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CERINDUSTRIA PIASTRELLE, un 2007 da dimenticare di Andrea Serri La concomitanza di crisi immobiliare, valutaria e inflattiva deprime la produzione italiana In termini di criticità non dovrebbe mancare proprio nulla. Nemmeno la contemporanea caduta delle diverse ‘tegole’. La fotografia 2007 dello scenario mondiale registra una quotazione del petrolio superiore ai 135 dollari al barile, un dollaro fortemente deprezzato a 1,50 $ per €, una crisi immobiliare dei mutui subprime che, per i soli Stati Uniti, vale oltre 100 miliardi di dollari, il sopraggiungere della fase di declino nei cicli immobiliari di diversi paesi europei, la riduzione del tasso di crescita dell’economia e del commercio internazionale su scala mondiale, la riduzione del reddito disponibile e la preoccupazione sul futuro che riducono il reddito disponibile e con esso i consumi, le tensioni sui costi dei fattori produttivi che minano la redditività aziendale. All’interno della peggior congiunzione degli ultimi decenni, l’industria italiana delle piastrelle di ceramica ha posto in essere tutte le azioni neces- Aziende, addetti e produzione Valori espressi in unità (aziende ed addetti) e in milioni di metri quadrati (produzione) Addetti Prod. 33.000 700 Aziende 400 350 32.000 600 300 31.000 500 250 30.000 400 200 29.000 300 150 28.000 200 100 27.000 100 26.000 0 50 90 91 92 93 94 95 96 aziende Fonte: Centro Studi Confindustria Ceramica 34 CER maggio/giugno 2008 97 98 99 addetti 00 01 02 03 produzione 04 05 06 07 sarie per limitare i danni, ristrutturare il settore e difendere le proprie quote di mercato. Confermandosi settore reattivo, ben determinato a contrastare le avverse condizioni e a cogliere le opportunità laddove queste si presentano. La struttura del settore. I dati dell’Indagine Statistica Nazionale sul settore delle piastrelle di Ceramica, curato dal Centro Studi di Confindustria Ceramica e giunto alla sua 28a edizione, evidenziano che al 31 dicembre 2007 erano presenti in Italia 206 imprese, una in meno rispetto all’anno precedente, che operano in 300 stabilimenti (3 unità in meno) dove sono attivi 641 forni (30 in meno rispetto a 12 mesi prima). Una tenuta nei numeri al di sotto della quale si evidenzia un intenso processo di ristrutturazione del settore, ma assolutamente lontano dal concetto di smobilitazione: il volume degli investimenti nel 2007 è stato pari a 302,5 milioni di euro, in crescita del 18,16% sull’anno precedente, e con un’incidenza pari al 5,23% del fatturato. La ristrutturazione è chiaramente visibile anche in termini di occupazione complessiva, che su base nazionale era a fine 2007 pari a 27.210, in calo di 883 unità (-3,14%). La flessione, che ha come epicentro la fase manifatturiera, ha interessato 641 addetti inquadrati come “operai” e 146 ‘impiegati tecnici’. In termini geografici, le aziende localizzate nelle province di Modena e Reggio Emilia ha contratto l’occupazione di 768 unità, arrivando ora ad avere a libro matricola 18.550 addetti, mentre flessioni più limitate si registrano anche in altre parti d’Italia. CERINDUSTRIA La produzione in Italia Lo scorso anno sono stati prodotti 559,1 milioni di metri quadrati, con una ulteriore flessione (-1,67%) pari a 9,5 milioni di metri quadrati rispetto al 2006, con volumi che riportano la produzione italiana ai livelli del 1996. Relativamente al portafoglio prodotti, si conferma la leadership del gres porcellanato, che con 390,7 milioni di metri quadrati continua la sua crescita (+2%) anche se a ritmi inferiori rispetto al passato arrivando ora a sfiorare il 70% dei volumi complessivi. Particolare è la dinamica nelle due componenti, dove lo smaltato (255,4 milioni di metri quadrati; 45,7% dell’intera produzione) conferma i propri volumi, mentre il non smaltato tecnico (135,35 milioni di mq.) mette a segno una espansione del 6%, tra le più significative nel corso dell’ultimo quinquennio. Le monocotture scendono a 101,44 milioni di metri quadrati, continuando nel trade off a favore del porcellanato, come conferma la significativa contrazione (17,29%) della componente chiara. La categoria ‘altri prodotti’ si è fermata a poco più di 20 milioni di metri quadri. Tra le zone di produzione, la provincia di Modena e Reggio si conferma al 78,63% del totale nazionale, con le restanti province della Regione Emilia Romagna al 10,81%. Di interesse, infine, il lieve calo dei volumi di attività diretta (piastrelle prodotte e vendute con il marchio del produttore ceramico) e la crescita dell’attività conto terzi che è ora pari al 15,23% del totale. Su valori non significativi il contoterzismo a livello internazionale delle imprese italiane della ceramica. Produzione forni / investimenti Valori espressi in milioni di metri quadrati (produzione), in unità (forni) e in milioni di euro (investimenti) 700 1000 650 900 600 550 800 500 450 700 400 350 600 300 250 500 200 150 400 100 50 300 0 90 91 92 93 94 95 96 97 98 produzione 99 00 forni 01 02 03 04 05 06 07 Investimenti Fonte: Centro Studi Confindustria Ceramica Fatturato e vendite di imprese operanti in Italia Le quantità vendute nel corso del 2007 sono risultate essere pari a 547,2 milioni di metri quadrati, con una flessione del -3,38%, pari a 19,1 milioni di metri quadrati. Tale calo segue la crescita 2006 pari a 6 milioni e rappresenta una contrazione leggermente migliore rispetto a quella subita dal settore nel 2005. Entrambe le componenti mostrano segni meno: le esportazioni hanno raggiunto i 379,4 milioni di metri quadrati, con un -4,14%; le vendite sul mercato domestico, in flessione del -1,62%, sono state pari a 167,7 milioni di metri quadrati ed ora coprono il 30,7%. Le quote per Regione si confermano in linea con quanto registrato nelle precedenti rilevazioni. Le vendite tramite attività diretta sono diminuite del –4,33% ed ora sono pari all’ 84,4% del totale, il materiale commercializzato da imprese ceramiche fatto però produrre da altre imprese ceramiche italiane ora è al 9,12% (in crescita del +4,9%), mentre le società commerciali intermediano il 6,47% del totale. Relativamente al fatturato, è bene rilevare come a fine 2007 l’industria italiana delle piastrelle di ceramica abbia, seppur solo leggermente (+0,75%), superato i valori dell’anno precedente raggiungendo il nuovo record di 5.785 milioni di euro. In termini di valori assoluti, il fatturato Italia è risultato pari a 1.601 milioni di euro (+1,13%), mente quello all’esportazione è stato risultato pari a 4.184 milioni di euro (+0,61%). Per quanto riguarda i mercati di destinazione, i quasi 380 milioni di mq. di piastrelle italiane esportati sono stati destinati, per il 55,89%, verso i mercati europei, mentre il restante 44,11% verso i continenti più lonta2008 maggio/giugno CER 35 CERINDUSTRIA ni. A livello comunitario, la Germania (44,9 milioni di metri quadrati di piastrelle di ceramica acquistati dall’Italia) registra la flessione maggiore (12,8%), che annulla le positive performance di Slovenia (+17,28%), Spagna (+12,73%), Repubblica Ceca (+11,27%) e Lituania (+26,95%). Segna il passo il primo mercato estero, europeo ma anche mondiale dell’Italia: la Francia, che lo scorso anno ha importato dal nostro Paese 58,9 milioni di metri quadrati (-1,68%), mentre la Grecia grazie a 19,5 milioni di metri quadrati, cresce del +4,28%. La marcata flessione dei mercati extracomunitari (-6,49%) origina dalla crisi del mercato immobiliare americano (Stati Uniti –15,42%), a cui si uniscono le flessioni di Asia (export 2007: 27,6 milioni di metri quadrati; -4,06%) ed Oceania (5,12%). Elementi positivi derivano in generale da diversi Paesi europei non comunitari, che nel 2007 hanno acquistato dall’Italia 55,1 milioni di metri quadrati (+3,77%), un raggruppamento all’interno dei quali si segnalano le positive performance di Le principali tipologie ed il portafoglio prodotti Valori espressi in milioni di metri quadrati (produzione) e percentuali sul volume 450 400 350 300 250 200 150 100 alcuni Paesi, tra cui spicca la Russia che con 6 milioni di metri quadrati segna un +7,51% rispetto al 2006. Di rilievo sono anche le evidenze che emergono sul versante dei prezzi medi di vendita. E’ proseguito, anche nel corso dello scorso anno (+4,28%), il progressivo innalzamento dei prezzi medi di vendita, un fenomeno iniziato nel 2003. Tale positiva variazione è il frutto di una espansione del +2,79% per quanto riguarda le vendite in Italia e di un +4,95% derivante dalle esportazioni, valore quest’ultimo di assoluta importanza se si pensa che circa un terzo delle vendite di piastrelle di ceramica viene fatturato in dollari e che la svalutazione del dollaro, nel 2006, è stata pari al 9,15%. Nonostante questo, le marginalità si sono 50 WWW 90 91 Monocottura 92 93 94 95 Bicottura Fonte: Centro Studi Confindustria Ceramica 36 CER maggio/giugno 2008 96 97 98 99 00 01 02 grès porcellanato 03 04 05 06 07 altri prodotti L’indagine statistica è disponibile su: www.confindustriaceramica.it /bookstore/studiericerche CERINDUSTRIA ridotte, nel senso che l’incremento nei costi totali del settore – misurato attraverso un apposito campione – è stato pari al +5,16%. La presenza manifatturiera estera L’internazionalizzazione produttiva dell’industria italiana delle piastrelle di ceramica, che nel corso del 2007 mostra nei suoi aggregati totali variazioni minime, in realtà è stata oggetto di un fenomeno di profonda trasformazione durante lo scorso anno, con dinamiche diverse tra le due sponde dell’Atlantico. Le 20 le società manifatturiere di diritto estero, controllate in modo totale o maggioritario da 9 35,7 milioni. In crescita anche la bicottura, che arriva a 14 milioni (+7,63%), mentre la categoria “altri prodotti” ha realizzato 9,97 milioni di metri quadrati (in calo del 1,33%). In termini di aree di produzione, nel 2007 il 