Amicorum - Giovannoni, Maraghini, Riccaboni
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Amicorum - Giovannoni, Maraghini, Riccaboni
49. LA GESTIONE DEL VALORE NELLE IMPRESE FAMILIARI1 di Elena Giovannoni, Maria Pia Maraghini, Angelo Riccaboni - Università degli Studi di Siena 1. Introduzione Le dinamiche di sviluppo delle aziende familiari e delle imprese di piccole e medie dimensioni, in generale, sono oggetto di crescente interesse da parte di studiosi e di operatori aziendali. L’aumentata complessità e dinamicità dei mercati, nonché l’intensificarsi della competizione globale rendono indispensabile per le aziende non tanto crescere dimensionalmente, quanto rinnovare ed innovare profondamente la propria filosofia di conduzione, i modelli di business e gli strumenti gestionali adottati, fino anche la cultura interna. Lo sviluppo, infatti, implica la crescita armoniosa di tutte le dimensioni rilevanti della gestione, compreso il patrimonio delle conoscenze e delle competenze, nonché dei valori e delle convinzioni che caratterizzano una data comunità aziendale. Nelle aziende familiari, tale patrimonio interagisce fortemente con quello della famiglia proprietaria. Questa interazione rappresenta un punto di forza, ma anche di potenziale debolezza se non accuratamente gestita, soprattutto in momenti di transizione, quali il passaggio generazionale e la professionalizzazione, che condizionano le dinamiche di sviluppo dell’azienda familiare. Questo contributo si propone di approfondire il ruolo della cultura aziendale nelle dinamiche di sviluppo di un’azienda familiare. A tale scopo, l’analisi di alcuni contributi dottrinali in tema di sviluppo e cultura aziendale, in generale e nell’ambito delle aziende familiari (presentata nel paragrafo due), verrà integrata con le evidenze empiriche offerte da un caso di studio (illustrato e discusso nei paragrafi 3 e 4)2. I principali aspetti emersi vengono sintetizzati nel paragrafo conclusivo al presente lavoro. 1 Pur essendo il presente contributo frutto dell’impegno comune dei tre Autori, Elena Giovannoni ha curato la redazione dell’introduzione e del paragrafo 2; Maria Pia Maraghini ha redatto il paragrafo 4 e le conclusioni; il paragrafo 3 da attribuire ai tre Autori. 2 Il caso di studio oggetto di questo contributo si colloca nell’ambito di un più ampio progetto di ricerca sul controllo di gestione nelle piccole e medie imprese realizzato attraverso una serie di interviste ed indagini sul campo. Per ulteriori approfondimenti si veda: Giovannoni, Maraghini, Riccaboni (2011). 1 2. Lo sviluppo dell'azienda e il passaggio generazionale In ambito economico-aziendale numerosi contributi dottrinali evidenziano l’importanza della dimensione ‘qualitativa’ dello ‘sviluppo’ dell’azienda. Questo si caratterizza infatti per il progredire armonico di tutte le dimensioni della gestione, sia tangibili che intangibili. Sorci, ad esempio, associa lo sviluppo integrale dell’azienda allo sviluppo integrale dell’individuo3. Coda distingue la dimensione qualitativa e quantitativa dello sviluppo. La prima presuppone la crescita delle competenze interne, la professionalità, l’innovatività, la flessibilità, l’apprendimento organizzativo. La seconda attiene alle variazioni dimensionali sia operative che strutturali4. Catturi evidenzia come un ruolo centrale nelle dinamiche di sviluppo dell’azienda sia assunto dalla cultura, la quale viene definita come il “complesso delle conoscenze, delle credenze, delle fantasie, delle convinzioni, delle norme, delle sanzioni, dei simboli, dei valori che presiedono i differenti modi di comportamento e, quindi, le fattispecie degli scambi tra individui e tra di essi con l’ambiente”5. Così definita, la cultura assume un ruolo centrale nelle dinamiche di sviluppo dell’azienda, potendo rappresentare quell’indispensabile collante tra le diverse dimensioni della gestione e assicurare la necessaria integrazione tra le stesse, nonché il loro progredire armonico (presupposto fondamentale