Riforma del Patto di Stabilità e di Crescita

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Riforma del Patto di Stabilità e di Crescita
Area Studi
Aprile 2005
Riforma del Patto di
Stabilità e di Crescita
SOMMARIO
1. Caratteristiche del Patto di
Stabilità e di Crescita
A cura di:
Marco Rabuffetti
mailto:[email protected]
Luigia Campagna
mailto:[email protected]
2. Limiti del Patto di Stabilità e
di Crescita
3. Riforma
del
Patto
Stabilità e di Crescita
4. Conclusioni
Responsabile Area Studi:
Sergio Lugaresi
mailto:[email protected]
di
Area Studi
Patto di Stabilità e di Crescita - Aprile 2005
SOMMARIO
1) Caratteristiche del Patto di Stabilità e di Crescita
2) Limiti del Patto di Stabilità e di Crescita
3) Riforma del Patto di Stabilità e di Crescita
4) Conclusioni
I governi di Germania, Francia ed Italia, i Paesi che, complessivamente, generano circa
tre quarti del prodotto interno lordo europeo, stanno incontrando sempre maggiori
problemi a gestire le politiche fiscali interne nel rispetto dei vincoli del Trattato
sull’Unione Europea. E’ dal 2002, in particolare, che Germania e Francia non riescono a
rispettare il tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil, mentre in molti prevedono che l’Italia
sforerà già da quest’anno (proprio per questo motivo - oltre che per l’incapacità di
ridurre l’elevato stock di debito – Standard & Poor’s ha recentemente ridotto il rating
assegnato
all’Italia).
I
governi
dei
tre
Paesi
hanno
esercitato
pressioni
sulla
Commissione Europea per modificare alcuni parametri del Patto di Crescita e Stabilità,
così da evitare le sanzioni previste.
1. Caratteristiche del Patto di Stabilità e di Crescita
Il Trattato di Maastricht definisce a livello generale le regole della politica fiscale
europea. Poiché il Trattato prevede soprattutto la definizione dei criteri quantitativi per
l'adozione della moneta unica, senza definire una politica di bilancio da seguire, nel
1997 è stato approvato (tramite un protocollo al Trattato di Maastricht) il Patto di
Stabilità e di Crescita, un documento che si iscrive nella logica del Trattato e ne estende
le disposizioni, dettando regolamenti intesi a “rafforzare la sorveglianza e la disciplina di
bilancio e accelerare e chiarire la procedura relativa ai disavanzi eccessivi”.
I recenti avvenimenti politico-economici hanno portato alla ribalta l’importanza delle
due regole cardine su cui si basa l’adesione all’Unione Monetaria:
•
il disavanzo pubblico di bilancio attuale e programmato non deve superare il 3%
del prodotto interno lordo;
•
il debito lordo di un Paese deve mantenersi entro il 60% del prodotto interno
lordo.
i
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Patto di Stabilità e di Crescita - Aprile 2005
Il Trattato impone a tutti i governi il rispetto dei suddetti limiti. Qualora un Paese non
rispetti il primo criterio viene automaticamente avviata la Procedura dei Disavanzi
Eccessivi.
Il Patto di Stabilità chiarisce e regolamenta tale procedura, già tracciata nell’art. 104c
del Trattato. In particolare, esso stabilisce che il Consiglio Europeo:
•
invia, una volta deciso che un disavanzo eccessivo esiste, delle raccomandazioni
al governo interessato, affinché 1) adotti le misure necessarie per porre rimedio
a tale situazione entro 4 mesi; 2) tali misure assicurino la correzione del
disavanzo eccessivo entro 1 anno dalla notifica del fatto, salvo “circostanze
particolari” (riduzione annua del PIL reale di almeno lo 0,75%);
•
impone sanzioni se il governo del Paese inadempiente non adotta le misure
necessarie per ridurre il deficit come raccomandato dal Consiglio stesso;
•
stabilisce l’entità della sanzione, che consiste in un deposito infruttifero,
trasformato dopo due anni in un’ammenda qualora il Paese Membro non
corregga il deficit.
La Procedura dei disavanzi eccessivi non viene avviata solo nel caso di disavanzo
“eccezionale”. I casi previsti da cui potrebbe risultare l’eccezionalità sono solamente
due:
•
un evento straordinario, che sfugge al controllo dello Stato membro in
questione;
•
una grave recessione economica (riduzione annua del PIL reale di almeno il 2%).
