Tosi tessitori lezioni e let 19

Transcript

Tosi tessitori lezioni e let 19
imp sevizia interno_imp sevizia 29/04/14 15:38 Pagina 1
Giorgio Ferigo
Il certificato
come sevizia
l’Igiene Pubblica
tra irrazionalità
e irrilevanza
imp sevizia interno_imp sevizia 29/04/14 15:50 Pagina 2
In copertina
Disegno di Erika Pittis
Progetto grafico
cdm associati
Stampa
Poligrafiche San Marco, Cormòns (Go)
© Associazione culturale Giorgio Ferigo
Cjasa dal Botêr – 33023 Comeglians (Ud)
www.giorgioferigo.net
© FORUM
Editrice Universitaria Udinese srl
Via Palladio, 8 – 33100 Udine
Tel. 0432 26001 / Fax 0432 296756
www.forumeditrice.it
Udine, 2014, seconda edizione
(prima edizione, 2001)
ISBN 978-88-8420-856-9
Ferigo, Giorgio
Il certificato come sevizia : l’Igiene Pubblica tra irrazionalità e irrilevanza / Giorgio
Ferigo ; prefazione di Giovanni Pianosi. – 2a ed. – Udine : Forum, 2014
In copertina: Associazione culturale Giorgio Ferigo
ISBN 978-88-8420-856-9
1. Certificati medici – Sociologia
I. Pianosi, Giovanni
II. Associazione culturale Giorgio Ferigo
306.461 ISTITUZIONI CULTURALI. MEDICINA E SALUTE
Scheda catalografica a cura del Sistema bibliotecario dell’Università degli studi di
Udine
imp sevizia interno_imp sevizia 29/04/14 15:38 Pagina 3
Giorgio Ferigo
Il certificato
come sevizia
l’Igiene Pubblica
tra irrazionalità
e irrilevanza
Prefazione
di Giovanni Pianosi
Associazione Culturale
Giorgio Ferigo
FORUM
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 4
imp sevizia interno_imp sevizia 29/04/14 15:40 Pagina 5
INDICE
Prefazione di Giovanni Pianosi
pag.
7
»
19
»
29
»
»
40
50
»
»
»
63
74
88
Stupidezzi e altri stupidezzi
7. L’ediligienica. Ovvero: della ridondanza
8. L’«igiene» come punizione del vicino
9. Il subiettivo e l’ostativo
»
»
»
101
117
130
Da TULS a caos
10.Il travet e l’acchiappamariuoli.
Ovvero: l’ambiguo statuto della Pubblica Igiene
11.Una modesta proposta
»
»
147
170
Il certificato come sevizia.
L’Igiene Pubblica tra irrazionalità e irrilevanza
Introduzione
Le mignatte, ad esempio
Il certificato come sevizia
1. ‘…di sana e robusta costituzione’.
Ovvero: la madre di tutti i certificati
2. Note molto serie su un certificato molto comico: il
libretto sanitario per alimentaristi
3. Sevizie di genere vario
4. Dietro il mirino. Note sui ‘requisiti visivi’ per usare armi
da fuoco
5. Due o tre cose sulla patente
6. Perinde ac cadaver
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 6
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 7
PREFAZIONE
Pur essendo praticamente coetanei, pur avendo fatto a lungo lo stesso
mestiere, pur avendo partecipato in più occasioni agli stessi convegni e
scritto sulle stesse riviste, per oltre due decenni Giorgio Ferigo e io ci
siamo sfiorati senza incontrarci, tanto che quando un collega mi segnalò Il
certificato come sevizia (doveva essere il 2002 o il 2003) il libro e il suo autore mi erano ignoti.
All’apertura del volume fu un immediato colpo di fulmine: sin dalla prima
pagina mi domandai chi fosse quello ‘sconosciuto’ che scriveva così bene;
che conosceva così a fondo le questioni trattate, non solo grazie all’esperienza maturata sul campo ma anche per gli apporti di una cultura vasta e
profonda; che padroneggiava con sicurezza una bibliografia sterminata,
ignorata in larga misura dagli stessi specialisti; che argomentava con una
logica serrata e inoppugnabile davanti alla quale non restava che alzare le
braccia.
E, come se non bastasse, riusciva a far ridere il lettore fino alle lacrime trattando una materia che, affrontata da altri, produce solo sbadigli e voglia di
scappare.
Dovevo assolutamente conoscerlo, mi misi a cercarlo, lo trovai. Ne nacque
un profondo legame anche se tra noi ci sono stati soltanto saltuari scambi
di mail e qualche telefonata e sono state solo due le volte in cui ci siamo
visti, sempre nella sua amatissima Carnia.
Eppure si è trattato di uno degli incontri più importanti della mia vita e
Giorgio è stato per me, come ho scritto in altra occasione, l’amico trovato
troppo tardi e perduto troppo presto.
Ma mettendo da parte le vicende personali e tornando a Il certificato come
sevizia, nei dieci anni e più trascorsi dalla prima entusiasmante lettura mi è
capitato più volte, anche di recente, di rileggerne un capitolo, di utilizzarne un brano, un’immagine, una singola frase. Può essere che qualcosa non
sia più d’attualità, perché il tempo comunque passa, ma ogni volta vi ho
7
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 8
ritrovato la verve di sempre, una preziosa lezione metodologica, la ricchezza e la profondità dell’impostazione: per Giorgio Ferigo la burocrazia sanitaria – o la burocrazia tout court –, contro la quale si è vigorosamente battuto, non è solo una fastidiosa degenerazione amministrativa che fa perdere tempo, denaro e pazienza, ma è anche un habitus mentale, una visione
del mondo, una pratica esistenziale che soffoca l’intelligenza, mortifica le
competenze, stimola la diffidenza e la dissimulazione, favorisce l’assunzione di atteggiamenti irresponsabili da parte di professionisti, funzionari, cittadini. Che mina cioè fin dal profondo la società e la convivenza civile1.
La riproposizione di questo libro da parte della Associazione Giorgio Ferigo non è quindi soltanto un omaggio alla memoria di un nostro compagno
di strada di rara acutezza e preveggenza, ma è anche un’operazione di
stringente attualità, ancor più necessaria perché nei tredici anni trascorsi
dalla sua pubblicazione la burocrazia sanitaria nel nostro paese non solo
non si è ridimensionata ma, al contrario, è cresciuta a dismisura.
Si può dire che, in Italia, la lotta alla burocrazia sia da sempre una questione all’ordine del giorno, con i bei risultati che ognuno può agevolmente verificare da sé.
A dar retta all’Enciclopedia Treccani, il tema è stato affrontato fin dall’inizio del secolo (scorso, naturalmente)2. Di nostro aggiungiamo che, negli
ultimi decenni, vi si sono impegnate personalità tra loro diverse per appartenenza politica e caratura professionale: dal compassato professor Sabino
Cassese all’irrefrenabile Renato Brunetta, dal tecnocrate Franco Bassanini
a quella sorta di Quintino Sella in sedicesimo che è stato Raffaele Costa (do
you remember?).
Ma, come in un gioco dell’oca taroccato, ci ritroviamo sempre e comunque
alla casella di partenza. Come mai?
Forse perché tra le peculiarità del nostro paese c’è anche quella di avere
uno strano modo di lottare contro la burocrazia per cui non è affatto raro
1
Mentre preparavo queste note, è comparso su «La Repubblica» (5 aprile 2014, p. 30) un
corsivo di Michele Serra, nella sua rubrica L’amaca, ispirato da una delle solite storie di
ordinaria follia nel campo dell’igiene degli alimenti, ampiamente illustrate anche da Giorgio Ferigo in tanti suoi scritti, compreso Il certificato come sevizia. Serra si domanda:
«Come per l’uovo e la gallina, non si capisce se sia un popolo incline all’imbroglio ad avere
generato uno Stato sbirro, o viceversa».
2
M. D’ALBERTI, Pubblica amministrazione, in Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti,
[VI] appendice, Roma 2000, pp. 508-512 (pp. 511-512), disponibile anche on-line:
http://www.treccani.it/enciclopedia/pubblica-amministrazione_(Enciclopedia-Italiana)/.
8
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 9
che le misure di semplificazione introdotte si rivelino più complicate di
quelle che vanno a sostituire o cui, spesso, si aggiungono.
Eppure, all’attività parlamentare in tema di semplificazione non è mancato il supporto delle forze vive della nazione – le organizzazioni dei lavoratori, degli imprenditori, dei consumatori… – attraverso commissioni ad
hoc, gruppi di esperti, tavoli di confronto che, pur animati dalle migliori
intenzioni, hanno prodotto quasi sistematicamente dei mostri. Come è normale che capiti quando gli interessi particolari, i diritti acquisiti, la reciproca diffidenza, i principi non negoziabili (che non sono affatto un genere di monopolio della Città del Vaticano) hanno il predominio sulla ragione e su un genuino desiderio di cambiare.
Per avere un’immagine icastica della burocrazia italiana ci soccorrono i
miti greci: quello di Sisifo prima di tutto, che mette davanti ai nostri occhi
il penoso spettacolo del ripetersi di azioni che ricominciano continuamente da capo sempre uguali a se stesse. Così come la lotta alla burocrazia è
anticipata dalle vicende dell’idra di Lerna, che ogni volta che le si tagliava
una testa gliene rispuntavano due.
Ma quante teste ha la burocrazia, idra dei nostri tempi?
Molte, probabilmente, ma tre mi sembrano prevalere su tutte le altre,
almeno nel nostro paese: il processo di produzione delle leggi, l’intermediazione tra le leggi e la vita delle persone, alcune peculiarità negative del
carattere degli italiani.
Su come vengono prodotte le leggi in Italia è ancora di stretta attualità
quanto ha scritto in pieno Medioevo Dante Alighieri3, che cita Atene e
Sparta come esempi di paesi seri, regolati da un numero ristretto di leggi,
mentre i paesi che seri non sono producono un’infinità di norme, continuamente fatte e disfatte. Così che, aggiungiamo noi, la confusione regna
sovrana.
Dante scaglia la sua invettiva contro Firenze ma, senza dubbio, se fosse vissuto oggi, al posto di Firenze avrebbe messo l’Italia.
Se Dante usa l’invettiva, Alessandro Manzoni ricorre invece all’ironia, narrando delle gride spagnole che si susseguivano una dopo l’altra, sempre
più dettagliate, con pene sempre maggiori ma sempre ugualmente ineffi-
3
«Atena e Lacedemona, che fenno/ l’antiche leggi e furon sì civili,/ fecero al viver bene
un picciol cenno/ verso di te che fai tanto sottili/ provvedimenti, ch’a mezzo novembre/non giugne quel che tu d’ottobre fili» (Dante Alighieri, La divina commedia, Purgatorio, canto VI, vv. 139-144).
9
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 10
caci nei confronti dei potenti e potenzialmente pericolose per il popolo
minuto. Perché, come spiega l’avvocato Azzeccagarbugli a un allibito
Renzo Tramaglino: «…a saper ben maneggiare le gride, nessuno è reo, e
nessuno è innocente»4.
Non è così ancor oggi? Le parole di Dante e di Manzoni parlano di tempi
remoti o descrivono una situazione più che mai attuale per il nostro paese?
Aveva provato a rimediare a questa situazione l’onorevole Roberto Calderoli che, tra una spiritosa performance su Maometto e le fatiche per dare
all’Italia giudiziose norme elettorali, ha trovato il modo di mandare al rogo
oltre 375.000 tra leggi e regolamenti, «armato d’ascia, piccone e fiamma
ossidrica», come ci ha riferito a suo tempo il «Corriere della Sera»5. Tanto
per confermare il valore perenne dell’aforisma di Ennio Flajano secondo il
quale la situazione, nel nostro paese, è spesso grave ma non seria.
Nonostante il rogo calderoliano le leggi continuano a essere troppe, spesso mal strutturate perché uno stesso provvedimento può toccare argomenti disparati, tra loro tanto poco armonizzate da disorientare anche i
più agguerriti professionisti del diritto, mal raccordate alle norme preesistenti così che, troppo spesso, non si capisce neppure se queste ultime
esistono ancora, se sopravvivono in parte o se sono del tutto superate; e,
last but not least, pessimamente scritte6 così da dare adito a un vasto campionario di ambiguità, perplessità, interpretazioni.