dello sviluppo). Nelle aziende familiari la cultura aziendale si correla profondamente con il sistema dei valori della famiglia6. Come evidenziato da Bertini, infatti, “nel Family Business il contesto in cui si sviluppa la cultura aziendale è quello proprio di una famiglia, non di un’azienda. La cultura dell’impresa coincide, in tal caso, con la cultura della famiglia e il sistema umano chiamato a recepire e gestire lo sviluppo aziendale è quello della famiglia e non quello dell’azienda”7. La relazione tra cultura familiare e aziendale si riflette in modo significativo su tutti gli aspetti della gestione. In particolare, continua l’Autore, “se la famiglia non riesce a darsi alcune regole in grado di creare valore in termini di benessere per la famiglia e di economicità per l’azienda, qualsiasi iniziativa finalizzata al rafforzamento, al miglioramento delle manifestazioni di vita dell’impresa risulterà vana”. In tal senso, assume un particolare rilievo la vision che la famiglia ha del business. Se l’impresa familiare viene vista come mero mezzo di sostentamento per i membri della famiglia, tenderanno a prevalere valori incentrati sugli interessi familiari rispetto a quelli imprenditoriali8. Viceversa, l’azienda familiare potrà sviluppare una propria autonoma cultura aziendale, con il contributo sia dei componenti la famiglia che di altri stakeholder. Ciò risulta fondamentale al fine di assicurare uno sviluppo armonico dell’azienda in tutti i suoi profili. La correlazione tra cultura aziendale e cultura familiare viene fortemente influenzata dalle dinamiche sia di successione che di professionalizzazione che interessano le aziende familiari (Figura 1). La successione può essere definita come il trasferimento della leadership o della 3 Cfr. Sorci (2002). Cfr. Coda (1988). 5 Cfr. Catturi (2003, p. 82). 6 Sul tema della cultura aziendale nelle aziende familiari si confronti Zahra, Hayton e Salvato (2004). 7 Cfr. Bertini (2005). Analogamente, Boeri (1987) evidenzia come il sistema di valori su cui poggia l’azienda familiare – quantomeno nelle sue prime fasi di vita – è spesso frutto della trasposizione pressoché inconscia, “automatica”, dell’identità valoriale della famiglia proprietaria. 8 Cfr. De Falco, Vagnani (2008). 4 2 proprietà in tutto o in parte dell’azienda familiare9. Tale trasferimento può essere improvviso oppure graduale. Soprattutto nel secondo caso può essere accuratamente pianificato10. La professionalizzazione, invece, viene definita come il processo attraverso il quale manager professionisti entrano a far parte integrante della proprietà o della gestione dell’azienda. Tale processo può implicare l’ingresso in azienda di professionisti esterni alla famiglia, ma anche la professionalizzazione di componenti della famiglia o di soggetti già facenti parte dell’azienda11. La cultura familiare e la cultura aziendale influenzano fortemente le dinamiche di successione e professionalizzazione determinando, ad esempio, se tali processi avvengano meramente nella famiglia o coinvolgano membri esterni, nonché le loro principali modalità e tempistiche. In particolare, la cultura aziendale e familiare determinano il grado di correlazione tra la successione e la professionalizzazione, indispensabile per favorire l’integrazione e armonizzazione tra i valori della famiglia e quelli più propriamente imprenditoriali. La professionalizzazione, se adeguatamente gestita, favorisce il passaggio della vision della famiglia ai manager e, viceversa, delle competenze professionali e manageriali alla famiglia e alle nuove generazioni. La successione, infatti, se coniugata alla professionalizzazione, favorisce il passaggio della vision sia familiare che imprenditoriale alle generazioni successive. Entrambe possono contribuire allo sviluppo di una cultura aziendale autonoma da quella familiare. Figura 1. – Correlazioni ed interdipendenze fra cultura della famiglia, cultura aziendale e processi di successione e professionalizzazione nelle aziende familiari Professionalizzazione Cultura familiare Cultura aziendale Successione 9 Sull’argomento si vedano, fra gli altri: Le-Breton-Miller, Miller, Steier (2004); Vagnoni, Bracci (2008); Corbetta (2010). 