DAL FONOGRAFO ALL`MP3

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DAL FONOGRAFO ALL`MP3
Prof. Marco Capra – dispensa a.a. 2009-2010
DAL FONOGRAFO ALL’MP3
Testo del documentario illustrativo dell’evoluzione degli strumenti di riproduzione del suono
Copyright: Casa della Musica-Casa del Suono / Mediavision s.n.c - 2008
Casa del Suono, piazzale S. D’Acquisto, Parma - www.casadelsuono.it
INTRODUZIONE
La possibilità di conservare le immagini e i suoni della realtà quotidiana è sempre
stata un’aspirazione dell’uomo, anche se è nel corso dell’Ottocento che prendono
corpo le prime soluzioni capaci di realizzarla concretamente. Ad aprire la strada sono
le tecniche di riproduzione fotografica; ma già a metà del secolo si verificano i primi
seri tentativi di registrazione sonora.
IL FONOGRAFO
Il primo apparecchio realmente capace di registrare e riprodurre i suoni venne
realizzato dall’inventore americano Thomas Alva Edison, che nel suo laboratorio a
Menlo Park, nel New Jersey, diede vita al Phonograph (fonografo) o Talking Machine
(macchina parlante). È la notte del 18 luglio 1877 quando Edison scopre il principio
della registrazione, che intuisce mentre è impegnato a testare il diaframma di un
telefono
insieme
ai
suoi
collaboratori.
Nasce
così
il
”fonografo
a
cilindro”.
L’apparecchio era composto da un cornetto acustico che convogliava il suono verso
una membrana metallica, la quale, vibrando, incideva un solco attraverso una punta o
stilo. Questo tracciava un solco più o meno profondo su un sottile foglio di stagno, che
era avvolto intorno a un cilindro rotante. L’operazione di lettura avveniva riportando il
cilindro nella posizione iniziale e facendo ripercorrere allo stilo il solco già inciso.
IL FONOGRAFO: EVOLUZIONE
Il fonografo sbalordì non solo per la possibilità che offriva - registrare la voce e
riascoltarla in qualsiasi momento - ma anche per la semplicità che lo caratterizzava
dal punto di vista meccanico. L’invenzione non tardò a mettere in moto l’intelligenza
creativa di altri tecnici e scienziati, che si dedicarono al perfezionamento del
fonografo. Tra questi, il fisico Alexander Graham Bell, noto per l'invenzione del
telefono. Interessato alla riproduzione del suono, Bell svolse diversi esperimenti sul
fonografo partendo dai risultati di Edison. Le ricerche sfociarono nella presentazione
del Graphophone (grafofono), un apparecchio molto simile e, nel contempo,
decisamente migliore rispetto a quello di Edison. La superficie di riproduzione, infatti,
non era più di carta stagnola - riutilizzabile solo poche volte - ma di cartone ricoperto
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di cera, che consentiva una migliore incisione e la riduzione del rumore di fondo; la
manovella era sostituita da un motore a pedale; la capacità di registrazione
raggiungeva i due minuti e, infine, era dotato di un auricolare per un migliore ’ascolto
dei suoni. Brevettato il 27 giugno 1885, il grafofono ottiene un successo tale da
indurre Edison a riconsiderare le potenzialità della sua invenzione; così, il 16 giugno
1888, vede la luce il “Perfected Phonograph”. La superficie di riproduzione è un
cilindro di cera che si differenzia da quello di Bell
per la qualità del materiale, che
consente un numero di utilizzi assai superiore. Impiegato nella costruzione di bambole
parlanti e per eseguire inni in chiesa, l’apparecchio di Edison vedrà il proprio uso più
popolare e remunerativo dal punto di vista commerciale nelle “sale da fonografo” e
nelle macchine a gettoni, solitamente poste negli hotel e nelle stazioni ferroviarie.
Successivamente Edison produrrà, incalzato dal successo della concorrenza, un
fonografo da casa, l'Edison Standard Phonograph,
una macchina di elevata qualità
venduta a 40 dollari; ma è solo nel 1899 che lancerà il GEM, modello realmente
popolare acquistabile con circa 10 dollari.
