Fattori di rischio per asma bronchiale

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Fattori di rischio per asma bronchiale
Aprile-Giugno 2012 • Vol. 42 • N. 166 • Pp. 92-97
Allergologia respiratoria
Fattori di rischio per asma bronchiale
Franca Rusconi1, Livia Drovandi2, Silvia Agostiniani1
Unità di Epidemiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria A. Meyer, Firenze
Dipartimento di Scienze per la Salute della Donna e del Bambino, sezione di Pediatria, Università degli Studi di
Firenze
1
2
Riassunto
L’asma è una malattia multifattoriale nel cui determinismo e scatenamento concorrono fattori di rischio genetici e ambientali. La conoscenza dei fattori
ambientali associati ad asma bronchiale e la loro interazione con i fattori genetici è importante in termini di prevenzione e di salute pubblica. L’articolo
riassume le evidenze emerse in letteratura sui fattori di rischio per asma, con un’attenzione particolare alla realtà italiana. Vengono riportati più in dettaglio
dati relativi a due fattori di rischio che hanno recentemente trovato ampio spazio in letteratura, le infezioni respiratorie virali e la vitamina D, e ne verrà
discusso il ruolo causale.
Summary
Asthma is a multifactorial disease where genetics and environmental risk factors coexist and interact. The knowledge of environmental risk factors is
important in order to implement public health programs. This article summarizes evidences on asthma risk factors, with an attention to data obtained from
Italian children. We report literature data about two recently discussed risk factors: viral infections and vitamin D; their role in causality of asthma will be
discussed.
Metodologia della ricerca bibliografica
La ricerca bibliografica ha preso in esame la letteratura scientifica
degli ultimi 3 anni con riferimento a “asthma and risk factors in children” utilizzando come motore di ricerca “PubMed”. Sono stati utilizzati i seguenti filtri “Humans, Editorial, Practice Guideline, Review,
English, All Child: 0-18 years”.
Ciò ha permesso di selezionare due tematiche (fattori di rischio)
per cui sono state effettuate ricerche ad hoc con riferimento alle
seguenti parole chiave: “viral respiratory infections” “vitamin D”,
“asthma”e “wheezing”.
Sono inoltre stati inclusi studi sugli argomenti selezionati di cui gli
autori erano a conoscenza, e studi epidemiologici su fattori di rischio
che si riferiscono all’Italia.
L’asma bronchiale, una malattia multifattoriale
È noto come l’asma bronchiale rappresenti la più frequente patologia cronica dell’infanzia e, almeno per i paesi industrializzati, un
problema di importante rilievo in termini di salute pubblica.
In Italia due studi effettuati nelle scuole di 6 regioni italiane nel 1994
e nel 2002 (Studi Italiani sui Disturbi Respiratori nell’Infanzia e l’Ambiente, SIDRIA) hanno stimato per l’asma una prevalenza del 9 e del
10%, rispettivamente in alunni di 6-7 e di 13-14 anni (Galassi et al.,
2005).
I dati epidemiologici suggeriscono anche come “l’epidemia di asma”
degli anni ’80-’90 non possa, per la rapidità con cui la frequenza
della patologia è aumentata nel corso di pochi anni, essere dovuta
a modificazione di fattori genetici, quanto piuttosto a cambiamenti
nei fattori di rischio ambientali. L’International Study of Allergy and
Asthma in Children (ISAAC), a cui anche l’Italia ha partecipato, ha riportato una variabilità di 15 volte nella prevalenza di asma in diverse
popolazioni; l’asma è stato associato al vivere in nazioni sviluppate
e, tra queste, in particolare in paesi di lingua anglosassone quali Re-
92
gno Unito, Australia e Nuova Zelanda (Asheret el al., 2010). Gli studi
ISAAC hanno anche mostrato come in paesi sviluppati ad alto reddito l’allergia è più strettamente legata all’asma. La riunificazione della Germania ha rappresentato un buon modello per verificare come
l’allergia e l’asma fossero meno comuni nei bambini della Germania
dell’Est rispetto a quelli dello stesso ceppo genetico della Germania
dell’Ovest, che vivevano in un paese più benestante. Un’altra osservazione, che attiene anche alla nostra realtà, è che la frequenza di
asma e sintomi asmatici sono maggiori nei bambini italiani rispetto
ai bambini figli di migranti e, tra questi, la frequenza è più bassa in
coloro che vivono in Italia da meno tempo (Migliore et al., 2007). A
tutt’oggi non vi è una risposta univoca e definitiva alla domanda su
quali aspetti dello stile di vita delle nazioni dell’Europa dell’Ovest e
in generale delle nazioni più agiate siano particolarmente importanti
nel determinismo della malattia. La dieta, il sovrappeso e l’obesità,
e la sedentarietà – fattori tra loro spesso associati – sono stati considerati come fattori di rischio importanti in diverse realtà, tra cui
l’Italia, ma il loro ruolo nel determinismo della malattia necessita la
conferma in studi longitudinali (Corbo et al., 2008).
