PETIZIONE EREDITARIA Sommario 1. NOZIONE E NATURA

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PETIZIONE EREDITARIA Sommario 1. NOZIONE E NATURA
PETIZIONE EREDITARIA
Sommario
1. NOZIONE E NATURA GIURIDICA (Artt. 533-535 c.c.) ............................................................. 1
2. PRESUPPOSTI ................................................................................................................................ 2
3. LEGITTIMAZIONE ........................................................................................................................ 3
4. EFFETTI DEL GIUDIZIO DI PETIZIONE .................................................................................... 4
5. RAPPORTI E DIFFERENZE CON L’AZIONE DI RIVENDICA E ALTRE AZIONI ................ 4
6. TUTELA DEI DIRITTI DEI TERZI E L’EREDE APPARENTE (art. 534 c.c.) .......................... 6
BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................................. 7
1. NOZIONE E NATURA GIURIDICA (Artt. 533-535 c.c.)
L'azione di petizione di eredità è un'azione a tutela dell'erede con la quale questi può ottenere
riconoscimento della sua qualità ereditaria contro chiunque possieda tutti o parte dei beni ereditari
sia a titolo di erede (possessor pro herede) o senza titolo alcuno (possessor pro possessore) e
domandare la restituzione dei beni stessi [art. 533 c.c.; Cass. civ. Sez. II, 15.06.1999, n. 5920].
Relativamente alla natura giuridica l'azione di petizione ereditaria dal punto di vista soggettivo ha
carattere reale in quanto è azione esperibile erga omnes in quanto posta a tutela di un diritto
assoluto e può essere esperita contro chiunque pretenda di essere erede (e in virtù di ciò ritenga di
essere legittimato a possedere), ovvero contro chi non contesti l’altrui qualità di erede e possieda i
beni senza disporre di alcun titolo di possesso (possideo quia possideo) [Cass. civ., 05/01/1985,
n.16]. Nel primo caso, quando cioè l’erede vero agisca contro il cd. "possessor pro herede” dovrà
dimostrare l’esistenza di una valida vocazione in proprio favore e di una valida accettazione (per es.
se un erede legittimo contesta ad un erede testamentario la qualità di erede in quanto il testamento
sarebbe invalido, l’erede contestato dovrà dar prova della validità del testamento, da cui discenderà
poi l’obbligo di restituzione dei beni ereditari comunque posseduti) [Cass. civ., Sez. II, 05/11/1992,
n. 119791]. Nel secondo caso, quando cioè l’erede vero agisca contro il cd. “possessor pro
possessore”, non essendovi una contestazione della qualità di erede, l’attore nell’azione di petizione
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L'erede "ex lege" che propone azione di petizione di eredità non ha l'onere di fornire alcuna prova sulla nullità del
testamento, fondando il proprio titolo di erede legittimo sulla legge, essendo sufficiente il solo disconoscimento; spetta,
invece, al convenuto che oppone come titolo "potiore" la successione testamentaria, la produzione del testamento e, nel
caso di disconoscimento, se intende avvalersene, deve chiedere la verificazione. Cass. civ., Sez. II, 05/11/1992,
n.11979.
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dovrà provare che il bene posseduto dal terzo fa parte dell’asse ereditario [Cass. civ., 20/10/1984, n.
53042].
Dal punto di vista oggettivo l’azione è finalizzata all’accertamento della qualità (o
dell’appartenenza del bene all’asse ereditario) e l’effetto restitutorio è solo un’ulteriore ed eventuale
conseguenza del vittorioso esperimento dell’azione con il positivo accertamento della qualità di
erede. Si tratta poi di un’azione universale (e non come la rivendica che è azione particolare) perché
ha per oggetto non beni singoli determinati, ma universalità di beni, cioè l'eredità, ed è diretta ad
ottenere il riconoscimento della qualità di erede.
È un’azione di condanna: in cui la causa petendi è la qualità di erede ed il petitum è la restituzione
dei beni ereditari, anche se secondo parte della Dottrina può essere anche solo un’azione di mero
accertamento della qualità di erede (Trabucchi).
