L`apprendimento come forma di Leadership

Transcript

L`apprendimento come forma di Leadership
Gemma Graziani per LaL
Traduzione Testi Originali LaL
L’apprendimento come forma di Leadership
Una Metodologia di Cambiamento Aziendale attraverso la Padronanza Personale.
di Lara H. Nuer
Nota dell’Editore: Questo è il secondo di due articoli sul tema della padronanza personale. Il numero di
Maggio/Giugno 1999 della rivista Performance Improvement presentava un caso studio sull’azienda
Fairchild Semiconductor e la storia del suo eccezionale miglioramento di performance nel ridurre il ciclo di
tempo dello sviluppo prodotti da 270 a 90 giorni. Fairchild ottenne questi risultati implementando gli
strumenti di Learning as Leadership (LaL), una organizzazione che ha sviluppato una metodologia per
applicare gli strumenti pratici di padronanza personale nel campo del lavoro. Questo numero di
Performance Improvement approfondisce la presentazione della metodologia applicata presso la Fairchild.
Le aziende si trovano ad affrontare questioni sempre più complesse, che richiedono un livello più elevato di
prestazioni con severe conseguenze in caso non si trovi una soluzione. Affrontare questa sfida richiede un
notevole cambiamento organizzativo che non può avvenire senza un cambiamento all’interno del singolo
individuo. I dipendenti devono diventare più consapevoli e più responsabili per la loro performance al
lavoro. Molti metodi per migliorare la performance hanno molto da offrire ma creare un livello di
performance davvero superiore significa metter alla prova noi stessi e le nostre abitudini – nei modi in cui
pensiamo, sentiamo e agiamo. Significa ridurre la distanza tra le nostre buone intenzioni e le nostre azioni
quotidiane e sconfiggere i nostri ostacoli individuali e collettivi per attuare le nostre più profonde
aspirazioni. Finché non adottiamo questa realtà e iniziamo a lavorare ad un livello più profondo e
personale, non raggiungeremo quel livello di prestazione che il nostro mondo in continua evoluzione
richiede.
La Fairchild Semiconductor ha usato strumenti di padronanza personale per collaborare a questo livello più
profondo e per realizzare cambiamenti organizzativi notevoli. Il lavoro di questa azienda con la padronanza
personale ha permesso ai dipendenti di far leva finalmente sulle varie opportunità di miglioramento della
performance che avevano imparato e messo in pratica negli ultimi 10 anni. Hanno imparato questi
strumenti attraverso “Learning as Leadership” (LaL), partecipando ad una serie di programmi di training sia
pubblico che in azienda, e ricevendo anche continuo coaching individuale e di gruppo.
La padronanza personale divenne molto conosciuta con il libro fondamentale di Peter Sange “La quinta
disciplina” (1990). Senge definì la padronanza personale come una delle discipline di apprendimento più
determinanti nel permettere alle aziende di affrontare le richieste del 21esimo secolo.
Allo stesso tempo, Claire Nuer, la fondatrice di LaL, ideava una struttura di strumenti di padronanza
personale per costruire un cambiamento personale e aziendale. Clare sosteneva che se ognuno di noi
diventa consapevole delle proprie disfunzioni e dell’impatto delle stesse sulle nostre vite e decide di
cambiare, possiamo diventare il punto di partenza per un mutamento collettivo nelle nostre aziende,
famiglie, comunità e nel mondo intero (Nuer, Febbraio 1999).
Molte aziende sono affascinate dal concetto di Padronanza Personale ma lo considerano troppo
“personale” e di conseguenza non appropriato o applicabile agli ambiti del business. Tuttavia, proprio a
causa dei rapidi cambiamenti che avvengono attorno a noi, sempre più persone trovano che l’ambito
aziendale sia un terreno fertile per questa lavoro di trasformazione. Molte persone hanno la erronea
convinzione che la Padronanza Personale sia una disciplina vaga e irrealizzabile quando di fatto può esser
Performance Improvement
Volume 38 Numero 10
1
Gemma Graziani per LaL
Traduzione Testi Originali LaL
molto concreta e diretta. Essa ci porta a fare il punto del passato per creare i nostri obiettivi per il futuro, il
che di conseguenza ci permette di diventare proattivi nel presente.
