Capitolo XXV Arrivato a casa il commissario si mise a dormire. Me

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Capitolo XXV Arrivato a casa il commissario si mise a dormire. Me
Capitolo XXV
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Arrivato a casa il commissario si mise a dormire. Meglio si mise a letto, perché il sonno tardò ad arrivare.
Continuava a ripensare alla cena e alla figlia. Si era veramente invaghita del tenente, come diceva Conti? Cosa c’era di male?
La notte fu piuttosto movimentata. Il sonno arrivò,
ma fu popolato d’incubi. Colpa della figlia o dell’amatriciana? Non aveva digerito le polpette al sugo o più
verosimilmente non aveva digerito il tenente dei carabinieri?
A nulla erano valse le pasticche di magnesia, il bicarbonato, la camomilla. I bruciori l’avevano accompagnato per tutta la notte. Per questo aveva dormito poco
ed era particolarmente nervoso.
Il mattino dopo si alzò di buonora e si mise a girare
per casa senza concludere niente. Era una di quelle
mattine che avrebbe volentieri staccato la spina con il
mondo. Pensò di telefonare a Mafalda.
«Ciao» disse lei quando lo sentì «Qualche problema
per stasera?»
«No, nessun problema. Volevo sentirti.»
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Si misero a parlare e il commissario le confidò anche
quello che era successo la sera prima alla cena con la figlia.
«No. Non ci posso credere. Tu alle volte mi stupisci
veramente. Hai dei pregiudizi sui carabinieri? Fosco,
dimmi che non è vero. È assurdo. Lascia che tua figlia
scelga liberamente il ragazzo con cui stare insieme.
Non è che sei geloso? Dici tanto che tua figlia si deve
fidanzare, ma speri che non lo faccia per non perderla.»
«No, che dici. Per quanto riguarda i carabinieri è vero sono prevenuto. Se anche tu però avessi un rapporto costante come ho io con loro, ti renderesti conto
che non tutto quel che si dice è infondato.»
«Hai verso i carabinieri dei pregiudizi come li hai
verso le donne. Sei ridicolo. Ora devo andare mi chiamano. Ci vediamo stasera. Buona giornata.»
Aveva appena riattaccato quando squillò il telefonino. Era Appiani che lo cercava.
«Dimmi Antonio.»
«È stato appena ritrovato il cadavere di Anita Pardi
nel suo appartamento. È stata uccisa con un colpo alla
testa. Io sono qui. C’è anche Loporto.»
«Merda!» Fu l’unica parola che pronunciò il commissario. Era rimasto senza fiato. Il suo stomaco gli ricordò che non aveva fatto niente per evitare la tragedia.
Prese dalla tasca una compressa di magnesia e cominciò a succhiarla.
«Va bene arrivo. Avverti Guidi di raggiungerci.»
«È già qua. L’ho fatta venire con me. Sta seguendo
quelli della scientifica.»
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Si avviò verso Borgo Vittorio dove la signora Pardi
abitava. Per tutto il percorso non fece altro che pensare
alla donna e al colloquio che aveva avuto con lei. Lo
percorse mentalmente più volte. Ebbe sempre la stessa
sensazione che aveva avuto la prima volta. Quell’interrogatorio non filava. La signora Pardi gli aveva nascosto qualcosa. Lui si sentiva in colpa per non essere
riuscito a farle dire ciò che nascondeva. Molto probabilmente era il motivo che l’aveva portata alla morte.
Quando giunse a casa della vittima la trovò invasa di
poliziotti. Questo, anche se era nella norma, lo indispettì. Si mise in un angolo ad osservare e ad annusare
l’aria per capire dagli odori, come faceva di solito, chi
erano gli occupanti della casa. La situazione non era
delle migliori con tutta quella gente e fu ulteriormente
aggravata dall’avvicinarsi di Loporto.
«Quest’omicidio credo che sia legato al primo. Rimette in discussione tutto. Anche la colpevolezza del
barbone. Speriamo che i rilievi della scientifica ci diano
qualche indizio. Scusami mi chiamano.»
Detto questo si allontanò in fretta. Il commissario
avrebbe baciato chi l’aveva chiamato e glielo aveva tolto dalle scatole. Vide che era Guidi e si chiese cosa avesse da dirgli. Quindi si mise alla ricerca di Appiani e
trovatolo, lo prese da parte per parlargli con calma.
«Mettimi al corrente di quanto è successo. A proposito, chi ha avvertito Loporto?»
«Dunque il cadavere è stato ritrovato stamattina
dall’educatrice che viene tutti i giorni. La signora Pardi
aveva un figlio Pasqualino di quattordici anni autistico.
