giornalino febbraio 2010 x agostino

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giornalino febbraio 2010 x agostino
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I COMPLEANNI DEL MESE DI FEBBRAIO
Auguri a:
Piombo Giuseppina 1 febbraio
Negri Agnese 5 febbraio
Sala Romano 5 febbraio
Beretta Camilla il 10 febbraio
Pozzi Marco 10 febbraio
Brambilla Ferdinando 13 febbraio
Valagussa Armando 15 febbraio
Spreafico Natalina 20 febbraio
Maggi Albino 28 febbraio
Crippa Bianca 28 febbraio
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Ricordando…
Coro bambini scuola materna di Valaperta
Per la casa di riposo di Monticello le feste di Natale si sono prolungate fino al
10 gennaio, giorno in cui sono venuti a farci visita i bambini della scuola materna di Valaperta, accompagnati da maestre e genitori.
È stato fantastico vedere grandi e piccini cantare insieme per noi!
Per ringraziare i nostri ospiti di questo lieto incontro abbiamo preparato una
merenda davvero speciale a base di panettone per i più grandi e di cioccolato
per i più piccoli!
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Merenda speciale
Giovedì 21 gennaio abbiamo trascorso un piacevole pomeriggio accompagnati
dalla musica di Ambrogio e dalla voce di Paolo.
Tra una canzone e l’altra abbiamo potuto gustare una deliziosa merenda a base
di pane e marmellata.
Dopo aver tanto parlato nel mese di gennaio degli agrumi, abbiamo voluto assaggiare le marmellate al mandarino, alle arance rosse e quella alle arance amare.
I nostri ospiti hanno così commentato:
la differenza di sapore tra un gusto e l’altro non era poi così profonda, comunque ci è piaciuta tanto questa merenda insolita...
Coro Aido di Giussano
Anche domenica 24 gennaio la Casa di riposo ha fatto festa, grazie alla presenza del coro Aido: un numeroso gruppo di persone ha allietato il pomeriggio dei
nostri ospiti e dei loro parenti con voci, strumenti musicali e danze .
Molte sono state le canzoni della tradizione con cui il coro ci ha rallegrati, ma il
momento più divertente è stato quando un membro del gruppo con una finta
ballerina attaccata alle scarpe ha fatto il suo ingresso in salone ed ha danzato a
ritmo di musica.
A dimostrazione del fatto che gli ospiti hanno molto apprezzato la festa, alcuni
di loro si sono lamentati quando è arrivato il momento di tornare in reparto per
la cena, dichiarando che il pomeriggio fosse passato troppo in fretta!
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L’angolo della tradizione brianzola…
Il risotto di Sant’Agata
Non c’è bisogno di spiegare come il formaggio grattugiato sia l’ultimo tocco di
abbellimento per insaporire un piatto di risotto alla...brianzola.
Ecco che cosa avvenne a Monticello nel 1902, il mercoledì 5 di febbraio, festa
di Sant’Agata.
Era nevicato tutta la vigilia fitto fitto. Il giorno della festa fu caratterizzato da
pioggia gelida che aveva ridotto al minimo le manifestazioni tradizionali con
scarsa affluenza delle donne dai paesi vicini, pregiudicando seriamente la sagra
del pomeriggio con i firunatt (venditori di castagne al forno) e gioegh de la balutera. Dicevano le donne che andavano alla messa prima, quella delle cinque:
“Che dì del diavul! Se ved propi che ul Padreterno incoe l’è rabiaa.”
In tal modo la prima grande festa popolare dell’anno a Monticello non fu certo
la consueta occasione per uscire di casa a ciappà una bucada de aria noeva,
ma un ennesimo motivo per starsene accanto al fuoco.
Così anche per i Manzitt, un grosso ceppo che a quei tempi faceva il bello e il
brutto tempo a Casirago.