Prima parte: Fare il punto del passato
Una parte integrante della metodologia LaL che è unica nel campo di Padronanza Personale è prendersi il
tempo di esaminare il passato. Il primo passo in questo processo diagnostico è di andare quanto più
indietro possibile nella memoria e annotare gli eventi significativi delle nostre vite per vedere cosa ha
funzionato e cosa invece no. Questo processo dev’esser effettuato senza giudizio. Non è questione di dire
“questo è stato un bene mentre questo mi ha segnato” quanto “questo mi ha portato nella direzione in cui
volevo andare mentre questo mi ha allontanato”.
Modelli
Tutti noi abbiamo sistemi di credenze che abbiamo imparato consciamente e inconsciamente da genitori,
fratelli ed esperienze di vita. Se non vengono rintracciati, questi sistemi di credenze limitano le nostre
percezioni e trainano le nostre reazioni, diminuendo la nostra capacità di gestire le situazioni e di interagire
con le persone in maniera efficace.
Questo processo dell’ esaminare il nostro passato rivela quello che LaL chiama i nostri modelli di
comunicazione e comportamento. Questi modelli si sono originati durante la nostra infanzia, quando
abbiamo sviluppato inconsciamente modi di pensare e comportarsi per superare i meandri che la vita ci
presentava. Essenzialmente sono meccanismi di difesa e di solito prima dei 10 anni si tende a creare le basi
per i modelli di comportamento che mostreremo per il resto della nostra vita. Ma mentre questi
comportamenti ci sarebbero stati utili da bambini, essi hanno conseguenze non desiderate che sono spesso
molto dannose per noi da adulti. Pochi di noi diventano veramente consci del grado in cui questi modelli ci
inibiscono. Il primo passo di LaL è di imparare le loro dinamiche e conseguenze. Se non prendiamo il tempo
di tuffarci nel passato e rivelare i suoi ostacoli nascosti, non riusciremo a fare scelte informate su come
vogliamo pensare ed agire in maniera differente proseguendo nella nostra vita.
L’ Ego Sistema
Claire Nuer ha dato alla totalità dei meccanismi che ci guidano il nome di “Ego Sistema” (Nuer, Febbraio
1999). I modelli sono un elemento di questo sistema, che è più evidente in situazioni dove le comunicazioni
e le relazioni umane si deteriorano e portano a conflitti interpersonali, grossi e piccoli. Nel mondo del
business questo sistema è tipicamente caratterizzato dalla competizione, il bisogno di aver ragione, il
perfezionismo, le lotte territoriali, il riporre la colpa sugli altri e le soluzioni tappabuchi. Sebbene queste
caratteristiche portino al successo, spesso ci procurano ancor più di tutto quello che non vogliamo: società
comunità, organizzazioni, famiglie ed individui, tutti disfunzionali. Nell’ego-sistema pensiamo
principalmente a noi stessi; in una squadra, come una famiglia, questo non funziona. Il pensiero e il
comportamento guidati dall’ego-sistema sono le fonti del fallimento sistematico nelle nostre
organizzazioni. Guardando onestamente attorno a noi possiamo vedere che questo sistema ha spesso un
carico eccessivamente alto su di noi e sulle persone a cui vogliamo più bene.
Un esempio di ego-sistema in atto nelle nostre aziende è raccontato da Rick Glover, engineering manager
alla Fairchild:
Performance Improvement
Volume 38 Numero 10
2
Gemma Graziani per LaL
Traduzione Testi Originali LaL
Nel revisionare eventi specifici alla Fairchild, siamo stati capaci di svelare questioni ricorrenti individuali e
collettive che prevenivano in maniera consistente l’implementazione del cambiamento che volevamo.
