i migranti come risorsa

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i migranti come risorsa
L’OPINIONE
della Collina dell’Appennino
I MIGRANTI COME RISORSA
... Con questo numero pilota che leggerete all'interno, L’Opinione pubblicherà ogni mese un inserto unico in Italia: un giornale che parlerà dei migranti fatto dagli stessi migranti. Vogliamo offrire
un contributo contro l'intolleranza e per l'indipendenza di noi tutti.
EDITORIALE
EDITORIALE
LA BANDA MARCHE INDIGNATEVI
Come facilmente prevedibile, il decreto governativo 180/2015 che avrebbe
dovuto risolvere le truffe di Banca Marche & Sorelle fa acqua da tutte le
parti. Non solo è apparso ai più anticostituzionale (impone il silenzio a
dipendenti e a quanti vengano a conoscenza dei misfatti di un istituto e il
divieto potrà estendersi anche agli uffici), calpestando ogni regola democratica, ma spreca anche una gran quantità di soldi dei contribuenti, come
se la porchetta perpetrata ai risparmiatori non fosse bastata. Andrà a finire
che i costi saranno superiori ai rimborsi e se ne vedranno avvantaggiate
solo le banche – eredi dirette di un feudalesimo che in Italia sembra
sempre in voga. Perché poi lo scopo del Governicchio nazionale non è
tanto tutelare chi ha perso tutto in uno scandalo gigantesco che vede molti
notabili nella veste di protagonisti, ma arrivare ad avere (e avere qui è il
termine giusto) solo tre banche. Guarda caso, quelle che hanno messo i
soldi del presunto salvataggio e che ricompreranno a poche lire. A danno
nostro. La schifezza di questa vicenda ci ha rivelato anche delle ovvietà:
che gli azionisti, per esempio, non erano speculatori; che erano “invogliati
o spinti o costretti” a sottoscrivere titoli la cui svalutazione è stata a cifre
inaccettabili e fuori mercato; che si continuava a vendere anche a conoscenza della truffa; che negli anni dal 2013 ci sono stati silenzi e omissioni
senza fine. Rainer Masera, che prese le redini di BM, ha dichiarato che la
banca “poteva essere salvata già due anni fa”: hanno fatto finta di non
sentirlo così come questa civiltà di cervelloni sordi, sempre presenti nei
Consigli d’amministrazione, ha fatto orecchie da mercante quando Bankitalia mandava letterine (di chi sa già tutto). E’ uno scandalo durato dieci
anni, nei quali la bugia colossale che BM sarebbe dovuta diventare una
delle banche più importanti d’Italia faceva pendant con la vendita dissennata delle azioni (“Se sei socio azionista, hai una corsia preferenziale per i
mutui” così promettevano allegri!) e i comportamenti naive di Bianconi,
sempre a caccia di vacanze, polsini con diamanti e “acquirenti” per
dismettere anche il patrimonio immobiliare dell’istututo di cui era il ras. I
piccoli azionisti, pur detenendo il 32 per cento di BM, non avevano voce in
capitolo: mai una comunicazione, mai una richiesta di parere. Passava
tutto, le carte, i prestiti assurdi, i cda si trovavano apparecchiata la tavola
senza colpo ferire. Parliamo del Burundi? (con tutto il rispetto per il
povero Paese africano) No, la cricca era qui, in quello che ci hanno venduto
come tessuto vitale e delle armonie: ma per favore! Ha svelato Repubblica
che anche alcuni magistrati avevano pezzi di famiglia in Banca Marche.
Vogliamo pensare positivo, perché stavolta le condanne che arriveranno
per i manigoldi dovranno essere (forse l’unico) sollievo per le 43mila famiglie gettate nel lastrico.
Ripartiamo da fine anno. Nel tradizione incontro con i giornalisti, il vostro Presidente del Consiglio ha esagerato, come
sempre. L'incontinenza del Vostro è ormai proverbiale: le balle
su disoccupazione, salvataggio banche, scuola e futuro dell'Italia sono piovute come meteoriti (purtroppo attese) sulla folla
dei poveri colleghi che aspettavano solo di potersi sfogare nel
finale buffet, anch'esso tradizionale.
Scusateci, con quello che prendiamo dobbiamo scroccare
qualche pasto fuori casa.
Ebbene, a finalmente precisa domanda del Presidente del
nostro Ordine professionale, Enzo Iacopino, su cosa si potesse
e dovesse fare in un settore, il nostro, in cui c'è uno sfruttamento del lavoro a livelli schiavistici, editori indecenti e garanzie di
indipendenza pari a zero, compensi da fame, sapete cosa ha
risposto il Vostro?
Che gliene frega ben poco. Indipendenza, serenità di giudizio,
etica professionale, sono tutti concetti che non gli entrano in
testa.
O ci fa o ci è. Non soddisfatto, ha voluto aggiungere che abolirebbe "anche domani mattina" l'Ordine dei Giornalisti.
Non mi sorprende, perché ha già dimostrato come voglia
anche abolire la Costituzione e i diritti di ogni lavoratore.
La malattia del vostro Presidente del Consiglio si chiama
escapismo. L'escapismo è una forma estrema di svago, spesso
attraverso metodi ricreativi, il cui scopo è estraniarsi da una
realtà nei confronti della quale si prova disagio (Wikipedia
ndr).
Invece di volere una stampa libera, desidera una stampa
inginocchiata. Ci sta riuscendo.
A meno che i miei colleghi, anche i più illustri e ben pagati,
oltre alla moltitudine dei morti di fame che siamo, non si
indigni. L'indignazione è la nostra unica salvezza e l'ultimo
baluardo di dignità (se non volete spiegare all'Unto cosa sia la
democrazia, dategli almeno un Bignami) da non valicare.
Ps: Aveva ragione lui. Pochissime sono state le voci di protesta
a quanto dichiarato da Renzie a fine anno.
Non c’è bisogno di pagarli sempre meno o controllare la
pubblicità o abolire l’Ordine: gran parte dei miei colleghi
hanno già fatto tutto da soli.
Controllo degli occhiali
a domicilio
Giovanni Giacchi
I CATTIVI PENSIERI
OSPEDALI DA RICOVERO
La riforma voluta dal governatore Ceriscioli e avversata da una
gran quantità di gente rischia di cambiare il panorama politico
marchigiano. I sindaci delle città interessate dai tagli e dagli
accorpamenti sanitari, a difesa delle proteste della propria
gente, molti dei quali Pd, “rischiano” di compattarsi sull’idea di
referendum abrogativo lanciata dal Cinquestelle. Il che creerebbe il caos. I silenzi ufficiali del Pd sulla riforma non sono piaciuti
né a loro né ai cittadini. E’ un vecchio metodo: vediamo un po’
cosa succede. Stavolta però il calcolo e l’astuzia politica potrebbero essere superati dagli stessi eventi. La questione tocca infatti
i diritti primari, quelli che, a giudizio di popolo, non dovrebbero
essere intaccati. Sullo strano patto referendario, tutto da verificare, chi ha governato sino ad oggi potrebbe perdere molti consensi. Il Movimento 5Stelle ha intercettato un malcontento vero.
Persone che fino a ieri non si sono parlate oggi stanno dalla
stessa parte.
PARK-SI’-NO-FORSE
Un parcheggio è diventato a Macerata la madre di tutte le battaglie
(politiche e non). Il Comune lo vuole a tutti i costi, ma già ha i conti
traballanti e poi costa due milioni di euro, ne vale la pena? Chi si
oppone all’acquisto andrà direttamente a sottoporre il caso alla
Procura della Corte dei Conti di Ancona, ipotizzando il danno
erariale. Ma, soprattutto, questo si chiede il cittadino comune,
perché tanta volontà di acquisto per qualcosa che è già nella sostanza di proprietà comunale? Dov’è il bene pubblico in tutta questa
vicenda? Perché la vicenda scatena grandi livori? E’ solo una
questione di cifre? E l’amministrazione quando farà capire a tutti il
perché di queste scelte?
ANCHE VILLA POTENZA
E’ UNA MICROPOLI
C’è un male delle periferie? Perché i luoghi considerati “a margine”
– che non lo sono, ovvio, o almeno non nella totalità -, le frazioni
insomma, forse non collimano bene con un’idea di Bellezza che oggi
l’amministrazione tanto persegue e già data per fatta. Insomma, che
c’entra questo mix di scarsi eventi e iniziative, pochi spazi per i
giovani che non sanno come “ciondolare” se non nei bar – stiamo
parlando, stavolta, di Villa Potenza – con gli annunci di una “Micropoli” quasi “rinascimentale” quale vuole essere Macerata? I giardini
non curati, i prati spelacchiati, sono l’immagine che abbiamo sotto
gli occhi e nonostante l’attaccamento dei “villaroli” al loro territorio
sia quasi commovente.
