Pareti finestrate e Piano Casa

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Pareti finestrate e Piano Casa
CITTÀ DI LIGNANO SABBIADORO
PROVINCIA DI UDINE
Viale Europa, 26 – 33054 Lignano Sabbiadoro (UD) – codice fiscale 83000710307
_______________________________________
Lignano Sabbiadoro, Lì _______________
Prot. n. _________
AL PUBBLICO E AI TECNICI INTERESSATI
ALL’UFFICIO EDILIZIA PRIVATA
SEDE
ALL’UFFICIO URBANISTICA
SEDE
AL SINDACO
SEDE
ALL’ASSESSORE ALL’URBANISTICA
SEDE
AL SEGRETARIO COMUNALE
SEDE
Oggetto: CIRCOLARE ESPLICATIVA DEL RESPONSABILE DI SETTORE - DISTANZE
TRA PARETI FINESTRATE E PIANO CASA
Sono pervenuti presso questo settore diversi quesiti, formulati da tecnici del luogo, inerenti la
corretta applicazione del Piano Casa regionale, con specifico riguardo alle norme sulle distanze tra
costruzioni e le deroghe agli strumenti urbanistici comunali previste nella L.R. 19/2009, al capo
VII.
In merito ai quesiti pervenuti lo scrivente ufficio esplicita le seguenti considerazioni e indirizzi
applicativi.
In tema di distanze fra le costruzioni il primo riferimento normativo a cui fare riferimento è il
Codice Civile agli articoli 873 e seguenti fino al 907.
L’art. 873 c.c. dispone: “Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono
essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una
distanza maggiore”.
Questo significa che sono gli strumenti urbanistici del Comune il riferimento principale e che le
disposizioni del codice civile si applicano solo in loro mancanza. In tema di distanze fra
costruzioni, le prescrizioni di piano regolatore acquistano difatti efficacia di norme giuridiche
integrative dell'art. 873 c.c.
La previsione nell'art. 873 del Codice civile di una distanza nelle costruzioni non minore di tre metri
o di altra maggiore stabilita nei regolamenti comunali integrativi della norma del codice civile, ha lo
scopo di evitare che tra le costruzioni si creino intercapedini antigieniche, dannose e pericolose per
le parti interessate, con riflessi sull'interesse della generalità degli abitanti della zona.
Per le pareti finestrate la distanza minima deve essere invece non inferiore a dieci metri. Il
riferimento normativo in questo caso è a livello statale il decreto ministeriale 2 aprile 1968 n. 1444
e, a livello regionale, il Piano Urbanistico Regionale. La previsione di una distanza minima assoluta
di metri 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti compare per la prima volta nella
legislazione nel decreto ministeriale 1444/1968, emanato ai sensi della legge 1150/1942, art. 41
quinquies, comma ultimo.
Questo decreto è stato dichiarato non applicabile nella regione Friuli Venezia Giulia, mediante la
legge regionale 42/1969, art. 1, considerato che in regione i limiti di cui alla legge 1150/1942, art.
41 quinquies, comma ultimo, dovevano essere stabiliti dal piano urbanistico regionale, già previsto
dalla legge regionale 23/1968, art. 2.
Il piano urbanistico regionale, risalente al 1978, ha infatti previsto i limiti di distanza tra pareti
finestrate e pareti di edifici antistanti nelle norme di zone B (Pur, Nda, art. 35), C (art. 36) e D (art.
37). Le norme di zona C sono state estese alla zona G (art. 40).
Esaurita la sua funzione, la legge regionale 42/1969 è stata abrogata dalla legge regionale 52/1991,
art. 141.
In conclusione: nella regione Friuli Venezia Giulia i limiti di distanza tra pareti finestrate e
pareti di edifici antistanti sono da osservarsi non perché prescritti dal decreto ministeriale
1444/1968, bensì perché prescritti dal piano urbanistico regionale.
Ai fini dell'osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dall'articolo 873 c.c. o da
norme regolamentari integrative, la nozione di “costruzione” comprende qualsiasi opera non
completamente interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo
(Cass. civ., sez. II, 22 ottobre 2007, n. 22086). Inoltre è importante rilevare come, ai fini della
disciplina urbanistica, il concetto di “edificio” non si discosti da quello di “costruzione” previsto dal
codice civile e, da ultimo, dal T.U. Edilizia.
Le distanze tra edifici si misurano solo tra fabbricati che almeno in parte si fronteggiano e non già
in ogni direzione, quindi misurazione lineare e non radiale.
La norma inoltre si applica alle pareti, pertanto, nel caso di recupero di sottotetti, è da applicarsi nel
caso in cui le linee di gronda vengano innalzate configurando ampliamento della facciata, non si
applica, invece, nel caso di modifica della pendenza della copertura. Identica esclusione riguarda la
realizzazione di abbaini che devono essere considerati parte della copertura e non facciata.