Norme culturali come esser costantemente occupati per apparire produttivi ci hanno portati a intraprendere
progetti prima che fossimo pronti. Una “gentilezza infinita” manteneva le relazioni armoniose, ma solo
superficialmente: i problemi irrisolti che ci aggravavano erano dannosi per la collaborazione. In aggiunta
alla disfunzioni culturali, ognuno di noi aveva i suoi ostacoli. Alcuni di noi erano difensivi quando ricevevano
del feedback, altri eccessivamente aggressivi nel voler sostenere il proprio punto di vista. Troppo spesso, i
nostri modelli di comportamento e comunicazione lungamente usati rendevano il nostro team improduttivo
e incapace di affrontare i problemi reali. Abbiamo capito che il nostro più grande ostacolo non erano le
difficoltà tecniche bensì i problemi individuali che ognuno di noi portava nell’azienda (Glover, 1998).
I costi
Un’azienda che funziona secondo l’ego sistema sperimenta costi fenomenali in termini di tempo perso,
produttività, energia, creatività, fiducia e relazioni. Inoltre soffre di una quantità incredibile di tensione e
conflitto organizzativo; eppure spesso rimaniamo non vediamo queste conseguenze. Scegliamo di
sperimentare solo quello che ci va bene e falliamo nel vedere i costi associati a questi modelli. Ignoriamo il
fatto che questi stessi modelli che ci possono aver guidato alla presidenza di una azienda, possono anche
esserci costati il nostro matrimonio, la relazione con i nostri figli e molte altre relazioni con le persone che
abbiamo incontrato nel frattempo. E’ molto più facile esser ottimisti e seguire l’illusione di ottenere
l’ennesima cosa che noi pensiamo ci renderà felici. Il problema è che i costi ci inseguono e raggiungono;
sono presenti, anche se ci rifiutiamo di ammetterlo.
Il muro
La somma di questi costi ci porta a quello che Claire ha definito “il muro” (Nuer, 1999). Per molti di noi, non
c’è motivazione a cambiare a meno che un terremoto scuota la nostra vita – che sia una bancarotta, un
ridimensionamento aziendale, una malattia, una separazione – e dopo ci troviamo davanti ad un muro. La
domanda di Claire – e la sua visione – ruotano attorno al perché e se noi come esseri umani abbiamo
bisogno di un evento cosi drammatico per iniziare un cambiamento reale.
Nell’ultimo suo discorso alla World Business Academy, Claire Nuer descrisse il suo muro:
Ero una bambina nascosta durante la guerra e tutta la mia famiglia fu deportata, eccetto mia madre. Non
riuscivo a metter tutto questo da parte, sebbene abbia tentato tutta la mia vita, fino a che, a 49 anni non fui
colpita da una seconda tragedia personale, una malattia. Fu cosi che la prima tragedia tornò a galla. La mia
malattia mi forzò a confrontare il muro, e di giorno in giorno, io rimanevo viva, che non era quanto la
prognosi aveva previsto, e cosi iniziai il cammino. Volevo dire alla gente “Non aspettate fino a quel
momento per cambiare la vostra vita!” Pensate che abbia avuto successo? Per niente. Persone in carriera
vengono ai nostri workshop e dicono “La mia vita è fantastica. Sono nato fortunato. Sono ricco, intelligente,
colto, ho tutto… Beh, sto divorziando ma ciò non significa nulla”. E’ possibile per noi raggiungere un
profondo cambiamento senza un muro? (Nuer, 1999)?
Il cambiamento
La nostra sicurezza è rappresentata dal rimanere nelle nostre abitudini. Se i nostri modi abituali di reagire ci
portano di default a funzionare dall’ego sistema, come possiamo cambiare e funzionare da un'altra
Performance Improvement
Volume 38 Numero 10
3
Gemma Graziani per LaL
Traduzione Testi Originali LaL
prospettiva? Se c’è un muro, c’è anche l’altro lato del muro e andar oltre richiede chiarezza, impegno e
vigilanza quotidiana delle nostre parole e azioni. Come realizziamo tutto ciò?
La consapevolezza dei costi e delle conseguenze del nostro passato comportamento ci dà le fondamenta
per porre domande difficili ed effettuare scelte informate. Che cosa sta davvero succedendo nella nostra
azienda? Dov’è che non riusciamo a comunicare onestamente? Dove ci si sente insicuri nel presentare
questioni difficili? Come veniamo puniti se corriamo dei rischi e testiamo nuove idee? Dov’è che ci tagliamo
fuori dal processo di apprendimento?