Alla base della burocrazia pletorica, approssimativa, vessatoria, illogica,
caotica, contraddittoria con cui abbiamo quotidianamente a che fare, c’è
anche un lussureggiante sottobosco di decreti applicativi, regolamenti,
accordi tra Stato e Regioni, circolari, avvisi comuni, interpretazioni
autentiche, giù giù fino ad arrivare alle procedure, ai moduli, alle marche
da bollo che, in teoria, dovrebbero trasformare i precetti di legge, necessariamente astratti, in norme effettivamente operative.
In teoria, appunto.
4
Alessandro Manzoni, I promessi sposi, capitolo III.
Calderoli brucia le leggi abrogate, in «Corriere della sera», 24 marzo 2010; on line il video
del rogo: http://www.corriere.it/politica/10_marzo_24/rogo-leggi-calderoli_18be1 c403732-11df-bfab-00144f02aabe.shtml.
6
Per un approfondito esame di come sono scritte le leggi in Italia si rimanda a B. MORTARA GARAVELLI, Le parole e la giustizia (Torino 2001): il quadro che esce dalla lettura di
questo libro non è propriamente esaltante. Gioverebbe al legislatore dare un’occhiata
anche a un’altra opera della stessa Autrice, il Prontuario di punteggiatura (Bari 2003), visto
che punti, virgole, e punti e virgola vengono quasi sempre messi nei testi di legge seguendo il criterio della più rigorosa casualità. Con gli effetti che si possono immaginare.
5
10
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 11
In pratica, è qui che si dà la stura ai più incontrollati particolarismi; che
si mettono in campo le più dure resistenze a ogni cambiamento; che si
condisce il piatto preparato dal legislatore con ogni genere di spezie che
ne modificano a piacimento il sapore; che si usa un italiano involuto7 a
confronto del quale quello del legislatore diventa quasi cristallino; che si
mette in atto una sorta di perpetua gara enigmistica con il povero cittadino costretto a cercar di risolvere ogni genere di indovinelli e di rebus.
È difficile trovare un direttore di Ministero, capo di Gabinetto, funzionario della Prefettura, dirigente regionale, capufficio comunale (e qui mi
fermo) che resista alla tentazione di lasciare un segno nella gran macchina della pubblica amministrazione, che rinunci a fare sfoggio della sua
dottrina tanto faticosamente accumulata. Va da sé che, approntato ogni
genere di marchingegno, è del tutto assente, invece, la domanda tipica
dell’approccio empirico anglosassone: funzionerà?
Risulta poi strano che, con tanti dirigenti pubblici nutriti di cultura classica, venga sistematicamente dimenticato uno dei ritrovati più curiosi
incontrati nei nostri studi liceali, il rasoio di Occam, che in una delle sue
varie formulazioni enuncia (in pieno Medioevo, si badi bene) la regola
che dovrebbe stare alla base di ogni burocrazia: frustra fit per plura quod
fieri potest per pauciora. Cioè, è inutile fare con più (passaggi, carte, visti,
ecc.) ciò che può essere fatto con meno.
E veniamo, avviandoci alla conclusione, al terzo e ultimo tema su cui
desidero attirare l’attenzione: quello che ha a che fare con alcune peculiarità negative del carattere degli italiani.
Se qualcuno ci si vuole mettere d’impegno può prendere o riprendere in
mano il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani di Giacomo Leopardi, ma se si vuole restare sul leggero sono sufficienti i cinque minuti che dura il video di Bruno Bozzetto Europe and Italy (con il
sottotitolo: Dedicato a quelli che credono che gli italiani si comportino
7
Numerosi sono stati i tentativi, anche in ambito istituzionale, di migliorare la qualità della
lingua impiegata nei testi di legge e negli atti amministrativi, finalizzati in particolare alla
ricerca della semplicità e della chiarezza. Una quindicina di anni fa c’è stato un proliferare di iniziative anche di grande valore. Ne cito due: il Manuale di stile. Strumenti per semplificare il linguaggio delle amministrazioni pubbliche, curato da A. FIORITTO (Bologna
1997) e la Guida alla redazione dei testi normativi (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, Circolare 2 maggio 2001, G.U. 101, 3 maggio 2001, Serie generale). Inutile dire che
alle speranze suscitate non sono seguiti i risultati attesi. Lo stomaco della burocrazia digerisce questo e altro.
11
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 12
come gli altri europei)8 per capire che la burocrazia che ci soffoca non è
una sciagura mandataci dalle perfide stelle, né il disegno occhiuto di una
casta insensibile alla nostra tranquillità ma, in qualche misura, è uno
specchio che rimanda una nostra immagine.
La tentazione di dare la colpa a qualcun altro che avvertiamo peggiore di
noi, e nei cui confronti ci sentiamo moralmente superiori, è parte integrante del problema che dobbiamo risolvere; questo vale per la burocrazia come per tanti altri aspetti non commendevoli del nostro vivere associato. Parlando d’altro, ma neanche troppo, un acuto osservatore della
realtà italiana come Edmondo Berselli, diverso e simile a Giorgio Ferigo
(ohimè, simile anche nella prematura scomparsa) ha scritto:
…se tutto il male familistico, clientelare e abbuffino stesse da una parte
sola, i giochi sarebbero semplici e ci sarebbe da riscattare solo il cinquanta
per cento della comunità nazionale. Un’inezia9.
Nel frattempo, tra gli anni in cui scriveva Giorgio Ferigo10 e oggi, in Italia la burocrazia sanitaria è cresciuta a dismisura (e non solo quella sanitaria) e nei paesi di più antica industrializzazione è scoppiata la più grave
crisi economica da parecchi decenni a questa parte. L’Italia è tra quelli
che ne stanno soffrendo di più e oggi siamo ben lontani dal vedere una
via d’uscita su cui fare affidamento.
Tra le ragioni non contingenti della nostra crisi vi è anche la cappa sempre più soffocante della burocrazia, che scoraggia il nascere di nuove attività economiche e ostacola la crescita e talora persino la sopravvivenza di
quelle esistenti; oltre, naturalmente, a rendere sempre più complicata la
vita dei cittadini.
Giorgio Ferigo ha lottato contro la burocrazia in ambito sanitario – campo
in cui risulta particolarmente odiosa – e lo ha fatto non solo con la denuncia, sempre chiara, documentata, inoppugnabile, ma anche elaborando
efficaci e praticabili alternative e attivandosi in ogni modo perché tali alternative trovassero la strada per essere effettivamente applicate.
Se qualche risultato c’è stato, sempre modesto rispetto al necessario e alla
8
B. BOZZETTO, Europe and Italy, 2009, visibile in http://www.youtube. com /wat chv =Dp
4MBaySYLM.
9
E. BERSELLI, Sinistrati. Storia sentimentale di una catastrofe politica, Milano 2008.
10
Il certificato come sevizia è stato pubblicato nel 2001.
12
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 13
fatica che è costato, e un certo numero di vani adempimenti sono stati
cancellati, lo si deve più che a ogni altro a Giorgio Ferigo.
Ma nel frattempo il quadro di riferimento è completamente cambiato.
Finché Giorgio era in vita la lotta contro la burocrazia è stata soprattutto la rivolta dell’intelligenza contro la stupidità, del professionismo contro l’incompetenza, del diritto contro l’arbitrio.
Oggi, e a ogni giorno che passa sempre di più, si tratta di una lotta per la
pura e semplice sopravvivenza perché, se non taglieremo tutte le teste
dell’idra burocratica, c’è da dubitare che si possa uscire dalla selva oscura in cui ci siamo smarriti.
Giovanni Pianosi
13
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 14
imp sevizia interno_imp sevizia 29/04/14 15:38 Pagina 15
Il certificato
come sevizia
l’Igiene Pubblica
tra irrazionalità
e irrilevanza
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 16
Molti amici hanno letto le varie stesure di questo libro.
Poiché desideravo ringraziarli ad uno ad uno,
ho stilato un elenco. Più di un elenco.
Ma ogni volta che li ricontrollavo, mancava qualche nome.
Per non commettere omissioni, li ringrazio tutti collettivamente.
Ho tenuto conto di molte delle loro osservazioni e dei loro suggerimenti.
Va da sé che sono il solo responsabile dei difetti, degli errori,
e delle stupidaggini rimaste.
Tutti gli esempi riportati nel libro sono veridici e documentati.
Ma i nomi dei protagonisti o dei luoghi sono – va da sé – fittizi.
Se taluno degli appellativi da me immaginati coincide con quello
di persone reali, si tratta di coincidenza puramente casuale.
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 17
Dedicato alla memoria di Elio Agosti
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 18
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 19
LE MIGNATTE, AD ESEMPIO
Un’introduzione
1. Molti dei certificati ‘sanitari’ richiesti ai cittadini non hanno alcun
significato sanitario.
Spesso non certificano nulla di certificabile; e costringono il medico che
li rilascia ad illazioni, predizioni, previsioni, e ad un esercizio della prognostica che si rivela molto prossimo alla divinazione; la cosinomanzia –
cioè il sortilegio con le forbici e il crivello per scoprire i ladri, che tanta
diffusione ebbe in Europa durante l’età moderna – ha avuto certamente
più dignità professionale di gran parte dell’attività certificatoria oggi prestata dai medici.
Come dimostrerò in questo scritto, la possibilità che un certificato coincida o si approssimi alla realtà è eventualità remota; la sua efficacia è
generalmente nulla; il suo scopo è la trasformazione del facile nel difficile tramite l’inutile; ottenerne uno si risolve in: ingiustificata perdita di
tempo, ingiustificati prelievi di liquidi organici, ingiustificato esborso di
danaro da parte del certificando; ed ingiustificata umiliazione del certificatore.
Gran parte dei certificati medici potrebbe senza danno alcuno essere
sostituita da conchiglie elicoidali, da foglie d’acero, da decalcomanie:
portate al Provveditorato, al Collocamento, al Municipio, alla Questura,
incluse nel fascicolo personale, esse testimonierebbero in modo altrettanto tangibile che l’indigeno si è sottoposto alla prassi rituale, ha attraversato le forche, ha adorato gli idoli della tribù.
Inutile come una Prefettura, inefficace come l’inzuccheramento dei pendenti, incongrua come i foglietti dei baci-perugina, irrazionale come uno
scongiuro, la certificazione ripetuta negli anni – o addirittura richiesta
più volte in un anno – si configura come deliberata sevizia, nonché come
tassa occulta, per il cittadino.
Franco Bassanini è, con tutta evidenza, un galantuomo, il più amato dagli
italiani.
19
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 20
Avrà dunque avuto le sue buone ragioni, quando ha escluso dal novero dei
certificati ‘sostituibili’ con dichiarazioni, i «certificati medici, sanitari...»1.
In effetti, i certificati medici e sanitari e le annesse pratiche vessatorie
non debbono essere sostituiti: debbono essere aboliti, puramente e semplicemente.
2. Come è noto, per due millenni e mezzo, nella medicina occidentale,
ha avuto gran voga la pratica del salasso.
Infatti, dei quattro umori – bile gialla, bile nera (o atrabile), flegma e sangue – i cui reciproci rapporti e proporzioni si riteneva determinassero
salute e malattia, l’unico di cui era possibile facilmente modificare la
quantità, spillandolo da una vena, era il sangue.
Lo spillatore s’appellava anche flebotomo, e lo spillamento, flebotomia.
La flebotomia avveniva tramite incisioni con penne lanceolate, o con vaccinostili, oppure col famoso ago ad alette di Strauss. Venivano usate
anche le sanguisughe, pescate o appositamente allevate (irudinicoltura)
negli stagni, conservate in ziri di coccio con sabbia umida o terra di
padule, e applicate al malato con un complesso e insieme patetico rituale (le ‘coppette’).
Si riteneva che la sottrazione di sangue potesse diminuire una pressione
arteriosa molto alta, attenuare uno stato di pletora, sottrarre all’organismo veleni (addirittura l’ossido di carbonio! addirittura il fosgene!) o
tossine (uremia, colpo di calore)2.
Se ne magnificavano le azioni «regionali». In questi casi si utilizzavano le
sanguettole, che venivano applicate alla regione temporale, nell’irite; alla
mastoide (il celebre sanguisugio mastoideo) nella congestione o emorragia
cerebrale; alla base del torace nelle polmoniti (qualunque cosa s’intendesse
con la parola ‘polmonite’); al triangolo del Petit nella nefrite acuta, nella
nefrite «uremigena», nelle congestioni renali; sulla faccia interna delle cosce
per le flebiti degli arti inferiori; all’ano in caso di emorroidi.
Ma si trattava di un rimedio invero universale, poiché le mignatte
erano adoperate anche nella poliomielite anteriore acuta, nella meningite tubercolare infantile, nella laringite flemmonosa, nell’amenza3.