10 Cfr. Mazzola, Marchisio, Astachan (2008). 11 Cfr. Hall, Nordqvist (2008); Dyer (1989). 3 3. Il caso Monnalisa Monnalisa è un’azienda di medie dimensioni operante in Toscana nel settore dell’abbigliamento per bambini e teenager (Figura 2), del quale rappresenta una delle realtà imprenditoriali più importanti nella fascia alta, occupando quasi la metà del mercato a livello mondiale (la sua quota relativa si attesta infatti al 49,96%). Figura 2. – Il profilo di Monnalisa (anno 2010) MONNALISA S.P.A. SETTORE SEDE CAPITALE SOCIALE FATTURATO RISULTATO D’ESERCIZIO FORZA LAVORO (MEDIA) Produzione e commercializzazione di articoli ed accessori di abbigliamento per bambini e teenager Arezzo € 2.064.000 € 36.558.468 (+280% negli ultimi venti anni) per il 47% proveniente dai mercati esteri (exta EU-12) (l’azienda vende in oltre 50 Paesi) € 3.705.756 n. 50 L’azienda nasce ad Arezzo nel 1968 su iniziativa del fondatore Piero Iacomoni, il quale, con tale progetto, mette a frutto l’esperienza maturata nel campo dell’abbigliamento come consulente di produzione. Le attività aziendali si espandono lungo tutti gli anni ’70, tanto che, nell’arco dell’intero decennio, esse vengono progressivamente suddivise e attribuite a differenti società, iniziando così a comporre quello che è attualmente il “Gruppo Monnalisa” (Figura 2). Il percorso di crescita aziendale persiste, graduale e costante, per tutti gli anni ’80 (periodo in cui inizia anche la penetrazione nei mercati esteri di Monnalisa), continuando altresì a riflettersi nella struttura organizzativa d’impresa. Alle soglie degli anni ’80, in particolare, le aumentate dimensioni aziendali spingono l’imprenditore a rivedere la forma giuridica adottata, passando da ditta individuale a società a responsabilità limitata, ritenuta più idonea ad assecondare le maggiori complessità di gestione. Mediante tale passaggio, inoltre, si formalizza l’ingresso in azienda di Barbara Bertocci, moglie di Piero Iacomoni, la quale già dal 1978, a dieci anni dalla sua costituzione, era entrata a far parte di Monnalisa come collaboratrice familiare, occupandosi dell’area stilistica. Monnalisa risulta così posseduta da Piero e Barbara Iacomoni, in quote paritarie. Ciò sino al 1985, anno in cui viene ceduta una quota pari al 5% di Monnalisa S.p.A. a ciascuno dei due figli della coppia, al tempo non ancora neppure maggiorenni (12 e 13 anni). Nel 1991, inoltre, Monnalisa passa da società a responsabilità limitata a società per azioni. Nonostante l’attuale forma societaria, Monnalisa continua ad essere un’azienda a carattere familiare: il capitale sociale è infatti detenuto al 51% dalla famiglia Iacomoni ed al 49% dalla finanziaria del “Gruppo Monnalisa”, la Jafin S.p.A., anch’essa totalmente posseduta dal nucleo familiare, così come tutte le altre società dello stesso, fatta eccezione per la Penta Service s.r.l., di appartenenza di Piero Iacomoni e di un socio lavoratore (Figura 3). In particolare, la partecipazione dei figli si è progressivamente rafforzata dal 1985 e soprattutto nel 1995, anno in cui hanno iniziato ad operare in azienda: la figlia nel reparto stile con la madre, avendo frequentato un istituto di moda, ed il figlio, che invece ha studiato come operatore turistico, 4 occupandosi della gestione di una struttura ricettiva di proprietà aziendale, ove vengono ospitati i clienti quando fanno visita in azienda. Figura 3. – Il “Gruppo Monnalisa” (anno 2010) JAFIN S.p.A. (1984) Finanziaria e centro servizi amm.vi per le aziende partecipate 30% fondatore 40% moglie 15% cad. figli P.J. s.r.l. (1985) Immobiliare del Gruppo 2,5% fondatore 97,5 % Jafin S.p.A Babalai s.r.l. (2008) Cura stile, proptotipa e progettazione delle varie collezioni 70% Monnalisa S.p.A. 24 % Jafin S.p.A. 1,5 % cad. fondatore, mogliee figli Penta