Non che Macerata Granne sia migliore, specie nelle zone più nascoste, ma avvertiamo che il senso di appartenenza ormai è geografico
e implica talvolta esclusione. E infatti gli abitanti di Villa Potenza
considerano la “città” come una sorella maggiore, a cui rivolgersi,
ma che ricambia poco e comunque quando vuole. Nei numerosi bar
ci dicono poi che “qua si sta bene, certo ci vorrebbe un po’ più di
cura e attenzione, ma si sta bene” perché problemi sostanziali non ci
sono né qui né là, ma con la rassegnazione forse che si sia persa
un’occasione, quella di fare di questa propaggine di Macerata – da
cui si passa peraltro obbligatoriamente per via della statale da Porto
Recanati – un centro d’attenzione e di richiamo, di sosta per chi poi
prende il salitone verso il centro città. E invece sono spente le luci e
ci si accontenta delle poche manifestazioni che saranno sì valorizzate a modo, partecipate e vissute, perché qua la comunità è forte,
solida e di valori morali inattaccabili. Proprio là c’è anche il Foro
Boario, uno spazio di grandi potenzialità e di piccole prospettive,
che ospita ogni anno eventi molto al di sotto di ciò che potrebbe
offrire. C’è anche il ponte stile Calatrava, rimando ad altre bellezze,
che poco ha a che fare con i bisogni reali, anche automobilistici.
Allora la risposta alla domanda che ci siamo fatti all’inizio crediamo
che sia semplice. Se esiste un male delle periferie è perché - nonostante la coesione, anche di tradizioni e familiare, che c’è in questi
luoghi – è la stessa Macerata che forse se ne occupa il necessario, gli
amministratori pronti a non fare troppo né troppo poco, mantenendosi così nell’anonimato che non ferisce, impendendo, al momento,
di mostrare a tutti quante cose si possano fare in queste parti della
città. Ci vogliono soldi e idee, al di là da palesarsi. Per ora. (Il
viaggio nelle periferie continua nelle prossime edizioni).
IL PERSONAGGIO. “Oggi mi trovo bene qua a Villa Potenza, è un
ambiente familiare come pochi”. Rossano Traini, 63 anni, “villarolo” anche lui, ha avuto una vita piena di fatti, come succede a pochi.
“Sono andato in Australia nel ’67 con i genitori, poi sono rimasto
solo ai 18 anni e mi sono arruolato nel loro esercito”. Non sapeva,
Rossano, che avrebbe passato l’inferno del Vietnam. “Mi ci sono
voluti anni per dimenticare l’orrore. Eppure stavo alle supplies, ai
rifornimenti... non credevo, così giovane, che la vita potesse contenere tutte quelle bruttezze”. In seguito Rossano ritornò in Australia,
occupandosi di confezioni per case d’alta moda, come Production
Manager, nel ruolo insomma che sceglie tempi e metodi e ottimizza
costi e consumi dell’azienda. Si sposò nel ’79 con un’italiana di
Salerno, cinque anni di grande amore prima che un terribile male si
portasse via la compagna di una vita, e nel frattempo la coppia ebbe
due figli, Jason e Daniel, attualmente trentenni, l’orgoglio della
famiglia: uno laureato in scienze della comunicazione e oggi gallerista d’arte e uno poliziotto a Sidney. La tragedia che aveva fatto
ancora una volta capolino nella vita di Rossano non gli ha impedito
di andare avanti e testimoniare la positività dei sentimenti. Che vita
hai fatto, Rossano? “Ringrazio Dio per la salute e per i due splendidi
figli che ho avuto. Hanno preso dalla madre”. Nell’87 Rossano è
tornato in Italia per curare la madre e ha lavorato prima nelle sartorie – il suo know-how ha permesso agli imprenditori di aprire
nuove fabbriche, una a Filottrano – poi operaio a Recanati. “In
catena di montaggio e poi come magazziniere”. Le ha fatte tutte,
Rossano. Come a tutti gli esseri umani, la sorte gli ha regalato le
migliori cose e qualche volta gliel’ha tolte. Ma lui non si è mai
lamentato e ha sopportato i grandi dolori pensando che un giorno
sarebbero finiti. “Ci sono accanto, ma si può sconfiggerli vivendo
minuto per minuto, giorno per giorno”. Ecco, Rossano, anche se non
avete avuto modo di conoscerlo come noi, è quello che si chiama un
personaggio vero. Un amico di tutti, un villarolo, un esempio per
come ha affrontato le difficoltà, una grande persona.
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LA NOTTE DEI RISPARMI
Le ultime tragiche vicende riguardanti il “salvataggio” di quattro banche
italiane han fatto riaffacciare un retropensiero nascosto nella mente di
tutti noi, un pensiero che già da tempo ci sfiora, dalle vicende di Cipro
prima e della Grecia poi, o più in generale da quando ci è apparsa nella
sua ineluttabile ferocia la “Crisi”! Il pensiero si è insinuato ma è semplice:
ma non sarebbe il caso di togliere tutti i miei risparmi dalla banca?
Dal primo gennaio il cosiddetto “bail in” sarà legge, ed eventuali ulteriori salvataggi di banche in difficoltà ci vedrebbero sempre più coinvolti:
se per le quattro banche appena salvate han pagato “solo” azionisti e
obbligazionisti, la nuova legge (imposta dall'Europa, sia ben chiaro)
prevede che si ricorra anche al prelievo forzoso dei conti corrente superiori a 100mila euro. Questo è il bail in, né più, né meno, e di certo questa
prospettiva, stante la mostruosa esposizione di molti dei nostri istituti di
credito, non può che farci scattare il pensiero “e se mi riprendessi tutto?”.
E' un ragionamento che finché si limita al caso singolo tiene, visto anche
che ormai da tempo immemore i nostri risparmi non sono minimamente
remunerati, dato che i tassi di interesse o non ci sono proprio più, o sono
irrisori. Ma la domanda vera è, e se lo facessimo tutti? E' una buona arma
politica? Metterebbe davvero le banche di fronte alla proprie responsabilità, riusciremmo con questa legittima azione a far venir giù il famoso
“sistema”? Le cose non sono così semplici, ed il rischio che una scelta
individualmente saggia, e anche giusta nella motivazione e nella provocazione, diventi su larga scala un disastro incontrollabile, e che oltretutto
rischierebbe di far entrare in campo per cercar di stabilizzarlo misure
ancor più draconiane e ingiuste di quelle viste finora, è assai elevato.
Perché? Perché il funzionamento delle banche si tiene su quella che in
gergo tecnico si chiama “riserva frazionata”: gli istituti di credito sono
cioè tenuti ad avere disponibili nell'immediato il 2% (in Europa, ma più
o meno la percentuale è questa ovunque) dei soldi che hanno in deposito, e del restante 98% possono, e debbono, fare quello per cui sono nate:
prestarlo e farlo remunerare.
Quindi, se per ipotesi andassimo tutti allo sportello a ritirare i nostri
risparmi, solo i fortunati che si presentassero per primi sarebbero soddisfatti, perché la banca sarebbe in grado di restituire solo il 2% che ha
realmente in cassa, poi basta. Tutto ciò è chiaramente molto semplificato,
ma nei suoi meccanismi base è così, ed è facilmente intuibile che un'azione del genere, la corsa agli sportelli, porterebbe repentinamente al collasso e al successivo fallimento della banca. Il che, se in sé potrebbe anche
essere giudicato positivo ed anzi, potrebbe anche essere stato il fine
ultimo della nostra scelta di riappropriarci dei nostri risparmi, non ci
garantirebbe in nessuna maniera che poi qualcun altro, lo Stato o l'Europa, accorra a metterci una pezza, e ci ridia i nostri soldi. Intanto, perché
gli aiuti di Stato sono proibiti per legge, e su questo torneremo, ma anche
perché le somme da restituire sarebbero nel loro complesso talmente
enormi che nessuno ne potrebbe garantire la piena copertura.
Insomma, un azzardo. Ma soprattutto, una risposta sbagliata ad una
domanda mal posta.
Da giorni leggiamo sui giornali le opinioni più disparate su quanto
accaduto, chi è d'accordo col piano di salvataggio del Governo, chi lo
considera una sciagura, chi ritiene il Ministro Boschi in smaccato conflitto di interessi e chi no... ma nessuno, o quasi, che provi a spiegarci
perché. Perché queste banche sono andate così tanto in sofferenza, tutte
insieme, tutte adesso? Certo, malagestione e malaffare, investimenti
sbagliati, promotori finanziari senza scrupoli, l'avidità in sé delle banche
e dei loro manager... tutto spiega un poco, ma nulla spiega perché queste
banche siano fallite proprio adesso, e perché in tutta Europa ci sia un così
grande problema di sofferenza bancaria (tra l’altro, detto en passant,
Germania e Francia hanno fatto quello che a noi è stato categoricamente
proibito, ovvero hanno salvato le loro banche in difficoltà con soldi
pubblici, ma tant’è. Siamo da sempre e purtroppo il Paese più prono alle
potenze del nord, Germania in primis, e se prima stavamo solo in ginocchio, con Renzi ci siamo proprio sdraiati ventre a terra).
