di Puglia di Puglia

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di Puglia di Puglia
A L I M E N TA Z I O N E
A cura di Giuseppe Baldassarre *
Bianchi
di Puglia
vini da riscoprire
l clima caldo, specie nel periodo estivo ed in parte
di primavera e autunno e la grande disponibilità
di pesce e frutti di mare, dovuti ad una superficie
costiera che si snoda per più di 700 Km, favoriscono
indubbiamente in Puglia la richiesta di vini bianchi. In
realtà, la produzione di questa tipologia di vino ha nella
nostra regione tradizioni antiche, anche se ha incontrato
nel tempo inevitabili alti e bassi.
Nella prima metà del Novecento i vini bianchi pugliesi
sono stati usati come base neutra per la produzione di
vermut da parte di aziende settentrionali. Successivamente
ci si è orientati alla produzione di vini da tavola, puntando
però più sulla quantità che sulla qualità.
In questi ultimi decenni la riscossa enologica pugliese
è stata maggiormente trainata dai vini rossi, per la
produzione dei quali questa territorio è vocato in modo del
tutto particolare. Ciò ha portato forse a sottovalutare le
grandi potenzialità dei bianchi di Puglia, anche perché
l’immagine di questa tipologia di vini si era notevolmente
appannata. In questi ultimi anni si sono creati i presupposti
per la produzione di bianchi di elevato livello qualitativo:
sono state introdotte pregiate varietà alloctone, ci si è fatti
particolarmente attenti alla valorizzazione di vitigni
tradizionali, alla scelta di terreni e condizioni pedoclimatiche
ottimali e all’adozione di tecniche all’avanguardia in vigna
e in cantina.
I progressi sono stati tangibili, le novità interessanti
non sono mancate e le sorprese positive si sono fatte sempre
più frequenti; nel contempo i gusti del consumatore hanno
mostrato la tendenza ad orientarsi verso la riscoperta della
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Manfredonia di Puglia, perché fosse piantato nelle vigne
reali.
Bacci, alla fine del Cinquecento, parla del vigoroso
“Latino”, oggi sinonimo sicuro di fiano e così Sante
Lancerio, il grande bottigliere di Papa Paolo III Farnese
Una storia dalle radici antiche
(1534-1549. In Puglia era coltivato in provincia di Foggia,
nella zona del Gargano; in provincia di Bari era presente
La storia dei vitigni a bacca bianca e dei vini bianchi
a Gioia del Colle, Turi, Casamassima, e a Barletta – ove
affonda le radici in un passato lontano, con ricordi legati
era conosciuto come “Latina bianca” – ed a Bitonto come
alle presenze e al passaggio di numerosi popoli, tra i quali
“Minutola”.
certamente gli antichi apuli, i fenici, i greci e i romani.
Quanto alle testimonianze di epoche successive,
Le testimonianze storiche più sicure però risalgono al
Rendella, nel suo famoso Tractatus de vinea, vindemia et
periodo medievale.
vino, edito nel 1629, cita il vino bianco di Gravina tra i più
Nelle sue soste a Castel del Monte, a Gravina e in altri
apprezzati della sua epoca.
castelli pugliesi Federico II amava consumare vini
Altre notizie sulle uve bianche da vino
bianchi provenienti dalla Campania e tra questi
coltivate in terra di Bari all’inizio
in particolare il greco. Successivamente,
dell’Ottocento ce le fornisce in una
forse proprio per soddisfare le preferenze
relazione del 1811 il canonico don
dell’Imperatore, il greco fu piantato in
Vitangelo Bisceglia, che elenca
alcune località della Puglia e
uva turca, moscatellone,
segnatamente nel foggiano e a
moscatello, moscatello selvatico,
Gravina.
greco, colatamburro, verdea,
Difatti, nella fiera di Gravina,
malvasia bianca, menna vacca,
istituita nel 1313 da Roberto d’Angiò,
malvasia di Candia, pampanuto,
è documentata la vendita del vino
abruzzese, uva di S. Pietro,
bianco locale, la celebre frizzante
luvino, cuntuillo, sancinella e
“verdeca”. Con ogni probabilità essa
cuntrella.