La regiura Mentina aveva da tempo deciso di invitare tutti quelli del parentado
al disnà (pranzo di mezzogiorno) de Sant’Agata. Avrebbe fatto il risott cun la
luganiga e con sopra una bella nevicata di formaggio grattugiato (il cosiddetto
“Furmai di Anger”). Così sarebbero rimasti tutti al caldo per l’intero pomeriggio.
A quei tempi ul risott de Sant’Agata veniva preparato, come da tradizione, in
questo modo: si soffriggeva nel lardo un poo de miula de manz (midollo di
manzo) e una cipolla tritata. Poi si metteva il riso. Come questo si era abbrustolito, si aggiungeva brodo di gallina e si lasciava cuocere il tutto a fuoco leggero, continuando a mescolare cunt ul cugialott de legn. A metà cottura si mescolava la luganiga (salsiccia) a pezzetti. Il formaggio grattugiato lo si aggiungeva
all’ultimo momento.
Addetta alla cottura era sempre la padrona di casa e così fu anche per quel 5 di
Febbraio del 1902.
Incaricarono la marea de cà (la zitella di casa) di mondare i grani del riso. La
donnetta, seduta sulla madia con una enorme basleta (tarifferia) sulle ginocchia, svolgeva il suo delicato compito con efficienza. Il suo occhio grifagno
non solo scopriva i residui di pula e gli involucri dei grani, ma anche i chicchi
spezzati o maturati male, che la sua mano magrissima come quella della morte
raccoglieva e deponeva in una ciotola di legno per darli poi ai pulcini. La marea era abilissima nel far saltare il riso per liberarlo con sapienti soffiate anche
dal pulviscolo. Era piacevolissimo sentire lo scroscio dei grani che
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ricadevano in de la basleta. Non un chicco andava disperso.
Il regiuu aveva preparato ai lati del focolare tanti piccoli ciocchi secchi di robinia che avrebbero mantenuto il fuoco vivace, senza fare fumo e senza costringere la vecchia ad aggiungere ramaglia ad ogni momento. Ormai era quasi tutto
pronto.
Tutti i commensali erano allineati ai loro posti assegnati ed attendevano in religioso silenzio che la Mentina esclamasse trionfante: “L’è prunt!”. I loro succhi
gastrici ormai erano in fermento. Si sentivano soltanto i ragazzi che bisticciavano sulle due panchette poste di fronte al seggee (porta secchi).
Ad un tratto la vecchia quasi sbottò: “Ul formai di Anger!” e siccome nessuno
glielo portava, smise di rimestare e si accostò al piano del bufee (credenza) per
prendere il prezioso condimento che era nella ciotola di legno con il coperchio.
Rimestò il formaggio con un dito e si accostò all’enorme padella. Il suo occhio
attentissimo s’accorse immediatamente del disastro che era successo nei brevissimi istanti in cui il risotto era rimasto incustodito. Un balott de carisna (una
pallottola di fuliggine) gross cumè la bala de nev d’un bagai era caduto dalla
canna fumaria nel risotto e già si stava sciogliendo a macchia d’olio. Alla povera vecchia per poco non venne un colpo. Barcollò un attimo e per reggersi si
appoggiò al lungo buffett (soffietto) de pizzà ul foegh. Si riprese immediatamente, osservò quello scempio che era diventata la sua opera d’arte culinaria e
prese un’eroica decisione che ai suoi occhi parve il colmo della saggezza. Posò
la ciotola del formaggio su una panchetta del camino e continuò a mescolare
energicamente. Il risotto, da bianco rosato che era, assunse subito il color nocciola. La regiura, sempre rimestando con impegno aggiunse il doppio del formaggio preventivato e continuò a rugà dent istericamente fin quando l’odiato
color nocciola si attenuò un po’. Poi distribuì imperterrita le razioni, prelevando
il risotto con il cazzuu (mestolo) direttamente dalla padella. La povera Mentina
era grondante di sudore. ma impassibile.
I commensali mangiarono avidamente le prime due cucchiaiate, poi si guardarono in faccia storcendo la bocca. Quel risotto era troppo aspro e quindi immangiabile.