Le sopraelevazioni sono equiparate dalla legge in tutto e per tutto alle nuove costruzioni per cui si
applicheranno anche a loro la regola in tema di distanze fra edifici. Sotto l’aspetto giuridico, perché
si possa parlare di sopraelevazione l’intervento edilizio deve essere effettuato sopra un fabbricato
già esistente e deve avere ad oggetto una nuova costruzione con aumento della superficie di
ingombro e della volumetria.
Principio giurisprudenziale consolidatissimo è quello secondo cui si è in presenza di una
sopraelevazione anche quando l’aumento dell’altezza del fabbricato sia di dimensioni ridotte e la
creazione di volume aggiuntivo non sia rilevante (Cass. civ. Sez.II 05-07-2000, n. 8954; Cass.
civ. Sez.II 24-05-2000, n. 6809; Cass. civ. sez. II 22-02-1999, n. 1474; Cass. pen. Sez.III 15-061998, n. 1898).
La verifica del rispetto delle distanze tra fabbricati deve essere effettuata dal tecnico progettista al
momento della redazione del progetto.
La verifica dei corpi di fabbrica esistenti sui lotti limitrofi a quello oggetto di intervento, deve esser
effettuato in termini di:
a) distanza dai confini;
b) numero di piani fuori terra;
c) altezza totale;
d) presenza di pareti finestrate.
Nozione di parete finestrata
Come è noto, l’art. 900 c.c. disciplina due diversi tipi di finestre, le luci e le vedute (luci, quando
danno passaggio alla luce e all’aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino; vedute
o prospetti, quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente).
Secondo una giurisprudenza recente (sent. n. 2565/08 del Tar Piemonte, sez. I e TAR Puglia, sez.
III Lecce, sentt. n. 2288/08 e 2058/2008 e ) quando i regolamenti edilizi comunali o le N.T.A.
parlano genericamente di finestre o pareti finestrate, si deve intendere che essi si riferiscono sia
alle luci che alle vedute. Tale conclusione viene ritenuta corretta dallo scrivente ufficio sulla base
di almeno due argomentazioni:
- in primo luogo, in virtù del criterio formale che si esprime con il brocardo ubi lex non
distinguit nec nos distinguere debemus (quando la legge non distingue, neanche noi
possiamo farlo);
- in secondo luogo, in forza della ratio che è alla base delle norme che impongono distacchi
minimi tra fabbricati: non si può ritenere che la norma che impone un distacco minimo tra
pareti finestrate presupponga l’esistenza solo di “vedute”, in quanto la fruibilità
dell’immobile sarebbe intaccata anche qualora venisse violata la distanza minima fra “luci”
(riducendosi in questo caso l’illuminazione e l’aerazione naturali all’interno dell’edificio).
La distanza tra pareti finestrate degli edifici non è mai derogabile con atti tra privati.
Vediamo ora i casi più ricorrenti.
Quando i due edifici sono esistenti e distano meno di 10 metri, si deve procedere alla verifica delle
pareti finestrate per livello di piano.
Quando il livello di piano è interessato da una copertura, se la parete si fronteggia con una falda
inclinata non si procede a verifica, se invece fronteggia un timpano si verifica se il timpano
costituisce parete finestrata o parete non finestrata.
Nel caso di rifacimento della copertura con sopraelevazione delle pareti perimetrali si procede alla
verifica della distanza anche per queste ultime.
1° caso: Edificio esistente a distanza dal confine inferiore a 5 metri e nuovo edificio da realizzare
sul lotto limitrofo.
B
A
3.00 m
7.00 m
10.00
B
B
Il nuovo edificio (B) dovrà distare 10 metri dalle pareti finestrate di quello esistente (A) che è posto
a meno di 5 metri dal confine, effettuando la reciproca proiezione delle pareti finestrate.
La parete di B che è in corrispondenza di A dovrà distare sempre 10 metri, che sia finestrata o
meno. Le restanti pareti rispettano solo la distanza dal confine, che siano finestrate o no.
2° caso: Edificio esistente A con parete non finestrata, nuovo edificio B da realizzare.
B
A
3.00 m
7.00 m
10.00
B
B
La parete di B che è in corrispondenza di A dovrà distare 10 metri se si vuole realizzare finestrata,
rispettare solo la distanza dal confine se si vuole realizzare non finestrata. La parete di B non
finestrata corrispondente ad A non dovrà comunque costituire un’unica parete con le altre
finestrate.
3° caso: Edificio esistente A con parete non finestrata al piano terra.
C
3.00
A
5.00
B
Posso realizzare un nuovo edificio C con parere finestrata o non finestrata al livello del primo piano,
verificando solo la distanza dal confine. In presenza di portici, la parete alla quale fare riferimento è
quella interna al portico, ovvero un portico aperto non costituisce parete.