L’epidemiologia ha portato un contributo non solo alla descrizione
della frequenza della malattia, ma anche alla comprensione di meccanismi e cause in gioco e, in termini di salute pubblica, un’attenzione ai fattori di rischio prevenibili.
Gli studi epidemiologici trasversali, che “fotografano” una popolazione in un determinato momento, hanno fornito dati importanti per
mettere in luce alcuni possibili meccanismi causali. L’asma è stato
associato a diversi fattori tra cui i più importanti sono: la familiarità
per asma/allergia, l’età, il sesso e l’esposizione al fumo di tabacco
(Rusconi et al., 1999). L’importanza della genetica nel determinismo
della malattia ha grandemente favorito negli anni passati la ricerca
di un “gene responsabile dell’asma”, ricerca che tuttavia è finora
rimasta senza successo. Quello che si può affermare con sicurezza
è che asma e atopia non sono dovute a mutazioni in un singolo gene
e che, come per tutte le malattie complesse, la relazione tra geni e
Fattori di rischio per asma bronchiale
asma dipende anche da fattori ambientali (Le Souëf, 2009). Numerosi studi hanno dimostrato come il possedere un certo genotipo
rende alcuni soggetti particolarmente sensibili all’effetto di fattori
ambientali; ad esempio la relazione tra asma ed esposizione a fumo
è maggiore in soggetti che hanno una riduzione su base genetica
delle capacità antiossidanti delle vie aeree (Sly, 2011).
Questo è un aspetto che potrebbe in un futuro non lontano essere rilevante in termini di salute pubblica: la prevenzione dell’esposizione
a fattori ambientali potrebbe rivelarsi particolarmente importante in
soggetti geneticamente predisposti.
Come si è già anticipato, l’epidemiologia ha anche focalizzato l’attenzione sui cosiddetti fattori prevenibili: si tratta perlopiù di fattori
che non determinano un aumento considerevole del rischio di sviluppare la malattia nel singolo soggetto esposto; comportano invece
un’elevata “frazione attribuibile di malattia” nel caso in cui vi sia
esposta una parte cospicua della popolazione. Ad esempio, lo studio
Italiano SIDRIA 2 ha definito come la “quota di malattia prevenibile” per i disturbi respiratori nell’infanzia (non solo asma e allergie
ma anche tosse e catarro) sia dell’ordine del 15-18%, modificando
l’esposizione a fumo di tabacco, a umidità/muffe in casa (per il loro
ruolo allergizzante e pro-infiammatorio), e l’esposizione a traffico
veicolare (Forastiere et al., 2005; Migliore et al., 2009; Heinrich,
2011).
Gli studi epidemiologici più recenti hanno seguito in modo prospettico un gruppo (coorte) di bambini dalla nascita o dalla prima infanzia
(studi longitudinali). Sono al momento attivi numerosi studi di coorte
in diversi paesi europei ed extraeuropei che, in particolare in Europa,
si sono consorziati in progetti collaborativi. In Italia sono in corso
due piccoli (1500 soggetti) studi di coorte iniziati nel 2003 a Roma
(GASPII: Gene ed Ambiente: uno Studio Prospettico nell’Infanzia in
Italia) e a Bologna (CONER: Cohort of Newborns in Emilia Romagna)
e lo studio NINFEA (Nascita e Infanzia: gli Effetti dell’Ambiente, con
4638 bambini finora arruolati). È inoltre appena iniziato in diverse
regioni italiane il reclutamento di una coorte “tradizionale”, con la
raccolta anche di campioni biologici, che permetterà di condurre
studi più mirati (www. piccolipiu.it).
Gli studi di coorte hanno dimostrato in modo incontrovertibile che
l’inizio precoce dell’asma e l’alterata funzionalità polmonare in
bambini che presentano manifestazioni asmatiche già dai primissimi anni di vita sono strettamente associati anche ad una alterata
funzionalità respiratoria in età adulta; si tratta dunque, presumibilmente, di importanti fattori di rischio per l’insorgenza di patologia
cronica ostruttiva delle vie aeree dell’adulto (Martinez, 2009a). Questi studi hanno avuto anche il merito di chiarire la rilevanza di fattori
di rischio che intervengono molto precocemente nello sviluppo delle
vie aeree e quindi anche della malattia asmatica, compresi alcuni
fattori della gravidanza come l’esposizione a fumo materno in utero,
il fattore di gran lunga più studiato, ma anche alcune patologie materne quali ipertensione e diabete (Rusconi et al., 2007; Sly, 2011).
Rispetto al fumo, è stato recentemente dimostrato come i bambini
figli di madri che hanno smesso di fumare durante il primo trimestre di gravidanza non hanno un maggior rischio di asma all’età di
5 anni in confronto ai bambini nati da madri non fumatrici, e come
l’esposizione a fumo sia associata a una riduzione delle dimensioni
del feto (e probabilmente anche del polmone e delle vie aeree) fin
dal secondo trimestre di gravidanza (Prabhu et al., 2011). È stato anche chiarito come l’associazione tra fumo in gravidanza e rischio di
asma sia indipendente dall’esposizione al fumo in epoca post-natale
e dal peso alla nascita del bambino, di nuovo confermando l’ipotesi
di un danno diretto del fumo a livello del sistema respiratorio (Duijts
et al., 2011).
