viaggio nella memoria - Istituto Comprensivo GB Cina

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viaggio nella memoria - Istituto Comprensivo GB Cina
ISTITUTO COMPRENSIVO
SCUOLA DELL’INFANZIA – PRIMARIA E SECONDARIA DI PRIMO GRADO
DI CAMPOFELICE DI ROCCELLA E LASCARI
SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADO “G.B. CINÀ”
Campofelice di Roccella
PROGETTO EDUCAZIONE PERMANENTE
VIAGGIO NELLA MEMORIA
Dalle origini del borgo di Roccella
alla fondazione del nuovo centro abitativo
ANNO SCOLASTICO 2007 - 2008
In copertina Dipinto dell’alunna Mariarosaria Capitummino classe 2^ B
Premio speciale - Concorso pittorico
indetto dall’Istituzione Gianbecchina di Gangi, IV edizione
sul tema: “Dai volto e colore all’arte, alle tradizioni e alle leggende del tuo paese”
Si ringrazia
il Dirigente Scolastico, prof. Giuseppe Simplicio,
per aver creduto in questo progetto
finalizzato al recupero e alla valorizzazione
del patrimonio artistico e culturale
del Borgo di Roccella,
ma principalmente
per averne reso possibile la pubblicazione.
PROGETTISTI:
prof. Giuseppe Restivo
ins. Anna Laurà, Collaboratore delegato
DOCENTI CHE HANNO COLLABORATO:
Prof. Giuseppe Restivo
prof.ssa Rosaria Cirivello
Prof.ssa Pietra Bellitto Grillo
Prof.ssa Maria Teresa Capitummino
Prof.ssa Costanza Morello
PROGETTO GRAFICO:
prof. Antonio Sausa
Tutte le foto senza nome riportate in questo libro
appartengono al Prof. Giuseppe Restivo
PRESENTAZIONE
Viaggio nella memoria …un itinerario storico-culturale in cui le tracce
antiche si armonizzano con quelle più recenti e attuali, volto a ridefinire i tratti di un’identità comunitaria … tratti frammentari, sfumati a
causa di eventi e congiunture avversi.
Una ricerca storica accurata, a conferma di come teorizzare e organizzare un’attività specificamente didattica di formazione storica non è il
risultato semplicistico dell’accostamento di competenze storiche e didattiche, ma è frutto della necessaria connessione funzionale di tali competenze, al fine di avvicinarsi quanto più ai bisogni degli allievi rendendoli soggetti attivi del loro itinerario di crescita culturale e sociale.
La storia, per immaginarla, bisogna sentirla raccontare, e il racconto
deve essere chiaro, preciso e fatto con semplicità.
Il racconto, poi, deve essere fatto con calore, con amore verso i contenuti che si espongono … e ancora, la storia trova la sua riprova nel
farla raccontare per iscritto.
Tutto questo hanno esperito i ragazzi della Scuola Media di Campofelice
di Roccella, grazie al supporto costante dei loro insegnanti.
A mio parere, Viaggio nella memoria rappresenta la ricostruzione empatica delle nostre radici, delle nostre origini, basata nel senso storico.
La ricerca meticolosa di documenti storici, di testimonianze locali e di
materiale iconografico da parte dei ragazzi, è un sentire il passato per
ricostruire e spiegare aspetti manifesti e aspetti ancora nascosti sulle
nostre origini e, dunque, affidati non solo a procedimenti mentali propri dello storico ma anche a procedimenti attribuibili ai misteri dell’istinto, dell’intuizione, che appartengono solo a coloro i quali visceralmente amano il proprio Paese. Dunque, ogni azione di disvelamento identitario non può che essere agita al fine di promuovere una matura e
autentica coscienza di appartenenza al proprio territorio, per costruire
una comunità sempre … migliore.
L’Assessore alla Pubblica Istruzione
dott.ssa Rosmery Inzerra
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A SPASSO NELLA STORIA
INCONTRI
CON GLI ESPERTI
a cura degli alunni della 3^ C
Visita alla Roccella
[lunedì 5 maggio 2008]
Gli alunni della classe IIIC hanno visitato la torre Roccella e il borgo qualche giorno prima degli incontri con gli esperti, per motivarli e incuriosirli. Il prof. Restivo, appassionato della storia della torre e del suo borgo,
ha condotto gli alunni lungo un percorso che partiva dai reperti archeologici esterni alle mura di cinta per poi proseguire la visita all’interno dell’impianto normanno. L’attenzione si è richiamata nei siti dove,presumibilmente, erano collocate due chiese, i mulini, il trappeto e diversi opifici.
La visita più affascinante e coinvolgente è stata riservata alla fine: l’accesso alla torre e, per la prima volta al pubblico, la possibilità di ammirare le due sale, in particolar modo, l’ambiente riservato ai nobili. Il
panorama che si può ammirare dal terrazzo toglie il fiato e gli alunni ne
sono rimasti incantati. Il privilegio riservato agli alunni della Scuola
Media è stato compensato con l’interesse e l’emozione che questa visita
ha suscitato in loro. I docenti hanno suscitato negli alunni l’interesse verso
il proprio patrimonio culturale che molto spesso viene trascurato.
Figura 1: Classe Terza C (foto di Maria Cerami)
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Incontro con l’archeologa, dott.ssa Rosa Maria Cucco
Giorno 10 maggio 2008 la dott.ssa
Rosa Maria Cucco ha incontrato gli
alunni delle classi IIIC e alcuni rappresentanti delle classi IC, IIC e IID.
Partendo dalla planimetria del borgo
la dott.ssa ha illustrato, attraverso delle
slide, i siti archeologici presenti attorno
alla torre. Dopo aver effettuato una
breve sintesi della storia del borgo dal
periodo pre-normanno alla storia dei Figura 2: Archeologa Rosa Maria Cucco
Ventimiglia, l’archeologa ha parlato anche di altri siti presenti nella
Piana di Roccella fino al Tempio della Vittoria. Ha accennato, infine,
alla storia del Casale. L’incontro è stato interessante e coinvolgente e
gli alunni hanno rivolto delle domande alle quali l’archeologa ha
risposto in modo esauriente.
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Incontro con il prof. Rosario Termotto, esperto ventimigliano e della storia locale delle Madonie.
Il prof. Rosario Termotto, esperto
della storia della canna da zucchero e della ceramica, ha incontrato
gli alunni giorno 23 maggio 2008
per parlare del porto caricatore di
Roccella e della coltivazione e
lavorazione della canna da zucchero, prodotto coltivato nella
Piana di Roccella. Si è soffermato
a parlare di alcuni aspetti della stoFigura 3: Prof. Rosario Termotto
ria della torre e della sua economia. Riportiamo, di seguito, alcuni punti trattati durante quest’incontro.
La torre all’origine nasce come luogo residenziale e successivamente
declassata a torre di avvistamento, importante per proteggere gli abitanti del borgo dagli assalti dei pirati.
Il porto caricatore era uno dei più importanti della costa tirrenica. Ad
esso affluivano merci provenienti dalle Madonie e le navi si dirigevano
verso il messinese e il trapanese per i commerci.
La canna da zucchero era coltivata nella Piana dagli inizi del ‘400 alla
prima metà del ‘600.
Oltre alla coltivazione nel borgo si lavorava la canna con manodopera proveniente anche dalla Calabria. Con il crollo del prezzo dello zucchero a causa dell’esportazione a basso costo del prodotto proveniente dalle colonie portoghesi, gli abitanti del borgo hanno sostituito la
coltivazione della cannamele con il riso in quanto la Piana era ricca di
corsi d’acqua.
Le risaie, intorno alla prima metà del ‘600, provocarono il diffondersi
di malattie infettive come la malaria costringendo gli abitanti a lasciare il borgo per trasferirsi nell’attuale paese.
Incontro con l’ingegnere Michele Trimarchi
Giorno 24 maggio 2008 gli
alunni hanno incontrato l’ingegnere Michele Trimarchi che ,
dopo aver brevemente ricordato
la storia del borgo e della
Roccella, si è soffermato sull’assedio della Torre nel 1418 ad
opera degli Spagnoli, sui mulini
e sul funzionamento dell’acquedotto.
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Figura 4: Ingegnere Michele Trimarchi
Incontro con il parroco, mons. Francesco Casamento
Il parroco, mons. Francesco
Casamento, è venuto a scuola
giorno 28 maggio e ha parlato
dell’aspetto religioso di una festa
importante del borgo Roccella:
la festa dell’Ascensione. A tal
proposito ha comunicato che la
nuova chiesa che si costruirà in
c/da Capo, sarà dedicata
all’Ascensione.
Figura 5: Mons. Francesco Casamento
Incontro con il sindaco, rag. Francesco Vasta
Il sindaco ha incontrato gli alunni giorno 28 maggio 2008. Ha
illustrato il percorso burocratico
per l’acquisto dal diritto di prelazione all’atto di compravendita il 29 gennaio 2008. Ha parlato del suo progetto per la rivalutazione della Torre e il possibile acquisto del borgo. La torre
sarà aperta al pubblico al più
Figura 6: Il Sindaco, rag. Francesco Vasta
presto e sarà il luogo ideale per
incontri culturali. Il borgo, una volta acquistato, sarà adibito a parco
tematico. Importante è stato il discorso sulla rivalutazione di beni artistici e in particolar modo su questo monumento, simbolo delle nostre
radici e della nostra cultura.
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PARTE PRIMA
CASTRUM ROCCELLAE
CENNI
STORICI SUL BORGO DI
ROCCELLA
a cura degli alunni delle classi 1^ C e 2^ C
e si rimanda all’Archivio Storico di Stato, agli studi sulla Roccella realizzati dallo storico, esperto in Archeologia Medievale, Ferdinando Maurici e a Pietro Corrao per
quanto concerne l’assedio del 1418.
Il Castello di Roccella
Il castello di Roccella si trova sulla costa settentrionale della Sicilia, nella
provincia di Palermo all’interno del territorio comunale di Campofelice di
Roccella. La mole del Castello è ben visibile dalla strada statale 113 o dall’autostrada Palermo - Messina, e rappresenta la parte più bella, compresa
tra il fiume Imera settentrionale e Capo Plaia. L’attuale territorio del comune, che corrisponde ai confini del 1205, è compreso tra la zona costiera
e i primi rilievi collinari della catena montuosa delle Madonie. Per questo
motivo, Campofelice di Roccella, è denominata “Porta delle Madonie”.
L’area è attraversata dal torrente Roccella che sfocia sotto il castello che si
eleva su uno sperone roccioso che interrompe il litorale sabbioso.
Le Fonti Storiche sul Territorio e sul Castello dal XII al XV secolo
Il borgo di Roccella ha origini normanne, anche se il geografo Edrisi fa
riferimento ad origini arabe tant’è che lo stesso geografo fa risalire il nome
dal toponimo arabo “la rupe di ferro “(Saharat Al Hadid). Intorno alla
prima metà del XII secolo, il borgo fu chiamato Rochelle, poi Roccamaris.
Le fonti archivistiche Medievali sul Castello e sul territorio sono state di
recente esaminate da Raffaele Noto e Pietro Corrao. Nel 1136 l’abate del Monastero SS.Trinità di Mileto concesse alla diocesi di Cefalù ,
le due chiese di S. Giovanni di Roccella e di S. Cosma.
Vari altri documenti di epoca normanna ricordano la chiesa di San
Giovanni ed i mulini, confermando la loro appartenenza alla chiesa di
Cefalù. Il castello e il territorio, fatta eccezione degli appezzamenti relativi alla chiesa di San Giovanni, spettavano invece con ogni probabilità
già nel XII sec. alla contea di Collesano e quindi alla comitissa Adelicia,
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moglie di Rinaldo Avenel ed ai suoi eredi. Il castello venne probabilmente assediato ed espugnato dalle truppe di Enrico VI nel 1191. Il tenimentum passò quindi a Paolo Cicala, conte di Collesano, e da questi venne
concesso nel 1205, al fratello Giovanni, vescovo di Cefalù.
Con successivo privilegio del 1218 , il vescovo di Cefalù, Arduino II
,donò la Roccella al monastero di Motevergine, consentendo inoltre
che vi fosse edificata una chiesa dedicata a Santa Maria La Vergine.
Nel 1385 la Roccella passò ai Ventimiglia che la mantennero sino al
1418, anno dell’assedio da parte dei reali di Spagna.
12
Figura 7: Cfr. Pietro Corrao, Le contee di Geraci e di Collesano fra XIV e XV sec.
Quando Antonio Ventimiglia morì, il castello fu affidato al secondo
figlio,Francesco (il conte di Collesano) che venne fatto prigioniero dalle
guardie della matrigna Elvira Moncada. Tuttavia , con la complicità
delle guardie del castello, riuscì a liberarsi e a far rinchiudere nelle prigioni del palazzo di Roccella la matrigna e la sorellastra Costanza. I
Ventimiglia crearono molti problemi ai reali di Spagna poiché,essendo il porto caricatore di Roccella un porto franco, tutti usufruivano di
questa opportunità danneggiando le entrate di dazi. Nel 1418 i reali
di Spagna, per risolvere l’annoso problema, assediarono il castello
cacciando definitivamente i Ventimiglia dopo aver sparato quattro
bombarde , di dimensioni mai viste, poste in batteria. La Roccella
passò poi agli Alliata e quindi a suor Maria Rizzo che la vendette a
don Gaspare La Grutta Guccio.
DON
GASPARE
IL PRINCIPE DI ROCCELLA:
LA GRUTTA E LA LICENTIA POPULANDI
DEL
18
DICEMBRE
1699
a cura degli Alunni della classe 2^ D
e si rimanda al testo di Luigi Lo Bue
Il casale di Roccella fu fondato dal principe don Gaspare La Grutta
Guccio il quale aveva chiesto ed ottenuto, il 18 dicembre 1699, nella
“Licentia Populandi” dal re Carlo II di Spagna, la facoltà di fabbricare
nel feudo della Roccella e di popolare il nascente paese, dietro pagamento di onze 200. Il 21 giugno 1708, il Principe fu costretto a vendere il castello, per necessità economica. Ottenuta la “Licentia
Populandi”, il principe La Grutta nel 1700 fece costruire 100 case, 14
botteghe, una chiesa e una fonte che costituirono il nucleo primitivo del
comune. Il principe morì a Palermo il 5 settembre 1728. Il suo corpo
riposa nella chiesa di San Francesco d’Assisi, nella cappella della famiglia Rivarola, nel quartiere Madonna del Cassaro di Palermo. La famiglia Marziani acquistò il castello.
13
Figura 8: Busto marmoreo del Principe Gaspare La Grutta Guccio - Cappella Rivalora, S. Francesco
D’Assisi, Palermo
PARTE SECONDA
PLANIMETRIA DEL BORGO:
ROCCELLA FRA STORIA E LEGGENDA
IL CASTELLO
E IL
BORGO
MEDIEVALE DI
ROCCELLA:
L’ACQUEDOTTO DEI MULINI
a cura del prof. Giuseppe RESTIVO
L’impianto planimetrico castrale: il Torrione a pianta rettangolare e l’imponente Palazzo residenziale adagiato sulla rupe a ridosso del mare.(1)
Adagiato in riva al mare, il Castello di Roccella, [1](2) si componeva
essenzialmente di due parti: a sud, il Torrione, a forma rettangolare a
tre piani, con un’altezza di 20 metri e con uno spessore murario di
2,50 circa,(3) e l’imponente Palazzo residenziale, a nord, che seguiva
la stretta lingua di rupe a ridosso del mare, i cui lavori dell’impianto
castrale (Torre-Castello), iniziati già durante il periodo normanno, si
conclusero attorno al 1385. Quest’ultimo, denominato “Palatium dei
Ventimiglia”, per certi aspetti simile a quello di Castelbuono, doveva
svilupparsi su più elevazioni con due enormi dongioni quadrangolari
Figura 9: Le prigioni o la fossa di Roccella.
