Modellistica, analisi e controllo di sospensioni attive per autoveicoli

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Modellistica, analisi e controllo di sospensioni attive per autoveicoli
Modellistica, analisi e controllo
di sospensioni attive per
autoveicoli
Appunti di Controlli Automatici
Versione 1.0
Ing. Alessandro Pisano
SOMMARIO
1. Introduzione e generalità
1.1 Un po’ di storia
(3)
(4)
2. Modelli dinamici di sospensioni per autoveicoli
(6)
3. Modelli quarter-car per sospensioni passive e attive
(8)
3.1 Modello “single mass” di una sospensione passiva
3.2 Modello “single mass” di una sospensione attiva
(10)
(15)
3.2.1 Analisi mediante Luogo delle radici
3.2.2 feedback di accelerazione
3.2.3 Controllo dell’assetto
3.3 Vantaggi e svantaggi delle sospensioni attive
3.4 Sospensioni semiattive
(16)
(21)
(24)
(30)
(31)
4. Modello quarter-car a due masse
(XX)
5. Considerazioni conclusive
(XX)
2
Appunti di Controlli Automatici – Sospensioni attive per autoveicoli – v. 1.0
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Modellistica, analisi e controllo di sospensioni attive per
autoveicoli
1. Introduzione e generalità
Gli autoveicoli sono dotati di un sistema di sospensioni che, oltre a sorreggere lo chassis del
veicolo, deve isolarlo dalle irregolarità del terreno per migliorare il comfort di marcia.
Le sospensioni tendono a limitare le accelerazioni verticali della massa sospesa quando il veicolo
transita su una sede stradale che presenta delle irregolarità.
Molti veicoli impiegano sospensioni di tipo passivo, che sono le più semplici ed economiche e per
questo sono le più usate nei veicoli commerciali. Sono composte da un ammortizzatore (molla Ks)
e uno smorzatore viscoso (C) in parallelo i cui parametri sono fissi e scelti dalla casa costruttrice
per ottenere un valore di compromesso tra le esigenze di comfort di marcia e quelle associate alla
manovrabilità del veicolo (handling), anche in funzione dell’impronta più o meno sportiva che si
vuole conferire alla guida del mezzo.
Sospensioni troppo “morbide” migliorano il comfort in quanto si deformano molto rapidamente
assorbendo (e quindi compensando) le asperità e le brusche variazioni di quota della sede
stradale, ma rischiano di ridurre la tenuta di strada a causa delle ampie oscillazioni verticali del
veicolo e delle conseguenti ampie fluttuazioni della forza di contatto tra pneumatico e strada.
Quando inoltre la macchina accelera o decelera, o percorre una curva, si generano sul veicolo delle
forze che inducono movimenti di “pitch” e “roll” (v. Figura 2) al quale le sospensioni offrono poca
resistenza.
Viceversa una taratura troppo rigida garantisce migliore aderenza ma provoca un aumento delle
sollecitazioni verticali sulla cassa del veicolo (basso comfort di marcia).
Il problema del miglioramento del comfort di marcia viene come detto valutato in termini della
minimizzazione delle accelerazioni verticali della massa. Il problema dell’handling (talvolta indicato
come “controllo dell’assetto”) viene espresso sia con riferimento alla minimizzazione delle
fluttuazioni della forza di contatto tra pneumatico e strada che con l’obiettivo di mantenere
costante la quota rispetto al suolo delle masse sospese, a fronte delle forze, di varia natura
(aerodinamica, trasferimenti di carico,…) che agiscono sulla carrozzeria in frenata, in accelerazione
e in curva.
Si vorrebbe simultaneamente che le sospensioni fossero “morbide” verso le asperità del terreno, e
“rigide” nei confronti di forze esterne e/o inerziali. Appare chiaro come siano due specifiche
contrastanti. Una sintesi efficace si traduce pertanto nell’identificazione di un buon compromesso
tra le due specifiche.
Le macchine sportive hanno sospensioni molto rigide, prestanti in termini di assetto e tenuta di
strada, ma inutilizzabili nella vita quotidiana. E’ chiaro come nelle competizioni sportive l’aspetto
delle prestazioni in termini di assetto e stabilità venga chiaramente privilegiato rispetto al comfort
di marcia del pilota.
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Le prestazioni ottenibili con sospensioni passive sono limitate dalla semplicità dei dispositivi di
attuazione e dall’insufficiente numero di gradi di libertà progettuali. In contesti “spinti”, come i
veicoli sportivi o di alta gamma, le prestazioni fornite da sistemi passivi sono largamente
insoddisfacenti, e in tali contesti si utilizzano difatti tipologie alternative di sospensioni: le
sospensioni semi-attive e le sospensioni attive.
Le sospensioni semi-attive sono anch’esse composte da un sistema molla-smorzatore in parallelo,
ma c’è un attuatore e un relativo sistema di controllo in grado di variare opportunamente in linea
il parametro C (costante di smorzamento) dello smorzatore.
Nelle sospensioni attive, oltre alla molla e allo smorzatore vi è in più un terzo elemento, un
attuatore in grado di generare una forza interna F(t) variabile nel tempo tra la cassa del veicolo e
la ruota. Tali sistemi consentono, attraverso una opportuna “modulazione” di tale forza, di
stabilizzare il movimento e ottenere prestazioni nettamente superiori a quelle di un sistema
passivo, e comunque in genere migliori anche di quelle di un sistema semi-attivo. Il problema di
come “calibrare” tale forza sulla base delle misure disponibili è un tipico problema di controllo
che, per le sue peculiarità che si indagheranno nel seguito, si presta alla applicazione delle
tecniche di analisi e sintesi per sistemi lineari tempo-invarianti.
1.1
Un pò di storia
Ideate da un ingegnere inglese nel 1985, le sospensioni attive vennero impiegate per la prima
volta in F1 due anni dopo, nel mondiale del 1987, sulla Lotus99T-Honda (guidata da Ayrton Senna)
che fu equipaggiata da un complicato sistema di "sospensioni intelligenti" a controllo elettronico
grazie al quale vinse due gran premi.
A partire dall'anno successivo la Williams-Renault avviò lo sviluppo di un sistema di sospensioni
attive tecnicamente più semplice, nel quale il gruppo molla-ammortizzatore di ciascuna ruota
venne sostituito da un sistema idraulico a controllo elettronico. Occorsero circa 2 anni perché
questo sistema raggiungesse ottimi risultati, caratterizzandosi poi come l'arma vincente della casa
inglese nel triennio 1991/1993. Nel 1992, piloti Nigel Mansell e Riccardo Patrese, la macchina
vinse 10 gran premi, con un sistema di controllo basato su “reti neurali” in grado di impartire oltre
60 variazioni di assetto al secondo e di mantenere il veicolo a meno di 1 cm dalla strada senza
perdere l’aderenza offerta dall’effetto suolo. Nel 1993 Alex Zanardi ebbe uno spaventoso
incidente con tutta probabilità dovuto ad un malfunzionamento del sistema di sospensioni attive.
Le sospensioni attive vennero bandite a partire dalla stagione 1994, sia per ragioni di sicurezza che
anche a causa della loro estrema efficacia che avvantaggiava troppo chi ne era in possesso. Ciò ha
rallentato lo sviluppo delle tecnologie per il mercato di massa. Attualmente si incontrano su pochi
veicoli commerciali di alta gamma e alcuni costruttori le stanno mettendo a punto anche per
motoveicoli.
Le sospensioni attive e semiattive possono talvolta essere dotate di particolari sistemi sensoriali
che consentono di eseguire una “predizione” delle condizioni future.
Ad esempio, si può impiegare un sensore di distanza ad elevata banda passante opportunamente
orientato (v. Figura 1) in grado di rilevare in anticipo le asperità del terreno prima che si
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manifestino alle ruote, permettendo quindi alle sospensioni (al sistema di controllo delle stesse) di
conoscere in anticipo le future condizioni della strada e quindi adattarsi opportunamente.
Figura 1. Sistema predittivo con sensore di distanza
Una soluzione alternativa è rilevare la deformazione delle sospensioni anteriori ed impiegarla
come “segnale di misura” indicativo dell’occorrenza delle asperità della strada attraverso il loro
effetto in termini di deformazione delle sospensioni anteriori. Ciò consente di pianificare in
anticipo, in maniera predittiva, l’asseto delle sole sospensioni posteriori.