77,29% dell’intero output estero è stato realizzato in paesi europei (+5,38%), la restante parte negli Stati Uniti. Le vendite sono pari a 123,3 milioni di mq e hanno generato un fatturato complessivo di 916,8 milioni di Euro (+4,67%). gruppi ceramici italiani, operano all’interno di 32 stabilimenti dove sono attivi 77 forni; l’occupazione totale raggiunge i 6.726 dipendenti (+3,8% rispetto al 2006). La produzione italiana di matrice estera è stata pari a 116,4 milioni di metri quadrati (+1,41%). In dettaglio, in modo analogo a quanto verificatosi in Italia, cala il peso della monocottura (38,2 sono stati i milioni di metri quadrati prodotti, -9,19%), mentre il gres porcellanato tecnico supera di slancio i 18 milioni di metri quadrati (+31,82%) e la versione smaltata si conferma (+0,44%) a [email protected] L’internazionalizzazione produttiva delle piastrelle italiane Valori in numeri assoluti, in metri quadrati, in migliaia di euro Produzione Vendite totali totali in mq in mq Fatturato totale in migliaia di € Aziende Stabilimenti Forni Addetti 2005 3 4 13 800 24.146.816 23.867.764 194.621 2006 4 6 20 1.527 29.405.234 30.305.377 307.956 2007 4 5 14 1.501 26.417.016 27.517.944 252.332 % 2007 su 2006 - - - -1,70% -10,16% -9,20% -18,6% 2005 15 26 64 3.333 77.008.951 75.170.187 503.958 2006 15 26 65 4.951 85.417.328 86.173.288 567.914 2007 16 27 63 5.225 90.023.168 95.810.409 664.425 % 2007 su 2006 - - - 5,53% 5,39% 11,18% 16,99% 2005 18 30 77 4.133 101.155.767 99.037.951 698.579 2006 19 32 85 6.478 114.822.562 116.478.665 875.870 2007 20 32 77 6.726 116.440.184 123.328.353 916.757 % 2007 su 2006 - - - 3,83% 1,41% 5,88% 4,67% AMERICHE EUROPA TOTALE Fonte: Centro Studi Confindustria Ceramica 2008 maggio/giugno CER 37 CERINDUSTRIA PIATTI MADE IN ITALY, eccellenza a tavola di Francesco Bergomi Confindustria Ceramica ha realizzato la prima Indagine statistica nazionale del comparto WWW L’indagine statistica è disponibile su: www.confindustriaceramica.it /bookstore/studiericerche Nella moltitudine, pochi potrebbe essere il motto di una compagnia di assalto, ma gli arditi ai quali lo dedichiamo sono i produttori a livello industriale di porcellana e ceramica per uso domestico e ornamentale. Nell’ultimo censimento Istat dell’industria e dei servizi (anno 2001) sono state registrate 3806 unità produttive operanti nel settore con 16636 addetti. Oltre il 90% delle aziende occupava però meno di 10 addetti, mentre le aziende con oltre 50 addetti erano soltanto 34. Per identificare il nostro settore industriale di riferimento è necessario infatti distinguerlo e isolarlo rispetto alle migliaia di piccole e piccolissime aziende artigianali che operano nei comuni di antica tradizione ceramica: Bassano, Faenza, Montelupo Fiorentino, Deruta, Caltagirone (riunite nella Associazione Città della ceramica http://www.ceramics-online.it ). La prima Indagine statistica sull’industria italiana della stoviglieria condotta da Confindustria Ceramica propone una fotografia del settore indu- La produzione Italiana di porcellane da tavola 160,0 (Numeri indice Anno 2000 = 100) 140,0 120,0 100,0 80,0 60,0 40,0 20,0 19 90 19 91 19 92 19 93 19 94 19 95 19 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 20 06 20 07 - Fonte: Centro Studi Confindustria Ceramica 38 CER maggio/giugno 2008 striale (anno 2007) composto da 20 aziende produttrici, che occupano complessivamente 1900 addetti: 1400 addetti in 9 aziende produttrici di porcellana da tavola, che comprende il dettaglio, i corredi, le liste nozze, l’alberghiero e la torrefazione, e 500 addetti in 11 aziende produttrici di ceramica da tavola. Ex pluribus, pauci. Tanto premesso, la produzione industriale di porcellana da tavola nel 2007 è stata valutata in 20 mila tonnellate, a fronte di un fatturato complessivo di 70 milioni di euro. Senza entrare nel dettaglio dell’Indagine, si segnala che l’indice Istat della produzione industriale per l’attività economica considerata, che negli anni Novanta dello scorso secolo si era ridotto di un terzo, è sceso di un ulteriore 63,2% nel 2007 rispetto al 2000. L’Italia, che strutturalmente importa porcellana da tavola (un tempo da Germania, Inghilterra e Francia) ed esporta ceramica, è stato comunque un esportatore netto sulla somma dei tre prodotti (porcellana da tavola, ceramica da tavola e artistico/ornamentale) fino al 2003 in termini di volume e fino al 2004 in termini di valori. Nel 2005, dopo la cessazione dei contingenti di importazione, le importazioni dalla Cina sono quasi raddoppiate, mentre sono crollate le nostre esportazioni di ceramica da tavola, uno dei prodotti caratteristici della produzione di Civita Castellana. Questa antica e gloriosa manifattura ha subito negli ultimi decenni un ridimensionamento radicale in Italia e in Europa, stretta da una duplice e perversa trasformazione strutturale, sia sul versante della domanda, sia sul versante dell’offerta. Sul versante della domanda le CERINDUSTRIA La bilancia commerciale delle stoviglie italiane tons Dati in volume (tonnellate) e valore (in milioni di €) Fonte: Centro Studi Confindustria Ceramica imprese incontrano una cronica debolezza del mercato, con livelli di consumo stagnanti a seguito di profonde trasformazioni negli stili di vita e nei modelli di spesa. Il gusto e l’attenzione per la tavola apparecchiata tende a declinare presso le ultime generazioni, trasformando una consuetudine famigliare in una raffinatezza: ciò che era universale sta diventando raro. Senza ripetere il grido d’allarme per le liste nozze presso le agenzie di viaggio da parte di sempre maggiori coppie di giovani sposi, preferiamo segnalare il movimento in contro tendenza delle produzioni alberghiere, che comprendono anche le tazze e gli accessori da bar in porcellana (cosiddetta torrefazione), un piccolo, significativo primato dell’industria italiana perfettamente collegato all’italianissimo “espresso”. Sul versante dell’offerta le nostre imprese, penalizzate dall’altissima incidenza del costo del lavoro; devono fronteggiare l’aggressiva e a volte sleale concorrenza dei paesi a bassissimi salari, Cina in primis, che sono in grado di offrire sul mercato, direttamente o tramite spregiudicate organizzazioni commerciali domestiche, prodotti imbattibili dal punto di vista del prezzo. I vantaggi competitivi dei produttori italiani si spostano necessariamente sulla qualità e sulla sicurezza dei prodotti (sarà compito di Confindustria Ceramica trasmettere questi valori ai consumatori), nonché sul servizio sempre più accurato per la clientela. Da queste note si possono ricavare le linee di azione per l’industria e per l’Associazione. La promozione del prodotto italiano non potrà prescindere dall’intrinseca e delicatissima funzione di oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti. Insoddisfatti dalle norme sull’etichettatura, i produttori dovranno valorizzare le norme sulla rintracciabilità, poste a tutela della salute del consumatore, che prevedono la compilazione di una dichiarazione scritta di conformità sul rispetto dei limiti di cessione di metalli pesanti (cadmio e piombo), dichiarazione che deve essere disponibile nelle varie fasi di commercializzazione del piatto, inclusa la fase di vendita al dettaglio. I produttori di stoviglieria associati a Confindustria Ceramica credono con convinzione nell’importanza della “Dichiarazione di conformità”. È fondamentale infatti, per la salute del cittadino, che gli oggetti di ceramica destinati a entrare in contatto con gli alimenti siano sicuri, ma è altrettanto importante, a nostro avviso, che questa conformità alle disposizioni sanitarie inderogabili sia “comunicata” ai consumatori. La recente introduzione di questi obblighi informativi a tutela della salute esige infine la loro piena attuazione e la massima vigilanza da parte degli organi ispettivi. 2008 maggio/giugno CER 39 ROBILANTE (CN) Regione Ponte Nuovo Tel. 0171 / 75.03.00 Fax 0171 / 78.444 MILANO Via A. Ressi, 10 Tel. 02 / 67.71.351 Fax 02 / 67.71.35.48 ABBAZIA DI FOSSANOVA (LT) Località Ripa o' Mucchi Tel. 0773 / 937.1 Fax 0773 / 939.058 Fax 0773 / 939.456 PIEDIMONTE DI SESSA AURUNCA (CE) Tel. 0823 / 93.31.33 Tel. 0823 / 93.34.07 Fax 0823 / 93.35.28 MONTE S.PIETRO (BO) Via Marche 1/A Tel. 051 / 675.94.91 Fax 051 / 675.94.92 THIENE (VI) c/o Martini sabbie ind. s.p.a. Via Terraglioni, 42/B 36030 Montecchio Prec. (VI) Tel. 0445 / 86.43.00 Fax 0445 / 86.51.40 VIAREGGIO (LU) c/o S.Q.D. s.r.l. Via Comparini, 214 55049 - Viareggio (LU) Tel. 0584 / 39.07.66 Fax 0584 / 39.03.00 AZIENDA CERTIFICATA SECONDO LA NORMA UNI EN ISO 9001:2000 certificato n. 200/3 “Global design”, il meeting point di Vidres Italia TERMINATO IL MEETING POINT di Vidres Italia chiamato per l'occasione Global design, dove smalti ceramici, colori e soluzioni estetiche hanno voluto rappresentare quello che per Vidres è la ceramica del futuro, un concentrato di materia e innovazione sono alla base di prodotti altamente tecnologici, in una galleria del tempo ambientata nel nuovo show room rinnovato per l'occasione. Concluso il primo anno di presenza sul mercato italiano oltre ad aver raccolto eccellenti risultati, Vidres si conferma come colorificio all'avanguardia e sempre attento alle richieste commerciali, ottenendo un notevole successo nel distretto ceramico sassolese. Il rosso colore madre del gruppo richiama il filo conduttore di tutti i nuovi prodotti presentati nello scorso Global design, passando dalle tinte pastello alle sfarzose lacche, richiamando un gusto retrò ambientato in una citta frivola alla ricerca di sè stessa, ma con idee chiare per essere sempre capita da ogni persona che la vive. Chic è come si possono chiamare le nuove collezioni di graniglie micacee presentate nel meeting point, ambientato in un open space voluto ricreare apposta da Vidres per valorizzare e far capire come al meglio potrebbero essere interpretate