Considerata l’estensione della letteratura sull’argomento “fattori di
rischio per asma bronchiale” nei successivi due paragrafi saranno
analizzati più in dettaglio due fattori di rischio su cui si è recentemente focalizzata l’attenzione, discutendone il ruolo causale nel
determinismo della malattia. Trovare un’associazione, infatti, non
significa dimostrare un meccanismo di causa-effetto. Gli studi epidemiologici possono avere dei limiti, e – soprattutto in un campo apparentemente così semplice ma invero abbastanza complesso come
quello del wheezing in età pre-scolare e della malattia asmatica – è
importante conoscere a fondo il problema che si sta trattando e pensare non solo in termini di associazione, ma anche e soprattutto, di
meccanismi causali. A questo proposito, e sempre sull’argomento
che stiamo trattando, segnaliamo l’ampia mole di lavori che trovano un’associazione tra somministrazione di paracetamolo o di
antibiotici nei primi anni di vita e sviluppo di asma: l’associazione
è effettivamente presente ma, come recentemente dimostrato, è
probabilmente interamente dovuta a un bias (confounding by indications): i bambini che assumono paracetamolo e/o antibiotici nel
primo anno di vita per lo più lo assumono per infezioni respiratorie
spesso associate a wheezing, e i bambini con wheezing sviluppano
più frequentemente asma in età scolare (Lowe et al., 2010; Rusconi
et al., 2011).
Infezioni respiratorie e asma
Che le infezioni del tratto respiratorio possano scatenare episodi
acuti di asma bronchiale è noto da tempo, e l’utilizzo di metodiche
di diagnostica molecolare ha recentemente permesso di dimostrare
la presenza di virus respiratori in oltre l’80% dei soggetti in corso di
riacutizzazione asmatica (Busse et al., 2010). Il punto che rimane
ancora definitivamente da chiarire è se esiste un rapporto causale
tra infezioni virali respiratorie e sviluppo di wheezing o asma o se le
infezioni si limitano a rivelare la suscettibilità allo sviluppo di asma in
pazienti geneticamente predisposti (Sly et al., 2010), come sostenuto nella teoria dei two hits (Lemanske, 2002). Secondo questa teoria,
i pazienti con un’alterata regolazione del sistema immunitario (first
hit) – per esempio con un deficit nella produzione di interferone o
un incremento delle risposte immuni del tipo Th-2 mediato, caratteristico del fenotipo allergico – se colpiti da infezione virale (second
hit), in particolare in un’età critica per lo sviluppo del polmone, vanno
incontro allo sviluppo di asma.
Il ruolo del virus respiratorio sinciziale (VRS)
La bronchiolite da VRS è stata storicamente associata ad un incremento del rischio di sibili ricorrenti. I dati più indicativi in tal senso
provengono da studi di coorte longitudinali, effettuati in diversi paesi
come il Tucson Children’s Respiratory Study (USA) e lo studio ALSPAC (Bristol, UK) (Stein, 2010).
Sigurs e collaboratori (2010) hanno recentemente riportato i risultati del follow-up a 18 anni su una casistica molto selezionata,
mostrando come soggetti ospedalizzati per bronchiolite nel primo
anno di vita avessero, rispetto ai controlli, un rischio aumentato di
sviluppare non solo wheezing ricorrente, ma anche asma, atopia
e alterazioni della funzionalità polmonare (Sigurs et al., 2010). Gli
autori, in quest’ultimo e nei precedenti lavori, hanno dedotto che
una grave infezione da VRS potrebbe compromettere lo sviluppo
del polmone e determinare un rimodellamento delle vie aeree.
Tale ipotesi, per lungo tempo sostenuta anche da altri, è stata solo
recentemente confutata non solo da un punto di vista teorico, ma
anche sulla base dei risultati di studi prospettici effettuati in Danimarca su un ampio campione di gemelli (Stensballe et al., 2009;
93
F. Rusconi, L. Drovandi, S. Agostiniani
Thomsen et al., 2009): i bambini ospedalizzati per bronchiolite
da VRS presentavano un rischio 6-8 volte maggiore di sviluppare
broncostruzione, ma limitatamente ad un periodo di alcuni mesi;
d’altra parte, i soggetti che in seguito avrebbero sviluppato asma,
presentavano un incremento di 3 volte del rischio di pregressa
ospedalizzazione per grave infezione da VRS. Per analizzare il
ruolo di fattori genetici e ambientali nello sviluppo di asma, gli
stessi ricercatori hanno inoltre studiato trentasette coppie di gemelli monozigoti, all’interno delle quali solo un gemello era stato
ospedalizzato nel primo anno di vita per grave bronchiolite da
VRS; in età scolare i gemelli non differivano per sviluppo di asma
e di atopia e neppure per funzionalità polmonare e markers di
flogosi (Poorisrisak et al., 2010).