1
D.P.R. 20.10.1998, n. 403 (Regolamento di attuazione degli articoli 1, 2 e 3 della legge 15
maggio 1997, n. 127, in materia di semplificazione delle certificazioni amministrative).
2
R. MONTELEONE, Salasso, voce dell’Enciclopedia Medica Italiana, Firenze 1956.
3
A. ALFIERI, Sanguisugio, voce dell’Enciclopedia Medica Italiana, cit.; A. PAL, Sanguisuga,
voce dell’Enciclopedia Italiana Treccani, Roma 1949.
20
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 21
Nel corso dell’Ottocento si era giunti alla consapevolezza dell’inutilità
del sanguisugio grazie ai primi esperimenti clinici controllati: Josef
Skoda, medico ceco operante nella Vienna del Vormärz, e CharlesAlexandre Louis, medico all’Hôtel-Dieu di Parigi, confrontarono le condizioni di salute di pazienti (davvero pazienti!) sottoposti a salasso con
quelle di malati non sottoposti a salasso: gli scampati alla sottrazione di
sangue stavano nettamente meglio4.
Nonostante ciò – nonostante che i malati del dottor Broussais, corego
estremo del vampirismo sanificatore, diventassero con sospetta e drammatica frequenza oggetti delle mirabili autopsie del medesimo dottor
Broussais5; nonostante che le scoperte microbiologiche e tossicologiche
ne venissero screditando l’utilizzo nella polmonite, nell’etisia, e nell’ossicarbonismo; nonostante diventasse di giorno in giorno più perspicuo
l’imbroglio di una parassitosi scambiata per una terapia; nonostante l’incongruenza di un’unica cura valida per molti malanni tutti diversi tra loro
per natura e causa – nonostante ciò, il salasso fu praticato per buona
parte del Novecento. Ancora nel 1929 la Farmacopea Italiana registrava
le due specie di mignatte utilizzabili per il sanguisugio: l’Hirudo medicinalis e l’Hirudo officinalis. E la pratica veniva descritta come attuale,
benché in declino, ancora nei trattati degli anni Cinquanta.
In questa storia, vi sono molti elementi di rilievo.
Innanzitutto, i fautori della flebotomia non erano tenuti a dimostrare
alcunché: non la plausibilità ermeneutica, non la fondatezza scientifica,
non l’utilità fattuale del loro operato. L’onere della prova spettava esclusivamente a coloro che ne combattevano l’uso.
In secondo luogo, non bastarono le dimostrazioni di inefficacia a scalfire o a distruggere una pratica bimillenaria, ancorché causa di numerose
vittime e coronata da evidenti insuccessi, ma basata su rappresentazioni
simboliche forti e su credenze radicate.
L’antica cultura ematica (la conoscenza delle sue virtù e dei suoi segreti, delle
qualità, delle integrate temperanze o delle ripugnanti distemperanze) vedeva
4
P. CH.-A. LOUIS, Recherches sur les effets de la saignée dans quelques maladies inflammatoires, et sur l’action de l’émetique et des vésicatoires dans la pneumonie, Paris 1835.
5
W.F. BYNUM, François Joseph Victor Broussais, voce del «Liber Amicorum. Repertorio
biografico di storia della medicina e delle scienze naturali», suppl. a «Kos», 6 (1981), pp.
142-143; vedi M. FOUCAULT, Nascita della clinica. Il ruolo della medicina nella costituzione
delle scienze umane, Torino 1969, pp. 210-220.
21
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 22
nella flebotomia una evacuatio universalis, una necessaria grande purga o
purificazione del sangue-vita, un rinnovamento del liquore vitale, una universalis medicina omni passionis ex plenitudine che faceva sgorgare, insieme
agli umori deteriorati, le passiones, gli agenti del male e dello squilibrio fisiopsicologico6.
Tra l’uso del salasso e le certificazioni si ravvisano alcune simiglianze, ed
una differenza. Si prenda, ad esempio, l’ormai mitologico «Certificato di
Sana & Robusta Costituzione Fisica», di cui si dirà.
Anch’esso si riferisce a un’ideologia sanitaria passata in predicato: il
costituzionalismo sta alla Sana & Robusta, come l’umoralismo stava al
salasso.
Anche nel caso dei certificati, coloro che legiferano sembra non siano
tenuti ad esibire uno straccio di prova sull’utilità delle norme che emanano. Assistiamo di continuo al florilegio variopinto delle opinioni di
ministri (con e senza portafoglio), di parlamentari (sedentari o transumanti), dei mandarini di Gabinetto e delle sottoprefette in tailleur che
indicano ai sudditi la panacea e l’elisir dei guai nazionali. Ma le norme
che vincolano un intero popolo non possono essere basate su opinioni:
debbono fondarsi, bensì, su dimostrazioni, studi, prove. Invece, come ai
tempi di Skoda e di Louis, tocca a coloro che ne contestano l’utilità
addurre prove d’inefficacia.
Infine, quasi tutti i certificati attengono alla superstizione e ad illusorie
rappresentazioni sociali di ‘sicurezza’. Quanti li contestano, non s’illudano di abbatterli con facilità, in nome della razionalità e del buonsenso.
Sovente, un baluardo cartaceo è ritenuto migliore di nessun baluardo.
C’è una differenza, tuttavia.
Se, oggidì, una legge imponesse l’utilizzo delle mignatte per la terapia
dell’ictus, vedresti clinici e parenti insorgere, adirati ed ilari, e disobbedire con giocoso ’fanculismo ad una norma invereconda, in nome della
dignità professionale gli uni, in nome dello schifo e della pietas gli altri.
Il clinico – dovendo scegliere tra norma ed etica – sceglierebbe con tranquilla e fiera decisione l’etica: a tutti piace essere Antigone, una volta
nella vita.
Al contrario, una legge impone il «Certificato di Sana & Robusta Costituzione Fisica»: ma né i medici pubblici né i cittadini insorgono. Brontolano un po’, ridacchiano, e si adattano a capo chino.
6
P. CAMPORESI, Il sugo della vita. Simbolismo e magia del sangue, Milano 1984 (la citazione sta a p. 19).
22
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 23
Il dilemma del medico pubblico si pone, infatti, tra ‘atto pubblico’ e ‘falso
in atto pubblico’ – l’uno e l’altro cacata charta; e la carta si lascia scrivere –
in ambedue i casi la figura che rimedia è quella del peracottaro.
3. Ho esaminato in questo libro analiticamente alcuni dei certificati cui
gli italiani sono costretti, nel tentativo di metterne in evidenza l’inconsistenza razionale, l’indimostrabilità scientifica e l’inefficacia pratica. Ho
poi allargato la riflessione ad alcune procedure molto frequenti – l’autorizzazione sanitaria di pubblici esercizi, l’igiene edilizia, i cosiddetti
inconvenienti igienici – ed, infine, all’intera disciplina.
Le conclusioni sono: che l’«Igiene Pubblica» versa in una gravissima crisi
culturale; che la sua struttura ed impianto ideologico sono vetusti ed
inapplicabili; che gli indubbi successi conseguiti in ben limitati campi (ad
esempio, nella lotta contro le malattie infettive) hanno rafforzato anche
le sue parti caduche o grottesche – in una sorta di compulsiva coazione
a ripetere all’infinito gesta gloriose, anche in assenza dell’oggetto della
gloria (vedi l’ossessione per la ‘nutrizionistica’, in tempi in cui non ci
sono più né pellagra né scorbuto); che essa sopravvive oggi prevalentemente in termini vessatori ed in arzigogoli burocratici, incurante di
smentite scientifiche e di riscontri di fatto.
In verità, smentite e riscontri non si possono nemmeno proporre: la
disciplina non è dimostrabile né falsificabile, poiché non si fonda su
dimostrazioni o su paradigmi razionali, bensì e soltanto sulla coerenza
formale con postulati amministrativi; in questo caso, la «medicina basata
su prove» che tutto il mondo invoca non è applicabile: al massimo, si può
provare col dileggio.
Col dileggio ho abbondato. Ho cercato di evitare, quanto più mi è stato
possibile, il gergo tecnico: credo, infatti, che non la pigrizia degli addetti né le improbabili conversioni dei burocrati potranno fare piazza pulita di questi scempi, ma soltanto la decisa domanda dei cittadini.
In realtà, i ‘cittadini’ – intesi come consapevoli artefici del proprio destino, all’interno di convenzioni pattuite condivise e rispettate – sono una
categoria che la Sanità Pubblica non contempla: la Sanità Pubblica, così
come oggi è concepita, prevede soltanto sudditi.
Il suo impianto-base ideologico, infatti, rimanda ai princìpi e alle direttive della Medizinische Polizei – applicazione all’igiene, alla salute ed alla
statistica della più generale Polizeiwissenschaft, la nuova scienza dell’amministrazione elaborata dal cameralismo tedesco per il governo della
23
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 24
‘coniugalità’, delle professioni e dello Stato – introdotta nella Lombardia
di fine Settecento dal medico renano Johann Peter Frank7.
La Polizia medica contemplava un soggetto, il Principe (o il Magistrato)
illuminato; un oggetto, l’ordinata conservazione della salute del popolo;
ed un mezzo, la coercizione. Il Principe si faceva carico della ‘felicità’ dei
suoi sudditi, imponendo loro misure volte a tutelarne la salute - misure
che i sudditi da soli non avrebbero messo in opera, perché preda di
‘superstizioni’ e di ignoranza. Perciò, ad esempio, bisognava costringerli
alla vaccinazione antivaiolosa: i sudditi, per conto loro, l’avrebbero scampata, potendo. Questa Polizia era onnipervasiva; invadeva ogni spazio,
anche il più intimo: lo Stato, nel ricercare il bene comune, poteva addirittura indirizzare o contrastare gli ‘appetiti sessuali’ dei singoli, quando
– attraverso il contagio coniugale e la trasmissione ereditaria – minacciassero l’integrità della famiglia o delle stirpi future:
non so ben comprendere come nella vita sociale s’abbia a conservare intatta
la libertà naturale dell’uomo, e che pare a me pensar troppo alla Rousseau
colui che così pensa [...] Si vogliono meno leggi e conservare con queste
poche leggi la libertà [...] Ma non è egli meglio per me e per gli altri membri
dello stato che mi siano legate le mani [...] Sì ma la polizia medica! La polizia medica farà che ogni padre di famiglia sia verso la pubblica sicurezza
garante de’ suoi domestici: obbligherà il marito all’osservanza de’ suoi principali doveri verso sua moglie, sia ella sana, ammalata, gravida, partoriente, o
puerpera: la polizia medica, se lo crederà necessario, ricercherà conto ai genitori della vita, della fisica educazione, dei castighi, dell’impiego dei loro figli:
essa impedirà i matrimoni di dissolute vecchie con floridi giovani avari; matrimoni d’un tisico dichiarato con una donzella sana e vigorosa, la polizia medica vieterà che non possa alcuno condur in sui pascoli comunali le sue bestie
infette, né girar liberamente e infettare tutta la città, s’egli o i suoi sono presi
dal mal contagioso o dalla peste [...] Tali essendo le incumbenze della polizia
medica [...] gli è strano assai che si incolpi la polizia medica di voler troppo
restringere la libertà civile e favorire la dispotica potenza legislativa, è che
male intendiamo cosa sia libertà8.
7
E. BRAMBILLA, La medicina del Settecento: dal monopolio dogmatico alla professione scientifica, in Storia d’Italia. Annali 7, Malattia e Medicina (a cura di F. Della Peruta), pp. 3-147,
passim. Dalla figura di J.P. Frank prende l’avvio – per una critica pacata ma serrata e radicale delle imbecillità cui la Pubblica Igiene è costretta – M. VALSECCHI, La prevenzione in
una società complessa, in «Bollettino SNOP», 1998, 47-48, pp. 7-11.
8
G.P. FRANK, Sistema completo di polizia medica, Milano 1825, I, pp. 26-29 (ma il System
einer vollständingen medizinischen Polizei venne dato alle stampe a Mannheim nel 1779 ed
ebbe già a fine ’700 edizioni tradotte in italiano).
