forum ambiente - Rotary Club Cagliari

Transcript

forum ambiente - Rotary Club Cagliari
giugno 2013
Periodico del Rotary Club Cagliari
Distretto 2080
• CAGLIARI NON VOLLE MORIRE
• I COMMANDOS BRITANNICI IN SARDEGNA NEL 1943
• I FUTURI PROGRAMMI ROTARIANI
• FORUM AMBIENTE
Sommario
Rotary Club Cagliari
Periodico del Rotary Club Cagliari
Distretto 2080
Anno di fondazione 1949
n. 3/4
giugno 2013
Pubblicazione riservata
ai soci Rotariani
Direttore responsabile:
Lucio Artizzu
Comitato di redazione:
Francesco Birocchi,
Salvatore Fozzi,
Caterina Lilliu,
Mauro Manunza,
Marcello Marchi,
Giovanni Sanjust
Segretaria di redazione:
Anna Maria Muru
Autorizzazione
del Tribunale di Cagliari
n. 171 del 18 agosto 1965
Gli impegni del Rotary –
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Consuntivo del Club nel 2012-13 – Mauro Manunza
Il programma rotariano per l’anno 2013-14
– Francesco Birocchi
L’azione del RYLA – Enzo Pinna
Un progetto per l’ambiente – Giovanni Barrocu
Cagliari, la città che non volle morire
– Marcello Marchi
L’operazione SWANN – Ugo Carcassi, Tiziana Pusceddu
I novant’anni di Silvano Costa – Giovanni Sanjust
Giuseppe Verdi, un musicista patriota?
– Myriam Quaquero
Le orme di Pozzato in Sardegna – Franco Spina
Castelli, torri, bastioni... – Michele Pintus
La battaglia di Lepanto – ElleA
Enrico Ferro vincitore del concorso –
Nuovo corso guardie carcerarie – Gianfranco De Gesu
Una storia di mare – Paolo Ritossa
La musica suona nuovamente la campana
della prevenzione – Giuseppe Masnata
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Commissioni anno 2013-2014
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LE RIUNIONI
Le presenze
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Progetto grafico e impaginazione
Bruno Pittau – www.brokenart.org
fotografie:
Archivio Rotary e soci del Club
Stampa e allestimento:
Cosimo Fadda Communication, CA
_____________________________
Le opinioni espresse negli
articoli firmati impegnano
esclusivamente i loro autori.
Hanno collaborato a questo numero:
Lucio Artizzu • Giovanni Barrocu • Francesco Birocchi • Ugo Carcassi
• Gianfranco De Gesu • Mauro Manunza • Marcello Marchi
• Giuseppe Masnata • Enzo Pinna • Michele Pintus • Tiziana Pusceddu
• Myriam Quaquero • Giovanni Sanjust • Franco Spina • Paolo Ritossa
giugno 2013 —
Rotary Club Cagliari
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Verso nuovi traguardi
Gli impegni
del Rotary
I
l mondo rotariano è stato turbato l’anno scorso dai grandi successi riportati
senza tener conto dei grandi impegni residui, tra cui il progetto POLIO PLUS.
Tuttavia, i primi nuovi programmi sono
estremamente interessanti e chiamano tutti
i rotariani al lavoro. I punti più salienti sono
rappresentati dalle borse di studio e dalla battaglia finale contro la polio.
La battaglia contro la POLIO ha avuto la
grande fortuna di poter festeggiare la scomparsa del virus polio selvaggio dal territorio
dell’India, lasciando il triste primato ad Afghanistan, Pakistan e Niger.
Le borse di studio continuano
la grande tradizione rotariana di
concedere sovvenzioni allo scopo
di ottenere titoli di studio di livello
universitario.
Le nuove borse di studio si
suddividono in distrettuali, globali, predefinite sulla base dell’origine delle sovvenzioni.
Tuttavia, il Rotary e la sua
Fondazione non limitano l’impegno alle borse di studio: basti
un esempio: il Presidente della
Commissione segnala che molte
attività sono state gestite dalla
Fondazione: basti ricordarle: Settimana Rotaract, Giornata Internazionale della donna, Mese
dell’alfabetizzazione.
I rotariani, particolarmente i
giovani, sono invitati a gestire tutti gli aspetti delle attività della
Fondazione.
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Rotary Club Cagliari — giugno 2013
Nelle due immagini: Interclub del 28 febbraio 2013, per il 70° anniversario dei bombardamenti su Cagliari del 1943.
Onore alla bandiera (in alto) e intervento del sindaco Massimo Zedda (in basso).
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Rotary Club Cagliari
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Gli obiettivi raggiunti
Consuntivo del Club
nel 2012-2013
Mauro Manunza
e puoi sognarlo, puoi farlo
– diceva Walt Disney. È
vero soltanto per farci guidare dai sogni; nella realtà i desideri che si realizzano non sono
molti, a causa dei nostri limiti e
delle circostanze o condizioni
avverse. Per esempio, inseguendo un sogno si guarda verso l’alto ed è facile inciampare su ostacoli bassi. Si commettono errori.
E allora, dopo aver citato Disney,
mi viene in mente Shultz padre di Linus e di
Snoopy: diceva il suo bracchetto che «sbagliando s’impara, e infatti io sono un genio».
Certo la buona volontà – a rivedere le lezioni ricavate in quest’anno di presidenza – non
ha evitato qualche sproposito, ma il breve cammino segnato da inciampi e imperizia mi lascia
complessivamente contento. Se penso al tempo che quasi in modo esclusivo ho dedicato all’idea rotariana posso definirmi soddisfatto, perché ritengo – spero – di non avere trascurato le
opportunità di servizio incontrate per strada e
colte grazie ai più fedeli frequentatori e animatori: gli iscritti sono numerosi, ma quel che
davvero funziona è lo zoccolo duro del club, un
nutrito drappello di soci i cui rapporti interpersonali, dedizione e attività assicurano la funzionalità del motore. Giugno è il nostro mese dei
bilanci: l’anno rotariano arriva al traguardo ed
è bene osservare le colonnine delle entrate e delle uscite mentre si guarda ai prossimi orizzonti. Più che mettere in cantiere nuovi progetti (che
pure ci sono), abbiamo soprattutto continuato a seminare in solchi che non debbono inaridire e cercato di condurre in porto i programmi
che sono in attesa di definizione: quando si ag-
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giunge troppa carne al fuoco si finisce per bruciarne una parte e lasciar mezzo crudo il resto.
Per questo si è data principale
attenzione alle attività pluriennali che sono un po’ il fiore all’occhiello del club. A cominciare dalla campagna divulgatrice
contro le malformazione congenite, portata avanti da un pool
che – guidato da Giuseppe Masnata – non perde entusiasmo e
potenza organizzativa. Sono tornati a visitarci
gli amici del Rotary Club Moscou-Pokrovka
e di quello di Cremona, con i giovanissimi artisti russi e sardi che assieme alla notissima
violista Anna Serova hanno dato vita al concerto Musikaralis: un successo di pubblico
(Teatro Massimo quasi esaurito) e di risonanza mediatica che speriamo si ripeta nei
prossimi anni e per cui debbo ringraziare a
nome del club non solo Giuseppe ma quanti hanno dedicato tempo e fatica (davanti a
tutti Luigi Puddu, Margherita Mugoni, Marcello Marchi, Ninni Cabras, Alessandro Palmieri, Giovanni Barrocu); con particolare riconoscenza agli efficientissimi giovani del Rotaract e alla giornalista Flavia Corda impeccabile presentatrice della serata. Preceduto
da incontri a livello anche internazionale (si
è parlato del nostro impegno sociale anche
fra i parlamentari europei a Bruxelles),
l’evento musicale cagliaritano è stato un momento di larga eco, ma – al di là della complessiva opera di sensibilizzazione – un peso
specifico ha avuto il successivo appuntamento
pubblico: il convegno medico-scientifico
“Focus spina bifida” che ha visto la parte-
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cipazione, all’ospedale Brotzu, di illustri
medici specialisti e di giornalisti.
A Peppino Masnata dobbiamo un’altra iniziativa d’importante rilievo: i giorni della Vela
Solidale, cioè una crociera sulla barca “Asibiri 3” che ha trasformato in marinai una pattuglia di ragazzi disabili lungo le coste orientali della Sardegna, da Cagliari alla Maddalena. A salutare la partenza dal porticciolo di
Capitana c’erano il sindaco di Quartu, il comandante della Capitaneria di porto, autorità rotariane, giornalisti, fotografi e cameramen. Una motovedetta ha accompagnato
i navigatori per qualche miglio; a Porto Corallo c’è stato l’incontro con la “Goletta
Verde” e il presidente nazionale dell’Unione
Vela Solidale; ad Arbatax l’imbarcazione si è
unita al brigantino della Marina militare
“Nave Italia” e infine i ragazzi hanno avuto
l’emozione di incrociare, nei pressi di Caprera,
la motovedetta della Guardia costiera con a
bordo il Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano, che ha rivolto un affettuoso saluto a Marco, Michele, Samuele, Francesco,
Gianmichele, Ubaldo e Leonardo.
Sul fronte dell’impegno sanitario, devo sottolineare la silenziosa e capillare opera di Michele Bajorek, vero messaggero della donazione del sangue, della cui importanza ha parlato – e continua a farlo – agli studenti e insegnanti delle scuole cittadine.
Alcune iniziative anche sul piano sociale.
Abbiamo tenuto aperto il discorso con l’ufficio dei servizi sociali per i minorenni, con l’intento di portare avanti l’importante programma di “tirocinio atipico” per l’inserimento nel mondo del lavoro di ragazzi indirizzati verso cattive strade. E’ un modello
innovativo, apprezzato anche dai vertici del
Dipartimento della giustizia minorile, che però
trova specialmente oggi difficoltà d’attuazione
a causa della grave crisi economica. Riguardo alle difficoltà giovanili, molto istruttiva è
stata la visita di un folto gruppo di soci alla
comunità di padre Salvatore Morittu a “Camp’e luas”: occasione per prendere diretto contatto con la straordinaria opera che il francescano – nostro socio onorario – ha creato
e sta sviluppando per trasformare in uomini sereni tanti giovani che la sorte sembrava
instradare su vie sbagliate. Non abbiamo intanto dimenticato il tradizionale rapporto d’affetto con i bambini e ragazzi dell’Oasi vincenziana di Terra Mala, riprendendo quella
programmata e anche estemporanea libertà
d’azione che per breve tempo si è impacciata nelle strettoie di una specifica associazione parallela al club, inevitabilmente legata a
fastidiosi ostacoli burocratici e fiscali; grazie
anche ai notarili suggerimenti di Ercole Bartoli, abbiamo infatti disciolto il sodalizio formale, così da riconquistare la genuina generosità di un adeguato numero di soci.
In fatto di formalità organizzative, il
Club ha partecipato al confronto nazionale
(anzi internazionale) sulla proposta di trasformare il Distretto in associazione. La
controversa novità riguarda– come spiegato dal governatore Silvio Piccioni – la possibilità di modificare parte dei regolamenti
dei Distretti del Rotary International (così
come degli stessi Club) costituendoli in associazioni, con una serie di prerogative di natura giuridica e fiscale che da alcune parti
vengono definite vantaggiose per le attività
amministrative rotariane. Oltre il parere
nostro e degli altri club, alla fine, la decisione
sarà competenza del Consiglio Centrale
(nella lontana Evanston).
A proposito dei rapporti con il Distretto
2080, devo sottolineare il costante impegno per
la Rotary Foundation, con particolare attenzione al programma PolioPlus; così come la presenza al seminario sulla Fondazione Rotary, all’Idir per la formazione continua, all’Assemblea annuale e al Congresso distrettuale che
quest’anno si è svolto ad Alghero. Il Club ha
partecipato anche alla Maratona di Roma, organizzata con il Rotary sotto l’insegna “Insieme per combattere la polio” per sensibilizzare l’opinione pubblica e possibilmente raccogliere fondi. Fra gli atleti che hanno dato vita
all’imponente manifestazione nella capitale
c’era Italo Orrù, nostro fedele documentarista
delle grandi occasioni e preparatissimo podista: ha corso con il pettorale “Rotary Club Ca-
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gliari” ed è arrivato al traguardo piazzandosi al quindicesimo posto fra i rotariani in gara
(cinquanta) e in buona posizione rispetto ai 15
mila partecipanti italiani e stranieri.
Di grande rilevanza il Forum distrettuale
“Ambiente e territorio” che Giovanni Barrocu ha organizzato offrendo al pubblico relatori di alto livello: tutti soci del nostro club. Il
convegno, sul tema specifico “Tutela del territorio e recupero delle aree degradate”, si è
svolto all’hotel Mediterraneo e ha visto sul podio, oltre allo stesso Barrocu (docente universitario di geologia applicata), il professore di geopedologia Angelo Aru, il presidente dell’Eco-Project Mario Figus e la docente del dipartimento di Geoingegneria e Tecnologie
ambientali Ginevra Balletto. Erano presenti il
socio Pinuccio Sciola (presidente della Commissione regionale Ambiente), che ha offerto
un piccolo concerto delle sue “pietre sonanti”,
e il presidente della Commissione distrettuale “Ambiente e Territorio” Claudio Spalvieri.
Ora Giovanni Barrocu (che intanto porta
avanti con il club gemello moscovita il progetto di donare alla Sardegna l’intero elenco
dei caduti e dispersi della sfortunata Campagna di Russia degli scorsi anni Quaranta)
sta organizzando una nuova iniziativa distrettuale sul tema “Informazione Ambiente”,
che si pone l’obiettivo di diffondere conoscenza
e promuovere azioni concrete per mitigare gli
effetti delle forme principali di degrado ambientale e quindi a rimuoverne le cause. Sono
al fianco del Rotary Club Cagliari, per adesso, i club Cagliari Anfiteatro, Carbonia, Iglesias e Ogliastra. Il progetto speriamo trovi sviluppo nel prossimo anno rotariano.
Con la collaborazione di Marinella Ferrai
Cocco-Ortu e le riflessioni del presidente del
RC Cagliari sul rispetto delle leggi e del buon
vivere comune, il Club ha aderito al Forum
distrettuale tenutosi a Roma su “Etica e legalità fiscale come strumenti di pace”. Su un
tema analogo, ancora prima del Forum di
Roma, Enzo Pinna ha organizzato a Cagliari un importante Ryla che si è tenuto in aprile nell’aula magna di Economia e commer-
Rotary Club Cagliari
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cio, con larga partecipazione di giovani e risonanza soprattutto nel mondo accademico.
L’argomento (“I giovani leader tra azione economica e senso civico”) è stato affrontato da
qualificati specialisti fra i quali alcuni rotariani come Pasquale Mistretta, Riccardo Lasic e Stefano Zedda. Agli studenti dell’ateneo
è stato riconosciuto un credito formativo.
Altri programmi hanno impegnato il
Club, fra i quali l’ormai annosa questione del
portone della chiesa parrocchiale di San
Lucifero, che s’è deciso di realizzare in bronzo (con un’opera dello scultore Giorgio Gometz) attraverso fondi accantonati e un aiuto della Fondazione Banco di Sardegna. Per
raccontare le peripezie di questo progetto
(ideato e portato avanti con determinazione
soprattutto da Michele Pintus) occorrerebbe
una pubblicazione a sé: pastoie burocratiche,
incomprensioni, equivoci e confusione tra uffici amministrativi istituzionali hanno gravemente ritardato i tempi. Basti pensare
alla selva di intoppi incontrati al Comune e
alla Regione: perfino una singolare discussione
tra funzionari di enti diversi sulla competenza:
settore “monumenti” o settore “paesaggio”?
Di gran successo l’interclub organizzato
in occasione del settantesimo anniversario dei
bombardamenti su Cagliari del 1943: un indimenticabile appuntamento commemorativo
che il 28 febbraio 2013 ha visto riuniti i cinque club cittadini e quello di Quartu, con uno
stuolo di autorità civili e militari (fra le quali il sindaco Massimo Zedda). Affidata a Marcello Marchi, la rievocazione della tragedia
bellica si è sviluppata anche attraverso letture, musiche e alcuni documentari e fotografie, materiale raccolto con attenta cura da
Michele Rossetti, grande regista della serata. Abbiamo onorato la ricorrenza con una
quadrilogia: oltre alla riunione interclub, due
serate sono state dedicate agli avvenimenti
(pressoché sconosciuti al grande pubblico) che
precedettero i bombardamenti e un’altra al
periodo immediatamente successivo: il professor Ugo Carcassi ha parlato dei commandos inglesi che operarono in Sardegna nel
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’43; la professoressa Maria Rosa Cardia ha
illustrato il ruolo della nostra isola nelle strategie mediterranee degli Alleati negli anni
1940-43; e l’architetto Franco Masala ha raccontato la ricostruzione della città dopo la
spaventosa distruzione avvenuta tra il febbraio e il maggio del 1943.
Un altro argomento sviluppato in una serie di riunioni è stato quello della carità, tema
conduttore scelto dal presidente per l’anno
rotariano 2012-13. Sotto il profilo laico, la professoressa Maria Grazia Vescuso (presidente dell’associazione “Amici del libro”) ci ha
parlato della carità nella letteratura, mentre
nella visione religiosa il tema è stato affrontato dall’arcivescovo Arrigo Miglio e da
quattro sacerdoti testimoni e protagonisti di
straordinarie opere di carità: il presidente della Caritas don Marco Lai, il francescano Salvatore Morittu, don Ettore Cannavera (fondatore della comunità “La Collina”) e don
Claudio Massimiliano Papa (Provinciale per
l’Italia della Congregazione Rosminiana). Infine il tema della carità è stato sorprendentemente trattato nei suoi aspetti scientifici:
la professoressa Maria Del Zompo, direttrice del Dipartimento di Scienze biomediche
dell’Università di Cagliari, ha tenuto un’affascinante conversazione sulla “attitudine alla
generosità”. Si potrebbe perciò credere che
– fermo restando il libero arbitrio – noi rotariani siamo geneticamente predisposti all’attenzione al prossimo, all’altruismo, alla
filantropia, in una parola alla carità.
Validi pretesti di riflessione hanno offerto un po’ tutte le conversazioni dei nostri giovedì: sono venuti a parlare personalità degli
ambienti culturali, scientifici, accademici, cui
son seguiti interventi, osservazioni e domande
di numerosissimi soci.
Ottimo il rapporto collaborativo con il Rotaract, grazie anche al costante interessamento
di Riccardo Lasic e Ninni Cabras: presenti nei
migliori momenti della nostra vita sociale e
sempre disponibili all’aiuto, i giovani del Club
Cagliari, che ha festeggiato poche settimane
fa il quarantacinquesimo anniversario della
fondazione, significativo traguardo di un’at-
tività entusiasta e del tutto autonoma nelle
scelte e nelle iniziative alcune delle quali di importante richiamo specialmente negli ambienti
studenteschi dell’università. L’attenzione per
le nuove generazioni ha ancora una volta imposto in primo piano, fra i club sardi, il programma scambio-giovani instancabilmente organizzato e seguito da Franco Staffa. Fra l’altro, i ragazzi ospiti in città hanno potuto trascorrere una mattinata con tanti altri giovani stranieri giunti a Cagliari da diversi club
dell’isola; tutti insieme sono poi andati a sentir parlare di Sardegna (anche attraverso un
documentario) nella sede dell’assessorato regionale della cultura e del turismo.
Ricordando infine un importante momento
di affiatamento in occasione della visita del
governatore Silvio Piccioni, credo sia ora di
chiudere questo consuntivo: che affido, com’è tradizione, alle pagine della nostra bella rivista diretta da Lucio Artizzu e pubblicata da Salvatore Fozzi. Voglio sottolineare
la mia riconoscenza a tutti i soci che mi hanno incoraggiato e aiutato lungo dodici mesi
faticosi ma importanti specialmente come
esperienza di servizio rotariano. E voglio dir
grazie, in particolare, a chi mi è stato di fondamentale appoggio: il segretario Michele Bajorek, il tesoriere Salvatore Ferro, il prefetto Lucia Pagella, il vicepresidente Paolo Ritossa. Così come non avrei potuto fare a meno
degli amici del Direttivo: Maria Pia Lai Guaita, Caterina Lilliu, Maria Luigia Muroni,
Enzo Pinna, oltre che Michele Rossetti (cui
va anche il merito del nostro ottimo sito web)
e Francesco Birocchi (al quale passo il nostro
glorioso collare). Un grande grazie a Rita Dedola per la sua costante e fraterna presenza
come assistente del governatore, mentre dichiaro incondizionata gratitudine a Mariangela, mia moglie, che mi ha sostenuto con
silenzioso ed essenziale affetto.
A Francesco, cui passo le insegne e la campana con gli auguri di un felice cammino, non
posso che ricordare una bellissima massima
della poetessa Alda Merini, da adottare
come norma esistenziale: chi regala ore agli
altri vive in eterno.
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Rotary Club Cagliari
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Le cinque vie d’azione
Il programma rotariano
per l’anno 2013-2014
Francesco Birocchi
«Q
uesto è un momento entusiasmante per essere rotariani», ha detto Ron D. Burton,
presidente eletto del Rotary
International all’Assemblea
internazionale 2013. «Io ritengo che i giorni
migliori del Rotary siano ancora davanti a noi.
Stiamo scrivendo le ultime pagine di un
capitolo della storia del
Rotary, mentre ci avviciniamo sempre di più alla fine
della Polio. E stiamo scrivendo le prime pagine di un
nuovo capitolo, mentre ci
accingiamo a lanciare il
nostro “Piano di visione
Futura”. La Visione futura
rappresenta una nuova era
per la Fondazione Rotary.
Essa prende tutto ciò che è
meraviglioso del Rotary e lo
indirizza ad un nuovo livello,
incoraggiando progetti internazionali di maggiore portata e sostenibili,
incrementando nel contempo la flessibilità per
progetti locali, entrambi in risposta ai bisogni
delle comunità che serviamo».
Sono parole che descrivono bene la
straordinaria capacità del Rotary di rinnovarsi
costantemente pur restando fedele ai principi
sui quali è fondato. È una dinamicità ribadita
anche dal motto scelto dal presidente
internazionale per il 2013-2014: Vivere il
Rotary. Cambiare vite. Tema impegnativo,
certo, ma proprio per questo entusiasmante.
Se fare “rete” per contribuire alla
realizzazione di progetti di largo respiro
costituisce impegno primario per i Rotary del
mondo, l’impegno di ogni club sul proprio
territorio completa il quadro.
La storia prestigiosa del Rotary Club
Cagliari dimostra che le cinque vie d’azione
rotariane possono utilmente integrarsi fra di
loro sino ad ottenere risultati importanti.
Proseguire su questa direzione significa
rendere merito a chi ha lavorato con serietà
e dedizione a rendere il
Club
un
punto
di
riferimento che va oltre
l’ambito cittadino. Un
patrimonio di idee, di
iniziative, di riflessioni che
nasce nel Rotary e si
trasmette al territorio.
Mettere a disposizione della
comunità impegno concreto
e professionalità. Non è
forse questo un modo utile
di servire al di là del proprio
interesse personale?
Il tema guida del nostro
Club per l’anno rotarariano 2013-2014 sarà:
“Esplorare il futuro per orientare il presente”. Ed ecco, nelle linee essenziali, il
programma: lavorare, ampliandoli, ai grandi
progetti nati in questi anni e portati avanti
con competenza, sacrificio e caparbietà dal
nostro Club. Farne nascere di nuovi, ma
avviare anche una riflessione costante assieme
a coloro che studiano, sperimentano e
operano concretamente per rendere migliore
la società in cui viviamo: in campo medico,
nella tecnologia, nell’economia, nell’ambiente,
nella comunicazione, nelle relazioni sociali ed
in altri campi di studio e di ricerca. Con la
collaborazione dell’altissima competenza
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Rotary Club Cagliari — giugno 2013
che i nostri soci sono in grado di esprimere
nelle rispettive professioni.
Intercettare queste professionalità per
esplorare il futuro, non come mero esercizio
di arricchimento culturale, pure rilevante, ma
piuttosto come contributo costruttivo alla
crescita della nostra comunità. Questo è il
tema che vorrei caratterizzasse una parte delle
iniziative e delle riflessioni di quest’anno.
“Servire al di sopra di ogni interesse personale” è il motto del Rotary e, a distanza di
più di un secolo dalla sua fondazione, è ancora oggi la molla che spinge ciascuno di noi
ad impegnarci. Ma il verbo “servire”, può essere utilizzato anche nel suo significato di: “essere utile per uno scopo”. Sia che si partecipi ai progetti di ampio respiro, sia che ci si
renda utili agli altri anche attraverso iniziative di portata più limitata.
La strada è in parte già tracciata.
L’ambizioso progetto di educazione sanitaria
per prevenire le malformazioni congenite (e
la Spina Bifida in particolare) è nato nel
nostro Club, per iniziativa di soci dotati non
solo di altissima professionalità, ma anche di
straordinarie capacità organizzative, di
grande generosità e, sopratutto, di una
visione del mondo non comune.
Il progetto è ormai stato avviato, ha avuto
il consenso di tutti i Rotary della Sardegna ed
ha beneficiato già della ribalta internazionale.
La bella iniziativa di “Musikaralis” per la cui
promozione e realizzazione non bisognerebbe
stancarsi di ringraziare i soci che attivamente
se ne sono occupati, ha consentito di recuperare risorse importanti. L’appuntamento, giunto
alla seconda edizione, ha avuto un duplice
valore: favorire la ricerca di fondi per il
progetto, appunto, ma anche offrire alla
città un concerto di altissima qualità artistica,
occasione per riproporre il Rotary e le sue
iniziative in un contesto di indubbio prestigio.
Non solo. Musikaralis consente di coltivare
utilissimi e proficui rapporti di amicizia con
il Rotary Club di Mosca Pokrovka (con il quale
siamo gemellati), con prospettive molto
interessanti anche per gli scambi culturali,
oltre che per lo sviluppo internazionale del
progetto.
Tutto ciò non solo ci rende orgogliosi come
Club, ma ci impegna per il futuro ad
incrementare sforzi ed iniziative. Nessuno può
vietarci di pensare in grande, consapevoli che
progetti di rilevanza mondiale spesso sono
nati da iniziative su scala ridotta e poi
hanno preso il volo. I rotariani italiani non
dimenticano, per esempio, che la Polio Plus,
che è stata una delle operazioni più
importanti, ampie ed efficaci che siano mai
state organizzate in campo sanitario nel
mondo, è nata in Italia, per iniziativa di un
rotariano, Sergio Mulitsch di Palmenberg, del
club Treviglio e Pianura Bergamasca.
L’occasione fu una richiesta pressante giunta
a quel Rotary dalle Filippine, perché in quel
paese il virus colpiva duro. La risposta fu
immediata e l’intervento talmente incisivo che
ci si rese conto che non ci si poteva limitare
ad un aiuto contenuto e temporaneo. I
Rotary della Sardegna non solo aderirono
all’appello, ma contribuirono e continuano
ancora a contribuire generosamente alla
campagna. Con la raccolta fondi, ma anche
cooperando attivamente, in alcuni casi anche
con concrete azioni di volontariato sul
campo. Non c’è da dubitare che, se si
riuscisse a coinvolgere il maggior numero
possibile di RC nel progetto “Spina Bifida”,
tanta generosità e capacità di iniziativa
potrebbe essere premiata e spinta verso
nuovi ed importanti traguardi.
Altra direttrice intrapresa ormai con
decisione dal nostro Club è quella ambientale.
È già stata avanzata la proposta di progetto
distrettuale sull’informazione ambientale, con
l’obiettivo «di diffondere le informazioni e
proporre iniziative, che possano contribuire
a mitigare gli effetti delle forme principali di
degrado ambientale e quindi a rimuoverne
le cause, così da migliorare la qualità della
vita della popolazione».
L’esperienza del Concorso di idee per
l’Ecoparco nel 2011 e dell’Ecocampus nel
maggio 2012, con la partecipazione di 24 giovani laureati in discipline scientifiche e tecniche connesse con l’ambiente e la valorizzazione dei beni culturali e, ancora, il recente
interessantissimo Forum distrettuale su
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“Ambiente e territorio” svoltosi a Cagliari sul
tema “Tutela del territorio e il recupero delle aree degradate”, possono essere considerati le fondamenta di un progetto molto importante che andrà seguito con attenzione e
sviluppato negli anni.
Caratteristica dei progetti di largo respiro è quella che essi non si esauriscono nel ristretto arco di tempo di un anno rotariano,
ma hanno necessità, per realizzarsi compiutamente, di un lasso di tempo più ampio.
Si tratta di iniziative che comportano l’impegno di persone e professionalità che si “passano il testimone” al fine di raggiungere risultati di notevole spessore.
È un metodo che esalta lo spirito di collaborazione tra i soci che si alternano alla guida del Club e un’occasione in più per valorizzare l’autentico spirito rotariano.
