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nomicosefioricittà
OROLO G I
l’a r c h it e tto v ol a n t e
di Carlo Ratti
Barragán e le radici
della creatività
Questa volta il motivo per venire a
Città del Messico era un altro: iniziare a lavorare col Gobierno Federal alla progettazione di una nuova
“città dei media”, che possa imporsi a livello globale nella mutevole
geografia della creatività digitale. Un
polo capace di attrarre la cosiddetta “classe creativa”, facendo concorrenza a centri consolidati come
Seul o Barcellona. Ma come al solito mi sono ritrovato davanti al numero 14 della Calle Francisco Ramirez:
l’abitazione-studio di Luis Barragán,
oggi museo.
Fu questa una delle prime opere
mature di Barragán, dopo la frettolosa adesione giovanile all’International
Style. In polemica con Le Corbusier
dichiarò: «Bisognerebbe sopprimere approssimativamente il cinquanta
per cento del vetro che si usa negli
edifici e sostituirlo con muri... L’illuminazione risultante permetterebbe
una vita più intima e di maggior concentrazione: l’uomo del XX secolo
ha bisogno di recuperare la tranquillità mentale e spirituale che ha perso
o è in procinto di perdere». Cercò
allora nuove strade, prendendo congedo da tutti quelli per cui aveva
lavorato fino ad allora: «Sono stufo
di dover dare ascolto a clienti che mi
parlano dei loro gusti. Vadano alla
malora. D’ora in avanti mi dedicherò
a un solo cliente: me stesso».
In isolamento elaborò un linguaggio
architettonico rivoluzionario, che gli
valse il premio Pritzker nel 1980: stereometrie rigorosissime, colori brucianti ispirati alla tradizione vernacolare messicana, un uso raffinato
delle tessiture e una simbiosi quasi
perfetta tra esterni e interni.
Oggi come allora, per imporsi a
livello globale, sembra necessario partire da radici schiettamente
locali. Barragán non parlava nemmeno l’inglese: «Tanto - scherzava
- anche a New York le girls parlano
francese...». l
di Augusto Capitanucci
L’eleganza ultrapiatta
di Altiplano
Per celebrare il cinquantesimo anniversario del leggendario
calibro 12P, allora il movimento automatico più piatto al mondo,
Piaget ha presentato al recente Salon International de la Haute
Horlogerie il movimento 1208P che, con i suoi 2,35 mm di
spessore, è il calibro automatico più piatto sul mercato. Il nuovo
meccanismo muove le lancette dell’Altiplano, icona della casa
ginevrina, con cassa in oro bianco da 43 mm di diametro.
Il fondello in vetro zaffiro permette di ammirare il movimento di
manifattura, mentre il cinturino è in alligatore nero. Un’eleganza
poco urlata che ha prezzi da 13.900 a 14.700 euro.
w w w. piaget. ch
Hi-tech
Due fotocamere per l’avventura che non temono i climi più ostili.
Si chiamano Dmc-Ft2 e Dmc-Tz10 e appartengono alla nuova
gamma delle Panasonic Lumix. La prima vanta una speciale
carrozzeria che la rende ultraresistente ad acqua, freddo, urti e
polvere. La seconda, che ha un obiettivo ultragrandangolare da
25 mm con zoom ottico 12x, monta anche un’antenna satellitare
Gps. È quindi possibile scattare foto “georeferenziate”, da
condividere sui social network. (Mario Cianflone)
w w w. panasonic . it
MOTOR I
di Paolo Cozzi
Sognando California
California è la prima Ferrari Granturismo con motore otto cilindri
anteriore-centrale: è un orgoglio tutto italiano (a dispetto del
nome), capace di coniugare sportività e versatilità d’uso. Senza
compromessi. California è anche una convertibile con tetto
rigido ripiegabile. Coupé, per divorare la quotidianità. Spider, per
godere al massimo la vita. È un tributo a un gioiello del passato:
la mitica 250 California del 1957. Le linee sono scolpite da
Pininfarina, le emozioni meccaniche invece sono figlie dei più
severi vincoli della scuderia. Il cambio doppia frizione è a sette
marce. Al 4297 centimetri cubici da 460 cavalli bastano meno
di 4 secondi per i cento all’ora, e con una frazione di pazienza si
arriva fino a 310 orari.
w w w. ferrari . com
V e n t i q u at t r o
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