bouche-a-oreille - Cascina Macondo, Scuola di Dizione, Centro

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bouche-a-oreille - Cascina Macondo, Scuola di Dizione, Centro
Cascina Macondo
Centro Nazionale per la Promozione della Lettura Creativa ad Alta Voce
Borgata Madonna della Rovere, 4 - 10020 Riva Presso Chieri - Torino – Italy
[email protected] - www.cascinamacondo.com
BOUCHE-A-OREILLE
di Florian LASNE
Cascina Macondo - Scritturalia, domenica 15 aprile 2007
E’ proprio entrato senza rumore. E non ho chiesto niente io. Stavo bene, da solo,
in silenzio. Nel mio buio silenzio. Si, qua è abbastanza buio. E’ quasi tutto buio.
Piccolo, nero, sporco, stretto, sofferto, chiuso, basso, muto, ruvido, freddo. Triste buio.
Beh, c’è il buco là un po’ a sinistra, in alto dei miei occhi scavati, sbarrati. Un
rettangolino, scavato, sbarrato. Là si c’è altro che buio! Non mi ricordo bene che cos’è.
Loro lo chiamano luce, sole, raggio, aria fresca, che ne so?
E’ proprio entrato di là, da questo rettangolino sbarrato, diventato televisivo
dalla sua intrusione.
“Oh! vattene, vattene subito maledetto”.
Non si è mosso di un pelo: statua interrogativa.
“O se no, rimani per il poco d’eternità che devo attendere qui. Resti con me per qualche
vita. Un attimo solo. Un attimo di montagna o di cielo. Stai con me come oceano, come
respiro nuovo.”
E non si è mosso. Reso immobile dal mio sguardo da morto in attesa di vita, pietrificato.
“Ascoltami per un poco. Ti devo parlare, ho sempre dovuto parlarti, raccontarti,
sorriderti. Ho voluto.”
Ma niente, cosa poteva uscirmi di bocca: tempeste, esplosioni, torrenti? Allora ho
taciuto, c’era troppo da dire per un orecchio solo, anche fossero due. Ho chiuso i pugni
e ho sparso sangue sul muro. Un mio modo di dipingere.
Mi son messo a ballare, senza fermarmi come se un vento pazzo m’avesse preso per le
spalle e scosso da tutte le parte. Mi sono stancato, apposta. Sudato, estenuato, pronto:
“Io voglio, voglio ma non so dire. Non so dire. Tutto, è sempre troppo.”
Perché poi, chi vuole dar retta a un orecchio solo. Roba da matti. Un orecchio solitario ti
appare nel canale luminoso della tua stupida cella e io dovrei, dire. Dire tutto, anche se è
troppo. E perché? Perché l’ho sempre desiderato, avere un ascoltatore? Bene, ma ne
vale la pena?
Devi proprio mangiarti tutta la mia merda, tu orecchio del non so?
“Non ci credete, eh?”
Lo so pare assurdo ma è così. Una mattina, mi sono svegliato, e ho trovato l’invasione
di un orecchio tranquillamente sdraiato sull’infimo davanzale del mio spiraglio. Cosa ci
faccio io? Prima esito… non oso… e poi… poi ci parlo! Tutto d’un flusso senza
fermarmi, scarico una valanga di parole in accelerazione, svuoto tutto il sacco di una
mia vita, sprigiono la voce di una troppa lunga astinenza, rinchiusa dentro un corpo
rinchiuso, finché… lo sento… russare.
“Hai mai visto una cosa del genere, un orecchio che s’addormenta mentre gli parli?”
Beh, direi di sì, anzi spesso. Solo che in generale intorno all’orecchio c’è anche una
persona, che, di solito, non dorme. Una persona qualsiasi che si è messo su off come
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essere, e su funzione automatica come oggetto umano. Allora ti risponde anche, ma
l’orecchio, lui, dorme. Ed è molto spiacevole, ma in generale te ne accorgi solo
sensorialmente e non subito e spontaneamente, allora lasci fare e forse anche tu accendi
l’automatico.
Ma qua nella mia cella, lo vedo bene, anzi lo sento che quest’orecchio intruso si è
annoiato. E ripeto, non gli ho chiesto di venire, allora perché si fa beffa di me
sfrontatamente?
Mi sono arrabbiato, proprio tanto, da farlo diventare rosso e caldo.
“Che cazzo sei venuto a fare qua se non te ne freghi delle mie storie, non è un posto
molto attraente per venire a passare qualche vacanza o rubare qualche po’ di sole?”
Ma lui non dice niente, si raggrinza, vergognoso sicuramente.
“Vattene, non c’è niente da fare qua a parte ascoltarmi. O te ne vai o ti taglio a pezzi.
Ok?”
Si solleva un po’ e dopo tante esitazioni:
“Scusa… scusa se mi sono addormentato, è solo che ho fatto un lungo viaggio e poi ….
sccccc… aspetta, c’è qualcuno che arriva… no niente, è passato… beh guarda a me
piacerebbe chiacchierare un po’ ma vedi, io sono un’orecchio, e per dir il vero non
avrei il diritto di parlarti, non è nelle mie funzioni legali, non dirlo a nessuno. Ho
imparato da una mia collega e infatti saresti gentile se accettassi di farla venire anche
lei qui. Siamo una bella squadra, le ho insegnato ad ascoltare e ho imparato da lei la
parola. Ma proprio per questo siamo ricercate, in fuga. Ecco sai tutto.”
Certo sono rimasto un po’ sconcertato. Non è tutti giorni che sei in presenza di un
fuggitivo. Ho accettato di accogliere anche la collega: una bocca. Formavano il binomio
ricercato “Bouche-à-oreille” pericolosissimo nella divulgazione in alta velocità Adsl di
qualsiasi tipo d’informazione.