Seconda Parte: Creare degli Obiettivi per il Futuro.
L’impegno
Una volta che abbiamo preso coscienza, possiamo decidere se vogliamo continuare nel solito modo o
cambiare certi modi di pensare, agire e comportarci. Fare questo cambiamento comporta un impegno – un
impegno a cui non si può sfuggire di iniziare il processo di apprendimento e di metter in atto,
quotidianamente, le azioni che ci porteranno nella direzione dei nostri obiettivi, non del nostro ego. E’
essenziale creare degli obiettivi chiari e un impegno attorno a specifici modelli di comportamento e
comunicazione che non vogliamo più perpetuare, indipendentemente da tutto. Questo tipo di struttura ci
permette di aiutarci l’un l’altro per seguire i nostri impegni e rimanere sul cammino dell’apprendimento.
Quando prendiamo un impegno, ci dobbiamo render conto che ci sono conseguenze allegate che non
possono sempre esser capite in anticipo. Questo tipo di impegno richiede un elemento di fiducia, perché
non possiamo sapere a priori quale sarà il risultato o qualunque conseguenza inattesa.
Un esempio di impegno al lavoro in una azienda può esser trovato con McCown De Leeuw & Co, dove una
“regola 24 ore” è uno dei tanti accordi che lo staff ha preso per creare un team più coeso. Il co-fondatore e
managing director George McCown dice “con questa regola, decidiamo di gestire direttamente e
prontamente (entro le 24 ore) qualunque disaccordo con un altro individuo e di non parlare alle spalle della
gente. Questo è un esempio molto potente di come prendere un impegno chiaro ha creato fiducia e
comunicazione onesta nella nostra organizzazione” (McCown, 1999).
Dichiarare
Il passo successivo consiste nel dichiarare le nostre intenzioni agli altri e chiedere il loro supporto. C’è
dell’energia e della chiarezza nel dichiarare un impegno. Permette agli altri di sapere a che punto ci
troviamo e ci dà la forza di spingerci oltre barriere che prima ci avrebbero fermato. Ci rende responsabili e
di conseguenza è, ovviamente, la parte più difficile per il nostro ego. La non-dichiarazione ci mantiene la via
d’uscita del dichiarare “Non è ciò che avevo deciso!”. Il nostro ego vuole che siamo perfetti, che abbiamo
ragione, e dichiarare il nostro impegno agli altri automaticamente ci pone in una posizione di vulnerabilità,
dove possiamo esser criticati se non ce la facciamo – ma inoltre ci dà la possibilità di chiedere ed accettare
l’appoggio. Ci spinge ad uscire dai nostri meccanismi di auto-protezione e di fidarci di coloro che sono
attorno a noi. Questa esposizione può esser scomoda per il nostro ego, ma al di là della dissonanza vi è una
qualità di comunicazione e collaborazione che può produrre innovazione e performance eccezionali.
Performance Improvement
Volume 38 Numero 10
4
Gemma Graziani per LaL
Traduzione Testi Originali LaL
Terza Parte: Agire nel Presente.
Praticare
Una volta che abbiamo preso l’impegno, giunge il momento tener fede alle nostre parole, con affidabilità e
di messa in opera. L’evoluzione della padronanza personale di ciascun individuo è unica, basata sulle sue
esperienze, interessi e punto di partenza. Per questo motivo, qualunque metodologia di padronanza
personale ha bisogno di esser plasmata ad hoc. Il coaching continuo ed individuale è la chiave per
supportare la pratica quotidiana. La padronanza personale non è una disciplina di parole persuasive ed
azioni poco convincenti. Sfidare le nostre abitudini è un lavoro disarmonico di impegno e perseveranza
momento per momento, che dovrebbe concretamente influenzare la qualità e produttività dei nostri sforzi.