Tali risultati non confermano la relazione ipotizzata tra infezione severa da RSV e sviluppo successivo di asma, suggerendo che fattori
ambientali ancora sconosciuti svolgano un ruolo importante in tal
senso.
Il ruolo del rhinovirus (RV)
Negli ultimi anni, grazie alle aumentate possibilità di diagnosi virologica, numerosi studi hanno evidenziato l’importanza del ruolo di
altri virus, in particolare del RV, nello sviluppo di bronchiolite e di
wheezing (Valkonen et al., 2009, Midulla et al., 2011): il RV sarebbe
un determinante maggiore di ricorrenza o persistenza di wheezing
rispetto al VRS.
In uno studio prospettico (Jackson et al., 2008) è stato valutato il
nesso tra specifiche infezioni virali associate a wheezing e sviluppo
successivo di asma, analizzando anche il ruolo dell’atopia. Nei primi tre anni di vita i bambini con wheezing da RV hanno un rischio
maggiore di sviluppare asma in età scolare rispetto ai bambini con
wheezing da VRS. La concomitanza di wheezing da RV e sensibilizzazione allergica, inoltre, è il maggiore determinante dello sviluppo futuro di asma. Questi dati non permettono tuttavia di accertare
la natura causale dell’associazione tra infezione da RV e asma. In
realtà è inverosimile che il RV causi l’asma, perché è un’infezione
respiratoria molto comune, e solo una parte degli affetti sviluppa
wheezing e in seguito patologia asmatica.
La suscettibilità di un individuo allo sviluppo sia di asma/atopia che
di gravi infezioni virali delle basse vie respiratorie con componente
ostruttiva potrebbe invece essere determinata da un fattore causale
comune, imputabile ad un’alterazione della risposta immunitaria Tmediata e della regolazione della ‘cascata infiammatoria’ (Martinez,
2009b). Alcuni bambini sarebbero dunque predisposti a sviluppare
risposte immunitarie anomale contro i virus, e l’espressione clinica
di questa suscettibilità potrebbe spaziare da episodi acuti e gravi di
ostruzione delle vie aeree e wheezing ricorrente fino allo sviluppo di
asma conclamato.
Di recente è stato infine suggerito un ruolo possibile per la vaccinazione contro RV come mezzo per prevenire le riacutizzazione
asmatiche indotte da tale virus (Edlmayr et al., 2011; Rohde, 2011).
Vitamina D e asma
Oltre che al ben noto effetto sulla regolazione dell’omeostasi del
calcio, la vitamina D è stata negli ultimi anni associata allo sviluppo di diversi disordini accomunati da un’infiammazione immunomediata e alla suscettibilità ad alcuni agenti infettivi. L’osservazione, nei soggetti con carenza di vitamina D, di una maggiore
suscettibilità allo sviluppo di infezioni respiratorie, è stato probabilmente il “primum movens” per studiare la relazione tra vitamina D e patologia broncostruttiva. I primi studi che riguardano
l’età pediatrica (Tab. I) sono stati effettuati su coorti di madri in
gravidanza; è stata riscontrata un’associazione tra assunzione di
vitamina D con la dieta e riduzione del rischio nei figli di wheezing
nei primi 2-5 anni di vita (Camargo et al., 2007; Devereux et al.,
2007; Miyake et al., 2010), e di asma e rinite atopica a 5 anni
(Erkkola et al., 2009). Purtroppo in questi studi è stato calcolato l’intake di vitamina D mediante questionari che indagavano la
frequenza di assunzione di alimenti ricchi in vitamina D, senza
accertarne i livelli sierici. Un ulteriore limite è che, come noto,
l’assunzione con la dieta fornisce solo una piccola frazione della
vitamina D circolante: l’80-90% dipende invece dall’esposizione
a luce solare. I meccanismi ipotizzati per spiegare l’azione della vitamina D sulla funzionalità respiratoria sono essenzialmente
Tabella I.
Studi di coorte su assunzione e livelli di vitamina D in gravidanza e asma o wheezing nei figli
Autori
Soggetti studiati (N)
Risultati
Camargo e coll. (2007)
1194
Ogni incremento di 100-UI nell’intake di vitamina D durante la gravidanza era associato con un ridotto
rischio di wheezing (OR 0.81; 95% IC, 0.74-0.89).
Devereux e coll. (2007)
1253
In confronto con il quintile più basso, il quintile più alto di intake materno di vitamina D durante la
gravidanza era associato con un ridotto rischio di wheezing (OR 0.48; 95% IC, 0.25-0.91) o wheezing
ricorrente (OR 0.33; 95% IC, 0.11-0.98).
178
Vitamina D >75 Nmol/L durante la gravidanza era associata con un rischio maggiore di asma infantile
(OR 5.4; 95% IC 1.1-26.7) a 9 anni di età.
Erkkola e coll. (2009)
1669
Rispetto ai tre quartili inferiori, il quartile più alto di assunzione di vitamina D durante la gravidanza
era associato con un ridotto rischio di asma (HR 0.76; 95% CI, 0.59-0.99).
