GIACOMO BOVE, ESPLORATORE Giacomo Bove
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GIACOMO BOVE, ESPLORATORE Giacomo Bove
GIACOMO BOVE, ESPLORATORE Giacomo Bove nacque a Maranzana d’Acqui (Asti) il 23 aprile 1852. Il padre, Francesco, lo indirizzò fin da piccolo agli studi marittimi, facendogli conseguire nel 1872 il grado di guardiamarina di prima classe presso l’Accademia di Genova. Nello stesso anno fu imbarcato sulla regia pirocorvetta a ruote Governolo, al comando del capitano di fregata Enrico Accinni, inviata in Estremo Oriente con l’incarico di prendere possesso della piccola isola di Banguey. In questo primo viaggio da ufficiale Bove visitò, prima di fare rientro in Italia nel 1874, i principali porti della Cina, Hong Kong, il Borneo, le Filippine e il Giappone. Nel 1877, in qualità di rappresentante dell’Italia, prese parte come idrografo alla spedizione polare della nave Vega, una baleniera di 500 tonnellate allestita, a spese del re e del governo svedesi, dallo svedese Dikson e dal russo Siberiacoff, che, sotto la guida e la direzione scientifica di Adolf Erik Nordenskiold, doveva trovare dall’Europa del Nord un passaggio fra questo continente, l’Asia e il continente americano attraverso il mare Glaciale Artico. La Vega partì il 21 luglio 1878 da Tromso, in Svezia, passò per Port Dikson, dove compì una serie di rilevamenti, proseguì per Capo Celjuskin, toccando la latitudine più alta del continente asiatico (67° 36’ 37’’ lato Nord) per dirigersi da lì verso oriente, dove il 29 settembre 1878 fu bloccata dai ghiacci nei pressi del capo Coliucin. Nel periodo dello svernamento Bove fu nominato ufficiale osservatore e contribuì attivamente alla realizzazione di numerosi rilevamenti magnetici e meteorologici. Dopo 294 giorni di blocco forzato, la Vega riuscì a rompere i ghiacci e a ripartire raggiungendo nel settembre del 1879 il porto di Yokohama, in Giappone. Da lì rientrò in Europa compiendo il periplo dell’Asia e attraversando il canale di Suez. Quando giunse a Stoccolma, il 2 marzo 1880, aveva percorso ben 22.189 miglia marine. Tornato in Italia, Bove tenne una lunga serie di conferenze illustrando la spedizione, le sue difficoltà e la vita dell’equipaggio durante la forzata sosta fra i ghiacci. Da quell’esperienza aveva maturato l’idea, che proponeva in ogni sua conferenza, di una spedizione tutta italiana nella regione antartica. Furono creati in tutta l’Italia dei comitati a sostegno della proposta, ma non si riuscì a mettere insieme i fondi indispensabili per sostenere le spese e l’iniziativa non ebbe pratica attuazione. Tuttavia il comitato di Genova, che era anche quello principale, riuscì a raccogliere una somma da destinare ad una spedizione più limitata da effettuarsi nella Terra del Fuoco e nella parte meridionale della Patagonia. A questa missione, con Bove, presero parte anche altri quattro italiani: il geologo Domenico Lovisato, l’idrografo Giovanni Roncagli, il botanico Carlo Spegazzini e lo zoologo Decio Vinciguerra. Sfortunatamente la seconda nave sulla quale i membri della spedizione erano imbarcati, la goletta cilena San José, naufragò nel marzo 1881 nelle vicinanze della baia di Sloggett. Raccolti da una nave inglese, la Allen Gardiner, nel settembre 1882 Bove e i suoi compagni dovettero fare ritorno a Buenos Aires. Nonostante il naufragio la spedizione conseguì ugualmente degli ottimi risultati scientifici: fra le altre cose Roncagli riuscì a portare a compimento i rilevamenti da Punta Arenas a Santa Cruz. Il 7 settembre 1882 Bove ripartì per l’Italia dove, a Genova, fu nominato, il 23 gennaio 1883, membro d’onore della Società Geografica Italiana. Rientrato di lì a poco a Buenos Aires si recò nella regione di Missiones su incarico del governo argentino per esplorare le possibilità della fondazione di una eventuale