di continuare la sua politica contro la fedele a suo padre e al suo popolo, e
Chiesa, contravvenendo alle richieste combattere nel loro nome, ma come
cristiano sa altrettanto bene che la
dell’ambasciatore franco Albino, che inve- causa per la quale combatte non è
ce gli intima di abbandonare subito le terre «né giusta / né glorïosa» (III, vv. 56del papa occupate. È l’inizio della guerra. 57). «Il mio cor m’ange, Anfrido:» —
confida Adelchi al suo più caro amico
Atto II – I Franchi sono accampati lungo — «ei mi comanda / alte e nobili cose;
il confine longobardo, ma non riescono a e la fortuna / mi condanna a inique»
superarlo fino a quando il diacono Martino (III, vv. 84-86), e in punto di morte,
cospetto di suo padre Desiderio,
non annuncia di aver scovato un varco al
ribadisce la sua ferma condanna del
praticabile per aggirare l’esercito nemico potere, il cui esercizio è sempre fondato sull’ingiustizia e sulla sopraffazione
e attaccarlo alle spalle.
Atto III – I Longobardi sono colti di sorpre- dei più deboli.
sa dall’esercito franco: i traditori giurano
subito fedeltà a Carlo Magno, pochissimi oppongono resistenza. Tra questi il
fedele scudiero e amico di Adelchi, Anfrido, che resta ucciso durante gli scontri.
Estratto della pubblicazione
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Adelchi
La tragedia, in versi, è costituita da cinque atti ߨ e due Cori ߨ, presenti rispettivamente nell’atto III e nell’atto IV, e venne rappresentata per la prima volta,
senza peraltro riscuotere successo, al Teatro Carignano di Torino il 13 maggio
1843. La vicenda, ambientata in Italia tra il 772 e il 774, si svolge sullo sfondo
del periodo storico che vide la caduta del regno longobardo e l’inizio della
dominazione franca, con una popolazione latina vittima inerte dei giochi di
potere delle due dinastie in lotta, umiliata e soggiogata allo straniero.
Desiderio e Adelchi, in compagnia dei pochi amici, riparano in una foresta e
progettano la resistenza: il re difenderà Pavia, il principe Verona. Questo atto
è suggellato dal famoso Coro Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti…
Atto IV – Ermengarda, che si è rifugiata nel Convento di San Salvatore a Brescia,
apprende la notizia del nuovo matrimonio di Carlo e, sopraffatta dal dolore,
agonizza e muore. La prima scenaߨ si chiude con il secondo Coro della tragedia, Sparsa le trecce morbide… La seconda scena, invece, si svolge a Pavia,
assediata dai Franchi. Qui alcuni Longobardi prendono accordi per tradire re
Desiderio, favorendo l’entrata in città dei Franchi.
Atto V – Pavia è presa dall’esercito franco e re Desiderio è fatto prigioniero;
il nemico avanza poi alla volta di Verona. Qui Adelchi, giudicato inutile ogni
tentativo di resistenza, decide di rifugiarsi a Bisanzio per poi riprendere la
guerra in un secondo momento. Tuttavia, durante la lotta, viene ferito gravemente e fatto prigioniero; condotto in presenza di re Carlo, muore ricordando
al padre quante ingiustizie produca l’esercizio del potere e quanto sia inutile,
di fronte ai voleri del destino, ogni agire dell’uomo.
Adone
Autore: Giovan Battista Marino (1569 – 1625)
Genere: poemetto in ottaveߨ
Data di composizione: 1623
Personaggi principali: Adone, Venere, Amore, Clizio
L’Adone racconta, in venti canti di ottave, la storia d’amore, destinata a una
fine infelice, della dea Venere e del bellissimo giovinetto Adone. Dedicato a Luigi
XIII, re di Francia, è il poema più lungo della letteratura italiana (5123 ottave)
ed è preceduto da un proemio, in forma di lettera, dedicato a Maria de’ Medici.
Adone
Libro I – Risentito con la madre Venere, Amore fa in modo che il bellissimo
Adone giunga sull’isola di Cipro.
Libro II – Il giovane è accolto presso il palazzo della dea e qui ascolta dal
pastore Clizio la vicenda del giudizio di Paride.
Libro III – Adone si assopisce in un boschetto, dove sopraggiunge Venere che,
colpita da una freccia di Amore, se ne innamora, presto ricambiata.
Libro IV – Il giovane rientra a palazzo e si intrattiene con Amore, che gli narra
la favola di Psiche.
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Adone
Libro V – Dopo aver ascoltato alcune storie da Mercurio, Adone viene esortato
da Venere a evitare i pericoli della caccia ed è condotto ad assistere a una
rappresentazione teatrale, durante la quale è colto dal sonno.
Libro VI – Al suo risveglio si ritrova, in compagnia di Venere, nel giardino del
Piacere, suddiviso in cinque parti (tante quanti sono i
sensi dell’uomo); il giovane e la dea attraversano il
giardino della vista e dell’olfatto.
Libro VII – Nel giardino dell’udito i due innamorati
ascoltano la storia della gara di canto tra l’usignolo e il
suonatore di liuto; nel giardino del gusto, invece, partecipano a un banchetto con Momo, il dio del motteggio.
Libro VIII – Nel giardino del tatto sono uniti in matrimonio da Mercurio e possono godere delle gioie del sesso.
Libro IX – Adone e Venere visitano l’isola della Poesia,
dove si svolge una gara di canto tra cigni (simbolo dei
maggiori poeti greci, latini e italiani).
L’Adone nella prima
edizione (1623)
Libro X – I due novelli sposi ascendono al cielo, sotto
la guida di Mercurio, che spiega loro la fisica celeste
e parla di Galileo.
Libro XI – Nel cielo di Venere vedono le donne più belle e celebri della storia.
Libro XII – Marte è informato da Gelosia della relazione tra Venere e Adone
e intende vendicarsi. La dea allora spinge l’amato alla fuga. Il giovane finisce
presso la crudele fata Falsirena, che lo trasforma in un pappagallo.
Libro XIII – Adone riprende le sue sembianze grazie all’intervento di Mercurio.
Libro XIV – Finisce però nelle mani di spietati briganti da cui a stento riesce
a fuggire.
Libro XV – Il protagonista incontra di nuovo Venere e torna a palazzo con
lei; qui, grazie a Mercurio, vince a una partita a scacchi il regno di Cipro, che
accetta malvolentieri. È indetto un concorso di bellezza per eleggere il nuovo
re di Cipro e Adone vi partecipa.