Nella sezione successiva si presentano vari modelli matematici per i sistemi di sospensioni passive,
attive e semiattive. Tali modelli, appartenenti alla classe dei sistemi lineari, hanno una bassa
complessità, adeguata alle esigenze di utilizzare esplicitamente tali modelli per la progettazione di
sistemi di controllo. Modelli più complessi ed accurati, in genere fortemente non lineari, possono
essere sviluppati e sono impiegati nella pratica come strumento di analisi e verifica prestazionale
off-line, per via simulativa, delle prestazioni del sistema in condizioni il più possibile realistiche. La
determinazione dei valori dei parametri è estremamente problematica nei modelli complessi, e la
“taratura” di tali modelli viene effettuata sulla base di prove sperimentali. Non è scopo della
presente trattazione descrivere tali modelli “complessi” e le relative procedure di identificazione
parametrica. Ci si limiterà pertanto a considerare semplici modelli lineari a parametri costanti per i
quali possono essere utilizzati efficacemente gli strumenti di analisi e sintesi propri dei sistemi
“LTI” (Lineari Tempo-Invarianti).
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2. Modelli matematici di sospensioni per autoveicoli
Anche nell’ambito dei semplici sistemi “LTI” vi sono diverse categorie di modelli matematici, e la
scelta del particolare modello dipende dal fine (analisi, sintesi), e dalle informazioni che si desidera
estrarne. Un autoveicolo è un sistema enormemente complesso, con un elevatissimo numero di
componenti interagenti.
Schematizzazione di un autoveicolo
I modelli si suddividono in tre categorie principali:
Modelli “Quarter-Car”
Modelli “Half-Car”
Modelli “Full Car”
Il modello quarter-car descrive la dinamica verticale di un quarto dell’intero veicolo, concentrando
l’analisi su una singola ruota e sul relativo sistema di sospensioni. Il veicolo è in sostanza diviso in
quattro sezioni che vengono modellate separatamente trascurando le mutue interazioni. Cosi
facendo è possibile studiare esclusivamente movimenti traslatori verticali (heave) e non si possono
caratterizzare i moti di rollio (roll), beccheggio (pitch) e imbardata (v. Figura 2), che sono peraltro
deboli in condizioni di accelerazioni modeste e di marcia rettilinea.
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Figura 2. Notazione per le direzioni di movimento del veicolo
Nella figura 3 è mostrato uno schema funzionale rappresentativo del modello quarter-car di un
sistema di sospensioni passive. Nel modello della figura Mb rappresenta la massa sospesa (body),
pari a circa un quarto della massa dell’intera cassa dei veicolo (inclusi i passeggeri), ed Mt
rappresenta la massa non sospesa, cioè quella associata all’insieme sospensione-ruota. Le variabili
Xb ed Xt rappresentano rispettivamente le quote, rispetto ad un asse orizzontale di riferimento,
del baricentro della massa sospesa e di quella non sospesa, mentre Xr descrive il profilo del fondo
stradale. La costante elastica Kt tiene conto dell’elasticità del pneumatico (il fenomeno del
contatto tra la carreggiata il pneumatico è prevalentemente di natura elastica), mentre i parametri
C e Ks sono la costante elastica e il coefficiente di smorzamento della sospensione passiva.
Figura 3. Modello quarter-car di un autoveicolo con sospensioni passive
Nel modello half-car la vettura è vista “ di lato” (v. Figura 4). La ruota anteriore e la ruota
posteriore, con le relative sospensioni, vengono modellate in maniera accoppiata. Tale modello
consente di rappresentare i moti di beccheggio in aggiunta ai moti traslatori verticali della parte
anteriore e della parte posteriore del veicolo.
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beccheggio (pitch)
xb2
xb1
Mb
xt2
xt1
xr1
tyre 1
xr2
tyre 2
Figura 4. Modello half-car di un autoveicolo con sospensioni passive
passiv
Nel modello full-car (o full-vehicle)
vehicle) il veicolo è visto nella sua interezza. Possono essere studiati
tutti i moti possibili del veicolo inclusi il rollio e l’imbardata. La carrozzeria è vista come un grosso
parallelepipedo indeformabile con 6 gradi di libertà.
Figura 5 Modello full-vehicle
full
di un autoveicolo con sospensioni passive
passiv
3. Modelli quarter-car
car per sospensioni passive e attive
I modelli mostrati nelle Figure 3--5
5 sono rappresentativi come detto di autoveicoli con sospensioni
passive con una molla e uno smorzatore in parallelo. Ora si considerino le sospensioni attive e
semi-attive
attive menzionate nella sezione introduttiva
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In figura 6 si riporta lo schema della sospensione semi-attiva con lo smorzatore tempo variante
C(t). In figura 7 si riporta lo schema della sospensione attiva, con la presenza dell’attuatore in
parallelo che applica una forza F=F(t) tra la cassa del veicolo e la ruota.
C(t)
Figura 6. Modello quarter-car di un autoveicolo con sospensioni semiattive
Figura 7. Modello quarter-car di un autoveicolo con sospensioni attive
Introduciamo una ulteriore classificazione dei modelli. I modelli quarter-car presentati in
precedenza (v. Figure 3, 6, 7) modellano separatamente le masse sospese e non sospese per
mezzo di due elementi inerziali separati (la massa Mb e la massa Mt). Tali tipologie di modelli
vengono pertanto chiamati di tipo “double-mass”. E’ possibile ragionare su una rappresentazione
ancora più semplificata delle sospensioni, che “accorpa” le due masse in un unico elemento
inerziale, e include l’elasticità del pneumatico nella molla Ks. In tale tipologia di modelli, che viene
detta “single-mass”, Mb definisce ora sia la massa di un quarto dell’intera cassa dei veicolo
(inclusi i passeggeri) che la massa associata all’insieme sospensione-ruota. La variabile Xb
rappresenta ancora la quota, rispetto ad un asse orizzontale di riferimento, del baricentro della
massa sospesa, e la variabile Xt sparisce dal modello. La costante elastica Ks tiene ora conto sia
della costante elastica della sospensione passiva che dell’elasticità del pneumatico.
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double-mass
single-mass
Sospensione
Xr
Sospensione e
pneumatico
Pneumatico
Figura 8. Modelli quarter-car “single-mass” e “double-mass” di un autoveicolo con sospensioni passive
Nei modelli single-mass si trascura, in sostanza, la dinamica della massa non sospesa.
3.1
Modello “single mass” di una sospensione passiva
Facciamo riferimento allo schema “single mass” di una sospensione passiva riportato nella Figura
8. Per quanto concerne il miglioramento del comfort, è opportuno considerare come variabile di
ingresso la quota della sede stradale e come variabile di uscita la quota della cassa del
veicolo, ed in particolare la sua accelerazione . Nella successive analisi sul problema del
controllo dell’assetto (handling) si includerà una variabile di ingresso aggiuntiva (una forza esterna
agente sulla carrozzeria) .
Nell’ipotesi di comportamento lineare per gli elementi elastici e viscosi della sospensione si può
tracciare il seguente diagramma di corpo libero per lo schema single-mass in Figura 8
( − )
+ ( − )
Mb
Figura 9. Diagramma di corpo libero per il modello quarter-car single-mass della sospensione passiva
dove è la lunghezza di riposo della molla dell’ammortizzatore. Le forze agenti sulla cassa del
veicolo lungo la direzione verticale sono la forza elastica = + ( − ) e la forza viscosa
= ( − ), originate dal sistema di sospensioni, e la forza peso Tali forze bilanciano la
forza di inerzia e conducono alla seguente equazione dinamica
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= ( − ) + ( − ) + − (1)
= −
(2)
Valutiamo il valore di equilibrio assunto a regime dalla posizione in condizioni statiche, cioè
quando = 0 e sotto l’azione della sola forza peso. Tale valore si ricava facilmente dalla (1)
ponendo a zero i termini di derivata temporale e sostituendo la condizione = 0:
Il valore di nella (2) viene detto “deformazione statica” della sospensione. Introducendo la
nuova variabile “differenza”
= − = − −
(3)
si può riscrivere l’equazione (1) in una forma alternativa semplificata, completamente equivalente,
dove però non sono più presenti i termini costanti e che complicherebbero le analisi
seguenti. Sostituendo nella (1) la relazione = + −
= = si ottiene
, e osservando che
= ( − ) + ( − )
(4)
(5)
Risulta immediato associare alla (5) una funzione di trasferimento tra la variabile di ingresso e la
variabile di uscita . Si noti come dal valore di sia possibile risalire univocamente al valore di
, e viceversa.