Riguardo alla qualità delle registrazioni fonografiche, non va dimenticato l’apporto di
un italiano impiantato in America, il novarese Gianni Bettini, che perfezionò
l’apparecchio
ottenendo
un
notevole
successo
per
il
maggiore
pregio
delle
riproduzioni. Ma Bettini ha anche un altro merito. Frequentatore della buona società
americana, amante dell’opera lirica e del teatro, amico di interpreti famosi, egli ebbe
modo - per piacere personale - di registrare le loro voci nello studio che aveva
allestito nella sua villa. Si deve a lui, quindi, se ci sono pervenute le voci di grandi
cantanti e attori, fra i quali Sarah Bernhardt, e persino la voce di Papa Leone XIII.
IL GRAMMOFONO
Nel frattempo, il mondo della registrazione si era arricchito di una nuovo ritrovato: il
Gramophone (grammofono), il primo giradischi della storia. Brevettato nel novembre
1887, il grammofono venne realizzato da un tedesco emigrato negli Stati Uniti, Emile
Berliner, il cui apparecchio determinò l’affermazione del disco quale supporto di
registrazione per gran parte del XX secolo. Il materiale utilizzato da Berliner per le sue
prime sperimentazioni fu un disco in vetro.
Negli anni successivi la macchina venne perfezionata. Particolare importanza rivestì la
sostituzione del disco di vetro con uno di zinco, da cui Berliner - con opportuni
trattamenti - ottenne un “negativo”: vale a dire una matrice originale dalla quale si
potevano ricavare copie “positive” realizzate in gommalacca.
Per un certo periodo il cilindro fonografico e il disco si fecero concorrenza; poi il disco
si impose in modo graduale sul mercato perché poteva contenere brani di durata
maggiore, era più pratico e agevole da usare, meno ingombrante e delicato, e, infine,
facilmente riproducibile in grande quantità e con costi irrisori.
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LA REGISTRAZIONE
Tanto
in
America
quanto
in
Europa,
l’industria
della
registrazione
continuò
ininterrottamente il proprio sviluppo dagli inizi del Novecento al 1930, con la sola
parentesi determinata dalla Grande Guerra.
Sul mercato apparvero macchine
facilmente trasportabili o addirittura portatili. Negli anni Venti e Trenta, infatti, non si
contano gli apparecchi in miniatura immessi sul mercato. La palma del più piccolo
spetta probabilmente al famoso Mikiphone, prodotto nel 1924 da una ditta svizzera:
chiuso stava in una scatola cilindrica del diametro di 10 cm. e di altezza inferiore ai 5.
Quanto a dimensioni, quindi, il Mikiphone è stato il vero precursore, con almeno
mezzo secolo di anticipo, dei moderni walkman e lettori portatili di CD.
Soppiantato il supporto a cilindro, a questo punto il disco era la soluzione quasi
universalmente adottata. La registrazione, tuttavia, continuava ad essere di tipo
acustico, ovvero ottenuta solo attraverso le vibrazioni dell’aria, emessa dalle voci e
dagli strumenti e catturata da imbuti metallici più o meno grandi. Il sistema, oltre a
essere particolarmente laborioso, non era in grado di restituire i suoni più deboli, né
quelli più acuti o più gravi, e, inoltre, snaturava il loro timbro. A questi inconvenienti si
affiancava la ridotta durata della registrazione, e un sensibile rumore di fondo.
Furono queste le cause principali dell’iniziale avversione per la musica registrata da
parte dei migliori interpreti della musica colta. Le prime registrazioni, infatti,
riguardarono soprattutto musiche di destinazione popolare, dai caratteri semplici e
poco raffinati: tutto ciò, insomma, che suonava forte, rapido e ritmato, come le marce
civili e militari affidate alle bande e la musica leggera, il cui concetto cominciava a
nascere proprio allora.