Tante sono le iniziative che il Club ha messo in campo finora, alcune di minore rilevanza
esterna rispetto a quelle citate, ma sempre
progettate e realizzate con grande intelligenza
e generosità. Altre ne nasceranno forse e saranno sviluppate nell’annata rotariana 20132014. Senza trascurare gli impegni ormai tradizionali: il Ryla, per educare i giovani ai principi dell’etica nella leadership; l’amicizia con
l’Oasi di S. Vincenzo, per ricordarci che ad
aver bisogno di noi non sono solo le popolazioni di paesi lontani ma, talvolta, anche
i nostri vicini di casa; la celebrazione di eventi e ricorrenze che coinvolgono la storia e il
presente della nostra città.
Credo, infatti, che non si debba perdere occasione per rinsaldare il legame profondo che
lega il Rotary a Cagliari. Fin dalla sua fondazione, il nostro Club ha partecipato, con la
presenza e con molteplici iniziative, alla vita
Rotary Club Cagliari
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della comunità cagliaritana, ricevendone in
cambio stima, rispetto e riconoscimento per
il ruolo svolto. Ma tutto ciò non può rappresentare una rendita di posizione. Apertura del
Club alla città significa anche disponibilità ad
aprirsi sempre più alle nuove generazioni protagoniste della vita professionale e culturale.
Il lavoro delle varie commissioni è fondamentale per la realizzazione di qualunque
programma rotariano. E lo sarà sempre di
più, ampliandosi il ventaglio delle iniziative
ed il loro peso ideativo e organizzativo.
Particolare cura e attenzione dovrà, pertanto, essere riservata alle iniziative rivolte
alle Giovani Generazioni, quinta via d’azione del Rotary, ed in particolare al Rotaract
Cagliari, formato da ragazzi splendidi, ricchi di qualità ed entusiasmo e sempre disposti
a collaborare con il nostro Club ogniqualvolta
è richiesta la loro presenza.
Ho riflettuto molto prima di accettare l’incarico di guidare il Club per la prossima annata rotariana. Ad abbattere le perplessità è
stata, alla fine la grande disponibilità dimostrata nei miei confronti da tutti i rotariani.
Dai Past District Governor Angelo Cherchi
e Lucio Artizzu, che ringrazio di cuore per i
consigli e l’incoraggiamento, ai dirigenti
del Club che mi hanno preceduto, ai soci più
recenti. In questa fase preparatoria ho trovato solo porte aperte. L’esperienza e le capacità organizzative dei componenti del
Consiglio direttivo, a partire dalla vice presidente Maria Luigia Muroni, mi incoraggiano
ad intraprendere questa avventura, sicuro di
poter contare sulla benevolenza e sull’amicizia sincera di tutti, convinto che il nostro
impegno nel Rotary possa davvero ancora entusiasmarci.
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Rotary Club Cagliari — giugno 2013
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ei mesi scorsi tre dei nostri soci sono stati colpiti nei loro affetti più
cari per la morte di loro congiunti.
N
Maria Luigia Muroni ha perso improvvisamente suo marito, l’ing. Salvatore Mastinu che aveva felicemente superato qualche anno or sono momenti difficili per la salute e sembrava aver ritrovato un nuovo equilibrio. Egli era stato un ottimo funzionario nel dirigere l’importante Ufficio del Genio Civile. A Nuoro era entrato nel locale Rotary permanendovi
sino al suo trasferimento in altra sede. Ha svolto le complesse, importanti funzioni del suo ufficio con grande competenza riscuotendo stima
e generale approvazione.
Alla nostra cara amica, sempre molto impegnata nelle attività rotariane contribuendo a determinarne la riuscita, ed ai suoi familiari, tutti i soci esprimono con il vivo affetto che le nutrono la partecipazione
al loro dolore.
Paola Marcellino, moglie di Ugo e madre di Carlo Carcassi ha chiuso
la sua esistenza terrena afflitta negli ultimi anni da un morbo che le aveva impedito di partecipare, come tante volte nel passato, sia a riunioni del
nostro Club sia a quelle dell’Inner Wheel di cui era socia molto attiva dopo
esserne stata valida Presidente.
Nella chiesa di San Giacomo, gremita da tanti amici che esprimevano
la compartecipazione al dolore di Ugo, di Carlo e degli altri familiari, il
sacerdote officiante le esequie ha esaltato le virtù di Paola per proporla come
modello di vita cristiana.
Il ricordo del suo impegno di educatrice, di moglie, di madre e di nonna, del suo spirito di carità, del la paziente accettazione delle sofferenze
patite, è comune a quanti, avendo avuto la fortuna di conoscerla, nutrivano per lei stima ed affetto resi più immediati dalla particolare simpatia che sapeva creare in ogni incontro.
Ugo, Carlo ed i loro cari trovino conforto alla tristezza nella edificante
memoria che Paola lascia e nel compianto di noi tutti soci del Club che
ci stringiamo ad essi in un vincolo di solidarietà fondata sulla vivissima
amicizia che ci lega.
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Rotary Club Cagliari
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Echi del seminario
L’azione del Ryla
Enzo Pinna
YLA (Youth Leadership Awards) è il
programma del RI di formazione rivolto ai ragazzi dai 14 ai 18 anni e ai
giovani dai 19 ai 30 anni, al quale il Rotary
International ha sempre dato la massima importanza considerandolo sempre con estrema attenzione.
Il RYLA si prefigge di sviluppare nei giovani le qualità di leadership, il senso di responsabilità civica e la crescita personale a
dimostrazione dell’interesse del Rotary per
le giovani generazioni; e offre un programma efficace di formazione a tutti coloro che
abbiano dimostrato una predisposizione alla
leadership; incoraggiandoli a svolgere un ruolo di guida tra i loro coetanei e riconoscendo il loro contributo alla comunità.
Il nostro Club, sempre attento ai programmi e ai progetti del Rotary International ed
in particolare a quelli dedicati alle giovani generazioni, ha organizzato anche quest’anno,
su iniziativa della Commissione Ryla da me
presieduta e composta da Giuliano Frau, Andrea Lixi, Cecilia Onnis, Paola Piras, un nuovo Ryla, contribuendo così alla realizzazione
degli scopi rotariani attraverso un seminario
per la formazione di giovani leader. Il tema
di grande attualità ha per titolo: I giovani leader tra azione economica e senso civico.
Questo argomento è stato scelto, con
l’intenzione di proseguire le esperienze realizzate durante il seminario tenuto l’anno passato che aveva come oggetto la “Deontologia”, in ossequio ai programmi strategici di
formazione delle nuove generazioni alla leadership sulla base delle linee generali suggerite
dal Consiglio Centrale del R.I., ed aventi come
oggetto: i princìpi della leadership; l’etica del-
R
la leadership; l’importanza della comunicazione; la risoluzione dei conflitti e la mediazione; il Rotary e il suo operato; la fiducia in
se stessi; i princìpi del senso civico e della cittadinanza globale.
Quest’anno si è voluto dare maggiore rilievo alla materia economica. Infatti, in un
contesto di crisi generalizzata, il giovane leader ha il compito, nel raggiungimento dei propri obiettivi professionali, di diffondere un
modo di agire improntato al generale principio del senso civico, ricreando le basi di una
società nuova ed emarginando individualismi volti unicamente al profitto personale senza alcuna considerazione del bene della collettività ovvero a danno della stessa.
Il seminario, organizzato per i giovani diplomati, laureati o laureandi di età compresa tra i 18 e i 30 anni si è svolto nei giorni 12
e 13 aprile 2013 presso l’Aula Magna dell’Università di Economia e Commercio, ha
avuto un credito formativo universitario ed
ha visto la partecipazione di numerosi studenti universitari, oltre quella di alcuni soci
del Rotaract. Le iscrizioni sono state inviate via internet e ciò ha rappresentato, rispetto
al passato, un’importante novità, anche
perché sappiamo che tale sistema rappresenta,
al giorno d’oggi, lo strumento principale di
comunicazione utilizzato in particolare dai
giovani.
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Rotary Club Cagliari — giugno 2013
Le conversazioni sono state tenute da relatori esperti, per la maggior parte rotariani,
che mi fa piacere ricordare: “Evoluzione storica del comune concetto di senso civico – Linee generali” (prof. Pasquale Mistretta); “I valori di autenticità alla base dell’offerta turistica:
l’insegnamento di J. Urry nel libro “Lo sguardo del turista” (prof.ssa Maria Luisa Gentileschi); “Le politiche economiche e il problema della leadership: orientamenti di pensiero” (dott. Stefano Zedda); “La crisi del welfare e le azioni di recupero” (avv. Antonio De
Giudici); “Globalizzazione e legalità: l’importanza della leadership; il problema della corruzione” (dott. Paolo De Angelis); “La gestione
della “cosa pubblica”: profili etici e penali”
(avv. Massimiliano Ravenna); “Il Rotary e le
nuove generazioni” (dott. Riccardo Lasic).
Tutti i relatori hanno illustrato gli argomenti assegnati dalla Commissione RYLA con
un taglio sia teorico, che pratico, con una particolare attenzione alle esperienze professionali di ciascuno.
Al termine del seminario sono stati rilasciati gli attestati di partecipazione. Gli studenti universitari, interessati all’ottenimento del credito formativo, hanno inoltre presentato delle relazioni sugli argomenti sviluppati nelle due giornate del corso.
Si è trattato, anche questa volta, di
un’importante nuova occasione di approfondimento che il Rotary ha voluto dare su
temi di grande rilievo ed attualità, che devono
essere intrinsecamente ed inscindibilmente legati al “modus operandi” dei giovani leader.
■
Benvenuto ai nuovi soci
Per fortuna il Club si rinnova accogliendo soci di giovane età così da assicurare con la loro energia la continuità dell’opera sinora svolta ed anche una migliore
comprensione della società in cui è radicato conoscendone e interpretandone i mutamenti che presenta.
Accogliamo quindi con piacere il nuovo socio, Francesca
COZZOLI, nata a Cagliari il 6.8.73; laureata nella nostra Università esercita la professione di farmacista nell’impresa di famiglia, in via Cettigne, che conserva il
nome Sant’Antonio, insegna della antica ditta che
operava nel centro di Cagliari rilevata e gestita per molti anni da suoi familiari.
È sposata con Davide Tocco; hanno due bambini: Luigi e Sergio.
Dal 2008 al 2011 è stata consigliere della Federfarma di Cagliari anche con funzioni di tesoriere.
Ha partecipato a diversi corsi e seminari di approfondimento scientifico ed ha
conseguito specializzazioni in numerose materie inerenti l’attività professionale.
È impegnata in attività di volontariato in favore dell’infanzia e delle organizzazioni che promuovono e curano la lotta contro il cancro.
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Rotary Club Cagliari
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Il Forum distrettuale a difesa del territorio
Un progetto
per l’ambiente
Giovanni Barrocu
er iniziativa della Commissione Distrettuale “Ambiente e Territorio” il
Rotary Distrect 2080 ha organizzato
per l’anno rotariano 2012-13 un forum con
l’obiettivo di informare e sensibilizzare istituzioni e comunità sul degrado ambientale
e sui rimedi da adottare per mitigarlo e prevenirlo. Il Forum “Ambiente e Territorio” si
è articolato in due convegni, il primo, organizzato dal RC Cagliari, si è svolto nell’Hotel Mediterraneo della nostra città il 6 aprile
2013, sulla “Tutela del territorio e il recupero delle aree degradate”; il secondo si è
tenuto a Roma presso l’Hotel Parco dei
Principi l’11 aprile 2013 sulla “Qualità dell’aria in ambiente urbano”.
L’obiettivo principale del Forum è stato
quello di diffondere le informazioni per proporre poi delle iniziative che possano contribuire a mitigare gli effetti delle forme
principali di degrado ambientale e quindi a
rimuoverne le cause attraverso la prevenzione, così da migliorare la qualità della vita
della popolazione esposta ed in generale
dell’ambiente naturale e antropico.
Il tema del convegno di Cagliari sulla
“Tutela del territorio e il recupero delle aree
degradate”, aldilà dell’interesse generale, riveste particolare rilevanza per la Sardegna,
sia per le esperienze passate e in corso per il
ripristino di aree paleoindustriali, sia per la
tutela delle zone interne e delle aree costiere,
esposte al rischio di degrado per consumo
dei suoli ed errori di pianificazione territoriale.
Le relazioni sono state tenute da Angelo
Aru sulla “Degradazione e gestione dei suoli
in ambiente Mediterraneo”, Mario Figus
P
sulle “Politiche di gestione e valorizzazione
di aree industriali dismesse”, Giovanni Barrocu sulla “Evoluzione e tutela delle aree costiere” e Ginevra Balletto sul “Consumo di
suolo: attuali impatti e strategie per il futuro”. Tutti gli oratori sono soci del RC Cagliari. Le relazioni sono state accolte con
grande interesse dal numeroso pubblico di
rotariani dell’area cagliaritana e da non rotariani, fra cui alcuni sindaci della provincia. I lavori sono stati presentati dall’avv.
Claudio Spalvieri, presidente della commissione distrettuale “Ambiente e Territorio”, il
quale ha portato anche i saluti del Governatore, Silvio Piccioni, trattenuto a Roma per
sopravvenuti impegni.
Come ha bene messo in evidenza Angelo
Aru, il suolo non è una risorsa che si rigeneri
in tempi storici, ma è da considerarsi un
bene che si riproduce in tempi molto lunghi, di almeno 10.000-15.000 anni. I suoli
fertili delle pendici delle terre alte, di montagna e di collina, devono essere protetti
dall’erosione, destinandoli solo alle colture
per le quali siano meglio vocati. I terreni
agricoli di pianura, specie nelle limitate aree
costiere, sono particolarmente esposti al
“consumo” per l’espansione scriteriata degli
insediamenti urbani, residenziali e turistici,
la quale non sempre avviene tenendo conto
della vulnerabilità delle basse terre alle
esondazioni disastrose. Il paesaggio naturale
e rurale è assai differenziato in quanto è determinato da fattori naturali, quali la tipologia e la morfologia dei suoli, il clima, che
condiziona la disponibilità d’acqua, e antropici quali l’uso storicizzato in funzione
delle esigenze delle popolazioni.
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Rotary Club Cagliari — giugno 2013
L’uomo ha stabilito i suoi insediamenti
ove maggiormente poteva soddisfare i suoi
bisogni e necessità, come indica la carta
degli insediamenti agricoli medievali dell’ordine monastico dei Vittorini di Marsiglia,
i quali concentrarono i loro centri di bonifica agraria nei terreni più favorevoli dell’isola secondo criteri tecnico-economica
acquisiti in base alle loro esperienze (Fig. 1).
Per una parte delle popolazioni l’interesse è solo agricolo, per altre è quello urbano, commerciale, o per la costruzione di
infrastrutture stradali e ferroviarie e industriali. Il conflitto è sempre in essere, soprattutto in molte aree pianeggianti, ove per
qualsiasi utilizzazione i costi di investimento
sono inferiori e i trasporti più agevoli.
L’utilizzazione delle terre per scopi non
agricoli deve essere organizzata in modo da
evitare l’occupazione e la degradazione dei
suoli di buona qualità. Uno dei problemi
centrali è dato dalla sovrastima o sopravvalutazione delle risorse, che potrebbero portare alla desertificazione per eccesso d’uso,
così come la sottostima porta alla povertà
se la proprietà è spezzettata e il suolo non
viene utilizzato per quello che può dare. La
conservazione del suolo è un obbligo e come
sanciscono gli art. 41 e 44 della Costituzione
Italiana, le strutture fondiarie non devono
impedire l’uso di buone pratiche di gestione.
Le terre devono essere bonificate perché
l’attività economica pubblica e privata
possa essere indirizzata e coordinata a fini
sociali e la legge impone obblighi e vincoli
alla proprietà terriera privata, fissa limiti
alla sua estensione secondo le regioni e le
zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità
produttive.
I terreni degradati per la presenza di discariche abbandonate sono in genere spogli
di vegetazione e quindi esposti ai processi
erosivi che li mobilizzano dando luogo a trasporto solido, destinato a ricoprire ed isterilire i terreni fertili a valle (Fig. 2). Dove
contengono residui di lavorazioni minerarie
ed industriali, le discariche rappresentano
Fig. 1 – Gli insediamenti medievali dei monaci Vittorini in Sardegna, sovrapposti alla carta geologica.
sorgenti di inquinamento dei suoli e delle
acque superficiali e sotterranee, determinato dal trasporto in soluzione di sostanze
nocive quali i metalli pesanti.
Il primo criterio al quale ci si dovrebbe attenere nella gestione dell’ambiente e del territorio è quello di determinarne gli usi, attuali
e possibili, e le condizioni della loro sicurezza
in funzione di tali usi assicurate soprattutto
prevenendo gli eventuali dissesti idrogeologici, intesi come gli effetti dei processi esodinamici, che si manifestano con diverse forme
di disordine o situazioni di squilibrio prodotti
dall’acqua nel suolo e nel sottosuolo. Tali
eventi, spesso cause di perdite di vite umane
e di danni alle cose, sono in genere dovuti a
erosione dei versanti, superficiale (diffusa e
concentrata) e profonda come le frane,
spesso dovute ad uso improprio del territorio in aree montane e collinari (Fig. 3).
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Fig. 2 – Discarica mineraria – Miniera di Campo
Pisano, Iglesias.
Fig. 3 – Tipica frana di smottamento per erosione dovuta ad arature in pendio che hanno favorito l’impregnazione d’acqua del suolo, divenuto così instabile
per diminuzione delle sue caratteristiche meccaniche.
L’intensa urbanizzazione senza spazi liberi porta all’impermeabilizzazione dei
suoli, cosicché diminuisce drasticamente
l’infiltrazione delle acque meteoriche e aumenta il deflusso superficiale. Con la pavimentazione la superficie delle strade e dei
piazzali diviene meno scabra, cosicché si riducono i tempi di corrivazione e aumentano
le probabilità di piene elevate ed improvvise
nelle aree urbane più depresse. L’urbanizzazione di aree di coltivazioni minerarie, specialmente se sviluppate in prossimità della
superficie, può provocare subsidenze e sprofondamenti per crollo del tetto dei vuoti sotterranei, che possono così estendersi fino alla
superficie. I dissesti idrogeologici in zone
particolarmente erodibili possono rapidamente degradare l’ambiente naturale e compromettervi la stabilità del costruito.
Nella sua relazione sulle “Politiche di gestione e valorizzazione di aree industriali dismesse”, Mario Figus ha messo in evidenza che
cosa rimane dopo la cessazione delle attività
minerarie. Le eredità positive sono certamente
molte ed importanti: edifici, infrastrutture,
scuole, formazione di professionalità e di cultura del lavoro possono essere il presupposto
per lo sviluppo di attività collaterali.
Le eredità negative sono costituite dall’impatto sociale, economico ed ambientale
della cessazione di tali attività. Le aree abbandonate sono spesso degradate e fonti di
inquinamento per le acque e i suoli che
stanno a valle. I gestori dell’attività industriale e/o il proprietario delle aree sono noti,
ma per qualche ragione non vogliono o non
possono intraprendere le attività di risanamento necessarie dopo l’abbandono, ma vi
sono anche aree orfane, abbandonate da
tempo, i cui gestori e/o il proprietari delle
aree non sono rintracciabili. Le varie iniziative per il recupero e la valorizzazione delle
aree industriali dismesse fino ad oggi esistenti in Italia sono riconducibili alle seguenti tipologie: musei minerari, musei della
scienza e della tecnica, ecomusei, parchi minerari, itinerari tematici, ma anche attività
“non tipicamente museali” quali quelle ricreative, di artigianato e industriali (Fig. 4).
Secoli di pratiche di chiusura delle miniere, con norme non rispettate o inadeguate, hanno lasciato in eredità in tutto il
mondo migliaia di siti minerari abbandonati e molto spesso comunità impoverite.
I principali impatti negativi sono dati da
rischi per la salute umana dovuti all’esposizione delle comunità locali alla contaminazione, per l’insicurezza dei luoghi a causa di
opere minerarie aperte e franamenti delle
discariche, rischi ambientali per contaminazione di suoli ed acque, polveri e perdite
di biodiversità, ai quali si aggiungono gli
impatti socio-economici sulle popolazioni
lasciate senza lavoro.
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Fig. 4 – Gli edifici dell’impianto di trattamento della miniera di Rosas di Narcao (CI) sono stati restaurati e
i visitatori possono vedervi alcuni macchinari originari, ben conservati, delle vecchie lavorazioni.
Ridurre o azzerare il rischio ambientale e
far crescere gli indicatori sociali ed economici di un’area post-industriale è un imperativo morale. La neutralità ambientale,
fissata secondo precisi criteri scientifici per
le varie componenti ambientali (suolo,
acqua, aria, biodiversità) potrebbe essere
raggiunta quando i livelli di contaminazione
vengano ridotti al di sotto del così detto
“fondo naturale”. Il punto ottimale dal punto di vista socio-economico viene raggiunto
quando i relativi indicatori socio-economici
– salute, cultura, reddito – raggiungono valori simili a quelli della regione o della specifica area assunta come riferimento. Questa
fase di lavoro è generalmente a spese delle
società minerarie e/o delle amministrazioni
pubbliche.
Le aree minerarie degradate possono essere restaurate e riconvertite come è avvenuto per l’Edenproject, Cornovaglia (Fig. 5)
e come prevede il progetto dell’Ecoparco,
per il recupero dell’area mineraria di Carbonia.
Le aree costiere sono le zone di transizione fra i continenti e i mari e la parte finale dei bacini idrogeologici, dove il fragile
equilibrio d’interfaccia fra le acque superficiali e sotterranee, dolci, salmastre e salate,
può essere facilmente messo a repentaglio.
Esse sono perciò particolarmente vulnerabili per le erosioni combinate delle acque
continentali e marine, e per l’intrusione salina, processo molto complesso e difficilmente reversibile nelle sue conseguenze, la
quale comporta la salinazione dei suoli, che
così si isteriliscono, e quella delle acque sotterranee. Le modifiche d’uso e di copertura
del suolo della fascia costiera e la stessa realizzazione di opere marittime possono provocare erosione con arretramento della linea
di costa, e la compromissione delle costruzioni insediate vicino al mare.
Nella sua relazione sulla “Evoluzione e
tutela delle aree costiere”, Giovanni Barrocu
ha sottolineato come la morfologia articolata e l’evoluzione delle piane costiere siano
determinate dalle azioni combinate dei processi erosivi delle acque continentali e marine, in funzione sia delle variazioni di
livello medio del mare sia della copertura e
dell’uso del suolo (Fig. 6).
Le variazioni del livello del medio del mare
sono dovute a subsidenze positive e negative, regionali e locali, dovute all’evoluzione della crosta terrestre o ad azione antropica (estrazione di fluidi liquidi e gassosi) e più in generale a cambiamenti climatici (Fig. 7).
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Fig. 5 – L’Edenproject, Cornovaglia, UK. L’area della miniera a cielo aperto è stata trasformato in un orto botanico in serra.
Fig. 6 – Un esempio di costa alta in erosione: le Colonne di Carloforte com’erano nel disegno de La Marmora (da Itinerario in Sardegna) e come sono ora, per
effetto dell’erosione che ha abbattuto le parti superiori della colonna di sinistra.
Fig. 7 – Baunei – Ingresso della Grotta del Bue Marino, ora parzialmente sommerso dal mare. Finché il livello marino non si innalzò fino a raggiungerlo alla fine
dell’ultima glaciazione, la grotta carsica era stabilmente
abitata dall’uomo, del quale sono rimaste le incisioni
rupestri visibili sulla parete della concrezione stalagmitica
dove corre il camminamento sulla destra.
La linea di costa, che delimita le coste
emerse dalle coste sommerse non è stabile ma
varia nel tempo, come la zona d’interfaccia
fra tutte le acque costiere, superficiali e sotterranee, le acque continentali, dolci e di diversa salinità, e le acque salate del mare.
La sicurezza ambientale può e deve essere garantita a norma di legge con azioni ed interventi che tengano effettivamente conto delle caratteristiche ambientali e territoriali,
variabili da luogo a luogo. Gli interventi di sistemazione idrogeologica delle aree vulnerabili all’erosione, alle inondazioni ed agli inquinamenti possono essere efficaci solo se adatti alle condizioni locali, con norme che non siano solo divieti che ottusamente considerino
uguali situazioni che non lo sono.
È essenziale che le aree costiere siano monitorate con metodi diretti ed indiretti per determinare e predire tempestivamente i pericoli
di degrado del suolo, delle risorse e delle riserve
idriche, anche a salvaguardia del mare, e stabilire gli interventi di gestione più adatti.
La gestione delle aree costiere richiede una
collaborazione interdisciplinare fra i differenti
esperti di pianificazione delle risorse idriche
e del territorio, dell’agronomia, della biodiversità, dell’economia, delle leggi e delle direttive sull’acqua, con coinvolgimento delle diverse amministrazioni interessate.
La scienza e la tecnologia possono dare le
giuste indicazioni per pianificare al meglio gli
interventi necessari per gestire il territorio e
le sue risorse idriche in modo sostenibile, così
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da prevenire i conflitti fra i differenti utenti,
nel rispetto dell’ambiente, particolarmente vulnerabile in un bacino chiuso come il Mediterraneo. L’opinione pubblica deve essere
correttamente informata dei processi e degli
interventi previsti attraverso i mass media e
soprattutto con iniziative rivolte agli studenti e agli insegnanti di tutte le scuole.
In conclusione, come ha ribadito Ginevra
Balletto nella sua relazione sul “Consumo di
suolo: attuali impatti e strategie per il futuro”, il recupero dei suoli degradati e consumati per la realizzazione di costruzioni ed infrastrutture e il ripristino del loro stato ambientale preesistente è molto difficile se non
impossibile. Nella maggior parte dei casi la
perdita di suolo fertile è permanente e irreversibile e si accompagna a frammentazione del territorio, riduzione della biodiversità, alterazioni del ciclo idrogeologico e modificazioni microclimatiche.
Tutti i relatori hanno richiamato l’attenzione
sui criteri di indirizzo per una gestione razionale delle risorse ambientali e territoriali, con
riferimenti a casi di successi e di insuccessi, e
sulle strategie da adottare nell’applicazione delle normative nazionali ed europee.
Il convegno di Roma è stato dedicato alla
“Qualità dell’ambiente atmosferico” del vasto
comprensorio della bassa valle del Tevere, che,
coronato a monte dai rilievi della Tolfa, degli
Appennini e dei Colli Albani e a valle dal mare,
è rappresentato dall’esteso agglomerato urbano della città di Roma, particolarmente esposto all’inquinamento atmosferico. Il tema è stato svolto da diverse angolazioni.
Michele Colacino ha trattato degli “Aspetti fisici dell’inquinamento atmosferico”, Nicola
Perrone degli “Aspetti scientifici e normativi
dell’inquinamento atmosferico nelle aree urbane” e Francesco Baldoni delle “Patologie respiratorie ed inquinamento urbano”.
Gli autori hanno messo in evidenza i limiti di legge, previsti dalla normativa europea e nazionale, per i diversi inquinanti e gli
aspetti meteorologici che determinano diffusione, trasporto o ristagno degli inquinanti.
A conclusione si sono espressi suggerimenti
a politici e decisori per una soluzione accet-
tabile dei problemi di gestione, che non possono essere evitati.
Proposta di progetto distrettuale del RD
2080 sull’informazione ambientale.
acendo seguito al convegno di Cagliari, la
commissione distrettuale “Ambiente e Territorio”, ha proposto al Governatore di lanciare
un “Progetto distrettuale sull’informazione
ambientale”, con l’obiettivo di diffondere le informazioni e proporre iniziative, che possano
contribuire a mitigare gli effetti delle forme
principali di degrado ambientale e quindi a rimuoverne le cause, così da migliorare la qualità della vita della popolazione.
Al Rotary Club Cagliari, che lo ha suggerito, si sono associati i RC Cagliari Anfiteatro, Carbonia, Iglesias e Ogliastra, con
l’intendimento di attivarsi per svolgere attività di informazione senza spirito di parte
attraverso cicli di conferenze sui vari temi,
coinvolgendo scuole, istituzioni ed organizzando, con esperti rotariani ed esterni, Rotary Youth Leadership Awards (RYLA),
anche con stage in fasi di interventi in corso,
con i fini di orientare giovani che intendano
dedicarsi a professioni e ad attività inerenti
la gestione ambientale e territoriale. Nell’iniziativa si porrà particolare attenzione sui
criteri d’indirizzo per una gestione razionale
delle risorse ambientali e territoriali, con riferimenti a casi di successi e di insuccessi, e
sulle strategie da adottare nell’applicazione
delle normative nazionali ed europee.
I RC Cagliari, Carbonia e Iglesias hanno
acquisito esperienze nel settore per la promozione dello sviluppo socio – economico
del territorio e la valorizzazione e tutela
delle risorse ambientali, fra le quali si ricorda l’iniziativa comune dell’EcoCampus,
svoltosi nel maggio 2012 con la partecipazione di 24 giovani di età tra i 23 ed i 30
anni, laureati in discipline scientifiche e tecniche connesse con l’ambiente e la valorizzazione dei beni culturali (Ingegneria,
architettura, botanica, scienze geologiche,
tutela dei beni culturali, scienze agricole e
forestali) e di esperti nelle varie discipline a
livello internazionale.