24
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 25
(Ma forse è necessario risalire ancora più indietro; al 1596, a quella decisione terminale – alla fine di una serie anche contraddittoria e contrastata di decisioni – della Controriforma che fu davvero capitale per la cultura italiana, e che consisteva nel vietare la lettura della Bibbia in volgare ai popolani, poiché difficilia Fidei non tradenda sunt rudi populo. Si
trattò di una catastrofe civile, prima ancora che culturale. Così, mentre i
contadini e gli artigiani tedeschi e ungheresi, sloveni e svedesi, francesi
ed inglesi leggevano la Bibbia direttamente e nella loro lingua, protagonisti in prima persona e responsabili della loro ‘salvezza’ – qualunque
cosa si voglia intendere con la parola ‘salvezza’ – i contadini e gli artigiani italiani si dovettero accontentare delle regolette minuziose e arbitrarie
dei catechismi, delle sanzioni paternalistiche o violente dei tribunali
inquisitoriali, in una perenne confusione di reato e di peccato, in un’eterna partita doppia di furbizie e scappatoie. Da qui la fregola tutta italiana per i precetti, che pochi conoscono e tutti infrangono, confidando
nella benevola assoluzione con tre pateravegloria di penitenza)9.
Ridotti a gregge dei fedeli, per molti secoli; a lazzaroni sventati e inaffidabili, da reggere con le dande; a volgo disperso che nome non ha, gli italiani sono ancora dei sudditi, da tener sotto tutela, per gli eredi di quegli
antichi prelati, di quegli intellettuali illuminati – i moderni burocrati.
In verità, sull’estremo scorcio del Millennio, lo Stato italiano – tramite
l’unico Ministro della Sanità della sua intera storia dotato di attributi, la
signora Bindi – sembra aver cambiato rotta. Ha varato, infatti, un «Patto
di solidarietà per la salute» che
impegni le istituzioni preposte alla tutela della salute e una pluralità di soggetti: i cittadini; gli operatori sanitari; le istituzioni; il volontariato; i produttori, non profit e profit, di beni e di servizi di carattere sanitario [...] I risultati di salute non dipendono infatti soltanto dalla qualità tecnica delle prestazioni, ma trovano radici più profonde nella responsabilizzazione dei soggetti coinvolti e nella loro capacità di collaborare. [...]
La promozione della salute non può prescindere dalla maturazione di una
coscienza civile e dalla assunzione da parte di tutti i cittadini di una responsabilità personale diretta e consapevole nei confronti del proprio benessere fisico, psichico e sociale, in termini di diritti così come di doveri»10 [i corsivi sono miei].
9
Vedi, da ultimo, G. FRAGNITO, La Bibbia al rogo. La censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della Scrittura (1471 - 1605), Bologna 1997.
10
D.P.R. 23.07.1998, n. 201 (Approvazione del Piano sanitario nazionale per il triennio
1998-2000), p. 10; sul significato di ‘patto’ vedi A. BURDESE, in «Novissimo Digesto Italiano», sub voce, XII, pp. 708-711.
25
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 26
Parole solenni; e linguaggio chiaro. Un patto si stipula tra liberi, che liberamente dispongono di sé, non tra soprastanti che impongono e sottani
che ubbidiscono. Un patto presuppone la responsabilità reciproca: i liberi contraenti di un patto si fidano l’uno dell’altro. Un patto esige la consapevole e concorde adesione, non la cieca e sospettosa costrizione. Un
patto decade per dolo o per colpa; non tollera arbitrio o supponenza.
Applicato alla Sanità Pubblica, il «Patto di solidarietà» ne sfracella il
mito e il rito, il nome e il come, sfracella la Cosa intera, con tutta la sua
languida esausta tignosa decrepita insensatezza.
4. Nonostante l’analisi minuziosa, il libro non è esaustivo delle scemenze che la Medicina Pubblica è costretta a esercitare. Si tratta di un caso
di ‘analisi infinita’; e questo libro non può che essere in progress.
Gli esempi qui contenuti riguardano la realtà friulana, che l’autore conosce. Sono tutti veritieri; sono tutti esemplari. Ma il lettore di altre regioni d’Italia si rinfranchi: non sta leggendo un libro di folklore regionale;
egli, purtroppo, può operare a piacimento tutte le inferenze che crede
opportune. Dalle sue parti, le cose vanno esattamente allo stesso modo;
o peggio.
Presi singolarmente, gli argomenti qui trattati potranno sembrare minuzie. Alcuni parlamentari avveduti principiano adesso a demolire le più
evidentemente decrepite tra di esse (L. 23.12.2000, Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2001, art. 92, p. 14 e art. 93); manca ancora, però, una riflessione
sui ‘fondamenti’ – decrepiti anch’essi – della disciplina. Ne rimangono
comunque a iosa, e producono una generale clastìa di didimi, con conseguenze di non poco conto nei rapporti tra popolo e Potere.
Ma in prima fila, a prendersi insulti e disprezzo, non c’è il Potere.
In prima fila ci siamo noi – i medici di Pubblica Sanità.
26
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 27
IL CERTIFICATO COME SEVIZIA
– Come trovate il governo del Gran Mogol?
– disse il consigliere.
– Abominevole – rispose il bramino.
– Come volete che uno Stato
possa essere ben governato dai Tartari?
I nostri ragià, i nostri omra, i nostri nababbi
sono molto contenti, ma i cittadini non lo sono affatto,
e alcuni milioni di cittadini
rappresentano pure qualcosa.
VOLTAIRE, Dictionnaire philosophique portatif,
London (ma Genève) 1764
(trad. it., Torino 1971).
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 28
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 29
1
‘...DI SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE’
ovvero: la madre di tutti i certificati
1. Nel Ventennio occorreva, onde venir assunti nella Pubblica Amministrazione, essere sani e robusti.
Erano tempi in cui al bicipite e al lombo, nonché alla coglia del Cuce,
arridevano i sospiri delle Massaie Rurali ed i tumidi deliqui delle Figlie
della Lupa.
Manco morti avrebbero potuto lavorare in un ufficio statale tre delle
grandi star fasciste: Carnera l’acromegalico e il criptorchide Vate – robusti, ma ad ogni evidenza non sani; nonché il Marconi Guglielmo – sano,
ma decisamente mingherlino, e fin clorotico.
Tuttavia essi erano übermenschen; ai comuni mortali questo imponeva la
Legge, che era ovviamente Dura, ma Legge – anzi Regio Decreto: agli
impiegati civili e militari dello Stato11, agli alunni che si iscrivevano a
scuola12, agli impiegati di Comuni, Province, Consorzi13, al personale
delle Banche (che nemmeno ricordano – e io con loro – data e numero
di quell’Erredì, del quale comunque si strafottono: fanno eseguire una
visita di preassunzione da un medico prezzolato e subito sotto a fa i
danè).
2. Se Lei chiede, Chiarissimo Professore dai folti cernecchi – o Lei,
Distintissima Sciüra che ambisce all’impiego – o Lei, Bel Giovinotto con
diploma ISEF in cornice – se Voi, in quest’anno di corni giubilari e di adamitici calendari, chiedete al medico, intento a dichiararVi su carta intestata Sani & Robusti, una ancorché vaga definizione di ciò che sta compilando, egli alzerà la fronte dal sudato scrittoio, strizzerà gli occhi
miopi per metterVi a fuoco, aggrotterà le ciglia sullo sguardo vacuo per
11
R.D. 30.12.1923, n. 2960, art. 1.
R.D. 04.05.1925, n. 653, art. 2.
13
R.D. 03.03.1934, n. 383, art. 221.
12
29
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 30
metterSi a fuoco, infilerà una mano nello sparato del camice e... non
saprà che dire.
Che cosa sia la ‘costituzione fisica’ egli non l’ha studiato in fisiologia, né
in patologia generale, e nemmeno nelle patologie speciali, e men che mai
nel corso di medicina legale.
Il medico che avete davanti a Voi, Vi sta compilando un certificato di cui
ignora completamente il senso.
Sarete ben fortunelli se nel vostro interlocutore affiorerà vaghissimo il
ricordo della scuola neocostituzionalistica italiana: siete incappati in uno
dei nove, massimo undici medici che la conoscono nell’Italia intera, l’insegnamento di Storia della Medicina essendo, com’è noto, complementare.
Ora, bisogna sapere che Achille De Giovanni, clinico inarrivabile (e poi
grande aula) dell’Università di Padova, sosteneva che ad una determinata forma corporea (umana) esterna corrisponde una data forma interna,
e che da essa potrebbe dedursi il giudizio sulle capacità funzionali, sulle
predisposizioni morbose, e financo sulle ‘tendenze’ morali di un individuo14.
La ‘forma esterna’ aveva questo di bello: che si poteva indagare anche nel
1909.
E come?
Ma con la cordella metrica, che diamine, per misurarne i parametri e calcolarne le relative proporzioni.
Ecco i dieci parametri fondamentali, secondo Giacinto Viola, allievo di
De Giovanni e cattedratico insigne:
1. la lunghezza dello sterno o iugulo-xifoide;
2. la lunghezza dell’addome superiore o xifo-epigastrica;
3. la lunghezza dell’addome inferiore o epigastrico-pubica;
4. la lunghezza dell’arto superiore (al polso);
5. la lunghezza dell’arto inferiore (al malleolo);
6. il diametro trasverso del torace;
7. il diametro antero-posteriore toracico;
8. il diametro trasverso ipocondriaco;
9. il diametro antero posteriore ipocondriaco;
10. il diametro trasverso del bacino o bicresto-iliaco;
Da qui si ricavano le misure composte, i valori fondamentali, gli indici sintetici; indi, si aprono le «Tavole di calcolo», si inserisce l’individuo così
14
A. DE GIOVANNI, Morfologia del corpo umano, Milano 1904-1909.
30
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 31
notomizzato nella scala pentenaria, e si decide se esso sia normotipo, longilineo microsplancnico, brevilineo megalosplancnico, ovvero mixotipo
– a prevalenza micro o a prevalenza megalo.
Il normotipo «per lo sviluppo armonico dei vari segmenti corporei soddisfa in alto grado all’ideale estetico, approssimandosi molto alle proporzioni delle più classiche statue elleniche»15.
Quanti cadevano entro ambiti di ‘normalità’ prefissati, venivano definiti
di costituzione Sana & Robusta.
Sciüra, mi accingo a cingerLe le ubertose pòpole, Le agrimensuro sùbito
il callipigio bòffice, Sua venustà riducoLe in sartoriali ìndici; non si adonti se indugio là sui punti di rèpere: ardito è il protocollo ove prevede il
pùbico; La prego il clima tòlleri da pochade un po’ equìvoca che si diffonde in quest’ambulatorio aséttico: si tratta del Suo impiego!
Né dimenticherò la biometria morale, giusta l’inconfutabile illumination
di Pende: «Occorre una pesatura mentale, non metrica»16.
Né scorderò la diatesi!
E i loci minoris resistentiae!
E la predisposizione individuale!
MisuràtaLa, inserìtaLa nella scala pentenaria, Lei mi riesce, Sciüra, Sana
& Robusta (d’ora in poi: S&R), e insieme mixotipa megalosplancnica;
onde si esce da qui perfino ilare per il felicemente ottenuto attestato, ma
ignara del connotato morale che la dice giulivissima oca e del denotato
estetico che inappellabile La descrive: di cul-basso fin ai tacchi.
3. Inappellabile?
La voglio consolare, Signora; è appellabilissimo.
Le propongo qui un florilegio di stupidaggini gemmate intorno al concetto di ‘costituzione fisica’, nei primi decenni di questo secolo. Non si
spaventi per l’incomprensibile lessico: non significa proprio nulla; e la
maggior parte dei sanitari lo ignora. A buonissimo diritto può ignorarlo
anche Lei.
Quel giudizio è appellabile se usiamo, ad esempio, i ‘tipi’ di Sigaud17.
Ce n’è trentadue: il tipo respiratorio, il tipo digestivo, il tipo muscolare e
il tipo cerebrale; e, questi e quelli e gli altri ancora, piatti o tondi; e, quin-
15
G. VIOLA, La costituzione individuale, Bologna 1933.
N. PENDE, Le debolezze di costituzione, Roma 1927.
17
C. SIGAUD, La forme humaine et sa signification, Paris 1914.
16
31
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 32
ci e quindi, a superficie uniforme, oppure ondulata, ovvero bozzuta o
invero cubica: eccola divenuta, Signora mia, demoiselle d’Avignon tramite certificazione.
O, forse, sarebbe più corretto utilizzare i dettati dello Stratz che procedono «dal canone artistico di Fritsch» (ignoto ai più, ma noto allo
Stratz)18: e che La trasformano, per via d’attestato, in Lulu liberty con
sfondi aurati e asfodéli e mantelle di Fortuny.