Man mano che aumentiamo il nostro livello di responsabilità personale, impariamo ad esser più aperti sia
con noi stessi che con altri riguardo al valutare se siamo sulla direzione giusta con in nostri impegni. Lo
facciamo senza dare colpa o giudizio e invece di salvare le apparenze dell’esser “competente” o
“informato”, cerchiamo il feedback e il sostegno di quelli attorno a noi. Inseguire la padronanza personale
non vuol dire diventare sovraumani; significa approfondire le relazioni e far buon uso delle risorse dei nostri
colleghi, amici e familiari. Diversamente dalle famose risoluzioni del nuovo anno che accantoniamo dopo il
primo mese e o ce ne dimentichiamo o ci sentiamo in colpa per il resto dell’anno, gli obiettivi sono qualcosa
che può esser rivisitato e ri-valutato man mano che li mettiamo in pratica. Se un obiettivo non fa più per
noi, possiamo ridefinire il percorso; se facciamo fatica ad applicare un obiettivo o un impegno di cui
abbiamo chiarezza, possiamo chieder aiuto per riportarci sulla retta via.
Non preoccuparsi del risultato
In un mondo ossessionato con l’esito finale è difficile parlare dell’abbandono della preoccupazione sul
risultato. Eppure focalizzarsi sul risultato finale risulta in paura, il bisogno infinito di avere di più. La paura
impedisce l’apprendimento, l’innovazione e la collaborazione; ci porta inevitabilmente a quelle
conseguenze che non vogliamo. Il processo di apprendimento LaL è basato sull’usare i risultati come un
metro di misura per imparare nel presente; ci permettono di vedere dove abbiamo bisogno di cambiare o
migliorare ma senza portare il peso del successo o del fallimento. Gli obiettivi e gli impegni sono come la
Stella del Nord sull’orizzonte, un benchmark nel futuro che ci guida man mano che ci muoviamo nel
presente. Quando il focus è sul presente, con i risultati che guidano l’apprendimento e gli obiettivi che
guidano le nostre azioni, allora possiamo creare quel che vogliamo senza paura.
Definire un Compito come un Esperimento
Un esempio di non preoccuparsi del risultato viene dall’azienda Fairchild. “Avevamo bisogno di testare
nuovi modi di implementare il nostro lavoro, mantenendo la sicurezza di imparare dai nostri errori” dice Rik
Glover.
Per superare la paura del fallimento, dichiarammo il nostro sforzo un “esperimento”. Era chiaro che ci si
aspettava dal team che creasse un processo che ci portasse ad un tempo di ciclo di 90 giorni e capimmo che
questo poteva anche non riuscire subito la prima volta. Era incredibilmente liberatorio sapere che quello che
stavamo facendo era proporre un esperimento e che per quanto potesse sembrar pazza l’idea, avremmo
dovuto testarla ed imparare dall’esperienza. Cosi finì che provammo cose che non avremmo mai
sperimentato in passato. Darci il diritto di fallire ci aiutò a superare la nostra barriera dei 270 giorni. La
nostra esperienza con LaL ci insegnò a stabilire obiettivi mollando il colpo sul risultato, per esser su un
Performance Improvement
Volume 38 Numero 10
5
Gemma Graziani per LaL
Traduzione Testi Originali LaL
percorso di apprendimento. Invece di giudicare i prodotti dei nostri sforzi in quella direzione come buoni o
cattivi, li usammo come punto di riferimento per mostrarci quando stavamo andando fuori direzione e
avevamo bisogno di riaffermare il nostro allineamento coi nostri obiettivi (Glover, 1999).
Obiettivi nobili
Uno dei principali strumenti nella metodologia di padronanza personale di Claire Nuer è l’obiettivo nobile.
Un obiettivo nobile è un senso di proposito generale che è più ampio dei nostri obiettivi individuali di
guadagno materiale o di successo. Incorpora i contributi che vogliamo dare attraverso il nostro lavoro e le
nostre relazioni professionali e personali, ai nostri cari, ai nostri colleghi, alla comunità e al pianeta.