■
F
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Rotary Club Cagliari
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I bombardamenti di Cagliari
Cagliari, la città
che non volle morire
Marcello Marchi
a sera del 28 febbraio scorso, il Club
ha dedicato la consueta riunione settimanale a ricordare che in quella data,
settant’anni prima, un tristissimo evento aveva mutato la vita della città: un furioso bombardamento aereo l’aveva in gran parte distrutta o gravemente danneggiata tanto da
costringere quasi tutti i suoi abitanti ad abbandonarla. La ricorrenza di tale fatto di così
profonda incidenza nella storia di Cagliari doveva essere oggetto di particolare attenzione e meritava una compartecipazione largamente estesa. Così si è fatto ricorso ad un
interclub con i rotariani di Cagliari e di Quar-
L
tu; con dirigenti e soci dei Rotaract Cagliari e Golfo degli Angeli e dell’Interact e i ragazzi dello scambio giovani; con le amiche
dell’Inner Wheel ed esponenti dei Lions.
Le Autorità civili e militari hanno espresso, aderendo tutte all’invito, il vivo apprezzamento per la manifestazione che riproponeva la memoria di quei giorni.
Il Presidente Mauro Manunza ha rivolto
parole di saluto a quanti con la loro presenza hanno mostrato di condividere gli scopi
della iniziativa ed ha ribadito, con accorati
accenti, come la riproposta visione degli orrori della guerra rafforzi la volontà di pace
La scuola Riva semidistrutta. Attraverso la breccia riappaiono le antiche mura di Castello.
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Rotary Club Cagliari — giugno 2013
Il palazzo civico viene seriamente danneggiato nel lato lungo la via Crispi. Attraverso l’ala crollata si apre la
visione del cortile interno.
che dovrebbe animare tutti gli uomini e che
il Rotary e gli altri Club di servizio hanno tra
i principali intenti.
Anche il sindaco, Massimo Zedda, pur dovendo rispettare altri impegni, ha voluto
esprimere personalmente il compiacimento
per la nostra iniziativa e per i valori che essa
richiama.
A quanti affollavano la sala (che ha potuto contenere soltanto 300 persone) sono state mostrate immagini particolarmente significative di quel tristissimo giorno e di quelli che seguirono in cui la guerra investì così
crudelmente la città che tanto amiamo.
Scorrevano sullo schermo, in un orrendo
succedersi, le visioni dei luoghi in cui si era
svolta sino ad allora la vita tranquilla di ogni
giorno, ed erano monumenti, chiese, piazze,
vie e, soprattutto, case: crolli, sventramenti, spaccati di edifici, macerie, spesso tragiche lastre tombali di vittime innocenti. Valenti soci rotariani hanno proposto una suggestiva e commovente colonna sonora delle
tragiche immagini (con il pianoforte Elisabetta Steri di Cagliari Anfiteatro e Giuseppe Maggiolo Novella di Cagliari Nord., con
la chitarra il nostro Luigi Puddu), altri rotariani, Antonella Sarais di Quartu e Alberto Desogus di Cagliari Sud, hanno letto brani dello scrittore Francesco Alziator, sempre
vivo nella memoria di noi tutti, che aveva can-
tato con accento struggente i giorni di pianto di una città appassionatamente amata.
Ma Cagliari cercava di sopravvivere e si rivolse come in altre occasioni al suo Santo pregandolo di liberarla da questa nuova peste ed
il primo maggio, tra le rovine di una città scheletro, la fede di pochi, quasi raccogliendo la
speranza di tutti, compì il prodigio di far ripercorrere, su un vecchio camioncino, la via
che Efisio era solito fare sul cocchio dorato fra
le acclamazioni della folla.
Quando sullo schermo è stato proiettato
il film di quel viaggio si è avvertita in sala una
commossa, intensa partecipazione, specie di
coloro che non lo avevano mai visto, ancor
più viva perché in quel momento si è levato il suono delle launeddas del complesso diretto da Giampaolo Lallai di Cagliari Est con
le antiche melodie della nostra terra.
Dopo il suono della campana, ha accompagnato il convivio una suggestiva canzone
da lui composta, ispirata da quanto la madre scriveva nelle lettere che indirizzava a suo
marito lontano perché militare, commovente memoria della sofferenza che gli affetti familiari allora pativano.
Il Club ringrazia i soci Michele Rossetti, che
con molta maestria ha curato il complesso programma della serata, e Marcello Marchi che
ha tenuto la conversazione che, in gran parte, viene riproposta nell’articolo che segue.
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Rotary Club Cagliari
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Il palazzo Cavanna, lungo la via Roma, svuotato dalle esplosioni non sarà più ricostruito. Al suo posto sorgerà negli anni ’80 il modernissimo palazzo della Regione.
e visioni di distruzione e morte che lo
schermo ci ha proposto sono state però
animate da un soffio di speranza
quando nell’immensa tristezza di quei giorni ci si rivolge a Sant’Efisio. Il Martire delle antiche persecuzioni romane viene fatto
passare fra i martiri di quel tempo, tra i testimoni delle offese della guerra ancor più
atroci e devastanti di quelle patite dai cristiani
dei primi secoli.
Un primo segno che la città voleva continuare a vivere non recidendo una tradizione
mantenuta sempre nei secoli.
Nella motivazione della medaglia d’oro al
valor militare, concessa dal presidente Luigi Einaudi nel 1950, e consegnata dal presidente Giovanni Gronchi il 2 febbraio 1958, si
legge che la città aveva sopportato per anni
lunghe, terrificanti ed assillanti distruzioni di
guerra recate dall’intensa attività aerea e che
non aveva mai smentito le sue virtù benché
dilaniata, stroncata e ferita a morte. Il giorno precedente la consegna, “L’Unione Sarda”
dava ampie notizie sull’evento ed in un inserto,
intestato Cagliari – Resurrezione e Morte raccontava le tristi giornate della distruzione e
quelle difficili di una riuscita ripresa, con saggi di illustri collaboratori, fra i quali i nostri
soci, Francesco Alziator, (il suo scritto, ripreso
nel libro L’Elefante sulla Torre, è stato letto
nella riunione), Vittorino Fiori e Francesco
Cocco Ortu che intitolò l’articolo “Non volle morire” e rievocò con accenti di accorata
tristezza la città distrutta ma anche la sua meravigliosa volontà di rivivere.
L
Due momenti così rilevanti per la nostra
storia, necessariamente legati e contrapposti: la morte di Cagliari, possibile, anzi probabile e, addirittura, da taluno, data come
già avvenuta, e la contrastante volontà di non
cedere, l’impegno a farla risorgere, appaiono stretti in una visione unitaria degli eventi. Così, nella impostazione dell’inserto de
“L’Unione” (Morte e resurrezione) come
nel saggio di Ciccio Cocco Ortu. Dal contesto del suo scritto nacque “Cagliari la città
che non volle morire”.
Questa è la traccia seguita, in generale, nel
ricordare quel periodo storico; io la seguirò
in parte perché voglio, nei limiti di spazio imposti, cercare di tracciare un quadro degli
eventi vissuti e patiti da Cagliari dall’inizio
della guerra alla ricostruzione.
Col volgere degli anni diminuisce sempre
più il numero di coloro che di quegli eventi
furono diretti testimoni.
Il Club ha ritenuto che io, per l’età grazie a Dio raggiunta e per quella che avevo allora, sia in grado di poterne parlare.
70 anni or sono, ero un ragazzo che frequentava la IV ginnasio, e di quei fatti sono
stato anch’io diretto testimone: la realtà così
terribilmente diversa da quella quotidiana li
ha incisi profondamente nella memoria.
In seguito, l’esperienza personale si è arricchita da quanto appreso da altri partecipi in vario modo della stessa sventura e dalla lettura di molti saggi, tra cui primeggia,
per l’esatta ricostruzione storica degli avvenimenti, il libro La portaerei del Mediterraneo
22
Rotary Club Cagliari — giugno 2013
Macerie all’inizio di via Garibaldi e la scuola “Riva”
con un grosso squarcio.
Via Roma, l’Albergo Moderno (palazzo Vivanet) viene
duramente colpito e presenta una vasta breccia.
dei miei cari amici gli avvocati Marco Coni
e Franco Serra, edito dal nostro Salvatore
Fozzi.
Inoltre, tra le carte di una prozia, Nina
Foys Rossi, sorella minore di mia nonna materna, alla sua morte nel 1969, ho trovato un
quaderno sottile, dalla copertina azzurra. Zia
Nina, allora sessantenne, dal suo appartamento di via Manno, con un terrazzo che si
apriva sui tetti della Marina, giù sino al mare,
Piazza Garibaldi, il palazzo Zedda mostra uno
squarcio enorme: una bomba, superati i piani alti, è
esplosa rovinosamente al piano terreno.
vi aveva annotato, con numero progressivo,
ogni allarme aereo: dall’ora d’inizio (segnalata da sei squilli di sirena di 15 secondi con
pari intervalli) a quella della fine (uno
squillo continuo di due minuti) e i danni che
l’eventuale bombardamento avesse causato.
I fatti sono riferiti con rigore storico, tant’è
che spesso sono preceduti da un «si dice»
quando non le era possibile sottoporli a controllo, ovviamente con i mezzi di cui poteva
disporre (radio e passa parola).
Avevo ritenuto allora che il documento,
frutto dell’osservazione di persona che, come
tutti i concittadini, aveva vissuto quegli
anni sopportando il continuo e sempre più
tragico aggravarsi degli eventi, fosse utile per
una ricostruzione storica che non si fondasse solo sulle fonti ufficiali.
Nel 1993, cinquant’anni dopo i bombardamenti che avevano distrutto buona parte
della città, i Rotary ed i Lions, con il patrocinio del Comune, pubblicarono un libro Cagliari 1943/1993. Conteneva testimonianze di
chi era stato comunque partecipe di quei tragici giorni e, con altri scritti, una sorta di introduzione ad una bellissima mostra nella
Cripta di San Domenico sulle vicende della
città dall’anteguerra sino alla rinascita.
Il diario venne riprodotto integralmente
nel libro Cagliari: una città che non volle morire, edito sempre nel 1993 dal Rotary con prefazione dell’amico Ettore Angioni, allora Presidente di Cagliari Est. Alberto Aime, con
somma cura, creò la pubblicazione corredandola di un mirabile saggio di sua mano,
giugno 2013 —
Via Farina, ripresa dalla via Dante, presenta rovine
da tutti i lati. In alto si scorge la piazza Garibaldi.
ma non firmato, che ripercorreva gli anni della tragedia e quelli della nuova Cagliari.
Una serie di immagini proponeva con
grande efficacia i giorni del lutto e quelli dell’avvenuta ripresa. Altri articoli di illustri collaboratori completavano l’opera.
Ma torniamo indietro nel tempo.
È noto che Mussolini non voleva navi portaerei, riteneva e con lui altri strateghi, che
le grandi e piccole isole e la stessa penisola
italiane erano portaerei e, per di più, non affondabili. Ma doveva essere messo in conto
che diventavano inevitabilmente obiettivo di
reazioni avversarie. In primo luogo la nostra
isola che, con la sua posizione al centro del
Mediterraneo, costituiva e fu una base molto efficace per gli attacchi ai convogli della
Marina inglese.
Dal diario ricavo che dopo un bombardamento dei francesi, il 24 giugno 1940, poche ore
prima dell’armistizio, con danni molto limitati, seguì un periodo relativamente tranquillo per la città, mentre l’aeroporto di Elmas subì
diversi attacchi. Dal 16 novembre 1941 al 2 giugno 1942 non vi furono allarmi aerei.
Nel giugno vi furono due incursioni, entrambe dirette a colpire le navi da guerra della VII divisione navale ancorate nel porto.
I due attacchi inglesi ebbero le stesse modalità di esecuzione e le stesse modalità di difesa. Le navi emisero la nebbia artificiale che,
sospinta dal vento, si diffuse, fortemente maleodorante, sulla città confondendo la mira
dei bombardieri che sganciarono le bombe,
la prima notte, sul viale Diaz, sul cimitero di
Rotary Club Cagliari
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Il grande squarcio del palazzo Valdes, in viale Regina
Elena, schiude la vista su altre rovine.
Le rovine all’inizio di via Manno.
Bonaria e sulla linea delle Ferrovie Complementari; la seconda notte, sul Largo
Carlo Felice, via Roma, via Angioy, scoppiando all’interno di alcuni palazzi.
Morirono 14 persone e, per la prima volta, i cagliaritani avvertirono che la guerra poteva colpire anche la popolazione civile.
Cominciò ad essere turbato quell’atteggiamento di fiduciosa speranza di essere in
città al riparo dalle offese nemiche, in quanto gli obiettivi, come dimostravano le pre-
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Rotary Club Cagliari — giugno 2013
Il Bastione di Saint Remy è rovinosamente colpito nella scalinata e nella torretta.
cedenti incursioni, erano quelli militari, in
particolare, gli aeroporti.
Dall’inizio della guerra sino ai bombardamenti del giugno 1942 si era diffusa una sorta di fatalistica assuefazione e la vita sembrava scorrere sostanzialmente come prima.
Il dato diverso più evidente era il buio della sera e della notte, l’oscuramento: “normale”
(veniva ridotta l’illuminazione pubblica e
schermate le lampade) e “totale” quando vi
era l’allarme aereo (eliminazione completa della illuminazione stradale); comunque, sempre scurini e tapparelle serrati ad evitare che
si propagasse all’esterno il lume delle case.
I rifugi erano pochi e per lo più ubicati nelle cavità naturali di Cagliari o nelle antiche
cisterne puniche e romane. Nella maggior parte dei casi si scendeva ai piani bassi, nell’illusione di essere al riparo; molti preferivano, durante gli allarmi notturni, restare a letto o, addirittura, affacciarsi ad un eventuale punto di osservazione della propria casa
per seguire nel cielo, spesso illuminato dai
bengala nemici, gli scoppi della contraerea
e i duelli aerei fra i bombardieri nemici e i
loro caccia di scorta con quelli italiani e tedeschi o a terra, le esplosioni delle bombe.
Noi ragazzi, con l’incoscienza dell’età, facevamo il tifo perché la fine dell’allarme suonasse dopo la mezzanotte: ciò autorizzava il
rientro a scuola con un’ora di ritardo.
Ad un primo periodo di relativa libertà nel
commercio, seguì il razionamento e le vie della città conobbero lunghe file di cittadini incolonnati per i loro acquisti; con il prolungarsi
del conflitto si avvertirono sempre più le ri-
strettezze alimentari e quelle dovute al mancato afflusso nell’isola di quanto era necessario
importare perché da essa non prodotto.
Naturalmente vi era il grande disagio di
chi aveva i propri cari al fronte o, comunque
lontani; il dolore di chi ne piangeva la morte, il ferimento, la prigionia.
Occorre, adesso, vedere, sia pure in rapida
sintesi, quale fosse il più ampio scenario della guerra e quale collocazione avesse la
Sardegna.
Le forze anglo americane l’8 novembre del
1942 erano sbarcate in Marocco ed Algeria.
A Casablanca, nel gennaio 1943 si incontrarono Roosevelt e Churchill e dopo molte
discussioni sui tre progetti d’attacco che erano stati elaborati: “Husky” (sbarco in Sicilia), “Brimstone” (contro la Sardegna) e “Firebrand “ (contro la Corsica), venne scelto
il primo che si cercò di celare simulando che
sarebbe stata la nostra isola oggetto di attacco
con lo stratagemma ben noto dell’uomo
che non è mai esistito. In prossimità di una
spiaggia spagnola venne lasciato in mare da
un sommergibile inglese, un cadavere, apparentemente un maggiore britannico che
portava, sigillata al polso con una catenella,
una borsa in cui erano contenuti documenti che facevano ritenere che era in preparazione un attacco in Sardegna o nel Peloponneso. Agenti tedeschi operanti in Spagna
inviarono copia delle carte in Germania. Caddero in inganno il servizio segreto e lo stesso Hitler che fece trasferire dalla Francia in
Grecia la prima divisione corazzata ed inviò
da noi la nuova 90a Panzer Division.
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Dalla piazza Yenne verso il Corso è solo macerie.
Il negozio “Costa Marras” nel Largo Carlo Felice.
In ogni caso, pur non essendo la Sardegna obiettivo dello sbarco, sia per confermare
il falso scopo, sia, e soprattutto, per il mutato atteggiamento bellico che mirava a
fiaccare la resistenza degli italiani con bombardamenti anche terroristici, l’isola si trovò ad essere al centro degli attacchi.
Nell’Algeria conquistata, gli angloamericani attrezzarono gli aeroporti e vi fecero affluire nuovi aerei sino a costituire una formidabile flotta.
Nel dicembre 1942, un evento non legato
ad azioni belliche, l’incendio e la completa
distruzione del teatro Politeama Margherita,
aveva contribuito a rendere più triste l’umore dei cagliaritani.
Malgrado le afflizioni dei tempi, noi ragazzi eravamo contenti perché la durata
delle vacanze natalizie era stata prorogata
sino al 15 febbraio; decisione valida per
tutte le scuole del Regno determinata dalla
necessità di risparmio del carburante per il
riscaldamento, risparmio esteso anche agli
istituti cittadini... tutti privi di qualsiasi impianto!
La prima incursione americana avvenne
nel primo pomeriggio di domenica 7 febbraio,
la prima in ora diurna. Il diario riporta 5 allarmi dalle 15,05 all’1,15 dell’8 e riferisce: durante questi 5 allarmi hanno sganciato una
infinità di bombe causando molti danni ad
Elmas. 27 morti militari e 4 civili – moltissimi feriti, forse più di trenta, alcuni gravissimi. Al bombardamento americano seguì
quello notturno degli inglesi, tuttavia senza
apprezzabili danni.
Sino ad allora erano stati presi di mira e colpiti soltanto obiettivi militari, tanto da indurre a coltivare ancora speranze di incolumità, ma
lo spezzonamento del 17 febbraio contrappose
a tutte le illusioni una tristissima realtà.
Le strade cagliaritane, in particolare la
piazza Santa Restituta, e quelle di Gonnosfanadiga, scambiate probabilmente per le piste dell’aeroporto di Villacidro, furono spazzate dal vento micidiale delle innumerevoli
schegge degli spezzoni che si irradiavano in
ogni direzione colpendo ogni cosa frapposta
alla loro corsa di morte.
Fu uno strazio terribile. I morti, tra Cagliari, Quartu e Gonnosfanadiga furono oltre 200 e molti furono i feriti.
Il 18 febbraio “L’Unione Sarda”, costretto ad uscire con un solo foglio per le interruzioni di corrente che avevano fermato le
macchine compositrici, non conteneva alcun
cenno della strage. Il giorno 19 la cronaca cittadina riportava quanto accaduto sottolineando l’atrocità dell’attacco portato «dai feroci piloti dell’ebreo Roosevelt».
Ancora altre notizie apparvero nel giornale dei giorni successivi, ma “L’Unione” non
uscì né il 27 né il 28 febbraio e neppure in
marzo sino al giorno 19; venne ancora pubblicato in poche migliaia di copie sino all’11
maggio con sole due pagine. Soltanto il 14 novembre, tornò in edicola: le sue quattro pagine hanno la nuova testata “Quotidiano politico della Sardegna” «La guerra continua
ma è caduto il governo fascista. La guerra di
Salò è lontana. L’Antifascismo fa da battistrada alla democrazia».
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Il 17 febbraio era appena iniziata la tragedia di Cagliari sulla quale si dovevano abbattere i più tristi e devastanti bombardamenti del 26 e del 28 febbraio.
È noto, per lo meno ai più informati dei presenti, che Cagliari, il 26 febbraio, vinse il tragico premio di riserva di una lotteria di morte. Da un aeroporto algerino erano partite quaranta fortezze volanti per attaccare un convoglio navale a nord della Sicilia; venti aerei
che formavano un primo gruppo riuscirono a
raggiungere l’obiettivo, il secondo gruppo di
19 aerei (uno era dovuto rientrare alla base)
non avvistò navi ed allora si diresse verso Palermo, secondo obiettivo designato ma le
nubi che coprivano la città non consentivano
una offesa efficace, quindi gli aerei vennero fatti volare su Cagliari che presentava un cielo
sereno che consentiva una buona mira.
Scriveva zia Nina nel diario «Il bombardamento è durato poco più di 15 minuti. Danni ingentissimi» e proseguiva indicando i
crolli di palazzi, chiese, cliniche ed elencando
persone da lei conosciute che erano rimaste uccise o ferite. Crollarono o furono gravemente
danneggiati, oltre a diverse abitazioni private, molti edifici pubblici (Bastione, Municipio,
palazzo Villamarina, Teatro Civico, chiese di
San Giuseppe e S. Anna, Mercato del pesce).
Il Bollettino del Quartier Generale delle Forze Armate, che quotidianamente alle ore 13 veniva radiotrasmesso, il 27 Febbraio riferiva:
«nel pomeriggio di ieri aeroplani avversari bombardavano Cagliari, provocando notevoli danni; 73 morti e 286 feriti tra la popolazione». In realtà il numero dei morti era
molto più alto anche perché le operazioni di
recupero delle vittime comportavano quasi
sempre lo sgombero delle macerie che le avevano sepolte ed esso era reso ancor più difficile dal sopraggiungere della notte.
Tenuto conto dell’ora in cui cessò l’allarme, metà pomeriggio di un giorno invernale, solo pochi riuscirono ad abbandonare la
città; l’esodo iniziò il 27; la scarsa diffusione di auto private (con la difficoltà di procurarsi il carburante per le poche circolanti) spinse a ricorrere alle corriere e, soprattutto, alle Ferrovie, statali e complementa-
Il palazzo Villamarina in via Fossario, irrimediabilmente danneggiato, verrà demolito.
ri. Dalle prime ore del mattino sino a notte,
molti convogli riuscirono a trasportare verso l’interno coloro che, radunate le cose indispensabili, cercavano scampo al terrore che
pioveva dal cielo. La fuga si trasformò in una
trasmigrazione di popolo il 28, e poi nei giorni successivi per il disastro che quella domenica investì la città.
Era una tepida mattinata e molti si attardavano in via Roma, un gruppo numeroso
di fedeli era appena uscito dalla chiesa di San
Francesco di Paola dopo aver assistito alla
Messa di mezzogiorno; molte altre persone
erano alla Stazione Ferroviaria per partire o
per informarsi sull’orario dei treni.
Sta scritto nel diario: «28, Domenica, ore
12,48 – senza allarme, il bombardamento è
durato 20 minuti, anche questo è avvenuto
per opera degli americani, più terribile di
quello del 26 – moltissime le case distrutte...».
I morti furono oltre 600 e molti, circa 150,
non poterono essere identificati e trovarono
sepoltura in una fossa comune nel Cimitero
di San Michele.
giugno 2013 —
Oggi, sul punto sorge l’Albero della Vita,
opera dello scultore Tore Pintus, monumento eretto, su impulso di Mimmo Copula, da Lions e Rotary, a serbare la memoria
di vittime innocenti della crudeltà che ogni
guerra comporta.
Iniziò lo sfollamento: in pochissimi giorni oltre centomila cagliaritani abbandonarono
la città ridotta in macerie. Per taluno è un ritorno ai luoghi d’origine, per molti altri un
impatto con il mondo contadino dei nostri
paesi: talvolta un incontro-scontro tra is casteddaius e is biddunculus, tra cittadini e paesani, i quali – allora in misura molto più accentuata rispetto ad oggi – erano diversi per
tradizioni, costumi, cultura.
In città rimasero circa diecimila persone,
per lo più addette ai servizi essenziali mentre enti pubblici ed istituzioni erano sparsi per
buona parte dell’Isola.
Vi fu un primo periodo in cui alcuni ritennero che si potesse tornare a vivere a Cagliari, ma i bombardamenti del marzo, in particolare del 31, sugli aeroporti e sul porto, trasformarono la città in un deserto.
Giunse poi inesorabile e tremendo l’attacco
del 13 maggio diretto a “neutralizzare” Cagliari.
Marco Coni e Franco Serra, con molta efficacia, riproducono il terrore con cui quel
giorno cominciò. Il telefonista del Comando
Centrale di Cagliari, messo in allarme da
Capo Carbonara, chiese al collega: «Medas
funti?» sentendosi rispondere «Mamma mia!
Su xelu prenu!»
Ed il cielo era veramente stracolmo di aerei. 197 bombardieri, scortati da 186 caccia,
volarono su Cagliari scaricandovi oltre 400
tonnellate di bombe.
La notte, 23 Wellington inglesi diedero l’ultimo colpo.
Si legge in un rapporto ispettivo del Servizio informazioni dell’Esercito della fine del
giugno 1943, che è conservato in copia nell’Archivio De Magistris, e che mi è stato dato
da Carlo, il nostro amico tanto rimpianto:
«Cagliari è letteralmente e totalmente distrutta. Tutti i quartieri e l’attrezzatura industriale sono un cumulo di macerie; il
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All’angolo tra via Roma e viale Regina Margherita il
palazzo Zamberletti non ha scampo, verrà sostituito
dal palazzo dell’INA.
porto è praticamente inservibile; nella città
vivono solo poche centinaia di persone nei rifugi della periferia ed alcuni militari».
E le grotte furono veramente l’ultimo unico asilo.
Il brillante, illustre giornalista, Antonio
Ballero, in un saggio pubblicato su “L’Unione” nel 1968, poi ripreso nel libro citato Cagliari, una città che non volle morire, scrisse, e nell’Interclub lo ha letto la Presidente
del Rotaract, Francesca Fiorilla.
Tutti insieme nelle caverne.
Gli uomini erano tornati nelle caverne, Come ai primordi, come se risaliti i
millenni ogni conquista dell’essere e del
vivere si fosse perduta; i giorni e le notti trascorrevano tra cunicoli ed anfratti, incerto il domani, l’esistenza continuava legata ai fili sottili della fede e della speranza, un’esistenza precaria, contenuta e repressa nelle caverne, lento stillicidio di minuti e di secondi che potevano sempre diventare gli ultimi; e dalle
caverne si usciva soltanto sospinti dal
bisogno, dall’ansia, dalla ribellione; in
cerca del cibo, del sole, dell’aria respirabile, di uno squarcio di limpido cielo.
E, a sua volta, Francesco Cocco Ortu, nell’articolo sopra ricordato e poi riprodotto nel
libro 60 anni al servizio della città pubblicato
dal nostro Club, presieduto da Marinella Ferrai Cocco Ortu, sua nuora, con commosse
espressioni ritrae la nuova terrificante Cagliari.
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È stato un piacere per noi che a dar voce al
suo scritto sia stato un giovane dell’Interact,
Giovanni Cocco Ortu, suo nipote, figlio dei carissimi rotariani Alberto e Rita Dedola.
Più che le stazioni distrutte, le chiese sventrate, le officine sconvolte, le alberate abbattute erano le migliaia e migliaia di piccole case del quotidiano rifugio e del quotidiano lavoro di uomini e donne dispersi nell’isola a dare la sensazione di una distruzione
irreparabile di quanto con il lavoro di vite e
di generazioni era stato creato ed in un momento annientato, la sensazione di tante famiglie per sempre disancorate dagli affetti legati alle povere cose distrutte.
Le interne povertà, sino ad allora mascherate da dignitose facciate, spietatamente offerte dalle porte divelte, dai grandi
crolli a rivelare stentate o modeste esistenze e pazienti fatiche. Parati sbiaditi, poveri
logori mobili, intonacati vetusti con floreali decorazioni ancora umbertine e fotografie alle pareti; melanconiche fotografie di morti, di baffuti in grigioverde della vecchia guerra, di comunicandi, di sposi in giorni felici:
la eco di tutto un passato disperso per la Sardegna, nei cimiteri, nelle fosse comuni dei primi bombardamenti, nei campi di battaglia
lontani, nei campi di prigionia.
Ma come esponevo all’inizio, con il mese
di settembre che aveva portato l’armistizio
e aveva allontanato la Sardegna dalla guerra, cominciò spontanea, sempre più crescente
la voglia di rinascere.
Si provvide, anzitutto, allo sgombero
delle macerie e poi, pian piano, cominciarono
a rientrare gli sfollati nonostante mancassero beni indispensabili.
Il Generale Pietro Pinna Parpaglia, che nel
gennaio 1944 era stato nominato Alto Com-
Sito internet del club:
E-mail del club:
missario per la Sardegna con poteri amplissimi, scriveva in un nota al Governo Badoglio «...Il popolo è nudo e scalzo».
