In questo incontro teorico e pratico riprend

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In questo incontro teorico e pratico riprend
CORSO APPROFONDIMENTO
PRIMI PASSI VERSO L’ASTRONOMIA
16/02/2006
[ Paola Parrini ]
In questo incontro teorico e pratico riprenderemo in parte l’ottica geometrica per lo studio della
formazione di immagini in un telescopio rifrattore e nell’occhio, in più vedremo i limiti imposti dal
fenomeno della diffrazione alla capacità di risoluzione dei particolari di un’immagine.
a. Lente di ingrandimento e piano focale di una lente.
b. Diffrazione attraverso uno strumento ottico.
c. Il telescopio rifrattore.
a.
Una lente convergente è in grado di far convergere un fascio di raggi luminosi paralleli fra loro e
paralleli all’asse ottico principale in un punto detto fuoco. Questo è vero solo approssimativamente,
infatti l’indice di rifrazione, che dipende dalla lunghezza d’onda della luce, impedisce che tutti i
colori siano focalizzati in un punto (dispersione della luce).
Asse
ottico
principale
Fuoco
Raggi di luce paralleli
fra loro ma non
paralleli all’asse ottico
principale
Piano
focale
Questo raggio passante per
il centro della lente non
subisce deviazioni, in prima
approssimazione, e indica il
punto del piano focale dove
convergeranno tutti i raggi.
Tutto ciò ancora in prima
approssimazione a causa
della dispersione.
Una stella, essendo molto lontana, invia sulla terra raggi di luce essenzialmente paralleli. La stella
non è però una sorgente puntiforme, prendiamo ad esempio il Sole. Ogni punto del sole può essere
immaginato come una sorgente puntiforme che manda sulla terra dei raggi luminosi che, a causa
della grande distanza, si possono immaginare paralleli. Ma vediamo meglio cosa accade con un
disegno:
B’
A
0,5°
B
A’
Piano focale in cui A’ è
immagine di A e B’ è
immagine di B, che sono
due punti diametralmente
opposti sul Sole.
La lente convergente è
schematizzata da una
doppia freccia
I raggi paralleli provenienti dal punto A vanno a convergere nel punto A’ del piano focale, i raggi
paralleli provenienti dal punto B vanno a convergere nel punto B’ del piano focale. L’immagine del
Sole A’B’ è capovolta e può essere raccolta su uno schermo. Il disegno non può essere rappresentato
in scala a causa della grande distanza fra lente e Sole. Dovete immaginarla 146 milioni di chilometri
circa!
Calcoliamo le dimensioni dell’immagine del Sole nell’ipotesi in cui la distanza focale della lente sia
f e sapendo che l’angolo sotto cui si vede il Sole (disegnato in figura) è 0,5°. Per motivi geometrici
A' B'
2 = tg 0,5°
f
2
Ho considerato i raggi molto vicini fra loro e poco inclinati rispetto all’asse ottico principale.
Nel caso in cui f =1m A’B’=9mm.
Questo significa che il diametro del Sole di circa 10mm corrisponde ad una apertura angolare di
0,5°
= 0,05° / mm si chiama scala dell’immagine ed è importante in
0,5°. La quantità:
10mm
astronomia.
Si conclude dicendo che una lente convergente fornisce un’immagine reale capovolta di oggetti
molto lontani.
b.
In realtà, un punto della sorgente non dà origine come immagine ad un punto, e questo non solo a
causa della dispersione, ma anche a causa della diffrazione. Vediamo i dettagli.
I raggi che passano attraverso la lente, di fatto, passano attraverso una fessura circolare di diametro
λ
pari al diametro della lente. Essi generano un cono di luce di apertura α = , dove λ è la
D
lunghezza d’onda della luce e D è il diametro della lente. Se ad esempio λ vale 550 nm (verde) e D
vale 10 cm α = 5,5 10-6 rad. Questo significa che non è possibile distinguere due punti del Sole che
si trovano entro questo angolo. Ognuno di questi due punti formerà come propria immagine un
cerchietto corrispondente alla base di un cono luminoso ognuno di apertura 5,5 10-6 rad; i coni
verranno a toccarsi, ad una certa distanza, all’incirca come indicato in figura, e invece di avere,
come immagine, due punti luminosi distinti avremo un’unica zona luminosa continua. Un
rivelatore, come l’occhio non sarà più in grado di distinguere due punti ma vedrà tutta una zona
luminosa!
Immagine di A
Immagine di B
Punto A
Punto B
c.
Vediamo ora come è fatto e come funziona il cannocchiale astronomico.
Non lo disegno, ma vi darò le indicazioni e lo disegnerete da soli. Esso è costituito da due lenti
convergenti, una detta obiettivo e la seconda detta oculare (quest’ultima può essere anche
divergente). La prima ha distanza focale decisamente maggiore della seconda, almeno quattro volte,
meglio se ancor di più. Le lenti vengono montate con gli assi ottici principali delle due lenti
coincidenti, e con il fuoco secondario (il fuoco a destra della lente) dell’obiettivo che coincide con il
fuoco primario (il fuoco a sinistra) dell’oculare. L’oculare è, come dice il nome, dove osservo.
Provate a disegnare uno schema.
Dopo aver visto come è fatto un cannocchiale astronomico, vediamo come, guardando attraverso
l’oculare posso osservare l’immagine di un astro.
I raggi luminosi dell’astro, provenienti da grandissima, distanza arrivano quasi paralleli
sull’obiettivo, il quale li converge nel suo fuoco secondario (trascuriamo in questa prima
semplificazione sia l’aberrazione cromatica che il fenomeno della diffrazione). Nel fuoco
secondario dell’obiettivo, dove, volendo, potrei avere un’immagine reale dell’astro, si trova, però, il
primo fuoco dell’oculare. I raggi luminosi escono perciò paralleli dall’oculare. L’occhio poi
focalizza i raggi sulla retina dove si forma l’immagine dell’astro che sto osservando. In tutti questi
passaggi la diffrazione fa sì che un punto luminoso appartenente all’astro che sto osservando mi dia
come immagine una “macchia” luminosa sulla retina.
DOMANDE:
1. Costruisci, in base alle indicazioni che ti sono state date il cammino di alcuni raggi luminosi
dall’astro fino all’occhio di un ipotetico osservatore.
2. Nella costruzione hai trascurato il fenomeno della diffrazione. Indica in quali passaggi
avresti dovuto tener conte di tale effetto e fra tutti i passaggi quale è, secondo il tuo parere,
quello dove tale effetto è più “importante”.