“Cosa siete venuti a fare? Cosa volete da me? Perché me? Come vi posso aiutare chiuso
qua dentro?”
“Non te preoccupe, abbiamo già pianificato tutto, sarà abbastanza semplice, un po’
doloroso forse ma poi con un po’ di pazienza tutto si dovrebbe risolvere.”
Sembravano ben determinati ‘sti due. Io non è che c’ho capito tutto subito. Mi
proponevano un piano delicato e complesso ma con grande probabilità di successo. In
sostanza, mi facevano uscire in cambio di qualcosa di mio. Ho ripetuto più volte che
non possedevo niente, che con tutto il cuore avrei dato qualcosa, ma che dopo 13anni
rinchiuso non ho fatto grandi affari. Le mie ricchezze erano ben tristi e solitarie, come il
loro padrone.
“Non te preoccupe, sappiamo che qualcosa ce lo puoi dare o per lo meno lo puoi dare a
quest’affare. E’ per il tuo bene anche se c’è il rischio che faccia un po’ male. Poi con il
tuo piccolo dono o piuttosto sacrificio, puoi salvare tre esseri. Dai ci perderai così poco:
un po’ di sudore e qualche grammo in meno.”
Alla fine, mi avevano convinto. Prima di essere stato messo in questo buco chiuso, ho
sempre lavorato senza riposo, con tutte le mie energie. Allora anche se non avevo fatto
esercizi da un po’, potevo cavarmela, sudare e perdere qualche grammo.
“Ci sto!” ho detto.
“Hai fatto bene. Adesso, raccontami tutta la tua vita, i tuoi amori, le tue delusioni,
sacrifici, piaceri, scontri, amicizie, guerre… Io sono qua per ascoltare tutto, questo è
nella mia funzione legale e voglio usarla al meglio delle mie possibilità.”
Questo era il piano del mio collaboratore orecchio, mentre la bocca dall’altra parte della
cella sembrava essere caduta nel profondo sonno.
“Beh, però, non potremo piuttosto parlare del piano per farmi uscire perché mi preme
abbastanza dopo tutto questo tempo?”
“Non te preoccupe, questo fa parte delle cose che ci puoi dare: informazioni. Può
sempre servire. E a te non costa niente, almeno per questa parte del dono.”
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“Bon ok, voilà je suis né en France, j’ai eu une enfance difficile. A 13ans j’ai tué mes
parents adoptifs parce qu’ils ne cessaient pas de me battre, et après j’ai fui en Italie. Da
allora sono stato un fuggitivo, un po’ come voi, ero sempre in agguato per paura di
farmi prendere e rinchiudere. Ed è proprio ciò che è successo, la prima persona di cui mi
sono fidato mi ha tradito, la bastard… aaaahhhhhhh”
La bocca che fingeva di dormire mi è appena saltata in faccia con i denti ben affilati e
mi ha mozzato l’orecchio destro.
“Cosa state faccendo, cazzo, io sto qua come un cretino a darvi retta e appena mi lascio
andare mi fate a pezzi, bastardi che non siete altrmmm… mmmm… mmmm!!!???
MMMMM!!!!!”
Quando mi sono svegliato, ho visto solo sangue, disperso in tutto la cella, bel
quadro devo dire, della seria “rouge”.
“Oh allora, cosa aspetti stupido, hai finito di dormire pigrone?”
Qualcuno parlava nella mia bocca e il suono di questa voce risuonava strano. Mai
sentito una voce in questo modo.
“Ti svegli amico, noi abbiamo fatto la nostra parte di lavoro, tocca a te adesso.”
“Ma dove siete bordel, non vi vedo?”
“Prendi il pezzo di specchio nell’angolo della cella e guardati.”
Feci proprio cosi, e quando mi guardò fui assai sorpreso.
“Chi cazzo sono io?”
“Diciamo che sei un po’te un po’ noi. Te l’avevamo detto che farebbe un po’ male ma
adesso è quasi tutto risolto. Hai un nuovo orecchio e una nuova bocca, nessuno più ti
può riconoscere. Dunque non sei più quell’ uomo in prigione, sei un errore, ti devono
fare uscire. Hai capito?”
Rimasi un po’ stupito, ma mi ripresi assai velocemente. Chiamai la guardia, che
incredulo, esterrefatto, scappò via. Dopo pochi minuti arrivò il direttore del carcere.
Abbiamo chiacchierato. Ho fatto una scena terribile, spiegando che trovavo
inaccettabile di rinchiudere delle persone innocenti. Di prenderle nel sonno e portarle
qua. Si confuse in scuse, anche se non capiva bene cosa potesse essere successo. Ma fu
costretto a lasciarmi andare via.
Una volta uscito:
“Bel colpo amici, ci siamo riusciti!”
Però non conoscevo bene il mondo fuori. Era cambiato in questi 13anni. Mi sembrava
di essere un visitatore inatteso in questo mondo. Camminai per lunghe ore senza capirne
i codici. Tutti, e tutto andava come calcolato, fabbricato, funzionale. Camminai ancora e
ancora ma niente da fare, anche con la grande esperienza dei miei partner “Bouche-àoreille”, non riuscivo a intendermi di queste forme umane chiacchierando sul nulla o su
onde predefinite.
Allora decisi di arzigogolare, sognare, giocare. Mi misi a camminare sulle mani. Certo
non andrò veloce, ma non userò più scarpe.
Vedrò il mondo al contrario, sarà sicuramente più comico.
Non ci perderò sicuramente niente, messo giusto non è divertente.
Cascina Macondo
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