Lasciamo agli altri discutere su chi avrebbe dovuto vigliare, tra Banca di
Italia, Consob e Governo, e andiamo al fulcro della questione: perché le
banche italiane (dopo quelle greche, cipriote.. e insieme a tante banche
europee) sono andate così tanto in sofferenza? Gli istituti di credito
vanno in sofferenza quando i loro crediti si deteriorano, diventano cioè
difficilmente esigibili dai debitori, quindi la cosa che dobbiamo chiederci
è perché ciò sia avvenuto. Studi economici e relativi grafici dimostrano
incontrovertibilmente come l’esposizione bancaria italiana abbia iniziato
ad aumentare, fino a diventare poi di fatto pericolosa, a partire dalla fine
del 2011, da quando, grazie al Governo Monti, l’austerità imposta
dall’Europa è diventata prassi politica, portata avanti con incredibile
zelo da tutti i governi successivi (mai eletti da noi). L’austerity ha ridotto
i redditi di famiglie e imprese, che quindi si sono trovate sempre in
maggiore difficoltà nella loro capacità di restituzione dei debiti, facendo
sì di conseguenza che le banche si trovassero sempre più esposte: a quel
punto, per fare cassa, han cercato il più possibile di vendere titoli pericolosi cercando di minimizzarne, se non proprio nasconderne, i rischi
connessi, e quando poi questi rischi sono venuti a galla, insieme alla
fragilità sistemica degli istituti, è venuto giù tutto.
A tutto ciò si sarebbe potuto porre rimedio salvando le banche con
un’iniezione di liquidità, “nazionalizzandole” in qualche misura, pro
tempore o per sempre. Ma ciò implica la possibilità per un Paese di battere moneta, e di inserirla nel flusso economico del proprio Paese a sua
discrezione: ma questo ci è ormai vietato, non abbiamo più una nostra
moneta, e l’euro non siamo noi né a stamparlo, né, tantomeno, a decidere
quanto stamparne.
Nel prossimo articolo cercheremo di capire meglio proprio come euro ed
austerity siano due facce della stessa medaglia, come non esista l’una
senza l’altra (vi ricordate il vittorioso Tsipras che è andato forte e deciso
a battere i pugni in Germania dicendo “rimaniamo nell’euro ma basta
austerity!”? E vi ricordate anche com’è andata a finire? Ecco), tenteremo
di mettere a fuoco come l’euro sia lo strumento principale di imposizione di un certo capitalismo iper liberista e nello specifico di un determinato Paese mercantilista (che campa ovvero molto sulle esportazioni... chi
sarà?), e come dall’altra parte, se sei un Paese più piccolo, meno forte nei
fondamentali, e la cui economia magari si sosteneva molto sulle esportazioni, non ti rimangano che austerity, smantellamento dello stato sociale,
precarizzazione estrema del mercato del lavoro, crisi delle banche, impoverimento progressivo ed inesorabile, disoccupazione alle stelle e... e
quanto ancora permetteremo che vadano avanti?
Livia D’Andrea
Editore e Direttore Giovanni Giacchi
Contributi di:
Emanuele Binanti, Sergio Ceschini, Glauco Giglioni
Livia D'Andrea, Roberto Lendaro, Samanta Ubaldi
Pubblicità: [email protected]
T. 348.9533750
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CINEMA A CURA DI SAMANTA UBALDI
Un film di Gennaro Nunziante. Con Checco Zalone, Eleonora Giovanardi, Sonia Bergamasco,
Maurizio Micheli, Ludovica Modugno. Commedia, Ratings: Kids+13, durata 86 min. - Italia
2016. - Medusa
L'ho fatto! Anche io sono andata a vedere il film di Checco Zalone e vi stupirò dicendo che non
l'ho odiato. Non avevo mai visto i suoi film, chi mi ha convinto questa volta è stata la mamma.
A lei Zalone sta simpatico, lo trova divertente e i suoi film la distraggono, così ho pensato di
andare e cercare di capire come mai, come lei, altri 8 milioni di italiani hanno abbandonato il
confortevole divano di casa per andare al cinema. Zalone non è un idiota, ma comunque il film,
seppu non brutto, ha molti limiti narrativi. Mi sono vista anche i film precedenti a questo
punto, per la serie conosci il tuo nemico, e devo dire che è anche un attore che si è messo in
discussione e ha migliorato di molto le sue prestazione e ha fatto una selezione interessante di
attori e personaggi. L'Italia di Zalone è l'Italia raccomandata, corrotta, stupida, cieca, quella che
si arrangia e che si adatta. Checco è un italiano medio, ha un posto statale inutile, vive tra le
cure amorevoli della madre e i consigli "saggi" del padre, ha una ragazza che ama solo la sua
posizione e una suocera che vorrebbe farlo cadere nella rete del matrimonio attraverso cucine
mozzafiato. Tutto questo rappresenta ciò che non funziona, il male, per così dire, della nostra
società. Ma poi arriva finalmente al potere qualcuno che vuole ridurre gli sprechi dell'amministrazione pubblica ma che in realtà vuole licenziare ricattando i lavoratori con soldi facili come
liquidazione. Ma Checco non saprebbe essere nient'altro che un impiegato statale. Pur
scoprendo una capacità di adattamento incredibile lui non potrebbe mai uscire oltre i confini
dello Statale, neanche per amore. Zalone è bravo a mettere in scacco i difetti dell'italiano medio,
ma si sente che vuole piacere e se quando fai un film ti preoccupi di piacere e di fare cassa non
vai oltre e non fai vera satira ma giochi con alcuni steriotipi, li ridicolizzi ma rischi di rimanerne
schiacciato anche tu che un po' vorresti invece puntare il dito. A Zalone manca il coraggio e
l'intelligenza della critica che ti permette di parlare di un argomento e di una problematica
anche non trattandola direttamente. Se metto in piazza un fatto, che poi so coinvolgere anche
l'opinione pubblica, è troppo semplice lavorarci sopra. La commedia all'italiana è stata grande
e memorabile e portata avanti da personaggi importanti perché ha guardato oltre il singolo problema puntando l'attenzione su una società
tutta, su ciò che sottende e su l'italiano che è anche dentro di noi...Ecco a Zalone manca qualcosa, ma si sta muovendo bene, Quo vado? non è
terribile, è divertente e usa tecniche narrative standard ma equilibrate e ha dei bravi attori dentro. Non lo boccio ma con un po' di tristezza
capisco che la commedia riflette la società....ce lo meritiamo noi Checco Zalone?
Un film di Yorgos Lanthimos. Con Colin Farrell, Rachel Weisz, Jessica Barden, Olivia Colman,
Ashley Jensen. Titolo originale The Lobster. Fantascienza, Ratings: Kids+13, durata 118 min. Grecia, Gran Bretagna, Irlanda, Paesi Bassi, Francia 2015. - Good Films
La prima cosa che mi viene in mente uscita dalla sala dopo aver visto The Lobster è che sarebbe
stato un gran film se Yorgos Lanthimos avesse deciso di tagliarlo un po' evitando di fargli
prendere una piega claustrofobica e a tratti asfissiante. Il quarantenne regista greco ci presenta
una storia futuribile di una società che accetta tra le sue fila solo le coppie, non si parla di amore
ma di forti caratteristiche in comune, dalla miopia alla rinorragia, dalla balbuzie all'allergia. Un
contesto ipercontrollato che esclude i diversi, i single, ai quali aspetta un periodo di detenzione
riabilitante durante la quale o riconoscono i benefici della coppia e trovano in quel contesto la
loro anima gemella oppure vengono trasformati nell'animale che loro stessi scelgono come
soluzione finale. Ma in ogni regime dittatoriale che si rispetti come controparte c'è la resistenza
di un gruppo sovversivo di single che mina le basi del sistema mostrando la vacuità delle
relazioni, dell'amore effimero. David, il protagonista, rimasto single, trova soffocante la vita in
questi resort-lager e durante una missione di caccia abbandona il gruppo nel bosco e vagando
si imbatte nei ribelli, tra i quali si innamorerà veramente di una delle componenti della gang. Il
sentimento, proibito nel gruppo, è ricambiato e inizia da li per loro una strada piena di incidenti e ostacoli. Saprà l'amore essere più forte? In realtà The Lobster non parla di amore, anzi lo
deride, lo mette alla berlina e ne mostra il volto ridicolo e utilitaristico anche se lascia proprio
nelle mani di una coppia innamorata le redini della storia. Tra ambinetazioni, idea, sceneggiatura e alcune stupende scelte registiche il film fatica nel concretizzare un pensiero perchè ad un
certo punto si perde in una ridondanza, quasi barocca di particolari angoscianti ed inutili,
rendendo alcune scene opprimenti. Certo il film vive di importanti riferimenti colti, strizza
l'occhio al film d'autore, si basa su una storia originale e affasciante, ma zoppica nella scelta dei
tempi, se fosse solo stato leggermente più corto si poteva realmente parlare di un'opera interessantissima. Ma comunque, a me il film è piaciuto, sono uscita contrariata, ma la fotografia
soddisfa l'occhio e la storia stimola l'immaginazione quindi lo prendo per buono.
