I sei punti dell`Arca
Transcript
I sei punti dell`Arca
I sei punti dell'Arca di Arca Spett. dott. Mario Magnani Assessore provinciale alla Sanità e Attività sociali Via Gilli 4 - 38100 Trento Spett. dott. Marino Nicolai Direttore Azienda provinciale per i Servizi sanitari Via Degasperi 79 - 38100 Trento Spett. dott. Gemma Pompei Coordinatrice Centro per i Disturbi Alimentari Piazza Venezia 4 - 38100 Trento Spett. dott. Paolo Barbacovi Presidente Ordine dei Medici Via Zambra 16 - 38100 Trento Oggetto: ARCA, anoressia e dintorni Trento 7/10/99 L'A.R.C.A. - Associazione Ricerca Comportamento Alimentare - prendendo spunto da notizie recentemente comparse su un quotidiano locale, coglie l'occasione per delle puntualizzazioni e per esprimere alcune proprie perplessità su quanto si sta facendo in provincia di Trento per contrastare l'espandersi delle cosiddette malattie del comportamento alimentare, in particolare di anoressia e bulimia. 1) Spera che la dizione "centro di riabilitazione per anoressici" sia solo una formulazione giornalistica. Anoressia e bulimia non hanno nulla da spartire con i postumi di una frattura o di altre malattie debilitanti alle quali deve seguire una riabilitazione. Nel loro decorso possono presentare momenti in cui il circuito d'ansia è di tale intensità da consigliare il distacco dalla famiglia, o può succedere che quest'ultima sia inesistente. Ben venga in questi casi una struttura in grado di accogliere le persone ammalate, ma senza automatismi. E tenendo presente che ogni distacco comporta un ritorno, al quale una sintomatologia artificiosamente rimossa può riesplodere più drammatica di prima. 2) Negli incontri con i pubblici amministratori, l'ARCA non ha mai fatto pressioni per ottenere una casa-alloggio per anoressici, semplicemente perché se l'è trovata davanti come progetto della Provincia mentre ancora si tentava di puntellare un "Centro di riferimento provinciale per i disturbi del comportamento alimentare" appena nato e del quale brillava solo l'inadeguatezza nelle risposte ai bisogni emergenti. In quella circostanza l'annuncio aveva il sapore di uno spostamento di obiettivo. Carico di interrogativi: a chi sarebbe andata la gestione, con quale preparazione per l'approccio relazionale con portatori di patologie tanto ostiche, quali le attività programmabili, quale la facoltà di intrusione per i terapeuti. Oggi gli interrogativi sono gli stessi. Con una certezza: in questo periodo nulla s'è fatto per la preparazione professionale di nuovi operatori. 3) Parliamo ora del Centro per i disturbi alimentari istituito dalla ASL presso il poliambulatorio di piazza Venezia a Trento. Oltre ad un approccio multidisciplinare, malattie quali anoressia e bulimia che stentano a venire a galla, negate innanzitutto dalle persone che ne soffrono, sempre pronte a sfruttare ogni piccolo alibi per interrompere la cura, richiedono risposte rapide, elasticità di gestione e continuità terapeutica. A tre anni dalla sua apertura il suddetto Centro è ancora un qualcosa di indefinito. Sempre in carenza di personale, è strutturato su un collage di operatori staccati per poche ore settimanali da altre incombenze e non gode di alcuna autonomia né manageriale, né finanziaria. Le prospettive, prendendo atto che il piano sanitario ne ignora l'esistenza, non sono migliori. Un dato è certo: le oltre trecento persone che hanno fatto ricorso alle prestazioni del Centro per i disturbi alimentari stanno a significare che l'anoressia non è ferma, anzi continua a colpire anche in Trentino. 4) Due posti letto al S. Chiara per l'anoressia. Finalmente, dopo lungo tiramolla fra assessore alla sanità, Azienda sanitaria e primari internisti, non è il caso a stabilire dove deve essere ricoverato chi sta seriamente rischiando la vita in conseguenza di ossessivi digiuni autoimposti. La responsabilità dei letti va al primario dietologo che, per quanto di sua competenza, segue gli ammalati anche presso il Centro per i disturbi alimentari. Un infermiere dello stesso Centro è presente all'ora del pasto principale. Non si va oltre il ricovero salvavita: tot chili stai qui; tot chili ti dimetto. 5) L'anoressia, non lo dice l'ARCA, è una malattia che oltre al rischio di decesso presenta un'alta percentuale di cronicizzazione. Gente prigioniera di un tarlo profondo che ne condiziona pesantemente la qualità di vita. Interventi professionalmente inadeguati, spezzettati e scoordinati fra loro possono rivelarsi controproducenti. Ai responsabili provinciali della salute si chiede un progetto che, seppur articolato in momenti diversi, abbia carattere di unitarietà e continuità terapeutica. La persona in difficoltà, accolta nel momento che cerca aiuto presentandosi al Centro, va accompagnata in tutto quello che, anche nell'ipotesi migliore, sarà un lungo e tormentato cammino alla ricerca di un equilibrio che gli consenta una vita decente. Dotando il Centro delle professionalità e dell'autonomia gestionale sufficienti, favorendo lo sviluppo di una rete di operatori preparati sul territorio e gestendo, quando necessario, il ricovero ospedaliero e l'eventuale distacco dalla famiglia non come momenti separati, ma in stretta connessione con il prima e con un dopo. 6) Prima e dopo che vuol dire soprattutto famiglia. Sempre impreparata a capire i meccanismi della malattia e a sopportarne lo stress. Sulla disperazione delle famiglie, pronte a rovinarsi pur di strappare alla morte un figlio, c'è tutto un proliferare di offerte che spesso di serio hanno solo i costi. I familiari presso il Centro non hanno trovato grandi spazi. Gli organigrammi non lo permettono. Per la credibilità di un progetto questa componente, prima nella sua dimensione d'angoscia, poi come insostituibile supporto terapeutico, non può essere ignorata. Per l'ARCA, il presidente Biagio Surace