Oppure, la concezione del Bryant, così come modificata dallo Stockard,
così come precisata dal Bean: dove Lei potrebbe essere un «tipo laterale»,
cioè «erbivoro», perciò iperontomorfo ed epiteliopatico; oppure un «tipo
lineare», cioè «carnivoro», e perciò mesontomorfo e mesodermopatico19.
Ce n’è per tutti i gusti, Signora mia: i quattro parametri biotipologici di
Pende, le otto varianti e le quattro forme di passaggio delle individualità
morfologiche umane di Barbara, le tre tipìe pure e le nove tipìe miste di
Castaldi...
Le ripeto: non si spaventi per il lessico, incomprensibile e vuoto: ben
altro è il gergo che oggi esprime ciò che porterà Lei e noi tutti al dolore
ed alla inevitabile morte.
Al tomografaro che utilizza con disinvoltura l’assiale computerizzata; al
risonatore che La infila in quel suo rumoroso catafalco magnetico; ma
che dico? all’ecografista e al radiologo e fin all’addetto di laboratorio,
cosa vuole che importi mai la sinciziologia di Kraus, benché «scienza dell’unità vitale dell’essere»?
Sono ancora lì che ridono di questi puerili lemmi e misure e classificazioni, che risalgono ai tempi di marcocaco, e che pertengono più a filosofemi secchi come stoccafissi che ad un approccio operativo ed efficace
alla salute ed alla malattia.
Anche la loro disciplina passerà, certo. Intanto è passata questa, e definitivamente.
Lo sa, Gentilissima, com’è finito il ‘neocostituzionalismo’ – di cui la S&R
è figlia legittima e naturale?
È naufragato malamente in una atroce «scienza dell’ortogenesi», che
sarebbe poi
l’arte di migliorare continuamente il bilancio biologico della nazione, e degli
18
C.H. STRATZ, Der Körper des Kindes und seine Pflege, Stuttgart 1921.
R.B. BEAN, The Two European Types, in «American Journal of Anatomy», 31 (1923), p.
259 ss.
19
32
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 33
individui liberandolo più che è possibile dalla massa dei mediocri e degli improduttivi e degli invalidi precoci, dei mediocri della salute fisica, dei mediocri
morali, dei mediocri intellettuali, mediocri che sottraggono ogni anno miliardi alla ricchezza nazionale.
È naufragato malamente con questo peana demenziale: «il pensiero biologico moderno non solo s’identifica col pensiero politico mussoliniano,
che è unitario e correlazionistico, ma deve identificarsi col pensiero filosofico della patria fascista...»20.
Così parlava il sopracitato autore dei quattro «parametri biotipologici»,
quel Nicola Pende, Direttore dell’Istituto Fascista di Ortogenesi e Bonifica Umana, mentre correva l’anno del Signore, e di Adolfo, 1936.
4. I Padri della Prima Repubblica – rimpianti come pochi in tempi grami
di prima bis – corressero in parte la stortura (e con ciò, la complicarono
ancor più).
Essi, infatti, pretesero che gli impiegati civili dello Stato esibissero un
certificato di «Idoneità fisica all’impiego» (in sigla, IFI)21, oppure, un certificato «attestante l’idoneità fisica al servizio continuativo ed incondizionato nell’impiego al quale si riferisce il concorso»22.
Ora, la IFI è cosa diversa dalla S&R.
La S&R è la piena «efficienza psicosomatica allo svolgimento di qualsiasi
attività», e prospetta «buone garanzie di efficienza, qualunque sia il lavoro in cui il soggetto sarà occupato» (ordunque il travet dovrebbe poter
esibire un fisico da trapezista del circo Togni o da pilota di Shuttle, e
anche il mondo dei contabili essere popolato da free-climbers e da bodybuilders) e coincide con il concetto di «integrità biologica, a prescindere
dallo svolgimento di una qualche attività».
Al contrario, l’IFI implica una valutazione in relazione all’attività lavorativa che dovrà essere concretamente svolta (il marcantonio al suo mercato ortofrutticolo e lo scriccioletto alla sua biblioteca, ma anche: il cieco al
centralino e il paraplegico al terminale).
20
G. COSMACINI, Scienza e ideologia nella medicina del Novecento: dalla scienza egemone
alla scienza ancillare, in «Storia d’Italia», Annali 7 cit., pp. 1221-1267. Le citazioni stanno,
rispettivamente, a p. 1263, nota, ed a p. 1267. Qui e nelle citazioni successive, il corsivo è
dell’Autore.
21
D.P.R. 11.01.1956, n. 16, art. 2; D.P.R. 10.01.1957, n. 3, art. 2.
22
D.P.R. 03.05.1957, n. 686, art. 11.
33
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 34
I Padri Coscritti dimenticarono di abolire esplicitamente la S&R (anche
loro talvolta pisolavano).
Quella smemoratezza comportò il seguente andirivieni: un cotale si reca
dapprima in Municipio, per ottenere il libretto di lavoro; poi va dall’Ufficiale Sanitario, onde farsi dichiarare Sano & Robusto; con detto certificato, partecipa al concorso pubblico per titoli e esami per accedere al
posto di bidello, o di timbratore di cartoline in posta, o di cinovigile in
comune; vinto il concorso, torna dall’Ufficiale Sanitario per farsi dichiarare ‘fisicamente idoneo’ a prestare un servizio continuativo ed incondizionato in bidelleria, allo sportello, o al canile municipale. Così, e soltanto così, diventa un impiegato civile dello Stato.
Può finalmente cominciare a poltrire in santa pace.
Una di queste due visite è certamente superflua; anzi, lo sono entrambe;
l’esito dell’una può contraddire l’esito dell’altra; e certamente l’una e l’altra sono in contraddizione col fatto che dietro quel medesimo sportello,
in quella medesima bidelleria, in quello stesso canile può poltrire anche
colui che è stato dichiarato Non-Sano Ma Robusto, Sano Ma Mingherlino, Malsano & Fiappo – come si vedrà.
Quando poi il rischio professionale dovuto all’usurante lavoro produrrà
i suoi effetti (rispettivamente: il ‘podice del bidello’, il ‘gomito del postale’, e la ‘sura dell’accalappiacani’) andranno a farsi benedire vuoi l’incondizionato vuoi il continuativo. Ciò accadrà al secondo anno d’impiego.
Nel 1994, è stato emanato il Decreto Legislativo numero 626, che «prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori
durante il lavoro, in tutti i settori di attività, privati o pubblici»23.
Per tutti i lavoratori, pubblici e privati, un medico competente è tenuto
ad «accertamenti [...] intesi a constatare l’assenza di controindicazioni al
lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica»24.
A questo punto, per accedere a sportello, bidelleria e canile, di visite
mediche ne servon tre: una per l’idoneità ‘generica’ (S&R); e due (identiche) per l’idoneità ‘specifica’ (IFI e 626).
23
D. Lgs. 19.09.1994, n. 626 (Attuazione delle direttive 89/39/CEE, 89/654/CEE,
89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE
riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro), Titolo I, Capo I, Disposizioni generali, art. 1.
24
Ibid., art. 16, punto 2, lettera a.
34
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 35
Il cittadino esilarato ma commosso da tante attenzioni, ambisce conoscere il nome del Genio di cotanto ardimento, onde ricambiare. Grato.
5. Tutto questo accade perché coloro che dettano (e che interpretano)
norme, non badano affatto alla congruità ed all’utilità di queste regole
con e per l’umana esistenza, ma si limitano ad accertarne la coerenza con
le norme precedenti: si limitano a ciribiricoccole mentali.
Nel 1992 fu pubblicata la Legge 104, col suo bravo articolo 2225.
Lo riporto qui per intero: «Ai fini dell’assunzione al lavoro pubblico e
privato non è richiesta la certificazione di sana e robusta costituzione
fisica».
Apriti cielo, il bordello! Giusti numi, il marasma che sortì!
Poiché S&R ed IFI erano state a lungo identificate, si ritenne da molti che
l’abolizione della S&R sottintendesse l’abrogazione dell’IFI.
Il panico sgomento che li afferrò in gola! E come fibrillarono fin nei precordi! E come il timor blu ne colorò i pomelli!
Ai burosensitivi mancò terra ferma sotto i piedi. Pei grangh tramoolz no
restaar quasi ad un26.
Innumeri quesiti giunsero al ministero.
E qui si scatenò un solerte funzionario della Presidenza del Consiglio dei
Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica – chiosando a briglia
sciolta27; e chiosando delirava; e delirando prendeva, tra un pertanto e un
peraltro, lucciole per lanterne, rome per tome, e ravi per travi.
Disse e scrisse che «l’idoneità fisica... costituisce requisito eterogeneo
rispetto a quello della sana e robusta costituzione».
Il che è inconfutabile.
E scrisse anche che «l’articolo 22 è compreso nella legge di tutela delle
persone portatrici di handicap. Pertanto... deve essere interpretato con
riferimento alla situazione degli stessi portatori di handicap».
Indubbio e ardito.
25
L. 05.02.1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti
delle persone handicappate), art. 22.
26
«A causa dei gran terremoti non rimase quasi pietra su pietra». È un verso del poeta friulano Girolamo Biancone, su cui vedi G. PERUSINI, Un poeta friulano del Cinquecento: Girolamo Biancone, in «Ce Fastu?», XIV (1938), pp. 89-92 e pp. 145-149. Si tratta di un poeta
sconosciuto ai più ma molto interessante; cfr. R. PELLEGRINI, Tra lingua e letteratura. Per
una storia degli usi scritti del friulano, Tavagnacco 1987, pp. 140 ss.
27
Circolare 26.06.1992, protocollo numero 90543/7/488.
35
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 36
E scrisse infine: «Per questi infatti non sarebbe fondatamente prospettabile una valutazione medico-legale sulla S&R. La presenza dell’handicap
contraddice invero alla sana e robusta costituzione».
Ineccepibile ed inattaccabile.
Inattaccabili banalità, come ognun vede – salvo i ciechi, ça va de soi.
Il chiosatore non chiosò fino in fondo, ma facciamolo noi per lui.
Dal momento della sua istituzione al momento della sua abrogazione
(1992), il certificato di ‘sana e robusta costituzione fisica’ non era mai
stato rilasciato ai portatori di handicap – per la contraddizion che nol consente.
Pertanto, l’abrogazione del 1992 non poteva riguardare che quanti erano
tenuti ad esibirlo – vale a dire i sani e robusti, o (il che è lo stesso) i nonportatori di handicap – se ha un senso la logica maior e quella minor, la
materiale e la formale, e fin la simbolica, ove occorra.
Ma poni caso che la S&R sia stata abrogata solo per i portatori di handicap. Le cose si prospetterebbero così:
a) i portatori di handicap debbono essere idonei al lavoro (ed esibire
dunque un solo certificato);
b) i non portatori di handicap debbono essere Sani & Robusti, oltreché
idonei al lavoro (ed esibire pertanto due certificati).
Ne risultano conseguenze quantomeno comiche: gli handicappati non
hanno la necessità di avere quel certificato che non possono avere, laddove i non-handicappati hanno necessità di avere quel certificato che è
superfluo debbano avere;
sarebbe conveniente per tutti diventare un po’ handicappati, in modo da
ridurre le certificazioni necessarie al vivere (il che è esatto soltanto in
parte, perché anche il fatto di essere portatori di handicap dev’essere certificato);
e comunque che certificato è mai quel certificato che se si può rilasciare
si rilascia, e se no no, tanto non importa?
E infine: un uomo è un uomo, o un continuum cartaceo dentro una cartellina blu28?
28
E senza tanti arzigogoli, il Ministro della Pubblica Istruzione (allora, pro tempore, Rosa
Russo Jervolino) scrisse, in una enciclica ministeriale: «Per le iscrizioni a classi delle istituzioni scolastiche [materne, elementari e secondarie di primo e di secondo grado] non è
richiesta – ai sensi dell’art. 22 della L. 05.02.1992, n. 104 – la presentazione del certificato di sana e robusta costituzione sia per gli alunni normodotati che per quelli che versano
in situazioni di handicap». L’articolo 22, a dire il vero, non parla di alunni. Ma Rosa Russo
36
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 37
Chi fa un lavoro malamente, poi deve rifarlo.
Così, nel marzo 1999 è stato necessario rifare quanto nel 1992 fu tanto
malscritto: «salvi i requisiti di idoneità specifica per singole funzioni,
sono abrogate le norme che richiedono il requisito della sana e robusta
costituzione nei bandi di concorso per il pubblico impiego»29.