Service s.r.l. Monnalisa S.p.A. (1991; 1980 s.r.l.) Monnalisa&Co. s.r.l. Produce e vende coordinati Monnalisa Factory outlet 49% Jafin S.p.A. 11% fondatore 20% moglie 10% cad. figli (1988) 30 % cad. fondatore e moglie 20 % cad. figli (1977) Sviluppa il prototipo fino al taglio elettronico; si occupa del controllo qualitativo dei tessuti 75% Jafin S.p.A. 25% n. 1 socio lavoratore Malgrado il coinvolgimento dell’intera famiglia nelle attività organizzative, il governo aziendale è sempre rimasto nella responsabilità del fondatore Piero Iacomoni, che fino al febbraio 2010 è stato amministratore unico e direttore generale di Monnalisa. Così come testimoniato dai vari responsabili intervistati, tuttavia, nello svolgimento delle sue funzioni l’amministratore “si è sempre dimostrato volenteroso e disposto a farsi affiancare e supportare da altri soggetti in grado, oltre che di sostituirlo nella conduzione delle sempre più numerose e complesse attività aziendali, di apportare nuove e differenti conoscenze capaci di integrare e compensare in parte le competenze da lui detenute” (Responsabile Produzione). In effetti, così come confermato dal controller: “fin dai primi anni ’90 è stato attuato in Monnalisa un processo di delega inerente le principali funzioni aziendali; i singoli responsabili si coordinano e rispondono direttamente alla direzione generale, mantenendo così una struttura organizzativa piuttosto piatta” (Figura 4). 5 Figura 4. – L’assetto organizzativo di Monnalisa Direzione Generale Qualità e Responsabilità Sociale CED Stile Vendite & Marketing Finanza e Controllo Produzione Dalle interviste effettuate emerge, in particolare, come “l’aumento delle dimensioni di Monnalisa e della correlata complessità aziendale, sia da un punto di vista operativo che organizzativo, non hanno comportato la perdita delle sue caratteristiche fondamentali che ne hanno determinato in larga parte l’attuale successo” (responsabile Qualità e Responsabilità Sociale). Esse, in particolare, vengono individuate e sintetizzate dai vari responsabili nella natura familiare (la famiglia proprietaria possiede, direttamente ed indirettamente, tutte le azioni della società), nella dimensione umana (contribuendo così alla creazione di un clima aziendale particolarmente positivo e fortemente coeso) e nella gestione partecipata dell’azienda (processi decisionali altamente condivisi, anche nel riconoscimento che: “la cooperazione per il raggiungimento della missione aziendale è tanto più efficace quanto più ciascun interessato vede il suo impegno orientato ad uno scopo e si sente trattato in modo equo” – Piero Iacomoni). Lo spirito di squadra e la coesione interna risultano anche “la naturale conseguenza delle dimensioni ancora piuttosto contenute di Monnalisa e della particolare natura del suo processo di sviluppo” (responsabile Qualità e Responsabilità Sociale). Nello specifico, l’azienda ha sperimentato un processo evolutivo non solamente graduale, ma supportato anche da percorsi di crescita interna che, non potendosi svolgere in verticale, essendo la struttura organizzativa piuttosto piatta, hanno seguito delle linee trasversali. Ciò ha rappresentato un fattore di successo determinante non solo per il dipendente, che, dal cambio di mansione con nuove responsabilità, vede ampliare il proprio bagaglio di conoscenze e competenze, ma anche per l’azienda, che capitalizza maggiormente i propri saperi, rendendoli più diffusi12. 