L’OPINIONE MIGRANTI
dei
Mentre a casa nostra continuiamo a non decidere, il Presidente dell’Uruguay Mujica sostiene che i nostri
nuovi ospiti “non sono un problema, ma la soluzione”. Con questo numero pilota che leggerete all'interno,
L’Opinione pubblicherà ogni mese un inserto unico in Italia: un giornale che parlerà dei migranti fatto dagli
stessi migranti. Vogliamo offrire un contributo contro l'intolleranza e per l'indipendenza di noi tutti
EDITORIALE
LE IMMAGINI DISTORTE
Quello passato è stato l’anno delle immagini sfuocate. Ciò che abbiamo visto è stato spesso viziato da sensazionalismi, ciò che abbiamo
letto inadeguato al fenomeno immigratorio che sta cambiando le
nostre vite. Non solo, mutano anche le percezioni che abbiamo dei
fatti. Le ragioni sono molteplici: un’eccessiva esposizione di immagini sovente montate ad arte allo scopo di colpire, nel fruitore di esse,
i sentimenti primari quali paura, rifiuto, allontanamento. Il “diverso
da sé” arriva direttamente alla pancia di chi vede o legge perché
suscita timore, e comunque sia è qualcosa che ha abbattuto i “confini” della nostra esistenza sempre più sola e meno condivisa.
In realtà le immagini o gli articoli su profughi, sbarchi e tragedie,
sono usati spesso più per creare consensi che per informare. Come
se fosse – e lo è, ma bisogna spiegarla – solo un’emergenza continua,
composta da un mix di fatti di cronaca, immagini cruente e
commenti benpensanti ma non obiettivi. Nessuno, per esempio,
spiega quanto la presenza degli immigrati sia importante, fondamentale direi, per la nostra economia (2 milioni e mezzo di occupati
stranieri, pari al 10 per cento degli occupati totali, con un Pil
dell’immigrazione che vale oltre centoventi miliardi); le persone
sono le stesse magari, ma le loro “tracce” si sono perse con la notizia
di cronaca che ha spaventato il lettore. Insomma, i migranti non
sono insostenibili a livello finanziario come vogliono farci credere le
varie propagande – spesso di politici o parapolitici che vogliono
conquistarsi un consenso facile sulla pelle degli altri – ma quel
fermo immagine continuo, sempre uguale, associato alla tragedia,
vale più, talvolta, di mille ragioni sull’immaginario collettivo. E’ ora
di cambiare le cose e fare una serena autocritica. Nel rapporto delle
Carta di Roma “Notizie di confine” presentato a fine anno alla
Camera, si è evidenziato che nel 2015 l’attenzione mediatica sulle
vicende relative ai migranti è aumentata dell’80 per cento sulla carta
e del 210 per cento se parliamo di servizi giornalistici. E’ stato l’anno
in cui gli eventi legati all’immigrazione e al terrorismo sono stati,
con banale superficialità, accostati. E’ stata anche la stagione in cui si
è cominciato a confondere, mediaticamente e senza alcun riferimento alla deontologia professionale, confini con muri. Facevano
comodo a molti queste grossolane semplificazioni, specie a chi si è
sentito in dovere di vestire i panni del tuttologo o “profeta delle
spiegazioni”, che si è così insinuato in una lacuna dei fruitori dei
media, che non erano – e non sono forse – ancora pronti per analizzare in tutta autonomia fatti che vengono da molto lontano.
La globalizzazione, hanno scoperto i telespettatori e i lettori di breve
e lungo corso, non aveva intaccato solo i mercati e gli ortaggi, ma
anche le proprie stesse opinioni sul mondo. Finalmente, diremmo!
Ma con cattivi maestri come lo sono stati stampa e tv recentemente,
gli italiani rischiano non di essere protagonisti delle proprie stesse
opinioni, ma addirittura addotti a valutazioni che niente hanno a
che fare con la loro e la nostra cultura. Questo si è verificato con
mano sia durante e dopo gli attentati parigini di novembre sia con i
numerosi sbarchi – con le numerose morti – che ci sono state
nell’anno appena trascorso. Il bambino siriano il cui corpicino è stato
trovato in spiaggia e che ha commosso milioni di persone è stato
oggetto dei più svariati commenti nei media. Soprattutto, ha impressionato. Ma pochi articoli e opinioni hanno continuato a informare,
scavando nella verità, dopo quella tragica immagine - a cui solo
alcuni ha dato un sacrosanto significato e che molti avrebbero
magari dimenticato pochi giorni dopo.
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GLI INVISIBILI
Con questo numero pilota di giornale vogliamo fornire dei nuovi
strumenti di comprensione sui temi dell’immigrazione e dell’accoglienza. Saranno gli stessi migranti a scrivere i contenuti editoriali
(la redazione va formandosi di giorno in giorno), allo scopo sia di
informare sia di poter esprimere esperienze e ricchezze individuali che molti non conoscono. C’è un diritto di espressione – e di
uguaglianza – sancito dalla nostra splendida Costituzione che
spesso non viene esercitato, perché spesso mancano “palestre” del
dialogo e interlocutori.
Vogliamo offrire un mezzo a chi crediamo sia stato, per alcuni
aspetti, più sfortunato di noi: gli “invisibili”, che ormai fanno
parte a pieno titolo della nostra società, e invece a volte – forse
quasi sempre - sono, per calcolo o disattenzione, emarginati da
ogni forma di convivenza. Ha detto Mujica, presidente uruguagio,
che “i migranti non sono il problema, ma la soluzione”: è ciò che
ci ha sempre detto la Storia, quella che alcuni benpensanti vogliono cambiare per i propri comodi, senza neanche ricordarsi che
migranti lo siamo stati sempre anche noi italiani e che in fondo
migranti lo siamo tutti.
Ecco allora che nuove esperienze, specie di chi ha sofferto, diventano una boccata d’aria fresca per una civiltà, la nostra, arroccata
su modelli anche culturali assai desueti. E la comunicazione, per
essere vera e sincera, ha bisogno di voci “diverse”, inascoltate,
originali: quelle di chi ha visto il peggio del mondo e ora aspetta
di essere ascoltato e creduto. Perché dovrebbero mai giustificarsi
della loro presenza? Di come sono? Questo loro arrivo, in un Paese
civile, si chiama ricchezza. E’ la via che abbiamo scelto di commentare e seguire.
I MINORI
MAI PIU’
ABBANDONATI
Sono cinquemila i minori “invisibili” che scompaiono una volta
arrivati in Italia. Nulla c’è di normale in questo né nella vicenda
personale di questi ragazzi, già vittime di violenze e disagi disumani. Nonostante ciò, la loro odissea continua in questo Paese che
dovrebbe essere la terra promessa e invece destina loro altre
violenze. Per mettere fine a questo scempio, che è di fatto sottovalutato anche dalle fonti d’informazione, a Messina si sono messi
insieme il Circolo Arci Thomas Sankara, la Caritas diocesana, la
Comunità di Sant’Egidio e l’Ufficio diocesano Migrantes con
l’obiettivo di formare dei tutori che sin da subito si prendano cura
dei minori che arrivano nel nostro Paese. Si creerà un albo attraverso un corso specifico. I tutori saranno poi indicati al giudice
tutelare e affiancati da esperti sempre pronti a supportare e fornire informazioni e quant’altro per dare a questi ragazzi un futuro
migliore e condiviso.
Di minori nel 2014 in Italia ne sono arrivati 13 mila e di più di
tremila si sono perse le tracce. Dato che è aumentato l’anno scorso,
con duemila arrivi in più e cinquemila minori che sembrano scomparsi nel nulla. Il corso dura quattro incontri e venti giorni: sono le
stesse associazioni a vagliare le richieste e a farsi garanti davanti
al giudice tutelare.
MESSINA – PROGETTO “TUTORI PER I MINORI STRANIERI”
Indirizzi a cui rivolgersi
Per informazioni:
·
Circolo Arci Thomas Sankara, via Campo delle Vettovaglie,
tel: 0906413919, 3351054276, email: [email protected]
·
Comunità di Sant’Egidio, Via XXIV Maggio n. 61,
tel:3405829842, email: [email protected]
7
L’EMERGENZA
SENZA FINE
I dati che ci arrivano sono sempre più preoccupanti. In quindici anni il numero
di chi ha bisogno del nostro aiuto si è quadruplicato. Sono 125 milioni di
persone vittime di guerre, carestie e disastri naturali e aumentare soltanto le
risorse per far fronte a questa emergenza è ormai chiaro che non basta più. Ci
vogliono sì più soldi – hanno calcolato che servirebbero altri 15 miliardi di
dollari per i prossimi aiuti – ma questo non sarà sufficiente a risolvere l’accoglienza di chi, per esempio, non ha più una casa, e cioè circa 60 milioni di esseri
umani, pari alla popolazione italiana. E’ gente, confermano i dati, che verosimilmente non farà ritorno nelle proprie case se non dopo una lunghissima
“anticamera” d’attesa. Cosa fare allora? Assistere i profughi in Europa ci costa
dieci o venti volte di più che farlo nei Paesi di prima accoglienza.