È un’azione imprescrittibile perché una volta acquistata la qualità di erede, questa non si perde più
(semel heres semper heres)3. A tal proposito è però importante sottolineare che l’azione di petizione
dell’eredità non assorbe quella di annullamento del testamento ai fini dell’imprescrittibilità: perciò
se colui che assume che l’eredità deve essere a lui devoluta, quale erede legittimo, perché il
testamento, in base al quale altre persone si sono immesse nell'eredità, è annullabile, non ha
impugnato nel termine prescritto testamento stesso (5 anni dal giorno in cui è stata data esecuzione
alle disposizioni testamentarie ex art. 606 c.c.), la prescrizione dell'azione di annullamento
impedisce l'accoglimento della petizione di eredità.
È, infine, un’azione nuova perché è attribuita ex novo all’erede non appartenendo in precedenza al
de cuius.
2. PRESUPPOSTI
I presupposti per l’azione sono:
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l'accettazione dell'eredità da parte dall'erede poiché senza tale accettazione non si ha ancora
acquistato la qualità di erede e non si può agire in sua difesa. In realtà, come sottolineato da alcuni
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L'azione di petizione ereditaria, prevista dall'art. 533 c. c. ha natura prevalentemente recuperatoria, essendo il
riconoscimento della qualità di erede, cui essa tende, strumentalmente diretto all'ottenimento dei beni ereditari, con la
conseguenza che, qualora il convenuto non contesti la qualità di erede dell'attore, ma si limiti a negare l'appartenenza
del bene all'asse ereditario, l'azione di petizione ereditaria non si trasforma in azione di rivendicazione, in quanto la
mancata contestazione della detta qualità di erede non fa venire meno le finalità recuperatorie della petizione ereditaria,
ma produce effetti solo sul piano probatorio, esonerando l'attore dalla prova della sua qualità fermo restando l'onere
della dimostrazione, nei limiti relativi alla difesa della controparte, dell'appartenenza del bene all'asse ereditario al
momento dell'apertura della successione. Cass. civ., 20/10/1984, n.5304.
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Salvo, per i terzi, gli effetti dell’usucapione se la proprietà dei singoli beni ereditari sia stata a tale titolo conseguita dal
possessore prima dell'inizio dell'azione di petizione (art. 533 c.c.).
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Autori, l'esercizio stesso dell'azione di petizione da parte del delato, di per sé costituisce una forma
di accettazione tacita dell'eredità4.
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Il possesso dei beni ereditari in capo ad un terzo.
3. LEGITTIMAZIONE
Legittimato attivo è dunque l'erede o il coerede e i loro creditori. Tra i creditori dell'erede del
coerente e rientra anche l'acquirente dell’eredità, in surrogatoria, ove sussistano i presupposti. Tra
gli altri soggetti legittimati attivi è discusso se sia legittimato anche l'acquirente dell'eredità, ma
prevale la tesi negativa sulla base l'osservazione che questi acquistati beni ereditari ma non assume
la qualità di erede, che è intrasferibile, sicché non potrà chiedere in giudizio l'accertamento di una
qualità che non può possedere.
L'acquirente tuttavia potrà agire in via surrogatoria come tutti i creditori dell'erede. Si ritiene
pacificamente infatti che la legittimazione attiva spetti a questi ultimi ex art. 2900 c.c. in tutti i casi
in cui l'oggetto dell'azione sia costituito da un diritto suscettibile di surrogatoria. Il legittimarlo
preterito o leso può esperire l’azione di petizione per il recupero della quota di legittima solo dopo
avere esperito con successo l'azione di riduzione ed essere così divenuto erede. Tuttavia se il
legittimarlo sia stato interamente soddisfatto con donazioni allegati non potrà esperire azione in
esame, in quanto non sarà mai erede, sicché potrà avvalersi esclusivamente delle azioni relative ai
diritti conferitigli in soddisfacimento della legittima [Cass. civ., Sez. II, 22/10/1988, n. 57315].