Miyake e coll. (2010)
763
Intake di vitamina D durante la gravidanza al di sopra del primo quartile (> 172 UI/die) era associato
con un ridotto rischio di wheezing (OR 0.64; 95% CI, 0.43-0.97)
Camargo e coll. (2011)
922
I livelli di vitamina D nel sangue del cordone ombelicale erano inversamente associati con wheezing,
ma non con asma a 5 anni.
Morales e coll. (2012)
1724
Camargo e coll. (2011)
922
Gale e coll. (2008)
Nessuna associazione significativa.
I livelli di vitamina D nel sangue del cordone ombelicale erano inversamente associati con wheezing,
ma non con asma a 5 anni.
OR= odds ratio; IC= intervallo di confidenza al 95%; HR= hazard ratio.
94
Fattori di rischio per asma bronchiale
due: una possibile attività immunomodulatrice (inibizione della
secrezione di interleuchina 2 e interferon-gamma) e un’azione
di stimolazione sullo sviluppo del polmone fetale. In uno studio
più recente Camargo e collaboratori hanno dosato la 25-idrossivitamina D nel sangue cordonale, dimostrando un’associazione
inversa tra i livelli di vitamina D e il rischio di infezioni respiratorie
e di wheezing infantile; tale associazione, tuttavia, era al limite
della significatività statistica dopo correzione per alcuni fattori
confondenti (Camargo et al., 2011). Non è stata invece osservata
un’associazione con lo sviluppo di asma a 5 anni. Questi dati sono
stati confermati dallo studio di coorte INMA (INfancia y Medio Ambiente) (Morales et al., 2012). D’altra parte, un altro studio (Tab.
I) ha invece riscontrato un maggior rischio di eczema a 9 mesi, e
di asma a 9 anni in bambini le cui madri avevano concentrazioni
sieriche più elevate di 25-idrossivitamina D in gravidanza (Gale
et al., 2008), nonostante la perdita del 70% dei soggetti arruolati
durante il follow-up.
Altri studi si sono concentrati sulla relazione tra livelli sierici di vitamina D e diversi outcome in bambini affetti da asma bronchiale (Tab.
II). Brehm e collaboratori hanno dimostrato un’associazione inversa
tra livelli sierici di vitamina D e reattività delle vie aeree, eosinofili
ed IgE circolanti, e rischio di ospedalizzazione per asma (Brehm et
al., 2009). Trattandosi di uno studio trasversale, non è stato possibile
stabilire un collegamento temporale tra bassi livelli di vitamina D e
morbilità per asma; gli stessi autori hanno quindi successivamente
condotto uno studio longitudinale su bambini con asma persistente
(Brehm et al., 2010). In questo studio, la carenza o l’insufficienza
di vitamina D era associata ad aumentato rischio di esacerbazioni
asmatiche gravi (ricovero ospedaliero o visita al Pronto Soccorso)
durante 4 anni di follow-up. Altri studi trasversali, di cui due effettuati in Italia (Searing et al., 2010; Chinellato et al., 2011a; Chinellato
et al., 2011b), su casistiche più piccole di bambini asmatici, hanno
dimostrato che bassi livelli di vitamina D erano associati ad un ridot-
to controllo dell’asma, ad una ridotta funzionalità polmonare e ad un
aumentato utilizzo di corticosteroidi.
Infine, in due recentissimi studi (Hollams et al. 2011, van Oeffelen
et al., 2011) su coorti nati di popolazione generale, in cui è stata
studiata la relazione fra livelli sierici di vitamina D nei bambini e
sviluppo successivo di asma a diverse età, i risultati appaiono contrastanti (Tab. II).
Sia negli studi effettuati in gravidanza che in quelli in età pediatrica,
è stata riscontrata un’elevata percentuale di donne e di bambini con
livelli di vitamina D considerati sub-ottimali (Tab. II), anche in paesi con alta frequenza di esposizione alla luce solare. Una relazione
causale tra deficit di vitamina D e broncostruzione o atopia potrebbe quindi rappresentare un importante problema di sanità pubblica.
D’altra parte, oltre ai risultati contrastanti degli studi finora pubblicati e ai limiti del disegno di alcuni di questi (Paul et al., 2012), che per
brevità non possiamo qui discutere, è necessario anche considerare
alcune potenziali fonti di bias; la minore assunzione di vitamina D
con gli alimenti, ma anche la minore esposizione alla luce solare,
potrebbero essere un marker di stili di vita (alimentazione, esposizione ad inquinanti, altri fattori confondenti non “misurati”) e di basso stato socioeconomico e culturale, a loro volta associati a sviluppo
di asma o a mancato controllo della malattia in pazienti asmatici.