LA REGISTRAZIONE ELETTRICA
Nel 1924 il passaggio dall’incisione acustica a quella elettrica rappresentò una vera e
propria rivoluzione. L’innovativo sistema di registrazione prevedeva che le onde
sonore fossero recepite dal microfono, il nuovo strumento che sostituiva il vecchio
imbuto dell’incisione acustica, per poi essere trasformate in segnali elettrici. A
differenza di quanto accadeva in precedenza, ora l'intensità di questi segnali poteva
essere variata attraverso un altro dispositivo elettrico: l’amplificatore. Il nuovo
sistema, che iniziò ad affermarsi dalla fine degli anni Venti, risolveva le principali
limitazioni della registrazione acustica poiché captava anche i suoni più deboli,
estendeva la gamma delle frequenze dei suoni registrabili e permetteva di definire
meglio i timbri delle voci e degli strumenti, che in questo modo acquisivano una
dimensione più realistica e simile all’originale.
Una diretta conseguenza dell’evoluzione qualitativa delle tecniche di registrazione e di
riproduzione del suono ebbe enormi ripercussioni anche nell’ambito dell’altra forma di
“riproduzione” tecnologica tipica del Novecento: il cinematografo. Il 6 Agosto 1926, al
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"Warner Theater" di New York, fu presentato il primo film con una sua colonna sonora,
“Don Juan”, con protagonista John Barrymore. Si trattava, tuttavia, di un film non
parlato, ma solo con musiche e qualche effetto sonoro. Il primo vero film sonoro a
tutti gli effetti fu presentato al pubblico il 23 gennaio 1927: “The Jazz Singer”, regia di
Alan Crosland, con protagonista Al Jolson. Il sistema, denominato Vitaphone,
consisteva in una speciale macchina da proiezione collegata meccanicamente a un
grammofono.
IL MAGNETOFONO
Già nel 1885 Edison aveva intuito la possibilità di effettuare una registrazione del
suono attraverso la modifica dello stato magnetico di un supporto metallico. Questo
sistema di registrazione, tuttavia, divenne possibile solo nel 1898, quando il danese
Poulsen creò il Magnetophone (magnetofono), impiegando come supporto un filo
d’acciaio. Esso poteva essere riutilizzato, cancellando quanto precedentemente inciso,
mediante il passaggio di un flusso di corrente continua nel magnete. Dall’invenzione di
Poulsen si sarebbe poi sviluppata, alcuni decenni più tardi, la tecnologia dei
magnetofoni o registratori, che non si avvarranno più di un filo metallico quale
supporto da magnetizzare, bensì di un nastro di materiale plastico ricoperto da ossidi
metallici.
I primi magnetofoni vennero prodotti negli anni Trenta in Germania, dalla A.E.G. di
Amburgo con la collaborazione della Telefunken. Nonostante si trattasse di apparecchi
ingombranti, rumorosi e costosi, la loro qualità sonora era superiore a quella del disco.
Oltre a una migliore resa qualitativa, inoltre, il nastro presentava l’enorme vantaggio
di potere essere cancellato e, quindi, riutilizzato.
Con il nastro magnetico nacque anche la possibilità di effettuare il cosiddetto editing
del suono, ovvero la modifica delle sue caratteristiche durante la fase di copiatura.
Tutto
ciò
costituì
un
progresso
determinante
nel
settore
della
registrazione
professionale, ma fu soprattutto nell’ambito dell’uso amatoriale che il nastro produsse
i maggiori effetti dal punto di vista della fruizione della musica: in particolare, esso
contribuì alla diffusione della registrazione “fatta in casa”, che, dagli anni Sessanta in
poi, coincise con la produzione di apparecchi sempre più economici e versatili.
LA RADIOFONIA
Parallelamente all'evoluzione delle tecniche per la registrazione del suono, altri
studiosi si dedicavano al perfezionamento della sua trasmissione a distanza. Nel 1894,
il giovane studente bolognese Guglielmo Marconi intuì, sulla base delle recenti
scoperte sulla natura delle onde elettromagnetiche, che tali onde potevano essere
utilizzate per trasmettere messaggi a distanza, senza alcun filo di collegamento e al di
là di qualsiasi ostacolo. Ignorato dal ministero italiano competente, nel 1896 Marconi
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fu costretto a recarsi in Inghilterra sia per brevettare il “telegrafo senza fili” , sia per
garantirsi le condizioni migliori per il proseguimento delle sue ricerche sulla
radiocomunicazione. Sostenuto dal governo inglese, Guglielmo Marconi rende la
radiotelegrafia una realtà, con trasmissioni che arrivano a coprire distanze sempre
maggiori. Il 12 dicembre 1901 lo scienziato italiano compie il grande salto: riesce a
trasmettere e a ricevere la prima emissione radiotelegrafica attraverso l’Oceano
Atlantico.