Anche il curatore del fallimento può agire in petizione solo dopo aver ottenuto l’autorizzazione dal
giudice delegato, mentre si ritiene che non siano legittimati attivi né il curatore dell’eredità giacente,
né l’esecutore testamentario.
Legittimato passivo invece è colui il quale è nel possesso dei beni ereditari. Il soggetto legittimato
passivo in possesso dei beni ereditari può possederli a titolo di erede, affermandosi dunque tale in
base a testamento (perché se possiede in base ad altro titolo, come ad esempio la proprietà, l’azione
da esperire è quella di rivendica); oppure che possiede beni senza alcun titolo ereditario o meno
[Cass. civ., Sez. II, 01/04/2008, n. 84406]. Si ritiene che legittimato attivo sia anche il detentore e
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L'azione volta a fare dichiarare la nullità di un testamento e non mirante ad ottenere il riconoscimento della qualità
ereditaria o l'attribuzione dei beni ereditari non comporta una petizione di eredità e può essere esperita anche da
soggetto che non abbia previamente proceduto alla accettazione. Cass. civ., 05/01/1985, n. 16.
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Colui che agisce in giudizio per il riconoscimento del diritto a conseguire la quota di riserva, che assume lesa da una
donazione fatta dal de cuius, esperisce un'azione di riduzione, di natura personale e quindi soggetta al termine ordinario
di prescrizione, decorrente dal momento dell'apertura della successione, e non da una petito hereditatis, poiché il
legittimario pretermesso non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del de cuius, potendo acquistare i
suoi diritti solo dopo l'esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento, ovvero dopo il
riconoscimento dei suoi diritti da parte dell'istituito. Cass. civ., Sez. II, 22/10/1988, n. 5731.
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Nell'azione di petizione dell'eredità - che è un'azione reale, fondata sull'allegazione della qualità di erede e volta a
conseguire il rilascio dei beni compresi nell'asse ereditario al momento dell'apertura della successione da chi li possiede
senza titolo o in base a titolo successorio che non gli compete - legittimati attivamente e passivamente sono soltanto,
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ciò in base ad un’interpretazione estensiva della norma operata sulla scorta del disposto dell’art.
948, 1° comma c.c. in tema di rivendicazione, azione tradizionalmente ritenuta parallela alla petitio
hereditatis.
4. EFFETTI DEL GIUDIZIO DI PETIZIONE
In seguito al vittorioso esperimento dell'azione di petizione, l'attore avrà il riconoscimento della
qualità di erede e il conseguimento del possesso dei beni ereditari attraverso la condanna alla
restituzione da parte di colui il quale li possedeva. Si applicano le disposizioni che riguardano il
possessore soccombente nel giudizio di rivendica per quanto concerne la restituzione dei frutti
eventualmente percepiti, le spese da lui fatte, i miglioramenti, etc.
Relativamente alla restituzione si deve distinguere fra due situazioni: quella del possessore in buona
fede e quella del possessore in mala fede.
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Il possessore di buona fede, cioè colui che acquistato il possesso di beni ritenendo per errore
scusabile (che non dipenda da colpa grave) di essere erede, dovrà restituire soltanto i frutti percepiti
dai beni posseduti con decorrenza dal giorno della domanda giudiziale. In tale ipotesi è sufficiente
che la buona fede sussista al momento dell'acquisto del possesso non essendo rilevante la mala fede
sopravvenuta (mala fide superveniens non nocet ex art. 1147, ultimo comma c.c.). Perciò la
mancata conoscenza, in siffatto momento, dell'esistenza di eredi legittimi di grado anteriore o che
avevano il diritto di farsi dichiarare tali (per esempio figli naturali), è sufficiente a qualificare in
buona fede i congiunti del de cuius che si siano immessi nel possesso dei beni ereditari.
-
Il possessore in mala fede invece dovrà restituire frutti percepiti e i frutti percipiendi dal
giorno in cui ha cominciato a godere dei beni.