Libro XVI – Il bellissimo giovinetto, nonostante l’inganno di Tricane, è eletto
re di Cipro.
Libro XVII – Venere è in partenza per Citera e concede ad Adone di cacciare
nel bosco di Diana.
Libro XVIII – Marte, con l’aiuto di Diana, può realizzare la sua vendetta: Adone
è aggredito e ucciso da un cinghiale.
Libro XIX – Venere è consolata dagli altri dèi; nove giorni dopo si celebrano
i funerali di Adone.
Libro XX – In onore dello sfortunato giovane vengono indetti tre giorni di giochi.
Estratto della pubblicazione
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Agnese va a morire (L’)
Autrice: Renata Viganò (1900 – 1976)
Genere: romanzoߨ
Data di pubblicazione: 1949
Personaggi principali: Agnese, Palita
Il romanzo, ascrivibile alla corrente del neorealismoߨ, è tra i più intensi tra
quelli ispirati al periodo storico della Resistenza; la sua pubblicazione decretò
il successo della scrittrice bolognese Renata Viganò, che aveva esordito molto
giovane come poetessa. La storia è ambientata nelle valli di Comacchio, durante
la seconda guerra mondiale: i fatti si svolgono, per l’esattezza, tra l’autunno
del 1943 e la primavera del 1945.
Agnese è un’umile contadina di mezza età ed è sposata con Palita, intellettuale
comunista impegnato nella Resistenza; un giorno l’uomo viene arrestato dai
tedeschi e deportato in Germania, diretto in un campo di concentramento.
Agnese, rimasta sola, matura la decisione di aiutare lei stessa i partigiani.
Viene così incaricata di svolgere un’importante azione di collegamento tra i
componenti dei vari gruppi, che Agnese porta a termine con coraggio ogni
giorno, a bordo della sua vecchia bicicletta. La sua nuova esistenza si svolge
in questo modo per circa sei mesi, durante i quali viene a sapere che Palita è
morto prima ancora di arrivare in Germania. Un giorno Agnese uccide Kurt,
un soldato tedesco ospitato dalla famiglia con la quale lei e il marito condividevano la casa, e si dà alla macchia entrando a fare pienamente parte della
vita clandestina della Resistenza. In breve diviene per tutti “mamma Agnese”
e come tale si comporta, prendendosi amorevolmente cura di tutti i partigiani. Trascorre ancora un anno, ma un giorno Agnese si trova coinvolta in un
rastrellamento, durante il quale viene riconosciuta e crudelmente massacrata
dal maresciallo tedesco del soldato che qualche mese prima aveva ucciso.
Agnese va a morire (L’)
Agostino
Autore: Alberto Moravia (1907 – 1990)
Genere: romanzoߨ
Data di composizione: 1942
Personaggi principali: Agostino, la madre, Renzo, Berto, Saro
Con Agostino Moravia ottenne nel 1945 il suo primo riconoscimento ufficiale,
vincendo il Premio “Corriere Lombardo”. La storia è quella di un adolescente,
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di un’estate che diventa la linea di confine tra l’innocenza dell’infanzia e la
scoperta della sessualità.
Versilia, anni Venti del Novecento: Agostino è un tredicenne vissuto sempre
sotto le ali protettive della madre, una vedova ancora giovane e bella, che il
ragazzo adora e alla quale si sente orgogliosamente legato da un’intimità profonda, da un rapporto che crede unico e totalizzante. Ma un giorno, durante
la villeggiatura, la madre accetta con gioia la corte di un bagnino, Renzo, con
cui ogni mattina attende con ansia di fare una gita in pattino. Agostino, che
spesso si trova suo malgrado a fare da spettatore a questi incontri, è roso dalla
gelosia, si sente offeso e umiliato per essere stato soppiantato dal bel giovane
bruno. Una rabbia sorda lo prende, vorrebbe vendicarsi, gode quando vede
la madre turbarsi se Renzo ritarda, la sfida subdolamente, fino a strapparle
uno schiaffo. Per distrarsi si unisce a un gruppo di ragazzacci del popolo, figli
di bagnini e di marinai. Aggressivi, violenti, spudorati, i nuovi compagni di
“Pisa” (questo è il soprannome che gli attribuiscono in virtù delle sue origini
toscane) lo disprezzano per i suoi comportamenti da “cocco di mamma” e lo
invidiano per la sua condizione sociale.
Quando i ragazzi del gruppo iniziano a fare apprezzamenti volgari sulla bellezza e sui comportamenti della madre con il giovane del pattino, si accorgono
stupefatti che Agostino del sesso non sa nulla. È dalle espressioni violente
dei ragazzi e dai loro gesti osceni con cui si divertono a mimare un rapporto
sessuale che avviene l’iniziazione di Agostino al mondo della sessualità. E dopo
la sessualità, giunge la perversione: “Pisa” viene accusato di aver accettato le
avances di Saro, il losco cinquantenne omosessuale che fa parte del gruppo.
Scaraventato in questo nuovo mondo, Agostino apprende un’altra cosa «strana e crudele»: che una donna si può avere anche con il denaro, cosa di cui
non riesce proprio a capacitarsi. Ma per Agostino questa può essere una via
di salvezza: egli ha bisogno di vedere e toccare una donna perché, dopo il
«tradimento» subito e da quando ha scoperto la sessualità, la curiosità morbosa
che si è impadronita di lui si è andata sempre più appuntando sulla madre.
Ma il suo tentativo di entrare in una casa di prostituzione fallisce e Agostino
riesce solo a rubare, spiando da una finestra, l’immagine di una donna con il
seno nudo: dovranno trascorrere ancora anni difficili perché Agostino si lasci
alle spalle la sua adolescenza e diventi finalmente un uomo.
Agostino
Il film
Agostino (La perdita dell’innocenza)
Regista: M. Bolognini
Anno di produzione: 1962
Attori principali: I. Thulin, P. Colombo, J. Saxon
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Aminta
Autore: Torquato Tasso (1544 – 1595)
Genere: favola pastoraleߨ
Data di composizione: 1573
Personaggi principali: Aminta, Silvia, Dafne, Tirsi
Aminta
L’Aminta, in cinque attiߨ in versi preceduti da un Prologoߨe conclusi da un
Epilogoߨ, fu composta nella primavera del 1573 e rappresentata nel luglio dello
stesso anno nel palazzo estense dell’isoletta di Belvedere sul Po.