Come fa notare Kristalina Georgieva, vicepresidente della Commissione Europea, “adesso tutta la nostra attenzione si è concentrata sul milione e passa di
persone che sono arrivate da noi e ci dimentichiamo invece degli altri 159
milioni che in tutto il mondo hanno dovuto abbandonare le loro case”. Siria,
Afghanistan, Somalia, Sudan e Sud Sudan, Repubblica Democratica del
Congo, Myanmar, Repubblica Centrafricana, Iraq, Eritrea, la classifica dei
rifugiati è un dato statistico che non risolve la questione.
E’ un fenomeno che deve essere considerato fondamentale per il destino stesso
dell’Europa. Gli Stati e il continente tutto, che si sono ad oggi spesso rimpallati
le responsabilità, hanno il dovere di dare delle risposte, siano esse chiamate
“responsability index”, l’equivalenza in proporzione tra quanto il Paese cresce
e gli aiuti umanitari, o una politica di maggiori razionalizzazione delle spese.
Di frequente una risposta sola non c’è. Ma l’Europa può tornare ad essere se
stessa non rialzando i muri, ma svolgendo quel ruolo di guida che permettere
ai nostri ospiti di potersi integrare culturalmente ed economicamente nelle
nazioni in cui si trovano. Schengen serve a poco quando di mezzo ci si mette
la Storia.
OGNI DIECI MINUTI NEL
MONDO NASCE UN APOLIDE
Non hanno documenti e quindi neanche diritti basilari come
potersi sposare, riconoscere i propri figli o avere e dare ai figli una
cittadinanza. Sono gli apolidi, altra categoria di “invisibili”, “persone che nessuno stato considera come suo cittadino nell’applicazione della sua legislazione”. Aumentano di numero – è facile che
sia così in un mondo di persone che, fuggendo da condizioni
disumane del vivere, migra o richiede asilo – giorno dopo giorno.
E’ un problema non più evitabile, davanti agli occhi di tutti.
Secondo i dati di UNHCR sono dieci milioni in tutto il mondo
coloro che si ritrovano in questa condizione, di cui seicentomila in
Europa e 15mila in Italia. A settembre l’Italia ha finalmente aderi-
to alla convenzione ONU sulla riduzione dell’apolidia, il che
lascai ben sperare per la ratifica della legge per il riconoscimento
dello status di apolide. Ci sono troppi buchi nella normativa
attuale, come il fatto che le registrazioni delle nascite in un luogo
e con genitori identificabili dovrebbe comprovare la nazionalità
dei bimbi e invece ciò non avviene o il diritto di avere un permesso di soggiorno provvisorio, assistenza legale e garanzie appunto
per i minori, oltre che poter fare richieste senza il tutore di venir
espulsi durante. Apolidi sono profughi, rifugiati, sfollati, ma
anche chi, vittima di guerre, si è vista frammentare o dissolvere il
proprio Paese in nuovi confini.
GIOVANI MIGRANTI 2G
E’ il progetto che incentiva l’occupazione dei giovani stranieri in
Italia. Offrirà a 160 immigrati e figli di immigrati la possibilità di
avere contributi e servizi per creare attività imprenditoriali, attraverso un contributo a fondo perduto fino a un massimo di 10mila
euro. Chi ne beneficerà (le domande si possono fare entro il 29
febbraio) avrà diritto a un percorso di formazione e affiancamento
per i progetti, grazie a tutor e consulenti messi a disposizione: workshop e seminari, anche sulla gestione amministrativa del progetto.
Possono fare richiesta dei finanziamenti giovani disoccupati o
inoccupati tra i 18 e i 30 anni, residenti in Lazio, Campania o
Sicilia, che siano o cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione
Europea, titolari di un regolare permesso di soggiorno che
consente l’esercizio di attività di lavoro autonomo, o chi ha acquisito la cittadinanza italiana successivamente alla nascita. L’iniziativa è finanziata dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali.
Per info www.giovani2g.it.
8
AGAJ ALEMACO,IL CAMPIONE
(DEL MONDO) DI DUE PAESI
Ha vinto il Campionato del mondo di karate WTKA juniores imponendosi su atleti
fortissimi. Poi si è trasferito con la famiglia da La Spezia a Macerata. Abbiamo
voluto sapere il suo parere di giovane italiano e albanese
Cosa ha significato per te quel titolo mondiale vinto con una squadra italiana?
Per me quel titolo mondiale ha un grande valore, molti riconoscimenti vanno al mio
maestro Luigi Vianu dello shorin karatè che ha saputo seguirmi e guidarmi alla
vittoria. Per questo devo molto a lui e alla scuola karate italiana.
Qual è il tuo sentimento d'appartenenza al Paese dei tuoi genitori?
Sono molto attaccato al mio paese di origine, i miei mi ci portavano ogni anno e
molti dei miei parenti - soprattutto i nonni - si trovano là. Nel 2011 ho gareggiato ai
mondiali wtka di Carrara per la nazionale albanese, e devo dire che sono due
emozioni diverse, tutte e due stupende.
Ti piacerebbe ritornarci un giorno?
Mi piacerebbe tornarci un giorno perché comunque sento una grande appartenenza al mio paese d’origine, in più sarebbe realizzare un desiderio dei miei genitori.
Come pensi che l'Italia tratti i suoi figli "acquisiti" cioè di seconda generazione?
Penso che l’Italia dia molte opportunità, sta a noi figli acquisiti coglierle e sfruttarle
al massimo. Ci sono moltissimi ragazzi integrati benissimo e trattati come figli
italiani, questo soprattutto nello sport, che dovrebbe essere secondo me d’esempio
per molte persone che su questo argomento hanno le idee poco chiare.
ALEMAKO AGAJ KAMPION
BOTROR PER DY SHTETE.
Ka fituar campoinatin botror ne karate WTKA, duke qene nje atlet shume i forti.
Pastaj eshte trasferuar me familien nga La Spezia ne Macerata.
Per te informuar me shume per kete te ri italian e shqipetar, i kemi bere disa pyetje:
-Cfar kuptimi ka per ty titulli botror i fituar me nje skuader italiane?
Per mua ky titull botror ka nje vlere te madhe, mirnjoja me e madhe i vete mesusit
tim Luigi Vianu per Shorin Karate, qe ka ditur te me mesoj dhe te me ndjek deri ne
fitore. Per kete un falenderoj shume ate, dhe shkollen e karates italiane.
Cilat jan mendime e tua, per vendin tend, dhe te prinderve te tu?
Jam shum i aferm me vendin tim te orgjines. Prindrit me conin cdo vite te te afrmit
dhe gjyshrit qe ndodhen atje. Ne 2011 kam bere gare per botrorin WTKA ne Carrara, per kombetaren shqipetare, e per kete dua te them qe jane dy emocione te ndryshme, qe te dyja shume emocionuse.
Te pelqen te kthesh nje dit?
Me pelqen te kthem nje dite, se une e dua vendin tim, e keshtu realizoj edhe nje
deshir te prinderve te mi.
Si mendon qe Italia i trajton femjet e tij (xheneracionin e dyte)?
Mendoj qe Italia jep shume mundesi per kete, ne duhet ti shfrytzojem ne maksimum.jane shume femije (te rinje) te integruar shume mire, dhe te trajtur si femij (te
rinje) Italian. Kjo vencarisht ne sport, qe si mbas mua, duhet te jete nje shembull, per
shume te tjere, qe ne kete drejtim bejen pak.
9
“LA COMUNITA’ ALBANESE E’ LA PIU’
INTEGRATA D’EUROPA”
Intervista a Bendaj Jonuz, coordinatore della comunità albanese, da
ventanni in Italia. L’abbiamo incontrato a Recanati. Un viaggio
nell’integrazione di oggi e di ieri.
“Una mamma mi ha fatto nascere, una mi ha fatto crescere”. Bendaj,
questo bellissimo detto me lo hai insegnato tu.
E’ il significato vero dell’integrazione. Abbiamo due mamme e
siamo riconoscenti a entrambe. Ci sentiamo sia albanesi che italiani.
Non abbiamo dubbi in merito, è il cuore che parla.
Ci racconti la tua storia?
In Italia sono arrivato da clandestino a Brindisi, pieno di sogni e
speranze, pagando per giungere sin qua e lavorando subito nell’agricoltura. Potevo così perfezionare la lingua. Ci siamo integrati da
soli, senza aiuti. Ho fatto il muratore (nel frattempo mi ero spostato
nelle Marche), poi sono stato in fabbrica, dove ho preso la patente
per guidare automezzi pesanti. In seguito ho lavorato per una ditta
di trasporti internazionali e per i soccorsi stradali Aci.