5. RAPPORTI E DIFFERENZE CON L’AZIONE DI RIVENDICA E ALTRE AZIONI
Sono azioni diverse ma sono entrambe azioni reali, perché sono esperibili direttamente sui beni ed
entrambe sono imprescrittibili in quanto tutelano rispettivamente il diritto di proprietà e la qualità di
erede, che sono parimenti diritti e qualifiche imprescrittibili e assolute in quanto esercitabili nei
confronti di chiunque.
La differenza tra l'azione di rivendica è l'azione di petizione ereditaria consiste nel fatto che l'azione
di rivendica è un'azione particolare perché limitata al recupero esclusivo di quei beni del
proprietario, mentre invece l'azione di petizione ereditaria è azione universale perché mira a
riconoscimento dello stato di erede che importa l'acquisizione di differenti diritti e doveri, e non
rispettivamente, colui che adduce la sua qualità di erede e colui che sia in possesso dei beni di cui il primo chiede la
restituzione; pertanto, non si verifica alcuna situazione di litisconsorzio necessario nei confronti di chiunque altro,
rimasto estraneo al processo, si ritenga o sia stato indicato come vero erede. (Rigetta, App. Venezia, 7 Aprile 2003).
Cass. civ., Sez. II, 01/04/2008, n. 8440.
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soltanto di un'omogeneità e di diritti come nel caso dell’azione di rivendica. Nel caso della
rivendica poi l’attore è tenuto alla cosiddetta probatio diabolica poiché dovrà provare la propria
proprietà sul bene, mentre nell'azione di petizione dell'eredità l’attore dovrà semplicemente provare
la sua qualità di erede e l'appartenenza dei beni all’asse ereditario [Cass. civ., Sez. II, 22/07/2004, n.
13785, Cass. civ., Sez. II, 15/03/2004, n. 5252, Cass. civ., Sez. II, 02/08/2001, n. 10557, oltre a
Cass. civ. Sez. II, 28/12/2004, n. 24034, Cass. civ. Sez. II, 22/07/2004, n. 13785, Cass. civ. Sez. II,
15/03/2004, n. 52527]. Da ciò discende che se il terzo possessore non contesta la qualità di erede ma
nega che il bene appartenga all’asse per averlo egli stesso acquistato dal de cuius si è fuori dalla
petizione di eredità, dovendo in tal caso l'erede agire eventualmente in rivendica, poiché l'azione di
petizione di ereditò non si può proporre contro colui che possiede per un titolo particolare che non
implica l'attribuzione della qualità di erede.
In ogni caso l'erede potrà esperire anche altre azioni a tutela della propria qualità. Innanzitutto potrà
esercitare l'azione possessoria a prescindere dell'effettivo impossessamento materiale dei beni. La
differenza in questo caso consiste che lo scopo diretto dell'azione possessoria è quello di ottenere la
restituzione dei beni e non anche il riconoscimento della qualità di erede cui mira invece l'azione
petitoria. Le altre azioni che possono essere esperite dall'erede sono le azioni cautelari, ad esempio
il procedimento per l'apposizione dei sigilli regolato dagli artt. 752 e ss. c.p.c. oltre che anche
eventuali azioni che in precedenza spettavano al de cuius, poste tutela dei singoli diritti costituenti
l’asse ereditario (azioni contrattuali, revocatoria, surrogatoria, di risoluzione).
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La "petitio hereditatis" si differenzia dalla "rei vindicatio", malgrado l'affinità del "petitum", in quanto si fonda
sull'allegazione dello stato di erede ed ha per oggetto beni riguardanti elementi costitutivi dell'"universum ius" o di una
quota parte di esso; consegue, quanto all'onere probatorio, che, mentre l'attore in "rei vindicatio" deve dimostrare la
proprietà dei beni attraverso una serie di regolari passaggi durante tutto il periodo di tempo necessario all'usucapione,
nella "hereditatis petitio" può invece limitarsi a provare la propria qualità di erede ed il fatto che i beni, al tempo
dell'apertura della successione, fossero compresi nell'asse ereditario. Cass. civ., Sez. II, 22/07/2004, n. 13785.
