LA SCUOLA COME PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Si richiamano
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LA SCUOLA COME PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Si richiamano
LA SCUOLA COME PUBBLICA AMMINISTRAZIONE LA VALUTAZIONE Si richiamano alcuni elementi relativi alla valutazione degli studenti anche al fine di prevenire l’insorgere di contenziosi e garantire la massima regolarità nello svolgimento di tale delicata funzione. Il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione sono una garanzia costituzionale (art.97). In un contesto di accresciuta importanza dei risultati del profitto stante la forte selezione sociale, la trasparenza, la parità di trattamento e l’imparzialità nella valutazione devono essere un costante fondamento di ogni sia pur minima scelta del singolo docente e della scuola nel suo complesso. Nei piani dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche dovranno essere esplicitate, preventivamente, le tipologie e le forme di verifica utilizzate in itinere, le modalità e i criteri di valutazione adottati al termine di ogni periodo valutativo. Ciò al fine di rendere l’intero processo di valutazione trasparente e coerente con gli specifici obiettivi di apprendimento e con i risultati di apprendimento. (C.M. n. 89 del 18 ottobre 2012). I docenti devono prendere visione del testo del piano dell’offerta formativa e attenersi alle indicazioni in esso espresse che sono vincolanti. . Si illustrano di seguito, per comodità di lettura, i criteri per la valutazione desumibili dalle diverse norme anche stratificate nel tempo: La finalità formativa e orientativa La validità, l’attendibilità, l’accuratezza, la trasparenza e l’equità La coerenza con gli obiettivi di apprendimento previsti dai piani di studio La considerazione sia dei processi di apprendimento sia dei loro esiti Il rigore metodologico nelle procedure La valenza informativa La documentabilità La trasparenza e la tempestività (C.M. n. 175 del 2 aprile 1998, C.M. n 10 del 23 gennaio 2009, D.P.R. n. 122 del 22 giugno 2009, D.P.R. n. 249 del 24 giugno 1998, D.P.R. n. 235 del 21 novembre 2007). Si richiama il principio generale per cui la valutazione costituisce anche una specifica procedura di carattere amministrativo, come tale soggetta a precisi obblighi formali; risulta evidente che il mancato rispetto di obblighi di carattere normativo e amministrativo rende la valutazione priva di efficacia giuridica, fino alla nullità dell’atto. L’atto è invalido quando manca uno degli elementi essenziali alla sua esistenza oppure quando presenta difetti che si raggruppano in 2 grandi categorie: 1. vizi di legittimità, quando a essere violata è una norma giuridica, per cui l’atto è illegittimo 2. vizi di merito, quando non viene violata una norma giuridica bensì le norme di buona amministrazione, tra cui il buon andamento , l’imparzialità e la parità di trattamento Oltre eventuali comportamenti contra legem, ad esempio la mancata ammissione alla classe successiva senza che siano stati predisposti i previsti corsi di recupero, va attentamente considerata tutta una serie di comportamenti che potrebbe ricadere nella violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della legge 241/1990. In particolare, nell’esercizio della valutazione può venire contestato un eccesso di potere qualora sussistano: insufficiente motivazione, illogicità, contraddittorietà manifesta, irragionevolezza, erroneità. Peraltro, è pacifico in giurisprudenza che il livello di maturità e preparazione raggiunto dai singoli alunni costituisce espressione di una valutazione rimessa dalla legge al suddetto organo collegiale (C. di classe), il cui giudizio riflette le specifiche competenze da esso possedute (TAR Lombardia, sent. 21.09.2012, n. 2360). E’ fatto salvo che i giudizi espressi dal c. di classe sono connotati da discrezionalità tecnica, mentre al giudice di legittimità spetta esclusivamente di verificare se il procedimento, a conclusione del quale il giudizio è stato formulato, sia conforme al parametro normativo ovvero ai criteri deliberati previamente dal collegio dei docenti. Si ricorda ancora che, in relazione alla valutazione del comportamento espressa in sede di scrutinio, essa non può riferirsi a un singolo episodio, ma deve scaturire da un giudizio complessivo di maturazione e di crescita civile e culturale dello studente in ordine all’intero anno scolastico (D.M. n. 5 del 16 gennaio 2009). Nessuna infrazione disciplinare