Come hai cominciato la trafila per diventare anche italiano?
Con la sanatoria del ’98 secondo la quale chi stava in Italia doveva
presentarsi per ottenere il permesso di lavoro subordinato. Dopo
sei-sette anni ho chiesto la carta di soggiorno, che è europea e mi
consentiva di stare in Italia a tempo indeterminato. Ovviamente a
delle condizioni: che si lavorasse durante la richiesta e presentando
garanzie economiche tra le quali le tre precedenti buste paga. Poi mi
sono sposato in Albania, mia moglie è venuta qua con il ricongiungimento familiare e i miei stupendi figli sono nati qui. Dopo dieci anni
ho chiesto la cittadinanza e l’ho avuta recentemente.
Venti anni dopo che sei arrivato.
Sì, ho fatto molti sacrifici ma sono arrivato al mio obiettivo: sentirmi
e fare parte di due Paesi. Il mi sogno si è realizzato e anche per i miei
figli. Se non fosse che oggi, con la crisi, un po’ tutto è cambiato.
Cosa ti aspetti oggi?
Oggi in Italia non c’è posto per integrare gli integrati. Penso che
nonostante tutti questi anni di sacrifici valga la pena di provare ad
andare in Europa. E’ quello che pensano molti della comunità che
rappresento, disposti a trasferirsi in Paesi con meno burocrazia e, se
mi consenti, più assistenza per i propri “figli”. Vogliono andare in
Gran Bretagna, Norvegia, Svezia, Germania… Paesi dove ti puoi
creare un futuro. Oggi qua da noi è impossibile. Bisogna veramente
dire che chi è integrato completamente non è assistito da nessuno.
Ma mi dico: tu, Italia, hai speso per me, hai investito sulla mia formazione e integrazione, e ora mi lasci andare?
Non c’è più lavoro?
C’è poco da fare – anche per noi italiani! – e si vive alla giornata. Non
può continuare a lungo. Vorremmo che oggi il nostro rapporto stretto con l’Italia fosse più solido.
Com’è la comunità albanese nelle Marche?
Saremo circa 5-6mila persone, siamo la comunità più integrata di
tutte. Siamo un popolo di vecchia origine e di valori solidi, come
abbiamo potuto dimostrare tutti questi anni. Siamo grandi lavoratori e la quasi totalità è integrata completamente. Ma molti vivono in
situazioni di difficoltà. Vorremmo avere l’aiuto che si sta dando a chi
arriva oggi! Ma siamo lasciati troppo soli. E in molti in questi giorni
non lavoriamo.
Hai qualche hobby particolare, al di fuori del lavoro?
Sono impegnato in politica con il Pd. Conduco un programma su
Radio Erre di Recanati, il cui direttore è Astelio Tubaldi. E’ un
programma di musica polifonica tradizionale albanese, che è una
musica protetta dall’Unesco di straordinaria bellezza.
KOMUNITETI SHQIPETAR ME INTEGRUARI NE EUROP.
Intervista e Jonus Bendaj.Kordinator i komunitetit shqipetar per 20
vjet ne Itali e takuam ne Recanati. Nje udhetim integrazioni dije e
sot.
"Nje Mama me ka lindur dhe nje tjeter me ka rritur" Bendaj kjo ishte
thenia e ti e pare ne kete takim.
Eshte nje kuptim i vertet i integrazionit kemi dy mama e qe te dyja
te njhura. Ndihemi shqiptar dhe Italian. Nuk kemi dyshim per kete
qe themi se esht zemra qe flet.
A mundet te na tregoni historin tuaj?
Ne Itali erdha si kandestin ne brindesi plot me enderra e shpresa,
paguar per te harritur deriketu, e fillova te punoja ne buqesi, keshtu
mesova edhe gjuhen, jam integruar vet pa ndime. Pastaj punova si
murator (nderkohe u trasferova ne zonen marche) me vone fillova
pune ne fabrik, ku aty mora dhe patenten per kamion, mbasi mora
patente fillova pune ne nje dite trasporti nderkomtare,dhe per socorsi rrugore ACI.
Si e ke filluar per te integruar, qe te behesh dhe italian?
Me sanatoria te 98 simbas te ciles kush ishte ne itali per te marre
prezantonte duhet te presantonte dokumentat. Mbas 6,7 vjetesh
kerkova karta di sogiorno, qe eshte europea,e me pelqente te rria ne
Itali per gjithmon. Kete e realizova mbasi punoja dhe kisha dokumentat qe kerkonin. Pastaj shkova ne shqiperi ku dhe u martova,
dhe gruaja erdhi ketu me dokumentat per bashkim famigliar. Mbas
10 vjetesh kerkova nenshtetesin italiane, dhe kete e mora.
20 vjet me mbrapa se ke ardhur?
Kam bere shume sakrifica, qe kam harritur obietivat e mia: Nihem
qe bej pjes per dy vendete.
Enderra ime eshte qe te realizohet dhe per femijet e mi. Sepse sot per
krizen qe nododhet, shume gjera kan dryshuar.
Cfar pret sot ?
Sote ne itali nuk ka vente per te integruar itegrantit. Dhe per kete
mendojem te largohemi ne vende te tjera te Europes. Kete e mendojen shume veta, persona, na komunitaja qe perfaqesoj. Per tu
trasferuar ne vende me me pak buroktaci, dhe me me shume
asistenc per "femijet".
Duhan te largohen ne Britanin e Madhe, ne Norvegji, Svizer e
Gjermani... vende ku mundete te ndertoshe nje te ardhme. Sote Ketu
te ne eshte e pa mundure. Duhet te thuash me te vertet, se je i
integruar... Prandaj un them: ti, Itali qe ke shpezuar per mua, ke
investuar per formazionin e integrazion tim tani me le te iki?
Nuk ka me pune?
Ka pak per te bere - edhe per ne italianet! Nuk munde te vaxhdohet
gjate.
Si esht komunitet shqipetar ne Marke?
Jemi gati 5/6 mije, jemi komuniteti me i integruar nga te gjithe. Kemi
vlera te mbedhaja, te cilat i demostrojem, e i kemi dimostruar ne te
gjitha keto vite. Jemi puntor, dhe te inegruar tersisht. Shume jetojen
ne situacion te veshtire, per kete duam qe te ndimohemi. Se pse jemi
lene vetem. Dhe shume nuk punojen.
Ke ndonje impenjim tjeter jashte punes?
Merem me Politik ne P.D. Prezantoj dhe nje Radio ERRE ne Recanati, ku drejotri eshte ASTELIO TUBALDI. Eshte nje program me
muzik polifonike tradizionale shqipetare. Eshte nje muzik e mbrojutr nga unesko.
10
IL MONUMENTO DEDICATO A GJERGJ KASTRIOTI SKËNDERBEU
A PORTO SANT'ELPIDIO
È stato il fondatore della Lega di Lezha, prodromo dell'Albania, unì i principati d'Albania e dell'Epiro e resistette 25 anni ai tentativi di
conquista dell'Impero ottomano. Difese l'Albania, nonché l'Europa e i suoi valori morali e religiosi cristiani, dall'invasione turca; per tale
motivo ottenne da Papa Callisto III gli appellativi di Atleta di Cristo e Difensore della Fede ed è da sempre considerato l'eroe nazionale
dell'Albania e degli albanesi nel mondo".
NATALE GUS. DICEVA GIANNI RODARI:
"Se ci diamo una mano i miracoli si faranno e il giorno di Natale durerà tutto l'anno"
11
VENTO DA SUD-EST, I SOGNI E LE PAURE
DI QUATTRO CUGINI MALIANI
NOTE DI REGIA
Qual è la reazione di una famiglia borghese quando ospiti
non attesi bussano alla porta? Prendendo spunto dal film
“Teorema” di Pier Paolo Pasolini, che poi diventò romanzo,
Angelo Campolo ha messo in scena a Messina uno spettacolo – “Vento da Sud-est” si è articolato in tre tappe – in cui
realtà e finzione mischiano le loro carte in un connubio affascinante. Sì, perché i protagonisti, oltre al cast del DAF-Teatro dell’Esatta Fantasia di Giuseppe Ministeri, sono proprio
loro, quattro cugini arrivati dal Mali e ospiti del centro per
minori migranti “Ahmed” della città siciliana.
In un passo di “Una stagione all’inferno” di Rimbaud letto
durante lo spettacolo, in francese che è lingua parlata in quel
Paese di provenienza dei novelli attori, si dice: “Per le
strade, nelle notti d'inverno, senza dimora, senza abiti,
senza pane, al mattino avevo lo sguardo così perso e un
aspetto così smorto che quelli che ho incontrato forse non mi
hanno visto”. Gli “invisibili” ora invece calcano la scena,
portando le paure, i desideri e i sogni – tra Occidente e
Nuovo Mondo – al loro apice. Non a caso la prima è stata a
Messina, una delle città che più ha accolto e accoglie realtà
di questo genere, che vive sulla propria pelle i problemi e le
soluzioni dell’immigrazione, quelle spontanee e che appartengono più al cuore che alle leggi. Un porto franco dove le
problematiche – ma anche le gioie – sono a disposizione di
chiunque ogni giorno e le risposte non sono scontate.