Prologo - Amore, sfuggito alla vigilanza della madre
Venere, manifesta il proposito di rifugiarsi tra gli ingenui pastori per ferire il cuore di una ninfa, Silvia, che si
mostra indifferente all’amore appassionato del pastore
Aminta.
Atto I - Silvia e Aminta colloquiano con i rispettivi confidenti, Dafne e Tirsi. Dafne esorta vanamente Silvia ad
abbandonarsi alle gioie dell’amore; Aminta rivela a Tirsi
il suo tormento. L’atto è concluso da un Coro, che esalta
l’amore e la mitica età dell’oro.
Atto II - In un monologo un Satiro dichiara di essere
L’Aminta in un’edizione innamorato di Silvia. Dafne e Tirsi, dopo una maliziosa
illustrata del 1768
schermaglia, per favorire l’unione di Aminta e Silvia
stabiliscono che Amore raggiunga la ninfa quando ella
si recherà da sola al bagno presso una fonte.
Atto III - Tirsi racconta la disperazione di Aminta, che si è recato alla fonte e ha
trovato Silvia legata ad un albero dal Satiro. Nonostante l’abbia liberata, lei è
fuggita senza degnarlo neanche di uno sguardo. Aminta ha deciso di uccidersi,
decisione divenuta irrevocabile quando la ninfa Nerina gli ha raccontato che
Silvia è stata sbranata dai lupi.
Atto IV - Silvia torna sorprendentemente in scena e racconta a Dafne come
sia riuscita a fuggire dai lupi. L’amica, intanto, le dice che Aminta, credendola
morta, ha deciso di uccidersi. Silvia è mossa prima dalla pietà, poi dall’amore.
Ma sembra ormai troppo tardi: la ninfa, infatti, viene a sapere che Aminta si
è gettato da una rupe.
Atto V - Il dramma si scioglie in un finale a sorpresa: Aminta, infatti, si è
salvato impigliandosi in un cespuglio, e può finalmente essere felice tra le
braccia di Silvia.
Epilogo - Venere scende dal cielo a cercare Amore e chiede se sia nascosto
tra il pubblico.
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Arcadia
Autore: Jacopo Sannazaro (1457 – 1530)
Genere: prosimetroߨ
Data di composizione: 1483-1496
Personaggi principali: Sincero, Barcinio, Summonte, Meliseo
L’Arcadiaߨ, iniziata probabilmente intorno al 1483 e portata a termine tra il
1491 e il 1496, è costituita da dodici eclogheߨ e altrettante prose. Il capolavoro di Sannazaro riscosse un successo immediato, testimoniato dall’edizione,
non autorizzata dall’autore, incompleta e notevolmente scorretta, apparsa a
Venezia nel 1502; lo scrittore, per rimediare agli innumerevoli errori presenti
nella stampa veneziana, permise la pubblicazione del testo a Napoli nel 1504,
a cura dell’amico Pietro Summonte. Da quel momento in poi, l’Arcadia conobbe
una fortuna incontrastata e duratura nei secoli, imponendosi fino al Settecento
come modello indiscusso del genere pastorale in tutta Europa.
Arcadia
La vicenda è ambientata nella regione greca dell’Arcadia, in cui, tra una
natura florida e incontaminata, i pastori trascorrono il tempo «in cantare et
in sonare le sampogne a pruova l’un de l’altro» (facendo a gara tra loro). Le
ecloghe, dunque, danno voce ai canti dei vari personaggi, che esprimono
le loro gioie e le loro sofferenze amorose. Fungono da raccordo i brani di
prosa, interamente dedicati alla descrizione del paesaggio dell’Arcadia e della
vita dei pastori. Ma nella prosa VII prende corpo una storia vera e propria,
di cui è protagonista il pastore Sincero, dietro il quale si nasconde il poeta
stesso. Egli, dopo aver raccontato la propria vita, spiega di aver abbandonato
Partenope (Napoli) e di essere giunto in Arcadia per trovare sollievo alle sue
sofferenze d’amore, che non riesce comunque a lenire poiché l’immagine della
donna amata (la nobile napoletana Carmosina Bonifacio) non lo abbandona
mai. In seguito Sincero, angosciato da continui e funesti segnali che lasciano
presagire la morte della fanciulla, è accompagnato da una ninfa in un lungo
viaggio nel mondo sotterraneo, al termine del quale si ritrova a Napoli. Qui
incontra i pastori Barcinio, Summonte e Meliseo, i quali non sono altro che
la trasposizione letteraria dei cari amici dell’autore Benedetto Gareth, detto il
Cariteo, Pietro Summonte e Giovanni Pontano, e apprende la dolorosa notizia della morte dell’amata. L’ultima ecloga è un canto denso di dolore, in cui
trova espressione, accanto alle sofferenze personali, l’angoscia per la Napoli
travolta dall’invasione francese. Toni dolenti e malinconici dominano anche
il componimento A la Sampogna, che chiude l’opera.
Estratto della pubblicazione
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B
Baldus
Autore: Teofilo Folengo (1491 – 1544)
Genere: poema in esametri
Data di composizione: 1517 - 1540
Personaggi principali: Baldo, Guido, Baldovina, Fracasso, Cingar, Merlin Cocai
Baldus
Il Baldus, poema in 25 canti di esametri scritto in latino “maccheronico” (forma caricaturale e burlesca del latino classico, infarcito di termini del dialetto
mantovano) fa parte in realtà delle Maccheronee, alla cui stesura Folengo – sotto
lo pseudonimo di Merlin Cocai – si dedicò dal 1517 al 1540. Vero e proprio
controcanto al classicismoߨ l’opera è una parodia dei generi letterari illustri del
Cinquecento, come il poema epicoߨ classico e il poema cavallerescoߨ volgare.
Il Baldus è nettamente distinto in due parti: la prima costituita dai libri I-XI,
la seconda dai libri XII-XXV.