Sarà con ciò abolita la S&R? Già i clangori degli ‘interpreti’ risuonano in
lontananza.
Ma cosa vi costa mai rilasciarla? Ma se un cittadino ve la richiede, perché negargliela? Ma su mo su! E: ma dai mo dai! E: suvvia! E: va là che
la va ben!
Queste perorazioni esclamative e ottative sono quanto resta ai sostenitori della S&R, che ne vorrebbero prolungare all’infinito l’agonico rantolo30.
In realtà, qualunque ne sia la definizione, la salute non è certificabile.
La salute è ‘assenza di malattia’?
Non si può certificare qualcosa che non c’è; non si può attestare un’assenza, una mancanza, il vuoto.
Oppure la salute è ‘il completo benessere psico-fisico e sociale’ – secondo l’iperbole di Alma-Ata?
In tal caso, ci si deve limitare a chiedere, cortesemente:
«Gode Lei di buona salute?».
«Sì, messere, usufruisco del completo benessere psico-fisico e sociale,
dunque di una piena salute, che attinge quasi alla felicità».
E tanto basti.
Jervolino dimostrò di essere un ministro normodotato di buonsenso, e con facoltà logiche
intatte.
Con lentezza esasperante il principio è entrato nella Pubblica Amministrazione – in alcune branche della Pubblica Amministrazione, aumentando la generale confusione. Così, su
alcuni bandi di concorso per Insegnanti di Scuola Media abbiamo trovato (G.U. del
22.12.1994, art. 5, comma 4, sub voce «Documenti di rito») «Documenti di rito... Per
effetto dell’articolo 22 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, non è più richiesta, ai fini dell’assunzione al lavoro pubblico, la certificazione di sana e robusta costituzione fisica. Pertanto...». Pertanto, si richiedeva un certificato di IFI, però accompagnato dal test luetico,
in modo che il certificato nuovo assomigliasse quanto più possibile all’antico.
29
L. 12.03.1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili).
30
Vedi, ad esempio, la Circolare 9048/AMM 5 della Direzione Regionale della Sanità e
delle Politiche Sociali della Regione Friuli-Venezia Giulia, datata 12.05.1999. «Peraltro
occorre non farsi fuorviare dalla fraseologia utilizzata. Infatti il Consiglio di Stato [...] ha
rilevato, giustamente, che il requisito della costituzione ‘sana e robusta’ sussiste ‘pur in un
soggetto invalido, ove le condizioni di salute e robustezza siano sufficienti per lo svolgi-
37
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 38
6. Intanto, così come si diceva ‘flemmatico’ – senza nessun riferimento
al flegma o alla teoria degli umori – di un signore che agisce con calma e
lentezza, senza mai scomporsi: egli è lento, egli è placido, egli è flemmatico;
come si diceva ‘splenetico’ – senza alcun riferimento alla credenza che
l’umor nero avesse sede nella milza – di colui che ha carattere malinconico;
allo stesso modo, S&R era passata dal gergo professionale al linguaggio
comune: ‘robusta’ per dire la taglia del reggipetto delle tardone, e ‘sana’
quale complimento indirizzato ad una appetibile ragazza che passa, da
parte degli sfaccendati del bar.
Non sarà che, in tempi di top model anoressiche, certificando offendi?
È passata nel linguaggio comune anche in altro senso: il sindaco di Asti,
erede dei Galli Insubri, e il sindaco di Treviso, erede dei Galli Carni, vorrebbero che tutti gli immigrati non-Galli fossero muniti del predetto certificato, come i cani del loro microchip, le mucche della loro incisione
all’orecchio, e gli ebrei del loro numeretto all’avambraccio.
Esitata una prima volta nel «Manifesto della Razza», lì torna la costituzione Sana & Robusta mezzo secolo appresso, non più ad opera di ‘scienziati’, ma dei nuovi razzisti – a ribadirne, se serve, il carattere totalmente
ideologico e completamente extrascientifico.
7. Siamo nel 2000. Finisce il millennio.
È trascorso un secolo dall’invenzione del concetto di ‘costituzione fisica’,
e mezzo dal suo abbandono; sono passati settant’anni dalla scoperta della
penicillina e venti dall’eradicazione del vaiolo; l’Italietta agricola e misera del Trentennio, delle battaglie del grano, delle bonifiche pontine, delle
mille lire al mese, delle adunate oceaniche, delle colonie elioterapiche per
combattere il rachitismo e dei tre milioni di baionette per combattere il
comunismo, si è trasformata nella quinta (o sesta, dipende) potenza industriale del mondo; Gagarin ha girato intorno al globo 8 lustri fa, il 20
luglio 1969 Neil Armstrong ha messo piede sulla luna («un piccolo passo
mento dell’attività lavorativa inerente al posto per cui si concorre’. Da quanto sopra deriva che le Aziende in indirizzo sono tenute, su richiesta, a rilasciare un certificato di S&R,
che attesti l’idoneità a svolgere un’attività lavorativa, in quanto la legge richiede di accertare comunque ‘l’idoneità specifica per singole funzioni’». L’impagabile conclusione è che
la S&R sopravvive perché un’idoneità generica è un’idoneità specifica.
38
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 39
per un uomo, un grande passo per l’umanità», niente di niente per la
burocrazia) e 10 anni fa è stato spedito un satellite ad esplorare Marte
(sul cui suolo si è recentemente sfracellato); da 50 anni Watson e Crick
hanno decifrato il DNA, le ricadute di quella ormai antica (1953!) scoperta hanno prodotto la pecora Dolly e i bambini in provetta e la decodifica del genoma umano, che nemmeno Verne aveva immaginato; un
papa ha chiesto perdono per il falò di Giordano Bruno, per i tratti di
corda a Galileo, e per il Zyklon B ai semiti (si oppone ancora alla fecondazione eterologa, ma niente paura: chiederà perdono fra trent’anni, o
fra trecento); sto scrivendo con un computer che mi permette di far leggere quel che vado elucubrando a Cornell e vengo quotidianamente
informato di quanto accade in Guinea Bissau; il Pubblico Impiego non è
il Miraggio di pochi ma la Dannazione di troppi; credenze millenarie
sono state definitivamente archiviate.
Resiste intoccata l’idolatria certificatoria.
Nulla è cambiato, e l’Italia s’incarta così.
39
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 40
2
NOTE MOLTO SERIE SU
UN CERTIFICATO MOLTO COMICO:
il libretto sanitario per alimentaristi
1. Tutti coloro che producono, preparano, manipolano e vendono
sostanze alimentari devono essere muniti di un libretto di idoneità sanitaria, che viene rilasciato dopo una «visita medica» ed «accertamenti idonei a stabilire che [il tale] non sia affetto da una malattia infettiva contagiosa o da malattia comunque trasmissibile ad altri, o sia portatore di
agenti patogeni»31.
Anche coloro che manipolano temporaneamente od occasionalmente
oppure vengono in contatto diretto o indiretto con alimenti, debbono
avere il libretto sanitario in regola.
Dunque, lo deve avere lo scugnizzo che nel solleone di ferragosto porta
le granite agli uffici; il compagno che mesce tocai alla Festa dell’Unità; il
paesano che frigge coscette di rana alla Sagra del Batrace; il farmacista
che vende i Ricòla e gli Happydent; l’autotrasportatore di Goccia di Carnia: insomma, mezzo mondo.
Questo ‘libretto’ deve essere ‘rinnovato’ una volta all’anno.
Se manca, se non viene ‘rinnovato’, se non viene conservato sul posto di
lavoro, fioccano le multe e «la sospensione della licenza per un periodo
non superiore a 10 giorni»32.
2. Il 20 maggio 1994, il signor Flebus Aristide si recò all’ambulatorio di
Igiene di Udine, onde ottenere il suo libretto sanitario e poter gestire così
il suo bar I doi di avost, testé inaugurato a Katzlindorf.
Le sue feci, sottoposte ad accurata caccoscopia, non rivelarono traccia di
salmonelle, né maggiori né minori; il suo torace, trapassato dallo sguar-
31
D.P.R. 26.03.1980, n. 327 (Regolamento di esecuzione della legge 30.04.1962, n. 283, e
successive modificazioni, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita
delle sostanze alimentari e delle bevande), art. 37.
32
L. 24.11.1981, n. 689, art. 21, ultimo comma.
40
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 41
do penetrante della schermografia, declinò qualunque sospetto di tbc; il
suo tampone faringeo non incocciò cocco né stafilo né strepto; il suo
siero correttamente ammicellato non palesò contatti sifilitogeni né pregressi né recenti, né coniugali né adulterini, né virginali né puttaneschi.
Perciò, il signor Flebus fu dichiarato idoneo a manipolare qualsivoglia
alimento e bevanda; e festeggiò l’agognato riconoscimento di idoneità
quella sera stessa in Marano, alla locanda La Mora ciavarina, con il
seguente succulento menù: antipasto di cozze ed altri mitili al succhio;
brodetto di cozze; pevarada di cozze; mousse di cozze per dessert.
Ciò gli provocò la nota infezione virale denominata Epatite A.
Tornato al suo esercizio, il signor Flebus eliminò bilioni di biliardi di
virus durante le tre settimane seguenti: la sua cacca pullulava di virus;
virus stazionavano sul bordo della tazza; virus sulle manopole del bidé e
del lavabo; non si potè evitare che virus si trovassero sugli asciugamani e
sugli strofinacci, nei solchi interdigitali o periungueali delle sue mani, e
soltanto la puntigliosa e maniacale pulizia del signor Flebus fece sì che da
lì non passassero alla coppa-capocollo che affettava, alle insalate che
ammanniva, ai tramezzini che infarciva, alla maionese che montava; e da
lì ai clienti che serviva.
L’epatite abortì: il signor Flebus non divenne giallo, non ebbe febbre,
non accusò malesseri.
Fu un’infezione frustra – come dicono i luminari che non han problemi
di rotacismo.
Pertanto non fu riconosciuta, non fu denunciata, e non scattarono misure di contumacia o di bonifica. Sotto l’egida del suo asseverativo ‘libretto’, che lo dichiarava esente ed idoneo, si ritenne quasi autorizzato a
distribuire virus.
Quell’anno, il signor Flebus ebbe modo di farsi: una febbre tifoide
(misconosciuta) a settembre, un’infezione da rotavirus (trascurata) a
dicembre, una shigellosi (mite) a febbraio, un’enterite coleriforme
durante le sue vacanze marzoline in Kenia e sei o sette episodi di rinite
da Stafilococco aureo di quando in quando.
Segni clinici zero, cure poche, notifiche niente, il lavoro continua.
Il 20 maggio 1995, fresco come una rosa, si presentò all’Ambulatorio di
Igiene dell’ASS (così si chiamava quell’anno l’USL: le istituzioni cambiavano, le pratiche idiote restavano).
Le sue feci, sottoposte ad accurata caccoscopia non rivelarono traccia
eccetera onde per cui fu dichiarato idoneo eccetera eccetera, e festeggiò
41
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 42
la conclusione di quell’anno fortunato a Marano Lagunare eccetera eccetera eccetera.
3. Le vicende del signor Flebus sono andate così, in quel 1994.
Potrebbero essere state anche completamente diverse: una salute a tutta
prova e nemmeno una rinite, un Flebus germ-free, protetto da una sorta
di scafandro trasparente di anticorpi secretori, dotato di cuticola virusrepellente, in una sorta di pervasiva pervicace totale miracolosa asepsi.
Ma comunque, del tutto indipendentemente dal possesso o non del
libretto sanitario.
Appare chiaro che un libretto sanitario così congegnato non serve a lui
né ai suoi avventori. Non serve a un bel niente.
Non certifica, infatti, lo ‘stato di salute’ dell’alimentarista, né tantomeno
lo stato di salute di cui godrà nel corso dell’anno a venire, bensì e soltanto la sua ‘posizione’ relativa ai quattro parametri accertati (tbc, salmonellosi, sifilide e cocchi) e perdipiù in quel momento.
Ora, le malattie trasmissibili con gli alimenti sono almeno 4.719 (e fra
esse NON rientrano né sifilide né tbc); quelle trasmissibili tout court
saranno decine di migliaia.
Pretendere 4.719 accertamenti renderebbe sì il certificato attendibile, ma
costoso più del Koh-i-Noor.
Inoltre, chi conosce il futuro?
Per salvaguardare davvero la salute degli avventori, sarebbe necessario
ripetere quei 4.719 accertamenti almeno una volta al mese o, più prudentemente, almeno ogni quindicina. E perché no ogni settimana33?