15
con terrazze merlate ed era ingentilito da alcune finestre ogivali trecentesche. Del palazzo residenziale non è rimasto quasi niente, se non le
parti basamentali e due ambienti con volte a botte, i cui locali, denominati ambienti inferiori, sembrerebbero corrispondere con le prigioni
[B](4), cioè con la fossa di Roccella. Nelle prigioni della Roccella, per
volontà della contessa Elvira, nel 1412 fu rinchiuso e sottoposto a carcerazione durissima, Francesco, figlio di Antonio Ventimiglia e di
Margherita Peralta, poi, furono rinchiuse Elvira Moncada e la figlia
Costanza, sorellastra dei due conti: Francesco e Giovanni.(5)
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Interni della Stanza a cupola
A strapiombo sul mare, una
Stanza a cupola, [A] (6) una
costruzione pre-normanna, «a
pianta circolare coperta da
una cupola emisferica ad anelli concentrici», forse originariamente una cappella o baluardo contro l’attacco dei pirati.
Figura 10: Rampa scalare esterna per l’accesso alla Torre.
Dello stesso complesso, fa
parte una rampa scalare
anteriore al 1385.(7)
Gli imponenti resti monumentali oggi esistenti, da soli, non potrebbero
dare l’aspetto originario del castello se non fossimo a conoscenza dei
due acquarelli del XVI secolo.
Figura 11: Il Castello e il Borgo di Roccella in un
acquarello di Tiburzio Spannocchi (1578)
Figura 12: Il Castello e il Borgo di Roccella in un
acquarello di Camillo Camiliani (1583)
La ricostruzione difatti è resa possibile dagli acquarelli di Tiburzio
Spannocchi e di Camillo Camilliani: il primo fatto risalire al 1578,
il secondo al 1583. I due architetti furono chiamati da Filippo II per
rafforzare, a scopo difensivo, con la costruzione di scarpature, le
fondazioni strutturali dell’area castrale e per tenere distante il nemico che proveniva spesso via mare. Le prime scarpe, attorno alla
torre, risalgono infatti al 1583 e furono costruite appunto per evitare che i proiettili colpissero frontalmente il muro. Ma fu necessaria
anche la presenza di una guarnigione regia. Percorrere le marine
dell’isola, esplorarle e farne una descrizione dettagliata, significò
per entrambi gli architetti catalogare le torri di guardia e i castelli
presenti lungo le coste del Tirreno, dello Ionio e delle coste dinanzi
al canale di Sicilia.
La scarpa del Torrione, presente a Roccella, è in conci di pietra calcarea compatta e calcarenite: la stessa si regge sul prospetto sud fino ad
una altezza di 4,80 m.(8)
Una foto del 1910 prima e una più recente della fine degli anni ’40,
documentano uno stadio di fatiscenza del complesso castrale rispetto a
quello attuale.(9)
17
Figura 13: Castello di Roccella, XIV secolo (Foto del 1910)
18
Figura 14: Il Castello di Roccella in una foto degli anni ‘40 del XX secc.
Sino al 1750, il castello era presidiato ed armato di cannoni contro
incursioni turche e barbaresche. (10)
Nel lato occidentale del complesso castrale si sviluppava invece il
borgo medievale, all’interno della stessa cinta muraria castellana.
Contrariamente al corpo di fabbrica il quale è andato distrutto, la Torre
di Roccella si è ben conservata sino agli inizi del 2005, anno in cui
sono iniziati i lavori di restauro.
Dal 29 gennaio 2008 la Torre di Roccella è, una parte dell’area castrale sottoforma di ruderi, così come parte del casamento appartengono
al comune di Campofelice di Roccella il quale provvederà a acquistare il borgo, compreso di opifici e di acquedotto, per procedere successivamente ad un completo restauro dell’impianto normanno e farne del
borgo castellano un parco tematico medievale. (11)
Una rampa scalare di accesso bastionata, in pietra, di larga dimensione, circonda lateralmente la Torre: l’accesso principale avviene proprio
dal cortile.[29]
La Torre ha pianta rettangolare per un’altezza di 20 metri ed uno spessore murario di 2,50 circa.(12)
Per Spatrisano, l’edificio è, dal punto di vista architettonico, normanno
e al contempo svevo, in quanto presenta all’interno dei saloni sovrapposti, uno per ogni piano.(13)
Questa enorme struttura si divide in tre piani, più una cisterna sotterranea.
Da un piano all’altro, lo spessore murario è marcato all’esterno da riseghe, in quanto lo spessore delle mura esterne diminuisce in direzione
dell’altezza. Il livello dei vari piani è segnato da un marcapiano.
Costruita con pietrame calcareo e ciottoli fluviali provenienti dall’omonimo torrente, solo i cantonali della scarpa cinquecentesca e le nicchie
ricavate dallo spessore murario, sono realizzati in pietra da taglio e
conci di tufo squadrati. Interessante è l’utilizzo della malta. Anche le
finestre ogivali e le feritoie sono realizzate in parte in pietra da taglio
e con conci di tufo squadrati.(14) Le feritoie, tipiche delle torri medioevali, sono ricavate nello spessore murario: la forma a fenditura rettangolare verticale era propria delle “arcerie”.(15)
Le feritoie ospitavano almeno un difensore. Durante il regno di Federico
II esisteva un fenomeno importantissimo per comunicare con i centri
vicini e dell’entroterra nel caso in cui ci fosse un attacco nemico. La
comunicazione fra una torre di guardia e l’altra avveniva mediante
segnali di fumo diffondendo le notizie nei centri più importanti dell’isola: tutto questo avveniva nell’arco di due ore.
19
Dalla Torre di Roccella partivano
segnali di fumo che venivano avvistati dai castellani delle torri adiacenti: Bagheri, Pastani, Tonda,
Romana, Cutura dislocate a cerchio nella Piana di Roccella, oggi
in territorio di Lascari. (16)
Le finestre ogivali, tipiche dell’architettura gotica, sono ad arco acuto.
Figura 15: Torri di avvistamento in un manoscritto di
Villabianca (XVIII-XIX sec.)
Il piano terra è coperto da un arcone centrale con volta a botte. Il
locale è suddiviso in due campate
da un arco a sesto acuto e si accede attraverso un ingresso quasi
angolare. L’interno era destinato
probabilmente ai servizi: depositi,
cucine, magazzini, visto che è ben
20
Figura 16: Arcone centrale con volta a botte del piano terra (Foto di Salvatore Giuliano)
visibile una botola-cisterna, dal diametro di 4,50 m., nel sottosuolo per
la raccolta delle acque piovane. In questa cisterna si incanalavano le
acque piovane che, dal terrazzo della torre, giungevano mediante
canalette in cotto.
Al piano terra si notano due feritoie a nord, una finestra ogivale in direzione della foce e una finestra ogivale a sud, in direzione della Casina
Marengo. [2, 3, 4].
All’interno del piano terra, una scala ricavata dallo spessore murario
consentiva di salire internamente al primo piano.
L’accesso ai piani superiori della Torre avveniva invece da una rampa
scalare esterna in muratura che portava al primo piano.
Superato l’accesso ci si immetteva direttamente in un ampio salone
luminoso, riservato ai nobili grazie ai grandi finestroni in stile gotico
con cornici ogivali ad arco acuto. Si contano infatti in direzione dello
sperone a strapiombo una grande finestra, due finestre ogivali più una
feritoia lato Cefalù, un finestrone, originariamente una bifora, che dà
sul cortile del borgo e altre due finestre, di cui una più piccola ed una
più grande, sempre ogivali e incorniciate con conci di tufo squadrati,
di fronte al trappeto.[26] (17) Caratteristici sono invece i mensoloni
intagliati di stile pseudo-arabo che sostenevano il solaio ligneo, cioè il
ballatoio-soppalco, del piano superiore, barbaramente asportato
durante la Seconda Guerra mondiale, quest’ultimo raggiungibile da
una rampa di scala in pietra.
Proseguendo dal ballatoio-soppalco
si arrivava al secondo piano, attraverso un ulteriore rampa ricavata
nello spessore murario Dallo spigolo
nord-ovest si apre una porticina con
tre beccatelli sottostanti: originariamente sorreggevano una latrina.
Figura 17: Volte a crociera (Foto di Salvatore Giuliano)
Architettonicamente più interessante
del primo piano, l’ampio salone residenziale del secondo piano richiama alcuni elementi strutturali e decorativi dell’architettura federiciana.
21
La copertura di questo ampio salone è
costituita da due volte a crociera
costolonate separate da un arco ogivale intermedio. L’arco è sorretto da
due semicolonne, fornite di base e
capitello rozzo di stile tipo corinzio ed
addossate alle due pareti perimetrali,
mentre i costoloni delle crociere, che
comprendono la metà del tetto, poggiano su eleganti mensole in pietra.
Figura 18: Camino con cappa bombata (Foto di
Salvatore Giuliano)
22
Il salone più nobile è sottolineato
dalla presenza di un camino con
cappa bombata posizionato nell’angolo nord-occidentale del salone.
(18) Sembrerebbe che, da questo
camino, si comunicasse, mediante
segnali di fumo, con altri castellani
dell’ entroterra madonita.(19)
Ad ogni lato della torre, si notano quattro finestre ogivali ad arco
acuto. Una scala ricavata nello spessore murario conduce infine alla
soprastante copertura a terrazzo della torre che doveva essere dotata,
sembrerebbe, di merlature, dato che è andato distrutto quasi interamente il parapetto merlato, raffigurato dall’architetto Camiliani. (20)
L’ultimo piano risulta infatti coronato da una fila di doppie mensole o
beccatelli in pietra aggettanti sulla facciata.
Oltre ad essere una dimora residenziale, la Torre di Roccella svolse
principalmente la funzione militare a difesa del caricatore e delle attività svolte nel casale oltre che il ruolo di controllo territoriale della contea ventimigliana. (21)
Grazie alla planimetria del 1901, è possibile ricostruire in parte il
Borgo medievale di Roccella.
Da una stradina tortuosa, sembrerebbe anteriore all’ XI secolo, ci troviamo di fronte a due mulini, [35] che risalgono al XII secolo, e più precisamente sono stati costruiti tra il 1145 e il 1157. Pur essendo sezionati
da diversi crolli, le strutture murarie e portanti dei due mulini, attaccate
alla stessa cinta muraria del borgo, sono ancora in buone condizioni.
Nel secondo mulino, [35] fino al 2003, era possibile vedere l’intonaco beige e i resti di un’antica macina, stranamente scomparsa. Quasi
attaccato a quest’ultimo mulino, è visibile oggi, un enorme ambiente
con volta a botte, scavato sottoterra, in cui sono ancora evidenti i segni
dell’acqua. In questo locale sotterraneo, confluiva l’acqua proveniente
dal torrente omonimo, grazie all’acquedotto, [34] adibito mediante un
antico sistema idraulico.
23
Figura 19: Ambiente sottostante ai mulini con volta a botte e possibile passaggio di fuga verso il costone roccioso.
Interessante è la canaletta di scolo delle acque che alimentavano il
primo mulino, e sicuramente l’acqua giungeva sino al secondo mulino.
Entrambi i mulini sono stati attivi sino agli inizi della Prima Guerra mondiale, per ben otto secoli.
Dinanzi al secondo mulino, ci sono i resti di un antico bevaio [37], da
qui, si passava per un ampio corridoio sino a raggiungere l’androne
[18]
: l’accesso principale del borgo, in cui è ancora visibile la cinta
muraria angolare.
Dall’androne si entrava nell’ampio cortile [29] in cui si trova un pozzo
medievale [28]: sino agli inizi degli anni ’60 del secolo scorso c’erano tracce di acqua.
Figura 20: Androne.
24
Figura 21: Particolare del cortile e del pozzo.
Tra il Torrione e le parti basamentali del Castello, si trovano i ruderi
delle case dirute[27] Dirimpetto si trova il trappeto[26], in cui si lavorava la canna da zucchero o cannamele.(21) Sembrerebbe che il trappeto di Roccella fosse uno dei più importanti trappeti, insieme a quello di
Garbinogara, di Bonfornello e di Battilamano del tratto di costa compreso tra Termini Imerese e Cefalù.
25
Figura 22: Trappeto per la lavorazione della canna da zucchero.
Rispetto agli altri trappeti sembrerebbe che il trappeto di Roccella fosse
resistito più a lungo. Gran parte della canna da zucchero proveniva
dalla fertile Piana di Roccella: tale coltura fu praticata dalla fine del XIV
secolo sino alla prima metà del XVII secolo. (22)
Tra il trappeto e le case dirute c’era un ingresso, oggi inesistente, che costituiva un vero e proprio accesso al mare. Oggi del trappeto non restano che
i ruderi: alla salsedine resistono ancora le mura esterne che fungevano da
cinta muraria e diverse finestre che davano sul mare. Il trappeto, che ha una
forma rettangolare, si divide in due ambienti: in fondo, sono ancora visibili
i resti di una vasca. Pare che in un certo periodo dell’anno, il trappetto fosse
utilizzato per pigiare l’uva, ma anche per la frangitura delle olive.(23)
Nel solo trappeto di Roccella, ricorda lo studioso Termotto, nonché nella fertile piana coltivata a cannamele, vi lavoravano circa un migliaio di persone (24)
Ogni trappeto poteva contare una
forte presenza di uomini, spesso
provenienti dal palermitano, dal
messinese o addirittura dalla
Calabria: «Ogni trappeto richiedeva quindi una imponente mobilitazione di manodopera, che per
Ficarazzi si reclutava soprattutto a
Petralia Sottana sulle Madonie se
non addirittura in Calabria, per
Galbonogara a Collesano, per
Roccella a Termini, Collesano,
Gratteri e ancora in Calabria» (25)
26
Lo zucchero di Roccella fu acquistato ovunque e richiamò l’attenzione di alcuni banchieri. Dal
caricatore di Roccella partivano
carichi di zucchero raggiungendo
Messina e quindi Venezia: le galere venete si dirigevano a Londra
ma soprattutto nelle Fiandre.
Figura 23: Chiesa di S. Giovanni di Roccella o di
San Cosma, possibile hospedalis e declassato in ranteria (foto di Salvatore Giuliano)
Per questa ragione, per 160 onze, i banchieri Giovan Pietro e
Giovanni Rigio, avevano comprato l’appalto delle gabelle della
Secrezia di Termini Imerese nel 1446, e nel 1481, 35 anni dopo, avevano rinnovato l’appalto per 225 onze annue, acquistando i terreni di
Roccella, compresi fra mare e montagna, in quanto erano sostanzialmente ricchi di acqua e di legname.(26)
L’antico magazzino dell’olio,[25] successivamente mutato in pagliera [25] è
un ambiente ad angolo che, rispetto ad altri edifici del borgo, si è in parte
conservato bene, L’interno del magazzino dell’olio risulta molto grande: in
fondo, sino agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso, c’era un arco a sesto
acuto con irregolari mattonelle rosse in cotto barbaramente distrutto. Del succitato arco, oggi non esiste più niente. L’ambiente angolare presenta quattro
finestre, di cui una murata, mentre due finestre davano sul trappeto.