connessa al comportamento può influire sulla valutazione del profitto (D.P.R. n. 249/1998), e le istituzioni scolastiche si devono quindi ispirare al principio della non interferenza tra sanzione disciplinare e valutazione del profitto (D.P.R. n. 305 del 21 novembre 2007). Si ricorda anche l’importanza dei principi di proporzionalità e gradualità della sanzione, in base ai quali la sanzione da applicare va verificata nel regolamento di istituto, contestualizzata nell’ambito del comportamento generale dello studente e valutata anche in riferimento ai casi di recidiva. In genere, fatti salvi i casi di comportamenti connotati da particolare gravità, si dovrebbe applicare in prima istanza la sanzione più lieve per dare modo allo studente di modificare il proprio comportamento, per arrivare gradualmente alle sanzioni più gravi. La valutazione va quindi condotta sempre nel rispetto dei criteri sopra richiamati, che si devono declinare in comportamenti professionalmente appropriati. Finalità formativa e orientativa: la valutazione ha prima di tutto lo scopo di offrire strumenti regolativi per consentire a studenti, genitori e docenti di gestire il percorso in modo da consentire la massima possibile tutela del successo formativo. Il susseguirsi delle verifiche e delle valutazioni costituisce l’opportunità per lo studente di comprendere la situazione, avere un riscontro sul proprio lavoro in termini di processo e di risultato, sviluppare la riflessione sulle proprie capacità e competenze. Ai docenti consente di regolare il processo di insegnamento e apprendimento e di attuare gli eventuali interventi correttivi. Queste considerazioni si dovrebbero riflettere su scelte concrete, prima di tutto riguardo il numero di verifiche che si prevede di effettuare. Le norme si esprimono in termini di congruo numero e di maggior numero possibile di verifiche. Un numero ridotto non consente evidentemente una riflessione adeguata né tanto meno garantisce la possibilità di rimediare a eventuali carenze riscontrate a eccessivi intervalli di tempo. Un numero particolarmente elevato di alunni per classe può suggerire, accanto alle verifiche orali, la somministrazione più frequente di prove scritte strutturate. Come già indicato nella circolare del 9 novembre 2010, le verifiche possono prevedere modalità scritte anche nel caso di insegnamento a sola prova orale. La trasparenza implica che devono essere resi noti agli studenti contenuti, tipologia e criteri di valutazione delle singole prove. In questo contesto non può ritenersi sufficiente un generico riferimento al programma svolto o a un numero amplissimo di pagine del libro di testo. Il senso della verifica degli apprendimenti nasce anche dall’individuazione di temi e argomenti, nell’ambito della discrezionalità tecnica del docente, che vanno ricercati in funzione della costruzione di competenze e non sempre o esclusivamente nel controllo di una serie enciclopedica di conoscenze destinate a rimanere inerti. Si deve evitare di condurre interrogazioni e colloqui al di fuori del contesto della classe per evitare una discutibile diminuzione della trasparenza e sarebbe opportuno registrare, per quanto sinteticamente, anche le domande rivolte agli studenti. Le prove scritte, come noto, si considerano a tutti gli effetti documenti amministrativi e come tali soggetti alle norme che regolano l’accesso agli atti. Qualora studenti o genitori chiedessero di prendere visione di prove scritte, si deve fare riferimento al D.P.R. n. 184/2006 che prevede all’art. 5 l’accesso informale mediante richiesta anche verbale; ove sussistano dubbi sulla legittimazione del richiedente, sulla sua identità, sui suoi poteri rappresentativi, sulla sussistenza dell’interesse o sull’esistenza di controinteressati, si deve esigere il ricorso all’accesso formale mediante atto scritto. Anche al fine di gestire le richieste di accesso eventualmente rivolte al dirigente, le verifiche scritte devono essere tempestivamente consegnate in segreteria dopo la correzione e la consegna agli alunni: si stabilisce un termine massimo di giorni 10 dalla avvenuta consegna agli alunni e dalla registrazione del voto. Rimangono comunque a disposizione del docente nell’apposito armadio blindato. Tempestività. Gli obblighi che scaturiscono da questo principio si possono esprimere in estrema sintesi: le verifiche devono essere proposte al termine di un percorso, articolato in unità o moduli, chiaramente riconoscibile l’organizzazione temporale