le sue materie, ed essere valorizzate nella La ceramica del futuro tecnologia e materia in mostra nel nuovo show room miglior soluzione possibile. Giugno 2008 è stato un mese importantissimo, caraterizzato dalle numerevoli presenze di aziende produttrici italiane che hanno fatto si di concretizzare gli obbiettivi del gruppo ed essere identificato come l'azienda produttrice di smalti e coloranti trend del distretto ceramico. Si ricorda che oltre ad essere presente alla fiera internazionale della ceramica e dell’arredobagno Cersaie 2008, grazie alla collaborazione con architetti italiani verrà presentato anche il nuovo stand completamente rinnovato al Tecnargilla, nel complesso fieristico di Rimini. CERINFORMAZIONI dalle aziende CERPUBBLIREDAZIONALE Vidres Italia S.r.l. Via Dell’industria, 91 41043 Formigine (MO) Tel. 059 571302 - Fax 059 5770008 www.vidres.com [email protected] 2008 marzo/aprile CER 43 CERMERCATI LE OPPORTUNITÀ nascoste dell’India di Silvia Saracino Il subcontinente asiatico presenta grandi potenzialità di sviluppo a condizione di investire in loco Un mercato ancora pressoché sconosciuto dalle imprese italiane di ceramica ma dalle enormi potenzialità: è l’India, di cui Tiziano Bursi nel suo ultimo volume “Industria ceramica italiana. Passaggio in India?” ne descrive in modo dettagliato il contesto economico e sociale, il ruolo che l’industria ceramica indiana sta assumendo nel contesto internazionale e il suo rapporto con l’industria ceramica italiana. Sotto la lente del professore di Economia e gestione delle imprese presso l’Università di Modena, l’India prende forma con tutte le sue contraddizioni ma anche come grande potenza che si affaccia sui mercati internazionali, con un Pil che cresce a ritmo del 7,5% annuo. Tra i settori in crescita quello dell’industria ceramica, che segna un +15% all’anno che dovrebbe salire al 1718% nei prossimi anni: un’offerta che attualmente si colloca sugli stessi livelli della domanda ma che richiede un aumento di produzione per far fronte alla richiesta futura, trainata in primis dal settore delle costruzioni. L’edilizia ha infatti registrato una forte crescita negli ultimi anni, sia nel settore residenziale che non residenziale, a seguito dell’aumento di investimenti privati e della spesa pubblica nel campo delle infrastrutture. Per far fronte al deficit abitativo e alla contemporanea crescita esponenziale della popolazione, il governo ha posto la politica della casa tra le priorità favorendo progetti di costruzione di abitazioni a basso costo. Il fabbisogno di abitazioni è stimato oggi in oltre 22 milioni di unità e le stime di National Building Association prevedono che nel 2021 salirà a 77 milioni nelle aree urbane e oltre 63 milioni nelle campagne. Anche sul fronte del non residenziale lo spazio per la crescita futura della Settore ceramico organizzato in India: profilo dei top player Valori al 2005 Impresa e anno di fondazione Produzione giornaliera (000 sq. m.) Fatturato (mln €) Export (%) H&R Johnson, 1958 Dewas (Madhya Pradesh); Pen (Maharastra); Kunigal (Karnataka); Karaikal (Tamil Nadu); Vijayawada (Andhra Pradesh); Morb (Gujarat) 80 97 Kajaria Ceramics Ltd, 1988 Sikandarabad (UP); Bhivadi (Rajasthan) 50 SPL Ltd, (Somany ), 1968 Bahadurgarh (Haryana) 4 unità locali; Meshana (Gujarat) 3 unità locali Bell Ceramic, 1995 Localizzazione Quota di mkt (%) quantità valore 25% 15 13,5 48 25% 9 6,7 35 37 25% 6,5 5 Bharuch (Gujarat); Hoskote (Karnataka) 30 27 30% 5,5 3,7 Regency Ceramics, 1993 Yanam & Karaikal (Pondicherry) 55 13 n.d. 6 1,8 Asian Tiles Ltd, 2000 Idar (Gujarat); Sabarkantha (Gujarat) 20 - n.d. 4 - Murudeshwar Ceramics, Ltd, Hubli (Karnataka); Karaikal (Pondicherry) 1988 25 16 n.d. 4,5 2,3 Nitco Tiles Ltd, 1997 10 18 n.d. 1,8 2,5 Alibag ( Maharashtra) Fonte: Tiziano Bursi “Industria ceramica italiana: Passaggio in India?” Franco Angeli 2008 44 CER maggio/giugno 2008 CERMERCATI domanda è molto ampio: lo sviluppo del settore servizi - Information Technology e Business Process Outsourcing - ha fatto sì che nelle otto maggiori città la domanda di office space sia passata da 325 mila metri quadrati del 1998 a 1,49 milioni di metri quadrati nel 2004. E nel 20052008 le previsioni parlano di una corsa inarrestabile fino a 7,9 milioni di metri quadrati. Aumenti consistenti nella domanda di immobili sono previsti anche nel settore della distribuzione commerciale e nel turismo, che avrà bisogno nel periodo 2005-2009 di una superficie di 2,8 - 3,2 milioni metri quadrati per realizzare strutture ricettive. Sono questi i principali fattori che spingono la crescita dell’industria ceramica indiana costituita da un gruppo di 20 grandi e medie imprese (organised sector) che controllano il 25,30% della produzione nazionale ed una miriade di piccoli produttori (unorganised sector) che rappresenta il 60% in volume e il 40% in valore. La torta da spartire nel mercato della ceramica è costituita per il 53% da prodotti da pavimento, per il 35% da prodotti da rivestimento, mentre i prodotti vetrificati e di porcellanato si assicurano il 12%. In cima allo zoccolo dell’organised sector si trova H&R Johnson Ltd, il player principale: raggiunge un fatturato annuo di 97 milioni di euro e serve il 30% del mercato nei prodotti da rivestimento, il 15% nelle piastrelle da pavimento e il 20% nei prodotti vetrificati. Insieme a Johnson controllano il mercato Kajaria, Spartek Ceramics Spl, Bell Ceramic, Regency Ceramics (forti nella produzione di rivestimenti), Asian Tiles, Murudeshwar Ceramics e Nitco Tiles. Il principale concorrente dei top player è proprio dietro casa e si chiama unorganised sector, circa 250 imprese che coprono il 44% della produzione nazionale e che si rivolgono alla fascia economica del mercato domestico. Un’aggregazione di imprese specializzate localizzate soprattutto nell’area di Morbi, la Sassuolo indiana, con le caratteristiche tipiche di un distretto industriale: la loro competitività rispetto alle imprese organizzate si gioca sulla riduzione significativa dei costi di produzione, circa il 30-35% in meno, grazie all’utilizzo di macchinari dimessi dalle imprese ceramiche europee o macchinari nuovi made in China a costi molto contenuti. Il distretto di Morbi, nello stato del Gujarat a nord ovest del Paese, è il cuore dell’industria ceramica indiana, dove si concentrano il 65% delle aziende e la quasi totalità del settore unorganised. Come possono inserirsi le imprese italiane in questo scenario? Innanzitutto, sottolinea l’autore, “il mercato indiano non è un mercato servibile da Sassuolo, ma potrà essere servito a condizione che le imprese ceramiche italiane lo ritengano degno - in termini di ritorno economico con una prospettiva temporale non troppo differita nel tempo - di una strategia di internazionalizzazione basata su forme di radicamento commerciale e produttivo”. Questo perchè sono molteplici gli elementi di criticità che penalizzano un approccio puramente “mercantile”, in primis l’assenza di reti di distribuzione e la carenza di infrastrutture. Anche perché “il mercato indiano della ceramica recepisce prevalentemente prodotti basici di prezzo molto basso, mentre i produttori italiani puntano ai prodotti sostituti più qualificati”. E dati gli elevati costi di produzione a cui devono aggiungersi quelli di trasporto e i dazi di ingresso, il made in Italy riesce ad intercettare solo una piccola fetta della domanda locale. Insomma, “il mercato indiano non è un mercato per tutti e non può essere servito e presidiato alla stregua degli altri mercati internazionali sui quali le imprese italiane hanno saputo conquistare posizioni di rilievo” sottolinea Bursi. [email protected] 2008 maggio/giugno CER 45 CERDISTRIBUZIONE LA PRODUZIONE bypassa la distribuzione Avviato un tavolo di confronto fra ANGAISA e le principali associazioni industriali del settore WWW Per approfondimenti: www.angaisa.it 46 CER maggio/giugno 2008 Riceviamo da parte di ANGAISA, l’Associazione con sede a Milano che riunisce i distributori di articoli idrotermosanitari e di pavimenti e rivestimenti, questo articolo che pubblichiamo integralmente. di Stefano Riolfi* Nei mesi scorsi, il Comitato Esecutivo di ANGAISA, l’Associazione Nazionale di categoria dei distributori appartenenti al settore idrotermosanitario, ha indirizzato una “lettera aperta” (pubblicata sul n. 187 della rivista “Blu & Rosso”) rivolta a tutte le aziende produttrici del comparto, prendendo spunto dalle ripetute segnalazioni, provenienti dalle aziende associate, relative a dinamiche evolutive del mercato ormai consolidate, che hanno dato luogo a politiche commerciali distorte rispetto a quelle tradizionalmente condivise da tutti gli attori della filiera. Il fenomeno, che abbiamo ritenuto necessario stigmatizzare, è quello del “salto della distribuzione”, praticato da un numero sempre più elevato di produttori, che rischia di minare il buon rapporto di partnership che lega da tempo produzione e distribuzione; un rapporto che oggi sembrerebbe voler essere messo in discussione da chi, fra i produttori, ha scelto di avvalersi di canali di commercializzazione dei propri prodotti che prevedono il contatto diretto con i cantieri, i progettisti, gli installatori, con conseguente esclusione dei distributori. Se i primi preoccupanti “segnali”, relativi a questo tipo di scelte commerciali, risale ormai a poco meno di dieci anni fa, nel settore dei pavimen- Stefano Riolfi ti e dei rivestimenti si dovrebbe oggi parlare di “pericolose consuetudini” che si sono ormai consolidate al nord soprattutto nei grandi lavori, mentre al centro e al sud non solo sui grandi, ma anche su quelli di dimensioni più ridotte, sino al privato. Si tratta di una logica di mercato oggettivamente distorta, che ha portato alcune aziende produttrici ad istituire una divisione interna dedicata ai “grossi lavori” o una divisione