Accanto alla pagliera [o antico magazzino dell’olio], c’è l’antica ranteria [24] che si affaccia sul cortile.(27) Secondo l’archeologa Rosa
Maria Cucco «la ranteria era il luogo in cui si custodiva il bestiame
durante la notte o dove erano rinchiusi gli animali randagi».
L’ edificio presenta alcuni elementi architettonici che fanno pensare ad
altro:un portale a sesto acuto e tracce di elementi sporgenti. (28)
Sembrerebbe una chiesa, forse quella di S. Giovanni o di S. Maria di
Roccella, (29) o ancora l’ospedalis, voluto dal conte Paolo Cicala.(30)
Accanto alla ranteria c’è l’antico palmento[23] molto ampio e di forma
rettangolare, con finestre interne quadrangolari, visibili fino a qualche
anno fa, con blocchetti squadrati di materiale tufaceo. Originariamente,
l’antico palmento, si presentava con ampie vasche per la pigiatura dell’uva e per la fermentazione del mosto. All’interno dell’antico opificio
c’erano diverse macine tipiche per polverizzare i cereali e frangere le
olive.
27
Figura 24: Ruderi del Magazzino del riso.
L’antico palmento si divideva in due ambienti rettangolari: uno molto
grande con una porticina che dava sul mare ed uno più piccolo.
Accanto al palmento c’è l’antica casa di Civello [30] e i ruderi di un
antico magazzino del riso [31] Quest’ultimo magazzino è costituito da
tre ambienti rettangolari in cui venivano depositati quantità di riso pronti per essere caricati. Prima ancora di giungere all’androne, si accedeva al magazzino del riso mediante un ingresso quasi angolare; mentre
da lato mare, c’era una grande porta (31) da dove si caricava il riso
pronto per essere imbarcato. (32)
Subito dopo il crollo degli zuccherifici siciliani, la canna da zucchero
fu sostituita con il riso: i trappeti di Ficarazzi e di Roccella furono trasformati, così come «i terreni in semineri e risaie» (33)
Ci sono dei riferimenti ben precisi che riguardano la registrazione di
due colture prevalenti: lo zucchero e il riso:
• 17 aprile 1657 da Cefalù, scaro di Roccella, pari 272 cant.* 29 e
riso cant. 71 in sacchi 55 [il cantàro non è altro che un’antica misura di peso, variabile dai 50 agli 80 chilogrammi]
• 22 giugno 1668 da Cefalù, scaro di Roccella, zucchero cant.
21,50; guastelli di zucchero cant. 10,27; riso sano sacchi 66,
cant.133,12 e riso cotto cant. 5,50. (34)
All’interno del cortile, ad angolo, ci sono i ruderi della robatteria [19],
sicuramente una taverna la cui struttura potrebbe identificarsi con una
bettola. Era un luogo in cui i forestieri andavano a rifocillarsi e a riposarsi dopo giorni di viaggio e di fatiche. (35)
28
Sull’esistenza di una bettola alla Roccella, databile intorno al XVIII
secolo, ce ne parla l’archeologa Rosa Maria Cucco , che riporta in una
nota un riferimento di Amico sulla presenza di una bettola “hospitatoria taverna satis ampla”. (36)
Figura 25: Robatteria tra la scala e i ruderi del magazzino dell’olio.
Tra la robatteria, [19] (locale adibito a taverna o a magazzino per riporre attrezzi da lavoro) e il magazzino dell’olio [21], è visibile la soglia,
con tre blocchi in pietra arenaria da taglio, parte del pavimento rosso in
cotto e la scala [20] in cui si contano dieci gradini. Accanto al magazzino di olio, ci sono i ruderi di due ambienti che sembrano coincidere
con la dispensa [22], in uno dei due ambienti si può notare la parte inferiore di un grosso recipiente di terracotta interrato. Sembrerebbe una
giara utilizzata per conservare l’olio o granaglie secche.
Dalla planimetria del borgo risultano altri edifici, circondati dalla cinta
muraria castellana. Accanto alla Casina Marengo, ci sono i ruderi di
una chiesa, forse la Chiesa di S. Maria di Roccella [5]; annessa alla
chiesetta la sagrestia [6], a forma triangolare. (37)
La chiesa, di origine medievale, era coperta da una volta a crociera.
Sembrerebbe che i quattro costoloni poggiassero su eleganti mensole tufacee. Del tetto non resta quasi nulla, se non un cumulo di detriti. Si può, invece, notare, l’interno delle vele della volta pieno di frammenti di anfore.
Secondo i racconti degli anziani, in questo edificio sacro c’era un affresco verginiano, di cui, purtroppo, si sono oggi perse le tracce. L’antico
edificio fu declassato successivamente in una abitazione privata che
sembrerebbe coincidere con la casa dei Rucciddari, cioè con i guardiani del borgo medievale. (38)
Tra la chiesa e la sagrestia non restano che poche tracce del pollaio o
colombaio [7].
Accanto alla sagrestia, si può vedere,
grazie agli ultimi lavori di pulizia, il
corpo sottostante ai magazzini [8], i
ruderi di una pagliera,[10] suddivisa in
due ambienti, nonché i ruderi di una
stalla[12] e di una grande stalla, [11]
dove sembrerebbe che, dalle osservazioni fatte dall’archeologa Rosa Maria
Cucco, ci fosse un’altra entrata per
accedere al borgo. (39)
Del giardinetto[9] non ci sono più tracce. Accanto alla stalla ci sono i ruderi
Figura 26: Rudere tra riposto caci e panetteria.
29
di una grande pagliera,[14] di una
panetteria [15]e di un riposto caci[16].
Dal porto caricatore di Roccella partivano carichi di granaglie secche e
grosse quantità di formaggio.
Adiacente al cortile interno [17] ci
sono i ruderi dell’antico opificio per
l’estrazione dell’olio di mirto [32].
30
All’interno del suddetto opificio si possono notare una ventina di vasche quadrangolari allineate e ancora in buono
stato di conservazione che, forse, in un
periodo precedente all’estrazione del
mirto, questi trogoli in pietra, a cielo
aperto, rivestiti in ardesia, apparentemente di un materiale impermeabile,
Figura 27: Panetteria e riposto caci.
color grigio, potevano avere diverse
funzioni: raccogliere l’acqua piovana o altri liquidi. Si può ipotizzare
che potessero servire per la tintura delle pelli, della seta e delle stoffe.
Se dal borgo di Roccella partivano
grosse quantità di pelli, sembrerebbe
che ci fosse in loco una conceria. (40)
Figura 28: Macine a ridosso dell’antico opificio dell’estrazione dell’olio di mirto.
Fino agli inizi del 2003 era ancora visibile un magazzino sotterraneo con volta
a botte, sottostante al succitato edificio,
stranamente scomparso con sei macine
di cui, oggi, a riprova di quanto detto,
restano le foto. Lungo la cinta muraria
del borgo, adiacente all’edificio di cui
sopra, ci sono i ruderi di una canaletta
di scolo, [35]collegata, mediante un
sistema idraulico, all’acquedotto dei
mulini. [34] (41) Del lunghissimo acquedotto medievale, il quale alimentava i
mulini portando l’acqua dell’omonimo
torrente, si conservano le arcate, in stile
romano, che si distendono per circa
Figura 29: Particolare delle vasche per la sedimentazione dell’olio di mirto.
31
Figura 30: Magazzino sotterraneo con volta a botte.
400 metri a sud dell’impianto normanno. Rimaneggiato più volte in diverse epoche, l’acquedotto è connesso ai mulini. [36] Lungo l’acquedotto è
ancora visibile la canaletta a sezione rettangolare.
32
Figura 31: Acquedotto dei mulini con arcate.
Figura 32: Acquedotto e cinta muraria.
A circa 200 metri dai mulini, si possono vedere i ruderi dei silos in cui
si conservavano le granaglie: orzo, ma principalmente grano e altri
cereali. (42)
Si distinguono diversi tipi di archi: archi con ghiera in laterizio e con
ghiera formata da blocchetti squadrati di arenaria. Nel complesso gli
archi sono diversi in quanto si caratterizzano per la presenza di mattoni, di grosse pietre e di frammenti ceramici. (43)
Di fronte all’acquedotto, fuori dalla cinta muraria del borgo, l’antica
saponera [38] costeggia una stradina sterrata, forse tracciata nel
Medioevo. (44) All’interno della saponera sono stati rinvenuti frammenti
ceramici , nonché frammenti da cucina. (45)
33
Figura 33: Antica saponera fuori la cinta muraria castellana.
Accanto alla saponera c’è uno stallone[39], che, nella planimetria del
1901, corrisponde al magazzino incentisto, suddiviso in due ambienti:
uno rettangolare, l’altro quadrato. Non lontano dalla saponera c’è un
antico pozzo, che originariamente appartava al borgo. Oggi il suddetto pozzo appartenente ad un privato, si trova all’interno di un villino.
I mulini, [36] collegati all’acquedotto, mediante un sistema idraulico,
risalgono al 1145. A Bosone, vescovo di Cefalù, spettavano i diritti
«delle dogane di mare e di terra», del macello del bestiame ed in particolare «i dazi sulla macinatura e i forni»: {Praecipimus et firmamus
quod molendinarii nostrorum molendinorum Roccellae unum legitimum
tumulum de duhana pro molitura de cetero tantum accipiant, nec ampliuseurom molitarum audeant augmentare}. (46) Secondo il Garufi i mulini
risalgono intorno al 1157, ma un diploma del 1169, datato dal Noto,
ne attesta con certezza la costruzione dei mulini. (47) L’attività molitoria
durò circa otto secoli sino alla vigilia della Prima Guerra mondiale. (48)
34
Figura 34: Cinta muraria e ingresso al primo mulino.
Presso i mulini ci sono tre cortili diruti. [33]
Sottostante ai due mulini [36] c’è un grande ambiente con volta a botte
in cui appaiono ancora i segni dell’acqua.
Pare che questo ambiente sotterraneo, fosse collegato con un cunicolo
piuttosto stretto e misterioso il quale aveva, secondo i racconti degli
anziani del secolo scorso, una duplice funzione: la prima funzione,
sicuramente quella più enigmatica, era legata ad un passaggio segreto per sfuggire ai pirati; la seconda, invece, serviva da canale sotterraneo, da dove si poteva attingere dell’acqua per far funzionare i mulini, soprattutto durante l’esportazione del grano. Sembrerebbe che in
questo ambiente fossero lasciati morire i prigionieri.
Figura 35: Interno del secondo mulino e particolare
di una macina.
Figura 36: Particolare della canaletta di scolo con
colatoio in pietra arenaria.
Si racconta che questo cunicolo fosse così stretto, tant’è che poteva essere attraversato da un cavaliere o da un uomo piegato sulla groppa di un cavallo. (49)
Da una lunga canaletta di scolo scorreva l’acqua che, mediante un
sistema idraulico, raggiungeva un’altra canaletta a sezione rettangolare [da dove si poteva vedere un colatoio in pietra arenaria] ed infine
l’antico bevaio [37]. (50)
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Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, [Il Castello e il
Borgo di Roccella: l’acquedotto dei mulini], estratto inedito, da: Miscellanea –
Comparazione tra il Borgo di Roccella ed il nuovo centro abitativo, 2005-2008.
Planimetria dell’impianto normanno della Roccella (Pianta P.T. Borgo, dal rilievo
iconografico del 1901, scala 1: 500).
Regione Siciliana. Centro Regionale per l’Inventario, la Catalogazione dei Beni
Culturali e Ambientali – Castelli medievali di Sicilia. Guida agli itinerari castellani dell’isola, Grafiche Renna – Palermo, aprile 2001, pag. 356.
Castelli medievali di Sicilia, op. cit., pag. 356 – Planimetria (da Santini 1984).
Corrao, Pietro , Un castello, un assedio, un territorio: La Roccella, 1418. (Parte
prima), pag. 44.
Santini, Antonio, Il Castello di Roccella, pag. 11, pag. 14.
Cucco, archeologa Rosa Maria, Himera – III. Prospezione archeologica nel territorio. La Roccella: castello medievale, «L’Erma» di Bretschneider – Roma 2002,
pag. 296. Cfr. Maurici, Ferdinando, Il Castello di Roccella. Sic. Arch. 85/86
1994 Anno XXVII, pag. 54.
Mazzarella, Salvatore – Zanca, Renato, Il libro delle Torri, Sellerio Editore Palermo,
1985, pag. 13. Cfr. Fiorini, Andrea, Il Castello di Roccella: analisi archeologica
di un sito fortificato medievale, Tesi di Laurea in Archeologia Medievale,relatore,
prof. Andrea Augenti, Università degli Studi di Bologna – Facoltà di Conservazione
dei Beni Culturali, I Sessione, anno accademico 2001 - 2002 , cap. 1, pag. 6.
Castelli medievali di Sicilia, op. cit., pag. 356
Maurici, Ferdinando, La Roccella, una finestra sul Tirreno, Kalós, anno VIII n. 5
settembre/ottobre 1996, pag. 33.
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, [Il Castello e
il Borgo di Roccella: l’acquedotto dei mulini], op. cit.
Farinella, Savatore, I Ventimiglia – Castelli e dimore di Sicilia, Editori del Sole,
Tipografia Lussografica di Caltanissetta, giugno 2007, pag. 210.
Farinella, Savatore, I Ventimiglia – Castelli e dimore di Sicilia, op. cit. [Analogie
con gli edifici normanni dell’XI secolo (Castelli di Motta S. Anastasia, Adrano,
Paternò) e con alcune costruzioni dell’epopea federiciana del XIII secolo, (Torre di
Enna, Castello di Paternò)], pag. 211.
Castelli medievali di Sicilia, op. cit., pag. 356
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, [Il Castello e
il Borgo di Roccella: l’acquedotto dei mulini], op. cit.
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit.
Cfr. Castelli medievali di Sicilia, op. cit., pag. 356; cfr. Farinella, Savatore, I
Ventimiglia – Castelli e dimore di Sicilia, op. cit., pag. 210.
Cfr. Ivi, pag. 356. Ivi, pag. 210
Farinella, Savatore, I Ventimiglia – Castelli e dimore di Sicilia, op. cit., pag. 210.
Cfr. Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit.
Farinella, Savatore, I Ventimiglia – Castelli e dimore di Sicilia, op. cit., pag. 211.
Cfr. Cfr. Castelli medievali di Sicilia, op. cit., pag. 356.
Farinella, Savatore, I Ventimiglia – Castelli e dimore di Sicilia, op. cit., pag. 210.
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Planimetria dell’impianto normanno della Roccella (Pianta P.T. Borgo, dal rilievo
iconografico del 1901, scala 1: 500).
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit. cfr.
Planimetria del 1901.
Termotto, Rosario, Una industria zuccheriera del Cinquecento: Galbonogara;
Mediterranea Ricerche Storiche, estratto, n. 3 aprile 2005, pag. 47.
Osservazioni di Termotto Rosario sullo zucchero di Roccella, attualmente sta lavorando sul trappeto di Roccella.