Ma la voglia del ritorno era talmente forte che vennero infranti i divieti delle autorità di risiedere a Cagliari a chi avesse meno
di 15 e più di 65 anni ed alle donne; e a quanti non avessero un’attività produttiva. Basti
dire che nel luglio del 1945, l’85% della popolazione anteguerra era tornata in città. Vennero occupate le case ancora abitabili comprese quelle danneggiate o si cercò un qualunque riparo nelle grotte, nei rifugi, in strutture già occupate da militari o in agglomerati spontanei con l’impronta della miseria
e dello squallore nelle zone marginali de Is
Mirrionis, Giorgino, Lazzaretto.
Il primo urgente problema fu l’affrontare la ricostruzione del patrimonio edilizio.
Oggi, nell’esaminare gli interventi svolti, se
ne scorgono i tanti errori le tante scelte sbagliate. Ma non si può essere molto severi nel
giudizio: occorre riportarsi a quei tempi,
quando preminente su tutto era la necessità di trovare un tetto alle migliaia di cittadini che dall’interno, ove erano spesso in condizioni di disagio, premevano per tornare nella loro casa; bisognava eliminare le situazioni
di emergenza in cui pativano i tanti, per lo
più del ceto economico più basso, che stentavano a vivere in luoghi e condizioni miserevoli; vi era la mancanza di materiali edili
idonei; vi erano le norme edilizie per cui la
ricostruzione degli edifici danneggiati poteva attuarsi purché rimanessero inalterati i riferimenti catastali e planimetrici precedenti; vi era ancora il quasi assoluto isolamento della Sardegna sostanzialmente priva di
collegamento sino al dicembre 1944.
Ma le difficoltà vennero superate e Cagliari, la nostra Cagliari iniziò allora il cammino della rinascita.
■
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Agenti britannici e il controspionaggio in Sardegna nel 1943
L’operazione SWANN
Ugo Carcassi, Tiziana Pusceddu
li inglesi avevano sempre dimostrato un particolare interesse
per la Sardegna, anche per motivi strategici, accentuatosi nel corso della seconda guerra mondiale. Per questi motivi alcuni piani di invasione e/o
di spionaggio erano stati elaborati e successivamente abbandonati.
Un’operazione di spionaggio era
stata incoraggiata da Emilio Lussu che
si era rifugiato a Londra. Egli aveva segnalato l’esistenza nell’Isola di un forte gruppo di separatisti favorevoli alla
Gran Bretagna. A questa affermazione del Lussu gli inglesi avevano dato
poco credito. Tuttavia nel gennaio del 1943
un sommergibile aveva depositato a Capo
Serra Cavallo, vicino a Tertenia, due agenti segreti. Si trattava di John Armstrong, pseudonimo di un agente di origine ungherese che
apparteneva alla SOE (Special Operation
Executive), e del sardo Salvatore Serra di Solarussa, ex carabiniere. Quest’ultimo era stato fatto prigioniero in Africa e deportato in
India. Nel campo di prigionia era stato convinto a collaborare con i servizi segreti alleati.
Era stato trasferito a Londra dove aveva incontrato Emilio Lussu che gli aveva dato un
foglietto contenente l’elenco di persone da
contattare una volta sbarcato nell’Isola. Il
compito di Serra era di agire come guida dell’agente Armstrong al quale aveva consegnato
il foglio ricevuto da Lussu. Al momento della loro cattura, nella tasca di Armstrong veniva ritrovata la lista dei contattandi: l’avvocato Salvatore Mannironi di Nuoro, il veterinario Ennio Delogu di Bitti, Francesco
Ogno ed il figlio Domenico pescatori di Si-
G
niscola, l’avvocato Anselmo Contu di Lanusei e Margherita Sanna maestra
ad Orune. Tutti questi soggetti erano stati subito incarcerati e la sola maestra Sanna era
stata successivamente rilasciata.
I due agenti segreti, per salvare la pelle,
avevano finto di collaborare con la polizia fascista. Dopo l’8 settembre il Serra aveva compiuto un’ulteriore metamorfosi divenendo
agente del controspionaggio italiano. Si era
poi stabilito in Piemonte dove si era sposato e dove era deceduto. Sorte diversa era toccata invece ad Armstrong che, catturato dai
tedeschi a Roma, era stato fucilato nella rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Il suo cadavere era rimasto senza nome fino a quando,
grazie alle ricerche dell’Avvocato Domenico
Mannironi, era stato possibile documentare
che il 14° cadavere innominato apparteneva al militare britannico Armstrong.
Una vera e propria missione di guerra era
stata invece la Operazione Swann che con-
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Rotary Club Cagliari — giugno 2013
sisteva nello sbarco in Sardegna di alcuni Commandos con
il compito di distruggere il maggior numero possibile di aerei tedeschi presenti nei vari aeroporti dell’Isola. Lo scopo
era di impedire che i bombardieri tedeschi, decollando dalle basi sarde, potessero attaccare i convogli alleati che dal
nord Africa trasportavano le truppe destinate all’occupazione
della Sicilia.
A questo punto appare lecito domandarsi quali fossero le
fonti di informazione in possesso dei britannici tali da giustificare un’azione di questo tipo. La Professoressa Mariarosa Cardia, fra i vari documenti contenuti nel suo libro La Sardegna
nella strategia mediterranea degli Alleati durante la seconda guerra mondiale. I piani di conquista (1940-1943), a pag.
347 riproduce una nota che fa riferimento alla famiglia Piercy. La Cardia, nella relazione del 6 dicembre 1943 sulla Situation
in Sardinia, conferma l’esistenza di «un piccolo e non importante gruppo separatista facente capo ai fratelli Piercy di
origine inglese e residenti in Sardegna da tre generazioni, detentori di una vasta proprietà in provincia di Nuoro».
Benjamin Herbert Piercy (Bertie), nato nel settembre 1870
in Galles e morto nel dicembre 1941 nella cittadina di Cowes
(Isola di Wight), aveva intrapreso la carriera militare divenendo maggiore nel XII Reggimento Lanceri. Dimessosi, era
rientrato in Sardegna dove aveva trascorso periodi dell’adolescenza. Suo padre, che aveva dato avvio alla costruzione della rete ferroviaria nell’Isola, come egli ricorda a pagina 162 del suo libro La Sardegna dei miei ricordi, era divenuto un personaggio importante nel panorama politico isolano. Egli era stato tra l’altro amico di Garibaldi che l’aveva scelto come padrino per il figlio Ricciotti. Pare che Bertie, in un viaggio in nave, avesse incontrato Ricciotti ormai
vecchio e si sarebbero riconosciuti. Si erano bisticciati malamente da fanciulli e Ricciotti aveva esclamato: «Così tu sei
Bertie Piercy, non ti vedevo da quando avevi due anni».
Bertie era un uomo eclettico di vasti interessi, amante dell’equitazione, della caccia, dell’archeologia, dell’alpinismo e
della navigazione. Egli, da buon inglese, aveva sentito il dovere di rientrare in Inghilterra subito dopo lo scoppio della
guerra portando con sé copia del corposo archivio di famiglia. Decedeva 6 mesi dopo il suo rientro in patria ed è probabile che dal suo archivio i servizi segreti inglesi abbiano tratto molte utili informazioni. Va sottolineato a questo punto che
Bertie Piercy aveva apprezzato la politica fascista, specie per
quanto atteneva l’eradicazione della malaria, la regolamentazione della giustizia che prima aveva “tempi lunghissimi”
e la valorizzazione delle zone minerarie dell’Isola.
Figura centrale della già accennata Operazione Swann
è il capitano John Verney (30 settembre 1913 – 2 febbraio
1993). Intellettuale liberale, regista cinematografico, pitto-
Benjamin Herbert Piercy
John Verney
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7 LUGLIO
19 LUGLIO
re e illustratore di libri per l’infanzia, fine
umorista, scrittore affermato, baronetto, ufficiale (capitano) del prestigioso reggimento di cavalleria Yeomanry. Egli durante il lungo periodo di servizio militare aveva partecipato alle varie fasi della seconda guerra
mondiale descrivendone con profonda e distaccata ironia le vicende nel suo fortunato
libro Going to the wars edito da Collins a
Londra nel 1955. Durante l’ultimo anno di
guerra aveva prestato servizio presso il Ministero della Guerra britannico nel cui archivio aveva ritrovato un grosso faldone etichettato Operation Swann. Verney a pag. 151
del suo volume confessa candidamente:
«Con la premonizione che io potessi qualche
giorno scrivere qualcosa al riguardo, mi sono
appropriato del faldone. Questo probabilmente può spiegare perché Winston Churchill
nel 5° volume del suo libro nel quale parla
della campagna in Sicilia non faccia nessun
riferimento all’Operazione Swann».
Oliver Bomfrey, stravagante personaggio
inglese, era riuscito a costituire e a farla riconoscere dagli alti comandi britannici, una
unità speciale destinata a compiere operazioni
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in territorio nemico. A questa unità, sia Verney che Amos (personaggio di cui non si conosce il vero nome), avevano aderito per il
disappunto provato nel constatare che mentre si trovavano in Egitto con lo Yeomanry
Regiment di cavalleria, era stato inviato al
fronte in loro vece un reparto dello stesso reggimento appena giunto dall’Inghilterra con
carri armati nuovi di zecca.
Gli Alleati si accingevano a sbarcare dall’Algeria in Sicilia e desideravano evitare o
limitare i danni causati dai bombardieri tedeschi, molti dei quali dislocati in Sardegna.
Si era considerata tra l’altro l’opportunità di
neutralizzarli utilizzando l’unità speciale
Bomfrey Boys in quanto i frequenti bombardamenti aerei effettuati in Sardegna dall’aviazione alleata non avevano fino ad allora
fornito risultati soddisfacenti. A questo scopo era stato costituito un gruppo composto
da 6 ufficiali e 24 soldati che da Alessandria
d’Egitto aveva raggiunto Algeri.
Inizialmente l’Operazione Swann prevedeva la distruzione dell’aeroporto di Alghero. I Commandos dovevano essere portati sulla costa occidentale sarda con un sottomarino. Per “acclimatarli”, tutto il gruppo dei
possibili partecipanti all’operazione aveva
soggiornato per un certo periodo all’interno
di un sottomarino ormeggiato nel porto di Algeri. Molti avevano sofferto di cefalea e di
claustrofobia.
Deciso l’avvio dell’operazione, il 29 giugno 1943 il sommergibile britannico Tiber si
era ancorato di fronte ad una spiaggia della costa occidentale della Sardegna. Il 30 giugno era sbarcata la prima pattuglia comandata dal tenente Kempster. La notte seguente,
il 1 luglio, aveva raggiunto la spiaggia la pattuglia comandata dal tenente Jim. La notte
del 2 luglio sarebbe dovuta sbarcare quella
comandata dagli ufficiali Verney e Amos.
Si era verificato un guasto al sommergibile che era stato costretto a rientrare ad Algeri. Delusi, Verney ed Amos avevano deciso di effettuare ugualmente la missione facendosi paracadutare nei pressi di Ottana.
Erano riusciti a decollare dall’aeroporto di Algeri alle 8 di sera del 7 luglio 1943. L’aereo
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poteva trasportare solo 6 persone: 2 ufficiali e 4 uomini. Raggiunta la zona prescelta, si
erano lanciati col paracadute alle ore 20,45.
Avevano toccato terra senza inconvenienti ed
avevano provveduto subito ad occultare i paracadute. Si erano incamminati risalendo il
fiume Tirso e verso le 3 del mattino dell’8 luglio si erano rifugiati in un bosco. Secondo
i piani prestabiliti, se la missione fosse riuscita, il loro gruppo avrebbe dovuto raggiungere Monte Alberu, una collina vicino a
Tertenia, distante circa 80 miglia, dove era
stata prevista l’installazione di una base di
incontro nella quale sarebbero stati accolti
dalla pattuglia del tenente Bryan, sbarcata
da un altro sommergibile che avrebbe poi
provveduto al loro recupero.
Verney ed Amos avevano raggiunto la periferia del campo di aviazione di Ottana il 10
luglio ed avevano osservato il decollo e l’atterraggio di numerosi aerei. Avevano poi deciso che Amos si sarebbe occupato del settore
nord del campo d’aviazione e Verney di quello sud. All’alba dell’11 luglio per primo si era
mosso Amos con i suoi. Successivamente Verney ed il suo gruppo si erano messi alla ricerca di aerei che non riuscivano a trovare.
Quando stavano per abbandonare l’impresa, finalmente avevano rintracciato gli aerei
e su due di essi avevano posizionato le
bombe ad orologeria. Di altri aerei si era già
occupata la pattuglia di Amos1. Nel ritirarsi avevano incontrato un soldato tedesco che
aveva chiesto notizie su di un camion per il
quale stava aspettando. Li aveva scambiati
per “colleghi”. Gli avevano risposto cortesemente che erano militari italiani impegnati
in una marcia notturna e, dopo averlo salutato, si erano ritirati lentamente raggiungendo
il boschetto sulla vicina collina dal quale avevano assistito alla distruzione degli aerei ed
all’incendio dell’aeroporto. Subito dopo avevano iniziato la marcia di avvicinamento al
punto di incontro, ma prima di muoversi si
erano sbarbati, avevano ripulito gli elmetti
1
Questa operazione di sabotaggio è stata poi confermata
da Alessandro Ragatzu che nel suo libro Luftwaffe in Sardegna (Alisea Edizioni, 2010) la ricorda a pagina 150.
americani e riordinato le divise che indossavano. Avevano raggiunto durante la notte il Tirso dove si erano dissetati. Incontrato un pastore, si erano presentati come tedeschi. Avevano evitato Sarule. Si erano fermati in una zona ombrosa per ripararsi dal
sole e si erano diretti affamati, nella mattinata del 12 luglio, verso Gavoi e Fonni.
Erano poi entrati in un casolare dove, presentandosi come soldati tedeschi, avevano
comprato da delle donne, per 500 lire, 6 uova,
formaggio e, in mancanza di pagnotte, del
pane carasau. Avevano raggiunto la periferia di Gavoi alle 2 del mattino. Avevano incontrato due ragazzi dal comportamento amichevole che li avevano invitati a bere del vino
in una casa del villaggio. Li avevano invece
condotti alla Stazione dei carabinieri. Si erano qualificati con molta decisione come tedeschi ed erano riusciti a proseguire la marcia raggiungendo la periferia di Fonni.
Avevano poi ripreso il cammino riposandosi di tanto in tanto giungendo il 16 luglio
in vista del paese di Villanova dove si erano
fermati per un adeguato riposo. Ripresa la
marcia, avevano attraversato i binari ferroviari ed alle 2 del mattino del 17 luglio si erano trovati nei pressi di Jerzu dove si erano rifugiati in una cava. Avevano poi oltrepassato
Tertenia, si erano fermati in una casa per bere
dell’acqua ed il 19 luglio avevano osservato
da lontano le abitazioni di Tertenia. Lo stesso giorno avevano ripreso il cammino ed avevano incontrato su di un carro a buoi dei contadini con i quali avevano chiacchierato e
comprato una borraccia di vino che avevano pagato con una banconota da 500 lire.
Mentre si stavano allontanando erano stati
raggiunti da una pattuglia di carabinieri a cavallo che li aveva arrestati. Erano stati condotti alla stazione di polizia di Tertenia da
dove, caricati su di un camion, erano stati trasportati in un piccolo paese non lontano dall’aeroporto di Ottanta. Qui, in un ufficio della polizia militare, erano stati interrogati da
un capitano italiano che parlava un ottimo
inglese. Era abbastanza gentile, ma piuttosto aggressivo. Quest’ultimo aveva insistentemente chiesto informazioni sullo scopo del-
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la loro presenza nell’Isola e sulla località dove
avevano nascosto i paracadute. Aveva sottolineato il rischio che correvano perché non
indossavano l’uniforme. Gli era subito stato fatto notare che da questo punto di vista
erano in regola perché vestivano una uniforme
americana. Il capitano aveva dimostrato di
essere perfettamente a conoscenza dei loro
movimenti. Aveva comunicato loro che Jim
e Kempster erano stati fatti prigionieri dopo
aver girovagato per un po’ nel nord Sardegna scoprendo che l’aeroporto che avrebbero dovuto sabotare non era più in funzione,
mentre il gruppo Bryan, che era stato sbarcato a Tertenia per costituire il punto di appoggio, era stato subito arrestato.
Durante questo interrogatorio aveva fatto irruzione un infuriato ufficiale tedesco che
pretendeva la loro consegna ricevendo un netto rifiuto da parte del capitano italiano. Data
la reticenza di Verney, per rompere gli indugi
il capitano aveva fatto portare nella stanza
Amos che evidentemente era stato arrestato
in precedenza e che nel sedersi aveva fatto
l’occhiolino a Verney. Erano stati lasciati soli
per un brevissimo tempo ed Amos aveva sottolineato che il capitano era interessato
esclusivamente ai paracadute. Infatti quest’ultimo, alla ripresa dell’interrogatorio,
aveva precisato che se avessero indicato
con esattezza il posto dove erano stati sotterrati i paracadute, li avrebbe immediatamente trasferiti a Sassari sottraendoli in questo modo ai tedeschi. Amos e Verney avevano quindi indicato in una mappa il sito esatto dove i paracadute erano stati celati.
Il capitano aveva detto loro di essere un
commerciante di seta che aveva vissuto in Inghilterra vendendo camicie. Ad evitare complicazioni li aveva subito mandati a Sassari. I tedeschi, non avendo potuto catturare la
pattuglia inglese, avevano per vendetta fucilato il soldato tedesco che li aveva incontrati nell’aeroporto senza riconoscerli. Da Sassari erano stati trasferiti nelle casermate della marina militare a La Maddalena da dove
avevano tentato inutilmente di fuggire. Catturati nuovamente erano stati trasferiti nella Penisola. Si erano ritrovati con Amos in ter-
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ritorio abruzzese dove erano stati fatti prigionieri dai tedeschi e caricati su un treno diretto in Germania. Consapevoli della quasi
sicura morte che li attendeva, durante la notte erano saltati dal convoglio in corsa e si erano nascosti in un bosco. Sapevano che l’ottava armata alleata aveva raggiunto il fiume
Sangro e non era quindi molto lontana. Avevano poi incontrato degli italiani antifascisti e antitedeschi che li avevano ospitati ed
aiutati.
In una concitata discussione notturna avevano deciso di attraversare la terra di nessuno. Prima si era mosso Amos, scomparso
nel buio, e successivamente Verney che,
raggiunto il villaggio di Montenero, aveva incontrato un gruppo di soldati britannici. Era
stato rifocillato e fornito di una nuova divisa. Nonostante le sue insistenze non era riuscito ad ottenere alcuna informazione sulla
sorte di Amos.
Molti anni dopo Verney era stato invitato ad un ricevimento in un club londinese.
Aveva sostato per un po’ nella libreria dove
era affisso l’elenco dei soci caduti in guerra.
Fra questi figurava il nome di Amos con la
dizione “ucciso in Italia nel 1943”.
Quando mi trovavo a Manchester nel 1951,
quale ricercatore del British Council, ancora all’oscuro dell’esistenza dell’Operazione
Swann, ero stato messo in contatto con un
distinto signore, molto apprezzato quale titolare di una nota casa di confezioni di camicie di seta. Al termine di un cordiale colloquio nel quale era emerso che aveva prestato servizio militare in Sardegna, terra alla
quale era rimasto affezionato, mi aveva regalato una delle camicie di sua produzione
che era poi servita da modello per i sarti del
Mandarin Hotel di Singapore dove occasionalmente mi trovavo e che per anni mi avevano spedito “a pagamento” 6 campioni di
diversi colori.
Mi domando ancora se il “camiciaio” di
Manchester fosse il capitano della polizia militare italiana che in Sardegna aveva recuperato i paracadute di seta inglesi.
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I Novant’anni
di Silvano Costa
Giovanni Sanjust
vederlo camminare impettito – un portamento da lord inglese – riesce difficile credere all’anagrafe. Silvano Costa ha compiuto novant’anni il 24 aprile scorso. Il suo viso ha mantenuto una freschezza
invidiabile, l’atteggiamento riservato ma
cordiale, da gran signore, attira immediatamente la simpatia e la deferenza. È capitato in Sardegna per caso, nel 1953 vincitore di
concorso nell’Amministrazione dello Stato e
collocato nell’ufficio del Genio Civile di
Sassari. Nato a Livorno ma vissuto a Pisa
dove si è laureato in ingegneria, Silvano ha
vissuto la prima parte della sua brillante carriera in Sardegna.
A
Nominato Ingegnere capo del Genio Civile di Nuoro nel 1966, dopo un anno viene
trasferito a Cagliari con le stesse mansioni.
Sono gli anni avviamento della carriera
professionale ma anche dell’inserimento
nella società cagliaritana, caratterizzati da stima e rispetto profondi. A lui si deve in particolare il restauro di numerose chiese romanico-pisane e gotico-aragonesi. La parte
sarda della sua carriera professionale si
conclude nel 1982, quando viene nominato
Provveditore alle Opere Pubbliche a Torino,
per le Regioni Piemonte e Valle d’Aosta. Sono
anni di intensa attività e di grandi soddisfazioni professionali.
Quando arriva l’età della pensione, nel
1988, Silvano Costa decide di ritornare in
Sardegna. E di tornare nel nostro Rotary,
dove aveva conservato preziose amicizie. E
ancor oggi Silvano Costa è uno dei più assidui rotariani, sempre discreto, riservato e
cordiale.
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Le tappe e i successi del “Cigno di Busseto”
Giuseppe Verdi,
un musicista patriota?
Myriam Quaquero
iuseppe Verdi (1813-1901) ha contribuito fattivamente, nel corso di tutto il XIX secolo, alla lenta, ma irriducibile trasformazione del costume della cultura e della musica in Italia, ergendosi senza confronto sopra tutti i compositori contemporanei. Nato nell’ottobre del 1813, Verdi è stato testimone dei grandi mutamenti nell’Italia del tempo: prima gli ideali di libertà, poi i moti rivoluzionari e infine il passaggio
dell’Italia dallo status di una penisola in balia del dominio straniero a quello di uno stato indipendente, fuso sotto un’unica sovranità nazionale.
Secondo la tradizione italiana, Verdi non
ha lasciato (a differenza del suo coetaneo Wagner) alcun programma estetico o scritto critico, ma ha riversato tutta la sua cultura di
italiano nell’opera musicale, con un percorso artistico la cui lunga e articolata scansione cronologica costituisce un efficacissimo ritratto del Romanticismo europeo. Nato a Roncole di Busseto, Verdi era concretamente approdato nella capitale lombarda nel 1832 per
perfezionare i suoi studi pianistici, grazie ad
una borsa di studio del Monte di Pietà di Bus-
G
seto. Tuttavia, come spesso viene rammentato nei libri di storia, Verdi non fu ammesso al Conservatorio, perché si trovava ai limiti dell’età massima per accedere alla
scuola e, per di più, non era neanche suddito del Lombardo Veneto. Respinto dal Conservatorio di Milano, Verdi aveva proseguito i propri studi con Vincenzo Lavigna, maestro al cembalo alla Scala e compositore.
Comprendendo quanto fosse determinante
per la sua carriera, nel 1839 Verdi aveva deciso di trasferirsi a Milano con la sua famiglia e aveva visto rappresentare alla Scala la
sua prima opera, Oberto Conte di San Bonifacio, con un discreto esito. L’impresario
teatrale Merelli gli aveva quindi affidato
un’opera buffa, Un giorno di regno su libretto
di Felice Romani. L’opera era andata in scena nel 1840 ed era stata un tale fiasco da non
sopravvivere alla prima recita.
In realtà l’insuccesso della seconda prova operistica verdiana si era intrecciato a vicende biografiche di una certa rilevanza: nel
giro di pochi mesi erano morti a Verdi i due
figlioletti e la moglie. Nonostante questi lutti e il flop alla Scala, Verdi non si distacca del
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tutto dal teatro musicale: il grande successo gli arride nel 1842 con il citato Nabuccodonosor e prosegue con altri lavori di ispirazione patriottica: I Lombardi alla Prima
Crociata (1843), Giovanna d’Arco (1845), Attila (1846) e infine La battaglia di Legnano
(1849), il lavoro che pone fine ad una produzione dai ritmi frenetici che aveva incluso anche opere di tema non risorgimentale,
come Ernani e I due Foscari (1844), ma soprattutto Macbeth (1847), in cui era stato evidente lo sforzo di Verdi di accentuare lo scontro delle singole individualità e delle relative passioni.
Nel 1851, all’età di 37 anni, Verdi inizia la
composizione della cosiddetta “trilogia popolare”, costituita dalle opere a tutt’oggi considerate tra i suoi maggiori capolavori: Rigoletto (1851), Trovatore e Traviata (1853).
Queste tre opere traggono spunto da quel serbatoio di passioni, nefandezze ed inganni rappresentato dal Romanticismo europeo di
stampo popolare: Rigoletto nasce infatti da
Le Roi s’amuse di Victor Hugo, Trovatore da
un fosco dramma di Antonio García Guitierrez e Traviata dalla Dame aux Camelias
di Alexandre Dumas figlio; la “trilogia” è basata sulla forma operistica a pezzi chiusi tradizionale e dona a Verdi un successo straordinario in tutti i teatri della penisola italiana e all’estero.
La fase successiva a quella della “trilogia”
è quella in cui Verdi compone Le vêpres siciliennes (1855) e il Simon Boccanegra
(1857), che riprendono in modo più o meno
esplicito il tema della riscossa civile contro
gli oppressori, Un ballo in maschera (1859),
La forza del destino (1862) e Don Carlos
(1867). Ma l’opera che rappresenta il vertice di questo felice periodo creativo e personale è l’Aida, andata in scena al Cairo nel 1871
durante i festeggiamenti per l’apertura del Canale di Suez. Poi, del tutto a sorpresa, dopo
quasi 17 anni di silenzio “operistico” (e in età
ormai molto avanzata), Verdi compone Otello (1887) e Falstaff (1893), per le quali si avvale della collaborazione di Arrigo Boito. Si
tratta delle ultime opere composte prima dell’ineluttabile tramonto del grande musicista,
capolavori che segnano in maniera inequivocabile le prospettive dell’opera italiana negli ultimi decenni del secolo.
A fianco a un’attività musicale molto intensa, che scandisce tutta la sua esistenza, la
partecipazione di Giuseppe Verdi alla causa
dell’unità nazionale si sviluppa senza défaillances. Nel 1847 conosce a Londra Giuseppe Mazzini, ne condivide le convinzioni
repubblicane, ne foraggia l’esilio; per Mazzini deroga al principio di non comporre mai
musica d’occasione e gli invia un inno, Suona la tromba, su testo di Goffredo Mameli,
accompagnandolo con una lettera che si conclude con le parole: «Possa quest’inno, fra la
musica del cannone, essere presto cantato nelle pianure lombarde». Successivamente, all’epoca della seconda guerra di indipendenza, le convinzioni repubblicane di Verdi si
stemperano e il musicista si adatta all’unificazione sotto lo scettro sabaudo, prendendo parte attiva ai plebisciti che sanciscono
l’Unità e facendosi convincere da Cavour ad
accettare un seggio nel neonato Parlamento
italiano (1861).
La presenza di Verdi nella civiltà italiana è stata dunque decisiva, oltre che sotto il
profilo strettamente musicale, sotto il profilo, per così dire, culturale-civile-nazionale.
Concretamente, Verdi ha partecipato al progetto ottocentesco di una coscienza civile e
nazionale, prospettando agli italiani una vita
piena e responsabile, fervida di passioni individuali, ma anche aperta all’ambiente e alla
società, quindi al rispetto e al culto per la nazione. Per tale ragione, ancora oggi Giuseppe Verdi viene considerato, a pieno titolo, non
solo uno dei “padri” dell’Unità d’Italia, ma
anche uno dei massimi artefici.
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Note di un viaggio
Le orme di Pozzato
in Sardegna
Franco Spina
ella tarda primavera del ’57 il pittore Epifanio Pozzato, nato a Biella nel
1931, arriva nell’isola. L’innata curiosità e la passione per l’arte lo hanno indotto ben presto a viaggiare.
Traguardando nuovi orizzonti, può infatti
osservare genti e luoghi nuovi, guidato dal
proprio istinto e dalla suggestione del momento. Con crescente maestria li trasferisce,
poi, nelle opere giovanili, affinando la propria tecnica pittorica. Presto è in evidenza in
alcune mostre collettive. Quasi adolescente,
ma già assai dotato, viene presentato ad uno
dei maggiori maestri sardi del ’900, il pittore
Giuseppe Biasi. Questi – alloggiato all’Hotel
Principe di Biella – opera nel centro piemontese e nei dintorni.
E proprio presso la Galleria Garabello della città, Biasi tiene l’ultima mostra nel 1944,
alla vigilia della sua tragica scomparsa.
Piace pensare che all’origine del desiderio del reportage pittorico sardo del Pozzato vi sia stato anche quel, possiamo supporre, stimolante incontro.
Epifanio Pozzato in Sardegna: riservato,
silenzioso e parco a tavola.
N
Un basco blu sul capo, la “cassetta degli
attrezzi” in spalla per avere sempre pronti colori e pennelli, vivo interesse per tutto ciò che
lo circonda.