Libri I-XI - Guido di Montalbano, discendente del prode Rinaldo, si innamora
di Baldovina, figlia del re di Francia, la rapisce e fugge con lei a Cipada, una
località contadina nei pressi di Mantova. Dovendo partire per la Terrasanta,
Guido affida Baldovina alle cure di un buon contadino, Berto Panada, nella
cui casa nasce Baldo, l’omonimo protagonista del poema. Il fanciullo, che
ritiene di appartenere alla nobile schiatta degli eroi, cresce leggendo le gesta
di Orlando, ma l’ambiente rustico e grossolano in cui vive lo trasforma presto
in un attaccabrighe nullafacente. Un giorno, durante una rissa in strada, un
nobile resta ucciso e Baldo finisce in prigione, causando la morte di sua madre,
che non regge al dolore. Intanto Baldo viene liberato per intercessione di un
amico di Guido, ma una volta uscito dal carcere si dedica a ben altre malefatte in compagnia di alcuni amici, tra cui Fracasso (discendente di Morgante)
e Cingar (che ricorda, invece, l’astuto e truffaldino Margutte). Alla morte di
Berto, che lo ha cresciuto come un figlio, ne dissipa l’eredità e, denunciato
dal vecchio console Tognazzo al podestà di Mantova, finisce ancora dietro le
sbarre. A questo punto il nuovo protagonista del poema, almeno nei libri VI-XI,
diviene Cingar, che mette in moto una lunga serie di diabolici espedienti per
riuscire a liberare l’amico, fino a quando non vi riesce, facendosi introdurre
travestito da frate nella sua cella, con la scusa di dover accogliere la sua ultima
confessione. Giungiamo così alla seconda parte del poema.
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Estratto della pubblicazione
Libri XII-XXV - Baldo, nuovamente libero, lascia Cipada e con i suoi amici briganti si imbarca a Chioggia, iniziando a vagabondare senza meta e affrontando
innumerevoli scontri con pirati, mostri e streghe. In una caverna incontra un
vecchietto, Merlin Cocai (il quale altri non è che il poeta stesso), che racconta
la sua storia e poi accompagna la brigata in una visita all’Inferno, dove Baldo
e i suoi amici possono assistere al convito delle ombre, cupa allegoriaߨ di
tutte le miserie umane. Sopraggiunge così l’ultimo colpo di scena: un’enorme
zucca, più alta del monte Olimpo, si configura come la sede dei filosofi, dei
poeti, degli astrologhi, di tutti coloro, insomma, che nella vita raccontarono
“frottole”. Qui un barbiere strappa loro i denti, tanti quante furono le bugie
dette: e i denti prontamente ricrescono. Il poema termina così: con Merlin
Cocai che abbandona la brigata di Baldo, avendo riconosciuto nella grande
zucca il luogo di residenza a lui più consono.
Baruffe chiozzotte (Le)
Autore: Carlo Goldoni (1707 – 1793)
Genere: commediaߨ
Data di composizione: 1762
Personaggi principali: Lucietta, Checca, Orsetta, Toffolo, Titta, Beppo
Chioggia: in una strada un gruppo di donne lavora ai merletti e parla dei
propri uomini, che svolgono attività di pescatori. Sono Donna Pasqua e sua
cognata Lucietta, Donna Libera e le sue giovani sorelle: Orsetta e Checca.
Entra in scena Toffolo che, pur essendo innamorato di Checca, siede accanto
a Lucietta, scatenando una baruffa, fermata dal sopraggiungere dei pescatori.
Tra loro è padron Toni, marito di Pasqua e fratello di Lucietta; le due donne
lo accolgono con gioia, ma informano Beppe, fratello di Toni e fidanzato di
Orsetta, che la sua donna ha chiacchierato a lungo con Toffolo. Donna Libera
e le sue sorelle, dal canto loro, dopo aver salutato padron Fortunato, il capo
di casa, scatenano la gelosia di Titta Nane, innamorato di Lucietta, informandolo del comportamento di Toffolo. In una clamorosa baruffa Beppe affronta
Toffolo, coinvolgendo le due famiglie, e Titta Nane, armato di coltello. Toffolo
allora decide di querelare tutti.
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Baruffe chiozzotte (Le)
Rappresentata al teatro San Luca nel gennaio del 1762, la commedia in dialetto Le baruffe chiozzotte (in prosa e divisa in tre attiߨ) fu immediatamente
precedente a Una delle ultime sere di carnovale, con la quale Goldoni, prima
di partire per Parigi, chiuse la sua pluriennale attività di commediografo svolta
a Venezia e si congedò in maniera commossa dal suo pubblico.
La scenaߨ si sposta nella cancelleria criminale, dove il coadiutore Isidoro
cerca di ricostruire la dinamica dei fatti, interrogando uno dopo l’altro tutti i
personaggi della vicenda, ma le testimonianze sono confuse e contrastanti.
Decide dunque di convocare gli uomini coinvolti, ma nel frattempo, in strada,
le donne litigano furiosamente. I tentativi di Isidoro di convincere le due parti
a riappacificarsi falliscono, ma proprio quando il povero coadiutore decide di
arrendersi i rancori sono accantonati e la pace è fatta.
Bella estate (La)
Autore: Cesare Pavese (1908 – 1950)
Genere: raccolta di raccontiߨ
Data di pubblicazione: 1949
Personaggi principali: Ginia, Amelia, Rodriguez, Guido (La bella estate); io-narranteߨ,
Pieretto, Oreste (Il diavolo sulle colline); Clelia, Rosetta, Momina, Mariella (Tra donne
sole).
Bella estate (La)
La trilogia, pubblicata la prima volta a Torino, include l’omonimo racconto
della raccolta, scritto nel 1940 e intitolato inizialmente La tenda, Il diavolo
sulle colline, del 1948, e Tra donne sole, composto nel 1949.
La bella estate – La giovane Ginia vive con il fratello Severino e lavora in un
atelier. Per caso conosce Amelia, più grande di lei, che la spinge a vincere
tutte le sue remore infantili e a superare ogni pudore. La donna, che posa
come modella per alcuni pittori, presenta Ginia a Rodriguez e Guido, due
artisti esordienti. Guido, tutto preso dal suo entusiasmo creativo, affascina
l’ingenua e inesperta Ginia, che se ne innamora e, dopo mille perplessità,
gli si concede. Guido, però, non ne è innamorato e la trova peraltro poco
adatta a lui, data la sua eccessiva inesperienza. Intanto Amelia, che intrattiene
ambigui rapporti con Rodriguez, si scopre innamorata di Ginia. Quest’ultima,
superando l’imbarazzo, decide di posare nuda per Guido, ma non regge alla
vergogna e decide definitivamente di allontanarsi dai tre. Rivedrà dopo lungo
tempo la sola Amelia, che le confiderà di essere guarita dalla sifilide, contratta
durante una relazione con una donna.