Trasselli, Carmelo, Storia dello zucchero siciliano, Salvatore Sciascia Editore,
Caltanissetta – Roma, 1982, pag. XXIII. (Premessa a cura di Orazio Cancila), op.
cit. pagg. 191-192
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit., cfr.
Planimetria del 1901.
Il Castello di Roccella., Cucco, archeologa Rosa Maria, pagg. 301-302
Nicotra, Francesco, Dizionario Illustrato dei Comuni Siciliani, Campofelice.Monografia, in collaborazione con Cipolla, avv. Pasquale, pag. 24.
Cipolla, avv. Pasquale riporta: [La chiesa stessa di S. Giovanni e di S. Maria, fu
trascurata e cadde in rovina],– I Prolegomeni alla Pia Fondazione Cicala. Per gli
Ospedali di Cefalù e di Roccella (con una nota sulla fidecommissaria Raggio) –
Palermo Stab. Tip. Luigi GAIPA fu Salv., 1903, pag. 17
Planimetria del 1901.
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit.
Trasselli, Carmelo, op. cit., pag. 298.
Ivi, pag. 316. [Il cantàro* non è altro che un’antica misura di peso, variabile dai
50 agli 80 chilogrammi]
Planimetria del 1901.
Cucco, archeologa Rosa Maria, op. cit. , pag. 305
Cucco, archeologa Rosa Maria, op. cit. , pag. 307, cfr. Restivo, Giuseppe, Note
ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit. Relativamente all’edificio n. 19
è riportata l’osservazione della prof.ssa Pietra Bellitto Grillo sulla duplice funzione della Robatteria.
Cucco, archeologa Rosa Maria, op.cit., cfr. Restivo Giuseppe.
Ivi.
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit.
Ivi.
Ibidem.
Cucco, archeologa Rosa Maria, op. cit., pag. 304.
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit.
Cucco, archeologa Rosa Maria, op. cit., pag. 304.
“Della mensa vescovile di Cefaù”, pagg. 13-14
Cucco, archeologa Rosa Maria, op. cit., pag. 302.
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni, op. cit., [Dai racconti degli anziani].
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni, op. cit., [Dai racconti del professore
Domenico Sarà].
Restivo, Giuseppe, op. cit., Planimetria.
Ivi.
39
IL PORTO CARICATORE E LA TONNARA DI ROCCELLA
a cura del prof. Giuseppe RESTIVO
La tonnara di Roccella
Le prime notizie sulla tonnara di Roccella risalgono al 1157 in concomitanza con l’attività molitoria. Di proprietà del vescovo di Cefalù, la
tonnara di Roccella passò a Collesano, poi successivamente rientrò nei
confini della chiesa nel 1205. (1)
L’avv. Pasquale Cipolla parla di un giardino vicino la tonnara, ma a
quanto pare è collocato in contrada Pantano.(2) La tonnara, di proprietà
della Chiesa, pare che sorgesse ad est dello sperone roccioso, a levante dell’omonimo torrente, ma rimane tuttavia un’ipotesi poiché non sappiamo con certezza dove fosse collocata. Il fatto però che attorno alla
torre, «in riva al mare, si sviluppò la borgata di pescatori», fa pensare
che a Roccella, sin dalla sua fondazione, esisteva già una tonnara.(3)
Parlando di uno dei più importanti caricatori del regno, Nicotra menziona la tonnara di Roccella: «Fu Roccella uno dei più importanti caricatori del regno, e negli antichi tempi luogo di tonnara».(4) Agli inizi del
XIV secolo«la tonnara risulta di proprietà dei Ventimiglia con l’obbligo
di dare una decima di tonnina all’Abbazia dei Monaci Basiliani di
Santa Maria di Pedale» (nei pressi di Collesano)»(5). Approfittando
delle controversie tra la diocesi di Cefaù e Collesano, il principe LanzaBranciforte, acquistò la tonnara di Roccella trasferendo l’attività a
Trabia, nella sua città natale, dove possedeva un’atra tonnara portando al degrado quella di Roccella, «e dunque, pur pagandone il censo,
la lasciò decadere».(6)
Tenendo conto dei dati forniti dal professore Sarà, pare che la tonnara di Roccella fu attiva dal 1157 al 1450.(7)
Il porto caricatore di Roccella
Un documento del 1371 attesta a Roccella l’esistenza di un caricatore
di granaglie e la facoltà, da parte del conte Francesco Ventimiglia, di
estrarre 2.000 salme di grano ogni anno. (8)
Già l’11 maggio del 1338 sbarcò Roberto d’Artois presso la Roccella
con la sua flotta per fornirsi di acqua e vettovaglie. (9)
41
La costruzione della Torre-castello, difensiva e residenziale, servì a
dare più prestigio ai Ventimiglia. Nel momento in cui Francesco II si
insediò a Roccella, volle assicurare alla sua contea: «uno sbocco marittimo fuori dal novero dei porti autorizzati all’esportazione, e quindi
fuori da ogni controllo doganale» (10)
A differenza di altri caricatori, quello di Roccella era esente dagli obblighi doganali sul frumento e sulle merci imbarcate. (11) Ecco il motivo per
il quale il caricatore di Roccella fu un caricatore privilegiato sia per la
commercializzazione che per l’esportazione dei prodotti della contea
ventimigliana. (12)
Attivo sin dal 1371, il porto caricatore di Roccella fu un porto minore
ma importante per l’esportazione di granaglie.
42
Sembrerebbe che l’area, in cui si collocava il porto caricatore, fosse di
fronte ad un complesso bastionato, che culminava a strapiombo sul
mare. Nelle adiacenze del caricatore c’erano i magazzini per lo stoccaggio. Un pontile precario consentiva alle piccole imbarcazioni di
raggiungere le navi ancorate che stavano al largo, e quando il mare
lo permetteva, vi si accostavano a riva le barche cariche di merci.(13)
Nel 1394 il conte di Collesano chiede di concentrare a Roccella i frumenti provenienti dai suoi feudi e di esportarli senza l’imposizione
regia per [sou minu impachu](14)
Nel 1396 i sovrani Martino e Maria impongono il dazio ed il controllo sulle esportazioni di grano a Roccella da parte dei viceportulani
regi. (15) I Ventimiglia diedero filo da torcere ai reali di Spagna, poiché
a differenza di altri feudatari, erano esenti da ogni tipo di dazio.
Dato che i Ventimiglia si rifiutavano di pagare le imposte, nel 1418 il
Castello fu assediato seriamente dalle guardie regie: dopo lo sparo di
alcuni colpi, i conti si arresero. (16)
A fornirci un panorama più completo della carta portuale siciliana è il
registro del Maestro Portulano del 1500-1501. Da questo registro si
evince che, tra i 32 porti e caricatori dell’epoca, risultava anche il caricatore di Roccella.(17)
Agli inizi del ‘500 i più importanti “caricatoi” o porti del grano erano
12, e più precisamente i cosiddetti porti di granaglie: «Catania, Bruca
(Brucoli), Terranova (Gela), Licata, Girgenti, Sciacca, Siciliana,
Mazara, Marsala, Castellamare, Solunto, Termini e Roccella». Da que-
sti caricatoi venivano estratti «circa 230.000 salme di grano all’anno
su una estrazione totale di 260.000 salme»; (18) da Roccella invece
2066 salme all’anno. (19)
Il caricatore di Roccella era specializzato nel commercio del grano. Da
qui partivano altri prodotti: olio, zucchero, frutta secca, pesci salati,
pelli e seta. (20)
Nei primi anni del ‘600, «il movimento marittimo di Palermo era alimentato soprattutto dal cabotaggio locale: la maggior parte delle
imbarcazioni erano dirette per “infra regno” (1.790 contro 789 per
“fora regno”) e quasi tutte provenivano da porti e approdi siciliani.» Si
calcola intorno a 2.309 imbarcazioni, per la maggior parte provenienti «da Messina (681), Termini (363), Trapani, (305), Mazara (120),
Cefalù (110), Castellamare del Golfo (104), Naso (96), Patti (90),
Milazzo (67), Siracusa (53), Brolo (35), San Marco (34), Marsala
(34), Caronia (22), Tusa (20), Sciacca (16), Roccella (8), Acquedolci
(8), Mistretta (8), Sant’Agata (5), Pozzallo (4), Augusta (4), Agrigento
(3), Taormina (3), Catania (3), Vindicari (2), Buonfornello (2), Licata
(2), Olivarella (1) e Noto (1).» (21)
Il caricatore di Roccella fu attivo nel ‘600 e nel ‘700, ma in misura
minore rispetto all’epoca dei Ventimiglia. Già intorno al 1788 al caricatore non potevano avvicinarsi navi da carico mentre nel 1847 si
menziona un servizio di cabotaggio tra Cefalù e Termini Imerese, il
quale attracca ad est della foce del fiume Roccella, lato Cefalù, dove
appunto esisteva il caricatore. (22)
Nel caricatore di Roccella approdò nella prima metà del ‘700, il celebre paliotto d’altare in argento; ed una volta approdato al molo, partì
poi per la volta della Chiesa Matrice per arrivare a Collesano a dorso
di mulo: « Il paliotto approda felicemente al molo di Roccella e occorrono tre tarì per [orgio a due mule malandate a pigliare detto palio.] » (23)
43
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Sarà, Raimondo , Dal mito all’aliscafo, Finestra n. 6, La rupe di ferro, Storie di
tonni e di tonnare, pag. 86; cfr. D’Amico F.C. /Duca d’Ossada), 1816 –
Osservazioni pratiche intorno la pesca, il corso, il cammino dei tonni, Messina.
Nicotra, Francesco – Dizionario Illustrato dei Comuni Siciliani – Campofelice –
Monografia, compilata con la collaborazione dell’avv. Pasquale Cipolla, Palermo
Società Editrice, 1907, pag. 17.
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni a cura dell’autore, [La tonnara di
Roccella]. Cfr. Vallone, Giovanni, I Castelli della Sicilia, Newton Compton Editori,
ottobre 2005, pag. 174.
Nicotra, Francesco, Dizionario Illustrato dei Comuni Siciliani – Campofelice –
Monografia, compilata con la collaborazione dell’avv. Pasquale Cipolla, Palermo
Società Editrice, 1907, pag. 20.
Sarà, Raimondo, op. cit. pag.86.
Ivi, pag. 86.
Ivi, in riferimento all’anno di fondazione di chiusura della tonnara.
Regione Siciliana. Centro Regionale per l’Inventario, la Catalogazione dei Beni
Culturali e Ambientali – Castelli medievali di Sicilia. Guida agli itinerari castellani dell’isola, Grafiche Renna – Palermo, aprile 2001, pag. 356. Cfr. Mazzarese
Fardella 1983, pag. 90, doc. 28.
Farinella, Salvatore, I Ventimiglia – Castelli e dimore di Sicilia, Editori del Sole,
giugno 2007, pag.209; cfr. Piero Corrao, I Ventimiglia, pag. 33.
Castelli medievali di Sicilia. Guida agli itinerari castellani dell’isola, op. cit., pag.
355; cfr. Michele da Piazza, pag. 63.
Castelli medievali di Sicilia. op. cit., pag. 210.
Ivi, pag. 209, cfr. Giuffrè – I Castelli, pag. 28
Restivo Giuseppe, Note ed osservazioni a cura dell’autore, [il porto caricatore di
Roccella]. Cfr.Trimarchi, ing. Michele, Recupero e Riutilizzo Torre Roccella – Note
e osservazioni, Campofelice di Roccella, 20 febbraio 2002, pag. 6
Castelli medievali di Sicilia. Guida agli itinerari castellani dell’isola, op. cit., pag.
355; cfr. Corrao, Pietro, 1988, pag. 60.
Cucco, archeologa Rosa Maria, Himera – III. Prospezione archeologica nel territorio. La Roccella: castello medievale, «L’Erma» di Bretschneider – Roma 2002,
pag. 303.
Corrao, Pietro, Un castello, un assedio, un territorio: la Roccella, 1418 (Parte
seconda), pagg.66-67
D’Angelo, Michela, Porti e traffici marittimi in Sicilia tra Cinquecento e Seicento,
pag. 82, da – [Sopra i porti di mare – III Sicilia e Malta], a cura di Giorgio
Simoncini, L’Ambiente Storico – Studi di Storia Urbana e del Territorio, Leo S.
Olschki Editore MCMXCVII, settembre 1997. Cfr. Aymard, M., Le blé de Sicile ,
da [Commerce et production de la soie sicilienne aux XVI-XVII siècles, in
«Mélanges d’archéologie et d’Histoire»], 1985.
D’Angelo, Michela, Porti e traffici marittimi in Sicilia tra Cinquecento e Seicento,
[I porti minori], pag. 82, op. cit. pag. 97.
Ivi, pag. 98; cfr. Trasselli, Carmelo, Porti e scali.
20
21
22
23
Ivi, pag. 98.
Ivi, pag. 106; [Navi e rotte].
Cucco, archeologa Rosa Maria, op. cit., pag. 304, a cui l’archeologa fa riferimento sia a Burigny sia a F. Arancio (Sicilia antica e moderna, 1847. Biblioteca
Comunale di Palermo).
Termotto, Rosario, Orafi e argentieri nei paesi delle Madonie – Note d’archivio,
agosto 2002, pag. 8, pag. 23.
45
LA FESTA DELL’ASCENSIONE DEL CASALE DI ROCCELLA.
IL MISTERO DELLE DUE CHIESE:
SAN GIOVANNI E SANTA MARIA DI ROCCELLA
a cura del prof. Giuseppe RESTIVO
LA FESTA
DELL’ASCENSIONE DEL
CASALE
DI
ROCCELLA
Il mistero delle due chiese: San Giovanni e Santa Maria di
Roccella (1)
Accanto alla Casina Marengo [2,3,4] (2), che si elevava ad un piano,
si possono notare i ruderi della Chiesa di Santa Maria di Roccella o di
Santa Maria Vergine di Roccella, [5] costruita intorno al 1218, (3) aperta al culto, si ipotizza, tra il 1222 e il 1223. Pare che la chiesa dipendesse da Santa Maria di Montevergine, il cui monastero si trova in
Campania, a 20 km da Avellino. (4)
47
Figura 37: Chiesa di Santa Maria di Roccella.
Figura 38: Chiesa Santa Maria di Roccella.
48
Nel 1218 il borgo di Roccella, divenuto “grangia”, era già un importante centro economico e sociale sotto il controllo di Montevergine. (5)
Nel maggio del 1219 l’imperatore Federico II confermò al Monastero
di Montevergine il legittimo diritto sul tenimento di Roccella, compreso
quello della Chiesa di S. Maria (6): gli stessi privilegi furono confermati
nel luglio e nell’ottobre del 1221 (7).
Nel dicembre del 1224 Arduino, vescovo di Cefalù dichiarò di aver acquistato la Chiesa di S. Maria subito dopo che riparò i mulini della Roccella. (8)
Sembrerebbe che la Roccella, e quindi la chiesa dedicata alla Madonna,
appartenessero al Monastero di Montevergine, i cui privilegi furono confermati da Federico II nel febbraio del 1223; da papa Onofrio III, (forse la stessa bolla si riferisce alle due chiese: S. Giovanni di Roccella [di proprietà della
diocesi cefaludese] e S. Maria di Roccella a Montevergine); nell’aprile del
1261 da papa Alessandro II e nel gennaio del 1264 da papa Urbano IV. (9)
La Chiesa di S. Maria era coperta da una volta a crociera, i cui quattro costoloni poggiavano sicuramente su eleganti mensole tufacee.