Sempre e alacremente all’opera.
Sull’inseparabile taccuino traccia un giornale di viaggio alla sua maniera.
Annota tutto ciò che incontra di notevole, coglie al volo quanto lo stupisce ed emoziona. Trasforma il tutto in schizzi e disegni
da elaborare. Talora si attarda per fissare con
immediatezza quanto coglie e vuole rappresentare sulla tela.
Foiso Fois – dopo averne ammirato le opere – scrive di Pozzato: «Si è accostato al paesaggio e alla gente della nostra terra nell’intento di documentarne gli elementi, vivi e perpetui del carattere e dell’ambiente. Scarnita
la tavolozza degli smaglianti verdi del suo Piemonte, dimenticati i grigi delle brumose
albe, ha trovato nel pigmento delle terre un
mezzo valido per esprimere la sua emozione».
E ancora:
«Sono nate così solide opere, intensamente
drammatiche, di un primitivismo che sa di
gotico e di Novecento. Opere pensate e
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composte in un equilibrio formale e cromatico che hanno la durezza e l’architettura della pietra lavorata. Le stesse figure umane sono
elementi monolitici di questo ambiente raggelato nel tempo. Opere da non lasciarsi sfuggire; opere da collezionare».
Messaggio forte, poetico e lungimirante ad
un tempo.
Accompagnandosi ad amici di Cagliari
della Banca Commerciale Italiana, Pozzato
percorre l’isola in lungo e in largo.
Si forma, così, un piccolo sodalizio di
stampo rinascimentale, fra arte e banca.
Comprensibile, trattandosi di uomini “Comit”, allievi di un mecenate quale fu Raffaele
Mattioli.
Per inciso, in tempi più recenti, non è stata da meno la Cassa di Risparmio di Biella
che ha acquisito numerose opere significative del maestro.
Quali le emozioni personali di Pozzato,
mentre attraversava le tante località della Sardegna?
Rimane colpito dapprima dalla vasta
piana del Campidano e dalle colline della
Marmilla, ove viene riportata alla luce la Reggia nuragica di Barumini. Viene, poi, decisamente affascinato da due ambienti in
qualche modo agli antipodi: quello montano delle Barbagie e quello mediterraneo di S.
Pietro, isola nell’isola. Attrattive diverse ma
entrambe irresistibili lo richiamano.
Ecco allora il pennello di Pozzato indugiare
con materica consistenza degli olî sulle austere
figure delle donne e del pastore di Orgosolo
per portarsi poi, con freschi acquerelli, a paesaggi e scene di vita di Carloforte.
Cromaticamente lievi, ma mai banali
nei contenuti: non sono “paesaggi cartolina”,
ma sguardi originali, ora delicati, ora più marcati. Passa dal cimitero delle barche semiaffondate in un mare sferzato dal maestrale
alla rappresentazione di operai che azionano un possente argano a braccia e portano
in cantiere un peschereccio.
Poco più di sei mesi per comprendere una
realtà complessa come quella sarda non
sono molti, ma Pozzato ci ha provato con passione e dedizione ottenendo, durante il suo
intenso soggiorno, eccellenti risultati artistici
all’interno di un alveo narrativo di tipo documentale.
Certo, l’illustre suo conterraneo Alberto
Ferrero della Marmora – anch’egli di famiglia biellese – poté conoscere meglio l’isola
nel secolo precedente.
Si può ben dire: avendola esplorata palmo a palmo – non metaforicamente – per levarne la prima Mappa.
Da scienziato verace indicò con precisione
tassonomica ad un amico la sua permanenza
in Sardegna: 13 anni, 4 mesi e 17 giorni.
A motivo del lavoro svolto con manifesta
simpatia la gente sarda ha contratto un debito di gratitudine nei suoi confronti e,
trentacinque anni fa, per sancirlo in modo formale e concreto i Rotary Club di Cagliari hanno intitolato al La Marmora un premio annuale destinato a una personalità “non sarda” che ha evidenziato interesse e attenzione verso la Sardegna.
Curioso ricordare come, solo pochi decenni
prima della venuta del generale, una folla infuriata avesse accompagnato in porto tutti i
piemontesi presenti, con i loro bagagli,
“agevolandone” con decisione le operazioni
d’imbarco.
Ognuno prende la Bastiglia a modo suo!
Ma torniamo al nostro.
Nel dicembre del ’57 l’artista mette a frutto il risultato delle sue fatiche, presentando
le opere nella vasta sala degli “Amici del libro” nel Palazzo di città.
Dopo il vernissage un pubblico crescente visita la manifestazione durante le festività natalizie che Pozzato trascorre con gli
amici cagliaritani.
Il percorso espositivo è stato arricchito da
un insieme di disegni acquerellati che Antine Nivola ha realizzato nel suo studio newyorkese, dal titolo “Sardegna D.D.T.”, voluto da Nicola Valle, che ha organizzato
l’evento con l’artista biellese.
Il mese seguente il maestro raggiunge la
sua città.
In terra sarda rimangono le orme non effimere del suo passaggio.
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Una giornata a Camp’ ’e Luas
Castelli, torri,
bastioni...
Michele Pintus
elle mia veste di Presidente della Sezione Sardegna dell’Istituto Italiano
dei Castelli ho chiuso il 2012 con una
giornata dai “ragazzi” di Padre Morittu
nella sua comunità terapeutica di Campu ’e
luas. Non sapevo, allora, che sarebbe stata
l’ultima volta; infatti, com’è noto, di recente quell’azienda è stata ceduta ad un’altra associazione impegnata nel sociale: ennesimo
silenzioso, provvidenziale atto di magnanimità del nostro caro amico, padre Salvatore. Siamo stati insieme tutta la giornata non
solo con i miei soci ma anche con tanti amici del Rotary Club Cagliari che, con grande
sensibilità e “spirito di servizio”, hanno voluto essere presenti, primo fra tutti il presidente Mauro Manunza. Ho raccontato a quei
“ragazzi” del nostro Istituto e delle iniziative che le Sezioni, compresa la mia, portano
avanti per la conoscenza e la salvaguardia di
tante testimonianze del passato legate prevalentemente ad aspetti militari e di difesa,
che comunque costituiscono un patrimonio
significativo fondamentale per la storia in generale, soprattutto per la storia della nostra
Sardegna e quindi di tutti noi; un patrimonio immenso, certamente più di quanto si possa immaginare, molto spesso ridotto a pochi
ruderi, a basamenti e tracciati murari o anche solo al toponimo del sito. Abbiamo
scambiato impressioni e apprezzato la fervida
curiosità dei “ragazzi” che scoprivano in quel
momento un aspetto della Sardegna mai immaginato o magari di aver vissuto vicino ad
uno di questi monumenti senza aver mai avuto la minima idea del loro valore, della loro
storia. Tutti insieme abbiamo gustato un eccellente pranzo in un meraviglioso clima di
N
reciproca amicizia e condivisione, all’insegna
della conoscenza personale, delle famiglie e
delle problematiche generali della Sardegna,
molto spesso disattese proprio dagli stessi sardi nel minimizzare per esempio, vergognandosene quasi, il valore di tante preesistenze che non hanno niente di appariscente o che in qualche modo possa destare attenzione.
Logo dell’Istituto Italiano dei Castelli e di Italia Nostra.
L’Istituto Italiano dei Castelli è un’organizzazione culturale senza scopo di lucro, nata
nel 1964 su iniziativa di Piero Gazzola ed eretta in Ente Morale, riconosciuto dal Ministero dei Beni Culturali, nel 1991. Oggi è ONLUS ed è associato a un organismo europeo
patrocinato dell’Unesco, Europa Nostra-Internationales Burgen Institut, creato nel
1949 in Svizzera.
Di Piero Gazzola (Piacenza 1908-14 settembre 1979), architetto, ingegnere professore
di storia dell’arte e stili prima poi di restauro, particolarmente interessato alla valorizzazione del patrimonio architettonico, la città di Cagliari conserva una sua opera che,
manco a farlo apposta, riguarda il recupero
e riuso di un complesso militare: l’antico arsenale, oggi “cittadella dei musei”. È un progetto elaborato con la collaborazione di un
altro architetto veronese a cui dobbiamo il restauro e riuso dell’ex mattatoio, oggi semplicemente Ex-Ma’, Libero Cecchini.
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La rocca dell’antico Arsenale, oggi Cittadella dei Musei.
L’antico arsenale occupa lo zoccolo roccioso che costituisce l’acropoli di Cagliari, sul
quale si susseguirono nei secoli strutture architettoniche di difesa, che hanno inizio con
Rocco Cappellino nel 1552, i fratelli Giorgio
e Jacopo Palearo più tardi durante la dominazione spagnola e infine si ampliano e completano con gli ingegneri militari piemontesi, accogliendo al suo interno i depositi militari di polveri e munizioni che, in epoca recente per quanto attiene le fortificazioni di
Cagliari, hanno dato origine alla denominazione Arsenale. Questa parte della città è
stata praticamente il fulcro delle attività militari di Cagliari dalla fine del 1500 alla fine
delle seconda guerra mondiale.
La violenza dell’ultima guerra provocò gravi danni come d’altronde in gran parte della
città. A metà degli anni ’50 si pensò all’utilizzo di tale area, che dal Demanio Militare era
passata al Regio Demanio e poi definitivamente
acquisita dal Ministero della Pubblica Istruzione, come polo museale e universitario: Magnifico Rettore il prof. Giuseppe Peretti. La stesura del progetto impegnò circa dieci anni e
finalmente nell’ottobre del 1965 i lavori vennero appaltati all’impresa cagliaritana Orrù.
Dopo dieci anni di lavori il 24 settembre 1979
(Magnifico Rettore Giuseppe Aymerich) venne aperto al pubblico il padiglione universitario per un ciclo di tre giornate di studio della scuola di specializzazione di studi sardi. Gazzola morì qualche giorno prima, il 14 settembre 1979, per questo non collaborò con Libero Cecchini al recupero dell’ex mattatoio.
Torniamo al nostro Istituto dei Castelli,
perché Gazzola sentì la necessità di fondare questa organizzazione culturale?
Un’organizzazione finalizzata a: la conoscenza, la salvaguardia e la valorizzazione dell’architettura fortificata, cioè di tutte quelle architetture – torri, castelli, caseforti, città fortificate, rocche, forti, bastioni, conventi
fortificati, mura e così via – nate per esigenze
difensive.
Architetture particolarmente esposte a un
grande pericolo, perché tutte hanno perso la
loro originaria funzione. Infatti una chiesa o
un palazzo, pur se antichi, possono essere utilizzati ancora oggi, con alcuni accorgimenti, per gli stessi scopi per cui sono nati. Vi si
può cioè sentir messa, o abitare. Ma un edificio, una struttura fortificata nata tanti secoli fa con funzioni militari non può essere
utilizzato oggi per gli stessi scopi, cioè fare
la guerra. O si demolisce o, se si vuole mantenerlo in virtù del suo valore storico o artistico, bisogna inventargli un’altra, diversa
funzione: funzione che dev’essere compatibile con le strutture e la vocazione del monumento e tale da garantire la reimmissione dell’edificio nella vita attuale. Tale edificio va cioè, come si usa dire, «rivitalizzato»:
condizione indispensabile perché riceva le
cure e la manutenzione che ne garantiscono
la sopravvivenza.
Questa operazione è stata fatta per esempio, oltre che per il vecchio Arsenale per il Castello di San Michele a Cagliari: restauro di
ciò che si è salvato fino ad oggi e riuso, in questo caso, come polo museale. Intervento
che non si può dire sia esente da critiche, ma
che certamente ha riportato in vita una struttura diroccata, abbandonata a se stessa e ancor di più oggetto di continue scorribande che,
se possibile, ne avevano aggravato sempre più
il degrado.
Dopo i recenti terremoti che hanno danneggiato gravemente il patrimonio architettonico italiano il collega dell’Emilia, il presidente della sezione Emilia-Romagna, in un
recente incontro del nostro Istituto a Roma ha
evidenziato la perdita di più di venti castelli nel suo territorio e richiamava l’attenzione di tutti sulla grande opera di ricostruzione e sulle problematiche ad essa connessa.
Devo ricordare che l’Istituto dei Castelli ha nel
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Il Castello di San Michele prima dell’intervento di recupero e restauro.
suo organico numerosi architetti e ingegneri, docenti universitari di restauro e specialisti proprio in architetture fortificate, sempre disponibili, soprattutto in queste occasioni.
Quando Gazzola intraprese la sua iniziativa, fondando appunto il nostro Istituto, si
era evidentemente reso conto del vuoto che
le opere fortificate avevano anche nell’ambito della stessa storia dell’architettura, laddove trova ampio spazio “l’architettura colta”, edifici, palazzi, chiese, etc. Voglio dire,
mentre è abbastanza comune individuare e
collocare nel tempo, poniamo un’architettura
rinascimentale, romanica, gotica, barocca,
neoclassica, di un fortilizio comunemente non
si sa dire pressoché nulla, salvo chiamarlo
“castello” (termine spesso arbitrariamente generalizzato ed affibbiato a qualsiasi opera fortificata) magari seguito dall’aggettivo “medioevale” (come se ciò fosse obbligatorio).
Cioè annaspando! Per non dire dei disinvolti
interscambi (anche da parte di studiosi) dei
termini castello, rocca, fortezza, come se si
trattasse di sinonimi; peggio ancora: sostituito
talvolta da “maniero”, magari con l’aria di
esprimersi in modo raffinato.
A tutto questo tenta di rimediare l’Istituto
Italiano dei Castelli con congressi e corsi, con
cartine ed opuscoli divulgativi, con lezioni,
con riviste di divulgazione (Cronache Castellane) e specializzate (Castrum, Castella),
tesi di laurea, concorsi a premi fin dalle scuole primarie, come “Il Castello racconta...”,
lanciato qualche anno fa.
L’interesse per l’architettura fortificata è
sempre stato alquanto superficiale, limitato
molto spesso all’elencazione (certamente
utile, ma non sufficiente) dei proprietari che
si sono susseguiti nel tempo oppure nella ricerca archivistica (anch’essa essenziale, ma
non sufficiente) dei documenti: purtroppo con
la frequente tendenza a retrodatare – magari
contro ogni evidenza – l’edizione conservata. Proprio lo scorso anno Bosa ha celebrato il novecentesimo anniversario dalla fondazione del Castello Malaspina, che recenti
ricerche hanno datato almeno cinquant’anni più tardi.
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Il castello di San Michele oggi, dopo il recupero a polo museale.
Per loro stessa costituzione le opere fortificate sono state spesso mutilate o distrutte,
poi ricostruite diversamente, oppure aggiornate per seguire l’evoluzione delle armi e delle modalità di assedio, pensiamo alla Porta Villanova realizzata da Rocco Cappellino a
metà del 1500, demolita e ricostruita dagli ingegneri militari piemontesi nel XIX secolo.
Talvolta nella descrizione dell’opera, prevale il compiacimento di riferire al fortilizio
non solamente fatti storicamente documentati, ma pure di soddisfare la curiosità del lettore in cerca di sensazioni forti: amori immancabilmente contrastati, tradimenti risolti
mediante terribili vendette, intrighi e beghe,
sale di giustizia e camere di tortura orripilanti, trabocchetti, pozzi a lame, passaggi segreti, quando non leggende di fantasmi. Pensiamo al castello di Acquafredda del Conte
Ugolino presso Siliqua e allo stesso castello
di San Michele nel momento in cui fu abitato
da donna Violante Carroz o in generale ai castelli dell’orrore del parco giochi per bambini.
Un altro “guaio” per l’architettura fortificata è la sua parsimonia decorativa e la sua destinazione militare o civile, mai religiosa per
esempio, cosa che avrebbe contribuito almeno alla sua conservazione. Anche questo non
è sempre vero, pensiamo alla chiesa di Sant’Agostino fuori le mura a Cagliari, al San Francesco di Stampace e tante altre chiese scomparse
Nel castello di San Michele i ruderi del più antico edificio religioso, emersi durante il restauro.
soprattutto per incuria e mancato interesse culturale da parte dell’amministrazione pubblica. È il caso delle mura della città di Cagliari
che, è vero, nel tempo hanno avuto diversi adattamenti, rifacimenti e adeguamenti, ma quando è cessato il loro ruolo, nel 1866, sono state
demolite o cedute per far posto a nuove edificazioni certamente non sostitutive, neppure sotto l’aspetto architettonico, delle opere sacrificate. Pensiamo a quelle del quartiere Marina
lungo il largo Carlo Felice, la porta di Stampace con lo sperone di San Francesco, la porta di Villanova, i bastioni e tante altre strutture,
spazzate via nel giro di trenta, quarant’anni,
opere che non ci sono più e che se conservate
avrebbero dato un’altra immagine e una più
immediata lettura storica della città.
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La cinta muraria del quartiere Marina, lungo il Largo Carlo Felice, parzialmente demolita nella seconda
metà del 1800 per realizzare il Mercato Civico.
La chiesa di San Francesco di Stampace venduta dal Regio Demanio nella seconda metà del 1800 e subito dopo
demolita per la costruzione di nuovi edifici privati.
L’antica porta di Stampace, a chiusura del Quartiere
Marina a Cagliari, demolita intorno alla metà del 1800.
Altre volte in epoca romantica, cioè
nella metà Ottocento e fino agli inizi del
Novecento, l’interesse per i castelli come in
Piemonte, in Emilia, nelle Marche ha favorito diversi restauri oggi non più condivisibili, in quanto ampiamente integrativi, fino
al limite del completo rifacimento o dell’invenzione di sana pianta (castello “medioevale” di Valentino a Torino). Eppure
fu proprio nel restauro dei fortilizi che
Luca Beltrami, illuminato architetto di
metà Ottocento, sperimentò quel restauro
di “ricostruzione storica” cioè documentata, che egli contrapponeva alla “ricostruzione stilistica”, cioè inventiva, fino ad
allora prevalente.
Un altro “guaio” sta nella gratuita diceria
che l’architettura fortificata sarebbe ripetitiva e dunque monotona. Anche questo è conseguenza di una mancata conoscenza specifica. In realtà non abbiamo in Italia un solo
fortilizio uguale all’altro, nemmeno fra quelli che per la loro sistematicità avrebbero potuto giustificatamente esserlo (si pensi ad
esempio alle torri adibite alla difesa costiera).
Nel XIII secolo il più grande appassionato e geniale costruttore di castelli in Italia è
certamente Federico II di Svevia, operoso in
una estesa area che va dal Molise alla Puglia,
alla Basilicata, alla Calabria, alla Sicilia. Nel
viaggio di studio dell’Istituto Italiano dei castelli, Sezione Sardegna, del maggio scorso
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Il manifesto per il concorso indetto
dall’Istituto Italiano dei Castelli.
in Puglia abbiamo avuto
modo di ammirarne diversi,
bellissimi: la meraviglia di
Castel del Monte!
Si può paragonare a Federico II il cardinale (spagnolo) Egidio Albornoz che si
era assunto il compito di
rafforzare lo stato della chiesa mediante la costruzione di
grandi castelli trecenteschi
(Spoleto, Narni) in previsione del ritorno del papa a
Roma nel 1377 da Avignone,
dove si era trasferito all’inizio del secolo (1305) abitando nel grandioso palazzo fortificato, che costituisce uno
dei più singolari monumenti del gotico francese.
Ricordo anche architetti
dalla spiccata individualità,
che mediante le loro innovazioni caratterizzarono in
modo simile edifici fortificati appartenenti anche a Stati distinti, come Bertolino
Ploti da Novara, autore dei
due castelli quasi gemelli di
Ferrara e di Mantova, però
estense uno e gonzaghesco
l’altro, entrambi da considerare traguardi d’arrivo delle esperienze trecentesche del settentrione italiano, o forse meglio
punti di partenza dei maggiori esemplari quattrocenteschi
settentrionali, specialmente emiliani.
Oppure da architetti – i cosiddetti trattatisti – che con le
loro ricerche teoriche, ancor più che con le opere, impressero all’architettura fortificata direzioni perentoriamente nuove e ricche di conseguenze a venire; è il caso di Francesco di
Giorgio Martini senese di nascita e di prima attività pittorica, ma operoso poi come architetto, non soltanto militare, soprattutto nelle Marche. O ancora architetti che determinarono invece proprio sul piano operativo una svolta formidabile
all’architettura fortificata; come riuscì a Giuliano da Sangallo
e al fratello Antonio il Vecchio, sia nell’ambito toscano-mediceo, sia in quello papale: veri e propri alfieri entrambi della difesa bastionata. Un ruolo decisamente minore hanno avuto altri celebrati protagonisti dell’architettura fra Quattrocento e Cinquecento, quali Bramante e Michelangelo, cui certamente non a caso i rispettivi committenti affidarono ben
pochi lavori fortificatori, se non in circostanze eccezionali; lo
stesso Forte di “Michelangelo” a Civitavecchia (in realtà di
Bramante, salvo il mastio, cioè il torrione centrale), unica importante loro realizzazione in questo campo, è infatti un’opera sostanzialmente tradizionale, non bastionata.
Un’altra causa di disinteresse per le opere fortificate è questa, più recente: l’architettura fortificata è da considerarsi condannabile in quanto testimonianza di guerre, di dominio, di
sfruttamento, di soprusi. Concetto non condivisibile in quanto significa rifiutare la storia, le vicende che hanno portato alla
realizzazione di tali opere in quel determinato periodo. Tutte le popolazioni della terra, in qualunque epoca vissute, e con
rarissime eccezioni (come la civiltà cretese) hanno ritenuto opportuno erigere fortificazioni. Ricordiamo la Grande Muraglia
cinese, la maggior opera fortificata mai realizzata al mondo
(doveva servire a contenere le incursioni dei popoli confinanti,
in particolare dei Mongoli), che i cinesi si compiacciono di mostrare agli ospiti di riguardo e dichiarata dall’Unesco patrimonio
dell’umanità nel 1987. È stata inserita nel 2007 fra le sette meraviglie del mondo moderno: la grande muraglia in Cina, Petra, Cristo Redentore in Brasile, Machu Picchu in Perù, Chichèn Itzà nel Messico, il Colosseo a Roma, Taj Mahal in India. Anche il Castello vero e proprio, cioè la residenza fortificata di un feudatario, della sua famiglia, dei servitori, degli
armati, è l’espressione architettonica del sistema feudale che
iniziò nell’Altomedioevo. Alla sua istituzione tale sistema apparve l’unico praticabile ed efficiente, accettato pure dalle classi sottomesse che, con il proprio lavoro, mantenevano il feudatario, colui che garantiva loro ordine, protezione, giustizia.
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L’incrollabile muraglia
La battaglia
di Lepanto
ElleA
a prima domenica d’ottobre, secondo
una tradizione consolidata in oltre
quattro secoli, si rinnova a Cagliari la
processione della Madonna del Rosario.
Prende avvio dalla nuova chiesa di San
Domenico, ricostruita negli anni Cinquanta
nel cuore del quartiere di Villanova, a ridosso
di quel meraviglioso monumento gotico che
svettava nella sua imponenza architettonica
fra i prati e le casupole circostanti il predio
di San Domenico. La ferocia della guerra lo
rase al suolo lasciando soltanto scheletrici ruderi di quel tempio che – secondo la storia
– fu costruito nel 1254 ad opera di Nicolò da
Fortiguerra, il frate che – con un gruppo di
confratelli domenicani – insediò a Cagliari
l’Ordine dei Padri Predicatori.
Adiacente a quel maestoso monumento, era
stata realizzata anche una grande cappella dedicata alla devozione della Madonna del Rosario il cui simulacro, attualmente, è sistemato nella nuova chiesa. Ed era dall’antica cappella che, a partire dal 1578, ebbe inizio la pratica della la processione della Vergine per iniziativa della Confraternita del SS. Rosario, costituita con bolla papale in quello stesso anno.
Confratelli e consorelle, in abito bianco
guarnito di frangia, contornato di bindello
nero, capetta aperta nera, placca di tela con
l’effigie della Madonna del Rosario, aprivano il corteo – oggi come allora – costituito da
gran folla di fedeli; dopo aver percorso le strade principali del rione di Villanova, la processione proseguiva il suo cammino verso le
principali strade degli altri rioni della Marina, di Castello e di Stampace.
Fra le immagini sacre e i gonfaloni dei vari
gremi cittadini che vivacizzavano il corteo re-
L
ligioso, c’era uno stendardo che più di tutti destava curiosità e attenzione miste ad un senso
di emozione fra i fedeli. Era una grande bandiera, un po’ lacera e bucherellata, con sette strisce verticali, tre rosse, quattro gialle, ed il popolo sapeva che quel policromo pavese era un
vessillo della nave ammiraglia turca conquistato
dai Sardi in una memoranda battaglia che fu
vinta grazie al loro eroismo nel mare di Lepanto,
il 7 ottobre del 1571, e che segnò la vittoria della Cristianità sull’Islam e sull’impero Ottomano.
Quello stendardo, forse strappato dall’albero maestro della nave ammiraglia turca e consegnato ai Sardi perché lo custodissero a Cagliari, era il glorioso testimone del
loro eroismo dal momento che al loro coraggio
e ardimento – come attestano le fonti storiche – si ascrive l’esito esaltante della vittoria dei Cristiani.
Pertanto, quella processione che dalla
Chiesa di San Domenico percorreva nei secoli passati le strade del piccolo quartiere di
Villanova per addentrarsi, poi, nelle viuzze
dei borghi di Stampace, della Marina, costituiva per i Cagliaritani un omaggio agli eroi
di Lepanto e, nel contempo, un atto di devozione verso la Madonna del Rosario alla cui
intercessione veniva attribuita la vittoria. Non
a caso, per volere del pontefice Pio V, alle lodi
per la Vergine venne aggiunta quella di Auxilium Cristianorum, l’aiuto dei Cristiani che
si manifestò nel cimento di Lepanto.
Il ricordo di quella sanguinosa battaglia
è rimasto, ancora oggi, vivo nella memoria
popolare pur fra le dolorose vicende vissute
dalla città e non è senza significato che una
traccia di questa memoria si ritrovi anche nella poesia popolare.
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Un esempio viene offerto dal versetto di
un mutettu che ci è stato tramandato nella
preziosa raccolta della poesia popolare cagliaritana curata da Raffa Garzia.
“Bessidi s’Arroseri –
cun sa bander’ ’e is Morus”
(«Esce l’Arciconfraternita del Rosario –
con la bandiera dei Mori»), dove i Mori, a prescindere dal colore della loro pelle, razza e
provenienza, sono per antonomasia gli invasori. Solo che, in questo caso, il popolo ricordava con quella bandiera l’orrore per i temuti predoni che venivano dal mare per cui
maggiore era l’orgoglio di possedere a Cagliari
un vessillo musulmano conquistato grazie alle
prodezze di quattrocento ardimentosi archibugieri che nei lontani lidi di Lepanto avevano onorato il nome di Cagliari e della Sardegna.
A rivederlo oggi, quello stendardo scolorito e sfilacciato, è una reliquia ridotta all’essenziale e la si può osservare nella spessa bacheca di cristallo situata all’interno della sagrestia di San Domenico, La confraternita del Rosario non ha mai cessato di venire meno al voto fatto alla Vergine portandone
il simulacro in processione anche se, forse,
molti fedeli ignorano il significato storico della sacra manifestazione.
Scrisse Emilio Lussu, in un articolo apparso sulla rivista Il Ponte del 1951, che al di
là degli episodi di grande eroismo, di ardimento e di amalgama di cui furono protagonisti, nella prima guerra mondiale, i soldati sardi della mitica “Brigata Sassari”, i
quali si imposero all’ammirazione del Paese, diceva – appunto – Lussu che per trovare un avvenimento simile «bisognava andare molto lontano nella storia della Sardegna»
e fra questi avvenimenti citava «l’eroismo dei
400 archibugieri sardi che, sotto il vessillo di
Filippo II, si coprirono di gloria nella battaglia di Lepanto del 7 ottobre del 1571».
La battaglia cruenta combattuta nel
mare fra Patrasso e Corinto, costituisce, pertanto, anche un’occasione per fare una breve riflessione su un aspetto del carattere dei
Sardi, e cioè chiedersi se nella loro storia antica o recente, essi siano stati un popolo inerme, facile a sottomettersi e alla resa, o non
piuttosto un popolo che non ha esitato a scendere in armi quando invasori e predatori stranieri, soprattutto i temuti raiders provenienti
dall’altra sponda del Mediterraneo, hanno ciclicamente tentato di privarli dei loro beni e
della loro libertà.
La storia isolana è ricca di avvenimenti
che testimoniano più sconfitte che vittorie ma
va ricordato che quando i sardi si sono uniti insieme per difendere la loro libertà e la loro
terra hanno saputo essere indomiti protagonisti delle vicende della loro piccola patria
sicché coglie forse nel vero Pasquale Tola (che
si guadagnò la fama di “Plutarco Sardo”), allorché afferma che fu «grande sventura per
la Sardegna il non essere ben conosciuta ed
essere sempre ingiustamente giudicata».