delle verifiche è spesso determinante per la preparazione; si deve prevedere un adeguato calendario che si armonizzi con quello dei docenti delle altre discipline. Le verifiche cosiddette a sorpresa costituiscono una palese violazione della tempestività e del resto anche del principio di trasparenza costituisce violazione della tempestività, evidente inefficienza e scarsa considerazione degli obiettivi della valutazione proporre numerose verifiche ravvicinate durante l’ultimo periodo del quadrimestre a distanza di tempo dalla verifica o dalle verifiche iniziali ; sul piano disciplinare si integra una chiara forma di negligenza e di imperizia una verifica non può includere argomenti di rilevante complessità affrontati in classe nei giorni immediatamente precedenti – si deve concedere un periodo di rielaborazione l’esito della prova deve essere portato a conoscenza degli studenti e delle famiglie in tempo utile per attuare, attraverso l’impegno personale e la riflessione, gli eventuali interventi finalizzati al miglioramento degli apprendimenti:si indica quale termine massimo entro 10 giorni dalla data della verifica – attenzione alle interruzioni delle lezioni - ; in nessun caso si può somministrare una verifica prima che sia stato portato a conoscenza dello studente l’esito di quella precedente. L’esito delle prove orali deve essere tempestivamente inserito nel registro, entro il giorno successivo alla prova Riguardo la tipologia delle prove, oltre le indicazioni sintetizzate nella nota tabella allegata alla circolare del 9 novembre 2010, si può fare utilmente riferimento a quanto evidenziato nella C.M. n. 94 del 2011: va comunque sottolineato che la valutazione è espressione dell’autonomia professionale propria della funzione docente e che le istituzioni scolastiche potranno individuare e adottare nella loro autonomia e nell’ambito delle prove previste per ciascun insegnamento (scritte, orali, pratiche, grafiche) modalità e forme di verifica che ritengano funzionali all’accertamento dei risultati di apprendimento , declinati in competenze, conoscenze e abilità. Si devono quindi adottare forme di verifica diverse e adeguate agli specifici obiettivi di apprendimento; a titolo esemplificativo, si possono citare le indicazioni nazionali relative alla disciplina Scienze naturali , dove si considera la dimensione sperimentale un aspetto irrinunciabile della formazione scientifica: in questo ambito le prove di verifica possono assumere la veste di presentazione, elaborazione, discussione di dati sperimentali, di relazioni di laboratorio, di proposta di esperimenti per la classe su argomenti assegnati. E’ ovviamente la discrezionalità tecnica del docente a stabilire il peso da attribuire alle diverse tipologie, rimane comunque innegabile che diversificare la tipologia consente anche di sviluppare maggiormente gli aspetti quantitativi e qualitativi dei dati a disposizione per formulare la valutazione. Come previsto dall’art. 3, comma 2, della legge 11 gennaio 2007, n.1, con riferimento alla scelta delle prove di verifica, le istituzioni scolastiche dovranno porre particolare attenzione alle discipline di indirizzo che potranno essere oggetto della seconda prova scritta all’esame di Stato. LA VIGILANZA E LA RESPONSABILITA’ Nell’interesse del buon andamento della scuola e a maggior consapevolezza di tutti noi, richiamo l’attenzione sui doveri connessi alla vigilanza sugli studenti. Tali doveri, ricompresi a pieno nella funzione docente e nelle funzioni del personale ATA (art.44 CCNL 2003) non si esplicano nella mera presenza ma nella assunzione di tutti i comportamenti finalizzati a prevedere e a evitare situazioni di rischio per l’incolumità degli studenti e delle classi. Si riporta una affermazione della Corte di Cassazione (Cass. Sez.IV n. 4883 / 1981): la vigilanza consiste nel complesso di attività volte a conseguire le finalità stabilite dalla legge e non nella semplice presenza fisica. Come è noto, l’art. 40 del c.p. ha introdotto la cosiddetta clausola generale di equivalenza causale in base alla quale non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo. Tale obbligo giuridico si concretizza per il personale della scuola anche attraverso l’accoglimento della domanda di iscrizione assimilata a una forma contrattuale. Dalla esistenza di uno specifico obbligo deriva la evidente posizione di garanzia nei confronti del bene protetto dalla norma, definibile in generale come uno speciale vincolo di tutela tra un soggetto