Collegata da una porticina interna, si accedeva alla sagrestia [6], ricoperta da una volta a crociera così come la Chiesa, quest’ultima nota
per la Festa dell’Ascensione del Casale.(10)
Secondo l’archeologa Rosa Maria Cucco, non ci sono dubbi che l’edificio n.5 possa corrispondere ad una chiesa probabilmente medioevale e che possa coincidere con la planimetria del borgo del 1901, ma
della suddetta chiesa non si hanno notizie attendibili né documenti che
attestino che questo sia l’edificio sacro appartenente al Monastero di
Montevergine. C’è da dire anche, che questo edificio ha avuto dei rifacimenti, dato che sulla stessa chiesa è stato rinvenuto il pavimento del
primo piano. (11)
Pare che quando il borgo fu declassato, questo edificio fosse abitato
insieme alla casina Marengo dai “Rucciddari” (12)
Sta di fatto che alla Roccella esistevano almeno due chiese: la Chiesa
di San Giovanni di Roccella costruita tra il 1134 e il 1135 ed aperta al
culto intorno al 1136, e la Chiesa di Santa Maria di Roccella del 1218.
A quanto pare questo edificio religioso sembra coincidere sia con l’edificio divenuto successivamente una ranteria [24] sia con la Chiesa di
Santa Maria di Roccella a cui ho fatto riferimento prima.
Invece, dai racconti degli anziani sull’esistenza di un affresco verginiano, ormai andato distrutto, l’edificio n. 5 sembra corrispondere alla
succitata chiesa. (13)
Durante un sopralluogo effettuato dall’archeologa Cucco, dalla Chiesa
di S. Maria sono venuti fuori «dei frammenti di intonaco beige-senape»: è ciò che rimane, secondo lei, dell’antico affresco verginiano che
stranamente il Nicotra non ha mai menzionato. (14)
In collaborazione con Francesco Nicotra, autore del Dizionario Illustrato
dei Comuni Siciliani, l’avv. Pasquale Cipolla, scrisse una Monografia su
Campofelice, pubblicata nel 1907. In questa monografia, l’avv. Cipolla
sostiene che «Attaccati al castello esistono gli avanzi di un’antica chiesa, forse quella di S. Giovanni o di S. Maria, di cui è menzione nei
diplomi della Chiesa di Cefalù, dal secolo XII al secolo XVI. Notevole
soltanto l’arco della porta esterna a sesto acuto. In questa chiesa celebravasi annualmente sin quasi al 1860 la festa dell’Ascensione, a spese
degli antichi feudatari e dei loro gabellotti, con grande concorso di
gente dai paesi vicini e specialmente da Collesano» (15)
A questo punto sorge il dubbio. Non si sa con esattezza in quale delle
due chiese fosse celebrata la festa dell’Ascensione, anche se secondo
i racconti degli anziani [e a mio avviso dicono la verità], sembra che
49
il luogo di culto fosse l’edificio n. 5. Sta di fatto che essa fu celebrata
annualmente dalla prima metà del XIII secolo sino al 1860, a prescindere dal fatto se fosse la Chiesa di San Giovanni, dipendente dalla
potente Chiesa di Cefalù o quella di Maria di Roccella di
Montevergine.(16) Secondo l’archeologa «nel borgo, tra il 1223 ed il
1224, coesistettero due chiese diverse». (17)
L’ing. Michele Trimarchi, in uno studio sul Recupero e riutilizzo della
Torre Roccella, ha riportato alcune note storiche afferenti le chiese collocate a Roccella. Della Chiesa di San Giovanni si dice che: «nel 1136
l’Abbate del Monastero della SS. Trinità di Mileto concesse alla Chiesa
di Cefalù le due chiese di S. Giovanni di Roccella e S. Cosma, con pertinenze e villani». (18)
50
Nell’anno 1136 sono documentate due chiese nel borgo normanno di
Roccella. A quanto pare qui c’erano più di due chiese, ma sulla Chiesa
di S. Cosma le notizie sembrano piuttosto dubbiose. La suddetta chiesa
probabilmente coesisteva con l’ex Chiesa di San Giovanni di Roccella,
ma di quest’ultima chiesa che, ritroviamo menzionata in varie bolle del
1169, del 1172 e del 1178, non vi era più traccia dal 1392. (19) Ma la
fonte più antica risale al 10 ottobre del 1098, grazie ad una bolla pontificia di Urbano II, il cui documento sancisce il possesso della succitata
chiesa da parte della S.S. Trinità e di S. Michele Arcangelo di Mileto.(20)
Ancora più misteriosa è la Chiesa di Santa Maria di Roccella benché
più volte confermata dai papi Onofrio III e Urbano IV, nonché dall’imperatore Federico II, che data l’importanza militare, decise di tenervi
una guarnigione regia. (21)
Osservando attentamente la planimetria del borgo normanno degli
inizi del XX secolo, accanto alla pagliera, ex magazzino dell’olio, [25]
c’è un’antica ranteria [24].
Sembrerebbe una stalla dato che qui veniva messo al riparo il bestiame: soprattutto cavalli ed asini.
Tutto questo sembra assurdo considerando che l’edificio menzionato, inizialmente come Chiesa di San Giovanni, poi come Chiesa di S. Cosma,
successivamente come ospedalis tra il 1183 (22) e il 1205 per concessione del conte Paolo Cicala, al fratello Giovanni, vescovo di Cefalù, sia
infine diventata una stalla, se nonché una ranteria per consentire ai forestieri o ai viaggiatori di mettere al riparo asini e cavalli. (23)
Figura 39: Particolare dell’anta destra del portale della Chiesa di San Giovanni
Alcune date confermano l’esistenza degli Ospedali riuniti di Roccella e
di Cefalù in mano ai frati ospedalieri: l’anno 1346 a riprova di un’inchiesta ordinata da fra Galgano vescovo e l’anno 1385 afferente la
distruzione da parte dei Ventimiglia dell’antico vestigio (24)
Più che un ospedale, fu una sorta di ospizio in cui venivano curati i poveri, gli infermi, i pellegrini, i viandanti visto l’afflusso dei viaggiatori alla
Roccella e nell’entroterra madonita. Grazie all’ospizio di Roccella, si garantivano ai viaggiatori le cure ed ogni tipo di assistenza, in caso di morte, gli
stessi avevano diritto ad una degna sepoltura. Il diritto di seppellire gli uomini di passaggio risale all’epoca di Arduino, del vescovo di Cefalù. (25)
I viaggiatori, erano talvolta musulmani, greci, normanni, crociati e persino pellegrini (24); pare che qui arrivassero, [aggiunge l’insegnante
Termotto Rosario, durante un incontro con gli alunni della 3^ C], molti
pellegrini provenienti dai centri madoniti e da altri villaggi dell’isola,
diretti in Spagna, a Santiago de Compostela. (26)
Il borgo di Roccella era noto anche ai commercianti di zucchero e di
seta, provenienti da Messina, da Napoli, da Genova, da Venezia; era
nota infine ai banchieri provenienti persino dalle Fiandre, dalla
Catalogna e dalla Provenza. (27)
51
Come sostiene l’archeologa Rosa Maria Cucco l’edificio n. 24, il quale
coincide con la ranteria, è un edificio sicuramente importante visto gli elementi architettonici ancora visibili. Pertanto, il succitato edificio, pur essendo stato declassato in una stalla per accogliere gli animali domestici,
doveva necessariamente essere un monumento; tant’è che ancora oggi, si
possono notare all’interno i beccatelli o i mensoloni tufacei o in arenaria
che molto probabilmente dovevano sorreggere gli archi; all’esterno invece si conserva quasi intatta la parte dell’anta destra a blocchetti squadrati del portale, sormontato da un arco tufaceo a sesto acuto. (28)
52
Sempre dello stesso edificio, l’archeologa arriva ad una conclusione:
«La ranteria era il luogo in cui si custodiva il bestiame durante la notte
o dove erano rinchiusi gli animali randagi. Probabilmente tale utilizzo
dell’ambiente n. 24 è tardo e contemporaneo alla redazione della pianta, poiché sono presenti in esso elementi architettonici che fanno pensare ad un uso precedente
“più nobile”. Si conserva
parte dell’anta destra a
blocchetti squadrati del
portale, che era sormontata da un arco a sesto
acuto; all’interno, sulle
pareti Est ed Ovest, rimangono tracce di elementi
sporgenti, posti ad intervalli regolari, che poggiano su mensole ad altorilievo. Queste sono identiche
ad altre due, molto erose,
conservatesi all’interno
dell’ambiente con copertura a volta, situato sulla
punta settentrionale del
promontorio». (29)
L’ambiente di cui parla
l’archeologa corrisponde
ad una cupola emisferica,
denominata “Stanza a
cupola”. (30)
Figura 40: Particolare della Stanza a cupola.
Figura 41: Stanza a Cupola
53
Figura 42: Particolare di due mattonelle (c. 14x14) delle parti basamentali del Palatium dei Ventimiglia
con motivi floreali, “campanule”, disposte in dialoganale.
Figura 43: Frammenti di ceramica con motivi floreali e con decorazioni a treccia in stile arabo.
54
Figura 44: Fortino bastionato - lato est.
Dell’antico ambiente con copertura a volta, molto probabilmente è
quanto resta di una cappella, di cui si conserva memoria alludendo
anche alla «stanza della morte» in quanto qui venivano impiccati i traditori, cristiani o musulmani. (31)
Si pensa ad una struttura pre-normanna, forse bizantina. La cupola,
detta anche emisferica, con spazio centrico e a pianta circolare, presenta infatti vistose quantità di una gittata di cocciopesto, la cui struttura a forma di cupola , sezionata da più crolli, si è ridotta ad un mucchio di detriti. Tuttavia è possibile ancora oggi vedere gli avanzi di un
beccatello tufaceo simile a quello dell’edificio n. 24. Della stessa struttura, posizionata sullo sperone roccioso in cui si elevava un corpo di
fabbrica, faceva parte una scala esterna, a chiocciola, sicuramente
normanna, la quale portava al piano superiore.
Sino alla fine del 1991, era possibile notare alcuni gradini della succitata scala. (32)
Anche Santini ritiene che la struttura fosse una cappella situata sullo
sperone a picco sul mare. «estremo limite difensivo e forse unico
baluardo contro l’attacco dei pirati». (33)
Ritornando alla Festa dell’Ascensione del Casale, più conosciuta come
[“A’ festa di l’Ascinsioni du Casali”], secondo gli ultimi anziani degli inizi
del secolo scorso, la festa di cui ci occuperemo adesso fu celebrata ripetutamente dal medioevo, forse nella prima metà del XIII secolo sino al
1860, dapprima a Roccella poi a Casale di Roccella, ma era molto viva
la tradizione di andare in processione nell’antico borgo normanno.
Si riportano di seguito alcuni degli avvenimenti giunti a noi grazie ai
racconti degli anziani di Campofelice di Roccella degli inizi del secolo scorso:
- Si festeggiava dopo 6 settimane circa dalla Pasqua; tra aprile e
maggio di ogni anno. Si rievocava (tutt’ora è così nella Chiesa
Cattolica) la salita di Gesù Cristo: l’Ascensione del Signore.
- Molto suggestivo era il corteo con quadri relativi all’Ascensione del
Signore: vi partecipavano i monaci dei conventi vicini. (34)
- Sulla Torre svettava inizialmente il vessillo dei Ventimiglia, poi successivamente quello della famiglia Agliata o Alliata. (35).
55
- Gli abitanti assistevano a piccole rappresentazioni teatrali, forse a scene
che richiamavano i combattimenti della potente famiglia ventimigliana
grazie ai giovani del luogo i quali si improvvisavano attori; talvolta abili
cantastorie raccontavano quasi mimando storielle sacre e profane. (36)
- Interessante era la fiera del bestiame all’interno e fuori del borgo. Il
mercato veniva allestito all’interno dell’ampio cortile: si vendevano
prodotti locali, vestiario e strumenti agricoli. (37)
- Suggestiva era la corsa dei cavalli,
rebbe di origine medievale. (39).
(38)
forse ventimigliana, sembre-
- Venivano addobbati l’androne [18], la porta di accesso al mare,
subito dopo le case dirute [27], un ingresso secondario nelle adiacenze della grande pagliera [13], ed infine la rampa scalare della
Torre [1] ed il cortile [29], con corde ghirlandate di oleandri fioriti
e altri fiori locali (40)
56
- Era la festa degli innamorati: difatti, prima di sposarsi, la fidanzata,
originaria di Collesano o di altri paesi madoniti, chiedeva al suo
futuro sposo, come dote e pegno di matrimonio, di portarla almeno
una volta al borgo di Roccella o a Casale di Roccella, per prender
parte alla festa dell’Ascensione. Sul finire degli anni ’70 del secolo
scorso, si raccontava ancora che il fidanzato, il quale aveva giurato fedeltà alla futura sposa, aveva l’abitudine di canticchiare alcuni
versi sulla festa del Casale: «Bedda ci vo’ veniri ô Casali, ca’ nni
Cipudda ci sunnu cammiri bboni …? Bedda ci vo’ veniri ô Casali,
pri la festa di l’Ascinsioni ca’ nni Giammaria ci sunnu cammiri
bboni…?». Mentre la fidanzata rispondeva cantando: «Certu ca’ ci
vegnu, ca’ me patri cci u’ pirmittisti, a vidiri puru a’ cursa di cavaddi!!!…» (41)
- I forestieri alloggiavano un tempo presso la Casina Marengo, la
Robatterria, l’antica taverna di Roccella, situate nel borgo medioevale;successivamente sul finire dell’800 e gli inizi del ‘900, quando il
nuovo centro era stato fondato da oltre cento anni, presso la casa
della famiglia Cipolla, nell’Albergo «Miramare» o presso amici e
parenti, o nei vicini bagli; altri ancora arrivavano via mare mediante feluche sbarcando nell’antico porto caricatore di Roccella; altri
ancora giungevano infine in vettura visto che, in passato, Casale di
Roccella, fu un’antica stazione di posta per il cambio dei cavalli tra
Cefalù e Collesano. (42)
- Dopo 160 anni dalla fondazione del nuovo nucleo abitativo, la festa
fu riproposta a Campofelice, e le spese per tale festa furono pagate al vicario curato dai signori feudali di Roccella fino al 1892,
all’epoca la rendita fu di onze 28. (43)
- Fu proposta altre volte a spese dei fedeli perdendo il fascino ed il
mistero d’un tempo, sino a quando venne dimenticata, ma le prime
generazioni degli inizi del ‘900, avevano l’abitudine di ricordarla,
soprattutto nei matrimoni. (44)
Non potevamo che concludere con alcuni versi che, in qualche modo,
richiamano l’Ascensione del Casale di Roccella, ma sono semplici versi
che possono benissimo intendersi recitati contro le calamità. Si tratta di
semplici versi sottoforma di preghiere-scongiuri che possono trovare utilizzo contro i temporali. (45)
Mi è sembrato doveroso riportare la testimonianza di Cirivello Rosaria,
[docente di lettere presso la Scuola Secondaria di 1° grado di
Campofelice di Roccella]: «Nei giorni di inverno quando c’era un forte
temporale, tutti gli abitanti dell’attuale via Giuseppe notaio Campagna,
si affacciavano e gridavano l’un l’altro: “Quannu veni l’Ascinsioni?”, a
cui rispondevano, sempre nello stesso quartiere: “di joviri…”, e poi buttavano al vuoto le palme benedette, e urlando lo ripetevano per tre
volte, e poi alla fine del sermone, buttavano le palme benedette.