allargata per i “clienti di direzione”, talvolta affiancate da sale mostra aperte dagli stessi produttori: tutti strumenti utilizzati per gestire direttamente il rapporto commerciale bypassando la distribuzione. Secondo i dati in nostro possesso, i settori nei quali il “salto” della distribuzione sta assumendo un peso sempre maggiore sono quelli del settore alberghiero, nel quale per quanto concerne le medie e grandi catene CERDISTRIBUZIONE viene attuata addirittura un’attività trasversale che progetta una linea ben specifica e un lay-out uniformi per tutte le proprie strutture, degli interventi pubblici, e inoltre quelli nelle grandi aziende industriali e commerciali e le realizzazioni civili da 300 fino a 500 appartamenti. Se da una parte vi è la piena consapevolezza di quelli che sono i normali meccanismi del mercato (per cui un’azienda produttrice che non trova sbocchi attraverso i consueti canali distributivi dovrà necessariamente ricercare soluzioni alternative), riteniamo inconcepibile il comportamento di chi, nei fatti, si trasforma in diretto concorrente delle aziende distributrici, ignorando i progetti di marketing ed i programmi di partnership precedentemente condivisi... In occasione del Meeting Invernale del 29 novembre scorso avevo ritenuto necessario rivolgere pubblicamente un primo forte richiamo ai rappresentanti della produzione presenti, affinché non fossero sottovalutati i rischi e le dimensioni del problema; l’obiettivo era e resta quello di favorire uno “scambio di opinioni” che, fatto salvo il pieno rispetto delle regole che caratterizzano un sistema di libera concorrenza, possa favorire una miglior comprensione delle rispettive posizioni e un rapporto di collaborazione sempre più proficuo e costruttivo fra tutti gli attori del mercato. Per dare ulteriore voce al disagio crescente che accomuna ormai larga parte della nostra categoria, ho ritenuto opportuno affrontare più recentemente il problema a livello istituzionale, promuovendo la costituzione FORMAZIONE Confindustria Ceramica e Angaisa, insieme per l’e-learning L’e-learning è uno dei tanti “prodotti” che utilizzano la tecnologia di Internet e dà la possibilità ad un gruppo di persone di colloquiare direttamente senza doversi muovere dalla propria postazione: ogni partecipante deve essere semplicemente dotato di un PC con connessione ad Internet senza particolari software ed una banda minima di 500 kb, oltre ad una cuffia con microfono per ascoltare e porre domande e ad una web cam. Sull’onda della precedente esperienza di e-learning associativo di ANGAISA, Confindustria Ceramica ha messo a punto un corso dal titolo “Conoscenza e vendita del prodotto ceramico” a cui hanno preso parte 24 persone appartenenti a 16 aziende commerciali, distribuite su tutto il territorio italiano. Il corso è stato suddiviso in tre lezioni, della durata di 90 minuti ciascuna, che di un “tavolo di confronto” con le principali associazioni di categoria delle industrie del settore: nello scorso mese di febbraio, presso la nostra sede associativa, una delegazione di ANGAISA composta dal sottoscritto, dal segretario generale Gianni Mari e dai componenti del Consiglio Direttivo Franco Bertani e Mauro Odorisio, ha avuto modo di incontrare anche il presidente di Confindustria Ceramica Alfonso Panzani e il direttore generale Franco Vantaggi, che desidero ringraziare nuovamente per la disponibilità manifestata. In un clima si sono svolte nel mese di aprile: “Evoluzione tecnologica del prodotto” e “Tecniche di vendita in sala mostra” sono gli argomenti curati nel primo incontro da Luigi Gallerani, consulente di Confindustria Ceramica; “Il trattamento” è stato l’argomento approfondito da Jimmy Vardanega di Fila Spa, mentre la lezione su “La posa del prodotto ceramico” è stata tenuta da Enrico Geronimi di Mapei Spa. A tutti i partecipanti è stata poi inviata una registrazione integrale del corso. La collaborazione tra Confindustria Ceramica e ANGAISA per la realizzazione di questo tipo di corsi è orientata all’accrescimento culturale delle aziende e degli operatori del settore, con un notevole risparmio di tempi e costi, utilizzando le più moderne tecnologie di comunicazione. Simone Ricci estremamente costruttivo, ANGAISA ha sottolineato l’importanza di una riflessione comune, pacata ma lucida, volta a ridefinire i termini di un rapporto di collaborazione “strategica” tra produttori e distributori, all’insegna della trasparenza e della chiarezza. Un rapporto che ritengo più che mai necessario salvaguardare, nel rispetto del ruolo svolto da ognuno degli attori della filiera e con il coinvolgimento diretto dei rappresentanti istituzionali di ognuna delle categorie coinvolte. * presidente ANGAISA 2008 maggio/giugno CER 47 CERREAL ESTATE CASERME A REDDITO per riqualificare la città di Simona Storchi Un accordo pubblico – privato per recuperare il centro storico di Bologna A fianco: Caserma S.Mamolo Fonte Agenzia del Demanio 48 CER maggio/giugno 2008 Un’opportunità per Bologna, per investitori pubblici e privati, per sviluppatori immobiliari. La riqualificazione di circa 835 mila metri quadrati all'interno del comune bolognese, relativi ad una ventina di immobili militari dismessi, si annuncia come uno dei principali progetti urbanistici del secondo dopo guerra. Per la loro valorizzazione è stato firmato un protocollo d’intesa tra l'amministrazione comunale, il ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia del Demanio all'interno del progetto “Valore Paese”. Gli immobili, originariamente in uso all’amministrazione della difesa, vanno dalle grandi aree inedificate e coperte da ricca vegetazione, a caserme costituite da diversi edifici anche di interesse storico-architettonico. Entro l’estate sono attesi i risultati dello studio di fattibilità per la definizione delle destinazioni d'uso delle diverse aree, aggiudicato poco prima della primavera al raggruppamento politecnica, ingegneria e architettura, San Paolo Partecipazioni Spa, area Srl e Scs Azioninnova Spa. In questo modo, in collaborazione con rappresentanti del comune e dell’A- genzia del Demanio, si arriverà alla stesura di un programma unitario di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico (Puv) – strumento previsto dalla legge finanziaria 2007 - che verrà attuato nei mesi successivi grazie alla concomitante approvazione del piano di sviluppo della città (Psc). Gli interventi di riqualificazione e riconversione degli immobili ex militari saranno realizzati anche attraverso la partecipazione di enti pubblici e investitori privati. La formula è quella della concessione a lungo termine (fino a 50 anni). L’Agenzia del Demanio mette quindi a reddito i beni oggi abbandonati tramite una concessione. I privati riqualificano e ristrutturano l’immobile e lo gestiscono per 50 anni in cambio di un canone. L’ente pubblico – il comune, nel caso di Bologna – può utilizzare in convenzione con i privati importanti spazi per aree verdi, spazi pubblici, scuole o edilizia sociale. “Gli interventi di riqualificazione e riconversione delle 19 aree ex militari rappresentano la valorizzazione di aree cittadine che, in questo modo, possono essere restituite ad un ruolo urbano – spiega l’assessore all’urbanistica del Comune di Bologna, Virginio Merola -. Un’occasione per ridisegnare il territorio in linea con il piano strutturale comunale che fa leva su queste aree, oltre a quelle industriali dismesse, per una profonda riqualificazione di ampie parti della città. I progetti di riqualificazione dei 19 immobili bolognesi saranno realizzati attraverso la partecipazione dei privati, consentendo un’ottimizzazione degli investimenti attraverso diverse forme di concessione”. Gli CERREAL ESTATE utilizzi saranno di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l’istruzione, lo sviluppo delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani “in un mix equilibrato e adatto per migliorare l’abitabilità della città”, chiarisce Merola, “rappresentando allo stesso tempo uno stimolo allo sviluppo locale e all’attrazione di investimenti privati”. Per il direttore dell’Agenzia del Demanio “il Puv di Bologna rappresenta un esempio avanzato di valorizzazione del patrimionio immobiliare che permetterà di riqualificare e rivitalizzare grandi aree, immettendo sul mercato beni in grado di attirare investitori qualificati”. Fra le 19 aree che saranno oggetto di significative trasformazioni e riqualificazioni sono 5 le caserme che rappresenteranno le opportunità d’investimento più importanti. La caserma Sani, nel quartiere Navile, è un’area di 108.500 mq, facilmente collegabile alle altre aree produttive dismesse nelle vicinanze. Le caserme Mazzoni e Chiarini, rispettivamente nei quartieri Santo Stefano e San Vitale coprono una superficie di 127.500 mq e sono immobili inclusi in un territorio urbano già strutturato: offrono quindi occasioni di qualificazione e di arricchimento dei contesti che li ospitano (nuove porzioni di città, mix funzionale). Le aree di Prati di Caprara Est, Ovest e Orti degli Anziani, nei quartieri Reno e Porto (451.500 mq), assieme alle aree ferroviarie dismesse della zona denominata “Scalo Ravone”, costituiscono l’occasione per realizzare una nuova parte di città e un nuovo grande parco urbano. La caserma San Mamolo, nel convento dell’Annunziata, e l’area ex Staveco, nel quartiere Santo Stefano, sui viali di circonvallazione coprono un’area di 93.400 mq. Sono il luogo ideale, con edifici di valore storico-testimoniale da recuperare, per aprire la città alla collina e la collina alla città. La caserma Masini, nel quartiere Santo Stefano - all’interno del centro storico (7.500 mq) è invece un ex convento: offre quindi un’ottima occasione per migliorare le condizioni di abitabilità nel centro cittadino in un contesto di prestigio. Sopra: Comparto Prati di Caprara Est e Area ex Staveco Fonte: Agenzia del Demanio [email protected] 2008 maggio/giugno CER 49 DOSSIER CER Ceramica e Finanza ACTIVE PORTFOLIO FORMULA AFFARI 50 per piccole imprese e professionisti Al centro dell’attenzione coopstudio Formula Affari Il conto per le imprese e i professionisti, completo e conveniente, che semplifica la gestione del lavoro. Tutti i prodotti e i servizi per le reali esigenze operative a tua disposizione. Informazione Pubblicitaria - Per le condizioni si rimanda ai Fogli Informativi disponibili in filiale. Conto corrente La banca di relazione www.crcento.it CERDOSSIER BANCHE TERRITORIALI per il distretto ceramico Di Roberto Faben Le banche territoriali e a vocazione locale, non solo hanno ricoperto un ruolo determinante nella nascita e sviluppo di quella peculiarità del sistema economico italiano che sono i distretti industriali, ma continuano ancor oggi ad avere una funzione di primo piano nella loro evoluzione. E’ la tesi sostenuta da Marco Fortis, responsabile dell’ufficio studi economici della fondazione Edison e docente di economia industriale e commercio estero alla facoltà di scienze politiche della Cattolica di Milano, nel volume da lui curato, “Banche territoriali, distretti e piccole e medie imprese”, pubblicato nei tipi del Mulino (243 pagine). Nonostante i grandi processi di trasformazione che hanno contraddistinto il sistema bancario italiano, con la nascita, da una concatenazione di aggregazioni, di pochi grandi gruppi, come Intesa-San Paolo e UnicreditCapitalia, gli istituti di credito locali manifestano ancora una presenza significativa sul territorio e, in particolare, mantengono un rapporto nevral- gico con il tessuto industriale dei circa 200 distretti industriali classificati in Italia, che rappresentano circa un terzo del comparto manifatturiero e realizzano la metà del volume d’affari con l’estero del made in Italy. Per banche territoriali s’intendono quegli istituti, soprattutto le banche popolari, le casse rurali e artigiane (dal 1993, con la nuova legge bancaria, trasformate in Banche di Credito Cooperativo) e le casse di risparmio (divenute, dopo la “legge Amato” del 1990, e i successivi decreti attuativi, “Casse di risparmio Spa”, ossia società commerciali private), nati a cavallo fra la fine del ‘800 e gli inizi del ‘900, con solide radici locali. In una società italiana che, en fin de siècle, soprattutto nel Settentrione, stava attraversando un’importante fase di sviluppo industriale pur essendo ancora interessata da fasce di notevole arretratezza economica, sorgevano, infatti, enti rivolti all’esercizio del credito e ad interventi di utilità sociale per le comunità di riferimento (le Casse di risparmio), alla concessione di crediti ad agricoltori ed artigiani, soprattutto nelle aree Sportelli dei gruppi bancari nel distretto di Sassuolo rurali, per aiutarli ad Valori espressi in unità affrancarsi dalla dipendenza dagli usurai (le Altre: Casse rurali e artigiaBanca di Cavola e Sassuolo Banca Agricola Mantovana Bper ne, ispirate al magisteCassa di Risparmio di Mirandola Banco Popolare di 15 21 ro sociale della chiesa Credito Cooperat Reggiano Verona e Novara Banca Antonveneta cattolica e alle RaiffeiUnicredit Banca Banca Carige sen tedesche), e a favoCredito Emiliano Banca Modenese Banca Pop Commercio e Industria 4 rire l’accesso ai finanBipop Carire 16 Banca Sella ziamenti per i ceti Cassa di Risparmio 4 Cassa di Risparmio di Cesena in Bologna popolari e artigiani Cassa di Risparmio di Cento Cassa di Risparmio di Unipol Banca 6 delle città (le Banche 13 10 Parma e Piacenza Bnl Popolari, sul modello Banca Intesa Monte dei Paschi di Siena della Volksbank tedeFonte: Marco Fortis “Banche territoriali, distretti e piccole e medie imprese” Il Mulino 2008 sca). Di qui il loro 2008 maggio/giugno CER 53 Condivisione di valori comuni CERDOSSIER ruolo di sostegno alla nascita progressiva degli agglomerati di pmi specializzati in un settore industriale, noti come distretti industriali. “I punti di forza della banca locale – osserva Fortis – (…) sono i vantaggi informativi (possibilità di avere più informazioni sui debitori e sull’imprenditoria locale), il peer monitoring (controllo reciproco dei soci), le relazioni di lungo periodo fra la banca e i prenditori di fondi, e le sanzioni extraeconomiche ai debitori insolventi”. Secondo l’analisi dell’autore del saggio, il numero medio della presenza di sportelli di banche territoriali, fornito dalla Banca d’Italia e relativo al 2006, nelle 24 province italiane più manifatturiere (compresa Modena),è pari a 67, non solo supera quello delle banche interregionali (14), regionali (18), interprovinciali (21), e provinciali (13), ma è aumentato dal 1996, seppur di una unità (66), e vanta ancora presenze, in alcune province, del 90 per cento sul complesso degli sportelli. Inoltre, da un campione dei 35 maggiori distretti industriali italiani (fra cui quello delle piastrelle ceramiche di Sassuolo), corrispondenti a 196 Comuni distrettuali e a un volume d’export di 31 miliardi di euro, emerge che, al 2006, le banche territoriali si collocano in vetta alla graduatoria degli istituti, per numero di sportelli, in 29 distretti su 35 (con, in più, due ex-aequo). “Anche il distretto delle piastrelle ceramiche di Sassuolo, che è tra i più importanti d’Italia per numero di addetti, fatturato ed export – spiega Floris – è stato storicamente caratterizzato da un ruolo cardine delle banche territoriali. Nel tempo, il distretto ha potuto fare affidamento su ben tre Marco Fortis realtà bancarie locali significative, mentre, più frequentemente, in altri distretti italiani specie in quelli di minori dimensioni, vi è stata la presenza caratteristica di un unico istituto locale dominante. A Sassuolo le maggiori realtà bancarie territoriali sono state la Banca Popolare dell’Emilia Romagna, il Banco San Geminiano e San Prospero (poi confluito nella Popolare di Verona, oggi Gruppo Banco Popolare) e l’ex Cassa di Risparmio di Modena (poi Rolo ed oggi Gruppo Unicredit). Di queste tre realtà bancarie la Bper è, indubbiamente, quella che ha mantenuto il maggior radicamento con il territorio”. “Nei 6 principali Comuni del distretto delle piastrelle di Sassuolo (Sassuolo, Fiorano Modenese, Castellarano, Casalgrande, Castelvetro di Modena e Maranello), nel 2006 le banche di tipo territoriale detenevano una delle quote più alte in assoluto per numero di sportelli, comparativamente ad altri distretti italiani: l’80% del totale (71 sportelli di banche territoriali su 89 complessivi). La Bper deteneva, a tale data, 15 sportelli, costituendo la più importante realtà bancaria locale. I processi di aggregazione più recenti (Intesa San Paolo, compresa Carisbo, Unicredit, Banca di Roma, Popolare Verona e Novara-Lodi, eccetera) non hanno sostanzialmente modificato questa situazione, che vede ancora prevalere la banca di tipo territoriale nel distretto, con Bper e Banco Popolare in testa”. Tuttavia, se la rete delle banche territoriali continua a manifestare connotati di radicamento locale (ad esempio l’alto tasso di permanenza dei direttori di filiale, soprattutto nelle banche popolari), sottraendosi ad una possibile standardizzazione del credito legata a grandi aggregazioni, il localismo potrebbe costituire un possibile freno, come alcuni analisti hanno paventato, al coinvolgimento delle imprese in più ampi processi di sviluppo, anche internazionale? “I processi che hanno maggiormente interessato il distretto negli ultimi anni – risponde l’autore – sono quelli di concentrazione e, soprattutto, d’internazionalizzazione. In questo ultimo caso, le imprese hanno aperto nuovi stabilimenti all’estero, non tanto per avvantaggiarsi dei più bassi costi del lavoro (presenti soprattutto nei paesi emergenti), quanto per conquistare nuovi mercati di consumo (ad esempio quelli dell’Europa dell’est) o rafforzarsi su alcuni mercati tradizionali (come gli Stati Uniti). Le banche territoriali hanno continuato a sostenere le operazioni di import-export delle imprese del distretto, e non hanno mancato di sostenere, con finanziamenti ed operazioni-ponte, anche alcune esperienze di internazionalizzazione, dove peraltro i grandi gruppi bancari nazionali ed esteri hanno svolto e possono generalmente svolgere un ruolo di maggiore supporto alle imprese stesse, grazie alla loro maggiore presenza nei Paesi stranieri rispetto alla banca locale”. [email protected] 2008 maggio/giugno CER 55 CERDOSSIER EUROPA ORIENTALE: Export di Lettonia Estonia Export (mq)*: 846.536 Fatturato (€)*: 11.768.220 Export (mq)*: 755.048 Fatturato (€)*: 9.197.730 RIGA Slovacchia Export (mq)* 1.799.847 Fatturato (€)* 13.342.023 BRATISLAVA TALLIN HVB Bank Latvia AS HVB Group Banca Popolare dell’Emilia Romagna HVB Bank Slovakia a.s. Unibanka AS Banca Popolare di Vicenza Tallin Repubblica Ceca PRAGA Export (mq)* 3.343.838 Fatturato (€)* 31.922.139 HVB Bank Czech Republic a.s. Intesa Sanpaolo Zivnostenska Banca Volksbank CZ AS Volksbank CZ Riga BRNO Volksbank CZ Ungheria Export (mq)* 6.893.395 Fatturato (€)* 53.418.401 Vilnius BUDAPEST Banca IFIS Magyarorszagi Volksbank RT HVB Bank Hungary Rt. Inter-Europa Bank Rt. Magyarorszagi Volksbank RT Varsavia Krakow Praga Brno Slovenia Export (mq)* 4.099.532 Fatturato (€)* 35.366.569 Croazia Export (mq) 6.678.326 Fatturato (€) 55.224.613 KOPER Bratislava Banka Koper d.d. LIUBLIANA Volksbank-Ljudska Banka DD Bank Austria Creditanstalt d.d. Volksbank-Ljudska Banka DD Budapest Liubliana Koper Timisoara Zagabria Mostar Volskbank DD Intesa Sanpaolo Zagrebacka Banka HVB Splitska banka d.d. Volskbank BH DD Bosnia Herzegovina Export (mq) 1.922.352 Fatturato (€) 10.115.346 Sofia Plovdiv MOSTAR Unicredit Zagrebacka Banka D.D. SARAJEVO HVB Central Profit Banka d.d. Volskbank BH DD Volskbank BH DD BANJA LUKA Nova Banjalucka Banka 56 CER maggio/giugno 2008 Belgrado Sarajevo Split ZAGABRIA Bucarest Banja