garante e un bene giuridico, determinato dalla incapacità – totale o parziale del titolare a proteggerlo in modo autonomo. Si possono inquadrare due tipi fondamentali di posizioni di garanzia: posizione di protezione e posizione di controllo. La posizione di protezione ha lo scopo di preservare determinati beni giuridici da tutti i pericoli che possono minacciarne l’integrità, la posizione di controllo ha lo scopo di neutralizzare determinate fonti di pericolo. E’ evidente come l’insegnante si collochi a tutti gli effetti nella citata posizione di garanzia nei confronti dell’integrità psicofisica degli alunni a lui affidati. Si ricorda che in tema di responsabilità civile le situazioni non sempre ricevono una chiara definizione, pertanto occorre sempre considerare con attenzione le occasioni in cui potrebbero realizzarsi, con diverso grado, l’intenzionalità del comportamento, la negligenza, l’imprudenza e l’imperizia, “tenuto conto anche della prevedibilità dell’evento”(art. 92 CCNL 2003, art.60 CCNL del 1995). In caso di contestazione del dovere di vigilanza la giurisprudenza considera che sia il docente a dover dimostrare che non era possibile evitare il verificarsi del fatto, di solito integrità fisica lesa da situazioni di pericolo, da condotte pericolose dello stesso alunno o di suoi compagni. I criteri assunti sono quelli della prevenibilità e prevedibilità dell’evento. Riguardo i danni cagionati da un allievo ad un compagno, per giurisprudenza consolidata (in part. Cass. N° 894/77), gli insegnanti rispondono se non provano di non aver potuto impedire il fatto e quindi dimostrano di aver esercitato la vigilanza sugli alunni nella misura dovuta (cioè adeguata alla circostanza: Cass. 318/90) e che sia stato loro impossibile evitare l’atto illecito a causa della sua repentinità e imprevedibilità, tali da non consentire un tempestivo efficace intervento. Ma non basta: l’amministrazione scolastica non è liberata da responsabilità adducendo la mera natura repentina del movimento dell’alunno che ha provocato l’evento lesivo ; è necessario dimostrare l’avvenuta adozione di misure preventive necessarie a consentire sia la libertà dei movimenti degli studenti, sia l’ordinato svolgimento della lezione. In questo senso diventano rilevanti le specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo di accadimento del fatto. Si cita una sentenza della Corte di cassazione del 21 febbraio 2003, n. 2657 con la quale si è determinato che a fronte del caso di due alunni venuti alle mani in corridoio durante l’intervallo non basta affermare la presenza del docente sul luogo ma anche affermare e provare che il docente si trovi eventualmente nella posizione ottimale da assumere per una migliore e più puntuale vigilanza. Ciò significa che la sorveglianza durante l’intervallo deve essere effettiva e non limitata alla semplice presenza in corridoio o in cortile. La culpa in educando è imputabile ai genitori, gli insegnanti rispondono tuttavia di eventuale culpa in vigilando. La vigilanza si realizza in primo luogo attraverso la puntualità: dalla lettura di diverse sentenze si evince che si risponde di responsabilità quando non ci sono accertate cause di forza maggiore, quando non si avverte tempestivamente di eventuali ritardi, quando non è stato attivato altro personale. Si richiama in proposito il preciso obbligo contrattuale la cui violazione costituisce illecito disciplinare in quanto omissione di doveri di servizio: “Per assicurare l’accoglienza e la vigilanza degli alunni, gli insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe 5 minuti prima dell’inizio delle lezioni e ad assistere all’uscita degli alunni medesimi” (CCNL 2007, art.29, c. 5). Ricordo che le sostituzioni di insegnanti assenti vengono disposte da personale a ciò preposto dal dirigente e quindi le comunicazioni al riguardo vanno considerate a tutti gli effetti un ordine di servizio. I momenti particolarmente delicati quali l’entrata e l’uscita, il cambio orario di insegnanti, l’intervallo, richiedono una attenzione costante; si chiarisce in proposito che i collaboratori scolastici sono tenuti anch’essi alla “accoglienza e sorveglianza nei confronti degli studenti, nei periodi immediatamente antecedenti e successivi all’orario delle attività didattiche (periodi quantificati in circa 10 min. come da verbale del 18.02.04, incontro tra USR e OO.SS.) e durante la ricreazione”. Si deve prestare attenzione affinché i momenti di pausa (ad es. il caffè) non si prolunghino