9 Domande a Massimo Solbiati
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9 Domande a Massimo Solbiati
1 RAZZE (8.955) 9 Domande a Massimo Solbiati A cura del Direttore Allorché si è trattato di andare ad intervistare un allevatore di Pointer, la mia scelta è caduta questa volta su Massimo Solbiati, conosciuto titolare dell’affisso “EsseEmme” che seleziona e alleva i suoi Pointer amandoli e tendendo sempre al loro miglioramento, inteso come razza. Una passione per questi cani, la sua, iniziata fin da quando era bambino e che, attraverso il tempo, è andata rafforzandosi sempre più. Uno davvero con le “carte in regola” dunque, ma ecco cosa mi ha detto: D. – Quando ha maturato l’idea d’iniziare ad allevare e perché proprio questa razza di cani da ferma? R. – Penso che per nessun allevatore ci sia stato un momento in cui si sia trovato a dire: “O.K., d’ora in poi allevo e allevo questa razza piuttosto che quella.” Nel mio caso tutto è avvenuto in modo graduale e naturale, direi. Mio padre, insieme a mio zio Angelo, ha sempre avuto cani da caccia: Setter Inglesi e Gordon, Spinoni, Bracchi-Pointer (come si usava allora), e Pointer. Li ricordo ancora tutti, ma quelli che prediligevo già a quel tempo, pur se ero ancora un bambino, erano i Pointer. Anche se non saprei spiegare il perché. Infatti, all’epoca ovviamente non conoscevo ancora nulla di metodo di cerca, filate, ferme e guidate, e tanto meno la differenza nell’eseguirle esistente tra l’una e l’altra razza. Mi piacevano e basta. Diventato che fui un cacciatore “indipendente”, con la mia prima licenza intendo, il mio primo ausiliare è stato un Pointer: Bea. Da lì la caccia, le prime prove, la prima cucciolata, la richiesta dell’Affisso e il riconoscimento a Giudice di Prove di caccia, sono state tappe venute naturali, non programmate. D. – Vuole provare a spiegarci quali sono le caratteristiche che fanno (o dovrebbero fare) preferire questi cani ai potenziali utilizzatori rispetto alle altre razze da ferma? R. – E’ difficile spiegare in due parole il perché un cacciatore debba scegliere un Pointer piuttosto che un altro cane. Per me, comunque, lo dovrebbe scegliere perché è un ausiliare che da tutto sé stesso per il fucile e quando è a caccia non sente ne la fatica ne il dolore. E’ un cane di grande rendimento e passione. E’ versatile, adattandosi benissimo dalla caccia in montagna alla collina e alla pianura e perseguendo con successo ogni selvatico insidiabile con il cane da ferma. Ma, soprattutto, è un cane che riesce a fare tutto ciò esibendo una tale bellezza estetica che il solo guardarlo in azione sul terreno riempie in cuore. D. – A suo parere, vi è una dote che oggi non viene tenuta nella dovuta considerazione da parte degli “addetti ai lavori”? R. – Personalmente non vedo caratteristiche che, in particolare, non vengano tenute in considerazione dagli allevatori della razza. E questo poiché si tratta, per lo più, di grandi appassionati della razza che, come dico io, sono forzatamente selezionati dal mercato: chi alleva Pointer non lo fa certo per vendere! Ritengo, però, che vi sia una cosa che si tende a dare, per così dire, come scontata mentre non va assolutamente persa d’occhio: la venaticità dei nostri cani, vale a dire la passione per il selvatico. Un Pointer deve fermare perché ha cercato, ha voluto e i suoi potenti mezzi fisici e psichici l’hanno portato lì (in quella situazione e in quella circostanza), con il selvatico a tiro del suo potente naso. Non deve farlo solamente perché vi è passato, 2 quasi per caso. Ma l’occhio esperto sa cogliere la differenza e, del resto, il carniere ne è la prova più evidente. D. - E quali doti deve necessariamente possedere, secondo Lei, un “buon” soggetto della sua razza per essere tale veramente? R. – Venaticità, passione e temperamente innanzitutto. Ricordo il Chico, Pointer del papà e dello zio Angelo che inseguì, fin dentro il lago della cava di famiglia, la pecora della cugina Lorella, la fece annegare e… la riportò… sotto gli sguardi attoniti e impotenti dei miei… 80 Kg. di pecora fradicia. Quindi: venaticità, passione, temperamento. Certamente poi un “buon” soggetto deve avere tutte le caratteristiche che lo standard prevede. Non ci sono sconti. E deve averle a un buon livello, magari anche non a un livello eccellente, ma non deve mai uscire dai parametri che lo standard prevede. Altrimenti non sarebbe un Pointer. D. – Come giudica lo stato attuale della razza nel nostro Paese e, se fosse in suo potere farlo, vi è qualcosa che vorrebbe modificare