4° caso: Edificio esistente A con portico aperto e parete interna finestrata.
A
PORTICO
10.00
3.00
5.00
B
Posso realizzare un nuovo edificio C con parete finestrata o non finestrata al livello del piano terra, a 10
metri dalla parete interna al portico.
Se la parete interna di A è non finestrata posso realizzare C con parete non finestrata a distanza inferiore
ai 10 metri, che rispetti solo la distanza dal confine.
5° caso Edificio esistente A di un solo piano con parete finestrata.
A
3.00
10.00
5.00
PORTICO
C
Posso realizzare un nuovo edificio C che a piano terra ha un portico e parete interna (finestrata o non
finestrata) che dista 10 metri da quella esistente, mentre al primo piano ha una parete (finestrata o non
finestrata) che rispetta solo la distanza dal confine.
6° caso Edificio esistente A con parete al primo piano non finestrata, distante meno di 10 metri
dall’edificio C esistente.
C
A
3.00
Posso sopraelevare C con parete non finestrata.
5.00
B
7° caso Edifici esistenti A e C con pareti al piano terra finestrate, distanti meno di 10 metri.
C
3.00
A
5.00
Posso sopraelevare C con parete (finestrata o non finestrata), che rispetta solo la distanza dal confine.
8° caso Edifici esistenti A e C con pareti al piano terra a livelli diversi, distanti meno di 10 metri.
10.00
A
C
B
Se A ha una parete finestrata, posso sopraelevare C con parete finestrata o non finestrata a 10 metri da
A, se A ha un parete non finestrata, posso sopraelevare C con parete non finestrata rispettando la
distanza dal confine.
Piano Casa, sopraelevazione e principio di prevenzione
Il capo VII della L.R. 19/2009 individua delle misure straordinarie finalizzate al rilancio dell’attività
economica, attuata attraverso interventi edilizi realizzabili anche in deroga alle distanze previste negli
strumenti urbanistici del Comune (e quindi non a quelle tra pareti finestrate stabilite da norma
sovraordinata). A tal proposito, particolare attenzione merita l’applicazione del principio di
prevenzione, soprattutto in caso di realizzazione di edifici con pareti finestrate in sopraelevazione.
“…in materia di distanze nelle costruzioni su fondi finitimi, il principio della prevenzione dà luogo, a
favore del preveniente, a tre scelte alternative, alle quali si deve attenere anche in caso di
sopraelevazione, in quanto lo sviluppo in altezza dell'immobile resta condizionato dalla scelta iniziale:
quella di costruire sul confine; quella di rispettare il distacco previsto dal Codice civile; quella, infine,
di distaccarsi dal confine per meno della metà della distanza prescritta per le costruzioni su fondi
finitimi; pertanto, il preveniente che abbia costruito sul confine non può pretendere dal vicino
l'osservanza delle distanze per il fatto che, in sede di sopraelevazione, abbia arretrato la nuova
costruzione…” (Cassazione civile , sez. II, 13 agosto 1980, n. 4937).
La giurisprudenza consolidata ritiene dunque che solo in presenza di una norma regolamentare che
prescriva una distanza tra fabbricati con riguardo al confine si ponga l’esigenza di una equa ripartizione
tra proprietari confinanti dell’onere di salvaguardare una zona di distacco tra le costruzioni, con la
conseguenza che, in assenza di una siffatta prescrizione (ovvero in deroga alla stessa, come nel caso
del Piano Casa regionale), deve trovare applicazione il principio della prevenzione, con la conseguente
possibilità, per il prevenuto, di costruire in aderenza alla fabbrica costruita per prima, se questa sia stata
posta sul confine o a distanza inferiore alla metà del prescritto distacco tra fabbricati (Cass. n. 5364/
1997; Cass., n. 10600/ 1999; Cass., n. 13963/ 2000; Cass.Sez. Un.1 agosto 2002 n. 11489).