Già prima che la Sardegna catalana e spagnola conoscesse il periodo florido dell’autogoverno giudicale, le sue popolazioni sono
vissute per secoli sotto l’incubo delle invasioni
dei predoni che venivano dall’altra sponda
del Mediterraneo: quelli che con termine generico ma significativo erano chiamati “is morus” e che potevano essere Saraceni o Mauri o Mori d’Africa ma anche i non cristiani
in generale e fra questi i turchi.
Ma forse un’idea non certo partigiana del
carattere bellicoso dei Sardi si può ricavare
dalla descrizione che del loro carattere ha lasciato uno scrittore di indiscussa obiettività:
lo storico arabo Edrisi che visse nel XII secolo.
«Fiera gente – egli scrisse – assicurata dalla povertà, dal proprio valore e dai luoghi
aspri e selvatici, scansò il giogo dei Musulmani i quali, fatto fardello dell’oro e argento, ma spaventati insieme dai frequenti
naufragi e dalla resistenza degli isolani
nelle scorrerie minori, li lasciarono tranquilli
tenendoli uomini indomabili, avvezzi a star
sempre con le armi al lato, da buscarsi appo
di loro più colpi che preda».
Insomma, il concetto dei Sardi, popolo disposto sempre a subire passivamente invasioni e conquiste, va forse rivisto visitando attentamente tutta la sua storia e di certo nu-
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merosi si ritroverebbero esempi attestanti la
loro tempra indomita e bellicosa.
Dal canto suo, il Tola, nella lunga prefazione al suo Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna, nel tracciare una
sintetica ma efficace ricostruzione dei più importanti eventi della storia dell’Isola, mette
– appunto – in risalto l’eroismo di molti Sardi che «di onorate ferite e di bella gloria militare si coprirono, combattendo contro i musulmani feroci, altri le patrie mura difendendo
e le cittadi sarde dagli assalti stranieri, per
egregio valore si segnalarono».
E fra gli episodi nei quali le genti isolane
eccelsero, il Tola non dimentica «l’eroismo dei
trecento sardi vincitori della turchesca ferocia nella famosa giornata navale di Lepanto»,
contribuendo, così, a sottrarre meritoriamente
all’oblio un episodio che rende onore al coraggio ed alle virtù guerriere dei Sardi i quali, non va dimenticato, combattevano sotto le
insegne della Corona di Aragona.
Va tuttavia rilevato che la battaglia di Lepanto – come hanno evidenziato diversi
storici italiani e stranieri – è pura gloria italiana nella quale ebbero un ruolo preminente
la Chiesa, attraverso l’opera del pontefice Pio
V (il quale poi assurse agli onori degli altari), promotore della potente “Lega Cristiana”, cui aderirono la Spagna, la Repubblica di Venezia ed altri stati minori: “Lega” che
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si proponeva di contrastare la politica di
espansione dei Turchi nel Mediterraneo
come pure il diffondersi dell’Islamismo nelle terre già evangelizzate dai Cristiani.
Per la spedizione a Lepanto fu organizzata una grande flotta il cui comando supremo venne affidato a Don Giovani d’Austria, figlio naturale di Carlo V e fratello del
sovrano spagnolo Filippo II, ed a Marcantonio
Colonna, comandante in capo della Marina
pontificia. Anche la repubblica di Genova –
in omaggio al Papa – prese parte alla spedizione inviando una potente nave al comando di Gianandrea Doria.
Fu, appunto, alla nave ammiraglia di don
Giovanni d’Austria, chiamata La Reale, che
per un preciso piano strategico vennero destinati i 400 archibugieri sardi i quali facevano parte del cosiddetto “Tercio de Cerdeña”, ovvero del Reggimento di Sardegna sul
cui ardimento la Corona spagnola aveva sempre contato nelle più aspre battaglie.
Va notato che l’esercito spagnolo era – appunto – costituito dai “tercios” che si possono equiparare ai moderni reggimenti, ciascuno
dei quali era formato da 3000 a 4500 uomini. Ed è grazie a quanto gli storici hanno tramandato sulla battaglia di Lepanto che si è
in grado di apprendere dell’esistenza di un
“tercio” costituito da Sardi. La testimonianza più autorevole ci giunge da un accurato sto-
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rico dell’epoca, Geronimo Costiol, che, con
tempismo di cronista, scrisse nel 1572 che «en
la galera de su Alteza don Juan de Austria
ivan quatrocientos Arcabuzeros sacados del
tercio de Cerdeña los quale estavan a cargo
del Maestro de Campo don Lope de Figueroa».
Perché furono scelti gli archibugieri Sardi?
Evidentemente, essi costituivano un corpo scelto di tiratori in un periodo storico in
cui andavano affermandosi le armi da fuoco e i Sardi, che sempre hanno goduto fama
di soldati coraggiosi e valorosi, primeggiavano
nell’uso delle armi e di questi nuovi strumenti
di guerra in particolare. Nella battaglia di Lepanto, per unanime giudizio degli storici, un
ruolo decisivo fu svolto, appunto, dagli archibugieri di Sardegna che furono praticamente gli artefici della vittoria.
Ma vediamo in sintesi lo svolgersi dei fatti.
Il porto di Messina fu scelto per il concentramento delle varie armate; la prima a
comparire il 20 luglio 1571 fu quella romana
agli ordini di Marc’Antonio Colonna; giunsero, quindi, le altre unità ed il 24 agosto la
flotta fu completata con le 44 galere provenienti dalla Spagna al comando di don Giovanni d’Austria. Non trova, pertanto, fondamento la tesi sostenuta da taluno secondo la quale gli archibugieri sardi sarebbero
partititi dal porto di Cagliari. In realtà, il 16
settembre, l’armata cristiana, completa di tutte le unità, lasciò il porto di Messina per giungere il 2 ottobre nel mare di Lepanto dove era
radunata la flotta turca al comando di Aly
Pascià, più numerosa per navi ed uomini.
La mattina del 7 ottobre le due flotte si
fronteggiarono decise a darsi battaglia dopo
che don Giovanni d’Austria ebbe dato il segnale issando il grande stendardo della
“Lega”, donato dal Papa, sul quale era ricamato in oro e argento un grande Crocifisso mentre in basso erano riprodotti gli emblemi del re di Spagna e della in basso, le armi
del pontefice, della Corona spagnola e della Repubblica di Venezia.
«Terribile fu lo scontro – così racconta lo
storico sardo Meloni Satta servendosi delle fonti dell’epoca – e accanito fu il combattimento. Aly Pascià, comandante supremo dell’ar-
mata musulmana, confidentissimo nella ferocia
dei suoi giannizzeri, spingevasi con questi contro la Reale cristiana dove eranvi i 400 archibugieri sardi. Questi con coraggio da leoni, non solo si opposero all’impeto del nemico, ma per tre volte lo ributtarono indietro, finché mescolatamente coi giannizzeri, poterono penetrare nella Reale maomettana facendo di tutti orribile macello. Avuto rinforzo dagli altri combattenti, dopo un’ora di accanita pugna, i giannizzeri furono totalmente sconfitte e lo stesso Aly n’ebbe reciso il capo».
«Fu una memorabile vittoria per la Lega
– osserva a sua volta lo storico Carta Raspi
– sia per i risultati immediati che per le sue
conseguenze. Cipro, che secondo il disegno
della “Lega” doveva essere liberata, in realtà
non lo fu ma la perdita di navi e di uomini
da parte ottomana fu veramente considerevole. Lepanto, tuttavia, segnò per i Turchi un
arresto alla loro espansione e poi il declino
della loro potenza».
La clamorosa vittoria dell’armata cristiana
ebbe ovviamente vasta eco negli Stati mediterranei in quanto segnava la fine dello strapotere ottomano ma quel che in questa occasione è il caso di rilevare furono anche l’apporto determinante ed il ruolo decisivo dei coraggiosi archibugieri sardi, i reali artefici di
una vittoria per niente scontata dal momento
che l’inizio della battaglia vide le navi della
Lega in affanno contro il nemico.
L’eroismo dei 400 archibugieri non costituisce, pertanto, un vanto o una gloria locale ma diventa un episodio di rilevanza europea grazie alla ricostruzione fattane da storici autorevoli del tempo ed in particolare dal
citato Costiol (Historia de las cosas de
España, 1586) e dallo studioso di storia marinara, il padre Alberto Guglielmotti (Marc’Antonio Colonna alla battaglia di Lepanto, 1862). Questi, in particolare, ricostruendo le fasi della battaglia, ha così raccontato
l’episodio culminante.
«I giannizzeri d’Aly, 400 giovani di scelta milizia, fatto un terribile sforzo,, tentarono innanzi a tutti saltar dentro nella Reale
di Spagna; e gli archibugieri del “Terzo” di
Sardegna, con molta venturiera, non solo si
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opposero al loro impeto, ma per tre volte con
fierezza terribile li ricacciarono indietro,
sino al trinchetto ...Si vide il mare mutar colore, diventar vermiglio di sangue ... Scendeva giù per le sagole lo stendardo della luna
e saliva in alto quello della croce, gridando
i soldati di ogni parte: Vittoria! Vittoria! Vittoria!».
Lo studioso che volesse approfondire
quest’episodio della storia sarda ed europea
in uno con la sintesi delle fonti che attestano l’autenticità dell’eroismo degli archibugieri
sardi, troverà utile e interessante un documentato saggio di Giuseppe Luigi Mulas, apparso a Cagliari nel 1887. In esso, l’autore
puntualizza alcune inesattezze contenute in
un articolo apparso su quest’argomento sul
fascicolo di ottobre della prestigiosa Rivista
di Lettere, Scienze ed arti che si pubblicava
a Roma, e dalla Nuova Antologia, ambedue
autorevoli testi nei quali comparivano firme
di illustri poeti e letterati dell’Ottocento
italiano.
L’autore del saggio, che si intitola “Don
Giovanni d’Austria a Lepanto”, nel ricostruire
le fasi della battaglia, commise l’imprudenza di definire spagnoli e italiani i prodi archibugieri che di fatto furono gli artefici dell’epico scontro e per confutare questa tesi
“eretica”, il Mulas Mameli esamina minuziosamente e con foga le parti incriminate del
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saggio per smentirle, di volta in volta, alla luce
delle fonti storiche disponibili (di autori catalani e italiani) e per dimostrare che i prodi archibugieri furono veramente sardi.
In realtà, che sardi fossero è testimoniato, oltre che dalle fonti storiche, anche dalla tradizione e dalla memoria popolare che
nei secoli, in Sardegna, come in altre regioni d’Italia, ha rinverdito, ogni anno, ad ottobre, il ricordo di quella grande prova di eroismo dei 400 archibugieri.
Quell’episodio rivive non soltanto nella
memoria popolare ma anche nell’arte e soprattutto nella poesia. Fu certamente il poeta italiano più “glamour”, Gabriele D’Annunzio, che, nella raccolta poetica Merope
(“La canzone dei Trofei”) conchiuse la laude con pochi ma vigorosi versi che esaltano
l’impresa di quei 400 sconosciuti sardi che,
nella battaglia di Lepanto, “incrollabile
muraglia” contro il nemico, tramandarono
ai posteri una pagina gloriosa di Cagliari e
della Sardegna:
... O Cagliari,
i quattrocento archibusieri sardi,
che don Giovanni d’Austria alla battaglia,
sotto il vessillo della sua Reale
s’ebbe per incrollabile muraglia.
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Rotary Club Cagliari — giugno 2013
Progetto Rotaract Eccezionale
Enrico Ferro
vincitore del concorso
nrico Ferro, presidente del Club Rotaract del Yale College, ha ricevuto l’invito del Presidente internazionale Sakuji Tanaka a ritirare il premio che il club da
lui presieduto si è aggiudicato come vincitore
del concorso “Progetto Rotaract Eccezionale” tra i distretti di Stati Uniti, Canada e Caraibi per l’anno 2013.
Il prestigioso riconoscimento viene assegnato ai migliori progetti regionali Rotaract
riconosciuti durante la Settimana Mondiale
Rotaract. Quest’anno i progetti vincitori
sono i seguenti:
• AFRICA: Rotaract Club di Cairo Royal,
Egitto (Distretto 2450) per Tanweer el Heiz.
I soci hanno installato sistemi a energia so-
E
Enrico Ferro in un momento delle sue visite in India.
lare in 16 case a el Heiz, un villaggio egiziano, consentendo agli abitanti di conservare
cibo in modo sicuro e portando energia
elettrica ai bambini, per poter studiare di sera.
Il club sta raccogliendo fondi per portare energia solare ad altre 350 case nel villaggio.
• ASIA PACIFICO: Rotaract Club di Illawarra,
New South Wales, Australia (Distretto 9750)
per il progetto The Urban Grown City
Farm. I soci hanno collaborato con altre organizzazioni comunitarie per creare e rendere
operarativa una fattoria biologica per offrire l’impiego ai giovani e vendere prodotti alle
imprese locali.
• EUROPA: Rotaract Club di Bari, Italia (Distretto 2120) per Rotaract e UNICEF per le
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donne e i bambini afgani. I soci del club hanno collaborato con UNICEF per fornire la formazione a dieci ostetriche in Afghanistan e
fornire loro le attrezzature mediche necessarie
per assistere le gestanti con i parti.
• AMERICA LATINA: Rotaract Club dell’University of Guyana (Distretto 7030) per
Victoria Literacy Project. I soci hanno creato un programma settimanale di alfabetizzazione presso una scuola elementare del posto, incentrato sull’insegnamento a 50 studenti delle conoscenze di base di alfabetizzazione e matematica, per prepararli agli esami nazionali. Oltre alla formazione settimanale, i Rotaractiani hanno ottenuto materiali scolastici e mobili di arredamento per
le classi.
• ASIA DEL SUD: Rotaract Club di H.R. College, Maharashtra, India (Distretto 3140) for
“I” for an “Eye”. I soci hanno organizzato numerosi eventi scolastici e comunitari per sensibilizzare il pubblico sulle donazioni di organi, in questo caso, di occhi, ed incoraggiare
il pubblico a donare gli occhi, firmando delle schede per le donazioni. Il Rotaract Club
di H.R. College ha anche collaborato con il
Rotaract Club di Caduceus, vincitore que-
Rotary Club Cagliari
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st’anno del Premio Progetti Eccezionali Rotaract, per raccogliere 14.000 USD per cure
oculistiche.
• STATI UNITI, CANADA E CARAIBI: Rotaract
Club di Yale College, Connecticut, USA
(Distretto 7980) per Vocational Training for
the Tribal Community of Potkhal e Baste Villages, India. Il club ha instaurato un partenariato con il Rotary Club di Bombay Midtown, Maharashtra, India, per avviare un centro di formazione professionale per una comunità tribale di Maharashtra. Il centro offre corsi professionali a donne e uomini del
posto, di sartoria e di ferramenta, per aiutarli
a migliorare la loro qualità della vita.
Enrico, che nel mese di gennaio, insieme
ad altri giovani rotaractiani, ha visitato
personalmente il villaggio sede dei corsi
professionali, riceverà il premio in occasione della Conferenza Internazionale per il Rotaract che si terrà il 21 e 22 giugno a Lisbona nell’ambito del Congresso Internazionale del R.I.
Al caro Enrico e ai genitori Pietrina e Salvatore, nostro socio e amico, i più affettuosi complimenti da parte di tutto il club.
■
Enrico Ferro durante il suo intervento presso il R.C. di Bombay Midtown.
52
Rotary Club Cagliari — giugno 2013
Un moderno istituto penitenziario
Nuovo corso
guardie carcerarie
Gianfranco De Gesu
Tempio Pausania, lo scorso luglio, il
vecchio istituto penitenziario, casa
circondariale della “Rotonda” è stato dismesso.
L’istituto, costruito nel 1845, a pianta circolare e con un cortile interno, rappresentava e rimane testimonianza delle tipiche costruzioni penitenziarie realizzate nel nostro
paese nell’Ottocento.
In grado di ospitare fino ad un massimo
di 50 detenuti, la “Rotonda” per quasi due
secoli è stata inserita a pieno titolo nel contesto urbano della città gallurese, ed è stata
circondata ed assistita da un tessuto sociale disponibile ad offrire sostegno agli operatori
A
penitenziari impegnati nel lavoro di trattamento e rieducazione dei detenuti ospitati.
La collocazione dell’istituto al centro
della città, lo aveva reso popolare tra i cittadini che avevano sviluppato un sentimento di familiarità e fiducia nei confronti dell’istituzione carcere.
La dismissione della “Rotonda” ha coinciso con l’apertura di un nuovo istituto penitenziario dotato di strumentazione tecnologica
in grado di garantire la sicurezza attraverso
sofisticati sistemi di sorveglianza. Il nuovo istituto è collocato nella frazione di Nuchis a 6
Km da Tempio Pausania su una collina, di
fronte al monte Limbara, il cui muro di cin-
giugno 2013 —
ta in cemento armato è visibile da molti punti della città. Il carcere è stato destinato ad ospitare una Casa di Reclusione per detenuti con
pena definitiva, che si sono resi prevalentemente responsabili di reati associativi.
L’apertura del nuovo istituto di Tempio
Pausania è stata accolta dall’opinione pubblica del territorio gallurese e non solo, in termini allarmistici, generati da una campagna
d’informazione preoccupata di sottolineare
i rischi di infiltrazioni criminali all’interno del
tessuto sociale sardo oltre che dalla preoccupazione di vedere allontanare dalla regione i detenuti cittadini sardi.
In realtà, le valutazioni che l’Amministrazione Penitenziaria ha compiuto nell’orientare la scelta di assegnare alla nuovo
istituto penitenziario di Tempio Pausania i
detenuti appartenenti alla criminalità organizzata, sono state originate in primo luogo,
del numero limitato di detenuti sardi (1300
su tutto il territorio nazionale e 1100 già ospitati nelle carceri sarde), in secondo luogo dalla consapevolezza che i saldi valori di cui il
popolo sardo è portatore, sono stati e rimangono un deterrente allo sviluppo e radicamento della cultura mafiosa nel proprio
territorio.
Tuttavia, se per un verso parte dell’opinione pubblica ha espresso sentimenti di diffidenza, di timore, d’altro canto la presenza
di questa nuova struttura, che è comunque
un forte presidio di legalità, ha certamente
ingenerato un senso di maggior sicurezza rispetto alla precedente sede.
Anche per questa ragione, traendo spunto dalla predisposizione annuale del progetto d’istituto (il documento di programmazione
che ogni istituto penitenziario deve elaborare
ogni anno), la direzione ha deciso che fosse
necessario fornire informazioni chiare relative alle funzioni di sicurezza e di trattamento
che anche il nuovo istituto di Nuchis si accingeva a promuovere nel rispetto dei principi informatori che disciplinano la funzione rieducativa della pena nel nostro sistema
penitenziario.
Per questi motivi, il 16 aprile scorso, alla
presenza dei rappresentanti delle autorità giu-
Rotary Club Cagliari
53
diziarie, delle istituzioni locali e della società civile della città e della provincia gallurese,
presso il carcere di Nuchis si è svolta una conferenza per presentare l’istituto ed i suoi programmi, alla comunità esterna con lo scopo
di presentare il lavoro degli operatori penitenziari, le azioni programmate, il profilo penitenziario dei detenuti ospitati dalla struttura, tutto questo con lo scopo di individuare
le risorse esistenti sul territorio gallurese, da
poter coinvolgere nelle fasi attuative dei progetti programmati per il carcere tempiese.
L’incontro ha consentito all’amministrazione penitenziaria di presentare i contenuti della mission della Casa di Reclusione di
Nuchis caratterizzata dall’utilizzazione dei sistemi avanzati di sicurezza, di cui l’istituto
è dotato, per realizzare percorsi trattamentali in grado di offrire proposte ai detenuti
ospitati nella struttura, per favorire il loro recupero alla società.
Gli ampi spazi interni di cui la struttura
è dotata (a differenza del vecchio istituto della Rotonda) favoriscono la realizzazione di
laboratori ed officine per le lavorazioni,
aule di formazione scolastica e professionale ed attività ricreative, culturali e sportive,
indispensabili per assicurare l’attuazione
del mandato istituzionale penitenziario, finalizzato alla realizzazione di percorsi di reinserimento sociale.
L’intento è quello di promuovere la rivoluzione normale che l’Amministrazione Penitenziaria ritiene possibile solo attraverso la
collaborazione sinergica del territorio che, nel
caso della casa di reclusione di Nuchis, è rappresentato dalla regione Gallurese e dal comune di Tempio Pausania, notoriamente fertili di storia, cultura e tradizione.
Nel corso degli anni grazie allo sviluppo
di politiche incentrate sulle buone prassi,
l’Amministrazione Penitenziaria può affermare che solo con l’aiuto della società civile è possibile superare la visione carcero-centrica e favorire un arricchimento collettivo
dentro e fuori le mura di cinta, nella prospettiva di orientare e “convertire” le persone
detenute ai principi di legalità sollecitando
quindi i detenuti ad avviare un percorso di
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Rotary Club Cagliari — giugno 2013
vita diverso da quello precedentemente intrapreso attraverso la scoperta ed il riconoscimento di nuovi valori.
Il lavoro intrapreso dagli operatori penitenziari di Tempio, trova il suo fondamento
nei princìpi propri dello stato di diritto che
determinano la pena detentiva da comminare
a coloro i quali si sono resi responsabili della commissione di reati, ma sono gli stessi
princìpi a stabilire che la pena detentiva deve
essere finalizzata alla rieducazione e tendere al reinserimento nel tessuto sociale anche
ed attraverso il contributo esterno del territorio (istituzioni, autorità comunali e provinciali, scuole e università, associazioni di
volontariato, etc. etc.). Il sistema sociale può
ritrovare così il proprio equilibrio attraverso la riparazione del danno e la sollecitazione all’avvio del percorso di recupero ai
princìpi e valori della legalità.
La sfida e l’impegno che tutti gli operatori della Casa di Reclusione di Nuchis desiderano mettere in campo sono quelli indirizzati alla realizzazione di iniziative trattamentali tenendo conto delle peculiarità e del
profilo criminologico e penitenziario della popolazione ristretta. Il lungo periodo di espiazione pena che la popolazione detenuta
deve trascorrere in questa sede impone un lavoro di lunga programmata osservazione per
realizzare così trattamenti penitenziari individualizzati. Nella scelta delle attività da
programmare si dovrà avere cura di creare
percorsi di istruzione e formazione strutturate (a partire dai corsi della scuola media
inferiore fino ad arrivare ai corsi universitari),
di offrire occasione di sperimentazione delle forme di espressione artistica (teatro, laboratori musicali, di scrittura, etc.) ed infine promuovere opportunità lavorative “continuative” per i detenuti in grado di fornire
la possibilità di sviluppo di competenze
professionali spendibili sia all’interno dell’istituto sia all’esterno a conclusione del percorso detentivo. La conversione alla legalità è la connotazione dell’offerta trattamentale che l’istituto penitenziario desidera
promuovere ed enfatizzare in tutte le azioni
che realizzerà nel corso dei prossimi anni at-
tesa la peculiare connotazione dei detenuti
ospitati che si sono resi responsabili della
commissione di reati, in molti casi agiti quale scelta consapevole di un percorso di vita
in antitesi con le regole dello Stato.
Il feed-back ricevuto dai rappresentati delle istituzioni locali e dalla società civile all’esito
dell’incontro dello scorso 16 aprile, sembrano dirci che il messaggio è stato recepito.
Ad un mese dalla presentazione dell’Istituto si è svolto in questi giorni il primo corso di informazione e formazione, significativamente intitolato « ...per lavorare insieme verso la legalità», destinato a tutte le persone che,
su base volontaria, al fine di incrementare la
presenza di risorse umane possano offrire quella collaborazione indispensabile per la gestione
delle attività intramurarie programmate e da
realizzare nel corso dell’anno.
L’intervento ha avuto per obiettivo quello di fornire chiavi di lettura sulla utenza qui
ospitata nonché più in generale sul mondo penitenziario, sconosciuto per lo più ai destinatari dell’intervento, di favorire la creazione di un team di volontari in grado di lavorare in sinergia con gli operatori penitenziari
della casa di reclusione di Nuchis e di intensificare i rapporti tra Amministrazione penitenziaria e territorio di riferimento, in questo caso rappresentato da cittadini.
Alle quattro giornate hanno partecipato
30 persone provenienti dai più diversificati
settori della città di Tempio della cultura e
del volontariato sociale che hanno apprezzato
l’intervento di formazione –informazione
offerto dalla Direzione dell’istituto e che ha
fornito secondo le valutazioni dagli stessi formulate alla conclusione dei lavori, una utile opportunità per avvicinarsi alla realtà penitenziaria, ai suoi valori ed alla sua mission,
contribuendo così a rimuovere pregiudizi che
spesso la non conoscenza e/o la disinformazione producono nell’immaginario collettivo.
Un passo avanti verso l’integrazione dell’istituto di Tempio nella contesto sociale della regione gallurese sembra essersi compiuto. Resta ancora molto da fare ma le premesse
sono assai positive.
■
giugno 2013 —
Rotary Club Cagliari
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A bordo della bilancella
Una storia
di mare
Paolo Ritossa
raro che un motivo di lavoro riesca a
coinvolger un professionista in modo
totale ed appassionato.
Tale splendida occasione mi è stata offerta con la predisposizione dello Studio per il recupero e la riqualificazione del sistema degli
approdi minerari della costa iglesiente svolto
per conto della Provincia di Carbonia-Iglesias.
I venti chilometri di costa iglesiente, da
Fontanamare a Portixeddu, rappresentano infatti un contesto unico al mondo nel loro incomparabile rapporto tra le antiche strutture
minerarie e il mare.
Un rapporto al tempo stesso che coinvolgeva aspetti ambientali, paesaggistici e storici.
La Marmora, nel suo Viaggio in Sardegna,
definisce felicemente l’Iglesiente «un oceano
metallifero» evocando, forse inconsapevolmente, il rapporto tra il mare e le miniere.
Il sistema dei porti principali della Provincia di Carbonia Iglesias è fortemente, fisicamente e storicamente, legato all’attività
mineraria. Carloforte era il porto delle bilancelle che trasferivano il minerale dalla costa ai grandi battelli per il continente. Portovesme deve il suo nome al Conte Baudi di
Vesme, illuminato Presidente della miniera
di Monteponi e Senatore del Regno. Sant’Antioco lega il periodo dei suoi traffici più
intensi a quello dell’attività estrattiva.
Immediata e diretta è la relazione tra gli
approdi minerari e l’attività delle miniere.
Quelle piccole infrastrutture marittime, ora
dimenticate dagli uomini e distrutte dall’azione del mare, erano fondamentali per il
commercio del minerale, rappresentavano il
primo passo del lungo viaggio per raggiungere i mercati nazionali e internazionali.
È
Nel grande capitolo della storia mineraria della nostra isola, quella fase del trasporto
marittimo costituisce una particolare vicenda ricca di valori umani ed esemplificativa dei punti più alti cui può arrivare lo spirito di sacrificio dell’uomo.
Come tutti sanno il minerale dai piccoli
approdi della costa sarda veniva trasportato al porto di Carloforte dove, trasferito sui
grandi battelli a vela, prendeva il largo per
i porti continentali.
Il mezzo per il trasferimento era comunemente la bilancella, tozza imbarcazione in
legno in grado di trasportare tra le 10 e le 20
t. di minerale, della lunghezza mediamente
pari a 11-12 metri, di basso pescaggio, di linee apparentemente pesanti ma di elevate
prestazioni nautiche.
Erano armate con un equipaggio di 6-7
marinai, uomini che segnarono col loro sacrificio un epica storia di mare, comunemente
detti galanzieri dal nome della galanza (galena) che veniva prevalentemente trasportata. La propulsione delle barche era affidata
alla vela latina e, in mancanza di vento, alla
possenti braccia dei rematori. La necessità di
disporre di un gran numero di bilancelle favorì lo sviluppo di una cantieristica altamente
specializzata che contribuì, in pochi anni, a
creare una flottiglia di circa 200 imbarcazioni.
La vita dei galanzieri era di una durezza tale da far considerare più sopportabile
quella degli stessi minatori, che sappiamo essere stata non facile. Dovendo coprire oltre
10 miglia nautiche, partivano nel cuore della notte per essere alle prime luci dell’alba nei
siti di attracco. Quando le barche erano vuote dovevano opportunamente zavorrarle
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Rotary Club Cagliari — giugno 2013
mentre spesso le caricavano del carbone necessario per gli impianti minerari che arrivava a Carloforte dalle miniere del Galles. Arrivati a destinazione provvedevano al carico dell’imbarcazione utilizzando grandi ceste (Coffe) del peso di circa 50 kg.
Ultimato il carico si ripartiva per Carloforte col livello dell’acqua che sfiorava gli ombrinali perché, essendo pagati a tonnellata
trasportata, occorreva portare quanto più minerale possibile.