In tema di successione legittima non è necessario altro titolo, per la vocazione ereditaria, che la qualità di erede
legittimo da provarsi in forma documentale mediante gli atti dello stato civile, mentre l'accettazione anche tacita
dell'eredità, che può risultare dalla stessa proposizione dell'azione in veste di erede, è titolo necessario e sufficiente per
la proponibilità di azioni fondate su tale qualità, restando priva di rilievo, allo stesso fine, la mancata produzione della
denuncia di successione, che è atto prettamente fiscale, e restando a carico del convenuto la prova di fatti impeditivi,
estintivi o modificativi del diritto esercitato dall'attore. Cass. civ., Sez. II, 15/03/2004, n. 5252.
La "petitio hereditatis" ha natura di azione reale, volta a conseguire il rilascio dei beni ereditari da colui che li possegga,
vantando un titolo successorio che non gli compete, ovvero senza alcun titolo, e presuppone l'accertamento della sola
qualità ereditaria dell'attore o di diritti che a costui spettano "iure hereditatis", qualora siano contestati dalla controparte;
la "petitio hereditatis", pertanto, si differenzia dalla "rei vindicatio" malgrado l'affinità dei "petitum", in quanto si fonda
sull'allegazione dello stato di erede ed ha per oggetto beni riguardanti elementi costitutivi dell'"universum ius" o di una
quota parte di esso. Ne consegue, quanto all'onere probatorio che, mentre l'attore in "rei vindicatio" deve dimostrare la
proprietà dei beni attraverso una serie di regolari passaggi durante tutto il periodo di tempo necessario all'usucapione,
nella petizione di eredità può invece limitarsi a provare la propria qualità di erede ed il fatto che i beni, al tempo
dell'apertura della successione, fossero compresi nell'asse ereditario. Cass. civ., Sez. II, 02/08/2001, n. 10557.
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6. TUTELA DEI DIRITTI DEI TERZI E L’EREDE APPARENTE (art. 534 c.c.)
L'erede apparente è colui il quale sia apparso ai terzi come erede in base a qualche indizio oggettivo
attendibile sulla base del quale il terzo è stato determinato ad avere rapporti giuridici con lui.
La nozione di erede apparente non (sempre) coincide con quella di convenuto nell'azione di
petizione ereditaria perché la nozione di erede apparente non sempre presuppone che il soggetto sia
in possesso dei beni ereditari, quanto piuttosto la presenza di una situazione o di manifestazioni
esteriori tali da indurre i terzi a ritenere che ad un dato soggetto è attribuibile la qualifica di erede di
quei beni.
In sostanza la nozione di erede apparente è collegata all'esistenza di una situazione esteriore che sia
obiettivamente idonea a generare nei terzi la convinzione (l’errore) di trovarsi di fronte all'”erede
vero”.
L'articolo 534 al 1° comma prevede la tutela dell'erede nei confronti degli aventi causa dal
possessore. L'azione di petizione intentata dall'erede effettivo può essere esercitata anche nei
confronti degli aventi causa dell'erede apparente che sia stato anche possessore e sia figurato come
erede apparente. L’avente avente causa dal possessore, in caso di condanna, ha l'obbligo di restituire
all’erede effettivo il bene che si considererà a come mai uscito dal patrimonio ereditario.
Il 2° comma dell'articolo 534 invece introduce una deroga a quanto stabilito al primo comma,
affermando la salvezza degli acquisti onerosi dall’erede apparente fatti a titolo oneroso e in buona
fede dal terzo. Si tratta di acquisti che si sottraggono all'azione di petizione e al conseguente obbligo
di restituzione quando sussistono alcune condizioni:
-
acquisto da chi per particolari circostanze obiettive pareva essere erede vero;
-
l'esistenza di una convenzione a titolo oneroso sulla considerazione che il testo
subacquirente cerchi di evitare un danno;
-
La buona fede del terzo che abbia creduto per errore scusabile di contrarre con l'erede
effettivo. In questo caso la buona fede però non è presunta (non si applica la regola di cui all'art.