La Mentina eroicamente ingoiò tre cucchiaite e poi desistette, presa da conati di
vomito. L’inflessibile padrona di casa si vide addosso gli occhi di tutti. Il vecchio chiese sibilando: “Se l’è ch’è suceduu?”. La donna si schiarì la voce e rispose: “Ghe n’eva minga asee del furmai bianc di Anger e n’hoo duperaa un
poo de quel negher del diavul” poi aggiunse con la sua proverbiale grinta che
non ammetteva repliche: “Mangemm in santa pas in penitenza di nost pecaa.”
Ma quella penitenza non la fece nessuno, neppure i ragazzi perennemente affamati.
Di quel risotto fecero una scorpacciata le galline del pollaio e così pure certi
toponi che avrebbero atterrito anche il gatto più coraggioso.
Naturalmente non successe nulla, perché chi poteva fare anche una semplice
osservazione alla Mentina era il vecchio, ma questi, stranamente, non fece
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commenti. Si guardò in giro e visti tutti a capo chino, ordinò ad una delle tre
nuore che gli sedeva accanto: “Taca su ul stagnaa (paiolo) che femm una bela
pulentada!”. La giovane donna ubbidì all’istante…
Ad un tratto il padron de cà uscì per rientrare quasi subito con un bel pezzo di
pancetta del maiale ammazzato ai primi di dicembre. Affettò la preziosa vivanda e la distribuì a tutti, sempre in silenzio. Quell’intraprendente regiuu di Manzitt aveva trovato il modo di servire anche l’antipasto in quel famoso 5 febbraio
del 1902...ne mangiò una fettina anche la Mentina, facendo passare il pezzetto
appallottolato da un lato all’altro della bocca in cerca di qualche dente che
combaciasse, osservando il suo uomo per vedere come faceva. ma l’astuto vecchio aveva tagliato la sua fetta in minuscoli pezzettini che si metteva tranquillamente in bocca uno ad uno...
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L’angolo degli ospiti
Roberto Bolis
Giornata della Sohah: racconto e divagazioni
Sotto un cielo plumbeo, il treno per Auschwitz, colmo all’inverosimile con circa 700 ebrei, partì dalla stazione di Milano. Era il 30 gennaio 1944. Fra questi
vi erano un gruppo di persone ebree, detenute nel carcere milanese di San Vittore.
Tutti vennero spinti nei vagoni bestiame con violenza dai nazisti.
Le porte dei vagoni erano piombate e dalle inferriate penetrava poca aria.
Il treno si fermò dopo 7 giorni e 7 notti! Dalle feritoie dei vagoni si scorgeva
una fila interminabile di lampadine sul filo spinato. Una lunga ciminiera lasciava uscire una fiamma che si spostava secondo il vento. Ed un odore acre di carne bruciata salì alle narici. Quegli infelici seppero più tardi per esperienza che
quell’edificio era chiamato forno crematorio. Tutti avevano paura ma erano ben
lontani dall’immaginare la crudele realtà. Il gelo si faceva sentire, non c’era riscaldamento e tutte le membra erano intorpidite.
All’arrivo al campo i vagoni vennero aperti e i soldati tedeschi, affiancati da
feroci cani, li fecero uscire in fretta e con brutalità. Quello stuolo di persone
con occhi sbarrati si guardò attorno per cercare volti familiari: i bambini cercavano i genitori e si gettavano nelle loro braccia. Le mamme li accarezzavano
per rassicurarli. Poi subito un altro ordine venne impartito seccamente:
“Uomini a destra, donne a sinistra!”. Si udirono urla di disperazione.