Il diavolo sulle colline – Il narratoreߨ e i suoi amici Pieretto e Oreste sono tre
giovani in cerca di nuove esperienze e trascorrono il loro tempo sulle colline
di Torino, tra appassionate discussioni e allegre bevute. Un giorno conoscono
il benestante e viziato Poli e la sua amante Rosalba, e per un breve periodo i
cinque ragazzi fanno gruppo, divertendosi a bighellonare di notte nei dintorni
di Torino. Rosalba, però, tradita e umiliata da Poli, gli spara e poi si toglie la
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Estratto della pubblicazione
vita. In seguito al tragico episodio il gruppetto si scioglie e i tre amici vanno
a trascorrere le vacanze estive in campagna. Qui inaspettatamente incontrano
di nuovo Poli, che si è sposato con la bella e affascinante Gabriella. Oreste se
ne invaghisce, ma la donna, che in un primo momento sembra ricambiarne i
sentimenti, all’improvviso lo allontana, preferendogli il marito. Poli, intanto,
è tormentato da continui attacchi di tubercolosi, per cui decide di fare ritorno a Milano con la moglie. L’avventura dei tre amici termina qui: anch’essi
torneranno in città, e questa volta con una nuova consapevolezza di sé e
un’acquisita maturità.
Tra donne sole – Clelia, maturata la sua esperienza professionale a Roma, torna
a Torino, sua città d’origine, dove intende aprire un negozio di abbigliamento.
Quello che nella sua fantasia immaginava come un ritorno alle radici e un
recupero dell’infanzia perduta, si trasforma tuttavia nel contatto forzato con
una realtà corrotta e crudele. Intorno alla nuova boutique che sta nascendo
ruotano in particolare tre donne: Rosetta, che entra in scena appena dopo
aver tentato un suicidio, Momina e Mariella. Ricca e viziata ma schiacciata da
un mondo vuoto e senza valori, Rosetta è trattata con insensibilità da Momina
e con fredda indifferenza da Mariella. Piombata nuovamente in uno stato di
profonda depressione, tenta ancora di togliersi la vita, e questa volta ci riesce, tra le tiepide reazioni di Momina e Mariella e la disperazione della sola
Clelia. E Clelia sarà l’unica a trarsi in salvo da un mondo che sembra in totale
disfacimento, attraverso la breve relazione con l’operaio Beccuccio, che le farà
recuperare la fantastica dimensione della sua adolescenza perduta.
Berretto a sonagli (Il)
Autore: Luigi Pirandello (1867 – 1936)
Genere: commediaߨ
Data di composizione: 1917
Personaggi principali: Ciampa, Beatrice Fiorica
Atto I – Beatrice, sposata al cavalier Fiorica, è convinta che il marito la tradisca
con la moglie di un suo dipendente, lo scrivano Ciampa. Organizza allora un
piano per cogliere i due amanti in flagrante adulterio, e chiede il sostegno di
Ciampa. L’uomo, convocato da Beatrice, lascia intendere, pur non dichiarandolo
Estratto della pubblicazione
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Berretto a sonagli (Il)
La versione originale di questa commedia fu scritta in dialetto siciliano e si
intitolava ’A birritta cu’ i ciancianeddi. Rappresentata la prima volta nel novembre del 1917 dalla compagnia teatrale di Angelo Musco, soltanto qualche
anno dopo fu tradotta in italiano raggiungendo la celebrità.
apertamente, di essere consapevole della situazione, ma parla per sottintesi e
disquisisce astrattamente sulle convenzioni sociali vissute come inutili costrizioni. Beatrice, per liberarsi della sua presenza e portare a termine il piano,
gli affida una commissione, costringendolo a partire per Palermo.
Atto II – Il cavalier Fiorica e la moglie di Ciampa sono stati arrestati: Beatrice,
che è riuscita nel suo intento, esulta felice, ma i suoi familiari, preoccupati dello
scandalo, vogliono mettere tutto a tacere. Ciampa, da parte sua, è sconvolto, e
soprattutto si sente in obbligo di vendicare l’offesa subita uccidendo i colpevoli.
Gli altri personaggi cercano di farlo desistere, ma è Ciampa stesso, paradossalmente, a individuare una soluzione alternativa: Beatrice dovrà fingersi pazza.
In un mondo dove a trionfare è la falsità, infatti, la follia (simboleggiata dal
berretto a sonagli del buffone) diventa l’unica condizione possibile per poter
sostenere liberamente la verità. Beatrice prima tentenna, poi si cala a tal punto
nella parte da dare in escandescenze.
Bottega del caffè (La)
Autore: Carlo Goldoni (1707 – 1793)
Genere: commediaߨ
Data di composizione: 1750
Personaggi principali: Ridolfo, don Marzio, Eugenio, Placida, Vittoria
Bottega del caffè (La)
La bottega del caffè, scritta in prosa e divisa in tre attiߨ, appartiene alle sedici
commedie che Goldoni compose nella stagione teatrale 1750-51 per il teatro
Sant’Angelo, dove fu rappresentata dalla compagnia Medebach nell’autunno
del 1750. I personaggi che animano l’intreccioߨ non sono più le maschere
stereotipate della commedia dell’arteߨ né tipi fissi; ogni figura presenta una
ben definita individualità e una netta caratterizzazione sociale.
La vicenda si svolge sullo sfondo di una piazzetta veneziana dove, posto tra
un locale di parrucchiere e una bisca, c’è il caffé di Ridolfo. Qui si incontrano
vari personaggi: Ridolfo viene a sapere dal gestore della bisca che il giovane
mercante Eugenio ha perso in una sola notte 130 zecchini, giocando con il
conte Leandro. Alla bottega sopraggiunge anche don Marzio, un napoletano
maligno e pettegolo, che ha prestato ad Eugenio 10 zecchini, tenendo in
pegno gli orecchini della moglie. Il debito è però generosamente saldato da
Ridolfo. Intanto entrano in scena, in cerca dei rispettivi mariti, Placida, moglie
di Flaminio, che si spaccia per il conte Leandro, e Vittoria, moglie di Eugenio.
Quest’ultima viene a sapere da don Marzio che suo marito ha il vizio del gioco
e che inoltre nutre simpatia per la ballerina Lisaura. Vittoria chiede chiarimenti
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Bottega del caffè (La)
ad Eugenio, il quale, dopo aver riconosciuto le sue colpe, le giura che cambierà
vita. La sua promessa, tuttavia, si rivela presto tradita: il giovane continua a
giocare e a perdere, ma viene ancora aiutato dal buon Ridolfo. In seguito a
una vittoria, Eugenio organizza un’uscita con Leandro, Lisaura e don Marzio,
ma Placida e Vittoria scoprono tutto e ne nasce un tumulto. Nel frattempo,
Lisaura scopre che il falso conte Leandro, cioè Flaminio, le ha mentito e lo
caccia dalla propria casa. Questi chiede aiuto a don Marzio per sfuggire all’ira
della moglie, ma l’uomo prima gli consiglia un nascondiglio e poi lo rivela a
Placida, e inoltre fa arrestare il gestore della bisca. Nell’epilogo le due coppie
si riappacificano e don Marzio, scacciato da tutti, è costretto a lasciare la città.