Ben presto i progressi della tecnica permisero di trasmettere non solo i segnali del
codice telegrafico Morse, ma direttamente la voce umana: nacque così la telefonia
senza fili. Le esigenze militari della Prima Guerra Mondiale portarono all’affinamento
dei sistemi di radiotrasmissione e alla nascita della radio come oggi la conosciamo.
Alla fine degli anni Venti il perfezionamento delle tecniche di trasmissione permise di
realizzare
l’ambizioso
progetto
della
radiodiffusione
circolare
-
il
cosiddetto
broadcasting - che determinò la nascita delle prime società di radiodiffusione. L’Italia
dà ufficialmente inizio alle trasmissioni radio il 6 ottobre 1924, in un contesto politico
autoritario
che
legherà
indissolubilmente
lo
sviluppo
del
nuovo
mezzo
di
comunicazione al processo di costruzione della società fascista. Vita e costume
vennero segnati profondamente dall’avvento e dalla progressiva diffusione della radio.
l cuore pulsante delle radio, fin dall’origine era costituito da un insieme di valvole.
Efficaci ma con molti punti deboli: lente, fragili e ingombranti. Tali “punti deboli”
vennero superati solo con l’introduzione del transistor, un nuovo semiconduttore che
rendeva possibile la miniaturizzazione dei circuiti elettronici. Immesso sul mercato nel
1948, il transistor presentava diversi vantaggi: oltre alle dimensioni minime, infatti,
utilizzava una tensione di pochi Volt e assorbiva pochissima energia durante il
funzionamento. Divenne così possibile costruire apparecchi di formati molto ridotti e
dotati di alimentazione a pile. Le “radioline”, vale a dire le radio in miniatura che fu
possibile produrre grazie al transistor non necessitavano di alcun collegamento alla
rete e avevano un formato che si poteva definire realmente tascabile.
IL SUONO: DALLA RIPRODUZIONE ALLA PRODUZIONE
All’inizio la radio venne accolta con scetticismo nell'ambiente dello spettacolo e, in
particolare, in quello musicale. Ne è un esempio il “memorabile rifiuto” del più celebre
direttore d’orchestra della prima metà del Novecento, Arturo Toscanini, il quale,in un
primo momento, non accettò che le sue esecuzioni fossero trasmesse dalla radio. Il
caso, e l’evoluzione tecnologica del sistema di trasmissione, vollero che, pochi anni
dopo, proprio Toscanini finisse per diventare il musicista più conosciuto al mondo
proprio grazie alle trsmissioni radiofoniche. Nel 1937, infatti, Toscanini fu posto alla
direzione di un’orchestra, creata appositamente per lui dall’emittente NBC (National
Broadcasting Company) di New York, che lo fece conoscere a un pubblico vastissimo e
composto non solo da appassionati. Ciò nonostante, Toscanini mantenne sempre un
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atteggiamento critico nei confronti della musica trasmessa o riprodotta sul disco.
Questo si spiega soprattutto con la sua biografia, visto che era nato nel 1867 e la sua
concezione della musica era legata in modo indissolubile a quella esperienza dal vivo
che nessun strumento tecnologico averbbe mai potuto sostituire.
Ben diverso, ovviamente, doveva essere l’atteggiamento delle generazioni di musicisti
che erano nate quando la musica riprodotta o trasmessa attraverso la radio iniziava
ad avere un ruolo di primaria importanza. Il caso più emblematico è quello del
pianista canadese Glenn Gould. Gould fu un deciso assertore della performance in
studio e, in linea con questa convinzione, nel 1964 decise di rinunciare all’esibizione
dal vivo per dedicarsi in modo esclusivo alla musica registrata. Gould considerava la
registrazione un vero e proprio atto interpretativo capace di conferire qualcosa di
nuovo e di diverso alla musica che veniva eseguita.. In quel contesto, lo studio di
registrazione iniziava a essere considerato come una sorta di strumento innovativo al
servizio della musica. L’esempio più noto di questa tendenza è rappresentato dai
BEATLES, che al culmine del loro successo, decidono di abbandonare l’esecuzione dal
vivo e scelgono il disco come mezzo di espressione più originale e autentico.