Sviluppando la (5) si ottiene
+ + = + (6)
Trasformando con Laplace tutti i termini della (6) si ha
+ + ! " () = + ! " ()
(7)
#$ () =
(8)
dalla quale ricaviamo la funzione di trasferimento cercata
%& (')
&( (')
=
')
' * )')
La funzione di trasferimento #$ () ha due poli (+$ e + ) ed uno zero ,$
,$ = − +$, = −
± /
−
(9)
(10)
Lo zero è sempre reale negativo, mentre i poli +$ e + , che in dipendenza degli specifici valori dei
parametri possono essere reali oppure complessi coniugati, hanno sempre parte reale negativa.
Nelle sospensioni passive commerciali i parametri sono usualmente tali che
≪
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(11)
11
La (11) implica che i poli +$ e + saranno complessi coniugati, con una pulsazione naturale
12 = 3/
(12)
ed un coefficiente di smorzamento
5=
3
(13)
che si determinano imponendo che il polinomio caratteristico della funzione di trasferimento (8)
sia espresso nella forma standard + 2512 + 12 .
Affinché la funzione di trasferimento (8) abbia proprietà filtranti più marcate (cioè attenui il più
possibile le componenti in media ed alta frequenza dell’ingresso) si deve ridurre il più possibile la
pulsazione naturale 12 . La minimizzazione di 12 , che deve essere necessariamente ottenuta
riducendo la costante elastica (in quanto la massa non è un parametro modificabile dal
progettista) deve però tenere in considerazione il vincolo della deflessione statica poiché la molla
della sospensione deve sostenere la massa senza che la sua deformazione ecceda la lunghezza
di riposo della molla.
Nella figura seguente analizziamo i diagrammi di risposta in frequenza della Funzione di
trasferimento (8) utilizzando due diversi set di parametri che differiscono per il valore della
costante = 250 , = 8000 9 /:,
= 250 , = 8000 9 /:,
= $ = 70000 9/:
= = 10000 9/:
(14)
(15)
% PARAMETRI DELLA SOSPENSIONE
Mb=250;
c=8000;
k1=70000;
k2=40000;
% CREAZIONE OGGETTI “TRANSFER FUNCTION”
num_G1_1=[c k1];
den_G1_1=[Mb c k1];
G1_1=tf(num_G1_1,den_G1_1)
num_G1_2=[c k2];
den_G1_2=[Mb c k2];
G1_2=tf(num_G1_2,den_G1_2)
% DIAGRAMMA DI BODE
bode(G1_1,'k',G1_2,'b'),grid
12
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Bode Diagram
10
5
k=70000
G1_1
G1_2
Magnitude (dB)
0
-5
-10
k=10000
-15
-20
-25
-30
0
Phase (deg)
G1_1
G1_2
-45
-90
0
10
10
1
10
2
10
3
Frequency (rad/sec)
Figura 10. Diagrammi di Bode della funzione di trasferimento (8) con i parametri (14) e (15)
Nella Figura 10 osserviamo come le due Funzioni di trasferimento abbiano proprietà filtranti
differenti, con la curva nera (quella corrispondente al valore di k più elevato) che mostra un
diagramma dei moduli con caratteristiche filtranti meno accentuate rispetto alla curva blu.
Osserviamo anche come in alta frequenza la pendenza negativa dei due diagrammi dei moduli sia
pari a −20 db/decade. Se si riuscisse a cancellare in qualche modo lo zero dal numeratore, la
pendenza in alta frequenza diverrebbe −40 db/decade e quindi si avrebbero proprietà filtranti più
accentuate.
E’ chiaro dalle equazioni (6),(7) come lo zero sia causato dal termine nella forza prodotta
dallo smorzatore viscoso. Le cose migliorerebbero se riuscissi a realizzare uno schema come quello
riportato nella Figura 11:
c
Xr
k
Figura 11. Sospensione passiva con smorzatore viscoso agganciato a un punto fisso
Si avrebbe infatti una forza prodotta dallo smorzatore pari a = − in quanto l’estremo
superiore dello stesso è agganciato ad un punto fisso e non più soggetto quindi alle sollecitazioni
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impresse dalla strada. Ove si riuscisse a realizzare la configurazione in Figura 11 si avrebbe, in
luogo della (5), la seguente equazione differenziale
= − + ( − )
(16)
cui corrisponderebbe la seguente Funzione di trasferimento nella quale, in effetti, è sparito lo
zero dal numeratore.
# ( ) =
%& (')
&((')
=
' * )')
(17)
Poniamo a confronto i diagrammi di bode delle Funzione di trasferimento #$ () ed # () per i
seguenti valori dei parametri
= 250 ,
= 8000 9 /:,
= 70000 9/:
(18)
% PARAMETRI DELLA SOSPENSIONE
Mb=250;
c=8000;
k=70000;
% CREAZIONE OGGETTI “TRANSFER FUNCTION”
num_G1=[c k];
den_G1=[Mb c k];
G1=tf(num_G1,den_G1)
num_G2=[k];
den_G2=[Mb c k];
G2=tf(num_G2,den_G2)
% DIAGRAMMA DI BODE
bode(G1,'k',G2,'b'),grid
Bode Diagram
20
Magnitude (dB)
0
-20
-40
-60
-80
0
Phase (deg)
-45
-90
-135
-180
-1
10
0
10
1
10
10
2
10
3
Frequency (rad/sec)
Figura 12. Diagrammi di Bode delle Funzione di trasferimento #$ () ed # () nelle (8) e (17) con i parametri (18)
14
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La curva blu in Figura 12, che corrisponde alla Funzione di trasferimento # () , ha una pendenza
doppia alle alte frequenze rispetto alla curva nera associata alla #$ () e pertanto migliori
proprietà filtranti in alta frequenza.
Chiediamoci cosa significa realizzare lo schema in Figura 11. Si dovrebbe poter “agganciare” un
estremo dello smorzatore a un punto fisso la cui quota verticale è solidale allo chassis, e non è
ovviamente possibile implementare tale soluzione in un autoveicolo, non, almeno, per migliorare il
comfort. Una soluzione simile è talvolta impiegata per smorzare le vibrazioni che il motore può
trasmettere alla carrozzeria, interponendo lo smorzatore tra il motore e la carrozzeria stessa con
quest’ultima che funge da punto fisso di aggancio. Un effetto analogo può essere realizzato per
mezzo di una sospensione attiva.
3.2
Modello “single mass” di una sospensione attiva
Modifichiamo lo schema in Figura 8 rimuovendo lo smorzatore passivo viscoso ed inserendo in
parallelo alla molla un elemento attivo, nella fattispecie un attuatore di forza (ad es. di tipo
oleodinamico), in grado di generare una forza verticale arbitraria F(t) (v. Figura 13)
Xb
Mb
k
F(t)
Xr
Figura 13. Sospensione attiva senza smorzatore viscoso
Il modello matematico del sistema in figura 13 può essere ricavato procedendo come prima. Il
diagramma di corpo libero è
=(>)
+ ( − )
Mb
Figura 14. Diagramma di corpo libero per il modello di sospensione attiva in Figura 13
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che conduce al seguente bilancio di forze
= =(>) + ( − ) + − (19)
+ = =(>) + (20)
= ?@' (>) = −$ (21)
Il valore di equilibrio di per F(t)=0 è analogo alla (2), quindi si può effettuare il cambio di
variabile descritto nella (3) ed ottenere le seguenti equazioni
Per determinare il comportamento dinamico del sistema di sospensioni bisogna specificare il
valore della forza F(t) che verrà “richiesta” all’attuatore. Si immagini di pilotare l’attuatore con un
segnale di “forza desiderata” (set-point di forza) pari a
e si ipotizzi istantanea la risposta dell’attuatore nel generare il profilo desiderato = ?@' (>):
=(>) = = ?@' (>)
(22)
Sostituendo le (21)-(22) nella (19), e trasformando con Laplace si ottiene
+ $ + ! " () = " ()
(23)
# ( ) = # ( ) =
(24)
dalla quale ricaviamo la Funzione di trasferimento
%& (')
&( (')
=
' * )1 ')
che è in effetti analoga alla Funzione di trasferimento ricercata (17). Si è quindi visto come con
sistema di sospensioni attive, in cui l’attuatore viene pilotato per mezzo della semplice legge di
controllo (21) in retroazione sulla velocità verticale della cassa del veicolo, sia possibile ottenere,
per il legame tra e , la forma desiderata (17) per la funzione di trasferimento # () , con due
poli e nessuno zero.