fino a coincidere con la ripresa del servizio, o interrompendo lo stesso affidando temporaneamente la classe a personale non autorizzato (tipicamente un collega che non abbia ricevuto un ordine di sostituzione). Si ricorda che l’art. 89 CCNL 2003 (art.57 CCNL 95) obbliga il dipendente ad “assicurare l’integrità degli alunni secondo le attribuzioni di ciascun profilo professionale”. L’analisi di incidenti ha interessato negli ultimi anni anche la sociologia delle organizzazioni: i risultati delle ricerche mettono in luce come incidenti gravi si verifichino non solo per errore o responsabilità del singolo, ma spesso per tutta una serie di comportamenti e decisioni che incrociandosi danno luogo all’incidente. E’ opportuno quindi riflettere anche sul livello organizzativo, e prevedere se una attività, svolgendosi in determinate circostanze e secondo determinate modalità, può dar luogo a incidenti elevandosi il livello di rischio. Anche l’analisi dell’andamento degli infortuni può costituire l’opportunità per una riflessione circa lo sforzo per garantire una sempre maggiore e scrupolosa attenzione, a tutela degli alunni ma anche del personale. La comunicazione diventa importante anche sotto questo aspetto: si devono far passare le informazioni, soprattutto al personale nuovo, e si devono prendere iniziative anche confrontandosi con il dirigente, il D.S.G.A, l’Ufficio di segreteria, il personale ATA, i colleghi esperti. Le modalità di sorveglianza degli alunni minori ha carattere relativo, cioè si articola in modo più o meno rigoroso a seconda dell’età e delle condizioni ambientali. E’ di tutta evidenza che gli studenti presentano talora un livello piuttosto basso di capacità di autoregolazione soprattutto in contesti che richiedono complessità di valutazioni. Si richiama anche il concetto fondamentale che la sicurezza e l’incolumità personale rappresentano un bene giuridicamente indisponibile, tanto che le dichiarazioni dei genitori volte ad alterare il regime delle responsabilità (c.d. liberatorie) non producono alcun effetto esimente. In altri termini neppure il genitore ha facoltà di disporre del bene della incolumità dei figli e non può disporre delle modalità di assolvimento del dovere di vigilanza quando è in capo ad altri soggetti (gli insegnanti). Vigilanza durante le assemblee: in proposito si richiama quanto specificato dall’USR Veneto (Prot. 2561/A31 del 24.04.2007). In caso di assemblee degli studenti svolte sia all’interno che all’esterno dei locali della scuola, si ritiene operante a tutti gli effetti l’obbligo di vigilanza a carico dei docenti che sono in servizio in quelle ore, in quanto tali assemblee si svolgono in orario scolastico. Per tali ragioni la Nota Min. prot. n. 4733 del 26.11.03 impone l’obbligo di verificare la presenza dei docenti e degli alunni. A sconfessare ciò non varrebbe il richiamo al fatto che la legge attribuisce ai docenti solo un diritto di assistere e non un obbligo, in quanto questo diritto è riferito ai docenti in generale, mentre nulla esclude che, per gli insegnanti che sono in servizio in quel giorno e in quell’ora, sussista anche un obbligo che trova il suo presupposto nel contratto. Ancora minore rilievo ha il richiamo al diritto degli studenti di riunirsi liberamente. Infatti, la vigilanza non impedisce il legittimo e libero esercizio di tale diritto , che non risulta in alcun modo coartato dalla semplice presenza del personale di vigilanza, che si limiterebbe a intervenire nei casi previsti dalla legge. Anzi, il riconoscimento della facoltà dei docenti di assistere dimostra che la loro presenza non intralcia il normale e libero esercizio del diritto di assemblea. E’ ovvio che l’obbligo di vigilanza ricomprende, nel caso dei locali posti al di fuori della scuola, l’accompagnamento degli studenti. In relazione a quanto sopra si dettano le seguenti disposizioni organizzative: 1. Il personale della scuola si deve attenere scrupolosamente agli obblighi in materia di vigilanza che scaturiscono dalle fonti legislative e contrattuali. 2. In relazione al profilo professionale docente come definito dal CCNL 2007, art. 27, si richiamano le competenze psicopedagogiche e organizzativo-relazionali che stanno a fondamento della necessaria autorevolezza e abilità nella strutturazione dell’attività didattica e degli interventi educativi al fine di sviluppare e mantenere negli alunni comportamenti positivi e disciplinati, nel rispetto di sé e degli altri. 