Questo serviva per calmare la tempesta e far sì che non succedeva
nulla di brutto, tant’è che si barricavano nelle proprie case e aspettavano la fine della tempesta.» I versi dialettali sono da attribuire al
nonno materno, Imburgia Salvatore, classe 1901. (46)
Secondo don Francesco Casamento, sacerdote della Parrocchia di
Santa Rosalia, questi modi di dire contro i temporali erano tipici dei
pescatori o dei marinai.(47)
Ed ancora, durante la festa dell’Ascensione, fino al parrocato di Don
Francesco Paolo La Tona, era usanza benedire il mare dal belvedere
oppure dalla parte di via Umberto che si affaccia sul mare per renderlo benevolo ai pescatori. (48)
E per concludere, la signora Caterina Gerasia, classe 1927, racconta
che, nei giorni di festa dell’Ascensione assisteva alla corsa dei cavalli,
e ricorda, come se fosse ancora oggi, che la criniera dei cavalli veniva addobbata con dei nastri o fiocchi rossi. Aggiunge infine che la
57
festa non fu più celebrata a Roccella bensì in paese, dove era abitudine benedire il mare dal “Cozzu Carapè” che corrisponde all’isolato tra
via Belvedere e via Carlo Pisacane. (49)
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NOTE
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Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, [La Festa
dell’Ascensione del Casale di Roccella. Il mistero delle due chiese: San Giovanni
e Santa Maria di Roccella], estratto inedito, da: Miscellanea – Comparazione tra
il Borgo di Roccella ed il nuovo centro abitativo, 2005-2008.
Planimetria dell’impianto normanno della Roccella (Pianta P.T. Borgo, dal rilievo
iconografico del 1901, scala 1 : 500); cfr. Trimarchi, ing. Michele, Recupero e
riutilizzo Torre Roccella – Note e osservazioni, Campofelice di Roccella, 12 febbraio 2002. Cfr. Cucco, archeologa Rosa Maria, Himera – III. Prospezione
archeologica nel territorio. La Roccella: castello medievale, «L’Erma» di
Bretschneider – Roma 2002, pag. 298.
Noto, Raffaele – La Roccella e il suo territorio nei secoli XII e XIII, pag. 87 – [Nel marzo
del 1218, Arduino, vescovo di Cefalù, concesse al Monastero di Montevergine il
borgo medievale e il castello della Roccella, e a quanto pare, diede il consenso di far
erigere una chiesa dedicata alla vergine. Una copia del 1378 riporta, a quanto pare,
questo privilegio del 1218. Ai due documenti del 1218 e del 1378, se ne aggiunge
un altro: quello del 1243 che, secondo lo studioso Noto, si tratta di una falsa copia al
fine di discolpare il vescovo Arduino dall’accusa di aver dilapidato, fra gli altri beni
del vescovado, anche la Roccella. – Vedi Processo Arduino].
Cucco, archeologa Rosa Maria, La Roccella: castello medievale, op. cit., pag. 299.
Cucco, archeologa Rosa Maria, op. cit., pag. 300.
Noto, Raffaele, op. cit., ivi pag.87.
Ivi, pag. 87.
Ibidem, pag. 88.
Ibidem.
Restivo, Giuseppe, [La Festa dell’Ascensione del Casale di Roccella. Il mistero
delle due chiese: San Giovanni e Santa Maria di Roccella], op. cit.
Cucco, archeologa Rosa Maria, op. cit., pag. 301.
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore. [Il signor
Muscarella Lorenzo, morto di recente, mi raccontò agli inizi del 2002 che, fino a
qualche anno fa, sua madre, oriunda di Collesano, custodiva gelosamente un
registro in cui erano stati annotati affitti, entrate ed uscite afferenti il casale di
Roccella. Stranamente, del registro non c’è alcuna traccia. Dai racconti dell’anziano, sembrerebbe che la nonna materna abitasse in uno dei due edifici, sotto la
Torre, i cui locali dovrebbero corrispondere alla Casina Marengo e alla Chiesa:]
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit.
Cucco, archeologa Rosa Maria, op. cit., pag. 301.
Ivi, pag. 301. Cfr. Nicotra, Francesco – Dizionario Illustrato dei Comuni Siciliani
– Campofelice – Monografia, compilata con la collaborazione dell’avv. Pasquale
Cipolla, Palermo Società Editrice, 1907, pagg. 24-25.
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit.
Cucco, archeologa Rosa Maria, op. cit., pag. 301.
Ivi, pag. 301.
Noto, Raffaele, op. cit. pag. 89. Cfr. Cipolla, avv. Pasquale riporta: [La chiesa
stessa di S. Giovanni e di S. Maria, fu trascurata e cadde in rovina],– I
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Prolegomeni alla Pia Fondazione Cicala. Per gli Ospedali di Cefalù e di Roccella
(con una nota sulla fidecommissaria Raggio) – Palermo Stab. Tip. Luigi GAIPA fu
Salv., 1903, pag. 48.
Cfr. Cucco, archeologa Rosa Maria, op. cit., pag. 297; cfr. Smith, Denis Mack –
Storia della Sicilia Medievale e Moderna – vol. 1, parte I, cap. II, pag. 24. Cfr.
Santini, Antonio Il Castello di Roccella, Palermo 1984, pag. 18. Cfr. Trimarchi,
ing. Michele, relazione citata, pag. 2.
Noto, Raffaele, op. cit. pag. 88.
Nicotra, Francesco , op.c.it. pag. 14
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit.
Cipolla, avv. Pasquale, op. cit, pag. 41, pag. 45 [… gli ospedali di Cefalù e di
Roccella, spogliati dei loro beni, vennero meno, le case andarono distrutte, ed
immediatamente allo spoglio del 1385].
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit. Cfr.
Cucco, archeologa Rosa Maria, op. cit., pagg. 299-300.
Termotto, Rosario [osservazione fatta dallo storico di Collesano, in riferimento
all’ospedalis].
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit.
Cucco, archeologa Rosa Maria, op. cit., pagg. 301-302.
Ivi, pagg. 301-302
Planimetria dell’impianto normanno della Roccella (Pianta P.T. Borgo, dal rilievo
iconografico del 1901, scala 1: 500).
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit., [dai
racconti degli anziani].
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit.
Santini, Antonio Il Castello di Roccella, op. cit., pag. 11
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit., [dai
racconti degli anziani di Campofelice di Roccella].
Ivi.
Ibidem.
Ibidem.
Restivo, Giuseppe, [Nota della prof.ssa Clelia Cirincione, dai racconti della
nonna materna ].
Restivo, Giuseppe, op. cit. dai racconti degli anziani di Campofelice di Roccella].
Restivo, Giuseppe, Ivi.
Ivi, [Appunti risalenti agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso. Le parole, di cui
sopra, mi furono dettate dalla signora Rosaria Lusco, morta di recente sul finire
del 2003].
Ivi,cfr. Itinerari – Visitare la Provincia di Palermo, Arti Grafiche Siciliane S.p.A.,
aprile 1984 – Per conto dell’Amministrazione Provinciale di Palermo.
Restivo, Giuseppe, op. cit., cfr. Nicotra, Francesco, in collaborazione con l’avv.
Pasquale Cipolla, op. cit. pag. 25.
Restivo, Giuseppe, op. cit., [dai racconti di mia nonna materna: Di Bianca
Francesca, classe 1899 e dagli anziani di Campofelice di Roccella: Cirincione
Vincenza, classe 1899 di Macao e i coniugi Di Francesca Liborio e Vaccaro
Annetta].
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46
47
48
49
Restivo, Giuseppe, op. cit.
Ivi, [dal racconto della prof.ssa Rosaria Cirivello].
Ivi, [osservazione di don Francesco Casamento].
Ivi, [Osservazione della prof.ssa Pietra Bellitto Grillo].
Ivi, [Testimonianza di un’anziana di Campofelice di Roccella].
61
LE DUE MADONNE TRA STORIA E LEGGENDA:
MARIA SS. DELL’ALTO E LA MADONNA CON IL BAMBINO
DI S. MARIA LA VECCHIA
a cura del prof. Giuseppe RESTIVO
La Madonna dell’Alto
Il culto di Maria SS. dell’Alto o della Madonna dell’Alto si è ben radicato nei paesi montani madoniti: la prima datazione che attesta il ritrovamento di questa Madonna è del 1471.
Secondo il Fazello, nelle adiacenze del
Castello di Roccella che, prende il nome
dall’omonimo torrente il quale divide
Valdemone dalla Valle di Mazara, nel
1471 fu trovata sulla battigia, sembrerebbe dirimpetto il complesso castrale,
una statua marmorea a immagine di
Madonna o di Maria Vergine, di autore
ignoto. (1)
Secondo la leggenda, la Madonna fu
trainata miracolosamente dai buoi, ma
anziché raggiungere l’antica Termini
Imerese, presero la strada del fiume
Imera che, da Garbinogara portava a
Polizzi ed infine si fermarono presso un
monte a 1827 metri, sovrastante Petralia
Sottana. La Madonna trovò rifugio in
questo sito, all’interno di una chiesa,
Figura 45: Madonna dell’Alto.
costruita qualche anno prima del suo
ritrovamento a Roccella, nel 1464. La chiesetta, dapprima di proprietà della chiesa di Polizzi, fu donata a Petralia Sottana a ricordo della
Madonna dell’Alto.
Secondo l’antica leggenda, la Madonna ha prediletto questo luogo
alpestre lasciando Imera e Roccella, Collesano e Polizzi, vallata ricca
di vegetazione e di abitanti. (2)
Sull’altare Maggiore del santuario c’è un dittico che si caratterizza per
la rappresentazione dei due momenti: uno è il ritrovamento presso la
63
battigia di Roccella, in cui si innalza la torre merlata dei Ventimiglia e
parte delle mura del borgo medievale, il cui complesso castrale sembrerebbe immerso in una fitta vegetazione; di fronte il mare ed un
vascello quattrocentesco, mentre sulla battigia una cassa di legno aperta contenente una statua marmorea con il bambino Gesù, accanto alla
cassa un coperchio in legno adagiato per terra, ed infine la gente attonita e curiosa la quale si accinge a correre attratta dal ritrovamento.
64
Figura 46: Altare Maggiore: dittico in rilievo rappresentanti i momenti significativi di un’antica tradizione
che narra il ritrovamento della Madonna a Roccella.
Figura 47: Raffigurazione della fondazione Madonna dell’Alto a Petralia Sottana.
L’altro momento significativo è l’arrivo presso il luogo montano, il quale
sintetizza il cammino della Madonna dall’Alto prima di giungere alla
chiesetta costruita intorno al 1464, che per lo storico Abate Francesco
Caruso ha origine più remota: intorno al 1328, epoca in cui era vivente San Guglielmo Gnoffo di Polizzi. (3)
A tal proposito, si fa riferimento al Fazello sul ritrovamento e sulla destinazione della statua marmorea grazie anche ad una sintesi storica
fatta dal Rettore Sac. Stefano Neglia, ma le parole qui di seguito riportate sono del Dott. Francesco Mistretta, la cui dichiarazione è contenuta nel processo di beatificazione di San Gandolfo presso la curia
Vescovile di Cefalù nel 1613: « La Chiesa di nostra Donna dell’Alto
della quale fa menzione lo Fazello nello capo delli fiumi che divide lo
Valdemone dallo Val di Mazara, si dice per antiquità aver venuto miracolosamente, cioè portandosi un’imagine di Maria Vergine marmorea,
et lo vascello traverso alla Roccella et la volevano portare in Termini
con li boi supra un carruzzuni, lo che non fu possibili, ma pighiaru
versu Garbunugara e fiumi fiumi passare supra Polizzi, e si vinnuru a
firmari dove è fondata detta Chiesa, in piedi della quali imagini ci è lo
millesimo 1471, della quali si ha receputo tanti grazii, piena di tanti
stupendi miraculi». (4)
Qui è doveroso riportare un passo che narra il ritrovamento presso la
Roccella con una precisazione afferente l’ubicazione e l’etimologia del
sito (5): «Al lido del mare Tirreno, e precisamente vicino Campofelice,
allora dai latini detta Aumelia ed indi Roccella, si rinvenne una cassa
forse avanzo di qualche naufragio; spinti da curiosità molti corsero a
vedere cosa essa conteneva; apertala vi trovarono una statua di
marmo rappresentante la Vergine Maria col bambino Gesù in braccio,
alta circa un metro». (6) Il ritrovamento commosse gli abitanti di Roccella
che iniziarono subito a venerarla, ma non si capisce proprio aldilà
della leggenda perché gli abitanti del borgo di Roccella abbiano pensato di trasferirla nella vicina Termini Imerese, forse perché aveva una
certa influenza su Roccella, in quanto paese di confine; forse perché in
quel periodo la chiesa e l’ospedale di Roccella erano contesi tra Cefalù
e Petralia Sottana, (resta comunque una supposizione il fatto che la
madonna fosse lasciata andare a Petralia Sottana); ma a quanto pare,
e qui ritorniamo alla leggenda, la Madonna ha scelto un’altra località(7): « Al vederla, mossi da devozione l’adorarono, e quindi risolsero
recarla alla vicina città di Termini Imerese; ma la Vergine non volle fer-
65
marsi né ivi né in Collesano, né in Polizzi, e di fatto coloro che la portavano, sentivansi da occulta forza spinti a più oltre progredire, risorsero pertanto collocarla su di un carro, al quale aggiogarono dei buoi,
che lasciati in loro balia vennero a fermarsi nel sito ove attualmente trovasi eretto il Santuario, e forse all’altezza di quella vetta, diedero
all’immagine il nome di Maria SS. dell’Alto» (8)
66
NOTE
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2
3
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5
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7
8
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, [Le due
Madonne tra storia e leggenda: Maria SS. dell’Alto e la Madonna con il bambino di S. Maria La Vecchia], estratto inedito, da: Miscellanea – Comparazione tra
il Borgo di Roccella ed il nuovo centro abitativo, 2005-2008.
Cenni sull’origine del Santuario di S. Maria dell’Alto, a cura del Rettore Sac.
Stefano Neglia, cfr. Giacomarra, Mario Gandolfo, La Madonna dell’Alto, un culto
secolare in un santuario delle Madonie, Comitato festeggiamenti Madonna
dell’Alto, Calcarelli 2007.
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit.
Dichiarazione a cura del dott. Francesco Mistretta, pag. 16 (vedi opuscolo a cura
del Rettore Sac. Stefano Neglia, pag. 125, Castelbuono 1999. Cfr. Fazello, T. De
rebus siculis, 1568).
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit.
Cenni sull’origine del Santuario di S. Maria dell’Alto, a cura del Rettore Sac.
Stefano Neglia, op. cit., pagg. 16-18
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, op. cit.
Dichiarazione a cura del dott. Francesco Mistretta, pag. 18.