L’inserimento di un attuatore attivo non è ovviamente una operazione “indolore”, in quanto gli
attuatori, ad es. oleodinamici sono dotati di tutta una serie di organi accessori necessari al loro
funzionamento (un compressore per il fluido, serbatoi di raccolta, servovalvole) che incrementano
il peso del veicolo e nel complesso riducono l’affidabilità complessiva del sistema rispetto alla
versione completamente passiva. La molla in parallelo non viene rimossa in quanto è utile per
sostenere il peso del veicolo riducendo l’onere di forza applicata da parte dell’attuatore. Servono
inoltre sensori di misura per rilevare le condizioni operative del veicolo e realizzare il controllo in
retroazione dell’attuatore. In accordo con lo schema in Figura 7, si potrebbe complicare lo schema
in Figura 13 inserendo uno smorzatore viscoso passivo in parallelo alla molla e all’attuatore per
fungere da “ausilio” e ridurre l’entità delle forze che devono essere esercitate dall’attuatore
attivo.
16
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3.2.1
Analisi mediante luogo delle radici
Ora effettuiamo delle analisi grafiche con lo strumento del luogo delle radici per capire l’effetto
della variazione dei singoli parametri sul comportamento del sistema a ciclo chiuso.
Il Luogo delle radici è una costruzione grafica che consente di predire il comportamento delle
radici del polinomio
A() = A$ () + BA ()
(25)
al variare del coefficiente reale B ≥ 0. Tale costruzione è di frequente impiego nei controlli
perche il polinomio caratteristico a ciclo chiuso di un sistema di controllo in retroazione è dato da
AD () = EF () + B9F (), dove 9F () e EF () sono rispettivamente il numeratore ed il
denominatore della Funzione di trasferimento a ciclo aperto ed α è il guadagno variabile di un
regolatore proporzionale a monte del processo.
In questa sede applichiamo lo strumento di analisi mediante LdR in maniera non convenzionale.
Consideriamo il polinomio caratteristico della Funzione di trasferimento (24)
A() = + $ + (26)
Con riferimento alla decomposizione (25), se si pone A$ () = + e A () = si può
analizzare per mezzo del luogo delle radici l’effetto sui poli a ciclo chiuso della variazione del
guadagno $.
Se invece si pone A$ () = + $ e A () = 1 si può analizzare per mezzo del luogo delle
radici corrispondente l’effetto sui poli a ciclo chiuso della variazione del guadagno .
Una volta specificata la forma dei polinomi A$ () e A () nella (25), il luogo si traccia con le regole
note associando i “poli” (cioè i punti di partenza dei rami del luogo) alle radici del polinomio A$ (),
ed associando gli “zeri” (cioè i punti di arrivo dei rami del luogo che non convergono agli asintoti)
alle radici del polinomio A ().
Analisi rispetto al parametro c1
Tracciamo il luogo delle radici con
A1 () = + A () = per analizzare l’effetto sui poli a ciclo chiuso della variazione del guadagno c$ .
(27)
Le radici del polinomio A$ () sono complesse coniugate e immaginarie pure
+$, = ±H/ = ±H12
(28)
Il modulo dei poli +$, è pari alla pulsazione naturale. Per valori molto piccoli di $ i poli della
Funzione di trasferimento (24) sono pertanto molto prossimi alla coppia di radici immaginarie
17
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pure +$, . I rami del luogo partono dai poli +$, , ed inoltre uno dei due rami converge verso la
radice del polinomio A (), cioè verso l’origine.
Il luogo delle radici associato ha il seguente andamento (nel tracciamento si è utilizzata la
notazione grafica ”x”=poli, ”o”=zeri). Sono evidenziati nei due rami i versi di percorrenza.
Im
jωn
p
Re
*
−jωn
Figura 15. Luogo delle radici al variare del guadagno c1
Partendo da valori molto piccoli, al crescere di $ i poli della Funzione di trasferimento (24)
convergono verso l’asse reale negativo e raggiungono, per un particolare valore $ del guadagno
$ (detto “smorzamento critico”), il punto doppio p*.
Per valori di $ superiori a $ si ha un ramo che converge verso sinistra ed un ramo che converge
verso destra, cioè verso l’origine. Si ha pertanto un progressivo allungamento della durata del
transitorio, che come sappiamo è governata dalla costante di tempo del modo dominante (in altre
parole, dalla distanza dall’origine del polo reale negativo più vicino all’origine).
Verifichiamo le analisi svolte tracciando in Matlab il luogo delle radici mantenendo gli stessi valori
di prima per e e facendo variare $ tra 100 e 15000
% PARAMETRI DELLA SOSPENSIONE
Mb=250;
k=70000;
% DEFINIZIONE POLINOMI P1 E P2
P1=[Mb 0 k];
P2=[1 0];
% LUOGO DELLE RADICI NELL’INTERVALLO
rlocus(P2,P1,[100:1:15000])
100 < C1 < 15000
Il grafico in Figura 15a conferma la costruzione riportata nella Figura 15.
18
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Root Locus
20
c =100
1
15
10
c =15000
1
c =15000
1
Imaginary Axis
5
0
-16.7
-5
-10
-15
c =100
1
-20
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
10
Real Axis
Figura 15a Luogo delle radici per = 70000, = 250, e 100 ≤ $ ≤ 15000
Per calcolare la posizione del punto doppio, risolviamo la corrispondente equazione dei punti
doppi
∑2NO$
$
'KLM
= ∑Q
NO$
$
'KPM
Nel caso in esame si ha n=2, m=1, +$, = ±H12 e ,$ = 0:
$
')RST
+
$
'KRST
− =0
$
'
⟹
$
')RST
+
$
'KRST
(29)
− =
$
'
*
' * KST
*W
'V' * )ST
=0
(30)
La (30) ha come soluzioni $, = ±12 . Solo la soluzione reale negativa $ = −12 appartiene al
luogo, quindi il punto doppio sarà collocato in
+∗ = $ = −12 = −3/ . La pulsazione
naturale corrispondente ai valori = 70000 e = 250 è pari a 12 ≅ 16.7. La posizione del
punto doppio nella Figura 15a è pertanto in accordo con l’analisi.
Ora determiniamo il valore dello “smorzamento critico” $ , il valore del guadagno $ in
corrispondenza del quale il luogo incontra il punto doppio +∗ . Quando $ = $ , la Funzione di
trasferimento (24) ha due poli coincidenti reali negativi. Tale valore si potrebbe determinare
facilmente analizzando l’espressione in forma chiusa delle radici del polinomio caratteristico (26)
+$, = −
\
± /
\
−
(32)
e determinando il valore positivo di $ per il quale si annulla il termine sotto radice quadrata. Si
ottiene
$ = 1 = 23
(33)
Ricaviamo tale valore per via alternativa, utilizzando il luogo delle radici e in particolare la formula
di taratura. Per “taratura” si intende il determinare il valore del guadagno α in corrispondenza del
19
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quale il luogo raggiunge un punto preassegnato del luogo stesso. Nel caso in esame il guadagno è
α=c1. Il valore di α associato a un determinato punto dipende come noto dalle distanze di tale
punto da tutti i “poli” (le radici del polinomio P1(s)) e da tutti gli “zeri” (le radici del polinomio
P2(s)). Nella Figura 16 le distanze del punto doppio dai due “poli” sono indicate con ]$ , ] , e la
distanza del punto doppio dallo “zero” è indicata con $. Da semplici considerazioni geometriche si
ricava che
]$ = ] =3212
$ = 12
+∗ = −12
(34)
]$
$
]
jωn
−jωn
Figura 16. Taratura del punto doppio del luogo delle radici in Figura 15
Il valore del guadagno associato al punto doppio si ottiene dalla formula
$ =
^\ ^*
\
∙
$̀
a
(35)
c* (')
. Il guadagno in alta
c\ (')
frequenza di una Funzione di trasferimento è il rapporto tra i coefficienti di grado più elevato del
numeratore e denominatore. Nel caso in esame
a è il guadagno in alta frequenza della funzione di trasferimento
dove b
c* (')
c\ (')
=
'
' * )
a = $ , e applicando la formula (35) si ottiene
quindi si ha b
$ =
*
ST
ST
∙ = 212 = 23
(36)
(37)
che risulta essere in perfetto accordo con la (33).