12 In effetti, in Monnalisa viene valutato positivamente sia dalla direzione che dal personale la possibilità di crescere trasversalmente mediante il turnover interno e la modifica delle proprie mansioni, con l’acquisizione di nuove responsabilità. Una modalità di misurazione di questo aspetto è data dal tasso di polivalenza, vale a dire dal numero di persone all’interno dell’azienda che hanno svolto in essa anche altre mansioni rispetto a quelle attualmente ricoperte. Tale indice, il quale è andato incrementandosi nel tempo a dimostrazione di una maggior capitalizzazione e diffusione di competenze all’interno dell’azienda, testimonia la presenza di un organico volitivo e versatile, proattivo al cambiamento. Esso, in particolare, nel 2007 registrava un valore pari al 22% (con una crescita di due punti rispetto all’esercizio precedente), assestandosi poi su di un valore pari al 48% nel triennio successivo. Circa un terzo dei dipendenti di Monnalisa, inoltre, è in grado di svolgere autonomamente anche altre mansioni rispetto a quelle attualmente di propria responsabilità. Cfr. Bilanci Monnalisa 2006-2010. 6 Sino al 2010, la moglie e i figli del fondatore, pur partecipando alla definizione delle linee strategiche aziendali (sia direttamente, in qualità di soci, che indirettamente, come componenti del nucleo familiare), non intervengono nelle attività di direzione generale. Come affermato dallo stesso fondatore: la prima “si è da sempre occupata dell’area creativa dell’azienda, dirigendo e governando la funzione Stile”, i secondi, invece, “hanno scelto di non assumere responsabilità direzionali, preferendo impegnarsi in specifici incarichi ove possono esprimere al meglio le proprie abilità”. Una simile situazione si è mantenuta sino al febbraio 2010, quando il fondatore ha lasciato la sua funzione di direttore generale. In effetti, come testimoniato da lui stesso: “Ho iniziato a pensare al pensionamento molti anni or sono - in particolare dal 2007 - e da allora ho iniziato a preparare la struttura affinché possa andare avanti da sola”. Infatti, come affermato sempre da Iacomoni prima del suo ritiro dalla funzione di direttore generale: “Non voglio essere quello che lascia imposizioni anche quando non c’è più”. In tal senso, nel luglio 2008 genitori e figli hanno stipulato un accordo familiare mediante il quale hanno specificato e formalizzato le modalità attraverso cui dovrà realizzarsi il futuro governo di Monnalisa. In particolare, l’accordo prevede l’ingresso di tutti i membri della famiglia nel Consiglio di Amministrazione aziendale e delega la gestione operativa dell’azienda ad uno staff di manager guidati da un direttore generale nominato dallo stesso CdA, il quale, come stabilito nell’accordo, “dovrà avere una laurea, un master minimo di due anni, la conoscenza di almeno due lingue straniere, ...”. Oggi, il ruolo della famiglia è quindi quello di guida e indirizzo delle attività aziendali, che si svolge nell’ambito delle funzioni proprie del Consiglio di Amministrazione. Precisava al riguardo lo stesso fondatore prima del suo ritiro dalla funzione di direttore generale: “siamo già tutti il C.d.A. come nucleo familiare e tutti partecipiamo alla definizione delle linee strategiche aziendali, ma nessuno ha mai fatto un C.d.A. ufficiale, ovvero esecutivo, che possa proporre delle cose concrete: tutti abbiamo da imparare! Io devo apprendere come poter svolgere un lavoro di suggerimenti di operazioni da fare, senza operare direttamente; i miei figli, invece, così come il nuovo direttore generale, devono capire appieno e far propri i valori, le priorità e la visione di Monnalisa … che sono poi quelli che io le ho dato”. La direzione generale è invece affidata ad un manager professionista, ricercatore part-time in Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università di Firenze e già consulente esterno di Monnalisa, che dal 2009 ha affiancato Piero Iacomoni per poi prendere il suo posto a partire da febbraio 2010. Al contempo, onde facilitare il passaggio dell’incarico, il fondatore si è anche preoccupato di aumentare le responsabilità dei singoli manager, sollevandone così il novo direttore generale. 