Luka SPLIT HVB Splitska banka d.d. Oradea Bacau Cluj-Napoca Brasou Arad Serbia e Montenegro Export (mq) 1.987.065 Fatturato (€) 13.650.954 BELGRADO Volksbank AD HVB Bank Serbia e Montenegro a.d. CERDOSSIER ceramica e reti estere di banche italiane Polonia Lituania Export (mq)* 4.483.678 Fatturato (€)* 57.607.727 Export (mq)*: 1.020.306 Fatturato (€)*: 12.002.831 VILNIUS HVB Group Russia Export (mq)* 6.052.799 Fatturato (€)* 131.081.150 Mosca Ucraina Export (mq) 1.499.588 Fatturato (€) 28.635.101 Kyiv Romania Export (mq) 5.213.548 Fatturato (€) 41.176.789 Kiev KRAKOW Bank BPH VARSAVIA Intesa Sanpaolo Bank BPH Bank Pekao SA MOSCA Banca Carige Banca di Roma ZAO Banca Intesa Banca Monte dei Paschi di Siena Mediobanca International Moscow Bank Intesa Sanpaolo (2 sedi) Unicredit Group KIEV Bank Pekao Ukraine LTD KYIV Joint Stock Commercial Bank (HVB Bank Ukraine) ARAD Banca Italo-Romena Sanpaolo IMI Bank Romania S.A. BACAU Banca Italo-Romena BRASOU Banca Italo-Romena BUCAREST u Banca Commerciala “Ion Tiriac” S.A. Banca di Roma Banca IFIS Banca Italo-Romena Volksbank Romania SA HVB Bank Romania S.A. Unicredit Romania u I flussi commerciali nel 2007 Esportazioni (mq): 48.763.941 Fatturato (€): 521.237.019 Fonte: Centro Studi Confindustria Ceramica(*), ISTAT. CLUJ NAPOCA Banca Italo-Romena ORADEA Banca Italo-Romena TIMISOARA Volksbank Romania SA Banca Italo-Romena Volksbank Romania SA Banca Transilvania Legenda Bulgaria Export (mq) 2.168.083 Fatturato (€) 16.727.426 PLOVDIV Hebros Bank AD SOFIA Bulbank AD HVB Bank Biochim AD Unicredit Group Banca Popolare dell’Emilia Romagna Veneto Banca Intesa Sanpaolo Banca Popolare di Vicenza Banca Monte dei Paschi di Siena Banca Nazionale del Lavoro Banca Carige Mediobanca Banca IFIS Fonte: ABI, Settore Crediti e Internazionalizzazione, aprile 2008 2008 maggio/giugno CER 57 www.bpv.it Facciamo pagare le rate al Sole. Finanziamento fino al 100% del valore dell’impianto. Finanziamento Fotovoltaico per aziende, privati e condomìni. Per incentivare la diffusione di fonti di energia prodotta attraverso gli impianti fotovoltaici il Gruppo Banco Popolare sostiene i propri clienti con un finanziamento che copre fino al 100% del costo dell’impianto. L’energia solare diviene dagli incentivi statali percepiti. La durata massima è di 15 anni, oltre a 6 mesi massimo di preammortamento, senza l’obbligo di nessuna garanzia ipotecaria o fideiussoria (fatto salvo il merito creditizio del cliente). una scelta d’investimento Il cliente può scegliere che presenta una serie di tra tasso fisso vantaggi: dai minori costi sull’energia consumata ai maggiori ricavi generati dalla vendita dei kW prodotti e non consumati, oltre all’incremento del valore commerciale dell’immobile dove è ubicato l’impianto. Il nostro finanziamento è personalizzato in base alle reali esigenze del richiedente e permette di ridurre al minimo o variabile, indicizzato all’Euribor 3 mesi/IRS di periodo, maggiorato di uno spread molto competitivo. A maggior tutela per il cliente è altresì disponibile una polizza assicurativa All Risks che copre tutti i danni diretti ed indiretti, inclusa la mancata ricezione degli incentivi per danni all’impianto. l’importo della rata semestrale, Disponibile presso tutte le Filiali che di fatto viene compensata del Gruppo Banco Popolare. CERDOSSIER BANCA-IMPRESA si consolida il rapporto di Giulia Vellani La già ricca gamma di strumenti finaziari si arricchisce di nuove soluzioni utili per meglio approcciare il mercato Giorgio Barbolini La relazione tra istituti di credito e imprese del comparto ceramico vanta una lunga e consolidata tradizione. Le banche con forte connotazione locale , infatti, da decine di anni si pongono a fianco delle aziende del settore, favorendone dal punto di vista finanziario il processo di crescita dal punto di vista finanziario e non solo. “La nostra banca - sottolinea Giorgio Barbolini, responsabile della Divisione Large Corporate della Banca Popolare dell’Emilia Romagna a Modena essendo cresciuta assieme alle aziende del distretto ceramico sassolese, ha sviluppato nel tempo un’operatività specifica, tarata sulle effettive esigenze del settore, con particolare riferimento alle transazioni con l’estero. Oltre ai tradizionali strumenti che l’istituto mette a disposizione degli operatori, quali l’assicurazione crediti, i finanziamenti all’esportazione , la finanza di progetto, preme sottolineare lo sforzo fatto dalla banca nel supportare la clientela nel processo di internazionalizzazione verso i paesi emergenti, attuata attraverso partecipazioni dirette in banche dell’est europa o uffici di rappresentanza dislocati a Shangai ed Honk Kong. Un prodotto che sta incontrando il favore degli operatori, destinato per larga parte ai produttori di macchine e impianti per ceramica, è rappresentato dallo sconto pro-soluto del credito attraverso la formula “easy export”. Si utilizza, come spiega Barbolini, per smobilizzare crediti, senza rivalsa nei confronti del cedente, liberandosi in tal modo del rischio di credito e monetizzando il controvalore. Tale operatività risulta particolarmente gradita a coloro che, dovendo dilazionare l’incasso del credito nel medio termine, non hanno la possibilità di anticiparlo attraverso le classiche forme di smobilizzo utilizzate nel breve termine quali il SBF o l’anticipo su fatture . A livello di soluzioni business personalizzabili, invece, BPER offre alle aziende produttrici di ceramica, la competenza e il supporto della sezione crediti agevolati, attraverso la quale, spiega Barbolini, “ è possibile assistere un’azienda che intenda ad esempio realizzare un insediamento al sud; tutta la pratica, dalla fattibilità del progetto alla domanda di contributo, viene predisposta, curata e seguita direttamente da una struttura creata ad hoc proprio per il credito agevolato”: BPV - San Geminiano San Prospero ha puntato su prodotti innovativi destinati a supportare le necessità di crescita e internazionalizzazione delle imprese, affiancando l'imprenditore nel processo decisionale. In particolare, come sottolinea Graziano Bertarini responsabile dell’Area Affari Emilia Sud, “sono stati messi a punto prodotti per supportare le necessità di credito e coprire i rischi, tra i quali vale la pena di citare il finanziamento Jet (Joint Export Target), la partecipazione al Graziano Bertarini capitale di imprese estere, il finanziamento del capitale circolante IT.EX (Italia Export). A questi servizi vanno aggiunte le operazioni di finanza straordinaria nel caso di fusioni, quotazioni, costituzione new company, coperture rischio tassi e rischio cambi, smobilizzo del credito tramite voltura di Polizza Sace, coperture assicurative estero, factoring internazionale”. L’offerta BPV viene articolata con il 2008 maggio/giugno CER 59 Effedi Broker dal 1980 specialista in assicurazione crediti FEDERICO DONATI Assicura il tuo credito La garanzia della formula più consona ad ogni esigenza aziendale Federico Donati Broker dal 1980 specialista in assicurazione crediti Via Begarelli 13 41100 Modena Tel. 059 234569 Fax 059 4390268 e-mail: [email protected] Indirizzo internet: www.effedibroker.it CERDOSSIER supporto di specialisti presenti all'interno del team Area Affari Emilia Sud con sede a Fiorano Modenese, che si compone di un Centro imprese, 7 gestori Corporate, uno specialista estero ed uno per i crediti speciali, un polo di 9 risorse accentrato presso la filiale di Fiorano dedicato all'operatività estero settore ceramico ed una struttura Retail che conta 32 filiali operative sul comprensorio ceramico. Alla clientela del comparto ceramico la Cassa di Risparmio di Cento riserva un servizio finanziario ampio e personalizzato. “Non a caso - sottolinea Luciano Teneggi, vice direttore generale - la nostra Cassa è conosciuta come “La Banca di relazione”, per la sua capacità di essere vicina alle comunità servite”. Attraverso specialisti interni e consulenti esterni l’istituto di credito fornisce consulenza su problematiche di commercio internazionale, per assistere le aziende nelle attività di export o investimento all’estero e garantire quindi la sicurezza della circolazione delle merci A S S I C U R A Z I O N I “Italia indietro rispetto all’Europa” Per le imprese del comparto ceramico è sempre più importante ricorrere alla assicurazione dei crediti. I motivi? Lo abbiamo chiesto a Federico Donati, broker assicurativo che vanta una esperienza ventennale maturata sul campo dopo aver lavorato a lungo come agente di una primaria compagnia di assicurazione crediti. L’Italia, sottolinea Donati, “è ancora fanalino di coda nel contesto europeo per quanto riguarda l’assicurazione crediti (circa un 20% delle aziende Federico Donati è assicurato), specie se a confronto con altri Paesi come la Germania (70%). Assicurare i propri crediti è una scelta fondamentale oltre che strategica, soprattutto se si considera che l’evoluzione del mercato è molto più veloce e repentina rispetto a qualche anno fa e i debitori rischiano di diventare insolventi da un giorno all’altro. Il mercato americano e tedesco hanno avuto un crollo enorme, le aziende che puntavano molto su questi mercati hanno più che dimezzato il fatturato e stanno cercando sbocchi nei Paesi dell’Est”. L’assicurazione dei crediti rappresenta quindi una sorta di esame preventivo sui potenziali acquirenti, che a priori offre una valutazione della solvibilità del debitore oltre che un monitoraggio costante di tutta la clientela, per verificare o denunciare un eventuale ritardo nei pagamenti e intervenire con indennizzo in caso di insolvenza. “Questo ramo - spiega Donati - è particolarmente complesso, le polizze non sono standard ma vengono costruite ad hoc a seconda delle esigenze di ogni singolo cliente. Ecco che l’abilità di una persona specializzata si concretizza nell’individuare la polizza che meglio di tutte è in grado