Si rientrava a Carloforte dopo il tramonto e occorreva scaricare le bilancelle nei magazzini realizzati sulla costa nelle immediate adiacenze del porto. Poche, pochissime ore
di riposo e si ripartiva per una diuturna fatica che non aveva soste nel susseguirsi delle stagioni e degli anni.
Occorre considerare che quel tratto di costa occidentale è particolarmente esposta alla
traversia di maestrale, in Sardegna vento dominante e regnante, e frequenti erano, pertanto, le situazioni di grave rischio per la vita.
Scampato il pericolo il marinaio riconosceva,
devotamente, che anche in quella occasione,
così come sempre, U Segnùn u l’ea Tabarchin.
Ora di quel periodo, di quelle imprese, resta la memoria di pochi anziani, qualche libro, fotografie color seppia e qualche cartolina ingiallita. Ma restano, soprattutto, i luoghi nei quali marinai e minatori vissero una
pagina importante della nostra storia mineraria, quei punti di approdo dove la loro fatica si manifestò nelle sue forme più eroiche.
In tale affascinante contesto la Laveria di
Nebida, realizzata a picco sul mare, rappresenta il sito più significativo evocando le emozioni di una cattedrale a cielo aperto sospesa tra il blu del cielo e del mare.
Per concludere si può certamente affermare che fra i tanti bellissimi siti, paesaggi,
bellezza naturali, antiche strutture, la Laveria
La Marmora a Nebida sia certamente quella che fornisce le impressioni più forti.
Al contrario degli altri siti, la difficile accessibilità conferisce al luogo un atmosfera
quasi irreale, nella quale percepire profondi silenzi, percorsi ombrosi, fessure di luci abbaglianti, fiori che nascono tra le crepe dei
muri, ovunque i segni dell’antica, sapiente
operosità dell’uomo.
Per una serie di sconnesse scale in pietra, si
può raggiungere il livello di un mare trasparente
dal bianco, al verde, all’azzurro più profondo.
Si può camminare su resti di strutture
sommerse, un tempo operose banchine, sollevare lo sguardo e vedere guglie di mura cadenti, archi aggrappati tenacemente ad immaginarie strutture. Puoi trovare antichi passaggi che percorrerai accarezzandone i muri
mentre tutto ti parla di un passato che non
vuole essere dimenticato.
Ricorrono alla memoria le parole di un illustre personaggio carlofortino, Giuseppe Vallebona, nel suo Sonetto dei Battellieri:
Essi vivevano qui
Per un pane impastato
con farina di piombo
e lievito di mare.
Per un’ora soltanto
da uomini.
Per non morir di fame e di paure
Essi vivono qui.
Li puoi sentire
se vuoi.
(...)
■
giugno 2013 —
Rotary Club Cagliari
57
Importante azione internazionale rotariana
La musica suona nuovamente
la campana della prevenzione
Giuseppe Masnata
opo il successo di MusiKaralis 2012,
l’impegno del Rotary Club Cagliari
nella prevenzione delle malformazioni
congenite si è rinnovato nel 2013, con la presidenza di Mauro Manunza.
Il 9 maggio 2013 si è tenuto a Cagliari,
presso il Teatro Massimo, un concerto internazionale di giovani talenti.
L’evento è stato progettato dalla Commissione sviluppo comunitario – aspetti sanitari del Rotary Club Cagliari nell’ambito
della propria attività di servizio, con l’obiettivo di raccogliere fondi da destinarsi alla
campagna regionale di prevenzione delle malformazioni congenite.
Il concerto, come l’anno precedente, è stato organizzato anche con il supporto degli
amici Rotariani del Rotary Club gemello Mosca-Pokrovka presieduto da Auguste Aimontche, nell’ambito del progetto “Young talent in open world” diretto da Raikhana Dairbekova.
D
Il progetto
Con gli amici russi si è consolidata la condivisione di un grande progetto umanitario
di Azione Internazionale di interesse pubblico,
unendo il supporto a giovani musicisti provenienti da famiglie meno abbienti, ad uno
strategico progetto di prevenzione primaria
che potrebbe eliminare parte delle malformazioni congenite in tutto il mondo.
Il Rotary Club Cagliari si occupa ormai da
diversi anni, in collaborazione con l’A.S.B.I.
– Associazione Spina Bifida Sardegna, di portare avanti iniziative su più fronti, mirate alla
prevenzione primaria di malattie a forte impatto in termini di sofferenza umana e peso
sociale, come la spina bifida e altre
gravi malformazioni.
In seguito ad un accordo del
2012 con gli altri Rotary Club della Sardegna, per opera del past
president Michele Rossetti, è in
fase di realizzazione una campagna di comunicazione finalizzata alla prevenzione delle malformazioni congenite, che vuole raggiungere
la maggior parte della popolazione dell’Isola.
Lo stesso progetto è stato esteso in Italia
ai Rotary Club di Cremona e Padova. Altri
Club Rotariani Francesi, Argentini, Svedesi, Canadesi e degli Stati Uniti hanno manifestato interesse ad aderire.
Il progetto è stato portato avanti dalla
Commissione sviluppo comunitario – aspetti sanitari, costituita dai Soci del Rotary Club
Cagliari: Efisio Baire, Francesco Birocchi,
Carlo Carcassi, Giovanni Cascìu, Ulisse Figus, Giorgio La Nasa, Salvatore Lostia di
Santa Sofia e Giuseppe Masnata, supportati da un’altra commissione (Comitato per MusiKaralis 2013) che ha curato gli aspetti organizzativi, costituita da Michele Bajorek,
Giovanni Barrocu, Ninni Cabras, Salvatore
Ferro, Mauro Manunza, Marcello Marchi,
Margherita Mugoni Contini, Lucia Pagella,
Alessandro Palmieri, Luigi Puddu e Michele Rossetti.
Le malformazioni congenite
I difetti congeniti colpiscono tra il 3 e il 5 per
cento di tutti i nati, rappresentando la prima causa di morte nel primo anno di vita.
Sono perciò un importante problema di salute pubblica. Una prevenzione primaria efficace si attua utilizzando una semplice vi-
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Rotary Club Cagliari — giugno 2013
Il presidente Mauro Manunza con la giornalista
Flavia Corda.
Il Maestro Luigi Puddu con la giornalista Flavia
Corda.
tamina, l’acido folico, nel periodo precedente
il concepimento. È anche importante eliminare in gravidanza alcol e fumo e tenere sotto controllo il peso.
rilevante: 3 euro al mese. L’acido folico è contenuto in natura soprattutto nella verdura fresca, frutta e nei legumi. Tutti lo possono assumere per lunghi periodi senza alcun effetto
collaterale.
I numeri
Ogni anno nascono in Sardegna circa 300
bambini affetti da difetti congeniti di varia
entità. Il 5 per cento di questi bambini
muore nel primo anno di vita. Il 30 per cento vivrà, ma con gravi disabilità fisiche e/o
psichiche permanenti. Tutti gli altri avranno bisogno di interventi medici e/o chirurgici e di frequenti ricoveri in ospedale nell’arco
dell’intera vita.
L’acido folico
L’acido folico può prevenire non solo la spina bifida e la cheilognato palatoschisi (comunemente conosciuta come “labbro leporino”), ma anche una parte importante di altre malformazioni congenite, come le cardiopatie congenite e le uropatie malformative.
La prevenzione
La prevenzione primaria attuata con una
semplice vitamina del gruppo B, l’acido folico, può ridurre del 30 al 70% per cento l’incidenza di queste malformazioni. Il costo dell’assunzione di una compressa al giorno è ir-
Nel mondo
Negli Stati Uniti ed in altri paesi gli effetti della campagna d’informazione e della supplementazione, hanno già permesso da alcuni
anni di ridurre in numero rilevante le malformazioni congenite.
Negli Stati Uniti vari enti governativi hanno attivato ormai da qualche tempo tre azioni per promuovere l’assunzione di acido folico periconcezionale:
• il miglioramento della dieta;
• la fortificazione dei cibi con acido folico (aggiunta di acido folico in alcuni alimenti come
pane, pasta, cereali da prima colazione, etc.);
• la promozione dell’assunzione da parte delle donne di integratori contenenti acido folico.
Grazie a queste azioni, considerando solo
le nascite di bambini affetti da spina bifida,
si è avuta una diminuzione di mille casi di
spina bifida all’anno.
I costi per la collettività
Il costo dell’assistenza di un solo bambino affetto da spina bifida, si aggira intorno ai 350
giugno 2013 —
Rotary Club Cagliari
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Stefania Pirani, Margo Whiteford, Mario Orgiana e
Flavia Corda.
mila euro. Con l’utilizzo di acido folico
somministrato alla futura mamma nel periodo
preconcezionale, si prevede ogni anno in Sardegna una riduzione di 100/150 bambini malformati ed in Italia di 1.000/3.000.
Riteniamo che in Sardegna vi siano i presupposti scientifici, le condizioni epidemiologiche e territoriali più favorevoli per la realizzazione di un programma specifico.
La campagna di informazione in Sardegna
Il progetto prevede una campagna di informazione su scala regionale, in collaborazione con l’Assessorato Regionale alla sanità, diretto dalla dr.ssa Simona De Francisci, rivolta
direttamente alle donne in età fertile. Gli strumenti saranno molteplici: dalla radio ai
manifesti nelle farmacie, studi medici, parrocchie etc.
Ai fini di una reale efficacia, l’acido folico dovrebbe essere assunto qualche mese prima del concepimento. Il nostro target sono
quindi le donne giovani e meno abbienti.
Il concerto
Il concerto di quest’anno è stato presentato
dalla giornalista di RAI 3 Flavia Corda, volto noto delle cronache televisive regionali. Direttore artistico il sempre infaticabile nostro
socio Maestro Luigi Puddu. A dare il saluto
i rappresentanti del Comune di Cagliari (che
ha patrocinato anche quest’anno l’iniziativa)
dr. Fabrizio Rodin, presidente della Commissione Politiche Sociali, e il consigliere dott.
Maurizio Chessa.
Per il progetto rotariano sono intervenuti i presidenti dei Rotary Club di Cagliari
Mauro Manunza e di Mosca-Pokrovka Auguste Aimontche.
Per le Associazioni dei pazienti, hanno partecipato, con una breve presentazione, Margo Whiteford (Glasgow) vice presidente di International Federation of Spina Bifida, Stefania Pirani (Bruxelles), responsabile dei progetti europei della stessa, Cristina Dieci
(Piacenza) presidente di ASBI Italia e Mario
Orgiana (Quartu Sant’Elena) presidente di
ASBI Sardegna. Come sempre importante nell’organizzazione della serata l’apporto dei giovani del Rotaract Cagliari, guidati dal presidente Francesca Fiorilla.
La celebre violista russa Anna Serova è
stata la Madrina dell’evento, esibendosi a fine
concerto in duo con la pianista Jenny Borgatti
sulle note di Vitali e Piazzolla, per suggella-
60
Rotary Club Cagliari — giugno 2013
re una manifestazione che, grazie al talento
degli artisti impegnati, ed agli sforzi organizzativi, ha visto la partecipazione di oltre
500 persone. Hanno aperto il concerto i piccoli ma straordinari talenti russi, Alexandra
Adelgeim pianista di soli 10 anni ed il violinista dodicenne Alexey Stychkin, selezionati nel loro paese tra migliaia di straordinari
virtuosi in erba. A seguire la stupenda voce,
già ascoltata lo scorso anno, della soprano
russa Nafset Chenib di 25 anni, non vedente ma ripagata dalla natura con un talento
fuori dall’ordinario. Nafset è stata ospitata
a Cagliari prima dell’evento a casa della nostra socia Margherita Mugoni Contini, che ha
contribuito anche quest’anno a finanziare la
manifestazione.
Ad accompagnare la bravissima Nafset,
il pianista virtuoso Riccardo Zinzula, oristanese e anche lui artista lirico di primo piano della scena musicale isolana, oltre che direttore di coro, docente affermato e presidente
della scuola Civica di Musica del Comune di
Oristano.
Per la Sardegna si è esibita Angelica Nioi
17 anni di Villasor, pianista e cantante anche
lei non vedente ma, come Nafset, dotata di
una voce ed un’abilità musicale sorprendenti.
Prima delle premiazioni finali di tutti gli artisti e di coloro che hanno sostenuto la manifestazione (non ultimi gli Sponsor: Grafiche Ghiani, Hotel Mediterraneo, Masnata Chimici, T-Hotel), l’attesa esibizione di Anna Serova con la sua magica viola. Il concerto è stato arricchito dalle coreografie del corpo di ballo di Atena Danza diretto da Stefania Nonis.
La chiusura della serata ha visto la consegna agli artisti, sostenitori e sponsor dei
piatti in ceramica dell’artista sardo Luigi Nioi.
Il giorno successivo 10 maggio si è svolto
l’importante congresso “Focus on Spina Bifida” organizzato da Rotary Club Cagliari,
International Federation of Spina Bifida, ASBI
e Ospedale Brotzu che ha suggellato un patto con i media che si sono impegnati in una
futura azione di sensibilizzazione.
■
giugno 2013 —
Rotary Club Cagliari
61
COMMISSIONI ANNO 2013–2014
AZIONE INTERNA
AMMINISTRAZIONE DEL CLUB
Presidente coordinatore:
Paolo PICCALUGA
[email protected]
PROGRAMMI
Presidente: Alberto COCCO ORTU
[email protected]
COMPONENTI: Pasquale Mistretta,
Guido Chessa Miglior, Alfonso Dessì,
Caterina Lilliu, Roberto Nati
ASSIDUITÀ E AFFIATAMENTO
Presidente: Paolo CIANI
[email protected]
COMPONENTI: Giuliano Frau, Giuseppe
Fois, Antonio Lenza, Alessandro Palmieri
RIVISTA DEL CLUB
Presidente: Lucio ARTIZZU
[email protected]
COMPONENTI: Salvatore Fozzi,
Marcello Marchi, Paolo Ritossa,
Giovanni Sanjust di Teulada
SITO WEB DEL CLUB
Presidente: Michele ROSSETTI
[email protected]
COMPONENTI: Riccardo Lasic,
Roberto Nati, Pier Francesco Staffa
AZIONE PROFESSIONALE
EFFETTIVO
Presidente coordinatore:
Raffaele CORONA
AMMISSIONI, CLASSIFICHE
E SVILUPPO DELL’EFFETTIVO
Presidente: Enzo PINNA
[email protected]
COMPONENTI: Ugo Carcassi,
Marcello Caletti, Piergiorgio Corrias,
Salvatore Ferro, Pasquale Mistretta
INFORMAZIONE E
FORMAZIONE ROTARIANA
Presidente: Angelo CHERCHI
[email protected]
COMPONENTI: Lucio Artizzu,
Salvatore Fozzi, Marcello Marchi,
Gian Paolo Ritossa, Michele Rossetti
AZIONE DI
PUBBLICO INTERESSE
COMUNICAZIONE
Presidente coordinatore:
Ettore ATZORI
[email protected]
RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI
Presidente: Caterina LILLIU
[email protected]
COMPONENTI: Paola Dessì,
Salvatore Fozzi, Mauro Rosella,
Giampaolo Piras, Stefano Oddini Carboni
RAPPORTI CON I MEDIA
Presidente:
Giovanni SANJUST DI TEULADA
[email protected]
COMPONENTI: Roberto Nati,
Andrea Lixi, Franco Passamonti
AZIONE INTERNAZIONALE
FONDAZIONE ROTARY
Presidente coordinatore:
Salvatore FOZZI
[email protected]
FONDO PERMANENTE, POLIO
PLUS, BORSE DI STUDIO,
EX BORSISTI, ALUMNI (GSE),
SCAMBIO GRUPPI DI STUDIO
Presidente: Antonio CABRAS
[email protected]
COMPONENTI: Francesca Cozzoli, Paola
Giuntelli, Stefano Oddini Carboni, Marcello
Marchi, Alessandro Palmieri, Luigi Puddu
PROGETTI
DI SERVIZIO
Presidente coordinatore:
Giovanni BARROCU
[email protected]
INIZIATIVE INTERNAZIONALI
Presidente: Giuseppe MASNATA
[email protected]
COMPONENTI: Angelo Deplano,
Giovanni Cascìu, Alfonso Dessì, Margherita
Mugoni, Salvatore Lostia di S. Sofia
ROTARY PER LA CITTÀ
Presidente:
Marinella FERRAI COCCO ORTU
[email protected]
COMPONENTI: Giovanni M. Campus,
Giuseppe Cascìu, Paola Giuntelli, Alessio
Grazietti, Stefano Liguori, Guido Maxia
AMBIENTE E TERRITORIO
Presidente: Mario FIGUS
[email protected]
COMPONENTI: Angelo Aru,
Ginevra Balletto, Maurizio Boaretto,
Giorgio Sanna, Giulia Vacca.
ASPETTI SOCIALI E SANITARI
Presidente: Giorgio LA NASA
[email protected]
COMPONENTI: Michele Bajorek,
Efisio Baire, Christian Cadeddu,
Mario Graziano Figus, Ulisse Figus
NUOVE GENERAZIONI
Presidente coordinatore:
Cecilia ONNIS
[email protected]
FENOMENO DROGA
Presidente: Maria Pia LAI GUAITA
[email protected]
COMPONENTI: Paola Dessì,
Gianfranco De Gesu, Ulisse Figus,
Alberto Lai
ROTARACT
Presidente: Maria Luigia MURONI
[email protected]
COMPONENTI: Riccardo Lasic,
Ercole Bartoli, Carlo Carcassi
OASI S. VINCENZO
Presidente: Gaetano GIUA MARASSI
[email protected]
COMPONENTI: Marcello Caletti,
Giovanni Sanjust di Teulada
SCAMBIO GIOVANI
Presidente: Ginevra BALLETTO
[email protected]
COMPONENTI: Cecilia Onnis,
Pier Francesco Staffa
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Rotary Club Cagliari — giugno 2013
Le riunioni del Club
6 DICEMBRE 2012
Presiede: MAURO MANUNZA
Assemblea Ordinaria n° 2 del Club per l’approvazione del
Bilancio di Previsione del Club per l’anno rotariano
2011/2012, per elezione del Presidente 2014-2015 e del
Consiglio Direttivo 2013-2014.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Angelo Aru, Ettore Atzori, Efisio Baire,
Michele Bajorek, Ginevra Balletto, Maurizio Boaretto, Antonio Cabras, Giovanni Cascìu, Giuseppe Cascìu, Angelo Cherchi, Guido Chessa Miglior, Paolo Ciani, Giuseppe Cocco, Alberto
Cocco Ortu, Rafaele Corona, Silvano Costa, Angelo Deplano,
Alfonso Dessì, Marinella Ferrai Cocco Ortu, Salvatore Ferro,
Mario Figus, Giuseppe Fois, Salvatore Fozzi, Giuliano Frau,
Gaetano Giua Marassi, Riccardo Lasic, Antonio Lenza, Caterina Lilliu, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Michele Marini, Giuseppe Masnata, Pasquale Mistretta, Margherita Mugoni
Contini, Maria Luigia Muroni, Roberto Nati, Giovanni Olla, Cecilia Onnis, Lucia Pagella, Alessandro Palmieri, Enzo Pinna, Michele Pintus, Giampaolo Piras, Luigi Puddu, Giampaolo Ritossa,
Michele Rossetti, Giovanni Sanjust di Teulada, Giorgio Sanna,
Antonio Scrugli, Pier Francesco Staffa.
13 DICEMBRE 2012
Presiede: MAURO MANUNZA
VISITA DEL GOVERNATORE SILVIO PICCIONI
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Ettore Atzori, Michele Bajorek, Ginevra
Balletto, Francesco Birocchi, Maurizio Boaretto, Antonio Cabras, Christian Cadeddu, Carlo Carcassi, Ugo Carcassi, Angelo Cherchi, Guido Chessa Miglior, Paolo Ciani, Alberto Cocco
Ortu, Angelo Deplano, Alfonso Dessì, Marinella Ferrai Cocco
Ortu, Salvatore Ferro, Mario Figus, Giuseppe Fois, Salvatore
Fozzi, Gaetano Giua Marassi, Giorgio La Nasa, Riccardo Lasic, Caterina Lilliu, Andrea Lixi, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Giuseppe Masnata, Pasquale Mistretta, Margherita Mugoni Contini, Maria Luigia Muroni, Cecilia Onnis, Lucia Pagella,
Alessandro Palmieri, Michele Pintus, Luigi Puddu, Marco Rodrigues, Michele Rossetti, Giovanni Sanjust di Teulada.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu, Marina Birocchi, Elia Maria Cabras, Antonella Cherchi, Paola Dessì, Pietrina Ferro, Franca Fozzi, Paola Lasic, Mariangela Manunza.
Sono presenti in aula i coniugi: di Cecilia Onnis: l’ing.
Giacomo Damele.
Ospiti dei soci: di Cecilia Onnis: dott. ssa Francesca Cozzoli.
Ospiti del Club: la consorte del Governatore signora Pina;
il Segretario Distrettuale per la Sardegna Giacomo Oppia; il
Past Governor Luciano Di Martino con la consorte signora Gemma; l’Assistente del Governatore Rita Dedola con il consorte
avv. Alberto Cocco Ortu; il Presidente del Rotaract Francesca
Fiorilla; il Prefetto del Rotaract Antonello Fiori; il Consigliere
del Rotaract Paola Carcassi; il Consigliere del Rotaract Nicola Cossu; il Socio del Rotaract Davide Rossetti.
20 DICEMBRE 2012
Presiede: MAURO MANUNZA
CENA DEGLI AUGURI.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Ettore Atzori, Michele Bajorek, Berto Balduzzi, Ginevra Balletto, Giovanni Barrocu, Francesco Birocchi,
Maurizio Boaretto, Antonio Cabras, Christian Cadeddu, Marcello Caletti, Carlo Carcassi, Ugo Carcassi, Giovanni Cascìu, Angelo Cherchi, Guido Chessa Miglior, Paolo Ciani, Vincenzo Cincotta, Rafaele Corona, Piergiorgio Corrias, Silvano Costa, Lino
Cudoni, Gianfranco De Gesu, Angelo Deplano, Alfonso Dessì,
Paola Dessì, Marinella Ferrai Cocco Ortu, Salvatore Ferro, Mario Figus, Giuseppe Fois, Salvatore Fozzi, Paola Giuntelli Pietrangeli, Gaetano Giua Marassi, Riccardo Lasic, Antonio Lenza, Luigi Lepori, Andrea Lixi, Marcello Marchi, Giuseppe Masnata, Guido Maxia, Pasquale Mistretta, Margherita Mugoni
Contini, Maria Luigia Muroni, Roberto Nati, Giovanni Olla, Cecilia Onnis, Lucia Pagella, Alessandro Palmieri, Giampaolo Piras, Paolo Ritossa, Mauro Rosella, Michele Rossetti, Andrea
Rusconi, Giovanni Sanjust di Teulada.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu, M. Grazia Atzori, Mariuccia Balduzzi, Marina Birocchi, Elia Maria Cabras, Laura Cadeddu, M. Gabriella Caletti, Mirella Campus, M.
Vittoria Carcassi, Haydee Cascìu, Antonella Cherchi, M. Rosaria
Corona, Maria Corrias, Germana Cudoni, Paola Dessì, Pietrina Ferro, Antonella Figus, Franca Fozzi, Luisanna Giua Marassi, Paola Lasic, M. Rosaria Lenza, Ginetta Lepori, Lia Lixi,
Mariangela Manunza, Tiziana Masnata, Gabriella Olla, Patrizia
Palmieri, Loredana Piras, Giuseppina Ritossa, M. Grazia Rosella, Maura Rossetti, M. Rosaria Rusconi, Elisabetta Sanjust
di Teulada.
Sono presenti in aula i coniugi: di Ginevra Balletto:
Ospiti dei soci: di Marcello Caletti: il dott. Giovanni Caria
con la consorte prof. ssa Iole; di Piergiorgio Corrias: il dott.
Francesco Sette, Presidente del Tribunale di Cagliari, con la
consorte signora Anna Maria Garau; di Paola Dessì: il dott. Antonio Satta; di Salvatore Ferro: il figlio Enrico Presidente del
Rotaract Club dell’Università Yale negli Stati Uniti; di Luigi Lepori: ing. Emanuele Corona con la consorte signora Ginetta;
di Giovanni Sanjust di Teulada; la figlia Luisa, Past President
2009/2010 del RC Roma Colosseo e la cognata signora Anna
Maria Pascarella.
Ospiti del Club: dott. Francesco Danero, Rappresentante
Distretto Rotaract 2080 e Past President del Rotaract Club Quartu Sant’Elena Margine Rosso; ing. Luca Baltolu, Presidente del
Rotaract Club Quartu Sant’Elena Margina Rosso; Francesca Fiorilla, Presidente del Rotaract Club Cagliari; Sara Pintus, Segretario
del Rotaract Club Cagliari; Alessandro Coa, Presidente Commissione Azione Professionale del Rotaract Club Cagliari; Bruno Gaspardini, Consigliere del Rotaract Club Cagliari.
10 GENNAIO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
LA RIUNIONE DEL CLUB È STATA INCENTRATA SULLA
VISITA DELL’ARCIVESCOVO DI CAGLIARI, MONS. ARRIGO
MIGLIO.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Michele Bajorek, Francesco Birocchi, Maurizio Boaretto, Antonio Cabras, Giovanni Maria Campus, Carlo Carcassi, Giuseppe Cascìu, Enzo Castagna, Angelo Cherchi,
Guido Chessa Miglior, Rafaele Corona, Piergiorgio Corrias, Angelo Deplano, Giuseppe Fois, Salvatore Fozzi, Alessio Grazietti,
Giorgio La Nasa, Alberto Lai, Riccardo Lasic, Andrea Lixi, Mauro Manunza, Pasquale Mistretta; Maria Luigia Muroni, Giampaolo Piras, Luigi Puddu, Mauro Rosella, Michele Rossetti, Giovanni Sanjust di Teulada.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu, Elia
Maria Cabras, Luisella Castagna, Antonella Cherchi, Maria Rosaria Corona, Maria Corrias, Paola Deplano, Lina Fois, Lia Lixi,
Loredana Piras, Maria Grazia Rosella, Elisabetta Sanjust.
17 GENNAIO 2012
Presiede: MAURO MANUNZA
ASSEMBLEA di metà anno dei soci del Club, nel corso della quale il Presidente del Club e i Presidenti delle Commissioni o i Coordinatori faranno il punto sull’attività del
Club e sullo stato dei diversi progetti.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Angelo Aru, Michele Bajorek, Giovanni
Barrocu, Francesco Birocchi Giuseppe Cascìu, Guido Chessa Mi-
glior, Rafaele Corona, Alfonso Dessì, Paola Dessì, Salvatore
Ferro, Alberto Lai, Riccardo Lasic, Antonio Lenza, Caterina Lilliu, Salvatore Lostia, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Giuseppe Masnata, Margherita Mugoni Contini, Maria Luigia Muroni, Cecilia Onnis, Lucia Pagella, Alessandro Palmieri, Enzo
Pinna, Luigi Puddu, Giampaolo Ritossa, Michele Rossetti, Giovanni Sanjust di Teulada, Pier Francesco Staffa.
24 GENNAIO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
La riunione del Club è dedicata allo scambio-giovani: Franco Staffa presenterà i cinque ospiti stranieri e ciascuno di
essi dirà qualcosa di sé, poi il giovane Edoardo Lanza terrà una conversazione-testimonianza sulla propria esperienza.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Angelo Aru, Michele Bajorek, Ginevra
Balletto, Giovanni Barrocu, Antonio Cabras, Carlo Carcassi, Ugo
Carcassi, Angelo Cherchi, Paolo Ciani, Costa Silvano, Gianfranco
De Gesu, Alfonso Dessì, Paola Dessì, Marinella Ferrai Cocco
Ortu, Salvatore Ferro, Mario Figus, Giuseppe Fois, Salvatore
Fozzi, Alberto Lai, Riccardo Lasic, Antonio Lenza, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Giuseppe Masnata, Margherita Mugoni Contini, Maria Luigia Muroni, Cecilia Onnis, Larry Pagella,
Enzo Pinna, Giampaolo Piras, Luigi Puddu,Gian Paolo Ritossa, Michele Rossetti, Giovanni Sanjust di Teulada, Franco Staffa, Giulia Vacca Cau.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu, Elia
Maria Cabras, M. Rosaria Lenza.
Sono ospiti del Club: i ragazzi dello scambio giovani, protagonisti di questo incontro: Juliana Rodrigues Correa Leite,
Brasile; Caleb John Renshaw, Idaho (USA); Keren Ann Bakke, Colorado (USA); Julie Boudreau, Canada; Digviajay Atul
Dieshmukh, India; Edoardo Lenza.
Sono ospiti dei soci: di Antonio Lenza la nipote, signora
Roberta Lenza (madre di Edoardo Lenza) e la signora Anna
Maria Lenza; di Silvano Costa: il sig. Gino Caproni.
31 GENNAIO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Relatori: il nostro socio, prof. UGO CARCASSI.
I COMMANDOS INGLESI IN SARDEGNA NEL 1943.