67
LA MADONNA CON IL BAMBINO DI S. MARIA LA VECCHIA
Sulla foce del torrente Roccella, sembrerebbe che si collocasse, a
levante del complesso bastionato, il porto caricatore, «ancora operante nel 1516». (1)
Durante una tempesta di
mare, nel 1516, vi trovò riparo «un’imbarcazione che trasportava una statua marmorea di Madonna con
Bambino,
attribuita
al
Gagini».(2) Visto che il maltempo si prolungò, impedendo al
capitano di lasciare il porto
di Roccella, il comandante
della nave decise di vendere
la statua per 150 scudi.
Lasciato il borgo di Roccella,
la Madonna fu portata in processione sino a Collesano. (3)
Figura 48: Madonna con il Bambino del Gagini - Chiesa di
Santa Maria La Vecchia in Collesano.
«La nave che trasportava la
nostra opera per ben tre
volte sarebbe stata costretta
dai venti contrari e dalla tempesta a riparare nel porto di
Roccella, allora scalo di
Collesano, fino a quando il
capitano la vendette ai collesanesi per 150 scudi». (4)
Al termine della processione, la statua fu acquistata da una certa signora Amorosa Sinceri per 328 onze, così è stato scritto agli atti dal notaio Alfonso Torrealba, il cui acquisto riporta come data il 16 ottobre
1516. (5)
Prima ancora dello sbarco della statua marmorea presso il porto di
Roccella, la chiesa di S. Maria La Vecchia di Collesano, datata intorno al 1140, aveva avuto un incendio doloso, e fra le opere distrutte, si
segnalava, a quanto pare, una Madonna con il bambino Gesù.
69
La signora Amorosa Sinceri, la quale era molto devota, ne fece dono.
Ancora oggi la Madonna, che approdò a Roccella, può essere ammirata nella chiesa S. Maria La Vecchia di Collesano (6)
Qualche anno dopo, a Roccella attraccò una nave, che trasportava
una statua marmorea somigliante ad una madonna con il bambino:
sembrerebbe, dai racconti degli anziani, che fosse la Madonna di
Gibilmanna. (7)
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NOTE
1
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5
6
7
Sarà, Raimondo , Dal mito all’aliscafo, Finestra n. 6, La rupe di ferro, Storie di
tonni e di tonnare, pag. 86; cfr. D’Amico F.C. /Duca d’Ossada), 1816 –
Osservazioni pratiche intorno la pesca, il corso, il cammino dei tonni, Messina.
Sarà, Raimondo , Dal mito all’aliscafo, Finestra n. 6, La rupe di ferro, Storie di
tonni e di tonnare, op. cit., pag. 86.
Ivi, pag. 86.
Termotto, Rosario – Asciutto, A., Culto ed arte in santa Maria La Vecchia, pagg.
111-112.
Ivi.
Ibidem.
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, [Le due
Madonne tra storia e leggenda: Maria SS. dell’Alto e la Madonna con il bambino di S. Maria La Vecchia], op. cit.
71
PARTE TERZA
IL TERRITORIO DI CAMPOFELICE DI ROCCELLA
PORTA DELLE MADONIE
GLI
ROCCELLA E
CAMPOFELICE
INSEDIAMENTI A
NEL NUOVO CENTRO ABITATIVO:
DI
ROCCELLA
a cura del prof. Giuseppe Restivo
e nota sul censimento a cura dell’alunna Irene Cascio, classe 2^ D
POPOLAZIONE NEL CASTRUM ROCCELLAE ANTERIORE AL XVIII SECOLO
INSEDIAMENTO UMANO A ROCCELLA (1)
(Forte pre-arabo?) (2)
73
INSEDIAMENTO UMANO A ROCCELLA (3)
Sahrat – al – Hadid / Sahrat – al – Gagid o Sahrat – al – Herir
(Fortezza araba)
INSEDIAMENTO UMANO A ROCCELLA [ROCCAMARIS] (4)
POPOLAZIONE NEL CASTRUM ROCCELLAE E TENIMENTUM ROCCELLAE
- anteriore al XVIII secolo -
INSEDIAMENTO UMANO A ROCCELLA [ROCHELLE/ROCHEL]
POPOLAZIONE NEL CASTRUM ROCCELLAE E TENIMENTUM ROCCELLAE
- anteriore al XVIII secolo -
Popolazione residente nel nuovo centro abitativo dal 1700/1701 al 2008
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CITTADINI STRANIERI PRESENTI A CAMPOFELICE DI ROCCELLA TRA IL 2007 E IL 2008
NOTE
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Restivo, Giuseppe – Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore. [Gli insediamenti a Roccella e nel nuovo centro abitativo: Campofelice di Roccella], estratto
inedito, da: Miscellanea – Comparazione tra il Borgo di Roccella ed il nuovo centro abitativo, 2005-2008. In riferimento alla nota [1], di cui sopra, ipotesi afferente il nucleo abitativo durante l’assedio degli Arabi. Un analogo quadro, afferente
il censimento del borgo medioevale di Roccella e il Comune di Campofelice di
Roccella è stato fatto dagli alunni delle classi 1^ C e 1^ D, sezione Media di
Campofelice di Roccella, A.S. 2004-2005, durante il Laboratorio Storico –
Geografico [Uno sguardo al nostro paese, tra passato e presente] , il cui lavoro
è stato curato dalle insegnanti Catanzaro Rosaria e Mogavero Rossella.
Restivo, Giuseppe, op. cit., ivi. – Farinella Salvatore, in una recente pubblicazione ipotizza che il Casale di Roccella fosse preesistente persino ai Musulmani e
che in epoca bizantina fosse ricordato con il nome di Roccamaris; cfr. Farinella,
Salvatore – I Ventimiglia – Castelli e dimore di Sicilia, [La torre-castello di
Roccella], pag. 209, Editori del Sole, giugno 2007. Cfr. Maurici, Ferdinando, Il
Castello di Roccella, arch., 85/86, 1994 – Anno XXVII; cfr. Pirri, R., Sicilia sacra
disquisitionibus et notitiis illustrata, vol. I, Palermo 1733.
Restivo, Giuseppe, op.cit., ivi.
Ivi; in riferimento alla suddetta nota, Roccamaris, già borgo, potrebbe corrispondere alla Roccella; cfr. Castelli medievali di Sicilia – Guida agli itinerari
castellani dell’isola, Regione Siciliana – Centro Regionale per l’Inventario, la catalogazione e la Documentazione dei Beni Culturali e Ambientali, aprile 2001,
Grafiche Renna – Palermo, pag. 354. Cfr. Pirri, R., - Sicilia sacra, op.cit. Cfr ,
Vallone, Giovanni – I Castelli della Sicilia, [Il conte Ruggero donò il sito di
Roccamaris (castello, chiesa di San Giovanni e casale) al vescovado di Cefalù],
Newton & Comption Editori, ottobre 2005, Roma, pag. 174.
Ibidem; in riferimento alla nota [5] Lo Bue, Luigi – Campofelice di Roccella –
Memorie e testimonianze – Comune di Campofelice di Roccella – 1988; [«terre
colte e incolte, vigne, pascoli e decime di Cefalù, mulino e 39 villani»],pag. 23;
cfr. Pirri, R. Sicilia sacra, op.cit.
Ibidem; in riferimento alla nota [6], si attesta l’esistenza di 50 persone; cfr.
Corrao, Pietro – Un castello, un assedio, un territorio: la Roccella, 1418 (parte
seconda), pag. 57. Cfr. Biblioteca Comunale di Palermo; cfr. D’Alessandro –
Politica e società; sul casale cfr. Noto, R. – La Roccella e il suo territorio nei secoli XII e XIII.
Ibidem; in riferimento alla nota [7], Cipolla, l’avv. Pasquale scrive:«Conservasi
parimenti tra le pergamene della Chiesa di Cefalù, […], un importante documento, che dà maggiori notizie sull’esistenza di una popolazione in Roccella. […]
Segue quindi l’elenco dei nomi di questi villani in numero di 188», I Prolegomeni
alla Pia Fondazione Cicala – Per gli ospedali di Cefalù e di Roccella (con una
nota sulla fidecommissaria Riggio), - L. GAIPA, Palermo 1903, pagg. 13-14; cfr.
Archivio Storico di Palermo.
Ibidem, in riferimento alla nota [8], all’arrivo di Edrisi, il borgo di Roccella era
già abitato; cfr. Castelli medievali di Sicilia – Guida agli itinerari castellani del-
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l’isola, op.cit., pag. 354. Edrisi usa il toponimo arabo Sakharat al-Hadid per
descrivere Roccella come «picciol casale con un forte [hisn] in cima della rupe,
la quale si avanza scoscesa d’ogni banda, su la spiaggia del mare», Edrisi, in
Amari, Michele – Storia dei musulmani in Sicilia, Biblioteca Arabo-Sicula, Torino,
1880/1881, pag. 465.
Ibidem; in riferimento alla nota [9], si attesta l’esistenza di un borgo e di un mulino; cfr. Garufi, C. A. I documenti inediti dell’epoca normanna in Sicilia, Palermo
1899. I mulini di Roccella sono anche nominati in altri documenti di epoca normanna riportati nel Rollus Rubeus, in cui vengono citale le chiese di S. Maria e di
S. Giovanni di Roccella, pag. 35. Cfr. Farinella, Salvatore – I Ventimiglia –
Castelli e dimore di Sicilia, op.cit. pag. 209
Ibidem; in riferimento alla nota [10], la presenza dei mulini fa pensare all’esistenza di un borgo, cfr. Garufi, C. A., op.cit., pagg.78-80
Ibidem; in riferimento alla nota [11], Roberto di Golisano dona alla diocesi di
Cefalù dieci villani, una casa, una vigna, dei mulini e la chiesa di Roccella, Noto,
R. La Roccella e il suo territorio nei secoli XII e XIII, pag. 86; cfr. Garufi –I documenti, op. cit.
Ibidem; in riferimento alla nota [12], si parla di abitatori nel borgo di Roccella:
Antonio Santini ne parla ne Il Castello di Roccella, in cui accenna ad una importante pergamena del 1183: «si parla di abitatori in Roccella e di una chiesa di S.
Giovanni apud Roccelam », e se ne fa menzione in varie bolle pontificie del 1169,
del 1172 e del 1178, Palermo 1984, pag. 18. cfr. Smith, Denis Mack, Storia
della Sicilia Medievale e Moderna – vol. 1, parte I, cap. II, pag. 24. – In riferimento alla nota di cui sopra si attesta la presenza di 10 villani così come nel 1182;
cfr. Cipolla, l’avv. Pasquale, Gli ospedali di Cefalù e di Roccella, op.cit., pag. 20.
Ibidem, in riferimento alla nota [13], il fatto che le truppe di Enrico VI espugnarono la Rochel, fa pensare che esisteva già un nucleo di abitanti, cfr. Rambauld de
Vaqueiras, in Poesie provenzali, pag.131, v. 46. Cfr. Maurici, Ferdinando – Il
Castello di Roccella, arch., 85/86, 1994 – Anno XXVII: Roccella è un toponimo
romanzo, di origine normanna e deriva dal francese Rochelle [Castelli medievali in Sicilia – Dai bizantini ai normanni], Palermo 1992, pag. 130.
Ibidem, Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni, op.cit., in riferimento alla nota
[14], nel 1205 il conte Paolo Cicala di Golisano donò a suo fratello Giovanni,
vescovo di Cefalù il tenimentum di Roccella, Noto, Raffaele, op.cit., 1980, pagg.
93, 102-105. Cfr. Cipolla, l’avv. Pasquale, op. cit. Nell’anno 1205 Roccella era
un centro molto importante: «in Roccella, […]esisteva una casa ospedaliera,
[…]Roccella in quel tempo era centro importante di popolazione», pag. 13.
Ibidem, Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni, op. cit., nota [15].
Ivi, in riferimento alla nota [16], si attesta nel 1371 la presenza di un caricatore
di granaglie a Roccella, cfr. Mazzarese Fardella, 1983, pag. 90, doc. 28. Cfr.
Farinella, Salvatore, op.cit.. «il sito di Roccella costituì per i Ventimiglia il caricatore privilegiato per la commercializzazione e l’esportazione dei prodotti della
Contea», pag. 209; cfr. Giuffrè, M., Castelli, pag. 28.
Ibidem, in riferimento alla nota [17], si attesta che nel 1570, a Roccella vi erano
1133 abitanti. Lo Bue, Luigi, op. cit., pag. 25, cfr. Biblioteca Comunale di
Palermo
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Ibidem; in riferimento alla nota [18], si attesta che nel 1583, anno in cui arrivò
a Roccella l’architetto fiorentino Camillo Camiliani, gli abitanti erano 1392- Lo
Bue, Luigi, op. cit., pag. 26; cfr. Biblioteca Comunale di Palermo.
Ibidem; Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni, op. cit., nota [19].
Ibidem; Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni, op. cit., in riferimento alla nota
[20], il nuovo centro abitativo contava meno di 100 abitanti; Lo Bue, Luigi, op.
cit., pag. 29.
Ivi, Lo Bue, Luigi, op.cit., pag. 29, in riferimento alla nota [21].
Ibidem, Lo Bue, Luigi, op.cit. cap. X, pag. 129, in riferimento alla nota [22].
Ibidem, Lo Bue, Luigi, op.cit., pag. 119, in riferimento alla nota [23].
Ibidem, Lo Bue, Luigi, op.cit., pag. 119, in riferimento alla nota [24].
Ibidem, Lo Bue, Luigi, op.cit., capitolo X, pag. 129; cfr. Cipolla, avv. Pasquale –
Campofelice – Monografia, in collaborazione con Nicotra, Francesco –
Dizionario Illustrato dei Comuni Siciliani, Palermo 1907; [cfr. anni 1861 – 1871
– 1881 – 1901], in riferimento alla nota [25].
Restivo, Giuseppe, op.cit., Lo Bue, Luigi, op.cit., pag. 121; in riferimento alla nota
[26].
Ivi, Lo Bue, Luigi, op.cit., pag. 121; in riferimento alla nota [27].
Ibidem, Ivi, Lo Bue, Luigi, op.cit., pag. 121; in riferimento alla nota [28].
Ibidem, Ivi, Lo Bue, Luigi, op.cit., pag. 121; in riferimento alla nota [29].
Ibidem, Sicilia Carta Automobilistica, Ufficio Anagrafe di Campofelice di
Roccella. In riferimento all’anno 1985, la popolazione di Campofelice di
Roccella è di 5405 abitanti, cfr. Lo Bue, Luigi, op.cit., pag. 88; nota [30].
Ibidem, Sicilia Carta Automobilistica, Ufficio Anagrafe di Campofelice di
Roccella, in riferimento alla nota [31].
Ibidem, Ufficio Anagrafe di Campofelice di Roccella, in riferimento alla nota [32].
Ibidem, Sicilia Carta Automobilistica, Ufficio Anagrafe di Campofelice di
Roccella, in riferimento alla nota [33], censimento aggiornato l’8 aprile 2008,
dati riportati dall’alunna Cascio Irene, classe 2^ D.
Ibidem, cfr. Anagrafe di Campofelice di Roccella, in riferimento alla nota [34]; cittadini stranieri presenti a Campofelice di Roccella tra il 2007 e il 2008], censimento aggiornato l’8 aprile 2008, dati riportati dall’alunna Cascio Irene, classe 2^ D.