di gestire globalmente i rischi assicurativi dell’azienda, alle condizioni economiche più convenienti”. Simone Ricci ed il suo regolamento. Più sofisticati sono i prodotti gestiti direttamente o attraverso intermediari di fiducia, ad esempio attraverso la fornitura di assistenza nelle pratiche export ed import. ParticolarLuciano Teneggi mente apprezzati dalle imprese del comparto, per la snellezza e rapidità di risposta, sono i prodotti parabancari e la consulenza fornita da specialisti interni alla struttura “che assistono il cliente – spiega Teneggi nelle trattative commerciali con i nostri partners e lo supportano operativamente nelle fasi post vendita”. Per l’entità dei volumi e il numero di operazioni concluse, infine, sono da citare i seguenti prodotti: leasing immobiliare, strumentale (per acquisire grandi impianti industriali come i forni ceramici), small ticket (per l’acquisto di attrezzature di importo contenuto, finanziamento erogato in massimo 48 ore), su autoveicoli ed autovetture; noleggio di autoveicoli e flotte aziendali; assicurazione dei crediti commerciali. Inoltre, aggiunge Teneggi, “forniamo assistenza sui principali incentivi ed agevolazioni pubbliche mediante il supporto dei servizi interni alla Cassa o attraverso l’utilizzo di una primaria importante società di consulenza specializzata che dopo aver accertato gratuitamente l’entità degli incentivi ottenibile, redige perizia giurata a costi competitivi. La Cassa fornisce poi un adeguato supporto alle aziende sotto il profilo del risk management, sia con riferimento al mercato interno, sia in presenza di attività con l’estero”. [email protected] 2008 maggio/giugno CER 61 CERDOSSIER LA RISCHIOSITÀ dei moderni servizi finanziari di Alfredo Ballarini La copertura sul premio degli approvvigionamenti di materie prime, energia e capitali finanziari è attività primaria nelle moderne imprese La gestione aziendale moderna deve fare i conti con un grado di rischio elevato dovuto ad una maggiore instabilità dei mercati. Mentre il classico rischio di impresa negli anni passati era legato all’incertezza dell’efficienza aziendale, dell’assorbimento dei prodotti da parte del mercato ed alla variabilità dei cambi, oggi se ne aggiungono dei nuovi: l’incertezza nei prezzi del mercato di approvvigionamento delle merci e dell’energia e l’incertezza dei prezzi (i tassi) nel mercato di provvista dei capitali; inoltre il grado di incertezza è divenuto più ampio e meno prevedibile. Dunque la gestione del rischio è diventata per le imprese un discriminante qualitativo e la sua integrazione nelle strategie imprenditoriali sta assumendo un’importanza via via maggiore, anche se le tecniche sono di difficile apprendimento ed applicazione e devono ancora entrare appieno nella mentalità di managers, imprenditori ed intermediari finanziari. Che cosa è necessario conoscere per essere in grado di coprire i rischi aziendali? Parlando di tutti i mercati interessati da rischio di variabilità dei prezzi, possiamo unificare il discorso in un unico termine: “quotazione”. Infatti parliamo di fattori il cui valore è quotato giornalmente nei vari mercati ed è proprio sulla quotazione di cambi, tassi, petrolio, ecc che ragioniamo per fare le considerazioni necessarie al problema della copertura del rischio. Dunque parlando di quotazioni possiamo dire che, al fine di una effi- 62 CER maggio/giugno 2008 cace copertura dei rischi ad esse collegati; è necessario 1 Conoscere e saper interpretare il trend o tendenza percorsa dalla quotazione; 2 Identificare il rischio insito nell’andamento della quotazione; 3 Saper misurare tale rischio; 4 Conoscere gli strumenti finanziari preposti alla copertura di tali rischi ed i pericoli collegati ad un loro utilizzo errato; 5 Essere in grado di definire una strategia precisa di copertura del rischio secondo le necessità aziendali; 6 Saper definire il costo esatto della strategia o comunque il suo limite massimo; oltre a conoscere l’esistenza di strategie a costo limitato ed altre a costo illimitato, scegliendo con sicurezza le une, e scartando sempre ed assolutamente le altre. Il trend è il percorso tracciato su un grafico dalla quotazione. Si chiama trend o tendenza in quanto si tende a proiettarlo in avanti, studiandolo nel passato, per cercare di capire fino a dove può arrivare il valore considerato, sia esso cambio, tasso o energy. Saperlo interpretare significa capire come strutturare la propria azienda per affrontare il futuro, ma il trend da solo non definisce il rischio. Il rischio infatti, non è la variazione di una quotazione, ancorchè in aumento. Se i tassi di interesse avessero un trend di lungo termine ben definito ed in aumento, questo non costituirebbe un rischio, bensì si tratterebbe di un fatto reale al quale dovremmo rispondere, ad esempio, CERDOSSIER strutturando l’impresa diminuendo il ricorso alla leva finanziaria, al fine di moderare l’incidenza degli oneri finanziari. Il rischio è invece dato dall’instabilità della quotazione considerata. Ad esempio, il cambio Euro Dollaro Eur/Usd valeva a fine 1979 € 1,44; in questi giorni lo stesso tasso di cambio vale 1,55 € cioè il +7,6% dopo quasi 30 anni (fonte: dati e grafici forniti ed omogeneizzati da Prorealtime.it). La media trentennale delle variazioni tra valore massimo e valore minimo annui, è stata pari a circa 0,203, ovvero circa il 14% annuo sul valore del 1979. La variazione annua maggiore l’abbiamo avuta nel 1981 con un delta di 0,3673, pari a circa il 37,8% del valore minimo di quell’anno. Qual è il rischio tra questi numeri? Certamente non il 14%: esso ci dice, semplicemente, che dobbiamo aspettarci una variazione, in una direzione o nell’altra, che in media potrebbe essere attorno al 14%. Un’azienda non riesce ad annullare questa variazione normale, prima di tutto perchè non è dato sapere in che direzione avverrà e nemmeno se avverrà per certo! Inoltre, è vero che possiamo bloccare il tasso di cambio di una fornitura all’estero con un forward sulla valuta del cliente, ma alla fornitura seguente dovremo comunque fare i conti con il nuovo livello di cambio raggiunto dalla valuta nella prosecuzione del suo trend. Il rischio è invece che, se ci sarà una variazione annua e se si concretizzerà nella direzione a noi sfavorevole, potrebbe anche essere non del 14%, ma addirittura del 38% e se non siamo preparati ad una tale entità, il bilancio dell’azienda potrebbe risentirne pesantemente: ecco perché conviene comunque coprire il cambio delle forniture all’estero. Nella battaglia competitiva tra concorrenti, il fattore discriminante che distingue il competitor migliore è quello di riuscire a minimizzare il costo della copertura (è possibile essere in grado di assorbire senza problemi di budget un po’ di variazione del cambio e questa potrebbe anche rivelarsi a nostro favore!), evitando nel contempo di esporsi ai rischi delle cosiddette fiammate di volatilità. L’esempio grossolano sopra riportato serve solo a evidenziare il concetto di fondo: matematicamente, la vera misurazione del rischio si effettua considerando la volatilità annua. Ma il concetto è simile in quanto la volatilità, o dispersione dalla media, indica di quanto la quotazione “rischia” di allontanarsi dal suo valor medio! Le opzioni e i futures sono i principali strumenti finanziari inventati con finalità specifica di copertura del rischio legato alla volatilità di una quotazione e tutti i vari derivati di cui si sente parlare non sono altro che collages di tanti contratti di opzione, più o meno fantasiosi. Funzionano come una polizza di assicurazione: chi compra l’opzione si assicura contro il rischio legato alla instabilità del sottostante; chi vende l’opzione è l’assicuratore che si assume totalmente il rischio collegato al sottostante e per questo si fa pagare un premio. Ora accade che mentre nella realtà quotidiana il mestiere di assicuratore viene svolto solo da imprese specializzate in materia e con solidità patrimoniale adeguata e controllata, nei mercati finanziari chiunque può decidere di mettersi a fare l’assicuratore perché chiunque può vendere opzioni e assumersi di conseguenza i rischi relativi, spesso su cifre molto elevate, grazie all’effetto leva, che permette di trattare importi notevoli muovendo inizialmente cifre del tutto modeste. Questa semplicità e mancanza di regole nel compiere un negozio di siffatta importanza e rilevanza, uniti all’inesperienza (e spesso alla delega troppo facile e senza adeguati controlli) nella gestione di questi strumenti ha nella pratica, causato gran parte dei disastri sui derivati, come riportati dalla stampa economica negli ultimi mesi. [email protected] 2008 maggio/giugno CER 63 CERDOSSIER PIAZZA AFFARI E MAC le due strade per la Borsa di Silvia Saracino Dimensione aziendale costi di quotazione e di negoziazione e possibili sottoscrittori sono i parametri per scegliere 64 CER maggio/giugno 2008 Sebbene il momento congiunturale e dei mercati finanziari non sia dei migliori, per le imprese che vogliono compiere il grande passo della quotazione oggi ci sono due possibilità: Borsa Italiana e Mac, il Mercato alternativo del capitale, operativo da settembre 2007 e promosso dalle principali banche italiane, da Borsa Italiana, dalle associazioni degli imprenditori e dalle istituzioni finanziarie. Due strade con caratteristiche diverse ma un unico obiettivo: consentire alle aziende di reperire risorse per finanziare progetti di crescita di medio lungo periodo. Aprire un nuovo stabilimento all’estero, innovarsi, piuttosto che acquisire un concorrente o una società strategica per ampliare la propria gamma produttiva e sbarcare in nuovi mercati. Cominciamo dalla strada tradizionale, la quotazione a Piazza Affari. Il reperimento di risorse finanziarie da impiegare in piani di sviluppo è la motivazione principale che spinge un’azienda a quotarsi: anziché