Analisi rispetto al parametro k
Per quanto concerne l’analisi rispetto al parametro k si deve porre come detto in precedenza:
A$ () = + $ A () = 1
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(38)
20
Il polinomio A$ () ha ora un polo nell’origine ed un polo reale negativo
+$ = 0
a2 = − 1
+
(39)
Il polinomio A () non ha radici, quindi i due rami del luogo convergono verso due asintoti. Il
luogo ha il seguente andamento
−
−
$
$
2
Figura 17. Luogo delle radici al variare del guadagno k
Il punto doppio sta nel punto medio tra +$ e + (cioè nel punto −
\
). Il valore “critico” del
guadagno corrispondente al punto doppio si può ricavare sempre annullando il termine sotto
radice quadrata nella (32). Si ottiene
=
\*
d
(40)
luogo. Per valori molto piccoli di , la Funzione di trasferimento (24) ha un polo reale negativo
E’ possibile ricavare l’equazione (40) per via alternativa applicando la formula di taratura del
molto prossimo all’origine ed un polo reale negativo a distanza maggiore. Al crescere di i due
poli vanno uno verso l’altro. Quando = = \
i due poli si sono reciprocamente
d
“raggiunti” nel punto doppio e la Funzione di trasferimento (24) ha due poli coincidenti reali
*
negativi entrambi pari a −
\
. Aumentando oltre il valore critico (40) compare nella Funzione
cui parte immaginaria cresce con . La durata del transitorio rimane pertanto la stessa, e l’unico
di trasferimento (24) una coppia di poli complessi coniugati la cui parte reale rimane costante e la
effetto dell’incremento di oltre il valore critico (40) è un incremento della ampiezza delle
oscillazioni transitorie.
21
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3.2.2
Feedback di accelerazione
Vediamo se con leggi di controllo in retroazione più complesse rispetto alle (21)-(22) si riesce a
migliorare le prestazioni del sistema di sospensioni attive. Sfruttiamo in particolare la possibilità di
trasdurre e retroazionare l’accelerazione verticale della cassa
= ?@' (>) = =(>) = −$ − :$ = −$ − :$ (41)
Sostituendo la (41) nella (19), e trasformando con Laplace si ottiene
( + :$ ) + $ + ! " () = " ()
(42)
dalla quale ricaviamo la Funzione di trasferimento
#() = # () =
%& (')
&( (')
= (
*
)Q\ )' )\ ')
(43)
Appare chiaro dalla (43) come la retroazione di accelerazione consenta di introdurre una modifica
fittizia delle proprietà inerziali. Si può in sostanza modificare mediante feedback il valore
“equivalente” della massa del veicolo facendo in modo che il comportamento dinamico della
sospensione sia quello di un sistema con un valore della massa ”equivalente” pari a
@e = + :$
(44)
Ora si possono controllare le caratteristiche della Funzione di trasferimento (43) avendo a
disposizione tre parametri di taratura: $ , ed :$ .
Il polinomio caratteristico della (43) è
A() = ( + :$ ) + $ + (45)
12 = /
(46)
al quale corrispondono i seguenti valori della pulsazione naturale e del coefficiente di
smorzamento:
5=
)Q\
\
3( )Q\ )
(47)
Vi è da tenere in considerazione il vincolo introdotto dalla deformazione statica. La molla della
sospensione deve sostenere la massa senza che la sua deformazione
di riposo della molla (v. eq. (3)).
ecceda la lunghezza
Proponiamo una metodologia per scegliere in sequenza i valori dei tre parametri di taratura.
Si può scegliere innanzitutto il parametro per soddisfare il vincolo della deformazione statica.
Fissato per la deformazione statica un valore desiderato E'QDf sufficientemente inferiore alla
lunghezza di riposo (ad es. E'QDf = 0.1 ), si determina il valore di affinchè sia soddisfatta la
seguente diseguaglianza
22
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≤ E'QDf
⇒
≥
hijkl
(48)
Come secondo passo si determina il valore di :$ imponendo un valore desiderato 12,?@' per la
pulsazione naturale mediante inversione della (46):
:$ =
*
ST,mni
− (49)
Come terzo e ultimo passo si determina il valore di $ imponendo un valore desiderato 5?@' per lo
smorzamento mediante inversione della (47)
$ = 23( + :$ ) 5?@'
(50)
Si potrebbe anche, in alternativa, scegliere di variare in linea il coefficiente op in dipendenza dal
valore di Mb (misurato per mezzo di una cella di carico) per fare in modo che la “massa
equivalente” + :$ si mantenga costante. In tal modo si realizzerebbe un sistema di
sospensioni attive le cui prestazioni sono insensibili, entro certi limiti, alle variazioni del carico
sospeso (che è un parametro soggetto a grosse variazioni in funzione anche del numero dei
passeggeri)
Analizziamo mediante luogo delle radici l’effetto della variazione del guadagno :$ . Il polinomio
caratteristico (45) può essere decomposto nella forma (25) ponendo B = :$ e
A1 () = + $ + A () = 2
(51)
Si possono avere due diversi andamenti del luogo in funzione del fatto che il polinomio A$ ()
abbia radici +$ e + complesse coniugate o reali negative. Si noti che il polinomio A () ha due
radici coincidenti nell’origine (,$ = , = 0)
Nel primo caso (caso A, radici +$ e + complesse coniugate) si ha l’andamento in Figura 17a. Nel
secondo caso (caso B, radici +$ e + reali negative) si l’andamento in Figura 17b. In entrambi i casi
i poli vengono attratti dall’origine al crescere del guadagno :$
Caso A
Caso B
+1
+2
+1
+2
Figura 17ab. Luoghi delle radici al variare del guadagno :$
23
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3.2.3 Controllo dell’assetto
I modelli di sospensioni attive introdotti finora, e le relative analisi, sono state prevalentemente
orientate al problema del miglioramento del comfort con riferimento alla compensazione delle
accelerazioni verticali dell’abitacolo causate dalle irregolarità della sede stradale.
Per il controllo dell’assetto (handling) è importante valutare la risposta del sistema in presenza di
forze esterne disturbanti agenti sulla carrozzeria che possono essere dovute ad effetti
aerodinamici (sia transitori che permanenti), trasferimenti di carico in frenata o in accelerazione,
etc. Disegniamo pertanto il seguente schema a blocchi in cui compare una forza esterna d(t)
d(t)
Xb
Mb
k
F(t)
Xr
Figura 18. Sospensione attiva con forza disturbante d(t)
Al fine di studiare il problema del mantenimento di una quota costante per la massa sospesa a
fronte di variazioni della forza disturbante d(t), da assumersi non nota, occorre un modello
matematico differente.
Sulla base dello schema a blocchi riportato in figura 18, si può scrivere la seguente equazione
= =(>) − q(>) + ( − ) + − (52)
che, con il solito cambio di variabile (3) viene trasformata come segue
+ = =(>) − q(>) + (53)
=(>) = −$ − :$ + =r (>) = −$ − :$ + =r (>)
(54)
Ora proponiamo una particolare forma per la legge di controllo in retroazione della forza in cui alle
aliquote già presenti nella (41) (le retroazioni di velocità e di accelerazione) si aggiunge una
componente aggiuntiva che chiamiamo =r (>):
Sostituendo la (54) nella (53) si ottiene
( + :$ ) + $ + = =r (>) − q(>) + Appunti di Controlli Automatici – Sospensioni attive per autoveicoli – v. 1.0
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(55)
24
Il sistema descritto dalla (55) può essere rappresentato mediante il seguente schema a blocchi
=r (>)
q(>)
+
(>)
−
+
1
( + :$ ) + $ + Figura 18. Schema a blocchi associato alla eq. (55)
Gli anelli di retroazione già richiusi nella (41), e la molla k, garantiscono, se ben tarati, un
comportamento soddisfacente per quanto concerne il miglioramento del comfort. La componente
aggiuntiva =r (>) può essere progettata quindi per assolvere a specifiche di controllo concernenti
l’handling. E’ obbiettivo della componente aggiuntiva =r (>) garantire la reiezione (o comunque una
sufficiente attenuazione) a regime degli effetti della forza disturbante d(t). E’ possibile ottenere
tale obbiettivo realizzando una struttura in retroazione come quella riportata nella Figura 19
q(>)
0
+
−
s() =r (>)
+
−
(>)
+
1
( + :$ ) + $ + Figura 19. Schema in retroazione per il controllo dell’assetto
Si noti che, sfruttando la linearità e quindi il principio di sovrapposizione, si potrebbe senza perdita
di generalità alcuna porre = 0 nello schema in Figura 19. Si deve in sostanza progettare la
forma del regolatore R(s). E’ opportuno considerare un disturbo d(t) costante perché se il sistema
di controllo riesce, con prontezza, ad operare la reiezione di un disturbo costante allora attenuerà
significativamente anche disturbi tempo varianti “sufficientemente lenti”. Appare chiaro dalla
Figura 19 come al fine di garantire la reiezione a regime di un disturbo d(t) costante si deve
realizzare un sistema di controllo di tipo 1 in cui il polo nell’origine sia presente a monte del punto
di inserimento del disturbo. Poiché il disturbo d(t) si sovrappone alla uscita del regolatore R(s) il
polo nell’origine dovrà necessariamente essere contenuto nel regolatore R(s).