7 4. Sviluppo e successione in Monnalisa Il precedente paragrafo ripercorre brevemente l’ampio sviluppo sperimentato da Monnalisa soprattutto nel corso dell’ultimo ventennio, richiamando anche alcuni dei principali fattori che ne hanno permesso e supportato la realizzazione. In particolare, la crescita ancor più intensa degli ultimi anni è stata accompagnata dalla riconsiderazione del rapporto famiglia-impresa, passando “ad una situazione in cui la famiglia, da possessore esclusivo di risorse, diviene coordinatore di risorse interne ed esterne”13. Un simile passaggio è stato ufficializzato ad inizio 2010, ma già da un po’ di tempo l’imprenditore e fondatore di Monnalisa era impegnato nel tentativo di transitare da stili di direzione diretti e incentrati sulla persona ad orientamenti basati su meccanismi più formalizzati e imperniati su un sistema di delega. Fin dai primi anni Novanta, infatti, sono stati progressivamente inseriti in Monnalisa dei professionisti extra-familiari che hanno accompagnato la fervida imprenditorialità, già dimostrata dal fondatore, e l’estro creativo apportato da sua moglie, prima, e dalla loro figlia, poi, con adeguate competenze manageriali. Si fa riferimento, in tal senso, al fenomeno della “professionalizzazione”. La “professionalizzazione”, seppur fortemente auspicabile, soprattutto ai fini della crescita e dello sviluppo aziendale e specie nelle realtà di medio-piccole dimensioni, non è affatto immediata. Spesso, infatti, come sottolineato da Zocchi “è questo l’aspetto più difficilmente modificabile, perché attiene all’approccio culturale del singolo imprenditore che si è sedimentato dopo anni di risultati positivi”14. In Monnalisa, in particolare, la “professionalizzazione”, se da un lato ha potuto avviarsi grazie alla specifica volontà dell’imprenditore-fondatore, dall’altro si è ampliata ed approfondita soprattutto grazie allo sviluppo di una cultura aziendale indipendente dalla famiglia proprietaria, che ha agevolato il formarsi di una governance di qualità capace di conferire valore autonomo all’azienda. Questa, infatti, ha consentito di poter fare un maggior affidamento sui singoli responsabili aziendali, essendo così in grado di potenziare la delega nei loro confronti. Sottolinea al riguardo lo stesso Iacomoni: “nel tempo mi sono accorto come le varie persone in azienda hanno capito meglio cosa per me e per Monnalisa era (ed è) importante; è dunque aumentata la mia fiducia nel loro operato, che so essere più consapevole”. La “professionalizzazione” in Monnalisa ha consentito di arricchire il bagaglio di competenze presenti nel contesto aziendale stimolando la creatività intellettuale. Come testimoniato al riguardo dal responsabile Finanza e Controllo: “Quando ho iniziato a lavorare in Monnalisa ho presto capito che Piero aveva grandi idee su come gestire gli affari e, soprattutto, su come guidare le persone in azienda, valorizzando la loro creatività ed il loro potenziale. Grazie alla mia formazione ed alle mie competenze, ho così proposto l’implementazione di nuovi sistemi di controllo, quali la Balanced Scorecard e gli indicatori per il monitoraggio del capitale intellettuale, capaci di incorporare le idee di Piero e formalizzarle in una serie di report e di indicatori che tutti potessero leggere e comprendere. Piero si è sempre dimostrato entusiasta delle mie proposte, che non ha mai mancato di supportare, anche finanziariamente …”. In tal senso, la “professionalizzazione” ha altresì 13 14 Cfr. Compagno (2003: p. 51). Cfr. Zocchi (2007: p. 141). 8 permesso di dar vita a sistemi gestionali formalizzati che hanno progressivamente reso “indipendente” l’azienda dalle persone, creando condizioni autonome di funzionamento. Essi, infatti, incorporando la vision che il fondatore – o meglio, la famiglia proprietaria – ha del business, ne hanno permesso la comunicazione e la comprensione da parte di tutti i vari membri dell’organizzazione e, quindi, la loro progressiva “istituzionalizzazione”. In particolare, come evidenziato da Maraghini, la formazione di una cultura aziendale autonoma in Monnalisa è stata supportata e facilitata dal progressivo sviluppo del sistema di controllo15. I processi di definizione dei differenti sistemi di misurazione delle performance, infatti, hanno rappresentato delle straordinarie occasioni di incontro e confronto, di scambio di prospettive