Il gran successo dello spettacolo ha sottolineato quanto sia
attuale fermarsi a riflettere sulle nostre paure borghesi e
quanto sia importante sperimentare nuove vie d’accoglienza
e integrazione. Ha detto Campolo di aver “ provato a narrare
la trama di “Teorema” di Pasolini, come fosse una fiaba. Uno
straniero senza nome, un ospite che bussa alla porta e
magicamente migliora la vita della famiglia che lo accoglie.
Al suo addio, però, la famiglia è invasa da un dolore devastante che spinge il padre ad abbandonare tutto e fuggire nel
deserto”. Lo stesso deserto da cui sono arrivati i ragazzi
maliani.
Vento da Sud-Est
regia: Angelo Campolo
drammaturgia: Angelo Campolo e Simone Corso
movimenti scenici: Sarah Lanza
scene e costumi: Giulia Drogo
progetto video: Danilo Currò
con: Patrizia Ajello, Luca D'Arrigo, Bella Aigbedion
Glorynittes, Michele Falica, Antonio Vitarelli, Claudia
Laganà, Giuliano Romeo, Gotta Juan, Dembele Ousmane, Dawara Moussa Yaya, Camara Mohammud e Fasasi
Sunday
Produzione DAF-Teatro dell’Esatta Fantasia con la
collaborazione del Teatro di Messina
di Angelo Campolo
“Quando sarò felice mi fermerò, lì dove sarò felice
sarà il posto in cui vorrò stare”
Dove sei Pierpaolo? “Sono pieno di una domanda a cui
non so rispondere”. Chiudevi con queste parole il tuo
romanzo “Teorema”, mezzo secolo fa. Quella domanda
oggi è un gigantesco groviglio che pesa sul nostro
futuro. Corrosi dall’ammirazione, dall’odio e dall’invidia
nei tuoi confronti per il coraggio che avevi nell’impattare
con la vita con disperata vitalità, assumendoti in prima
persona tutti i rischi che comporta una scelta del
genere. Un coraggio che sembra scomparso, impossibile addirittura da immaginare per chi è strutturalmente
educato a tenersi a debita distanza dal fare esperienza
diretta delle cose. Preferiamo “archiviare” e poi,
all’occorrenza, “condividere”. Lontani dal pericolo, dal
rischio, in attesa che le acque si calmino e qualcosa,
magari, torni come prima. Chissà. Fuori, intanto, c’è un
ospite “biblico” che bussa alla nostra porta. Spinto da
motivazioni che, al momento, sembrano non riguardarci. Non è più l’ospite bello, biondo e provocante del tuo
“Teorema”, venuto a “dimostrare” come il ceto borghese sia incapace di comprendere il verbo “sacro”. I nostri
ospiti sono tanti e vengono dall’inferno, non dal paradiso. Proprio come tu avevi predetto.
“OLIO VINI MERENDE”
LE BONTA’ IN UN SOLO POSTO
L'idea è di quelle che piacciono a chi fa attenzione al buon cibo e alla filiera del territorio.
L'ha avuta Leonardo Ferranti, che con la famiglia è già stimato produttore di olio e ha
voluto aprire al centro di Urbisaglia un locale attraente e affidabile. E' diventata una vetrina per i prodotti di qualità dell'oleificio Piccinini ma anche un punto di ritrovo per le
degustazioni delle eccellenze enogastronomiche del territorio: legumi e pasta (Bartolini,
citiamo qualche nome per dire la qualità), miele (San Giorgio), salumi (Guglielmi). Il chilometro zero è sempre più in voga. E vale anche per i vini, da provare con bruschette,
panini e taglieri di rara bontà. Le cantine Murola, Sant'Isidoro e Saputi, tutte del circondario, hanno già una loro meritata fama, ma mancava questa vetrina accogliente al centro
della cittadina. Un punto di ritrovo obbligato per chi vuole degustare il meglio di questa
terra e anche un inno alla cordialità: non dimentichiamo infatti che il locale di Leonardo è
sempre disponibile al foodsharing, ovvero quello che si faceva una volta, portare il cibo da
casa, condividerlo e alle bevute e all'organizzazione ci pensa il locale. Un modo nuovo di
dare servizi che ha conquistato già molti clienti. Irrinunciabile il locale e anche gli oli
extravergini di Piccinini, di cui Ugo Tognazzi non poteva fare a meno (lo scrisse anche in
una lettera, complimentandosi per l'alta qualità dei prodotti): il classico Piccinini, fatto di
Leccino e ottimo per pasta in bianco, risotti, verdure e bruschette, il Torre Matigge, fatto
di Moraiolo e adatto a pesce, verdure, pasta e risotti (è un podere umbro che la famiglia
ha da cinquantanni). Un viaggio nella bontà.
OLIO VINI MERENDE, CORSO GIANNELLI 14, URBISAGLIA
NEL CUORE DELLA REGIONE MARCHE, UN RISTORANTE E BED & BREAKFAST DI CHARME
Le Marche.
la montagna, la cultura, la storia, prelibate particolarità enogastronomiche (forse men
a portata di mano: la nostra Locanda Le Logge a Urbisaglia (MC), nel cuore delle Marche, è a mezzora dal mare Adriatico e a mezzora dal Parco Nazionale dei Monti
fiato...
Locanda Le Logge.
La Locanda Le Logge è un ristorante e bed & breakfast di charme, che rinasce nei prestigiosi ambienti di Palazzo Brunelli, le cui affascinanti logge hanno sempre
marchigiana. Negli ambienti comuni è disponibile una connessione Wi-Fi gratuita.
importante del territorio maceratese, ideale punto di partenza per scoprire il cuore delle Marche.
Euro 99,00 a persona, alta stagione
Euro 79,00 a persona, bassa stagione
Grande offerta fino al 15 dicembre:
- Un antipasto abbinato
ad un bicchiere di prosecco
- Un primo abbinato
ad un bicchiere di vino bianco Giannelli
- Un secondo abbinato
ad un bicchiere di vino rosso Nerone
20 euro a persona
www.locandadellelogge.it)
"STATALE 78”
RISTOPUB: CIBO, MUSICA ED OTTIMA BIRRA ARTIGIANALE Sempre sulla cresta dell'onda, Statale 78 a Colmurano riapre la stagione 2016 con una serie di concerti live, dall’appuntamento di Carnevale, alla
grande festa del suo primo compleanno di metà febbraio. Perché questo successo? Per il fatto che Statale 78 offre proprio tutto, da una scelta di carni
(a griglia e barbecue) di grandi qualità e a chilometro zero, alla possibilità di ascoltare musica dal vivo dopo la cena. E' la tendenza principe di oggi
dare al cliente l'opportunità di passare l'intera serata degustando ottimi cibi, straordinarie birre artigianali - al risto-pub, oltre alle birre del Mastio,
ne hanno una cinquantina sia italiane che estere, dalle profumate e luppolate americane a quelle belghe a fermentazione spontanea - e gustandosi
magari anche musica live di grande impatto. Merito dei fratelli Sebastiano e Lorenzo Nabissi, che hanno trasformato un “gioco”, quello di essere
esperti e produrre poi birra, in una attività imprenditoriale conosciuta ovunque.
STATALE 78 è il locale dove si ritrovano appassionati ed esperti, innovativo nel concept,
che si trova appunto lungo la SS 78 a Colmurano e riprende il nome della gloriosa
Route77 americana, fra l'altro il nome di una delle birre primogenite che ha reso celebre
il Birrificio, dove il cliente – sarebbe meglio dire l’ospite o amico – non fa fatica a “scendere subito in campo” abbracciando questo senso di condivisione e amicizia che si avverte
nel locale. La proposta al pubblico dei cibi è fatta da un menù che punta sullo streetfood
ed il gastrofood di qualità: un servizio che nasce come “facile e veloce”, ma la selezione
deve essere rigorosissima! Infatti col termine Gastrofood si intende una cucina ricercata
nella scelta delle materie prime che strizza l’occhio alla golosità dei piatti preparati con
cura e scrupolosità. Da non perdere.
http://www.birrificioilmastio.com/statale78/
Risto-pub Birreria StatAle78 - Contrada Fiastra 74, Colmurano (MC) - Tel +39 0733 1991640 - Orari 18.00 – 02.00
14
IL PARERE DI LAURA
I L V A L O R E A G G I U N T O informati sulle innovazioni e gli adempi- l'utilizzo di prodotti rispettosi delle fibre,
Quante volte sentiamo ed utilizziamo il
termine “artigiano” o l'aggettivo “artigianale” nel parlare comune? Se ci soffermiamo
sul significato del termine, potremmo
scoprire alcune sfumature a noi nuove,
impensate. Infatti l'artigiano è colui che con
strumenti propri e col proprio lavoro
manuale, produce beni di uso comune. La
parola “bene” identifica non solo l'oggetto
materiale che posso maneggiare, ma anche
più ampiamente una serie di servizi di
comune utilizzo quotidiano.