La soluzione più semplice appare la realizzazione di un controllore puramente integrale, al quale
corrisponde la seguente Funzione di trasferimento
25
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s() =
t
'
La componente di controllo aggiuntiva =r (>) viene pertanto calcolata come segue
x
=r (>) = −u v (w)qw
(56)
y
(57)
Avendo posto = 0 il sistema a ciclo chiuso con il regolatore (56) può essere rappresentato
come segue
q(>)
u
−
=r (>)
+
−
1
( + :$ ) + $ + Figura20. Sistema a ciclo chiuso con regolatore integrale
Affinché il sistema di controllo goda delle desiderate proprietà di robustezze nei confronti del
disturbo d(t), l’inserimento del controllore R(s) deve mantenere la stabilità a ciclo chiuso del
sistema in retroazione in Figura 20.
Dimostriamo attraverso il teorema del valore finale che il sistema di controllo in Figura 20
garantisce la reiezione asintotica di un disturbo d(t) a gradino. Poniamo
#z () = (
$
)Q\ )'
* ) ')
\
La Funzione di trasferimento tra il disturbo d(t) è l’uscita (>) si calcola come segue
%f
{? ()
=
%& (')
h(')
= (
=
|} (')
$)~(')|} (')
'
=
}
*
)Q\ )' )\ ' )')t
\
V €j\ Wi* €\ i€‚
‚
\
$) it∙
ƒV €j\ Wi* €\ i€‚„
(58)
=
(59)
Se il seguente polinomio caratteristico a ciclo chiuso ha tutte le radici a parte reale negativa
A() = ( + :$ ) z + $ + + u
(60)
allora il valore a regime dell’uscita (>)in risposta ad un gradino costante q(>) = qy = …>. si
può valutare per mezzo del teorema del valore finale
26
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%f
lim (>) = lim {? ()E() = lim x→Š
'→y
= lim (
'→y
'→y
?‹ '
}
*
)Q\ )' )\ ' )')t
qy
=
( + :$ ) z + $ + + u =0
(61)
Abbiamo riverificato la nota proprietà dei sistemi di controllo di tipo 1 che garantiscono la
reiezione a regime di tutti quei disturbi costanti che si immettono nel sistema di controllo a valle
del blocco contenente il polo nell’origine. La retroazione integrale (57) garantisce quindi la
reiezione di un disturbo costante sotto l’ipotesi di sistema stabile a ciclo chiuso. Risulta cruciale
nell’esempio in esame il fatto che il polo nell’origine in catena diretta sia collocato a monte del
punto di intervento del disturbo, e quindi nel controllore.
Ricaviamo la condizione sui parametri di progetto che garantisca la stabilità a ciclo chiuso del
sistema, che garantisca cioè che il polinomio caratteristico (60) abbia tutte le radici a parte reale
negativa. Applichiamo a tal fine il Criterio di Routh-Hurwitz (RH). Il criterio di RH consente di
affermare se un dato polinomio abbia tutte le radici contenute nel semipiano sinistro, e in caso
contrario di determinare il numero di radici a parte reale positiva. Il criterio si basa sulla
costruzione di una certa tabella di numeri (tabella di RH). E’ stato dimostrato che un polinomio ha
tutte le radici a parte reale negativa se e solo se tutti gli elementi della prima colonna della Tabella
di RH hanno segno concorde. Per il polinomio caratteristico (60) si costruisce la seguente Tabella di
RH
Figura 21. Tabella di RH per il polinomio (60)
Gli elementi della prima colonna hanno segno concorde se e solo se il coefficiente A è
strettamente positivo. Tale condizione si verifica se
$ > ( + :$ )u
(62)
L’equazione (62) rappresenta pertanto il vincolo di progetto sui coefficienti del sistema di
sospensioni attive che deve essere soddisfatto al fine di garantire la stabilità del polinomio
caratteristico (60) della Funzione di trasferimento a ciclo chiuso.
27
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Con la metodologia applicata nei paragrafi 3.2.1 e 3.2.2 analizziamo mediante il luogo della radici
l’effetto della variazione dei coefficienti di progetto u , e $ sui poli a ciclo chiuso (cioè sulle
radici del polinomio (60)). Per comodità riportiamo nuovamente l’espressione del polinomio
caratteristico
A() = ( + :$ ) z + $ + + u z
Ricordiamo come si debba a tal fine fare riferimento alla seguente decomposizione
A() = A$ () + BA ()
dove B è il parametro di progetto che si intende analizzare.
(63)
Analisi rispetto al parametro Ž
Si deve porre B = u e scegliere i polinomi A$ () e A () come segue
A$ () = ( + :1 )3 + 1 2 + A () = 1
(64)
Il polinomio A$ () ha ora un polo nell’origine e due poli che possono essere sia reali negativi che
complessi coniugati. Per valori tipici dei parametri i poli del polinomio A$ () sono in genere
complessi coniugati e si assumerà tale ipotesi per il tracciamento del luogo. Il polinomio A () non
ha invece radici, quindi i tre rami del luogo convergono verso i tre asintoti.
Sotto l’ipotesi che il polinomio A$ () ammetta una coppia di radici complesse coniugate Il luogo
ha l’andamento riportato in Figura 22
u
u
Figura 22. Luogo delle radici del polinomio (60) al variare del guadagno u
La condizione (62) mi consente di esprimere il valore del guadagno critico u (il massimo valore
consentito per u oltre il quale due dei tre rami del luogo entrano nel semipiano destro
dell’instabilità) come segue
\
u =
(65)
)Q\
28
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Si può osservare come la scelta di u non sia semplice in quanto per valori molto piccoli la risposta
è molto lenta (a causa del polo a ciclo chiuso molto vicino all’origine) mentre per valori troppo
grandi abbiamo visto esserci il rischio dell’instabilità.
Analisi rispetto al parametro 
Si deve porre B = e scegliere i polinomi A$ () e A () come segue
A$ () = ( + :1 )3 + 1 2 + 
A () = (66)
Il polinomio A$ () ha tre radici delle quali una (+$) è reale negativa mentre le atre due (+ , +z )
sono complesse coniugate e instabili.. Il polinomio A () ha invece una radice nell’origine ,$ = 0.
+$
,$
+
+z
Figura 23. Luogo delle radici del polinomio (60) al variare del guadagno Va rimarcato come il luogo delle radici in Figura 23 parta dal semipiano destro ed evolva
successivamente verso il semipiano sinistro della stabilità al crescere del guadagno k. Il valore del
guadagno critico va ora inteso come un valore minimo per il guadagno al di sotto del quale il
sistema a ciclo chiuso è instabile. Il valore di si ricava analiticamente sempre dalla condizione
(62):
V +: W
= 1 
(67)
1
Analisi rispetto al parametro ‘p
Si deve porre B = $ e scegliere i polinomi A$ () e A () come segue
A$ () = ( + :1 )3 + + 
A () = (68)
Il polinomio A$ () ha tre radici delle quali una (+$) è reale negativa mentre le atre due (+ , +z )
sono complesse coniugate e instabili. Il polinomio A () ha invece due radici nell’origine
,$ = , = 0.