Per ciò che riguarda gli effetti della supplementazione di vitamina D
in gravidanza, una risposta potrebbe arrivare da due studi d’intervento tuttora in corso: “Vitamin D Supplementation During Pregnancy for Prevention of Asthma in Childhood: An Interventional Trial in
the ABC (Asthma Begins in Childhood) Cohort” (http://clinicaltrials.
gov/show/NCT00856947) e “Randomized Trial: Maternal Vitamin D
Supplementation to Prevent Childhood Asthma (VDAART)” (http://
clinicaltrials.gov/show/NCT00920621); in questi due studi le madri,
reclutate durante la gravidanza, ricevono un supplemento giornaliero di Vitamina D3 ed è previsto di studiare prospetticamente lo
sviluppo di asma nei figli.
Tabella II.
Studi osservazionali sui livelli di vitamina D in età pediatrica e asma o wheezing
Autori
Soggetti studiati (N)
Risultati
Brehm e coll. (2009)
616
bambini asmatici
Livelli sierici di vitamina D inversamente correlati con ospedalizzazione (OR 0.05; 95% IC
0.004-0.71) e reattività delle vie aeree (OR 0.15; 95% IC 0.024-0.97).
Brehm e coll. (2010)
1024
bambini asmatici
Livelli sierici insufficienti di vitamina D correlati con esacerbazioni asmatiche gravi in 4 anni
di follow-up (OR 1.5; 95% IC, 1.1-1.9).
Searing e coll. (2010)
100
bambini asmatici
Livelli sierici di vitamina D correlati con funzionalità polmonare e inversamente correlati con
IgE totali, grado di atopia e uso di steroidi (p=0,001).
Chinellato e coll. (2011a)
75
bambini asmatici
Correlazione borderline tra livelli sierici di vitamina D e FVC (p= 0,04).
Chinellato e coll. (2011b)
45
bambini asmatici
Livelli sierici di vitamina D più bassi nei bambini con broncocostrizione indotta da esercizio
fisico.
Hollams e coll. (2011)
van Oeffelen e coll. (2011)
989
bambini di 6 anni,
1380
bambini di 14 anni,
689
bambini ad entrambe le età
372
bambini di 4 anni
Correlazione tra livelli sierici di vitamina D e C-ACT scores (p=0,011).
Nessuna associazione significativa fra livelli sierici di vitamina D e asma a 6 e 14 anni.
A 6 anni i livelli di vitamina D sono inversamente associati ad outcomes a 14 anni:
• BHR: OR 0.28, 95% IC 0.06-1.37.
• Atopia: OR 0.14, 95% IC 0.04-0.47.
• Asma: OR 0.11, 95% IC 0.02-0.84.
A 4 anni i livelli di vitamina D sono inversamente associati ad asma a 5-8 anni (OR 0.45,
95% IC 0.32-0.57).
A 8 anni i livelli di vitamina D sono direttamente associati con asma alla stessa età (OR 2.21,
95% IC 0.88-5.57).
OR= odds ratio; IC= intervallo di confidenza al 95%; FVC= capacità vitale forzata.
95
F. Rusconi, L. Drovandi, S. Agostiniani
Box di orientamento
Cosa si sapeva prima:
L’asma bronchiale è una patologia multifattoriale di cui sono noti diversi fattori di rischio congeniti e post-natali, tra cui indiscutibilmente i fattori genetici, il sesso, l’esposizione a fumo e a umidità/muffe. La conoscenza dei “fattori di rischio ambientali” qui utilizzata, nella accezione ampia dell’OMS, è
importante per aumentare la consapevolezza della possibilità concreta di misure efficaci per ridurre il rischio delle malattie respiratorie.
Cosa sappiamo adesso:
L’ampia letteratura sui fattori di rischio per asma bronchiale nell’infanzia ha permesso di evidenziare la presenza di numerosi fattori di rischio confermati come tali in diverse parti del mondo tra cui l’Italia. Alcuni fattori di rischio, quelli ambientali, sono fattori prevenibili e, data la loro diffusione,
concorrono a livello di popolazione ad una importante frazione prevenibile della malattia. Gli studi di coorte prospettici in atto contribuiranno a chiarire
il ruolo causale di questi fattori nel determinismo della malattia. Relativamente ai rapporti tra infezioni respiratorie virali e vitamina D, il riscontro di una
associazione tra alcuni fattori di rischio e “outcome” (asma) non è sufficiente a provare il ruolo di questi fattori nel determinismo della malattia e non
vanno esclusi dall’analisi importanti “bias”.
Bibliografia
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Brehm JM, Celedon JC, Soto-Quiros ME et al. Serum vitamin D levels and markers of severity of childhood asthma in Costa Rica. Am J Respir Crit Care Med
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associata ad un minor rischio di wheezing nei bambini.
Chinellato I, Piazza M, Sandri M et al. Vitamin D serum levels and markers of
asthma control in italian children. J Pediatr 2011a;158:437-41.
* Conferma in Italia l’associazione in pazienti asmatici tra livelli di vitamina D e
markers di controllo dell’asma.
Chinellato I, Piazza M, Sandri M et al. Serum vitamin D levels and exercise-induced
bronchoconstriction in children with asthma. Eur Respir J 2011b;37:1366-70.