Come il falegname costruisce un armadio, o
il fornaio sforna pane e dolci, alla stessa
maniera è artigiano colui che presta il servizio alla persona, sia in termini di trattamenti per migliorare la salute e l'aspetto fisico,
nonché la ripulitura e la rigenerazione degli
indumenti o arredi per la casa, che ci
permettono di ottenere buone condizioni di
vita.
Poiché ciò non è raggiungibile semplicemente acquistando questo o quel dato
prodotto, l'opera del professionista del
settore risulta indispensabile. E' infatti
impensabile che esca dalle mani di un
artigiano un prodotto/servizio uguale ad un
altro; è invece evidente un ottimo risultato
di lavoro rispetto ad un esito piuttosto
mediocre o simile a quello che posso ottenere fra le mura domestiche, improvvisando
con i propri mezzi. Il valore aggiunto è
proprio questa differenza in termini di
risultato, che in qualche modo pone la firma
del professionista. I più attenti fra questi,
reputano indispensabile il confronto con chi
come loro svolge la medesima professione
all'interno del settore e, attraverso le
associazioni artigiane e di categoria, periodicamente si organizzano seminari e corsi
di aggiornamento non solo per fare il punto
sullo stato dell'arte, ma anche per restare
menti che regolano il settore.
Personalmente, sono sempre stata attenta a
queste iniziative rivolte alla crescita professionale, in quanto credo che avere imparato
molto non significa sapere tutto e tanto
resta ancora da discutere e da migliorare.
Infatti, differenziarsi nell'offerta dei servizi
e distinguersi nel proprio contesto sono le
motivazioni che mi spingono alla ricerca di
sempre nuove tecnologie al passo con i
tempi, talvolta anche da pioniera. Sono
senza dubbio la prima nella provincia ad
avere sottoscritto la “Carta etica del pulitintore”, contributo alla professionalità
rilasciato recentemente dall'”Associazione
italiana puliture a secco e tintorie” alla
quale sono associata e membro del Consiglio Direttivo assieme ad altri nove colleghi,
che conferma il valore professionale dell'esercizio.
dell'ambiente e della sicurezza dei lavoratori. Esso inoltre, certifica che il personale è
attento alla verifica delle etichette di manutenzione dei capi che prende in accettazione, segno di una conoscenza tecnica riguardo le diverse tipologie di tessuti e le conseguenti modalità di lavaggio; pertanto gli
impianti e le attrezzature risultano tecnologicamente innovativi, quanto la organizzazione stessa del lavoro e che la frequenza ai
corsi di aggiornamento professionale è
costante.
Questo è uno strumento studiato appositamente per distinguersi sulla piazza da chi
non dimostra apertura alla innovazione ed
alla formazione, visto che non si riesce
ancora a raggiungere il numero minimo di
partecipanti per far partire i corsi di formazione, segno che per i più l'istruzione non
rappresenta una priorità. E' importante
perciò, dare il messaggio alla clientela che le
lavanderie non sono tutte uguali e chi ha
una particolare sensibilità nei confronti
della qualità del servizio offerto ai propri
clienti è giusto che sia riconoscibile.
D'altronde il cliente sa da sé riconoscere
questo valore aggiunto e la Carta Etica
intende proprio stilare nero su bianco,
l'importanza morale che rappresenta l'esercizio di una professione rendendone partecipe il cliente, suscitare in lui interesse e
riceverne il consenso, fidelizzandolo.
Via Roma, 46/50
62100 MACERATA
Tel. 0733/262107
Tale certificato attesta la qualità dei trattamenti che vengono effettuati sui capi,
Dal lunedì al venerdì
orario continuato 8-20
il sabato 8-13
L'OPINIONE DI FABIO ANDREOZZI
Il nostro è un mestiere in cui bisogna essere molto attenti ai "segnali" della clientela. Potremmo dire che
siamo "flessibili" perché sì non abbandoniamo mai la strada maestra della qualità dei prodotti, una scelta
irrinunciabile per avere gradimento nel tempo, ma anche con l'attenzione alle domande e ai gusti di chi
consuma. Così, per esempio, nell'offerta a tavola, specie a pranzo, che "miriamo", nei cocktails che prepariamo, addirittura nell'acquisto dei vini che proponiamo. Certo, è abilità del gestore - che deve conoscere
fino in fondo la qualità di cibo e vini e non può improvvisare come purtroppo sempre più spesso accade offrire "una direzione" e una possibilità di scelta al cliente, ma questa è appunto figlia di quei "segnali"
di cui parlavo prima. I gusti cambiano e ci vuole una grande sensibilità da parte nostra a cogliere quali
siano le variazione e dove si debba andare. Oggi specialmente, in un'epoca in cui le scelte sono molto
accurate e volute. Ecco, bisogna essere un po' psicologi, ma questo si può fare solo se si è attenti e ci si è
guadagnata la fiducia del cliente.
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TUTTE LE STELLE DEL JAZZ
Torna al Lauro Rossi “Macerata Jazz”, da sabato 30 gennaio a venerdì 18 marzo.
Ecco il calendario dei principali appuntamenti: Fabrizio Bosso (30 gennaio),
Massimo Moriconi e Massimo Manzi (12 febbraio), Michael Blake (26 febbraio),
Roberto Gatto (11 marzo), Enrico Rava e Gianluca Petrella (18 marzo).
La rassegna è ideata e diretta da Musicamdo Jazz con il contributo del Comune.
“Il fil rouge quest’anno è l’incontro artistico tra i big del jazz e i talenti in erba spiega il direttore artistico Daniele Massimi- Accanto ai grandi troviamo infatti
alcuni dei giovani messi in luce dal maggior concorso italiano per nuovi talenti
del jazz, il Premio Internazionale Massimo Urbani di Camerino: Julian Oliver
Mazzariello, Seby Burgio, i gemelli siciliani Giovanni e Matteo Cutello di appena
17 anni, Alessandro Lanzoni, Alessandro Presti e Gianluca Petrella. Oltre a loro
altri giovani jazzisti incredibilmente talentuosi a testimonianza della salute del
jazz italiano come Giovanni Guidi, Gabriele Evangelista, Francesco Diodati,
Enrico Morello». Anche Il Pozzo, storico club del jazz maceratese, ritorna alle
sue origini con una serie di concerti. Costi: Abbonamento Intero 60 euro, Abbonamento Ridotto 40 (Studenti UNIMC e UNICAM, soci Marche Jazz Network),
Biglietto Intero 15, Biglietto Ridotto 10, tutte le info su www.musicamdo.it
IMPLANTOLOGIA, SUBITO E SENZA DOLORE CON IL LASER
La scienza fa passi in avanti per mettersi al servizio di chi ne
ha bisogno. Quello che sembrava impossibile fino a pochi
anni fa, oggi è realtà: parliamo dei grandi progressi che ha
fatto l’implantologia dentale. Oggi è possibile in un solo
giorno estrarre denti irrimediabilmente compromessi, creare
un’anatomia ossea e gengivale ad hoc e inserire impianti
senza dolore e denti nuovi.
Un processo che si chiama “carico immediato” e non va a
sostituire il metodo classico se non nei tempi (si potrebbe
dire, per riassumere, che un anno di trattamenti si riduce a un
giorno) e nell’uso del laser che consente al paziente di non
provare dolore così come accedeva prima. “Carico immediato” significa mettere una protesi fissa nelle ventiquattro ore
successive dal posizionamento dell’impianto. Perché tanto
successo ha avuto questa tecnica negli studi odontoiatrici?
In primo luogo per l’uso di nuovi materiali da intervento estetici e di nuova generazione, più tecnologia capace di adattarsi alle esigenze dei pazienti, e anche per una progettazione
via computer che permette una ricostruzione preventiva in
3d. Inoltre, bisturi e punti di sutura, con le nuove tecniche,
possono essere dimenticati e questo è sicuramente un bel
vantaggio. In sostanza si evitano tempi lunghi, molti interventi
dolorosi per il paziente e fastidi che durano un anno.
Da sottolineare anche che i costi con le nuove tecniche sono
più bassi, grazie alle nuove tecnologie e al tempo risparmiato:
è un particolare di non
poco conto che può così
favorire sia il cliente sia la
professionalità di chi opera.
Perché il saper fare bene il
proprio lavoro è alla base
di ogni scelta da parte del
paziente.
Studio dentistico Cesare Tallè
via Montemilone 4
Casette Verdini di Pollenza
mail: [email protected]
Tel: 0733 202171
388 8389690
I migliori
Auguri di Buon Anno
ai nostri clienti
e ai lettori del giornale!