29
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$
+$
,$ , ,
$
+
+z
Figura 24. Luogo delle radici del polinomio (60) al variare del guadagno $
Il luogo in Figura 24 presenta un comportamento analogo a quello in Figura 23: parte dal
semipiano destro ed evolve successivamente verso il semipiano della stabilità al crescere del
guadagno c1. Anche stavolta il valore del guadagno critico $ va inteso come un valore minimo
per il guadagno al di sotto del quale il sistema a ciclo chiuso è instabile. Il esatto di $ si ricava
analiticamente sempre dalla condizione (62):
$
=
V +:1 W
(69)
3.3 Vantaggi e svantaggi delle sospensioni attive
Il progetto utilizzando sospensioni passive è molto semplice perche vi sono, come parametri di
liberi, i due soli valori e $. Le tecniche di analisi per sistemi lineari del secondo ordine
consentono di predire con semplicità il comportamento del sistema. Il progetto richiede un
compromesso tra
-
Attenuazione dei disturbi in media e alta frequenze dovuti alle asperità del manto stradale
Problemi di risonanza
Deflessione statica e dinamica
Stabilità “robusta” a fronte di incertezze parametriche (es. variazione della massa del
veicolo)
Talvolta si impiegano molle e smorzatori non lineari in cui le forze prodotte sono funzioni non
lineari della deformazione e della velocità relativa tra la massa sospesa e la massa non sospesa. Le
prestazioni migliorano significativamente ed è infatti una soluzione molto adottata nella pratica
anche a causa del costo e della complessità molto inferiore in confronto con un sistema di
sospensioni attive. I gradi di libertà in sede progettuale non sono comunque sufficienti per
ottenere prestazioni completamente soddisfacenti anche in contesti “spinti”. A vantaggio delle
sospensioni passive (sia lineari che non lineari) restano quindi la loro semplicità costruttiva, il
30
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basso costo e l’affidabilità. Nel caso di sospensioni attive i vantaggi in termini di prestazioni sono
notevoli, ma i “costi” da pagare sono:
-
Necessità di un compressore per il fluido idraulico che aziona gli attuatori, con i relativi
accessori (serbatoi di raccolta, servovalvole,…).
Necessità di attuatori di forza che applicano alla massa di sospesa le forze ”calcolate” dal
sistema di controllo della sospensione
Necessita di sensori (accelerazione, velocità, spostamento, deformazione,..)
Necessità di microprocessori, e di hardware e software per la loro gestione e per
l’immagazzinamento dei dati.
Tutto ciò si traduce in un aumento del peso del veicolo, maggior consumo (anche per la necessità
di fornire energia al sistema attuatore), maggior costo, minore affidabilità per l’elevato numero di
componenti. I sistemi elettronici alloggiati nei veicoli si trovano ad operare in condizioni
ambientali non facili e sono soggetti a forti disturbi elettromagnetici sia irradiati che condotti. Le
normative internazionali in termini di affidabilità per le elettroniche da alloggiarsi nei sistemi
automotive commerciali sono inoltre estremamente stringenti.
Almeno in linea teorica, meno nella pratica, le prestazioni di un sistema di sospensioni attive sono
limitate solo dalla potenza di attuazione che si sceglie di impiegare.
Come dato indicativo si può ipotizzare che un sistema di sospensioni attive richieda un incremento
di potenza tra i 5 e i 15 kW/ruota ed un incremento di peso tra i 20 e i 30 kg/ruota
Una soluzione di compromesso tra la semplicità e i bassi costi di una sospensione passiva e le
prestazioni elevate dii una sospensione attiva sono le cosiddette sospensioni semiattive, discusse
nella sezione successiva.
3.4 Sospensioni semiattive
Come anticipato nella sezione introduttiva e nella sezione 3, le sospensioni semi-attive hanno una
struttura simile a quella delle sospensioni passive con la differenza che impiegano un dispositivo
smorzatore del quale è possibile variare in linea il coefficiente di smorzamento che diventa
pertanto una funzione del tempo = (>) (v. Figura 6). A seconda della tecnologia costruttiva
dello smorzatore attivo, il valore del coefficiente di smorzamento può variare con continuità o in
modo discreto (cioè entro un insieme di valori costanti ammissibili). La variazione del coefficiente
di smorzamento è asservita alle letture dei sensori (velocità, accelerazione verticale e laterale,
angolo di sterzata,…) e ad un software di calcolo gestito da un microprocessore che implementa la
logica opportuna. E’ una soluzione molto più diffusa nella pratica rispetto alle sospensioni attive.
La potenza richiesta è modesta (dell’ordine delle poche centinaia di Watt) , e pesi e ingombri sono
nettamente inferiori. La grossa limitazione alle prestazioni ottenibili è che lo smorzatore può
generare forze solo in regime dinamico quando cioè esiste una velocità relativa non nulla tra le
masse sospese e le masse non sospese. Un attuatore attivo non è soggetto ad alcuna limitazione in
tal senso e la forza che può applicare alla massa è completamente svincolata dalle velocità relative
tra le masse sospese e non sospese.
Per contro, una sospensione semiattiva è un dispositivo di controllo che in sede di analisi teorica
introduce delle equazioni di funzionamento tempovarianti che invalidano i metodi di analisi
applicati nelle precedenti sezioni i quali assumevano per la sospensione un modello matematico
lineare e tempo invariante.
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Se consideriamo infatti la versione semi-attiva del modello single-mass mostrato in Figura 8 il
modello matematico risultante è il seguente
+ (>) + = + (70)
Poiché la variabile di stato è moltiplicata per il coefficiente tempo-variante c(t), al legame
ingresso-uscita (70) non può essere associate nessuna funzione di trasferimento.
Peraltro, in quei casi in cui in coefficiente c(t) può solo assumere un valore a scelta in un insieme
discreto di valori (c1, c2, … cn) si può pensare di definire una famiglia di funzioni di trasferimento,
ciascuna corrispondente ad uno specifico valore ci di c(t), e di sviluppare considerazioni di progetto
basate sulla “commutazione” imposta tra una Funzione di trasferimento e l’altra. Tale approccio
alla sintesi si configura nell’ambito della cosiddetta teoria del controllo “a commutazione”
(switched control) una area di ricerca piuttosto recente ed attualmente al centro degli interessi di
una vasta comunità scientifica.
I comportamenti ottenibili variando in linea la funzione di trasferimento di un processo possono
avere poco, o niente, a che fare con i comportamenti propri dei “sottosistemi”. Se però la rapidità
con la quale si varia il coefficiente c(t) è sufficientemente lenta, si possono applicare anche
metodologie di analisi più “standard”. La descrizione di tali tecniche avanzate di controllo esula
dagli aspetti di questo corso.
Spendiamo alcune parole in merito alle tecnologie realizzative per mezzo delle quali si realizzano
comunemente le sospensioni semiattive.
Iniziamo con il mostrare un tre diverse tipologie costruttiva di smorzatori idraulici passivi. La
figura 25 mostra 3 tipologie di smorzatori passivi (in inglese “dampers”, o “shock absorbers”)
utilizzati nelle applicazioni automotive. Tali dispositivi generano una forza quando un olio idraulico
viscoso fluisce attraverso la valvola che mette in comunicazione due camere a tenuta. Più è stretta
la luce d’efflusso della valvola, maggiore sarà la forza dissipativa di natura viscosa generata. La
figura 26 mostra una illustrazione più di dettaglio della tipologia di smorzatori passivi “twin-tube”
(anche detta “dual-tube”) che in figura 25 è quella alla sinistra. Tra i veicoli commerciali che
impiegano sospensioni semiattive citiamo l’ Audi A8, la Lancia Thesis, e la Opel Astra.
Una prima tipologia di smorzatori semiattivi di tipo idraulico è quella in cui il coefficiente di
smorzamento viene modificato variando meccanicamente, con opportuni attuatori tipicamente
elettrici o elettromagnetici, la luce di efflusso del fluido viscoso tra le due camere dello
smorzatore (figura 27).
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Figura 25. Smorzatori idraulici passivi
Figura 26. Smorzatore passivo a doppio tubo
Figura 27 Smorzatori idraulici semi-attivi ad orifizio regolabile (serie “CDC” Continuously Damping Control
della casa tedesca ZF Sachs)
Vanno diffondendosi degli smorzatori di tipo differente che usano particolari fluidi (fluidi reologici)
le cui proprietà fisiche (tra cui la viscosità) si modificano al variare di un campo magnetico o
elettrico applicato. In funzione del fatto che il fluido “risponda” ad un campo magnetico o elettrico
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applicato si parla di fluidi magnetoreologici (MR) o elettroreologici (ER). I primi sono
maggiormente usati perche la generazione di un campo elettrico sufficiente a variarne in maniera
significativa le caratteristiche richiede più energia rispetto alla generazione di un campo magnetico
che possa alterare significativamente la viscosità di un fluido magnetoreologico.
Avendo a disposizione un fluido MR o ER è possibile mantenere costante la luce di efflusso tra le
due camere e variare il coefficiente di smorzamento dello smorzatore semiattivo agendo
elettromagneticamente sulla viscosità del fluido. Maggiore sarà l’intensità del campo elettrico o
magnetico applicato, maggiore sarà la variazione della viscosità del fluido reologico rispetto la
valore in condizioni stazionarie. Questa tecnologia consente di ottenere ampie escursioni del
valore di viscosità. IL rapporto tra le viscosità massima e minima ottenibile dipende ovviamente
dal particolare fluido ma non è mai inferiore a 10.