e competenze da parte di soggetti diversi, provenienti da differenti ambiti del contesto aziendale e, soprattutto, portatori di eterogenee prospettive e conoscenze. In tal senso, il sistema di volta in volta individuato costituisce il risultato del processo di armonizzazione tra le differenti culture dei soggetti coinvolti, in grado di assicurarne l’unitarietà degli intenti pur nel (e attraverso il) rispetto delle varie peculiarità16. Un simile processo culturale e di apprendimento individuale ed organizzativo si pone alla base anche della successione attualmente in atto in Monnalisa. Come accennato nell’ambito del precedente paragrafo 2, la problematica successoria è tra le più sviscerate dagli studiosi di aziende familiari ed è stata affrontata dalla letteratura sotto molteplici aspetti: giuridici, organizzativi, sociopsicologici, ecc17. In generale, la letteratura da anni raccomanda l’opportunità di una pianificazione strategico-organizzativa che consenta di non tramutare la successione in un evento improvviso e limitato nel tempo, ma di preparare gradualmente le condizioni per il trasferimento dei poteri e delle conoscenze18. Concepire la successione come un processo che, con l’obiettivo di garantire continuità all’azienda, perviene alla delega della responsabilità attinente al ruolo imprenditoriale, impone di considerare non solo il momento in cui si passa il testimone, ma anche tutte le decisioni che precedono e seguono l’evento ed hanno effetti (diretti o indiretti) sulla sua efficacia. In Monnalisa, il tema del passaggio generazionale è da anni al centro delle preoccupazioni del fondatore, che soprattutto a partire dal 2007 ha pianificato ed organizzato molteplici attività funzionali sia al trasferimento della proprietà che alla delega delle proprie responsabilità. Sotto il primo aspetto, la successione si è realizzata esclusivamente all’interno della famiglia. Il trasferimento della leadership, invece, ha riguardato sia i familiari (come componenti del Consiglio di Amministrazione) che manager professionisti esterni alla famiglia. In particolare, nel 2009 è stato individuato un direttore generale rispondente alle qualifiche determinate nel patto familiare appositamente stipulato nel 2008 per pianificare e programmare la successione in Monnalisa; egli ha affiancato per tutto l’anno il fondatore nell’esercizio delle proprie attività per poi sostituirlo nel 2010. Il periodo di affiancamento, come testimoniato dallo stesso Iacomoni, “è stato importantissimo non solamente per insegnare le specifiche incombenze spettanti 15 Cfr. Maraghini (2011). Cfr. Busco, Giovannoni, Scapens (2008). Busco, Quattrone e Riccaboni (2007), a questo proposito, evidenziano come i sistemi di misurazione delle performance si possano configurare come pratiche eteromogenee, cioè apparentemente omogenee ma suscettibili di molteplici utilizzi. Per la loro natura malleabile possono riunire nel medesimo spazio organizzativo diversità culturali e differenti approcci manageriali. 17 Per una rassegna sistematica sul tema, si confronti anche: Dunemann, Barrett (2004). 18 Sul passaggio generazionale, si veda, Callipari (2004), Aa.Vv. (2002) e Piantoni (1990). 16 9 al direttore generale, ma soprattutto per completare e rafforzare il trasferimento al soggetto individuato – che è esterno alla famiglia proprietaria – di quelli che sono i valori propri e fondamentali di Monnalisa”. Anche in questo caso, per attuare un simile passaggio un ruolo fondamentale è stato rivestito dai meccanismi formali del controllo di gestione e dal progressivo sviluppo della reportistica interna ed esterna, potenziati dalla contemporanea azione di meccanismi informali, fra i quali, in primis, il ruolo del fondatore19. Ciò ad ulteriore dimostrazione di quanto affermato da Zocchi, secondo il quale: “La corretta progettazione e gestione delle sinergie generazionali trova nel capo azienda / capo famiglia una figura chiave, la persona che rappresenta lo snodo critico del network sociale (gestione delle relazioni all’interno della famiglia) e del network economico (gestione delle relazioni tra l’impresa e tutti gli attori che interagiscono con essa)”20. La successione e la professionalizzazione in Monnalisa hanno seguito percorsi similari. Entrambe, ad esempio, si sono svolte sia nell’ambito della famiglia proprietaria che all’esterno, coinvolgendo manager professionisti. Per di più, i due processi hanno palesato delle profonde correlazioni ed interdipendenze. Da un lato, la successione ha interessato responsabili aziendali esterni alla famiglia proprietaria; dall’altro la professionalizzazione è stata stimolata dal bisogno di preparare il passaggio generazionale. La congiunzione dei due processi ha rafforzato la formazione di una cultura aziendale distinta e differente da quella familiare (in quanto coniuga i valori della famiglia e quelli più propriamente imprenditoriali), risultata poi di importanza fondamentale per lo sviluppo armonico dell’azienda. 19 Per approfondimenti in merito al ruolo rivestito in Monnalisa dal sistema di controllo di gestione a supporto del trasferimento della cultura tra famiglia e azienda e tra differenti soggetti e generazioni, supportando quindi i processi di transizione quali la successione e la professionalizzazione, si veda: Giovannoni, Maraghini, Riccaboni (2011). 20 Cfr. Zocchi (2007: p. 157). 10 5. Considerazioni di sintesi In linea con quanto evidenziato da Bertini, secondo cui: “Un fattore spesso sottovalutato nelle aziende familiari è la formazione e lo sviluppo della cultura aziendale”, il caso Monnalisa dimostra come la manifestazione in simili organismi di efficaci processi di crescita e di passaggio generazionale, presuppone anzitutto la capacità di facilitare il trasferimento dei principi e dei valori che ispirano la gestione aziendale dalla famiglia proprietaria agli altri membri dell’organizzazione e viceversa, sviluppando così una cultura aziendale autonoma21. Al contempo, il caso dimostra altresì come le dinamiche sia di successione che di professionalizzazione influenzano fortemente il rapporto tra cultura aziendale e cultura familiare. In tutte le sopracitate correlazioni, inoltre, meccanismi formali e informali interagiscono profondamente a dimostrazione di quanto affermato da Zocchi, secondo cui: “Non è infatti possibile che l’equilibrio degli assetti istituzionali di un’impresa di famiglia risieda unicamente in meccanismi di carattere informale, il cui funzionamento si fonda su relazioni affettive”22. In Monnalisa, in particolare, hanno rivestito un ruolo determinante i meccanismi del controllo di gestione, la cui efficacia, tuttavia, è dipesa a sua volta dalla parallela manifestazione di altri meccanismi informali, fra i quali, in primis, il ruolo del fondatore. Anche in questo caso, dunque, si rileva cruciale l’importanza che riveste nell’azienda familiare il capo famiglia. In effetti, come evidenziato da Bertini: “E’ lui che orienta la vita della famiglia; è lui che detta le linee guida per la gestione dell’azienda. Spetta a lui trasferire a tutti i membri del nucleo familiare, nessuno escluso, le stesse conoscenze, gli stessi convincimenti, le stesse paure le stesse valutazioni, lo stesso credo; in una parola i valori umani, sociali ed economici necessari per comporre in un contesto unitario virtuoso le problematiche della famiglia e quelle dell’azienda familiare. E’ lui il responsabile della cultura che sta alla base del successo, ovvero dell’insuccesso, dell’impresa”23. 21 Cfr. Bertini (2005).. Cfr. Zocchi (2007: p. 180). Analogamente, Moores e Mula (2000) sottolineano come i controlli informali non sono sufficienti nelle fasi di transizione, ma devono essere accompagnati e completati da sistemi formalizzati. 23 Cfr. Bertini (2005). 22 11 BIBLIOGRAFIA: Aa.V. (2002), La successione generazionale nelle imprese, Il Sole24Ore, Milano. Bertini U. (2005), Relazione presentata al Convegno: “Il Family Business. 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