Corbo GM, Forastiere F, De Sario M et al. and SIDRIA collaborative group. Wheeze
and asthma in children: associations with body mass index, sports, television
viewing, and diet. Epidemiology 2008;19:747-55.
** Dimostra l’associazione tra alcuni stili di vita caratteristici delle nazioni sviluppate, l’obesità e l’asma.
Devereux G, Litonjua AA, Turner S et al. Maternal vitamin D intake during pregnancy and early childhood wheezing. Am J Clin Nutr. 2007;85:853-9.
** Fra i primi studi a mostrare che l’assunzione in gravidanza di vitamina D è
associata ad un minor rischio di wheezing nei bambini.
Duijts L, Jaddoe VWV, van der Valk RJP et al. Fetal exposure to maternal and paternal
smoking and the risks of wheezing in preschool children. The generation R Study.
Chest; Prepublished online September 29,2011;DOI 10.1378/chest.11-0112.
Edlmayr J, Niespodziana K, Popow-Kraupp T, et al. Antibodies induced with recombinant VP1 from human rhinovirus exhibit cross-neutralisation. Eur Respir
J. 2011;37:44-52.
Erkkola M, Kaila M, Nwaru B et al. Maternal vitamin D intake during pregnancy is
inversely associated with asthma and allergic rhinitis in 5-year old children. Clin
Exp Allergy. 2009;39:875-82.
** Studio di coorte che ha mostrato un effetto protettivo dell’assunzione materna
di vitamina D sull’asma e sulla rinite allergica nei bambini a 5 anni.
96
Forastiere F, Galassi C, Biggeri A et al e Gruppo Collaborativo SIDRIA. La frazione
dei disturbi respiratori dell’infanzia attribuibile a fattori di rischio modificabili e
non modificabili. Epidem Prevenz 2005;2:67-9.
** Evidenzia il peso dei fattori di rischio per asma modificabili nel determinismo
della malattia nella popolazione italiana.
Galassi C, De Sario M, Biggeri A et al. Changes in prevalence of asthma and
allergies among children and adolescents in Italy, 1994-2002. Pediatrics
2006;117:34-42.
Gale CR, Robinson SM, Harvey NC et al. Maternal vitamin D status during pregnancy and child outcomes. Eur J Clin Nutr 2008;62:68-77.
* Trova un’associazione diretta tra livelli di vitamina D in gravidanza e asma a 9 anni.
Heinrich J. Influence of indoor factors in dwellings on the development of childhood asthma. Int J Hyg Environ Health 2011;214:1-25.
* Riassume l’evidenza sui fattori di rischio indoor.
Hollams EM, Hart PH, Holt BJ et al. Vitamin D and atopy and asthma phenotypes
in children: a longitudinal cohort study. Eur Respir J 2011;38:1320-7.
** Primo studio di coorte che valuta il valore predittivo dei livelli sierici di
vitamina D in età scolare e lo sviluppo di atopia, iperreattività bronchiale e
asma.
Jackson DJ, Gangnon RE, Evans MD. Wheezing rhinovirus illnesses in early life
predict asthma development in high-risk children. Am J Respir Crit Care Med
2008;178:667-72.
Jackson DJ, Lemanske RF Jr. The role of respiratory virus infections in childhood
asthma inception. Immunol Allergy Clin North Am. 2010;30:513-22.
** Riporta le acquisizioni più recenti sul ruolo delle infezioni respiratorie virali, in
particolare RSV e RV, nello sviluppo di asma.
Le Souëf PN. Gene-environmental interaction in the development of atopic asthma: new developments. Curr Opin Allergy Clin Immunol. 2009;9:123-7.
** Riassume l’evidenza disponibile su interazione geni-ambiente nella patogenesi dell’asma.
Lemanske RF Jr. The childhood origins of asthma (COAST) study. Pediatr Allergy
Immunol 2002;13:1538-43.
Lowe AJ, Carlin JB, Bennett CM et al. Paracetamol use in early life and asthma:
prospective birth cohort study. BMJ 2010;341:4616-19.
Martinez FD. The origins of asthma and chronic obstructive pulmonary disease
in early life. Proc Am Thorac Soc 2009a;6:272-7.
Martinez FD. The connection between early life wheezing and subsequent asthma: the viral march. Allergol Immunopathol 2009b;37:249-51.
Midulla F, Pierangeli A, Cangiano G et al. Rhinovirus bronchiolitis and recurrent
wheezing: one year follow-up. Eur Respir J. 2012;39:396-402.
* Conferma anche per la realtà italiana l’associazione tra Rhinovirus e wheezing
ricorrente.
Migliore E, Berti G, Galassi C et al. Respiratory symptoms in children living near
busy roads and their relationship to vehicular traffic: results of an Italian multicenter study (SIDRIA 2). Environ Health 2009;18: 8-27.
* Dimostra l’associazione tra asma e inquinamento da traffico veicolare nella
popolazione italiana.
Migliore E, Pearce N, Bugiani M et al. Prevalence of respiratory symptoms in migrant children to Italy: the results of SIDRIA-2 study. Allergy 2007;62:293-300.