Val la pena di testare i macellai, quando le salmonelle contaminano una
parte variabile dall’1 al 50% di quelle coradelle di quei filetti di quelle
fese, che a loro volta contaminano anche lo scalco?
33
Non crediate a un mio delirio privato, a una meningite da onnipotenza. È già stato prospettato: «I suddetti accertamenti microbiologici risultano insostituibili sotto il profilo
scientifico e giuridico [...] con la precauzione che tali indagini debbano essere eseguite
[...] anche più volte nel corso dell’anno per la eventuale transitorietà del fenomeno portatore [...] non [devono] essere limitati alla rilevazione di microrganismi tradizionali [ma
anche] di microrganismi emergenti [...] di parassiti e loro uova [...] di agenti virali»: L.
GELOSA, Rilascio o rinnovo del libretto di idoneità sanitaria agli alimentaristi, in «Alimenta», V, 2 (1997), p. 30; interventi critici, in senso opposto a quello auspicato da Gelosa, si
erano già avuti in precedenza. Vedi A. DONZELLI, Quali controlli sugli alimentaristi?, in
«Sapere», 2 (1979), pp. 84-89; C. VETERE, La gestione ritualistica dell’igiene degli alimenti, in «Salute e Territorio», 69 (1989), pp. 2-6.
42
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 43
Val la pena di tallonare i droghieri e le commesse, quando l’inoculazione
delle salmonelle avviene già nell’ovidotto della pollastra, direttamente nel
tuorlo delle uova?
Val la pena di far analizzare 79.053 cacche di alimentaristi in una città,
Trieste, in cui si trovano poi solo 110 portatori sani di salmonelle (lo
0,13%)?
Val la pena di distribuire 150.678 dosi di vaccino antitifico in una regione, il Friuli, in cui nello stesso periodo (1989-1992) si manifestano 8 casi
di febbre tifoide34?
L’OMS ha più volte ribadito l’inutilità di tutti questi esami routinari e di
queste visite rituali35.
Lavarsi le mani!
Cuocere i cibi!
Controllare i pollai!
Grattare-via la cragna36 dai taglieri!
Questi sono gli imperativi. Ma qui siamo in Italia. E ci accontentiamo di
pretendere un documento inutile ed inaffidabile, però di costo mediobasso, però da rinnovare una volta all’anno, però se non lo rinnovi ti san-
34
Vedi F. DARIS - N. COPPOLA, Gestione degli episodi tossinfettivi da parte dei servizi di prevenzione del Friuli-Venezia Giulia. Epidemiologia delle salmonellosi nel Friuli-Venezia Giulia in Tossinfezioni alimentari. Problemi emergenti nell’ambito della Sanità Pubblica, Atti
del Seminario di Studio del 2 dicembre 1992, Udine 1994.
35
Già nel 1989 (Technical Report Series 785/1989), l’OMS segnalava che gli accertamenti
sanitari di routine sugli alimentaristi erano di chiara inefficacia in termini di risultati per
la prevenzione e rappresentavano uno spreco di risorse umane ed economiche. Per esempio, alla pratica della «caccoscopia» – tecnicamente: esame delle feci per la ricerca di batteri patogeni e parassiti – si obiettava che «un risultato negativo non significa che non ci
siano microrganismi nel campione: significa solo che nessun microrganismo è stato rilevato dal test in quel particolare momento. Il campione è solo una parte molto piccola delle
feci eliminate, così che – anche se non contiene microrganismi – il rimanente potrebbe
contenerli. L’escrezione di salmonelle non è continua, così che le probabilità di scoprire
un portatore per mezzo di un singolo campione sono molto basse. Il rischio che microrganismi responsabili di tossinfezioni alimentari vengano trasmessi da una persona che ha
le feci normo-conformate – cioè senza diarrea – è minimo», ecc. Si avanzavano obiezioni
al ‘tampone faringeo’, alla prova di Mantoux, all’esame sierologico per la lue, ecc. Tutte
queste pratiche sono state perciò da tempo abbandonate dai Servizi, certamente da quelli friulani: cossicché il rilascio o il rinnovo del libretto sanitario consiste da almeno un
decennio nell’apporre data firma e timbro sul medesimo.
36
‘Cragna’ sta per sudiciume. Se la parola deriva – come sospetto – da Cragn (denominazione friulana della finitima Carniola), essa contiene un connotato equivalente a quello che
assume la parola ‘sudicio’ nell’espressione: «Gli italiani si dividono in nordici e sudici»:
insomma, note di ordinario razzismo...
43
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 44
ziono, però sono solo ventimila, però se non lo conservi sulla scansia del
bar son cinquecento, però puoi fare ricorso...
Sono dieci anni che gli archimedi del Ministero si scervellano sul come
ovviare a questa nefandezza. Mentre si scervellano se fanno ’na pennichella, se godeno er ponentino, se magneno un maritozzo, ‘ddu maritozzi...
Se n’hanno magnati settanta cabaré.
Hanno tentato tutte le strade: i questionari, i libri-mastri, le interviste, le
ridicole e/o ripugnanti ispezioni dell’igiene personale (come mamma
nostra quando eravamo piccolini: «Anche il collo!» e «Anche dietro le
orecchie!» e «Anche sotto le unghie!»).
Hanno tentato tutte le strade, salvo quella diritta: di abolirla tout court.
Da noi, se il cagnetto l’ha fatta in salotto, non teniamo la cacca lì sul tappeto per qualche mese, in attesa di sostituirla con qualcosa di meglio: la
spazziamo via al più presto.
Ma questo banale gesto di pulizia normativa ripugna a quei sensibiloni
del Ministero: e dunque, ci teniamo la cacca37.
Intanto che alcuni di loro si scervellavano, altri estendevano l’obbligo.
Non sappia il ministeriale di destra quel che fa il ministeriale dell’ufficio
accanto.
«Le persone addette alla mungitura e alla manipolazione del latte crudo
sono tenute a dimostrare che, sotto l’aspetto igienico-sanitario, nulla osta
alla loro assegnazione [sic!]. A tal fine devono essere munite di libretto
di idoneità sanitaria di cui...»38.
Il ministeriale in questione pensa forse che le mucche siano state educate al controllo sfinterico sul vasetto; si detergano le culatte ad ogni défeco, in bidè con rubinetteria a comando non manuale; e che siano di color
viola, come quelle di Milka.
37
Intanto – utilizzando la tecnica dello slalom – si sono mosse alcune Regioni. Per esempio, la Regione Umbria: il D.G.R. 13.07.2000, n. 758 (Linee di indirizzo vincolanti, anche
in applicazione del D. Lgs. 155/97, riguardanti il superamento del libretto di idoneità sanitaria), p. 5, delibera «disporre in particolare che le ASL sospendano, in via sperimentale e
per la durata di un anno, a decorrere dal 15.07.2000, le procedure di rinnovo dei libretti
di idoneità sanitaria [...] salvo esplicita richiesta degli interessati».
38
D.P.R. 14.01.1997, n. 54 (Regolamento recante attuazione delle direttive 92/46 e 92/47
CEE in materia di produzione ed immissione sul mercato di latte e prodotti a base di
latte), Allegato A, capitolo III/C, punto 2.
44
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 45
4. Il ‘libretto sanitario’, e i suoi corollari, si prestano a molte altre riflessioni.
Fino al 1996, gli alimentaristi italiani erano tenuti a sottoporsi annualmente alla vaccinazione antitifica39.
C’erano in circolazione due tipi di vaccini: uno, parenterale, che proteggeva il soggetto ma non i suoi contatti; ed uno orale, che proteggeva soggetto e contatti.
Il primo vaccino aveva un difetto: non rispondeva agli scopi della legge;
ed aveva un pregio: qualcuno deve pur farla quell’iniezione, e dunque si
potrà verificare se la vaccinazione sia stata o no eseguita.
Anche il secondo vaccino aveva un pregio: rispondeva ai fini di legge; e
aveva un difetto: le tre capsulette da assumere a digiuno per tre mattine
alternate – una sì e una no – finivano regolarmente nel cestino dell’atrio,
sui davanzali delle finestre, nella plafoniera dell’ascensore, tra l’erba del
cortile… ovunque, fuorché nel digerente dell’alimentarista.
Ci si trovava dunque di fronte al seguente dilemma: il vaccino orale è
utile, ma la sua assunzione non è verificabile; il vaccino parenterale è inutile, ma la sua assunzione è verificabile.
È accaduto il peggio.
È accaduto che il medico rigorista abbia convocato, al mattino, a digiuno, per un triduo a giorni alterni, il venditore di panini affinché ingoiasse quella sorta di eucarestia laica che monda tenue e crasso dalla profanazione tifoide, davanti a lui medesimo celebrante il mysterium hygienicum; è accaduto che, per vincere le resistenze di sanitari riottosi, siano
state acquistate esclusivamente partite di vaccini parenterali, finiti poi in
frigo e poi in cantina e poi in discarica, monumento in acciaio e plastica
all’Applicazione Sadica di Legge Contraddittoria.
L’efficacia del vaccino antitifico orale dura almeno cinque anni – probabilmente anche di più.
Ma la legge imponeva che la vaccinazione venisse praticata ogni anno.
E ogni anno veniva praticata, in prono ossequio alla legge.
Sicché il paninaro si ritrovava con più anticorpi lui che i Seicento di
Balaklava, con sovrabbondanza tale da poterne dispensare alla Sclavo
per farne antisieri, e con diarree sommergenti perché – esuli le salmonelle, misere e avvilite, e con la ciglia tra le gambe, in qualche luamaro fuo-
39
D.P.R. 327/81 citato, art. 38.
45
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 46
rivia, in qualche rucoletta di poco prezzo – poi ci sono le Escherichie e i
Rotavirus che fanno correre la gente.
E, infine, era da lungo tempo dimostrato che la vaccinazione antitifica
era inutile, con relazioni costo-beneficio sproporzionate, quando il tasso
di febbre tifoide nella popolazione era inferiore a 5 per centomila abitanti.
Ma questi sono ragionamenti di tipo ‘tecnico’. Nulla potevano contro la
cogenza della norma.
Nel dicembre 1997 è uscito questo bell’articolo di legge:
«Il personale [...] è sottoposto ai trattamenti di profilassi che siano ritenuti necessari dall’autorità sanitaria competente, a salvaguardia della
salute pubblica, ad esclusione della vaccinazione antitifo-paratifica e di
altri trattamenti vaccinali».
Finalmente! diranno i miei 44 lettori.
Finalmente un corno, e per questi due buonissimi motivi.
Il primo: la legge che ho citato è una legge finanziaria40: una legge di
impiego dei soldi pubblici. Ora, o la vaccinazione non aveva motivazioni scientifiche anche prima del dicembre 1997, e doveva essere facoltà
dei medici disattendere quella legge ed agire – come s’invoca tonitruando da ogni pulpito ad ogni predica – in ‘scienza e coscienza’; oppure
aveva un perché scientifico, e ce l’ha anche dopo il dicembre 1997, e
dev’essere facoltà dei medici disattendere la nuova legge.
Sulle motivazioni o immotivazioni scientifiche non si è discusso manco
un po’. La discussione scientifica è stata sostituita da una discussione
legale e/o da una discussione economica.
Parliamo di salute pubblica o di taralli?
Il secondo: la legge proibisce espressamente l’effettuazione della vaccinazione antitifo-paratifica. E se il tasso di febbre tifoide superasse il livello di 5 per centomila? Saremmo tenuti a non fare quella vaccinazione
che, quando il tasso era sotto 5 per centomila, eravamo tenuti a fare.
Perché non lasciare alla discrezionalità e alla competenza dei singoli
medici la decisione (motivata, che diamine) di fare o non fare una vaccinazione, a seconda dei luoghi, delle evenienze, delle emergenze, delle evidenze epidemiologiche?
La risposta a questi quesiti rimanda ad interrogativi di fondo: che cosa
40
L. 27.12.1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica).
46
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 47
debba intendersi per Sanità Pubblica. In che cosa consista la prevenzione, oggi. Che ruolo debbano avere i professionisti nel Sistema sanitario
nazionale. Come ci si possa difendere dallo Stato. Di cosa debbano occuparsi le leggi. Come sconfiggere l’Inquinamento Normativo. Come mette
a ffa ‘na pennichella (meglio se eterna), senza che provochino altro
danno, gli imbecilli dei ministeri e le squinzie degli assessorati.
5. Ministeri? Assessorati?
Le burometastasi, quando s’avviano, invadono l’intero corpo dello Stato,
fin al più piccolo comunello di monte.
