Zhang Huan. Ashman cenere impalpabile

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Zhang Huan. Ashman cenere impalpabile
Zhang Huan. Ashman cenere impalpabile
Questa mostra è la prima retrospettiva in Europa di Zhang Huan, un artista cinese nato nel 1965
nella provincia dello He Han, che vive e lavora tra New York e Shanghai. L’esposizione, frutto di un
progetto promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e prodotto dal PAC e da 24
ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, a cura di Elena Geuna, è stata allestita nella suggestiva cornice del
PAC Padiglione di Arte Contemporanea di Milano, i cui luminosi e ampi spazi che si affacciano sui
giardini della Villa Reale di via Palestro, sono gli ambienti ideali per ospitare le grandi opere del
maestro cinese.
Berlin Buddha, 2007
Nella sede milanese della mostra sono state esposte, dal sette luglio al dodici settembre
quarantadue opere provenienti da importanti collezioni internazionali, allestite in modo da
permettere al visitatore di compiere un viaggio a ritroso nella carriera artistica di Zhang Huan: dalle
più recenti opere realizzate con la cenere alle performances dei primi anni Novanta.
Tra i lavori di questo artista cinese colpiscono, forse per le loro dimensioni, le opere che hanno come
soggetto Buddha o parti del suo corpo. Il monumentale Berlin Buddha, un’installazione realizzata
per una mostra del 2007 a Berlino, è in realtà costituita da due grandi sculture, poste l’una di fronte
all’altra. Entrambe hanno come soggetto un Buddha seduto e sono alte circa quattro metri, ma ciò
che le distingue è la loro esecuzione poiché una delle due è fatta di cenere, mentre l’altra è il calco
in alluminio della prima. La cenere però non è comune polvere vulcanica o di sigaretta, bensì cenere
di incenso proveniente dai templi delle province di Shanghai, che l’artista ogni anno si fa portare in
studio, dove poi viene trattata e lavorata diventando così materia prima per opere e dipinti. Questa
cenere quindi contiene in sé l’essenza delle preghiere dei fedeli, le speranze di chi si reca al tempio
per dialogare silenziosamente con Buddha accendendo in suo onore bastoncini d’incenso. Materia
impalpabile e volatile per eccellenza, la cenere rinasce a nuova vita, si trasforma, da “scarto” della
combustione, frutto di preghiere e speranze, in materia per opere d’arte, in elemento scultoreo e
pittorico che trae nuova forza, sostanza e soprattutto forma dalla lavorazione sapiente di questo
mistico artista. Il cinereo Buddha è oltretutto scultura soggetta al modificarsi del tempo, destinata a
sfaldarsi al passaggio dei visitatori, a sgretolarsi per le vibrazioni, i respiri e l’andirivieni intorno a
lui, nuovo monumentale simulacro e al contempo destinatario di occidentali preghiere. La speranza
quindi, la preghiera che accomuna l’uomo in ogni dove sulla terra e insieme lo scorrere del tempo,
quel passare inarrestabile dei secondi e delle ore che trasformano lo stesso corpo umano dell’orante
inginocchiato in cenere e futuro nutrimento della terra.
Ma con la cenere sono realizzati anche gli Ash Paintings e le Ash Sculptures, i cui soggetti prendono
spunto da immagini d’epoca del Realismo Socialista, dalle iconografie della propaganda o da
immagini dell’artista stesso, di cui ritroviamo i tratti somatici nelle sculture; sono opere che pescano
nella memoria collettiva cinese, sono ritratti di Mao, episodi di guerra, bandiere e teschi di uomini e
animali. Anche queste sculture sembrano inafferrabili ed effimere, destinate col tempo a scomparire
dissolvendosi nell’aria.
Durante un viaggio in Tibet nel 2005 l’artista trova lungo il suo cammino molteplici frammenti di
sculture del Buddha, che diventano in seguito punto di partenza per opere monumentali in bronzo e
pelle di vacca. La mano, un dito, le gambe, il volto, elementi anatomici che, privati della relazione
con il corpo-tutto da cui provengono, perdono la loro attinenza con la scultura d’origine e si
trasformano in nuovi simulacri, andando a costruire una diversa iconografia del sacro.
Buddha Hand, 2006
Molto diverse sono invece le prime opere degli anni Novanta, quando agli esordi Zhang Huan era
legato all’East Village di Beijing, una comunità di artisti che abitava in un’area rurale alla periferia
della città, e in seguito con il trasferimento a New York. Si tratta di azioni performative che l’artista
realizzò in prima persona, utilizzando il proprio corpo come mezzo di comunicazione e usando l’arte
come strumento di protesta. Copertosi di miele e olio di pesce sedeva per un’ora in una latrina
pubblica, o “vestito” di carne cruda camminava per le vie della città liberando colombe dalle gabbie.
Il corpo come strumento per manifestare la propria difficoltà all’integrazione, la complessità del
mantenere le proprie origini culturali in un mondo occidentale così diverso, meccanico e conformista.
Da opere crude, che vedono il corpo dell’artista cinese esposto in prima fila, martoriato e ferito,
inciso e tormentato, alla impalpabile e volatile consistenza della cenere, in opere contemplative e
spirituali, sculture monumentali che sembrano diventare oggetto di nuove preghiere e speranze.
Martina Ganino
D’ARS year 50/nr 203/september 2010