Fattori di rischio per asma bronchiale
** Uno dei primi lavori pubblicati e il primo in Italia a suggerire come l’ambiente in cui i bambini sono cresciuti e in particolare i figli di migranti rispetto
ai bambini italiani possa influenzare la prevalenza di asma e altri sintomi
respiratori.
Miyake Y, Sasaki S, Tanaka K et al. Dairy food, calcium and vitamin D
intake in pregnancy, and wheeze and eczema in infants. Eur Respir J
2010;35:1228-34.
Morales E, Romieu I, Guerra S et al. Maternal vitamin D status in pregnancy
and risk of lower respiratory tract infections, wheezing, and asthma in offspring.
Epidemiology 2012;23:64-71.
Paul G, Brehm JM, Alcorn JF et al. Vitamin D and asthma. Am J Respir Crit Care
Med 2012;185:124-32.
Poorisrisak P, Brydensholt Halkjaer L, Thomsen SF et al. Causal direction between respiratory syncytial virus bronchiolitis and asthma studied in monozygotic twins. Chest 2010;138:338-44.
** Analizza il ruolo dei fattori genetici nello sviluppo di infezioni gravi da RSV e
di asma.
Prabhu N, Smith N, Campbell D et al. First trimester maternal tobacco smoking
habits and fetal growth. Thorax 2010;65:235-40.
* Riafferma l’importanza dell’esposizione a fumo materno in gravidanza come
fattore di rischio per asma e indica come la cessazione precoce del fumo in
gravidanza sia fondamentale per la riduzione del rischio.
Rohde GG. Rhino virus vaccination: the case in favour. Eur Respir J. 2011;37:3-4.
Rusconi F, Gagliardi L, Galassi C et al. Paracetamol and antibiotics in childhood
and subsequent development of wheezing/asthma:association or causation? Int
J Epidemiol 2011;40:662-7.
Rusconi F, Galassi C, Corbo GM et al and SIDRIA Collaborative Group. Risk factors
for early, persistent, and late-onset wheezing in young children. SIDRIA Collaborative Group. Am J Respir Crit Care Med. 1999;160:1617-22.
** Conferma anche in Italia i principali fattori di rischio per asma già evidenziati
in altre popolazioni e trova associazioni diverse tra fattori di rischio precoci e i
diversi fenotipi di asma.
Rusconi F, Galassi C, Forastiere F et al. Maternal complications and procedures
in pregnancy and at birth and wheezing phenotypes in children. Am J Respir Crit
Care Med 2007;175:16-21.
** Trova un’associazione tra fattori di rischio in gravidanza e al parto e diversi
fenotipi di wheezing.
Searing DA, Zhang Y, Murphy JR, Hauk PJ et al. Decreased serum vitamin D
levels in children with asthma are associated with increased corticosteroid use.
J Allergy Clin Immunol 2010;125:995-1000.
Sigurs N, Aljassim F, Kjellman Bengt, et al. Asthma and allergy patterns over 18 years
after severe RSV bronchiolitis in the first year of life. Thorax 2010;65:1045-52.
Sly PD. The early origins of asthma: who is really at risk? Curr Opin Allergy Clin
Immunol. 2011; 11:24-8.
** Riassume l’evidenza disponibile tra la suscettibilità all’asma in soggetti con
un certo assetto genetico, e in particolare la suscettibilità all’esposizione a fumo
passivo. Riassume l’evidenza sui fattori di rischio precoci.
Stein RT, Martinez FD. Respiratory syncytial virus and asthma: still no final answer. Thorax 2010;65:1033-4.
Stensballe LG, Simonsen JB, Thomsen SF et al. The causal direction in the association between respiratory syncytial virus hospitalization and asthma. J Allergy
Clin Immunol. 2009;123:131-7.
Thomsen SF, van der Sluis S, Stensballe LG et al. Exploring the association
between Severe Respiratory Syncytial Virus Infection and Asthma- a Registrybased Twin Study. Am J Respir Crit Care Med 2009;179:1091-7.
* Analizza la relazione tra infezione da RSV e sviluppo successivo di asma, cercando di chiarire il ruolo dei fattori genetici.
Valkonen H, Waris M, Ruohola A et al. Recurrent wheezing after respiratory syncytial virus or non-respiratory syncytial virus bronchiolitis in infancy: a 3-year
follow-up. Allergy 2009;64:1359-65.
* Confronta i dati di prevalenza di asma e alcuni fattori di rischio rilevati in diversi
paesi del mondo con la stessa metodologia e discute l’importanza dei fattori
ambientali.
van Oeffelen AA, Bekkers MB, Smit HA et al. Serum micronutrient concentrations
and childhood asthma: the PIAMA birth cohort study. Pediatr Allergy Immunol
2011;22:784-93.
Corrispondenza
Franca Rusconi, Unità di Epidemiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria A. Meyer, viale Pieraccini 24, 50139 Firenze. Tel + 39 055 5662556.
E-mail: [email protected]
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