2. Limiti del Patto di Stabilità e di Crescita
Il Patto, nella sua formulazione originaria, era quindi inteso a rafforzare l’impegno dei
Paesi membri dell’Unione Monetaria a mantenere i deficit di bilancio sotto il 3% del PIL
e a conseguire “nel medio termine” situazioni di bilancio in surplus o prossime al
pareggio.
La procedura di sorveglianza e la procedura per i disavanzi eccessivi erano comuni a
tutti gli Stati membri. Ciò significa che tutte le nazioni erano trattate allo stesso modo,
nonostante ci fossero rapporti debito/Pil molto differenti all'interno dell'area. Questo
implica che il Patto attribuiva grande enfasi al “deficit” ma scarsa rilevanza al “debito”
(vedi figura 1)..
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Patto di Stabilità e di Crescita - Aprile 2005
Nel valutare i disavanzi, non esisteva una distinzione tra spese a fini di investimento
(golden rule) e spese correnti, nonostante il diverso impatto delle due tipologie di spesa
sulla sostenibilità finanziaria di medio-lungo periodo.
Il Patto obbliga i Paesi membri ad assumere l’impegno di adottare tempestivamente
misure di correzione non appena il deficit supera il limite del 3%, ma non obbliga
simmetricamente ad alcuna procedura di consolidamento dell'avanzo fiscale nei periodi
favorevoli, con il risultato implicito di porre minore attenzione alle politiche di
aggiustamento strutturale.
Il sistema delle sanzioni, , infine, poneva rischi di aggravio fiscale derivanti
dall’applicazione incondizionata della sanzione (l’importo annuo dell’ammenda può
raggiungere lo 0,5% del Pil).
3. Riforma del Patto di Stabilità e di Crescita
Le recenti pressioni provenienti dai governi di Germania, Francia ed Italia volte a
modificare il Patto di Stabilità e di Crescita sono state indirizzate a cambiare parte dei
regolamenti di interpretazione ed attuazione del Patto stesso, ma non erano finalizzate
a cambiare i criteri ispiratori del Trattato di Maastricht. In particolare, i Governi in
oggetto hanno chiesto
che venissero modificate soprattutto le cause che facevano
scattare la Procedura dei Disavanzi Eccessivi, nonché la sua attuazione. L’intento era
quello di introdurre una maggiore flessibilità, prevedendo “attenuanti” all’esame delle
situazioni fiscali dei singoli Stati e consentendo un allungamento dei tempi previsti per
la correzione dei disavanzi eccessivi.
I ripetuti sforzi di trovare un accordo comune hanno prodotto i loro effetti il 20 marzo
scorso, quando i ministri dell’ECOFIN hanno raggiunto un compromesso per allentare i
vincoli imposti alla spesa pubblica, accogliendo parte delle richieste provenienti da
Germania, Francia, Italia e Polonia.
Sebbene il parametro cardine del deficit non superiore al 3% del PIL è rimasto, il
compromesso raggiunto prevede che siano possibili sforamenti, a condizione che essi
siano “di lieve entità e temporanei”.
Il 3%, inoltre, può essere sforato senza incorrere in sanzioni anche in caso di “un
periodo prolungato di crescita del PIL vicina alla zero”.
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Altre innovazioni importanti presenti nel testo proposto al Consiglio dei Capi di Stato e
di Governo lo scorso 22 e il 23 marzo sono state l’introduzione di:
•
analisi più specifica e dettagliata della situazione economica di ciascun Paese,
rispettando le diversità esistenti nelle economie finanziarie dei 25 Paesi Membri;
•
enfasi maggiore al ritmo di riduzione del debito, che viene slegato dal rigoroso
rispetto dei parametri quantitativi;
•
deroga di un anno per riportare il deficit fiscale sotto la soglia del 3% in caso di
alcune “circostanze attenuanti”. I due anni di tempo possono aumentare sino a
cinque a fronte di shock economici imprevisti.
•
più tempo per raggiungere il pareggio o il surplus di bilancio ogni anno nel caso
di importanti riforme strutturali (previdenza e sanità).