Sempre in materia di sopraelevazioni ed ampliamenti che riguardino la realizzazione di edifici con
pareti finestrate può risultare molto utile leggere alcuni passaggi di una importante Sentenza della
Cass. Civ. Sez. II 7/3/2002 n. 3340: in caso di realizzazione di pareti finestrate, “fermo restando che,
per motivi di logica, prima ancora che di equità, è da escludere che il preveniente possa realizzare una
parete finestrata alla distanza dal confine prevista dall’art. 905, primo comma c.c., (un metro e mezzo)
imponendo al prevenuto di arretrarsi da tale confine fino a rispettare la distanza di mt. 10 da tale
parete, la disciplina in tema di distanze va trovata integrando le previsioni di cui all’art. 9 n. D.M. 2
aprile 1968 con il principio di prevenzione, nei limiti in cui lo stesso può trovare applicazione. Se il
preveniente costruisce una parete finestrata ad una distanza pari o superiore a mt. 5 dal confine non
vi sono problemi. Il prevenuto potrà, a sua volta, realizzare un edificio con una parete, finestrata o
meno, ad una distanza pari ad almeno mt. 10, anche se inferiore a mt. 5 dal confine. E’ da ritenere che
comunque debba trovare applicazione l’art. 905 c.c. Ove il preveniente dovesse realizzare una parete
finestrata ad una distanza dal confine inferiore a mt. 5, il vicino non sarà tenuto ad arretrare la
propria costruzione fino a rispettare la distanza di mt. 10 da tale parte, ma potrà imporre al
preveniente di chiudere le aperture e costruire (evidentemente con parete non finestrata) rispettando
la metà della distanza legale dal confine, ed eventualmente procedere all’interpello di cui all’art. 875,
secondo comma, cod. civ., se non fosse stata rispettata dal preveniente la distanza minima di mt. 1,5 dal
confine. In altri termini, la logica e l’equità espressa dal generale principio di prevenzione impongono
di interpretare l’art. 9 n. 2, cit., nel senso che tra una parete finestrata e l’edificio antistante va
rispettata la distanza di mt. 10, con obbligo del prevenuto di arretrare la propria costruzione fino ad
una distanza massima di mt. 5 dal confine, se il preveniente, nel realizzare tale parete finestrata, ha
rispettato una distanza di almeno mt. 5 dal confine”.
Per i principi dedotti dalla sentenza sopra riportata si ritiene che nel caso di costruzione di parete
finestrata, anche nel caso non si fronteggino altri fabbricati e pur realizzando una costruzione con le
deroghe stabilite dal Piano Casa, debba comunque essere rispettata una distanza almeno pari a 5 metri
dal confine, proprio per evitare di incorrere in contenziosi di carattere civilistico.
Considerato inoltre che l’attività dell’Amministrazione Comunale in materia edilizia “fa salvi i diritti
di terzi”, la cui valutazione è competenza della giustizia civile, le sopraelencate problematiche non
rientrano in maniera specifica nella competenza comunale e dovranno essere tenute in debita
considerazione da parte di chi è interessato a presentare istanze per l’ottenimento di Pemessi di
Costruire usufruendo delle deroghe concesse dal Piano Casa regionale.
Infine, è da chiedersi se, visti gli artt. 37, co. 3, L.R. n. 19 del 2009 ed 11, co. 1, D.Lgs. n. 115 del
30.05.2008, la distanza prevista dall’art. 9 D.M. 1444 possa essere derogata anche nel caso di
realizzazione di interventi mirati alla riduzione del 10% dell’indice di prestazione energetica
previsto dal D.Lgs. 192/2005 (“cappotto esterno”).
L’art. 11 co. 1 D.Lgs. 115/2008 recita:
“Nel caso di edifici di nuova costruzione, lo spessore delle murature esterne, delle tamponature o
dei muri portanti, superiori ai 30 centimetri, il maggior spessore dei solai e tutti i maggiori volumi
e superfici necessari ad ottenere una riduzione minima del 10 per cento dell'indice di prestazione
energetica previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni,
certificata con le modalità di cui al medesimo decreto legislativo, non sono considerati nei computi
per la determinazioni dei volumi, delle superfici e nei rapporti di copertura, con riferimento alla
sola parte eccedente i 30 centimetri e fino ad un massimo di ulteriori 25 centimetri per gli elementi
verticali e di copertura e di 15 centimetri per quelli orizzontali intermedi. Nel rispetto dei predetti
limiti è permesso derogare, nell'ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abitativi di
cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a quanto previsto
dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze
minime tra edifici, alle distanze minime di protezione del nastro stradale, nonché alle altezze
massime degli edifici”.
Il dettato dell’articolo sopra riportato appare sufficientemente chiaro: nel rispetto dei limiti ivi
contenuti, pertanto, si ritiene che anche la distanza prevista dall’art. 9 del D.M. 1444 ben possa
essere derogata. Ciò, per quanto attiene alla legittimità del titolo abilitativo edilizio rilasciato dal
Comune. Permangono dubbi a livello privatistico, perché – come risulta dal testo dianzi riportato
della norma – la deroga di cui trattasi è ammessa “nell’ambito delle pertinenti procedure di rilascio
dei titoli abilitativi” di cui al T.U. edilizia, senza considerazione alcuna dei disposti dell’art. 873 del
Codice Civile: ma è questione che non coinvolge competenze comunali.
IL RESPONSABILE DEL SETTORE
URBANISTICA — EDILIZIA PRIVATA
Dott. arch. Marco Marmotti
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Ufficio Edilizia Privata – Settore Urbanistica ed Edilizia Privata
responsabile del procedimento Arch. Marco Marmotti
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