Alcune di tali uve sono
non era ricavata dall’omonimo vitigno,
scomparse
a
causa delle devastazioni
ma da uve greco già all’epoca
causate dalla fillossera.
ampiamente presenti nella zona. Poiché
Annota Vitagliano che nella prima
le uve erano raccolte in anticipo, rispetto alla
parte del Novecento dalla varietà greco si
completa maturazione, il vino aveva uno spiccato
produceva il Lucera bianco, oggi scomparso. Per
colore verdolino (di qui il nome) ed un bassa gradazione
la produzione del bianco di San Severo si utilizzavano
alcolica. Essendo il mosto messo a fermentare in fresche
bombino, greco, malvasia bianca e/o mostosa, mentre il
cantine di tufo, si otteneva una fermentazione incompleta,
pampanuto era il vitigno maggiormente impiegato per la
che riprendeva, spontaneamente, in primavera, rendendo
preparazione del bianco di Castel del Monte. Il Gravina,
la verdeca leggermente frizzante. Il vino, ancora abboccato,
come si è accennato, veniva prodotto dal greco. Per il
era poi allegramente consumato ad aprile in occasione
Locorotondo ed il Martina si faceva uso di verdeca e bianco
dell’annuale fiera di S. Giorgio.
d’Alessano, mentre nel Salento erano coltivati malvasia
Il territorio di Gravina si orienta quindi fin dal medioevo
bianca, asprinio, Gerusalemme, buttapalmento, minganno,
verso la produzione di uve bianche da vino, anche perché
furmint e riesling.
la vicinanza dell’area del Vulture consentiva, già da allora,
In tempi più recenti sono arrivate in Puglia,
l’approvvigionamento di pregiato aglianico. N e l l ’ a r e a
acclimatandosi splendidamente varietà internazionali come
gravinese è stata documentata l’esistenza di un altro vitigno
chardonnay, sauvignon, pinot bianco,
a bacca bianca, il gravisano, scomparso agli
semillon e viognier. Ancora più
inizi del Novecento per l’azione devastatrice
Recuperati i
recentemente si è proceduto al recupero di
della fillossera. Si trattava, a quanto risulta,
vitigni autoctoni
alcuni vitigni autoctoni o tradizionali in via
di un clone di greco a maturazione precoce,
di sparizione.
e potenziati quelli
che i contadini lasciavano appassire sugli
Per esempio, nel lavoro di reperimento
alberelli, per raccoglierlo tardivamente,
tradizionali
di biotipi sopravvissuti alla crisi fillosserica
all’epoca della vendemmia delle altre uve
è stata riscontrata proprio nella zona di
greco. Veniva vinificato in modo separato per
Locorotondo una varietà denominata fiano “minutola” o
ottenerne un vero e proprio nettare, un vino dolce, tanto
“minutolo”, dalle caratteristiche chiaramente aromatiche.
delizioso quanto raro, che veniva offerto agli ospiti di
Dalle prime esperienze effettuate e riferite alla
riguardo.
vinificazione di queste uve coltivate nell’area di
Anche il fiano, coltivato nell’avellinese da più di duemila
Locorotondo, si è ottenuto un vino molto strutturato, con
anni, giunge in Puglia nel periodo medievale. Fu Carlo II
un alto contenuto in alcol, buona acidità, pH sufficientemente
D’Angiò, re di Sicilia fra il 1285 ed il 1309, ad ordinare la
basso ed un corredo aromatico di grande rilevanza.
spedizione di 16.000 viti di fiano da Cava dei Tirreni a
personalità originale, elegante, delicata, fresca ed invitante
di questa gamma di vini.
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La gamma dei bianchi pugliesi
Bari, Taranto e Brindisi, il “Bianco” delle D.O.C.