Le persone deboli e malate vennero immediatamente sterminate nelle camere a
gas, mentre gli adatti vennero destinati a lavori diversi e collocati nelle baracche. Le donne più fortunate erano addette alle cucine degli ufficiali e dei militari tedeschi, alle lavanderie o facevano le cameriere. Le baracche degli uomini
erano circondate da un recinto metallizzato ricoperto di fili spinato e, come se
non bastasse, nelle ore serali e notturne, per evitare le fughe, veniva emessa
della corrente ad altissima tensione. All’alba si udivano i passi cadenzati dei tedeschi fare la ronda e risuonavano i comandi in tedesco. Dopo anni di tormento
e di migliaia di morti, l’11 aprile 1945 il campo di Auschwitz venne occupato
dalle truppe sovietiche. Quei pochi superstiti ebbero la gioia di tornare alle loro
famiglie. Cercheranno di dimenticare gli orrori e le stragi di quei campi.
Se a loro è concesso dimenticare le sofferenze patite, non è invece permesso
all’intera umanità cancellare dalla memoria questo massacro.
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L’angolo di Massimo Giussani
La scrittura
Sin dai tempi più remoti si è sentita la necessità di tramandare eventi e ricorrenze in modo indelebile: per questo motivo all’interno di grotte e, all’esterno su
pareti rupestri, compaiono pitture e graffiti raffiguranti scene di momenti importanti.
Col passare dei millenni, questa consuetudine si è evoluta arrivando a disegnare
segni rappresentanti cose, idee e concetti: è l’epoca degli ideogrammi. Questi
venivano creati secondo le necessità contingenti: ad esempio memoria civica,
tramandare tradizioni, comunicare.
Fino ad arrivare ad una svolta significativa: un segno stilizzato indicante il suono che veniva pronunciato (fonema).
La lingua o idioma che si utilizza per comunicare viene quindi tradotta in segni , sviluppando parole che contengono vocali e consonanti.
Nell’area del mediterraneo venne creata la prima forma di scrittura, detta cuneiforme, poi i fenici svilupparono il primo vero alfabeto e in Egitto nacquero gli
ideogrammi.
Ed è proprio dalla lingua fenicia che, in seguito, ebbe origine il greco e successivamente l’italico. Più tardo è invece l’arabesco detto anche arzigogolo.
Al nord invece, i Celti passarono dai graffiti al runico.
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La poesia di Federica
La solitudine
Cerco, cerco, ma che cosa cerco?
Mi giro di qua e di la
E non trovo niente ancora.
ma sì, ora so che cosa cercavo:
“la solitudine-il silenzio”.
Ho trovato ciò di cui avevo bisogno.
Mi metto da parte, in un angolino.
Qui posso riposare, pensare, riflettere
E ricordare le belle cose del passato,
Le persone care che mi hanno circondato.
Posso fare autocritica,
Posso ascoltare la voce della mia anima.
Mi traccio una via senza ostacoli,
La sogno e finalmente mi posso alzare più sollevata,
Più forte e più serena.
Federica
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L’angolo della salute
Mal di testa? Bevi il tè alla menta!
L’infuso di menta brasiliana è un rimedio antico e recentemente collaudato e
confermato dall’Università di Newcastle.
I ricercatori della prestigiosa Università britannica si sono recati in Brasile per
testare le proprietà della menta brasiliana, un rimedio antico utilizzato per curare emicranie e problemi gastrointestinali.
La scoperta non stupisce la ricercatrice brasiliana Graciela Rocha, responsabile
del team di ricercatori, che spiega: “Fin dalla comparsa dei primi esseri umani
abbiamo guardato alle piante per cercare una cura per i nostri malanni. Attualmente si stima che le piante medicinali disponibili al mondo siano più di
50.000”.
Questo rimedio prevede l’infusione delle foglie di tè per 30 minuti poi si filtra
il tutto e si beve freddo.
Bisogna dire che questa varietà di menta non è facilmente reperibile da noi.
Tradizionalmente comunque anche la nostra menta piperita è apprezzata come
analgesico, antinevralgico, efficace contro i dolori gastrointestinali ed ha un’azione antibatterica e antisettica.
Può essere utilizzata sotto forma di infuso.
Bisogna però fare attenzione a non abusarne perché può provocare insonnia.
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Proverbi brianzoli del mese di febbraio
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Genèe fa i pont, febrar ja romp.