LA QUESTIONE DEI DUE NOMI: CAMPOFELICE E ROCCELLA
a cura del prof. Giuseppe Restivo
La fondazione del nuovo centro abitativo e la questione del
nome (1)
La ragione per la quale don Gaspare La Grutta Guccio decise di
costruire un nuovo paese non lontano dall’attuale borgo di Roccella è
strettamente legata alle risaie. L’inondazione dei campi d’acqua, ma
principalmente la malaria spinsero sempre più don Gaspare La Grutta
a spostare la popolazione verso la collina, lontano dall’umido e dalle
zanzare. Fu così che il 18 dicembre 1699 don Gaspare La Grutta ,
divenuto ormai principe, chiese ed ottenne dal re Carlo II la “Licentia
Populandi”, cioè la facoltà di fabbricare nel feudo di Roccella un nuovo
centro abitativo sulla collina, a meno di 1 km, dietro pagamento di
onze 200 a favore della Regia Corte. (2)
Ottenuta la succitata licenza, nel 1700 il principe di Roccella, fece
costruire una chiesa, [aperta ai fedeli il 30 aprile del 1701, la cui data
è legata probabilmente al primo atto di battesimo], una piazza ottagonale, cento case, 14 botteghe, una fontana, all’entrata del casale (nell’attuale belvedere), cioè del nucleo primitivo del nuovo Comune. (3)
Successivamente fu costruita una fonte, all’uscita del piccolo centro, di
altra fattura, oggi purtroppo non più esistente, circa all’altezza dell’isolato in cui si trova la casa della famiglia Fazio. (4)
Continuarono a funzionare i vecchi mulini del borgo e quelli di contrada Stretto sino alla vigilia della prima Guerra mondiale, ma ne furono
costruiti altri di nuovi nell’attuale paese, soprattutto in via Notaio
Giovanni Campagna. (5)
Il principe fece arrivare gente proveniente dall’entroterra madonita,
nonché dal borgo stesso. Durante il periodo borbonico il paese divenne una colonia penale; questo oggi spiega la varietà di innumerevoli
cognomi a Campofelice di Roccella. (6)
Sin dalla sua fondazione Campofelice fu un’importante stazione di
cambio di cavalli soprattutto tra Cefalù e Collesano. (7)
Collocato in provincia di Palermo, in una posizione felice, sicuramente strategica, l’attuale paese rappresenta il cordone ombelicale con
79
l’antico borgo dei pescatori di Roccella, noto sin dal Medioevo come
porto franco della contea ventimigliana.
A riprova di quanto detto, a tutt’oggi, Campofelice di Roccella, più che
mai si avvale, e manterrà per sempre, grazie all’attuale amministrazione, cui fa capo il Sindaco, Francesco Vasta, l’appellativo di Porta delle
Madonie. (8)
Sulla questione del nome, inizialmente il nuovo centro fu chiamato
Roccella di Cefalù, in rarissime occasioni Roccella di Termini, poi
Casale di Campofelice, [il nome di Campofelice apparve per la prima
volta nel 1798]. Dal 1819 al 1919 il paese si chiamò Campofelice.(9)
Come riporta Domenico Portera in uno dei suoi scritti di qualche anno
fa, «I due nomi di Campofelice e Roccella hanno trovato la loro unità il
1° novembre 1919» (10), che grazie ad una delibera del Consiglio comunale, «successivamente approvata con R.D. 13 marzo 1921, n. 359,
stabilì di chiamare il Comune Campofelice di Roccella (11).
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Conclude lo storico cefaludese, Domenico Portera:«che non volle da un
lato perdere il suo continuum storico con l’antico nome di Roccella e, dall’altro, evitare gli inconvenienti che sarebbero potuti derivare dalla presenza nella Provincia di Palermo di un’altra Campofelice di Fitalia».(12)
Sulla questione del nome si battè moltissimo l’avv. Pasquale Cipolla il
quale voleva aggiungere a quello di Campofelice l’antico nome di
Roccella. Da questo ricongiungimento dei due nomi, non solo i cittadini
avrebbero dimenticato per sempre la malaria ma al contempo avrebbero mantenuto gli stretti legami con l’antico impianto arabo-normanno. (13)
C’è da aggiungere anche che l’appellativo di Roccella avrebbe peraltro eliminato la fastidiosa omonimia, come riporta lo storico Luigi Lo
Bue con il comune di Campofelice di Fitalia. (14)
È doveroso citare la spiegazione datane dall’avv. Pasquale Cipolla
afferente la questione dei due nomi: «forse per velare con la beltà del
nome le condizioni disagevoli e poco igieniche del luogo, centro per
le risiere di malaria, però lieto di promesse, oggi intieramente adempiute, perché abolite le risiere, e migliorate le condizioni igieniche, il
paese per la mitezza del clima, è degno del suo nome». (15)
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Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, [Sulla questione dei due nomi], estratto inedito, da: Miscellanea – Comparazione tra il
Borgo di Roccella ed il nuovo centro abitativo, 2005-2008 Hanno collaborato gli
alunni della classe 2^ D, sezione Media di Campofelice di Roccella, A.S. 2007
/ 2008. Per questo estratto si rinvia a: Portera, Domenico – Qui Sicilia. Cefalù –
Le Madonie scenari e sogno, Editore Salvatore Marsala, n. 1, agosto 2001; Lo
Bue, Luigi – Campofelice di Roccella – Memorie e testimonianze – Comune di
Campofelice di Roccella – 1988; Cipolla, avv. Pasquale – Ragioni del Comune di
Campofelice contro il Barone Bernardo Cammarata e Consorti, Palermo, GAIPA,
1902.
Portera, Domenico – Qui Sicilia. Cefalù – Le Madonie scenari e sogno, Editore
Salvatore Marsala, n. 1, agosto 2001, pag. 35.
Lo Bue, Luigi – Campofelice di Roccella – Memorie e testimonianze – Comune di
Campofelice di Roccella – 1988; pag. 35; per la nota [3] si rimanda all’Archivio
di Stato di Palermo, Atti del 12-01-1700 e 7-7-1703, minute del Notaio Ippolito
de Miceli. In riferimento alla Chiesa Madre, [aperta ai fedeli il 30 aprile del
1701, la cui data è legata probabilmente al primo atto di battesimo], op. cit.,pag.
170.
Restivo, Giuseppe, Note ed osservazioni storiche a cura dell’autore, [Sulla questione dei due nomi], estratto inedito, da: Miscellanea – Comparazione tra il
Borgo di Roccella ed il nuovo centro abitativo, 2005-2008.
Restivo, Giuseppe, op.cit. Sul funzionamento degli ultimi mulini nel borgo di
Roccella, si rimanda ai racconti degli anziani del secolo scorso: Cirincione Vincenza
e Di Bianca Francesca, classe 1899,oggi scomparsi; i coniugi Sergio Antonino, classe 1927 e Di Gristina Rosaria del 1921, tutt’oggi residenti in Campofelice di
Roccella, se nonché ai racconti del più anziano del paese,Trimarchi Antonio, classe
1907 [nota dell’ing. Michele Trimarchi, figlio di Antonio, durante un’intervista fatta
a scuola, dagli alunni della classe 3^ C, afferente il Progetto di educazione
Permanente. “Viaggio nella memoria”].Dai racconti dei coniugi Sergio, pare invece
che gli ultimi mugnai di Roccella si chiamassero Aglieri Rinella.
Ivi.
Cfr – Itinerari – Visitare la Provincia di Palermo, Arti Grafiche Siciliane S.p.A.,
aprile 1984 – Per conto dell’Amministrazione Provinciale di Palermo
Restivo, Giuseppe, op. cit.
Portera, Domenico, op. cit., pag.35
Restivo, Giuseppe, op. cit., cfr. Lo Bue, Luigi – Campofelice di Roccella – Memorie
e testimonianze, op. cit.
Lo Bue, Luigi, op. cit., pag. 121
Portera, Domenico, op. cit., pag.35
Restivo, Giuseppe, op. cit.
Lo Bue, Luigi, op. cit., cfr. nota [5], pag.121
Cipolla, avv. Pasquale - Ragioni del Comune di Campofelice contro il Barone
Bernardo Cammarata e Consorti, Palermo, GAIPA, 1902, cfr., riportato da Lo
Bue, Luigi, op.cit., pag. 121.
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LE RISORSE ECONOMICHE A CAMPOFELICE DI ROCCELLA
RELAZIONE SU CAMPOFELICE DI ROCCELLA
a cura di Giuliano Salvatore
e dei ragazzi della terza C
e si rimanda alla Relazione del dott. Domenico Martino
Il comune di Campofelice di Roccella è un paese di collegamento fra i
centri delle basse e alte Madonie grazie alla fitta rete stradale e ferroviaria. Il territorio comunale, di circa 1.416 ettari, è prevalentemente
pianeggiante specialmente nella zona costiera ma nell’ entroterra si
innalzano colline che non superano i 200, 300 metri sul livello del
mare. Esso è lungo 9 kilometri e largo 1.5 kilometri. La somma della
lunghezza delle strade del paese invece misura 15 kilometri. Esso ha
mantenuto sempre i vecchi confini fin dalle sue origini : a nord confina con il mar Mediterraneo, a sud con il territorio di Collesano, a est
con il territorio di Lascari e a ovest con il territorio di Termini Imerese.
Nei primi anni dell’800, prima ancora della costruzione della S.S. 113
ad opera dei Borboni, era molto praticata la strada romana denominata Via Valeria( strada regia) a ridosso tra i due comuni di Campofelice
di Rccella e Collesano.Le vie rurali non erano adeguate alla viabilità
e dobbiamo aspettare gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso per vedere
la costruzione di vecchie strade di collegamento. Dalla fondazione ad
oggi l’economia di Campofelice di Roccella ha subito diverse trasformazioni: dall’abolizione delle risaie, responsabili della malaria nel
borgo di Roccella, si passò alle coltivazioni di cereali, ortaggi, vigneti, e principalmente, agli agrumeti. Fino agli anni ’50 e ’60 del secolo
scorso l’economia del paese si basava esclusivamente sull’agricoltura
anche se cominciava a farsi strada l’idea di aprirsi all’industria. Furono
costruite alcune industrie: le acciaierie, in funzione fino al 1984, la
filatura e fabbriche per la costruzione del materiale edilizio. Una conseguenza positiva dell’industrializzazione è stato il popolamento e
l’espansione dell’edilizia. Ma anche se il territorio si andava industrializzando la fonte principale di guadagno restò sempre la produzione
di agrumi che si esportavano non solo nel nord Italia ma anche all’
estero. Ma nel 1984 essa subisce la prima decadenza perché tutta la
produzione rimase invenduta. La crisi costrinse l’amministrazione politica a pensare ad altre alternative investendo sul turismo e sul recupero e la valorizzazione dei beni culturali.
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PARTE QUARTA
La Torre-Castello e il Borgo di Roccella attraverso le foto
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Figura 49: La Torre vista dai ruderi della grande stalla.
Figura 50: Il Castello e il borgo di Roccella.
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Figura 51: La Torre prima del restauro.
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Figura 52: La Torre di Roccella, oggi. (Foto di Giuliano Salvatore)
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Figura 53: La Torre di Roccella, oggi. (Foto di Giuliano Salvatore)
Figura 54: Ruderi della cupola emisferica e del corpo di fabbrica. (Foto di Giuliano Salvatore)
Figura 55: Resti archeologici dell’industria medievale e dell’acquedotto. (Foto di Giuliano Salvatore)
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Figura 56: Parte del Borgo nord-ovest visto dal terrazzo della Torre.
Figura 57: Veduta dall’alto. (Foto di Giuliano Salvatore)
Figura 58: Particolare dell’acquedotto dei mulini.
Figura 59: Ruderi della Chiesa di Santa Maria di Roccella e della Casina Marenga.
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Figura 60: Una “finestra” (Stanza a cupola)
CONSIDERAZIONI
Al termine del nostro itinerario, che ci ha portati alla riscoperta delle
nostre radici storiche e culturali, è necessario fare alcune riflessioni.
Il “Viaggio nella memoria, dalle origini del borgo di Roccella alla fondazione del nuovo centro abitativo” ha impegnato alunni e docenti
della Scuola secondaria di 1° grado di Campofelice di Roccella a
diventare piccoli cronisti, alla ricerca accurata di fonti storiche, ad
improvvisarsi archeologi visitando il sito medievale di Roccella, ed infine giornalisti incontrando gli esperti. Tutto questo testimonia l’interesse degli alunni nello scoprire, attraverso la storia del “Castrum
Roccellae”, il valore strategico assunto nel Medioevo, in quanto importante presidio militare dei sovrani di Spagna, residenza nobiliare e
torre di avvistamento nonché centro economico e commerciale più
importante della contea ventimigliana.
Tra le finalità prioritarie della nostra scuola, sicuramente, occupa un
posto centrale la formazione di una coscienza di appartenenza al proprio territorio per costruire una comunità omogenea, in un paese prevalentemente abitato da persone di provenienza diversa. Lo studio del
“simbolo” del comune di Campofelice di Roccella ha fatto sorgere negli
alunni la consapevolezza e l’orgoglio di appartenere ad un contesto
territoriale ricco di storia finora poco valutato ed apprezzato. La passione che ha animato innanzitutto il prof. Restivo nella ricerca meticolosa di documenti storici, di testimonianze locali e di materiale iconografico, punto di partenza del progetto, è l’eredità che tutti i docenti,
coinvolti nello stesso, desiderano trasmettere ai propri alunni non solo
per conoscere la storia ma per diventarne protagonisti facendosi soggetti attivi per lo sviluppo della comunità campofelicese.
Quale desiderio augurarsi alla fine del percorso? Il parco tematico
“Castrum Roccellae”:
• centro attivo per incontri di storici medievalisti;
• luogo di incontri e di manifestazioni culturali;
• museo etno-antropologico e archeologico;
• ripristino degli antichi opifici;
• meta per visite guidate di scolaresche e di turisti.
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INDICE
PRESENTAZIONE
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
A SPASSO NELLA STORIA .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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7
PARTE PRIMA
Cenni storici sul borgo di Roccella . . . . . . . . . . . . .
Il Principe di Roccella: don Gaspare La Grutta e la Licentia
Populandi del 18 dicembre 1699 . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . .
11
. . . . . . . . . . .
16
PARTE SECONDA
Planimetria del borgo: Roccella fra storia e leggenda . . . . . . .
Il porto caricatore e la tonnara di Roccella . . . . . . . . . . . .
La festa dell’Ascensione del Casale di Roccella
Il mistero delle due chiese: San Giovanni e Santa Maria di Roccella .
Le due Madonne tra storia e leggenda: Maria Ss. dell’Alto
e la Madonna con il Bambino di S. Maria La Vecchia . . . . . . . .
la Madonna con il Bambino di S. Maria La Vecchia . . . . . . . . .
. . . . . . .
15
41
. . . . . . .
47
. . . . . . .
63
69
. . . . . . .
. . . . . . .
PARTE TERZA
Il territorio di Campofelice di Roccella porta delle Madonie .
La questione dei due nomi: Campofelice e Roccella . . . . .
Le risorse economiche a Campofelice di Roccella
Relazione su Campofelice di Roccella . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . .
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79
. . . . . . . . . .
83
. . . . . . . . . . .
73
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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PARTE QUARTA
La Torre - Castello e il Borgo di Roccella attraverso le foto .
CONSIDERAZIONI .
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Finito di stampare
nel mese di giugno 2008
presso le
Officine Tipografiche Aiello & Provenzano
Bagheria (Palermo)