L’educatrice ha suonato come tutte le mattine. Non ot-
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tenendo risposta ha chiamato la polizia. Con l’aiuto dei
vigili del fuoco, siamo entrati in casa. Abbiamo trovato
la donna riversa sul pavimento del salotto. Il figlio era
in camera sua, seduto in un angolo. Ho incaricato Guidi d’occuparsi del ragazzo. Il medico legale ha stabilito
che la morte risale a ieri sera tra le venti e mezzanotte.
Probabilmente è morta perché ha sbattuto la testa contro lo spigolo d’un tavolino basso che era nella stanza.
Potrebbe essere stato un incidente o un malore.»
«Ci credo poco. Aspettiamo i rilievi della scientifica»
disse il commissario che era scettico sul fatto che quella
morte fosse accidentale.
«Per quanto riguarda Loporto, non so chi l’abbia
avvertito. Me lo sono ritrovato tra i piedi poco dopo
che eravamo qui. Appena arrivato si è messo a dare ordini. Se non me lo togli di torno lo strozzo.»
«A chi lo dici. Deve averlo avvertito qualcuno dei
nostri. Fenomenale abbiamo una talpa in casa!»
Nel frattempo si era avvicinata anche Guidi.
«Come sta adesso il figlio?» chiese il commissario.
Ogni volta che in un delitto era coinvolto in qualche
modo un minore si sentiva ribollire il sangue. Il suo
stomaco prese a contrarsi e dovette prendere un’altra
compressa di magnesia.
«È stato portato in ospedale. Visto il suo stato però
non è facile capire le sue reali condizioni. Per ora resta
lì in osservazione, poi se non si fa avanti nessun parente sarà ricoverato in un istituto specializzato. Quando
sono arrivata ho trovato l’educatrice e il ragazzo che
aspettavano l’ambulanza per l’ospedale. Ho fatto in
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modo che la cosa avvenisse nel più breve tempo possibile.»
«Il padre non esiste?» chiese il commissario. Aveva il
cruccio che un ragazzo già così duramente toccato dalla
sorte andasse a finire in un istituto.
«L’educatrice aveva appreso dalla signora Pardi che
il padre del ragazzo appena saputo che lei era incinta,
era sparito e non l’aveva riconosciuto.»
«Ti pareva! Piove sempre sul bagnato. Non bastava
l’handicap, pure senza padre. Beh vedete se trovate
qualche altro parente. Guidi si dia da fare per avere al
più presto i risultati della scientifica. Dobbiamo capire
se è stato un incidente o un omicidio. Nel frattempo,
poiché qui non abbiamo niente da fare, andiamo a far
visita al ragazzo. A proposito cosa stava dicendo prima
a Loporto?» chiese il commissario all’agente, con tono
vagamente minaccioso.
«Per prima cosa vorrei essere trattata da lei alla stregua di tutti gli altri suoi uomini. A tutti dà del tu, solo a
me del lei. Per quanto riguarda Loporto mi aveva chiesto d’occuparmi del ragazzo. Di fargli sapere quali erano le sue condizioni. Io gli stavo facendo la mia relazione.»
«Per prima cosa lei è un’agente che lavora ad un’indagine che io sto conducendo. Qualsiasi informazione
le chiedano, fosse anche la più banale e chiunque gliela
chieda, fosse anche il questore, lei deve fare riferimento
a me per sapere come comportarsi. Per quanto riguarda
il tu sono molto contento di questa tua richiesta e mi
adeguo volentieri.»
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«Credevo che conducessimo l’indagine insieme con
Loporto» disse Guidi, contrariata dal richiamo del
commissario.
«No. Noi conduciamo l’indagine. Loporto tenta di
carpire informazioni per rivendersele al giudice e far
bella figura. Per cui bocche cucite con lui. Adesso andiamo all’ospedale a trovare il ragazzo per vedere se
può dirci qualche cosa. Aspettatemi qui un momento.»
Aveva visto Loporto che parlava con uno dei suoi
agenti.
«Loporto, scusami un attimo.»
Lo guidò in un luogo isolato e lo prese di petto.
«Come ti permetti di dare ordini ai miei uomini? Hai
assoldato pure uno dei miei per riferirti quando c’è
qualche novità. Mi fai schifo.»
«Bada a come parli!» disse Loporto in tono minaccioso.
«Perché se no, che fai?» replicò il commissario a
muso duro.
«Faccio rapporto al questore. Ti faccio passare un
guaio. Ricordati che sono un tuo superiore.»
«Che fai minacci? Un guaio lo sto passando da
quando tu mi sei stato affiancato in quest’indagine. Un
consiglio. Lascia stare i miei uomini. Se vuoi indagare
fallo, se ne sei capace. Se hai bisogno di uomini fatteli
assegnare dal capo della mobile. In quanto al grado ficcatelo in quel posto.»
Si girò e se ne andò non lasciando a Loporto il tempo di ribattere.
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Appiani e Guidi avevano osservato la scena da lontano ed erano stati sul punto d’intervenire, quando era
mancato poco che i due si azzuffassero.
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