A la Madonade la Zerioeula de l’inverna semm già foeura, ma se sortaven
ghe semm denter puse ben.
A San Valentin la primavera l’è vesin.
A San Mattia la nev la va via.
El su de febre el manda l’omm in del carle.
Febrar l’è curt, ma l’è pesc d’un turch.
A carnevaa el porcell el va mazza.
Sbir e solda, pret e fra, curat e capellan hin amis mè i gatt e i can.
El diavol el fa la polt...e i donn ga la fann magnà.
La feber bortolascia cont on legn la se descascia.
Per sta ben, ciappa ‘l mond trequal al ven.
On quattrin risparmià l’è do volt guadegnà.
Chi giuga da caprizzi paga da borsa.
Offese, fa ‘l to meste.
A la vegia ghe rincres a murì perché n’impara vuna tutt i dì.
Chi ced, soporta e tas, po viv tranquil e in pas.
Basta vess in bona fet per voltà ‘l mond se ghe se cret.
Per scoprì e voregh ben a la natura occor capila in quell che la madura.
A chi scasa fadigh la terra la dà ortich.
Svelt o lumaga l’è l’ultim quel che paga.
Cavall de bona bocca, fortuna a chi ‘l ghe toca.
Chi g’ha coragg cont bon umor el resist anca al dolor.
La terra la diss: damen che t’en darò.
Chi cerca la lana a bon mercà atent da non restà tosà.
Se ‘l Signor el n’ha dà ‘l cervell contentemas da l’ortesel.
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L’angolo dell’ecologia
La deforestazione...una forma di inquinamento
Ogni anno vengono distrutti 170. 000 Km quadrati di foreste pluviali, quattro
volte circa la superficie della Svizzera. Se non si interverrà con adeguati provvedimenti, tra vent'anni le foreste potrebbero scomparire dalla terra, di cui attualmente ricoprono l'8% circa della superficie.
A causa dello sfruttamento da parte dell'uomo, in tutto il mondo l'estensione
delle FORESTE TROPICALI è diminuita negli ultimi secoli di circa un terzo,
con punte massime in Brasile e in Indonesia, dove tale riduzione è pari alla metà della superficie originaria.
Nelle foreste pluviali vivono ancora molti popoli indigeni, come i penan del
Borneo e i kayapo del Brasile, e un area di 10 Km quadrati ospita più di 1500
specie vegetali, 700 specie animali e migliaia di specie d'insetti.
Di conseguenza la distruzione di vasti tratti di foresta provoca gravi problemi
ambientali, primi fra tutti l'alterazione dell'ambiente naturale, l'estinzione di
molte specie viventi e la fine delle culture indigene. Su scala globale, la deforestazione influisce negativamente sulla qualità dell'atmosfera terrestre. Le foreste pluviali possono essere considerate, infatti, i polmoni del nostro pianeta,
perché producono grandi quantità di ossigeno e purificano l'aria. Gli studiosi
ritengono che la deforestazione alteri anche le condizioni atmosferiche (poiché
le foreste pluviali restituiscono grandi quantità di vapore acqueo all'atmosfera
mediante la traspirazione) e contribuisca al generale innalzamento delle temperature.
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L’angolo dell’ortaggio di stagione
Il finocchio
Il finocchio, pianta assai usata nelle regioni mediterranee per aromatizzare carni e pietanze, oltre sali e minerali e vitamine, contiene un’essenza, l’anetolo,
che si concentra in particolar modo nei semi e favorisce la digestione.