3. La vigilanza deve essere esercitata sempre secondo attenta valutazione delle circostanze, in particolare durante l’avvicendamento dei docenti nelle classi, durante l’intervallo, nelle uscite didattiche e viaggi di istruzione. Durante lo svolgimento di attività motorie e sportive l’insegnante ha il dovere di partecipare attivamente alla sorveglianza degli alunni anche quando sono presenti altri soggetti con funzioni didattiche e organizzative ai quali competono obblighi precisi ma ai quali l’insegnante non deve delegare in alcun modo la propria funzione di vigilanza. 4. Si sottolinea che l’intervallo è un momento di ricreazione per gli alunni e non già per gli insegnanti, a tutti gli effetti in servizio, i quali devono invece intensificare la vigilanza e innalzare il livello di attenzione per evitare e prevenire l’insorgere di situazioni di rischio. Non si deve quindi riunirsi semplicemente in piccoli gruppi di docenti per una generica presenza ma attivarsi in modo concreto per gestire le dinamiche di comportamento delle classi. Durante l’intervallo i docenti che hanno la sorveglianza delle classi si dispongono in modo da avere una visione chiara di tutto lo spazio a disposizione degli alunni seguendo le indicazioni dello schema relativo ai turni di sorveglianza. Si ricorda che allontanarsi dalla scuola durante il proprio turno di sorveglianza – ad esempio per un caffè significherebbe commettere un grave illecito disciplinare (abbandono ingiustificato del servizio e omessa vigilanza). 5. L’ingresso e l’uscita degli alunni devono svolgersi secondo le previsioni del regolamento di istituto. ACQUISIZIONE DI BENI E SERVIZI L’individuazione di ditte, aziende, esperti, enti cui affidare eventuali incarichi per l’acquisizione di beni e servizi da parte dell’amministrazione costituisce elemento di una procedura amministrativa e contabile la cui competenza è rimessa esclusivamente al legale rappresentante, cioè il dirigente. A tale procedura sono connessi elementi di sempre maggiore complessità, legati ad aspetti fiscali, contributivi, di tracciabilità dei flussi finanziari, di conformità alle norme sugli appalti, di organizzazione degli uffici amministrativi incaricati, con un preciso regime di responsabilità. Il personale docente deve quindi limitarsi a rappresentare al dirigente eventuali necessità, senza eccedere le proprie funzioni chiedendo direttamente preventivi o impegnandosi altrimenti con terzi in modo informale e improprio, sia pure nell’apprezzabile intento di facilitare il lavoro. Prima di presentare al dirigente la richiesta relativa ad attività che coinvolgono gli studenti, si deve avere certezza dell’adesione da parte di questi ultimi, soprattutto quando è previsto un contributo. Tale adesione deve assumere la forma scritta. Il versamento dell’eventuale contributo deve precedere ogni ulteriore fase, compresi accordi informali e calendari delle attività. Si ricorda che il ricorso a esperti esterni è possibile solo qualora non risulti possibile reperire all’interno dell’amministrazione le competenze necessarie. Questi possono inoltre intervenire nelle attività della scuola esclusivamente per espletare funzioni che non rientrano tra quelle normali del personale. I recenti interventi legislativi circa gli obblighi di trasparenza e pubblicità – in primis il d.lgs 14 marzo 2013, n. 33 – fissano regole precise anche in merito agli incarichi conferiti dalle P.A. e alla loro pubblicazione sul sito istituzionale. Non risulta quindi possibile procedere alla liquidazione di compensi se non a fronte di formale incarico secondo le previsioni normative Per quanto riguarda gli acquisti, in relazione a quanto esposto sopra sinteticamente, non risulta oggi possibile rivolgersi, da parte del singolo dipendente dell’amministrazione, direttamente a un operatore commerciale. Con la legge n.228/2012 (legge di stabilità 2013) trova ulteriore sviluppo l’equiparazione delle istituzioni scolastiche alle altre amministrazioni dello Stato nel regime degli acquisti. Anche le scuole devono fare riferimento obbligatorio al mercato elettronico delle P.A. e a CONSIP. Al di fuori di queste centrali di committenza, qualora non fosse in esse presente il bene da acquistare, le singole istituzioni scolastiche devono procedere secondo le disposizioni che regolano i pubblici contratti, attraverso precise procedure di gara e inviti a presentare un’offerta qualora ne ricorrano i presupposti. Anche per importi di minore entità, non si può in alcun modo procedere personalmente ad acquisti