sce- gliere l’indebitamento – che in alcuni casi appesantirebbe troppo i bilanci – si sceglie di aprire il capitale a soggetti terzi mettendo così risorse ingenti nelle casse aziendali. “Come dimostrano le quotazioni degli ultimi anni – spiega Antonio Boccia relationship manager di Borsa Italiana per l’Emilia-Romagna – scelgono la borsa non solo le aziende di grandi dimensioni, o che hanno già fatto entrare nel capitale un fondo di private equity, ma anche aziende medio-piccole con il capitale interamente in mano alla famiglia”. A differenza del private equity - ma anche del semplice prestito bancario - la quotazione non impatta direttamente sulla gestione aziendale, in quanto l’investitore entra con una quota di minoranza, ha di solito alcuni posti nel Consiglio di Amministrazione, e se non approva la strategia aziendale semplicemente vende il proprio pacchetto. Se la borsa da un lato non chiede vincoli particolari, è vero però che esige un rigoroso rispetto dei requisiti di trasparenza: la comunicazione della trimestrale di bilancio alla borsa, alla Consob e al mercato attraverso l’invio di comunicati stampa. Per quotarsi l’importante è avere un chiaro progetto di evoluzione e crescita a cui i potenziali investitori possano interessarsi. Ma già il fatto stesso di quotarsi produce appeal: alla quotazione è connessa una maggiore visibilità che si acquisisce da una più ampia presenza sui media e che può anche impattare positivamente sulla clientela commerciale. Inoltre la quotazione favorisce – laddove non siano già presenti - l’ingresso in azienda di figure manageriali che scommettono sulle annunciati CERDOSSIER piani di crescita: un elemento importante per affiancare la famiglia nella gestione dell’attività, ma anche nel gestire l’eventuale passaggio generazionale. La società può scegliere se quotarsi in Borsa in due tipi di mercato, Mta e Expandi. Il primo comprende i segmenti Blue Chip, Star e Standard e si rivolge principalmente ad aziende di medio-grandi dimensioni. I segmenti si differenziano per la capitalizzazione richiesta: superiore a un miliardo per Blue Chip e tra i 40 milioni e un miliardo in Star e Standard, che si caratterizzano per l precisi requisiti di ingresso. Expandi è invece destinato soprattutto alle piccole e medie società, che al momento della quotazione abbiano una capitalizzazione inferiore a 40 milioni. Quali sono le modalità di quotazione? Si può scegliere se effettuare un aumento di capitale - emettendo nuove azioni che generano immediatamente proventi, ed è la strada seguita soprattutto dalle pmi - oppure vendere le azioni esistenti, favorendo il passaggio di capitale. Gli interlocutori possono essere sia gli investitori professionali (fondi di private equity, banche, fondi comuni di investimento) che gli investitori pubblici. È questa una delle principali differenze tra Borsa Italiana e Mac, un sistema di scambio organizzato che si rivolge solo a investitori professionali (quindi vengono esclusi gli investitori pubblici) ed è rivolto principalmente alle piccole e medie imprese. Il Mercato alternativo del capitale ha regole di funzionamento e requisiti di accesso più semplici rispetto a Borsa Italiana: i costi di quotazione sono inferiori e la scelta di rivolgersi solo a investitori professionali evita il rischio di un eccessivo turnover dell’azionariato garantendo maggiore stabilità all’azienda, che comunque non rinuncia all’indipendenza gestionale. Inoltre, la possibilità di prescegliere gli investitori in una lista di soggetti interessati supera il timore da parte della piccola azienda di vedere entrare partner sgraditi. È costituito da banche che operano nel territorio di riferimento dell’impresa e quindi contribuisce a rafforzare il rapporto tra sistema creditizio, produttivo e istituzionale. Non esiste una dimensione minima necessaria per quotarsi: è necessario essere una Spa, garantire la libera trasferibilità dei titoli e avere l’ultimo bilancio annuale certificato da una società di revisione iscritta all’albo Consob. A vigilare sul corretto svolgimento delle operazioni ci pensa Borsa Italiana che ha anche il compito di ammettere le imprese alla negoziazione e gestire il mercato. [email protected] 2008 maggio/giugno CER 65 CERENERGIA GAS, UNA BORSA per sbloccare il mercato di Alessandra Ferretti Dare avvio ad un sistema di bilanciamento del gas basato su criteri di mercato e realizzare una "borsa" del gas naturale. Queste le strade intraprese dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas per ovviare in parte ad una situazione in cui il nostro Paese necessiterà sempre più di energia e quindi rischierà di dipendere sempre più dall'estero. Se ne è parlato ad una tavola rotonda organizzata in Confindustria Ceramica il 14 aprile scorso da Gas Intensive, società consortile che raggruppa 200 imprese appartenenti a nove settori manifatturieri (laterizi, calce e gesso, piastrelle, ceramica, vetro, metallurgia ferrosa e non ferrosa, fonderie e carta), che contano su un fatturato di 55 miliardi di euro e 235mila addetti. Ma quali sono i problemi principali che riguardano il settore del gas in Italia? Premesso che la previsione è quella di un aumento regolare della domanda di energia globale, va considerato come il nostro Paese registri un trend decrescente sul fronte della produzione nazionale di gas naturale e come, quindi, col crescere del suo bisogno di energia, crescerà anche la sua dipendenza dall'estero. Per il 2010 si prevede che la domanda nazionale di gas naturale sarà di 99 miliardi di metri cubi contro gli attuali 89, ma la diminuzione della produzione nazionale (8% all'anno fino al 2010) aumenterà il divario tra necessità e disponibilità di importazione. “L'Italia”, ha specificato Simone Lo Nostro, di Enel Energia, “è costretta ad importare il gas da Paesi che sanno che l'Europa continuerà ad andare a gas”. Marco Brun, di Shell G&P Italia e Francia, ha spiegato: “Dobbiamo prendere atto di tre dure verità. Anzitutto, la domanda di energia globale Gas: importazioni per paese di provenienza Anno 2006 Algeria Norvegia Algeria(GNL) Paesi Bassi Russia Libia Altri Altri(GNL) 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 Fonte: Autorità per l’energia elettrica e il gas 66 CER maggio/giugno 2008 2002 2003 2004 2005 2006 è destinata a crescere regolarmente. Una previsione, questa, che ci porta a considerare il parallelo aumento delle emissioni di anidride carbonica. Nel contempo, la possibilità di ottenere energia da risorse facili si sta riducendo, sia perchè le risorse stanno esaurendo, sia perchè si trovano in Paesi inaccessibili. Dunque, chi sarà disposto a pagare il prezzo necessario per approvvigionarsi nel mercato globale?”. Intanto, è utile accompagnare il cliente in un’ottica di risparmio energetico, come sta cercando di fare ENI e come ha spiegato Francesco Caria, della Divisione Gas & Power. Tuttavia, si prevede che nel 2050 si assisterà ad un gap tra produzione e fabbisogno, tanto più che l'India, la Cina e più in generale l'Oriente avranno sempre più bisogno di energia. “La sfida più importante”, ha concluso Brun, “è quella di garantire al Paese di competere nel mercato globale”. In questo caso, il bilanciamento e la borsa gas potrebbero essere un ottimo punto di partenza. Massimo Ricci, dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, ha riferito: “Come primo passo è stato creato il Punto di Scambio Virtuale (PSV), un luogo virtuale per lo scambio di gas naturale tra gli operatori senza determinazione di prezzi. In considerazione della scarsa liquidità del mercato del gas in Italia, il PSV costituisce oggi giorno soltanto un’opportunità per gli operatori del settore per bilanciare la propria posizione”. Date le prospettive di sviluppo di un quadro CERENERGIA competitivo stabile per il trading del gas, si prevede, comunque, che il PSV si trasformerà in una vera e propria “borsa” del gas naturale. Quanto al bilanciamento, invece, “l'importante”, ha dichiarato Luca Dal Fabbro, di E.ON Italia, “è introdurre regole per aumentare offerte diversificate. Infatti, al momento, l’offerta non solo non equivale alla domanda, ma non è nemmeno concorrenziale”. Un elemento di flessibilità dell’offerta è costituito dalle infrastrutture, in primis, da nuovi rigassificatori. Che in Italia sono previsti, ma che incontrano resistenze enormi nella fase di autorizzazione senza contare che poi, per realizzarli, servono dai 2 ai 4 anni. Intanto, entro fine anno, dovrebbe ultimarsene uno a Rovigo. Per via del ridotto grado di liberalizzazione e per la sua limitatezza oggettiva, dovuta a sua volta all'insufficienza delle infrastrutture, anche il servizio di stoccaggio rappresenta in Italia un problema serio. Esso consiste in pratica nell’immissione di gas in estate in ex campi di produzione, che poi dovranno erogarlo nei periodi invernali di punta della domanda. Lo stoccaggio permette ai venditori di modulare l’offerta di gas per far fronte alla rigidità del profilo delle importazioni e alla forte variabilità, dovuta ai cambiamenti di temperatura, che caratterizza la domanda del mercato civile. Sviluppando ulteriormente le infrastrutture e migliorandone il funzionamento anche in termini di accessibilità, un migliore servizio di stoccaggio potrebbe influire in maniera sostanziale sulle dinamiche di mercato, ad oggi assai influenzate dall'andamento delle stagioni e del clima si pensi agli effetti di due inverni diversi: quello rigido del 2005-2006 che portò un’emergenza gas, e quello mite del 2006-2007, con effetti opposti al precedente. [email protected] Vendite per tipologia di mercato M(m3); Anno 2006 20.706 M(m3) 27.124 M(m3) 5.602 M(m3) 23.911 M(m3) Domestico Commercio e servizi Industria Generazione Elettrica Fonte: elaborazioni Autorità per l’energia elettrica e il gas su dichiarazioni degli operatori - novembre 2006 2008 maggio/giugno CER 67