INNOVAZIONI: MICROSOLCO, HI-FI, STEREOFONIA
Le sperimentazioni musicali e l’evoluzione stessa della musica dipendono anche
dall’avvento del microsolco e dai nuovi tipi di dischi messi in commercio, come il 33 e
il 45 giri. È il 1931 quando la RCA presenta il primo, vero microsolco a 33 giri, la cui
diffusione effettiva comincerà tuttavia diversi anni dopo, per affermarsi stabilmente
solo nella seconda metà del Novecento. Grazie alla possibilità di realizzare solchi più
sottili rispetto ai vecchi 78 giri, i 33 giri – realizzati in un mateiale plastico chiamato
vinile e chiamati anche Long-Playing o LP – consentono di diminuire notevolmente la
velocità di rotazione rispetto al vecchio standard di 78 giri al minuto, e, di
conseguenza, permettono una maggiore durata di ascolto. Mentre il 33 giri consente
di registrare fino a 30 minuti di musica su una singola facciata, ed è quindi
particolarmente adatto a ospitare brani di lunga durata come quelli della musica
classica, il 45 giri ha invece una durata media di pochi minuti per facciata, ed è
indicato per la musica leggera e per l’impiego nel juke-box.
LA DIVULGAZIONE
Nel frattempo entravano in scena nuovi strumenti di lettura musicale, come il jukebox, la fonovaligia e il mangiadischi, il walkman. Il juke-box era un fonoriproduttore di
notevoli dimensioni, in grado di riprodurre il brano musicale che l’utente sceglieva
all’interno di una lunga lista di titoli che corrispondevano ai dischi contenuti nel jukebox. La selezione avveniva con l'inserimento di una moneta nell’apparecchio.
Il
successo del juke-box – i cui primi esemplari risalgono ai primi decenni del Novecento
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– ebbe un’impennata decisiva negli anni Cinquanta, con l’avvento del rock’n’roll.
Emblema del sogno americano, la “scatola sonora” determinò la nascita del consumo
collettivo della musica registrata e il formarsi delle prime sottoculture giovanili. Il
declino del juke-box iniziò negli anni Settanta, in concomitanza con l’affermazione
delle discoteche come nuovi centri deputati alla socializzazione musicale. Fonovaligie e
mangiadischi, invece, comparvero nella seconda metà del Novecento, sulla scia delle
diverse tipologie di grammofoni portatili nati nei decenni precedenti.
I nuovi
apparecchi ebbero una diffusione sempre più ampia e popolare dagli anni Sessanta in
poi.
Nello stesso periodo, il concetto di portatilità si applicò anche ad un altro
prodotto: l’autoradio. Come suggerisce il nome, si trattava di un apparecchio
destinato a corredare l’automobile di un apparecchio per la ricezione radiofonica; solo
in un secondo momento venne adattata anche alla lettura di nastri magnetici di vario
formato. Fra questi, il più fortunato e duraturo fu senza dubbio la musicassetta. La
musicassetta è un supporto fonografico registrabile, costituito da un nastro magnetico
e da un involucro di plastica. Venne lanciata sul mercato dalla Philips nel 1963 e, in
pochi anni, si impose a livello mondiale. Il nastro presentava il grande vantaggio di
essere riscrivibile, ovvero registrabile innumerevoli volte, una peculiarità che
permetteva di creare “compilation” personali. La sua diffusione fu legata in modo
indissolubile alla nascita di un altro apparecchio portatile, il walkman, un piccolo
lettore stereofonico di musicassette che funzionava a batterie e che consentiva
esclusivamente l’ascolto in cuffia. Il walkman, che deve il proprio nome a un modello
prodotto dalla Sony, vide la luce alla fine degli anni Settanta, quando si affiancò alla
generazione di registratori portatili dotati di altoparlante, che utilizzavano le
musicassette già da qualche anno. Molto più piccolo e maneggevole rispetto a quegli
apparecchi, il walkman, riscosse un successo immediato, che si protrarrà fino agli anni
Novanta, quando verrà soppiantato dai lettori CD portatili e, a breve distanza, dai
lettori di files MP3.