Estratto della pubblicazione
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C
Candelaio
Autore: Giordano Bruno (1548 – 1600)
Genere: commediaߨ
Data di composizione: 1576 – 1582
Personaggi principali: Bonifacio, Bartolomeo, Manfurio
Candelaio
Scritta in prosa e divisa in cinque attiߨ, la commedia fu pubblicata a Parigi
nel 1582. Si tratta di una delle opere più originali e complesse del teatro del
Cinquecento, ma esprime anche la particolare temperie culturale del secolo
XVII, ancora oscillante tra il rispetto di canoni estetico-morali ormai superati
e l’aspirazione al rinnovamento.
L’azione si svolge a Napoli nell’arco temporale di una notte, ma, a differenza di
quanto si possa pensare, il rispetto da parte di Bruno delle unità aristotelicheߨ
è solo apparente: stravolgendo il canone della rappresentazione di un’unica
vicenda, infatti, l’autore mette in scena tre storie diverse che hanno per protagonisti altrettanti personaggi, destinati a cadere vittime di crudeli inganni.
Il primo è Bonifacio, «l’insipido amante», che, sebbene sposato con l’affascinante Carubina, è tutto intento a fare la corte a Vittoria; per indurla a ricambiare il suo amore, si rivolge al mago Scaramuré, il quale gli combina un
appuntamento garantendogli la compiacenza di Vittoria. Bonifacio, travestito
da Gioan Bernardo pittore, si reca nel luogo stabilito, ma vi trova Carubina, fuori di sé per la gelosia. Ne nasce un violento litigio, durante il quale
Bonifacio è condotto via da alcuni falsi sbirri, mentre Carabina va via con il
vero Gioan Bernardo pittore, con il quale intende vendicarsi del tradimento
subito dal marito.
Altra vicenda è quella dell’alchimista Bartolomeo, persuaso di poter trasformare i metalli in oro; anch’egli è ingannato da un truffatore, Cencio, il quale,
in cambio di una falsa polvere miracolosa, gli estorce un buon numero di
scudi. Bartolomeo, accortosi dell’inefficacia della presunta polvere miracolosa,
accusa Consalvo lo speziale, che gliel’ha venduta: ne nasce un litigio, durante
il quale anche Bartolomeo è condotto dai soliti falsi sbirri nella casa in cui è
stato portato Bonifacio.
Terza vicenda è quella che coinvolge Manfurio, ridicolo pedante, chiuso nella
sua cultura vuota e stantia e nel suo goffo latino; derubato del mantello e della
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borsa, cerca di recuperare il maltolto, ma viene a sua volta accusato di furto
e arrestato dai falsi sbirri, che lo conducono nella solita casa.
Nel finale della commedia, pertanto, ritroviamo tutti insieme Bonifacio, Bartolomeo e Manfurio: per essere liberati dai balordi che li tengono prigionieri
ciascuno di loro dovrà pagare una ingente somma di denaro.
Canne al vento
Autrice: Grazia Deledda (1871 – 1936)
Genere: romanzoߨ
Data di pubblicazione: 1913
Personaggi principali: Efix, Ruth, Ester, Noemi, Giacinto
Canne al vento è ambientato a Galtellì, un paese costiero della Sardegna, e
narra la storia di Efix, servo devoto e fedele delle tre dame Pintor, cadute
in disgrazia dopo la morte del loro rigido padre, Don Zame. Efix si occupa
con grandi sacrifici dell’ultimo podere rimasto alla famiglia, consentendo a
Ruth, Ester e Noemi di conservare l’antico tenore di vita. In realtà l’uomo è
consumato da un grave senso di colpa, poiché nel passato, per aiutare Lia, la
quarta delle sorelle Pintor, a fuggire nel continente, aveva causato di nascosto
la morte di Don Zame. Un giorno si presenta a Galtellì Giacinto, il figlio di
Lia. Il ragazzo è uno sfaccendato truffatore che porta nel mondo arcaico delle
zie le novità del continente, comprese le cambiali scadute, e ne sconvolge
l’esistenza, esercitando inspiegabilmente un certo fascino su tutte quante - e su
Noemi, in particolare, che si sente attratta da lui e si lacera per l’inconfessabile
desiderio. Quando Giacinto si allontana per cercare un lavoro le dame Pintor,
per saldare i suoi debiti, sono costrette a vendere il podere a don Predu, di
cui Noemi ha rifiutato la corte, soggiogata dal legame con il nipote. Intanto
Efix, convinto che la casa sia stata colpita da una maledizione per il delitto
che ha commesso, decide di allontanarsene e inizia una vita da mendicante.
Fa ritorno solo tempo dopo per aiutare le sorelle Pintor ancora una volta:
convince infatti Noemi a sposare don Predu e può finalmente morire in pace
dopo aver saputo che Giacinto, per riparare ai suoi errori, lavora stabilmente
e ha sposato Grixenda, la figlia della serva Pottoi da sempre innamorata di lui.
Estratto della pubblicazione
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Canne al vento
A partire dal 1888 Grazia Deledda iniziò a pubblicare una serie di romanzi
di stampo veristaߨ, molti dei quali ambientati nella natìa Sardegna, riscuotendo un tale successo di pubblico da ottenere nel 1926 il premio Nobel per
la letteratura.
Ciascuno a suo modo
Autore: Luigi Pirandello (1867 – 1936)
Genere: commediaߨ
Data di composizione: 1924
Personaggi principali: Amalia Moreno, barone Nuti, Doro Paleagri, Delia Morello,
Michele Rocca
Assieme a ¤Sei personaggi in cerca d’autore e ¤Questa sera si recita a soggetto, la commedia in tre attiߨ Ciascuno a suo modo fa parte della trilogia del
cosiddetto “teatro nel teatro”. Rappresentata per la prima volta a Milano nel
maggio del 1924, l’opera è incentrata sul costante intrecciarsi tra la finzione
teatrale e una realtà priva di qualunque consistenza oggettiva, nel tentativo di
dimostrare quanto siano labili i confini tra le due dimensioni e come la verità
possa mutare a seconda di chi se ne fa interprete.