In figura 28 osserviamo una possibile realizzazione. La luce di efflusso, ricavata nel pistone, è
circondata da una bobina elettrica (coil). La bobina è alimentata elettricamente da due conduttori
(wires) ubicati all’interno del pistone, e induce un campo magnetico nella regione di trafilamento
del fluido, variandone localmente la viscosità. Questa tecnologia consente di variare il coefficiente
di smorzamento con continuità.
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Figura 28 Smorzatore idraulico semi-attivo con fluido MR
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4. Modello quarter-car a due masse
Ricaviamo il modello matematico associato alla schematizzazione “a due masse” di un sistema di
sospensioni attive in cui si tiene conto anche della presenza di una forza disturbante esterna d(t).
Si presenta una versione leggermente più generale rispetto alle sospensioni attive studiate sinora.
In parallelo all’attuatore di forza F(t) ed alla molla è collocato uno smorzatore passivo con costante
di smorzamento c che in precedenza (v. Fig. 18) non veniva inserito in quanto il suo effetti può
essere “emulato” dall’attuatore F(t). Rispetto ai modelli studiati fino ad ora, sarà presente una
coordinata aggiuntiva, la quota Xt della massa non sospesa, ed un nuovo parametro, l’elasticità kt
del pneumatico.
d(t)
Xb
Mb
k
F(t)
c
Xt
Mt
kt
Xr
Figura 29. Modello quarter-car a due masse di un autoveicolo con sospensioni attive
Le equazioni di funzionamento, che possono essere dedotte semplicemente disegnando i
diagrammi di corpo libero delle due masse in Figura, hanno la forma seguente
= =(>) − q(>) + ( x − ) + (x − ) + − (71)
x x = −=(>) − ( x − ) − (x − ) − + x ( − x ) + x x − x (72)
= x + − ’ +
(73)
Calcoliamo i valori di equilibrio e x delle posizioni e x in condizioni statiche, cioè quando
(>) = 0, =(>) = 0, q(>) = 0, e sotto l’azione della sola forza peso. Tali valori si ricavano
facilmente dalla (71) ponendo a zero i termini di derivata temporale. Si ottiene:
)“
”
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x = x −
( )“ )
“
(74)
Introducendo le nuove variabili “differenza”
= − (75)
x = x − x
(76)
si può riscrivere l’equazione (71) in una forma alternativa semplificata, completamente
equivalente, dove però non sono più presenti i termini costanti , , x x , e x .
Sostituendo nella (71) le relazioni (73)-(76) e osservando che
= = x = x
x = x
si può scrivere il seguente modello in termini delle variabili “differenza” e x (75) e (76)
= =(>) − q(>) + ( x − ) + (x − )
(77)
(78)
x x = −=(>) − ( x − ) − (x − ) + x ( − x )
(79)
Le equazioni (78)-(79) possono essere scritte in forma compatta utilizzando la notazione in termini
di “variabili di stato”
• = –• + —˜ + ™š
(>)
 (>)
•=œ x Ÿ
œ (>)Ÿ
› x (>)ž
0
0
¥ – = ¤− £
“
(80)
˜=¡
−
0
0
)“
“
1
0
−
“
(>)
¢
=(>)
0
1
−
“
¨
§
¦
š = q(>)!
0
0
¥
— = ¤0
“
£“
(81)
0
0
$
$
¨
§
− ¦
“
0
©=ª 0 «
−1
0
(82)
Come variabili di uscita può avere senso considerare due segnali che sono molto importanti per
valutare le prestazioni di una sospensione attiva. Un primo segnale è l’accelerazione della
massa Mb, mentre un secondo segnale è la variazione = (>) della forza di contatto tra la ruota e
la strada rispetto al valore della forza di contatto statica quando =(>) = 0, q(>) = 0, cioè
= (>) = = (>) − =¬ = x (x − )
)
=¬ = “ (83)
Queste sono infatti tra le grandezze principali sulla base delle quali valutare le prestazioni del
sistema di controllo. L’implementazione del modello (80)-(82) in ambiente Matlab-Simulink è
lasciata come esercizio per il lettore.
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5. Considerazioni conclusive
La valutazione delle prestazioni di una sospensione è estremamente soggettiva. L’autista ne
giudica la prestazioni sulla base di sensazioni personali che possono variare da persona a persona.
Si possono identificare 4 principali criteri oggettivi per quantificare le prestazioni di una
sospensione per autoveicoli. Il primo è l’accelerazione, soprattutto quella verticale. E’ stato
mostrato chiaramente da numerosi studi come sia proprio l’accelerazione a determinare in
maniera prevalente la sensazione del pilota (o del passeggero) relativamente al comfort di guida e
di viaggio. Non a caso l’accelerazione è il parametro fondamentale in base al quale si pianificano i
profili di accelerazione e frenatura degli ascensori. Il secondo criterio è la deformazione dinamica
dei pneumatici, direttamente correlata alla tenuta di strada e quindi all’handling. Quando la
deformazione del pneumatico è molto elevata si hanno grosse fluttuazioni della forza di contatto
tra pneumatico e la strada. Si può pertanto avere perdita di aderenza e l’autista può facilmente
perdere il controllo del veicolo. Il terzo criterio è la deformazione della sospensione, che in regime
sia statico che dinamico non deve mai eccedere quel valore in corrispondenza del quale la
carrozzeria si “appoggia” sopra la ruota. L’ultimo criterio è il mantenimento dell’assetto del veicolo
nel senso di minimizzare sia le variazioni della quota della carrozzeria rispetto alla sede stradale
che i moti di rollio, beccheggio e imbardata (v. Figura 2)
Il range di frequenza delle vibrazioni del veicolo gioca un ruolo fondamentale nella trasmissione
della sensazione di comfort ai passeggeri. Ricerche condotte in campo medico hanno mostrato che
le frequenze che maggiormente infastidiscono la persona umana sono quelle comprese ne range
4÷200 Hz. Se una persona è soggetta a vibrazioni verticali nel range 4÷8 Hz risulterà presto
affaticata anche in assenza di sforzi fisici. La testa e il collo sono sensibili negativamente a
vibrazioni nel range 18÷20 Hz, mentre la regione viscerale è sensibile alle frequenze nel range 5÷7
Hz. Anche vibrazioni a frequenza molto bassa possono infastidire notevolmente la persona che le
subisce. Si pensi a titolo di esempio che il classico “mal di mare” è dovuto a vibrazioni che in
genere hanno frequenza inferiore a 0.7 Hz.
Le sospensioni attive riescono come detto a risolvere brillantemente il compromesso tra il
miglioramento del comfort e il controllo dell’assetto (handling). Un sistema di sospensione attiva
utilizza come detto un attuatore di forza inserito in un loop di controllo che utilizza, come input,
anche i segnali di comando prodotti dal pilota. Il “cuore” del sistema è la centralina di controllo
(ECU) che processa i segnali acquisiti e produce i segnali di comando per i dispositivi attuatori.
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Figura 30 Schema di riferimento di una sospensione a controllo elettronico
La sospensione attiva può quindi anche iniettare energia nel sistema e non si limita a dissiparla in
maniera controllata come avviene nelle sospensioni semi attive. Sospensioni attive sono impiegate
in pochi veicoli di alta gamma come ad esempio il coupè Toyota Soarer, e la Mercedes serie
SL500.
Come elementi attivi di smorzamento delle vibrazioni nel veicolo si incontrano anche le barre
antirollio, che interconnettono due ruote dello stesso asse e generano, in maniera passiva o
attiva,una coppia che tende a smorzare i moti di rollio non desiderati. Le barre attive antirollio
utilizzano in genere attuatori idraulici. Alcuni costruttori (es. BMW) propongono sistemi di
sospensione con barre attive antirollio e smorzatore semi-attivo.
Figura 31 Barre antirollio
Un recente trend prevede l’impiego nelle sospensioni attive di attuatori elettromagnetici lineari. Uno dei
principali vantaggi è la rapidità di risposta, di gran lunga superiore agli attuatori idraulici. Inoltre, l’utilizzo di
circuiti elettronici di comando rigenerativi consente di riconvertire in energia elettrica parte dell’energia
dissipata, incrementando l’efficienza complessiva del sistema. Vediamo in Figura 32 un prototipo. Allo stato
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attuale, visti gli elevate costi e la bassa densità di potenza di tale tipologia di attuatori, si può presagire nel
medio termine una bassa diffusione di questa tecnologia
Figura 32 Sospensioni attive con attuatori elettromagnetici lineari
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