IL SUONO DIGITALE
La digitalizzazione del suono fu introdotta ufficialmente negli studi di registrazione nel
1979. La Philips infatti, aveva messo a punto un nuovo sistema di registrazione e di
riproduzione digitale del suono e lo aveva immesso sul mercato con il nome di
Compact disc o CD. Nel nuovo sistema, alla qualità dl suono si affiancano altri
vantaggi fondamentali: la leggerezza, la maneggevolezza, la possibilità di accesso
casuale e l’assenza di usura, determinata dal fatto che non vi è contatto materiale tra
il disco e il raggio laser che serve alla sua lettura. Il CD si sostituì progressivamente al
disco in vinile, rispetto al quale conteneva molta più musica, e iniziò ad essere
utilizzato nei contesti più diversi; ciò grazie all’avvento del lettore CD portatile, ma
anche alla nuova possibilità di ascolto in auto o tramite computer. La tecnologia
digitale ha aperto la strada anche al concetto di multimedialità.
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La possibilità di
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memorizzare e manipolare i suoni, anche in ambito domestico, è stata esaltata da
Internet e dall’immenso patrimonio informativo messo a disposizione dalla rete. Ciò ha
rappresentato una vera e propria rivoluzione in diversi campi, compreso quello
musicale. Il costante aumento di accessi alla rete ha indotto a cercare nuove soluzioni
capaci di conciliare la limitata velocità di trasmissione con la crescente richiesta di
contenuti multimediali. Da queste ricerche è nato, a metà degli anni Novanta, l’MP3,
un formato che consente di creare file-audio tanto “leggeri” da potere viaggiare
agevolmente nella rete senza andare troppo a scapito della qualità sonora. La
diffusione degli MP3 e dei software gratuiti per la loro realizzazione e la loro lettura
hanno trasformato radicalmente l’universo musicale e il modo stesso di acquisire e di
ascoltare la musica. Basti pensare alla possibilità di condividere gratuitamente i
contenuti digitali attraverso il file-sharing: fenomeno che libera l’ascoltatore da ogni
legame con chi ha prodotto la musica e nel contempo lo inserisce in un gruppo di
ascolto virtuale.
Tramite Internet, i lettori di musica digitale offrono l’opportunità di creare compilation
assolutamente personalizzate. Essi, infatti, permettono la selezione indipendente di
ciascun brano, a prescindere dall’artista che lo esegue e dall’album di appartenenza,
ma anche la scelta del posizionamento in memoria, sulla base dell’ordine più
congeniale al singolo utente. Uno dei lettori di musica digitale più diffusi è l’iPod della
Apple, che - dal 2001 - ne ha già commercializzate diverse generazioni.
CONCLUSIONE
In questo modo, a ben vedere, si perpetua la rivoluzione inaugurata da Edison alla
fine dell’Ottocento, quando la riproduzione del suono era solo un curioso sistema di
comunicazione che interrompeva il rapporto diretto tra l’esecutore e l’ascoltatore.
Oggi, quando lo sviluppo della tecnologia influisce sensibilmente sulle caratteristiche e
sulla natura del suono, nuove figure professionali si sostituiscono al ruolo che un
tempo avevano i compositori e gli interpreti, al punto che sempre più spesso si parla
legittimamente di “produzione” anziché di “riproduzione” del suono. Al contrario, e
nonostante la straordinaria evoluzione tecnologica degli ultimi cent’anni, rimane quasi
invariata la posizione di chi ascolta la musica. Infatti anche oggi la tecnologia
sostituisce il rapporto diretto tra l’esecutore e l’ascoltatore, e perpetua il “miracolo”
dei tempi lontanissimi del fonografo, quando era stato per la prima volta possibile
ascoltare i suoni e le voci di persone che non si trovavano presenti nello stesso
momento e nello stesso luogo in cui l’ascolto avveniva.
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