La commedia sarebbe ispirata a un fatto
realmente accaduto, per cui, prima ancora
che entrino in sala, agli spettatori viene
consegnato un foglio dove si spiega come
la vicenda che andrà in scena sia ispirata
alla tragica fine dello scultore Giacomo
La Vela, suicidatosi dopo aver scoperto
il tradimento della fidanzata, Amalia Moreno, con il barone Nuti. Questi ultimi
saranno presenti in teatro e assisteranno
allo spettacolo.
Atto I – In un salotto Doro Paleagri viene duramente criticato per aver difeso l’attrice Delia Morello, ritenuta colpevole della morte del fidanzato, suicidatosi dopo
averne scoperto il tradimento con Michele Rocca (il riferimento alla vicenda di
Amalia e Giacomo è esplicito). Dopo una più profonda riflessione, però, Paleagri
cambia idea e inizia a credere alla colpevolezza della Morello; intanto cambia
opinione anche il suo più aspro contestatore, che adesso sostiene l’innocenza
dell’attrice. I due discutono animatamente, litigano e finiscono addirittura con lo
sfidarsi a duello. Sulla scena, a questo punto, giunge la stessa Delia, che desidera
ringraziare Paleagri per aver preso le sue parti: le accorate parole della donna
confondono Doro, che dubita nuovamente della sua colpevolezza. Le diverse
opinioni sulla delicata questione si sovrappongono e si annullano a vicenda,
rendendo la verità sempre più inafferrabile. Il duello appare adesso come l’assurda conseguenza di un’insanabile contrapposizione tra due diverse opinioni.
Ciascuno a suo modo
Teatro nel teatro Con questa espressione si indica quella particolare fase
della produzione teatrale di Pirandello
in cui l’autore porta a compimento la
sua dissacrazione del teatro borghese: oggetto dell’opera teatrale diventa
il teatro stesso e i suoi meccanismi di
rappresentazione; la metateatralità
pirandelliana, tuttavia, è pretesto per
una riflessione sulle finzioni della
realtà sensibile.
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Estratto della pubblicazione
Atto II – Entra in scena Michele Rocca e, mentre avvengono i preparativi per
il duello, l’uomo incontra Delia e i due hanno un chiarimento: si dichiarano
pubblicamente il reciproco amore, pur carico di sensi di colpa, che avevano
tenuto nascosto per non disonorare la memoria del morto. Ma i colpi di scena non sono finiti: la finzione teatrale, infatti, invade ora la “realtà”, per cui
Amalia Moreno e il barone Nuti, che siedono in sala, seguono l’esempio dei
personaggi della commedia e come loro si riconciliano e vanno via insieme.
Il fatto produce grande impressione nel pubblico, la cui agitazione rende
impossibile la rappresentazione dell’atto conclusivo.
Ciociara (La)
Autore: Alberto Moravia (1907 – 1990)
Genere: romanzoߨ
Data di composizione: 1957
Personaggi principali: Cesira, Rosetta, Concetta, Rosario, Michele
La protagonista è una donna del popolo, Cesira, rimasta vedova di un individuo rozzo e violento. La donna, stanca di occuparsi del negozio lasciatole dal
marito, decide di abbandonare Roma con la figlia Rosetta e di ritirarsi sui monti
della Ciociaria, sua terra d’origine, nella speranza di sfuggire ai pericoli della
guerra (siamo nel 1943). Cesira e Rosetta prendono un treno per Fondi, quando
un’interruzione ferroviaria le costringe a proseguire a piedi. Una famiglia di
contadini offre loro ospitalità, ma Cesira si accorge che la madre Concetta e i
figli Rosario e Giuseppe hanno ambigui rapporti con le autorità fasciste, alle
quali tentano addirittura di vendere i favori di Rosetta, quindi lascia la casa e
chiede aiuto a Tommasino Festa, un negoziante del luogo, perché trovi una
nuova sistemazione per lei e sua figlia. Le due donne finiscono così a Sant’Eufemia, una località di montagna dove si sono nascosti anche altri sfollati. Tra
di essi vi è il figlio di Tommasino, Michele, che con le sue idee antifasciste e
socialiste conquista l’ammirazione e l’amicizia di Cesira e Rosetta. Trascorrono
due anni. Un giorno alcuni tedeschi in fuga costringono Michele a guidarli
tra i monti, dai quali il giovane non farà più ritorno. Cesira, intanto, fidando
nell’imminente arrivo delle truppe alleate, decide di far ritorno a Roma. A
Fondi, però, madre e figlia restano nuovamente bloccate, ma vengono scortate
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Ciociara (La)
La ciociara è ascrivibile alla “fase neorealistaߨ” della produzione moraviana,
che annovera romanzi, come La romana, i cui protagonisti appartengono agli
strati poveri ed emarginati della società, che più di tutti subiscono duramente
i disagi del secondo dopoguerra.
da alcuni americani fino al paese natio di Cesira. E qui avviene l’irreparabile:
mentre le due donne riposano in una chiesa, alcuni soldati marocchini le
aggrediscono e violentano Rosetta. Le circostanze riportano le sventurate
protagoniste a essere ancora ospiti presso Concetta. Rosetta, nel frattempo, si
mostra profondamente cambiata dopo il trauma subìto, e così, priva ormai di
ogni pudore e amor proprio, diviene prima l’amante di un amico di Rosario,
e poi di Rosario stesso. Passano i giorni e finalmente giunge la notizia della
liberazione di Roma: Rosario accetta di accompagnare Cesira e Rosetta a casa,
ma resta ucciso prima ancora di raggiungere la città. Riescono a farlo, invece,
madre e figlia che, dopo tante sciagure, di fronte alla ritrovata libertà sentono
rinascere in loro la speranza.
Il film
La ciociara
Regista: V. De Sica
Anno di produzione: 1960
Attori principali: S. Loren, E. Brown, J. P. Belmondo, R. Salvatori
Codice di Perelà (Il)
Autore: Aldo Palazzeschi (1885 – 1974)
Genere: favola allegorica
Data di pubblicazione: 1911
Personaggi principali: Perelà, Olivia di Bellonda, Alloro
Codice di Perelà (Il)
Carica di elementi allusivi e allegoriciߨ, questa favola (o antiromanzo) costituisce un esempio di narrativa futuristaߨ.