colonia. Erano con lui altri due italiani, entrambi residenti nella zona di Missiones: Carlo Bossetti e Adamo Lucchesi. Con essi Bove risalì il Paranà spingendosi fino a Ituzaingò, esplorando il territorio fino alla cascata di Guairà: qui ai cinquanta corsi d’acqua che concorrono a formare la cascata Bove attribuì altrettanti nomi italiani. Ancora su incarico del governo argentino, nel 1884 ripartì assieme a sua moglie Luisa Bruzzone (sposata tre anni prima), al capitano Stone e al guardiamarina Noguera, per una nuova missione nella terra del Fuoco, dove raccolse una vasta serie di dati geologici, cartografici e meteorologici di grande interesse scientifico. Rientrato nuovamente in Italia, nel 1885, fu inviato dal nostro Ministero degli Esteri in missione esplorativa in Congo. Doveva risalire il fiume e studiarne le condizioni per una eventuale partecipazione italiana alla colonizzazione di quella regione, secondo quanto era stato stabilito nella conferenza internazionale di Berlino. Facevano parte della spedizione anche un militare, il capitano Giuseppe Fabrello, ed un civile, il dottor Enrico Stessano. Essi risalirono il fiume fino a Matadi, dove si fermarono durante il periodo delle piogge per compiere una serie di rilevamenti geografici e commerciali. Da qui ripartirono alla volta di Léopoldville, spingendosi fino alle cascate di Stanley. Ma di lì a poco Stessano abbandonò la missione per una grave malattia; subito dopo anche Bove fece rientro in Italia. Nel suo rapporto al Ministero degli Esteri escluse la convenienza per il nostro paese di partecipare alla colonizzazione del Congo, soprattutto per difficoltà di ordine climatico. Fu una spedizione abbastanza faticosa, nella quale Bove contrasse una grave malattia che di lì a poco lo costrinse a dare le dimissioni dalla Marina. In seguito assunse l’incarico di direttore tecnico della compagnia di navigazione “La Veloce” ma, minato dal male, il 9 agosto 1887, a Verona, si tolse la vita. Oltre a molte pubblicazioni Giacomo Bove ha lasciato una serie di manoscritti ancora inediti, attualmente custoditi in parte presso la Società Geografica Italiana e in parte presso il museo della sua città natale, Maranzana. Per i meriti conseguiti nell’attività di esploratore il geografo A.M. De Agostini ha denominato col nome di Bove un monte, un fiume e un ghiacciaio nella Terra del Fuoco e la punta nord-occidentale dell’isola di Dikson nell’arcipelago delle Vega. Da Paolo Puddinu, Un viaggiatore italiano in Giappone nel 1873. Il “Giornale Particolare” di Giacomo Bove, Sassari 1998 Nel 1998 il prof. Paolo Puddinu ha pubblicato la seconda parte del “Giornale Particolare” di Giacomo Bove (1852 – 1887). Si tratta del manoscritto del più grande esploratore italiano del XIX secolo sul viaggio in Estremo Oriente da lui intrapreso come cadetto della Regia Marina Italiana a bordo della pirocorvetta Governolo. Nel 2011 la Regione Piemonte ha acquisito dal mercato antiquariale la prima parte del manoscritto che si credeva andata perduta. In questa parte si racconta la navigazione della Governolo, partita da La Spezia il 13 dicembre 1872, e ne segue le vicende fino al suo arrivo nei caldi mari del Borneo. E’ il racconto della navigazione che vede toccare i porti di Napoli e Messina per dirigersi verso l’isola di Creta (all’epoca Candia), porto Said, il canale di Suez, appena tracciato da Lesseps, il Mar Rosso, Aden e giù fin a Ceylon e la Malesia, l’isola di Penang e George Town, lo stretto di Malacca e Singapore e finalmente il Borneo con Sarawak e Labuan, dove la nave getta finalmente l’ancora il 29 marzo 1873. La seconda parte contenuta e descritta nel volume “Un italiano in Giappone nel 1873” narra delle vicende della Governolo nel suo viaggio da Sulu nelle Filippine a Yokohama in Giappone fino al ritorno a Napoli il 18 febbraio 1874.