Le “circostanze attenuanti” di cui sopra hanno risposto alle richieste dei governi
tedesco, francese ed italiano di scorporare dal computo del deficit alcune voci di spesa,
in particolare innovazione, ricerca e sviluppo, educazione, stimolo all’occupazione,
investimenti pubblici per stimolare la crescita potenziale e spese per la solidarietà
internazionale. E’ stata infine accolta la richiesta della Germania e della Polonia di
tenere in considerazione i costi dell’unificazione europea, che hanno un impatto sulla
crescita economica di uno Stato Membro e sulla sua posizione fiscale;
I ministri dell’ECOFIN hanno comunque chiesto ai Capi di Governo di pubblicare una
risoluzione affinché riaffermino in modo solenne il loro impegno a rispettare il Patto di
Stabilità e di Crescita in modo efficace e tempestivo.
4. CONCLUSIONI
Dal punto di vista economico le modifiche al Patto di Stabilità e di Crescita concedono
indubbi vantaggi ai governi, garantendo quella maggiore flessibilità nel decidere la
politica fiscale domestica necessaria per meglio gestire le differenze tuttora in corso tra
i diversi Paesi aderenti all’Unione Monetaria.
Le modifiche sono state sicuramente importanti, ma una riforma in direzione di una
maggiore flessibilità appariva forse la soluzione necessaria per conservare la coesione
intorno al progetto di Unione Monetaria, che comunque rimane fondato sul principio di
finanze pubbliche sane e sulla necessità di sorvegliare la disciplina di bilancio.
L’architettura
del
Patto
è
rimasta
in
piedi,
anche
se
è
stata
abbandonata
l’interpretazione più restrittiva a favore di una filosofia fondata in misura maggiore che
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Patto di Stabilità e di Crescita - Aprile 2005
in passato sulla “fiducia”: fiducia che i singoli Stati continuino a lavorare all’obiettivo di
una finanza pubblica sana, l’unica che possa assicurare le condizioni per una stabilità
finanziaria dell’area.
Qualche problema ci sembra possa originarsi dal modo in cui questo nuovo equilibrio è
stato raggiunto. L’iter che ha portato a questa riforma ha messo in luce l’ampio potere
delle forze politiche dei tre Paesi più importanti dell’area euro, sbilanciando in modo
preoccupante gli equilibri trai i 25 membri dell’Unione Europea.
La divergenza di interessi emerge anche dalle diverse interpretazioni che i governi
coinvolti hanno rilasciato alle rispettive opinioni pubbliche. Al rigore di Belgio, Olanda e
Lussemburgo, che con un comunicato congiunto hanno dichiarato che i limiti del 3% e
del 60% sono mantenuti e nessuna spesa sarà esclusa dal rapporto deficit/pil, si è
contrapposta l’esultanza dei governi Schroeder, Chirac e Berlusconi per i parametri
finalmente allargati. Il presidente del Consiglio europeo Junker ha moderato i termini,
specificando che resta valido l’impegno di mantenere il deficit vicino al livello di
riferimento del 3% e che il 4% verrà considerato come disavanzo eccessivo.
E’ possibile che la mancanza di regole oggettive, unito alla sempre maggiore influenza
del potere politico nelle decisioni economiche comunitarie, potrebbe
causare un
aumento della volatilità sui mercati finanziari, in particolare sui comparti valutario e
monetario.
Limiti patto di stabilità
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110
2001
2001
2004
Italia
Debito / PIL (%)
Grecia
2004
100
90
80
Patto rispettato
2004
70
2001
Germania
Francia
60
Fonte: Eurostat
-6,0
2001
2004
Olanda
50
-7,0
Zona-euro
2004
-5,0
-4,0
-3,0
-2,0
2001
-1,0
2001
0,0
Avanzo (deficit) / PIL (%)
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Patto di Stabilità e di Crescita - Aprile 2005
Bibliografia
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CDC IXIS; Reforming the Stability Pact: What would be optimal and what is realistic;
16/3/2005.
Deutsche Bank; European Daily Economic Notes – Conflict about the SGP reform still
not resolved; 10/2/05.
Deutsche Bank; European Daily Economic Notes – EMU Insights: the SGP is watered
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Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee; Trattato sull’Unione Europea.
Goldman Sachs; Euroland Weekly Analyst, 18/2/2005.
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