nell’allevamento odierno di questi cani? R. – Ritengo che sia a buoni, se non ottimi, livelli. Attualmente, infatti, i soggetti che sono alla ribalta nelle prove, in tutta Europa, se non sono italiani hanno, nei loro pedigree e nelle loro vene, nomi e sangue provenienti dall’allevamento italiano. Quanto alla seconda parte della sua domanda, sinceramente non saprei. So quello che faccio io: un occhio agli stalloni da utilizzare nelle monte, anche tramite la lettura (e previo successiva verifica), delle riviste specializzate, e tre o quattro alle femmine. Femmine che, all’occhio, devono apparire inequivocabilmente tali già da 200 metri. Poi devono essere altresì grandi cacciatrici (di caccia cacciata, intendo), dal grande rendimento e dalla forte passione. Mentre non do grande importanza al fatto che abbiano, davanti al loro nome, titoli a non finire D. – Secondo Lei, la razza e le sue caratteristiche sono, oggigiorno, conosciute abbastanza bene dai suoi potenziali utilizzatori o vi è ancora molto da fare? R. – Penso che la razza sia perfettamente conosciuta dagli utilizzatori. Quello che c’è da fare, e anche molto, è farla conoscere a chi, invece, ancora non la conosce o, peggio, la conosce solo per sentito dire. E’ in questo caso, infatti, che vengono fuori, come un’eredità non voluta, i soliti luoghi comuni come: “non sopporta il freddo, non riporta, andava ben quando c’erano le starne ecc.” Per combattere queste falsità, tutti noi allevatori e gli utilizzatori, dovremmo impegnarci per fare in modo che i nostri cuccioli vadano in mano ai cacciatori, nient’altro, poi il passa parola farà il resto. D. - Personalmente ritiene necessario partecipare ai raduni, alle prove di lavoro e alle esposizioni con i suoi soggetti? R. – Sinceramente ritengo che si sia un po’ snaturato il termine di “Prova” e che queste ultime manifestazioni cinofile stiano scivolando sempre più trasformandosi in “Gare”. Non dovremmo dimenticare, infatti, che come dice la parola stessa una “Prova” serve a provare il soggetto e, prima ancora, a provare i suoi ascendenti, per poter poi indicare i riproduttori. Vale a dire che la sua funzione dovrebbe essere essenzialmente quella di tastare il polso alla razza, mentre una gara, fine a sé stessa, queste indicazioni non le può certo dare. Pertanto, più le Prove si avvicineranno alle gare, più io me ne allontanerò. D. – A suo giudizio in quale forma di caccia, e quindi su quale selvatico, trova che i soggetti di questa razza siano portati ad eccellere? 3 R. – Trovo che ogni soggetto sia portato ad eccellere su un certo tipo di selvaggina, più che per la sua razza di appartenenza, per il tipo di selvatico cui è stato avviato e che ha maggiormente cacciato. Personalmente ho dato dei Pointer a cacciatori di beccacce e questi si sono trovati benissimo con i loro soggetti, così come ho dato altri miei cani a chi cacciava quaglie, pernici sarde e fagiani e tutti sono risultati ottimi su quel determinato selvatico. Tanto che molti di loro sono già tornati, con ancora le lacrime negli occhi per la morte del loro primo esemplare, a prenderne un secondo. Per parte mia, inoltre, ritengo che non esistano correnti di sangue di “beccacciai” o , ad esempio, di “starnisti”; piuttosto credo in un’unica corrente: quella dei cacciatori. Ma dubito che un Pointer, cresciuto e formato nel bosco a cacciare beccacce, utilizzato per cercare quaglie nelle assolate stoppie agostane possa esprimersi come un suo fratello cresciuto, invece, in quell’ambiente e formato su quel selvatico. D. – Infine, a conclusione di questa nostra chiacchierata, quali consigli si sentirebbe di poter dare ad un ipotetico neofita che avesse deciso di avvalersi di un soggetto della sua razza per soddisfare la propria passione venatoria? R. – Al neofita che si avvicina a questa razza, così come a qualsiasi altra, consiglierei di fare come ho fatto io. Vale a dire di leggere tutto quello che può trovare sull’argomento, sia libri che riviste specializzate, e di ascoltare tutti coloro che conoscono, o dicono di conoscere, questi cani e poi di cercare di capire da solo dove sta il vero. Quindi, se ne ha la possibilità, scegliersi un “maestro” che meriti davvero questo titolo e seguirne le idee ed i metodi. E poi tanta, tanta passione e tanto tempo passato con i cani: a caccia, in canile o semplicemente giocando con loro. In questo modo riuscirà sicuramente a capire il suo Pointer e ad istaurare con lui un ottimo rapporto. Io ho fatto così e mi sento contento! 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