Locorotondo e Martina Franca (o Martina) si ricava
principalmente da verdeca (50-65%) e bianco d’Alessano
Percorrendo da nord a sud si incontra una grande varietà
(35-50%); fiano, bombino bianco e malvasia toscana possono
di vini bianchi proposta da diverse D.O.C. e da tutte le
contribuire fino ad un massimo del 5%. Viene anche prodotto
I.G.T. di Puglia.
nella tipologia Spumante.
In Capitanata si trovano diversi vini interessanti compresi
I vitigni dai quali prende sostanza il “Bianco” della
nelle I.G.T. Daunia e Puglia ed il famoso “Bianco” della
D.O.C. Ostuni sono impigno (50-85%), francavilla (15D.O.C. San Severo. Quest’ultimo è ottenuto soprattutto da
50%), verdeca e bianco d’Alessano (massimo 10%).
bombino bianco, con il contributo anche di trebbiano toscano,
Il “Bianco” della D.O.C. Lizzano, prodotto anche nella
malvasia bianca e verdeca.
tipologia Spumante, nasce da trebbiano toscano (40-60%),
Procedendo verso la provincia di Bari si incontrano i
chardonnay e/o pinot bianco (minimo 30%), malvasia bianca
vini bianchi delle I.G.T. Puglia, Murgia e Valle d’Itria e di
(massimo 10%), sauvignon e/o bianco d’Alessano (massimo
diverse D.O.C. Nella D.O.C. Castel del Monte è prevista
25%).
la produzione di un “Bianco” da pampanuto
Per quanto riguarda il Salento, la D.O.C.
e/o chardonnay e/o bombino bianco, con
Salice
Salentino prevede un “Bianco” da
l’apporto eventuale di altre uve bianche fino
Riconosciuta
chardonnay (minimo 70%) ed eventualmente
ad un massimo del 35%. Vengono anche
la I.G.T. e la
da altri vitigni ammessi, con l’esclusione del
prodotti un “Bombino bianco”, un “Pinot
D.O.C.
a molti
moscato. E’, inoltre, previsto un “Pinot
bianco”, uno “Chardonnay” e un “Sauvignon”.
vini pugliesi
bianco”, anche in versione Spumante, nel
La base del “Bianco” della D.O.C. Gioia
quale al pinot bianco si possono affiancare,
del Colle è rappresentata dal trebbiano toscano
in misura complessiva non superiore al 15%,
(in misura del 50-70%), a cui possono essere
chardonnay e sauvignon.
aggiunte altre uve ammesse.
La base fondamentale per il “Bianco” della D.O.C.
La D.O.C. Gravina è interamente dedicata ad un
Galatina è rappresentata dallo chardonnay (minimo 55%).
“Bianco”, ottenuto da malvasia bianca lunga (40-65%),
Si produce anche uno “Chardonnay”, da uve del vitigno
greco di Tufo e/o bianco d’Alessano (35-60%), bombino
omonimo (in misura minima dell’85%).
bianco e/o trebbiano toscano e/o verdeca (massimo 10%).
Nella D.O.C. Leverano è prevista la produzione di un
Il Gravina può essere prodotto nelle tipologie Secco, Amabile
“Bianco”,
anche in versione Passito e Vendemmia Tardiva,
e Spumante.
da malvasia bianca (50%), bombino bianco (massimo 40%)
Se ci spostiamo nella zona a cavallo tra le province di
ed altri vitigni autorizzati (in misura non superiore al 30%).
Si può, inoltre, produrre una “Malvasia bianca” dalla varietà
omonima (minimo 85%), con eventuale aggiunta di altre
varietà autorizzate.
Anche nelle I.G.T. pugliesi vengono oggi proposti molti
vini bianchi interessanti, alcuni dei quali lavorano in purezza
le uve di vitigni tradizionali locali.
Sia tra i vini D.O.C. sia tra gli I.G.T. esistono bianchi
particolarmente strutturati, nell’elaborazione dei quali si
adopera la fermentazione e/o la maturazione in barriques.
