Favolosità trans - Vladimir Luxuria

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Favolosità trans - Vladimir Luxuria
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Gli articoli di Vladimir Luxuria per il quotidiano Liberazione
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Favolosità trans
Di Vladimir Luxuria
Liberazione, 22 luglio 2006
Essere transgender è favoloso, la “favolosità” nel gergo LGBT vuol dire “bellezza” (gli inglesi usano “fab”
come forma contratta per “fabolous”): anche se la psicoanalisi si è già scomodata per scoprire significati
più profondi nelle innocenti fiabe raccontate ai bambini, mi accingerò anch’io, dall’alto della mia umiltà,
a scovare la tematica transgender in alcune celebri storie. La trans più famosa è Pinocchio di Collodi
apparso per la prima volta sul “Giornale dei bambini” nel 1880. Il falegname Geppetto scopre sorpreso di
avere in bottega un pezzo di legno “che piangeva e rideva come un bambino”, decide di farne un
burattino che chiama Pinocchio. Il tema più importante di queste avventure è il rapporto tra fisicità
corporea e desiderio interiore, il riconoscere una superiorità all’anima rispetto a un corpo insoddisfacente
che deve trasformarsi per armonizzarsi con se stesso, gli altri, il tutto. Pinocchio non vuole arrendersi alla
sua materialità legnosa, vuole diventare un bambino in carne e ossa, il legno è forgiabile come il corpo e
può adeguarsi alle esigenze di un falegname o di un artista, quella materia grezza marmorea di cui
Michelangelo mostra il desiderio di liberarsi e trasformare nei suoi “Prigioni”. Pinocchio è triste e
incompreso come Ludovic, l’adolescente trans nel film “Ma vie en rose” di Alain Berliner. Le sue
avventure diventano disavventure in un vortice di eventi dall’alto valore metaforico: il Grillo Parlante è la
coscienza che salva dall’autolesionismo; Mangiafoco è quel sistema mediatico che tende a esibire la trans
solo come fenomeno da baraccone o più in generale chi fa affari sull’attività della prostituzione; il Paese
dei Balocchi è lo stordimento lisergico, il paradiso artificiale, il divertimentificio per evadere dal
malessere profondo; la Fata dai capelli turchini è l’endocrinologo, il chirurgo plastico e in genere tutte
quelle strutture assistenziali che permettono a Pinocchio di risvegliarsi una bella mattina in carne e ossa e
a una trangender di diventare quello che è.
Nella “Morfologia della fiaba” lo studioso russo Vladimir Propp ha individuato alcuni elementi costanti,
ovvero le stabili “funzioni” dei personaggi la cui successione è sempre identica. Le funzioni sono 31 e sono
tutte applicabili alla storia di Pinocchio e al percorso di vita di una transgender: l’eroe/eroina si allontana
da casa, le è proibito di fare qualcosa, si infrange il divieto, si cade in un tranello, si affrontano e si
superano delle prove; ma la funzione più importante è la numero 29, ovvero la trasformazione dell’eroe
che assume un nuovo aspetto, da inanimato, pianta o animale si trasforma in uomo (la transizione opposta
avviene nelle “Metamorfosi” di Ovidio), in un principe bellissimo, in un bambino in carne e ossa, in una
trans realizzata.
Oltre 40 anni prima di Pinocchio lo scrittore danese Hans Christian Andersen scrisse “La Sirenetta” che è
diventata un monumento nazionale danese nel porto di Copenhagen. La Sirenetta è donna a metà, il suo
corpo è umano nella parte superiore ma termina con una pinna caudale. Dopo aver salvato un bellissimo
principe da una terribile tempesta se ne innamora ma è lacerata dalla consapevolezza di non avere il
corpo giusto per poter essere da lui contraccambiata. Lei non è una donna come le donne terrestri, è una
sirena destinata a dissolversi in schiuma marina. La Fata turchina qui è invece la Strega del Mare alla
quale la triste Sirenetta si rivolge per chiedere aiuto. La Strega le dà una pozione che la trasformerà in
una donna completa, con le gambe invece della coda, e se il principe si innamorerà di lei otterrà l’anima,
se invece lui sposerà un’altra donna nata biologicamente e anagraficamente tale la Sirenetta morirà di
crepacuore trasformandosi in schiuma. Il percorso è doloroso, è la metafora delle sofferenze fisiche e
psicologiche di una trans che deve sottoporsi a operazioni chirurgiche e al giudizio della gente. Dovrà
rinunciare alla lingua, bere la pozione è doloroso come essere trafitta da una spada e camminare sarà
come camminare sui coltelli. Ma il desiderio di essere esternamente secondo i propri desideri interiori è
talmente forte che ci si sottopone a tutto. La Sirenetta si trasforma ma la mancanza della lingua le
impedisce di parlare: per il principe questa particolarità è motivo per non riuscire ad amarla e invece a
impegnarsi a sposare un’altra fanciulla dotata di tutto, parola compresa. La Sirenetta, grazie a un pugnale
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----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------magico potrebbe uccidere il principe per sopravvivere, ma l’amore che lei nutre le impedisce di farlo e
preferisce lanciarsi nel mare dissolvendosi in schiuma. Ma non muore: diventa figlia dell’aria con la
promessa di ottenere un’anima dopo 300 anni; ogni bambino buono che lei incontrerà le darà l’indulto di
un anno di attesa, ogni lacrima di un bambino capriccioso aggiungerà invece un anno penoso.
L’omosessualità di Andersen non è un segreto di stato, sono stati già molti a interpretare questa storia
come il ritratto di un isolamento e di una lacerazione sentimentale alle quali lo scrittore si sentiva
condannato per il suo orientamento sessuale e identità di genere. Nel 1899 Andersen incontra Henri James
e tra i due nasce un’intensa passione testimoniata da una lettera scritta da James nel 1902 che sembra la
dichiarazione del principe addolorato per non poter amare la sua Sirenetta: “Il fatto che non posso
aiutarti, vederti, parlarti, toccarti, tenerti stretto a lungo o fare nulla per tranquillizzarti e farti sentire la
mia profonda partecipazione – questo mi tormenta, carissimo ragazzo, mi fa dolere per te e me stesso; mi
fa stridere i denti e gemere contro l’amarezza di queste cose.”
Dopo 7 anni dalla Sirenetta lo scrittore danese scrive un’altra metafora della diversità: “Il brutto
anatroccolo”. In una nidiata di anatroccoli uno solo è grande, grigio e goffo. la madre cerca di accettarlo,
ma sono gli altri anatroccoli che lo costringono ad allontanarsi in solitudine, a sentirsi un obbrobrio della
natura. Alla fine dell’inverno durante il quale ha rischiato di morire assiderato in uno stagno trova
splendide creature che gli danno il benvenuto. e, guardando la propria immagine sull’acqua, scopre di non
essere una creatura schifosa ma uno bellissimo cigno. Non è difficile individuare la lettura transgender in
questa storia, come la metamorfosi da bruco a farfalla spesso usata dalla militanza trans (un importante
movimento culturale e di pensiero si chiama “Crisalide”).
La fiaba ci dice che ognuno di noi, anche se disprezzato e discriminato, ha un grande valore, dignità e
bellezza che prima o poi verranno apprezzati anche dagli altri. ognuno di noi appartiene a un gruppo e tra
gruppi la convivenza è un valore.
Le favole possono mettere in dubbio la dicotomia maschio/femmina e bello/brutto: la rana ha un principe
dentro, la Bestia ha la bellezza dentro, la trans ha una donna dentro e, prima o poi, il lieto fine avverrà:
la realizzazione. Auguri a tutte e tutti.
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