Al centro della vicenda è Perelà, un uomo fatto di fumo che si configura parodisticamente come un nuovo Cristo-messia con il compito di salvare l’uomo
dalla razionalità e dalle costrizioni sociali. Perelà è vissuto per 33 anni nel
camino di una villa, dove ha ascoltato le lunghe conversazioni di tre anziane
signore, Pena, Rete e Lama (il nome Perelà nasce dall’unione delle prime due
lettere di ciascuno di questi nomi), e da dove è uscito, una volta morte queste
ultime. Recatosi in città, attira subito l’attenzione di tutti per la sua essenza
e la maniera semplice e “leggera” di parlare. Presto è accolto dal re, che lo
invita a restare a corte, dove Perelà incontra facoltose dame, tra cui Olivia
di Bellonda, che se ne innamora. Intanto il re, che ormai lo stima molto, gli
affida l’importante compito di stendere un codice di leggi per il paese. Perelà
allora si reca in visita presso vari, emblematici personaggi come la peccatrice
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Estratto della pubblicazione
Marianna Fonte e la suora Colomba Messerino, l’ex re Iba e il principe Zarlino. Ma la situazione a corte è inaspettatamente mutata: il vecchio domestico
Alloro, infatti, sperando di diventare come Perelà si è dato fuoco. Perelà è
accusato di averlo spinto al suicidio, per cui viene processato e, dopo essere
stato crudelmente insultato dalla folla, viene rinchiuso in carcere. La salvezza
gli arriva da Olivia di Bellonda, che ha convinto il re a munire la cella di Perelà
di un camino: sarà la via di fuga del misterioso protagonista, che si dileguerà
in cielo come una nuvola di fumo.
Cognizione del dolore (La)
Autore: Carlo Emilio Gadda (1893 – 1973)
Genere: romanzoߨ
Data di pubblicazione: 1963
Personaggi principali: Gonzalo Pirobutirro, la «Signora»
Higueròa, medico condotto di Maradagàl, piuttosto infastidito per essere stato
disturbato per l’ennesima volta, si reca alla villa dei Pirobutirro per un controllo
al quarantenne Gonzalo, che vive nella villa con la vecchia madre. Ma il dottore sa bene che la malattia di cui soffre l’uomo è “invisibile” e riguarda la sua
anima. La gente del paese ha paura di lui e della sua inquietante solitudine:
«Recentemente si erano sparse altre voci, tutte assai tristi o addirittura disgustose. Adesso circolava la diceria che, iracondo, in accessi bestiali di rabbia
usasse maltrattamenti alla vecchia madre…». In realtà Gonzalo è combattuto
tra la tenerezza che prova per l’anziana donna, alla quale sono dedicati i pochi
squarci lirici del romanzo, e la rabbia per la sua maniacale prodigalità, che la
spinge a dedicare continue attenzioni ai bisognosi, mentre la rende insensibile
ai bisogni del figlio. E allora con violenza irrefrenabile Gonzalo scaccia via
lo studentello somaro, al quale la madre si ostina inutilmente a insegnare il
francese; il «peone» Josè, il vecchio giardiniere furbo e approfittatore; la servitù,
di cui nella casa vuota non ci sarebbe più bisogno ma che, per un insensato
orgoglio, la madre continua a mantenere. Il romanzo si interrompe con l’asEstratto della pubblicazione
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Cognizione del dolore (La)
Frutto di una lunga e complessa elaborazione, il romanzo, pubblicato prima
a episodi sulla rivista «Letteratura» e poi in volume, non fu mai portato a termine dall’autore. La vicenda narrata, a sfondo autobiografico, è ambientata
in un fantomatico paese dell’America Latina, il Maradagàl; il protagonista
è l’ingegner-hidalgo Gonzalo Pirobutirro d’Eltino, uomo burbero e solitario,
tormentato dal rapporto conflittuale con la vecchia madre, la «Signora», con
la quale vive nella tetra villa di Lukones.
sassinio della Signora: chi sia stato a compiere l’efferato delitto non è dato
sapere, anche se sul protagonista cala l’ombra del matricidio. Gonzalo, la sera
prima dell’omicidio, dopo un’ultima terribile scenata in cui aveva calpestato il
ritratto del padre, era stato visto uscire misteriosamente di notte dal cancello
della villa: da qual momento nel romanzo non compare più. I sospetti cadono anche su dei loschi figuri di un “Istituto” (il «Nistitùo de Vigilancia para la
Noche») che impone subdolamente un servizio di sorveglianza a chi abita in
ville isolate e al quale Gonzalo non si era mai voluto piegare. L’arroganza, la
venalità e la prepotenza di questo “Nistitùo” sono una pungente metaforaߨ
del regime fascista.
Con gli occhi chiusi
Autore: Federigo Tozzi (1883 – 1920)
Genere: romanzoߨ
Data di pubblicazione: 1919
Personaggi principali: Pietro Rosi, Domenico Rosi, Ghìsola
Con gli occhi chiusi
Il romanzo è il primo, insieme con ¤Tre croci e ¤Il podere, della trilogia
di Tozzi incentrata sulle vicende di personaggi inetti, incapaci di sottrarsi al
proprio destino di rovina. Intriso di elementi autobiografici, è considerato il
capolavoro dello scrittore senese.
La storia narrata, ambientata a Siena, ha per protagonista Pietro Rosi, figlio
di Domenico, proprietario di un’osteria e di un terreno, e di Anna, donna
mite e remissiva, affetta da disturbi nervosi. L’adolescenza di Pietro trascorre
all’ombra del difficile rapporto con il padre, uomo rozzo e violento, e della
precoce morte della madre. Introverso e scontroso, si innamora di Ghìsola,
nipote della coppia di salariati che si occupano di uno dei poderi paterni,
Poggio a’ Meli. Pietro si abbandona completamente al sentimento che nutre
per la giovane contadina, sperando che possa porre fine al tormento del suo
animo. Ma Ghìsola, scaltra e istintiva, ha ben altra sensibilità e, trasferitasi in
città, diventa l’amante di Alberto, un uomo più maturo di lei, il quale, dopo
aver scoperto che aspetta un bambino, l’abbandona. Nel frattempo anche Pietro
si è trasferito a Firenze e, incontrata nuovamente la ragazza, riscopre l’amore
che prova per lei, incapace di vedere la realtà (da qui il titolo del romanzo
“con gli occhi chiusi”). Ghìsola cerca allora di approfittarsi della situazione,
cercando di farsi sposare. Soltanto una lettera anonima spingerà Pietro a giudicare la donna per quello che è, dopo averla scoperta a prostituirsi in una
casa di tolleranza.
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Estratto della pubblicazione