Note di degustazione
I colori dei vini bianchi di Puglia spaziano dal giallo
verdolino, al giallo paglierino, per tingersi talora di bagliori
che ricordano l’oro giallo.
I profumi fruttati possono ricordare, di volta in volta,
la mela, la pera, la pesca, l’albicocca, la susina, gli agrumi,
il melone, la mandorla, ma non mancano richiami di ananas,
banana, mango, papaia a altri frutti tropicali. I sentori
floreali fanno pensare a biancospino, gelsomino, camomilla,
acacia, fiori di tiglio, fiori di arancio, mimosa, ginestra,
rosa canina e artemisia.
Sono riconoscibili a volte note vegetali di erba, fieno,
foglia di pomodoro, bosso, felce, salvia, basilico, rosmarino,
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La vinificazione
in bianco
L
timo e maggiorana.
Nei vini fermentati e/o maturati in barrique si colgono
spesso note di nocciola tostata, burro di latte, burro di
arachidi, caffè, liquirizia, vaniglia, tabacco e legno.
Al gusto questi vini trasmettono freschezza e piacevole
sapidità, in equilibrio con le caratteristiche di alcolicità e
di morbidezza.
I vini maggiormente strutturati hanno un gusto più
pieno, ricco, complesso e persistente.
Come abbinarli
Le possibilità di abbinamento dei bianchi pugliesi con
piatti e specialità gastronomiche sono davvero
numerosissime.
I bianchi più leggeri, anche in versione frizzante, vanno
benissimo con gli antipasti di terra e di mare.
Le versioni di media struttura accompagnano
splendidamente minestre con verdure, pasta ai frutti di
mare, risotti, preparazioni con verdure e/o ortaggi, piatti
con molluschi e/o crostacei, la tiella di patate riso e cozze
e i piatti di pesce alla griglia, al cartoccio, al sale e al forno.
I bianchi maggiormente strutturati e profumati si
abbinano a meraviglia con crostacei pregiati salsati, pasta
o altre preparazioni con i funghi, piatti di pesce della grande
cucina, ma anche con carni bianche (cotte senza sughi di
pomodoro) e formaggi di media stagionatura.
Per concludere
Come si è detto, il panorama dei vini bianchi pugliesi
è ampio, articolato ed in fase di ulteriore allargamento.
Anche se i margini di miglioramento sono notevoli, sia
sul piano qualitativo sia su quello dell’immagine e della
comunicazione, va detto che sempre più spesso le etichette
della nostra regione fanno parlare di sé, riscuotono
consensi, ottengono riconoscimenti e conquistano il
gradimento dei consumatori, anche dei più esigenti e
raffinati.
A patto di essere consumati con moderazione, i vini
bianchi pugliesi hanno un fascino ed una gradevolezza tutti
da scoprire.
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- cinquantuno -
e uve, generalmente
bianche ma a volte grigie
o nere, vengono sottoposte
a pressatura soffice in una
pressa idraulica orizzontale,
che consente di ottenere un
mosto fiore molto fine, che
viene subito separato da raspi, bucce e
vinaccioli.
Nel caso si vogliano
ottenere vini bianchi di
particolare personalità,
destinati ad una lunga
maturazione, si ricorre alle
tecniche di macerazione
pellicolare o di
criomacerazione.
Dopo eventuali
trattamenti e correzioni e
l’aggiunta di lieviti selezionati, il mosto viene
fatto fermentare a temperatura controllata
intorno a 16-20°C, in modo da preservare la
finezza di profumi e sapori.
A fermentazione ultimata si procede al
travaso.
L’eventuale fermentazione
malo-lattica rende il vino bianco
più morbido e meno aggressivo.
La maturazione avviene in
acciaio e/o in botte.
Seguono un ulteriore
travaso, eventuali correzioni e
la stabilizzazione, dopo di che
si procede all’imbottigliamento
e ad un periodo di affinamento
in bottiglia.
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