Contiene i nostri valori e aspirazione e ci fornisce un punto di riferimento in situazioni difficili; ci riporta al
nostro io essenziale, persino quando pensiamo che tutto sia perso – è la nostra ragione d’essere. Definire il
nostro personale obiettivo nobile è un processo di continua rifinitura ed una pietra miliare per scoprire
questo risiede nel sapere quello che non vogliamo.
Claire spiegò questo concetto ad una conferenza: Se non abbiamo ancora imparato a trovare le nostre
passioni, possiamo iniziare ad apprendere il nostro obiettivo nobile domandandoci “Che cosa non voglio
piu’?” Per esempio, basandomi su quello che ho sperimentato nella mia giovinezza, non voglio più creare
un contesto distruttivo e il mio obiettivo nobile è il contrario di ciò, di contribuire a creare un contesto per
l’umanità. Invece di dipendere dal mio ego, scelgo di dipendere dal mio goal nobile e mi aiuta a rimanere in
linea con le mie scelte e le mie azioni. Non significa che riuscirò di sicuro a raggiungerlo o realizzarlo,
significa solo che è li, a spingermi avanti. Come io approccio i miei obiettivi, le mie sfide, le mie relazioni, il
mio lavoro, tutto, dipenderà dal mio obiettivo nobile. Tristemente, la maggior parte delle volte agiamo
senza questo senso di intento e quindi poi non ci divertiamo al lavoro; frammentiamo la nostra vita: il
lavoro è lavoro e il divertimento è divertimento e giochiamo fuori e cosi la vita diventa avvizita. Se ognuno
di noi potesse portare quella passione al lavoro invece che lasciarla a casa come sembra che
inevitabilmente pensiamo …immaginatevi le aziende che potremmo creare (Nuer, 1999)!
L’ “Ecosistema”
Quando iniziamo a modificare i nostri modelli abituali e a vivere da un centro di passione, dal nostro
obiettivo nobile, iniziamo a sperimentare quello che Claire chiama l’”ecosistema” (Nuer, Febbraio 1999). In
questo ambiente c’è compassione, fiducia, dialogo e creare ciò spesso richiede attraversare le nostre più
grosse paure. Invece di proteggerci, come facciamo nell’ego-sistema, perpetuando i problemi, ci prendiamo
il rischio di affrontare temi scottanti e comunicarli direttamente. Diamo supporto ad altri nel risolvere le
loro difficoltà e nel raggiungere i loro obiettivi e fare il passo scomodo di esser vulnerabili ed “imperfetti”
nell’accettare lo stesso dagli altri. Nell’ecosistema, noi agiamo al di là della competizione, dove non ci sono
“star”; ognuno di noi è un link in una catena, in cui tutti capiamo che non siamo soli, che abbiamo bisogno li
uni degli altri e che basandoci sulle forze e debolezze di ciascuno, possiamo creare qualcosa di molto più
soddisfacente di quello che potremmo fare da soli. Iniziamo ad attingere al nostro vero potenziale.
Conclusione
Fintanto che non portiamo avanti le risorse dei nostri veri io su base quotidiana, non possiamo costruire
aziende che siano veramente diverse. Un iceberg può esser usato come metafora semplificata del
comportamento umano: dal cielo, solo una piccola parte (circa il 15%) è visibile, mentre la maggior parte
(85%) rimane nascosta sotto la superficie dell’oceano. Di solito permettiamo agli altri solo di vedere la
punta dell’iceberg – quel 15% sopra l’acqua, di solito il nostro “io razionale” o “immagine aziendale”. La
Performance Improvement
Volume 38 Numero 10
6
Gemma Graziani per LaL
Traduzione Testi Originali LaL
realtà tuttavia è che la maggioranza di quello che guida il processo decisionale in tutti noi, rimane nascosto
sotto la superficie. Finché non ci prendiamo il tempo di riconoscere e capire l’importanza della totalità del
comportamento umano, limiteremo severamente la nostra capacità di cambiare e crescere in modi che
sosterranno un miglioramento a lungo termine della performance per le nostre aziende. La padronanza
personale consiste nel diventare consci di quell’85% e abbracciare la nostra umanità in toto, non soltanto la
punta dell’iceberg.
Performance Improvement
Volume 38 Numero 10
7