Questo ortaggio ha notevoli e numerose proprietà:
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è un potente diuretico che disintossica l’organismo stimolando la produzione di urina, l’eliminazione delle tossine e aiutando a sciogliere i calcoli
renali;
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è depurativo in quanto favorisce la purificazione del sangue;
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è carminativo, cioè agisce sul sistema digerente grazie alla sua abilità di
rilasciare i gas dal tratto intestinale;
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è un eccellente rimedio per lo stomaco e per l’intestino perché allevia le
coliche e stimola la digestione;
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è aromatico, agisce infatti sul sistema digerente grazie alla sua abilità di
stimolare l’appetito e la secrezione gastrica;
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è anti-spasmodico, perché agisce sul sistema nervoso grazie alla sua capacità di prevenire o alleviare gli spasmi muscolari;
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è anti-infiammatorio: agisce sul sistema immunitario contrastando le infiammazioni;
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è epatico perché agisce sul fegato e sui sistemi di disintossicazione grazie
alla sua abilità di tonificare, rafforzare e disintossicare il fegato;
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ha un effetto calmante per la tosse.
Il finocchio è un alimento molto utilizzato in cucina, anche perché si possono
usare tutte le sue parti. Le foglie tagliuzzate possono essere aggiunte a salsine,
besciamella e insalata di patate; il bulbo può essere mangiato crudo o cotto; i
semi vengono spesso aggiunti a salsicce, sottaceti e pane speziato.
Il sapore del finocchio si mischia molto bene con i piatti a base di pesce.
Con il finocchio si può anche preparare un eccellente liquore con proprietà diuretiche.
Oltre a questi usi alimentari, i frutti pestati ed uniti all’argilla verde ventilata
servono per preparare un dentifricio che rinfresca l’alito e rinforza le gengive.
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L’angolo degli operatori
Questo mese l’angolo degli operatori è dedicato al nostro storico parrucchiere
di fiducia Giulio.
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L’angolo dei parenti
Siamo Sandra e Milo, nuora e figlio di Augusta Cecchetto che da circa tre anni
è ospite presso la Casa di Riposo di Monticello.
Trascorrendo con la mamma tre pomeriggi la settimana, abbiamo avuto modo
di far conoscenza con gli anziani ed i loro parenti, trascorrendo così del tempo
in loro compagnia.
Grande è l’impegno di tutto il personale della Casa: dagli animatori che con varie attività fanno trascorrere in allegria e serenità i pomeriggi agli ospiti, ai volontari che con la loro presenza offrono un prezioso aiuto. Il personale medico e
paramedico è sempre disponibile e con le loro cure e attenzioni rendono più serena la permanenza dei nostri cari.
A tutti vanno i nostri ringraziamenti!
Sandra e Milo
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L’angolo dei fisioterapisti
Esercizi per le mani
In piedi, gambe leggermente
divaricate, portare le braccia
leggermente flesse in fuori.
Estendere le mani indietro allungando le dita.
Flettere i polsi in avanti.
Chiudere a pugno le mani.
Divaricare le dita.
Aprire i pugni volgendo le dita
e i polsi indietro.
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Riprendere la posizione a.
In piedi, braccia lungo
i fianchi, palme rivolte
in avanti, flettere gli
avambracci sulle braccia portando le mani
alle spalle.
Volgere le palme in fuori.
Volgere le palme indietro.
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L’angolo dei giochi
Rebus
(4,5)
MA
Rebus
M
(9)
SCAFO
Indovinelli del mese
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Qual è quell'animale che non va mai a letto?
•
E' armato ma non è aggressivo, cos’è?
•
E' sempre pallida perchè fa le nottate
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Cruciverba a tutto tondo
Una domanda in qua e in là...così non ci si
annoia!
Soluzioni dei giochi nel numero di marzo.
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Vinci un telefono
iphone
iPhone 3G
16 GB
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Display: 3.5”Multi-Touch 480x320 pixel a
163 punti per pollice.
Connettività: GSM/EDGE,
Bluetooth 2.0 EDR, Wi-Fi 802.11 b/g, UMTS/HSDPA
Camera: 2 megapixel
Memoria: 16 GB
Sono disponibili 250 biglietti
del valore di 5 € l’uno.
L’estrazione verrà effettuata
domenica18 aprile alle ore 16:30
in occasione della
festa di primavera!!!!
Per l’acquisto dei biglietti rivolgersi
agli educatori.
È un’occasione da non perdere!
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Il prossimo numero vi
attende
a marzo 2010!!!
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