1147 ccc. secondo cui la buona fede si presume), ma deve essere provata dal terzo perché
costituisce un elemento costitutivo del valido acquisto. Non ha importanza che l'erede apparente
abbia o non abbia un titolo, non ha rilevanza nemmeno la sua buona o mala fede. È decisiva solo la
buona fede dell'acquirente [Trib. Bologna Sez. IV, 30/08/2004, Cass. civ., Sez. III, 24/06/2003,
n.10014].
-
nelle ipotesi in cui l'acquisto del terzo riguardi beni immobili o mobili registrati (art. 534, 3°
comma) si applicano i principi della pubblicità immobiliare (è richiesta la doppia trascrizione). Si
vuole che il terzo sia diligente e verifichi, consultando i pubblici registri, la legittimazione
dell'alienante: perciò l'acquisto dell’avente causa dall'erede apparente è fatto salvo soltanto se
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l'acquisto a titolo di erede (da parte dell'erede apparente) e il successivo trasferimento dall'erede
apparente al terzo sono stati trascritti anteriormente alla trascrizione dell'acquisto da parte del vero
erede o del vero legatario, oppure anteriormente alla trascrizione della domanda giudiziale di
petizione dell'eredità contro l'erede apparente.
In ogni caso la buona o mala fede dell’erede apparente potrebbe avere una qualche rilevanza. Infatti
qualora l’erede apparente sia in buona fede troverà applicazione il 2° comma dell’art. 535 c.c. e
l’erede apparente dovrà restituire all’erede vero il corrispettivo ricevuto o, se questo deve essere
ancora corrisposto, l’erede vero subentrerà nel diritto di conseguirlo. Nel caso in cui, invece l’erede
apparente sia in mala fede si ritiene in dottrina che debba essere analogicamente applicato l’art.
2039 c.c. 2° comma, e pertanto l’erede apparente sarà obbligato a restituire la cosa in natura o a
corrispondere il valore, oltre naturalmente a risarcire il danno.
Non è configurabile un legatario apparente, ma non perché la vicenda, in tal caso, si esaurisce nel
rapporto con un singolo bene o complesso di beni, potendo anche tale rapporto, in teoria, rilevare,
quanto perché l'articolo 534 c.c. è norma eccezionale e non speciale, insuscettibile di estensione
(Gazzoni).
In tali casi l'erede vero ha diritto soltanto ad ottenere il prezzo o il corrispettivo ricevuto dal
possessore medesimo.
Le ragioni di questa disciplina particolare, che sacrifica i diritti dell’erede in favore di quelli dei
terzi e della certezza dei rapporti giuridici, costituisce un'eccezione rispetto alla tutela dell'erede nei
confronti dei terzi ed in particolare nei confronti dell'avente causa dal possessore o dall'erede
apparente si giustificano considerando che nella pratica sussistono difficoltà di verificare con
certezza la qualità di erede, poiché per es. può essere erede apparente anche l'erede legittimo
quando si scopre successivamente un testamento che istituisca erede un altro soggetto. In tali casi si
dovrebbe poter escludere che il de cuius abbia fatto testamento o abbia fatto ulteriori testamenti
(dato che il testatore può sempre modificare o revocare il testamento precedente), oppure che abbia
altri parenti legittimi o figli naturali, eccetera. Se il legislatore non avesse ritenuto opportuno anche
per facilitare la circolazione dei beni, tutelare gli aventi causa dall'erede apparente, nessuno
acquisterebbe mai beni provenienti eredità per non correre il rischio di se doverli restituire.
BIBLIOGRAFIA
Commentario al Codice Civile di P. Cendon.
Manuale di diritto privato, F. Gazzoni, XIII ed.
Manuale di diritto privato, A. Torrente – P. Schlesinger, XVII ed.
Codice civile ipertestuale UTET
Banche dati giuridiche UTET, 6/2008
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