L’OPERAZIONE SWAM.
Sono presenti
i soci: Ginevra Balletto, Giovanni Barrocu, Francesco Birocchi, Antonio Cabras, Marcello Caletti, Ugo Carcassi, Angelo Cherchi, Rafaele Corona, Gianfranco De Gesu, Angelo Deplano, Alfonso Dessì, Paola Dessì, Marinella Ferrai Cocco Ortu, Salvatore
Ferro, Mario Figus, Ulisse Figus, Giuseppe Fois, Salvatore Fozzi, Alessio Grazietti, Giorgio la Nasa, Alberto Lai, Riccardo Lasic, Antonio Lenza, Caterina Lilliu, Andrea Lixi, Mauro Manunza,
Marcello Marchi, Giuseppe Masnata, Pasquale Mistretta, Margherita Mugoni Contini, Maria Luigia Muroni, Cecilia Onnis,
Larry Pagella, Alessandro Palmieri, Giampaolo Piras, Luigi Puddu, Gian Paolo Ritossa, Michele Rossetti, Giovanni Sanjust di
Teulada, Franco Staffa.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Rosaria Corona,
Paola Dessì, Elisabetta La Nasa, Maria Rosaria Lenza, Lia Lixi.
Sono ospiti dei soci: di Ugo Carcassi: la sig.ra Tiziana Pusceddu e la dott.ssa Flavia Corda, giornalista della RAI; di Giorgio La Nasa: il dott. Pietro Loriga, primario della Gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell’ospedale “SS. Trinità”,
con la consorte, dott.ssa Susanna Cacciarru.
7 FEBBRAIO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Relatore: don ETTORE CANNAVERA
UNA TESTIMONIANZA DI CARITÀ:
COMUNITÀ “LA COLLINA”.
Sono presenti
giugno 2013 —
i soci: Lucio Artizzu, Angelo Aru, Ettore Atzori, Michele Bajorek, Ginevra Balletto, Giovanni Barrocu, Francesco Birocchi,
Giovanni Campus, Ugo Carcassi, Giuseppe Cascìu, Angelo Cherchi, Guido Chessa Miglior, Paolo Ciani, Alberto Cocco Ortu, Rafaele Corona, Gianfranco De Gesu, Salvatore Ferro, Salvatore Fozzi, Alberto Lai, Riccardo Lasic, Caterina Lilliu, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Giuseppe Masnata, Pasquale Mistretta,
Margherita Mugoni Contini, Maria Luigia Muroni, Roberto Nati,
Cecilia Onnis, Larry Pagella, Enzo Pinna, Luigi Puddu, Gian Paolo Ritossa, Mauro Rosella, Michele Rossetti, Andrea Rusconi,
Giovanni Sanjust di Teulada.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu, Mirella Campus, Rita Cocco Ortu, M. Rosaria Corona, M. Grazia
Rosella.
Sono ospiti dei soci: di Ugo Carcassi: la sig.ra Tiziana Pusceddu e la dott.ssa Flavia Corda, giornalista della RAI; di Giorgio La Nasa: il dott. Pietro Loriga, primario della Gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell’ospedale “SS. Trinità”,
con la consorte, dott.ssa Susanna Cacciarru.
Sono ospiti del Club: Mario, giovane ospite della comunità “La Collina”.
14 FEBBRAIO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Relatore: il dott. MAURIZIO CORONA
CAGLIARI, CARLO V E LA CROCIATA CONTRO TUNISI DEL
1535.
Sono presenti
i soci: Angelo Aru, Michele Bajorek, Ginevra Balletto, Giovanni
Barrocu, Ercole Bartoli, Francesco Birocchi, Maurizio Boaretto, Ninni Cabras, Marcello Caletti, Giovanni Campus, Carlo Carcassi, Ugo Carcassi, Giovanni Cascìu, Giuseppe Cascìu, Angelo
Cherchi, Guido Chessa Miglior, Alberto Cocco Ortu, Rafaele Corona, Dessì Alfonso, Dessì Paola, Marinella Ferrai Cocco Ortu,
Salvatore Ferro, Mario Figus, Giuseppe Fois, Riccardo Lasic,
Luigi Lepori, Caterina Lilliu, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Pasquale Mistretta, Maria Luigia Muroni, Cecilia Onnis,
Larry Pagella, Alessandro Palmieri, Luigi Puddu, Gian Paolo
Ritossa, Mauro Rosella, Michele Rossetti, Giovanni Sanjust di
Teulada, Pier Francesco Staffa.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Gabriella Caletti, Rita Cocco Ortu, M. Rosaria Corona, Paola Dessì, Lina
Fois, Ginetta Lepori, Giuseppina Ritossa, M. Grazia Rosella.
Sono ospiti dei soci: di Rafaele Corona: i nipoti, Alessandro
e Carlo Corona e Giuseppina Salone; di Marinella Ferrai Cocco Ortu: il figlio, avv. Francesco Cocco Ortu.
Sono ospiti del Club: l’avv. Gabriella Massascci.
21 FEBBRAIO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Relatore: la prof.ssa MARIA ROSA CARDIA
STRATEGIE MEDITERRANEE E PIANI DI CONQUISTA
DEGLI ALLEATI 1940-43.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Angelo Aru, Ettore Atzori, Michele Bajorek, Ginevra Balletto, Giovanni Barrocu, Ercole Bartoli, Ninni Cabras, Marcello Caletti, Carlo Carcassi, Ugo Carcassi, Guido Chessa Miglior, Paolo Ciani, Alberto Cocco Ortu, Rafaele
Corona, Piergiorgio Corrias, Gianfranco De Gesu, Angelo Deplano, Marinella Ferrai Cocco Ortu, Salvatore Ferro, Salvatore
Fozzi, Alessio Grazietti, Alberto Lai, Riccardo Lasic, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Pasquale Mistretta, Maria Luigia Muroni, Cecilia Onnis, Larry Pagella, Enzo Pinna, Giampaolo Piras, Luigi Puddu, Gian Paolo Ritossa, Marco Rodrigues, Mauro Rosella, Michele Rossetti, Andrea Rusconi, Giovanni Sanjust di Teulada.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu, Elia
Maria Cabras Rita Cocco Ortu, M. Rosaria Corona, Maria Corrias, Paola Deplano, M. Grazia Rosella.
Sono ospiti dei soci: di Paolo Ciani: l’ing. Ubaldo Casti
Rotary Club Cagliari
con la consorte sig.ra Clara Tola; di Alberto Cocco Ortu: il figlio Emanuele; di Piergiorgio Corrias: la prof.ssa Anita Garribaldi Jallet; di Mario Figus: il figlio Stefano e il dott. Ivan Scarpa; di Riccardo Lasic: la mamma Paola Caniato Lasic; di Marcello Marchi: le figlie e i generi: Cecilia con Maurizio Oviglia;
Claudia con Stefano Olla; la sorella Cecilia ed il fratello Andrea,
con la consorte sig.ra Nuccia Tagliamonte; di Michele Rossetti:
il figlio Alessandro; di Mauro Manunza: il dott. Carlo Figari,
vicedirettore de “L’Unione Sarda”.
28 FEBBRAIO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Una riunione interclub dei Rotary Club di Cagliari e Quartu S.E. per commemorare il 70° anniversario dei bombardamenti che, nel febbraio 1943 distrussero Cagliari.
Sono presenti le Autorità civili e militari: Massimo
Zedda, sindaco di Cagliari; il dott. Alessio Giuffrida, Prefetto
di Cagliari; la dott.ssa Angela Quaquero, Presidente facente
funzioni della Provincia di Cagliari, e rotariana di Cagliari Nord,
con il consorte sig. Antonello; il dott. Ettore Angioni, Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di
Cagliari, con la consorte dott.ssa Eliana Giua; il Rettore dell’Università degli Studi di Cagliari, prof. Giovanni Melis; l’avvocato distrettuale dello Stato, avv. Giovanni Caocci, rotariano di Cagliari Nord; il Generale di Corpo d’Armata Claudio Tozzi, Comandante del Comando Militare Autonomo della Sardegna, e rotariano del R.C. Cagliari Est, con la consorte signora
Francesca Filippone; il dott. Francesco Sette, Presidente del
Tribunale di Cagliari, con la consorte signora Anna Maria Garau; il dott. Gilberto Ganassi, sostituto procuratore, in rappresentanza del Procuratore della Repubblica; l’Ammiraglio di
divisione Eduardo Serra, comandante del Comando Militare
Marittimo Autonomo della Sardegna; il dott. Massimo Bontempi, Questore di Cagliari; il Generale Luigi Robusto, Comandante della Legione Carabinieri Sardegna, con la consorte
professoressa Gigliola Astolfo; il Generale Umberto Di Nuzzo,
Comandante regionale della Guardia di Finanza; il Colonnello Davide Angrisani, Comandante provinciale dei Carabinieri
di Cagliari, con la consorte signora Licia Moreali; il Colonnello Nicola De Benedectis, Comandante del Nucleo di Polizia Tributaria di Cagliari; il Colonnello Pilota Fabio Sardone, Comandante dell’Aeroporto Militare di Decimomannu;il Tenente Colonello Michele Tavaglione, Aiutante di Campo del generale
Tozzi; il 1°Maresciallo Mario Secci, Segretario Particolare del
generale Tozzi.
Sono presenti: il Presidente del Lions Club Cagliari Host,
dott. Antioco Angius; il Presidente del Lions Club Cagliari Castello, sig. Angelo Vanini; il Presidente del Lions Club Cagliari Karel, dott. Massimo Mannella; il Presidente del Lions Club
Cagliari Monte Urpinu, dott.ssa Silvana D’Atri; il Presidente del
Lions Club Quartu S. Elena, avv. Salvatore Perra, con la signora
Maria Luisa; gli assistenti del Governatore distrettuale, l’avv.
Rita Dedola, l’avv. Italo Doglio ed il dott. Gabriele Andria; la
Presidente dell’Inner Wheel Cagliari, dott.ssa Gabriella Collu,
con il consorte on. Antonio Pitea; la Presidente dell’Inner Wheel Cagliari Sud, Rossana Marcialis Boi; la Presidente dell’Inner Wheel Quartu S.E., Carla Tocco Faggioli; la Presidente del
Rotaract Cagliari, Francesca Fiorilla, il Presidente Incoming,
dott. Antonello Fiori, i segretari Marco Floris e Sara Pintus, i
consiglieri dott.ssa Paola Carcassi e Nicola Cossu, i soci dott.
Alessandro Coa e Davide Rossetti, l’aspirante socio Alessandro Cocco, il Presidente del Rotaract Golfo degli Angeli Nicola Scano e l’incoming Simone Dessì, il Referente nazionale
dell’Interact, Marcello Andria; il Presidente dell’Interact Sella del Diavolo, Alberto Andria e l’Incoming Giovanni Cocco Ortu.
Rotariani in visita: ing. arch. Roberto Dell’Acqua Bellavitis.
Sono presenti i soci: Lucio Artizzu, Angelo Aru, Ettore Atzori, Michele Bajorek, Ginevra Balletto, Giovanni Barrocu, Francesco Birocchi, Maurizio Boaretto, Ninni Cabras, Giovanni Cam-
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pus, Ugo Carcassi, Carlo Carcassi, Angelo Cherchi, Guido Chessa Miglior, Paolo Ciani, Alberto Cocco Ortu, Rafaele Corona,
Piergiorgio Corrias, Silvano Costa, Alfonso Dessì, Paola Dessì, Marinella Ferrai Cocco Ortu, Salvatore Ferro, Mario Figus,
Giuseppe Fois, Salvatore Fozzi, Alessio Grazietti, Vittorio Giua
Marassi, Giorgio La Nasa, Alberto Lai, Maria Pia Lai Guaita,
Riccardo Lasic, Antonio Lenza, Luigi Lepori, Caterina Lilliu, Andrea Lixi, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Giuseppe Masnata,
Pasquale Mistretta, Margherita Mugoni Contioni, Maria Luigia Muroni, Roberto Nati, Stefano Odini Carboni, Cecilia Onnis, Larry Pagella, Alassandro Palmieri, Paola Piras, Luigi Puddu, Gian Paolo Ritossa, Mauro Rosella, Michele Rossetti, Andrea Rusconi, Giovanni Sanjust di Teulada, Giorgio Sanna, Antonio Scrugli, Franco Staffa.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu, Marina Birocchi, Elia Maria Cabras, M. Vittoria Carcassi, Antonella
Cherchi, M. Pia Ciani, M. Rosaria Corona, Maria Corrias, Paola Dessì, Antonella Figus, Paola Lasic, M. Rosaria Lenza, Ginetta Lepori, Lia Lixi, Mariangela Manunza, Mariella Mistretta,
Giuseppina Ritossa, M. Grazia Rosella, Maura Rossetti, Elisabetta
Sanjust di Teulada, Julie Boudreau, Canada; Digviajay Atul Dieshmukh, India.
Sono ospiti dei soci: di Piergiorgio Corrias: la prof.ssa Anita Garibaldi Jallet; di Marcello Marchi: le figlie e i generi, Cecilia con Maurizio Oviglia; Claudia con Stefano Olla, il fratello Andrea con la consorte sig.ra Nuccia Tagliamonte.
7 MARZO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Relatore: padre SALVATORE MORITTU
LA REALIZZAZIONE DELLE COMUNITÀ RIABILITATIVE DI
CAGLIARI E SASSARI.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Angelo Aru Michele Bajorek, Giovanni
Barrocu, Francesco Birocchi, Ninni Cabras, Marcello Caletti, Giovanni Campus, Ugo Carcassi, Giuseppe Cascìu, Angelo Cherchi, Guido Chessa Miglior, Rafaele Corona, Piergiorgio Corrias,
Marinella Ferrai Cocco Ortu, Salvatore Ferro, Salvatore Fozzi, Gaetano Giua Marassi, Vittorio Giua Marassi, Alberto Lai,
Maria Pia Lai Guaita, Riccardo Lasic, Caterina Lilliu, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Maria Luigia Muroni, Cecilia Onnis,
Larry Pagella, Enzo Pinna, Giampaolo Piras, Luigi Puddu, Gian
Paolo Ritossa, Michele Rossetti, Andrea Rusconi, Giovanni Sanjust di Teulada, Giorgio Sanna.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu, M. Rosaria Corona, Maria Corrias.
14 MARZO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Relatore: prof. GIUSEPPE DONEDDU
DISTURBI IN ETÀ EVOLUTIVA.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Angelo Aru, Michele Bajorek, Giovanni
Barrocu, Ninni Cabras, Carlo Carcassi, Angelo Cherchi, Gianfranco De Gesu, Angelo Deplano, Salvatore Ferro, Mario Figus, Giorgio La Nasa, Alberto Lai, Riccardo Lasic, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Giuseppe Masnata, Maria Luigia Muroni, Cecilia Onnis, Larry Pagella, Alassandro Palmieri, Luigi
Puddu, Michele Rossetti, Giovani Sanjust di Teulada.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu, M. Vittoria Carcassi, Elisabetta Sanjust di Teulada.
21 MARZO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Relatore: prof. GIOVANNI UGAS
LA FIGURA DELL’ARCHEOLOGO, ACCADEMICO DEI
LINCEI, GIOVANNI LILLIU.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Angelo Aru, Michele Bajorek, Ginevra
Balletto, Giovanni Barrocu, Francesco Birocchi, Maurizio
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Rotary Club Cagliari — giugno 2013
Boaretto, Ninni Cabras, Ugo Carcassi, Carlo Carcassi, Giovanni
Cascìu, Giuseppe Cascìu, Angelo Cherchi, Guido Chessa Miglior,
Rafaele Corona, Gianfranco De Gesu, Angelo Deplano, Marinella Ferrai Cocco Ortu, Mario Figus, Giuseppe Fois, Riccardo
Lasic, Caterina Lilliu, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Pasquale Mistretta, Margherita Mugoni Contini, Maria Luigia Muroni, Cecilia Onnis, Larry Pagella, Enzo Pinna, Luigi Puddu, Gian
Paolo Ritossa, Michele Rossetti, Giovanni Sanjust di Teulada,
Giorgio Sanna.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu.
Sono ospiti dei soci: di Caterina Lilliu: la sorella Cecilia;
di Margherita Mugoni Contini: la dott.ssa Luisella Biggio.
glior, Paolo Ciani, Alberto Cocco Ortu, Rafaele Corona, Piergiorgio Corrias, Marinella Ferrai Cocco Ortu, Giuseppe Fois, Salvatore Fozzi, Alessio Grazietti, Gaetano Giua Marassi, Maria
Pia Lai Guaita, Riccardo Lasic, Antonio Lenza, Caterina Lilliu,
Mauro Manunza, Marcello Marchi, Pasquale Mistretta, Margherita Mugoni Contini, Roberto Nati, Enzo Pinna, Giampaolo Piras, Luigi Puddu, Gian Paolo Ritossa, Mauro Rosella, Michele Rossetti, Giovanni Sanjust di Teulada, Giorgio Sanna.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu, Elia
Maria Cabras, Maria Gabriella Caletti, Rita Dedola, Maria Rosaria Corona, Maria Corrias, Maria Rosaria Lenza, Mariella Mistretta, Giovanna Passamonti, Maria Grazia Rosella.
6 APRILE 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Relatore: prof. ANGELO ARU, ing. MARIO FIGUS, prof. GIOVANNI BARROCU, prof.ssa GINEVRA BALLETTO.
Sono presenti
i soci: Angelo Aru, Ettore Atzori, Michele Bajorek, Ginevra Balletto, Giovanni Barrocu, Francesco Birocchi, Maurizio Boaretto,
Ninni Cabras, Giovanni Campus, Angelo Cherchi, Alberto Cocco Ortu, Rafaele Corona, Silvano Costa, Angelo Deplano, Marinella Ferrai Cocco Ortu, Salvatore Ferro, Mario Figus, Giuseppe Fois, Salvatore Fozzi, Giuliano Frau, Riccardo Lasic, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Pasquale Mistretta, Margherita Mugoni Contini, Maria Luigia Muroni, Larry Pagella, Giampaolo Piras, Luigi Puddu, Michele Rossetti, Pinuccio Sciola, Antonio Scrugli.
Sono presenti in sala le Signore: Elia Maria Cabras,
M. Rosaria Corona, Paola Lasic, Emilia Cimino.
Sono ospiti del Club: Il Presidente della Provincia di Carbonia Iglesias on. Tore Cherchi; Giacomo Oppia, segretario Sardegna Distretto RI 2080 con la consorte sig.ra Anna, Claudio
Spalvieri RC Roma Sud-Est, Gabriele Andria RC Cagliari Nord,
Aldo Barletta RC Cagliari Sud, Emanuele Corona RC Cagliari
Sud, Bruno Pin RC Cagliari Est, Sandro Branca RC Cagliari Anfiteatro con la consorte sig.ra Gabriella, Rita Dedola RC Cagliari
Anfiteatro, Roberto Montorzi RC Carbonia, Roberto Monticelli
RC Carbonia.
2 MAGGIO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Relatore: dott. MARINO ARGIOLAS
ASPETTI SOCIALI ED ORGANIZZATIVI DELLA
DONAZIONE DI CELLULLE STAMINALI DA SANGUE
CORDONALE.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Angelo Aru, Efisio Baire, Michele Bajorek, Giovanni Barrocu, Francesco Birocchi, Ninni Cabras, Angelo Cherchi, Rafaele Corona, Silvano Costa, Alfonso Dessì,
Salvatore Ferro, Mario Figus, Salvatore Fozzi, Maria Pia Lai
Guaita, Riccardo Lasic, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Giuseppe Masnata, Pasquale Mistretta, Margherita Mugoni
Contini, Cecilia Onnis, Larry Pagella, Alassandro Palmieri, Luigi Puddu, Gian Paolo Ritossa, Michele Rossetti, Giovanni Sanjust di Teulada, Giorgio Sanna.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu.
Sono ospiti del Club: Il Presidente del Rotaract Francesca Fiorilla, il Presidente incoming del Rotaract Antonello Fiori, il socio del Rotaract Davide Rossetti, Nafset Chenib, la soprano russa.
11 APRILE 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Relatore: prof.ssa MIRIAM QUAQUERO
IL PATROTA VERDI.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Angelo Aru, Michele Bajorek, Ginevra
Balletto, Francesco Birocchi, Carlo Carcassi, Giuseppe Cascìu,
Angelo Cherchi, Guido Chessa Miglior, Paolo Ciani, Rafaele Corona, Piergiorgio Corrias, Silvano Costa, Alfonso Dessì, Marinella Ferrai Cocco Ortu, Salvatore Ferro, Giuseppe Fois, Salvatore Fozzi, Alessio Grazietti, Giorgio La Nasa, Alberto Lai,
Maria Pia Lai Guaita, Riccardo Lasic, Antonio Lenza, Caterina
Lilliu, Andrea Lixi, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Giuseppe
Masnata, Pasquale Mistretta, Margherita Mugoni Contini, Maria Luigia Muroni, Cecilia Onnis, Larry Pagella, Alassandro Palmieri, Giampaolo Piras, Luigi Puddu, Michele Rossetti, Giovanni
Sanjust di Teulada, Giorgio Sanna, Franco Staffa.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu, M. Vittoria Carcassi, Maria Corrias, Lina Fois, Lia Lixi.
Sono ospiti dei Club: Lorena Crini RC Barcellona con il coniuge sig. Marco.
18 APRILE 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Relatore: don CLAUDIO MASSIMILIANO PAPA
LA CARITÀ INTELLETTUALE.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Angelo Aru, Michele Bajorek, Giovanni
Barrocu, Francesco Birocchi, Ninni Cabras, Marcello Caletti, Carla Carcassi, Ugo Carcassi, Angelo Cherchi, Guido Chessa Mi-
9 MAGGIO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
La riunione del Club è stata sostituita dalla partecipazione allo straordinario concerto di giovanissimi talenti russi e italiani MUSIKARALIS 2013, organizzato dal nostro
Club, in collaborazione con il Rotary Club Mosca Pokrovka
e con l’A.S.B.I. Sardegna Onlus.
I fondi raccolti sono stati destinati alla campagna di prevenzione contro le malformazioni congenite.
Sono presenti
i soci: Efisio Baire, Michele Bajorek, Berto Balduzzi, Govanni
Barrocu, Ercole Bartoli, Francesco Birocchi, Ninni Cabras, Christian Cadeddu, Giovanni Cascìu, Ezio Castagna, Guido Chessa Miglior, Paolo Ciani, Vincenzo Cincotta, Alberto Cocco Ortu,
Rafaele Corona, Alfonso Dessì, Marinella Ferrai Cocco Ortu,
Salvatore Ferro, Mario Figus, Giuseppe Fois, Alessio Grazietti, Gaetano Giua Marassi, Riccardo Lasic, Antonio Lenza, Andrea Lixi, Salvatore Lostia di S. Sofia, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Giuseppe Masnata, Margherita Mugoni Contini,
Roberto Nati, Larry Pagella, Alessandro Palmieri, Enzo Pinna,
Luigi Puddu, Paolo Ritossa, Michele Rossetti, Giovanni Sanjust di Teulada, Antonio Scrugli.
Sono presenti in sala le Signore: Franca Cincotta, Rita
Cocco Ortu, M. Rosaria Corona, Paola Dessì, Antonella Figus,Lina
Fois, Rossana Grazietti, Luisanna Giua Marassi, M. Rosaria Lenza, Lia Lixi, Barbara Pinna, Giuseppina Ritossa, Silvana Scrugli.
Sono ospiti del Club: I Rotariani del Rotary Club MoscaPokrovka: Aymonche Ogyust, Firsya Belyaeva, Albert Belyaev, Fournier-Sicre Alaine,Raikhana Dairbekova, Elena Novosad,
Ekaterina Novosad, Sergey Borovkov; La soprano Nafset Chenib, la violista Anna Serova con la pianista Jenny Borgatti; i
giovanissimi artisti russi: la pianista Alexandra Adelgeym con
la madre Irina Adelgeym, il violinista Alexey Stychkin con il
padre Evgeny.
16 MAGGIO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Relatore: MASSIMILIANO MEDDA
CAGLIARI E IL QUARTIERE MARINA.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Angelo Aru, Ettore Atzori, Michele Bajorek, Ginevra Balletto, Giovanni Barrocu, Maurizio Boaretto,
Christian Cadeddu, Marcello Caletti, Giuseppe Cascìu, Angelo Cherchi, Guido Chessa Miglior, Vincenzo Cincotta, Rafaele
Corona, Silvano Costa, Alfonso Dessì, Angelo Deplano, Marinella Ferrai Cocco Ortu, Salvatore Ferro, Mario Figus, Giuseppe
Fois, Giorgio La Nasa, Alberto Lai, Maria Pia Lai Guaita, Riccardo Lasic, Caterina Lilliu, Andrea Lixi, Salvatore Lostia di S.
Sofia, Mauro Manunza, Marcello Marchi, Giuseppe Masnata,
Pasquale Mistretta, Giovanni Olla, Cecilia Onnis, Larry Pagella,
Alassandro Palmieri, Giampaolo Piras, Luigi Puddu, Gian Paolo Ritossa, Mauro Rosella, Michele Rossetti.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu, M. Gabriella Caletti, Antonella Cherchi, Franca Cincotta, M. Rosaria
Corona, Paola Dessì, Paola Lasic, Lia Lixi, M. Teresa Lostia di
S. Sofia, Tiziana Masnata, Mariella Mistretta, M. Grazia Rosella.
Sono ospiti dei soci: di Caterina Lilliu: la dott.ssa Maria
Paola Nuvoli; di Mario Figus: il dott. Ivan Scarpa.
23 MAGGIO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Relatore: prof.ssa. MARIA DEL ZOMPO
L’ATTITUDINE ALLA GENEROSITÀ.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Angelo Aru, Michele Bajorek, Ginevra
Balletto, Giovanni Barrocu, Ercole Bartoli, Ugo Carcassi, Giuseppe Cascìu, Angelo Cherchi, Rafaele Corona, Silvano Costa,
Gianfranco De Gesu, Marinella Ferrai Cocco Ortu, Salvatore
Ferro, Salvatore Fozzi, Alessio Grazietti, Gaetano Giua Marassi,
Alberto Lai, Andrea Lixi, Mauro Manunza, Marcello Marchi,
Pasquale Mistretta, Maria Luigia Muroni, Cecilia Onnis, Enzo
Pinna, Luigi Puddu, Mauro Rosella, Michele Rossetti, Giovanni
Sanjust di Teulada.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu, Mariangela Manunza, Mariella Mistretta, M.Grazia Rosella.
30 MAGGIO 2013
Presiede: MAURO MANUNZA
Relatore: prof. MARCO EDOARDO MINOJA
STRATEGIA E PANORAMICA DELL’ARCHEOLOGIA IN
SARDEGNA.
Sono presenti
i soci: Lucio Artizzu, Michele Bajorek, Giovanni Barrocu, Ninni Cabras, Giovanni Campus, Angelo Cherchi, Guido Chessa
Miglior, Paolo Ciani, Francesca Cozzoli, Marinella Ferrai Cocco Ortu, Salvatore Ferro, Giuseppe Fois, Alessio Grazietti, Alberto Lai, M. Pia Lai Guaita, Antonio Lenza, Andrea Lixi, Mauro Manunza, Margherita Mugoni Contini, M. Luigia Muroni,
Cecilia Onnis, Larry Pagella, Giampaolo Piras, Luigi Puddu, Paolo Ritossa, Michele Rossetti.
Sono presenti in sala le Signore: Maria Artizzu, Antonella Cherchi, M. Rosaria Lenza, Lia Lixi.
Sono ospiti dei soci: di Andrea Lixi: Don Massimo Noli.
Sono presenti i Rotariani in visita: prof.ssa Anne Ulrich RC Karlsruche-Baden.
Sono presenti i Rotaractiani: Francesca Fiorilla, Bruno
Gaspardini, Nicola Cossu.
Sono ospiti del Club: dott. Davide Tocco, dott. Luigi Cozzoli, dott.ssa Anna Pirastu, dott.ssa Gianfranca Salis.
ROTARY INTERNATIONAL – DISTRETTO 2080 ITALIA
ROTARY CLUB CAGLIARI
ORGANIGRAMMA DEL CLUB
Anno Rotariano 2013 / 2014
Presidente
Francesco BIROCCHI
E-mail: [email protected]
Presidente
uscente
Mauro MANUNZA
E-mail: [email protected]
Presidente
eletto
Mario FIGUS
E-mail: [email protected]
Vice Presidente
Maria Luigia MURONI E-mail: [email protected]
Segretario
Riccardo LASIC
E-mail: [email protected]
Tesoriere
Salvatore FERRO
E-mail: [email protected]
Prefetto
Lucia PAGELLA
E-mail: [email protected]
Consiglieri
Michele BAJOREK
E-mail: [email protected]
Maria Pia LAI GUAITA E-mail: [email protected]
Cecilia ONNIS
E-mail: [email protected]
Michele ROSSETTI
E-mail: [email protected]