presentando scontrini o facendo inviare direttamente una fattura dalla ditta alla scuola. Tali fatture non potranno essere liquidate in quanto prive dei necessari presupposti giuridici e amministrativi, tra cui l’impegno di spesa e l’ordine di acquisto, tipici atti gestionali di competenza esclusiva del dirigente. Chi può proporre acquisizioni di beni e servizi: i dipartimenti, le commissioni del collegio dei docenti, i singoli docenti, il personale ATA, compilando l’apposito modulo di richiesta di acquisto e presentandolo in segreteria al direttore dei servizi amministrativi che provvederà a inoltrarlo al dirigente per tutti gli atti e i provvedimenti di sua competenza. Nel caso di importi che si prevedono superiori ai 1000 euro o comunque qualora si tratti di investimenti importanti che riguardino lo sviluppo della didattica o della organizzazione della scuola, è necessario un colloquio con il dirigente. ACCESSO AL FONDO DI ISTITUTO E COMPENSI ACCESSORI La materia è regolata nelle sue linee essenziali dal CCNL 2007, art.88; si riporta uno stralcio del comma 1: Le attività da retribuire, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, sono quelle relative alle diverse esigenze didattiche, organizzative, di ricerca e di valutazione e alle aree di personale interne alla scuola, eventualmente prevedendo compensi anche in misura forfetaria, da definire in sede di contrattazione, in correlazione con il POF, su delibera del consiglio di istituto, il quale, a tal fine, acquisisce la delibera del collegio dei docenti. In pratica, le premesse per la retribuzione sono costituite dalla presenza delle attività nel piano dell’offerta formativa, dalla regolamentazione della contrattazione integrativa di istituto e dalla copertura in bilancio. In caso di progetti, il coordinatore di progetto riceve dal dirigente una autorizzazione per un numero determinato di ore da ripartire tra quanti partecipano alle attività e si incarica di registrarle. In caso di compensi in misura forfetaria o comunque legati a varie funzioni, si riceve una lettera di incarico in cui sono indicati compiti e retribuzione. Tipicamente, a titolo di esempio, è il caso di collaborazioni, funzioni strumentali, attività di insegnamento nei corsi di recupero o nel potenziamento disciplinare Non risulta possibile liquidare compensi al di fuori di queste procedure, tanto meno presentare a consuntivo, al termine dell’anno scolastico, una dichiarazione personale di attività svolte e di ore lavorative a qualunque titolo prestate. SOSTITUZIONE DEI COLLEGHI ASSENTI E RECUPERO PERMESSI BREVI La sostituzione dei colleghi assenti viene disposta nei casi di effettiva urgenza e necessità, ove non risulti possibile nell’immediato ricorrere alla nomina di un supplente. Per quanto concerne l’individuazione del docente chiamato alla sostituzione, ricorrono normalmente i seguenti casi: docente in orario di servizio con la classe assente, docente che deve recuperare ore di permesso breve già fruite, docente a disposizione mediante disponibilità a pagamento. In tutti tre i casi prospettati, il docente che opera la sostituzione è a tutti gli effetti in servizio; ciò comporta che la sostituzione si configura come supplenza e non come mera presenza in aula con generici compiti di vigilanza. Si deve quindi intendere come ora di lezione, ove possibile della stessa disciplina prevista dall’orario settimanale delle lezioni, altrimenti di diversa disciplina. In alcune classi, a seconda degli eventi, il monte ore annuale coperto da sostituzioni può diventare importante, tanto da incidere concretamente sugli apprendimenti qualora non fosse dedicato comunque ad attività didattica, con esclusione di generici impegni come l’esecuzione dei compiti assegnati per casa. In riferimento ai permessi brevi, regolati dall’art. 16 del contratto, si ricorda che per il personale docente possono essere fruiti fino a un massimo di 2 ore nell’arco della giornata e complessivamente, durante l’anno scolastico, il limite corrisponde all’effettivo orario di insegnamento. Come si recuperano: entro i 2 mesi lavorativi successivi a quello della fruizione del permesso, il dipendente è tenuto a recuperare le ore non lavorate in una o più soluzioni in relazione alle esigenze di servizio (art. 16, c. 3). Ciò significa che il recupero deve avvenire per fare fronte a precise esigenze - quasi sempre si tratta di sostituzioni – e che il dipendente non può rifiutare l’incarico relativo chiamando in causa generici impegni.