Il cui sindaco – o segretario – ha subito notato che qualcuno o qualcosa era
sfuggito alla pur occhiutissima setacciatura di ogni aspetto regolamentabile
della vita umana: quei pericolosissimi individui che subdolamente operano
impuniti sotto il pretestuoso titolo di barbieri e parrucchieri41.
Che fare, ordunque, del figaro del villaggio?
Ma obbligarlo, senza frapporre tempo in mezzo, a detenere ed a rinnovare ogni anno il libretto sanitario, arditamente assimilando barbe favoriti e ciuffi a stufati polente e soufflè.
E quando detta equiparazione sembrava improponibile, ripiegavano sull’inesauribile Testounico.
Così il libretto sanitario per barbieri e parrucchieri fu richiesto invocando le «misure contro la diffusione delle malattie infettive degli animali»42,
l’autorizzazione a produrre specialità medicinali e sua revoca43, o generi-
41
La L. 14.02.1963, n. 161 (Disciplina dell’attività di barbiere, parrucchiere ed affini) esige
un’autorizzazione che riguarda «i requisiti igienici dei locali, delle attrezzature e delle suppellettili destinati allo svolgimento delle attività di barbiere o di parrucchiere per signora
ed affini, nonché dei requisiti sanitari relativi ai procedimenti tecnici usati in dette attività», ma non richiede esplicitamente un certificato sanitario
42
Così il «Regolamento per la disciplina delle attività di barbiere, parrucchiere ed affini»
del Comune di Paluzza (Udine), adottato con Delibera Consiliare il 10 febbraio 1974, che
cita esplicitamente l’art. 262 («addetti alla ‘preparazione, produzione, manipolazione e
vendite di sostanze alimentari’...») e l’art. 264 («I veterinari, i proprietari o detentori di
animali domestici, nonché gli albergatori e conduttori di stalle di sosta, debbono denunciare immediatamente al Podestà del luogo, dove si verifichi, qualunque caso di malattia
infettiva diffusiva del bestiame, accertata o sospetta...») del Testo Unico delle Leggi Sanitarie 27.07.1934, n. 1265 (d’ora in avanti: TULS).
43
Così il «Regolamento per l’esercizio di barbiere e parrucchiere» del Comune di Cercivento (Udine), adottato con Delibera Consiliare il 4 marzo 1965, richiamando l’art. 164
del TULS citato: «L’autorizzazione a produrre specialità medicinali e la concessione della
registrazione, secondo i precedenti articoli, sono soggette a revoca...».
47
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 48
ci richiami all’immunità da ogni e qualsivoglia malattia infettiva (comprese, si suppone, la dengue e il malrossino).
Convincere Sindaci e Consigli Comunali della totale baggianeria e infondatezza di quanto sopra è costato un anno di estenuante lavoro.
Ed è stata fatica improba convincere gli albergatori, i direttori di supermercati, i presidenti di Case di Riposo, i fabbricanti di mangimi, i direttori didattici, i gestori di saune, gli allevatori di trote, gli impresari di
pulizie, i preti dell’ODA che le cameriere ai piani (benché operose sopra
la cucina), i venditori di cravatte (quantunque in azione vicino al banchetto della frutta), gli operai del mangimificio (quantunque produttori
di alimenti per il bestiame), gli insegnanti (anche se assistono alla refezione dei bambini), i massaggiatori (nonostante comprimano la pancia
pendula del cliente), i piscicoltori (nonostante la destinazione alla griglia
o al barbecue dei loro avannotti), le assistenti di colonia e di ospizio (che
pure si cibano anch’esse) non avevano necessità del libretto sanitario.
Il delirio collettivo era tale che abbiamo dovuto preparare un certificato
che certificasse che non avevano bisogno di alcun certificato: ma nemmeno una scritta di esenzione li rendeva sicuri di essere al riparo da sanzioni e collettive catastrofiche tossinfezioni.
6. E tuttavia questa nota non può essere chiusa senza accennare almeno
ad un’altra questione, di capitale importanza: la gratuità o l’onerosità del
libretto sanitario.
Poiché, se esso riveste «un evidente interesse di tutela della salute pubblica» dovrà essere gratuito, laddove – se «risponde al prevalente interesse privato di dotarsi del documento necessario per accedere al posto
di lavoro» – esso dovrà essere a pagamento.
Un ponderoso carteggio tra Ministero dell’Interno, Questura di Trieste,
Direzione Regionale della Sanità della Regione Friuli-Venezia Giulia e
Ministero della Sanità ha distillato la questione, con sfoggio di scienza
giuridica e di competenze epidemiologiche, di Senso dello Stato e di pensosità sulle Sorti Nazionali, dal 10 giugno 1994 al 20 novembre 1996.
Per la conclusione, hanno usato il rasoio di Occam e, insieme, la sapienza di Salomone: il rilascio è interesse prevalente del cittadino, perciò
costa; il ‘rinnovo’ è interesse prevalente della comunità, perciò è gratis44.
44
Ministero dell’Interno, Direzione Generale per l’Amministrazione Generale e per gli
Affari del Personale, Direzione Centrale del Personale, Servizio Affari Generali del Per-
48
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 49
Che menti elevatissime, e in proporzione remunerate, abbiano potuto
spendere il loro prezioso tempo a discettare di simili quisquilie è indizio
da non sottovalutare.
Un abisso insondabile separa gli uffici assessorili e ministeriali, dove paffuti funzionari bizantineggiano sul nulla, dalla vita che quaggiù trascorre, nei bar e nei vicoli e dai barbieri e nelle osterie e nei viali e nelle case
dove abita e traffica la ’ggente.
sonale, Reclutamento ed Interventi Assistenziali, Divisione V (lo giuro! l’intestazione è
proprio questa!), circolare n. 137 del 10.06.1994; Polizia di Stato, Questura di Trieste,
Ufficio Sanitario, Lettera del 01.04.1996, prot. 1.2.12/286/96; Regione Autonoma FriuliVenezia Giulia, Direzione Regionale della Sanità, circolare del 15.07.1996, prot. n.
7307/IG.2.4; Ministero della Sanità, Dipartimento della Programmazione, circolare del
05.09.1996, prot. 100/SCP/3.15/13468.
49
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 50
3
SEVIZIE DI GENERE VARIO
1. Test sierologico per la lue
Per comprendere quanto segue, è necessario tener presente che: la sifilide è infezione che si trasmette pressocché soltanto con i rapporti sessuali; ‘lue’ è suo sinonimo; il test sierologico è un esame del sangue, volto a
dimostrare se sia in atto, o ci sia stata, l’infezione.
Il test sierologico per la lue è previsto da una legge del 195645 per
quanti richiedono un certificato di sana e robusta costituzione fisica;
quanti richiedono un attestato di idoneità fisica e psichica per espletare
un’attività (a non importa quale grado di castità);
le balie (la Nipiol ignora che esistano balie);
i militari di leva, all’inizio della naja e al momento del congedo;
quanti aspirano all’arruolamento volontario nei corpi militari e militarizzati dello Stato;
i minorenni da rieducare (il germe sa distinguere ad occhi chiusi tra
minorenni da rieducare e minorenni non da rieducare);
i nubenti, se lo richiedono (ma non lo richiedono).
Attenzione alle date: era il 1956, le case chiuse sarebbero state chiuse da
lì a due anni46, ed i politici già si preoccupavano ansiosi delle mercenarie
che – dilagando sugli intutelati marciapiedi – avrebbero diffuso all’urbe
e all’orbe la tabe innominabile di cui erano privilegiate dispensatrici.
La tabe aveva una causa, già dal 1905. Si chiamava: Treponema pallido.
E, fin dal 1941, aveva una cura efficace. Si chiamava: penicillina. Nel
1956 si sapeva benissimo (e più ancora nel 1962) che una dose di
2.400.000 Unità I. di benzatin-penicillina guariva più del 95% dei casi di
sifilide primaria.
45
D.P.R. 27.10.1962, n. 2056 (che è regolamento di esecuzione della L. 25.07.1956, n.
837), all’art. 33.
46
L. 20.02.1958, n. 75.
50
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 51
E allora, perché non trattare la sifilide alla stregua di una tonsillite o di
una risipola, di una bronchitina o di un ascesso dentario?
Sospetto che la risposta possa essere questa: la tonsillite colpisce le tonsille, e la bronchite i bronchi; l’ascesso dentario gonfia la gengiva e la risipola rubizza la pelle, dove capita. La sifilide colpisce lì, e si ‘prende’ in
quel modo lì.
Più che un’infezione, essa è il frutto di un peccato, o sua punizione, o sua
epifania. E sovente al peccato è intrecciato il reato (a lungo i contagi di
sifilide e blenorragia sono stati considerati un delitto contro l’integrità
della stirpe): onde il ‘segno’ è mezzo di controllo sociale, di irregolari di
devianti di marginali.
Da almeno due secoli, sorveglianza e ‘cura’ della sifilide erano incluse
all’interno di leggi che regolamentavano il meretricio.
Se la razionalità, ed elementari distinzioni, esigevano la separazione di
questo da quelle, allora i decreti venivano emanati in coppia: così il
«Regolamento sulla prostituzione» e il «Regolamento sulla profilassi e
sulla cura delle malattie sifilitiche», furono ambedue pubblicati lo stesso
giorno, il 29 marzo 1888, presiedendo il Consiglio dei Ministri Francesco
Crispi.
Nel 1958, sprangate le ‘tolleranze’ di Stato, abolite le ‘patenti’, cassate le
‘visite sanitarie bisettimanali’ da registrare sul tesserino, la doppia angoscia del disordine morale e del contagio venereo invase i palazzi del centro ed i villini delle periferie.
Un’angoscia simile a quella che provò il Servo di Dio Gennaro Maria
Sarnelli, quando paventava
il mischiamento delle femmine disoneste con le famiglie onorate; lo strabocchevole numero delle medesime [le disoneste, non le onorate, ndr]; la loro
insolentissima libertà [...] facendo incredibile macello delle anime cristiane...47.
Infatti, eccolo qua puntuale, l’Introzzi: «L’abolizione del controllo sanitario sulla prostituzione [...] comporta la necessità di estendere alle infezioni sessuali quelle misure profilattiche [...] con impegno di tutta la
popolazione, senza distinzione di sesso o di categorie»48.
47
G.M. SARNELLI, Ragioni cattoliche, legali e politiche in difesa delle Repubbliche rovinate
dall’insolentito meretricio, Napoli 1739.
48
P. INTROZZI, Trattato italiano di medicina interna, Roma 1961, p. 965. Temperava le prospettate ecatombi G.C. ANGELA, curatore e traduttore italiano di A. GRUMBACH - W.
51
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 52
Esorcismo e lenimento fu questa legge.
La motivazione bacchettona non avendo i requisiti minimi di decenza
per poter essere esibita, si ricorse ad una motivazione più ‘scientifica’:
quella epidemiologica.
(Ci si ricorre a tutt’oggi).
È a scopo epidemiologico – si afferma – che i soldatini di leva e i firmaioli, gli stormi delle balie e le maestrine, gli impiegati statali e para e
peri, vengono testati per la sifilide.
Strana epidemiologia quella che si affida non al campione random bensì
ai bandi di assunzione; non ai gruppi a rischio, bensì alle categorie di
dipendenza lavorativa; e trascura denominatori, prevalenze, significatività statistica, incidenze, trend.
(Strano pescatore quello che getta reti a maglie troppo larghe troppo lontano dal banco delle sardelle: cosicché le sardelle o non incappano o
scappano).
Comunque, a Udine e dintorni, nel decennio 1982-1992, gli esami sierologici eseguiti su
22.177
15.026
12.000
alimentaristi
certificandi
congedandi
hanno dato
hanno dato
hanno dato
16 positivi
61 positivo
11 positivi
(0.072%)
(0.006%)
(0.009%)
Al prezzo medio, nel decennio, di lire 4.000 a test, ogni ‘positivo’ così
snidato ci è costato 22.457.571 lire, argent de poche al tempo dei ripiani
a piè-di-lista, ma dolori oggi, visto che praticamente tutti quei sieroposi-
KIKUTH, Le malattie infettive umane e i loro agenti patogeni con particolare riguardo all’eziologia, patogenesi, epidemiologia, diagnosi biologica e profilassi, Torino 1962, nota a p.
1343: «Dal 1954 per contro si è cominciato a notare in Italia un risveglio dell’infezione luetica e l’aumento dei nuovi casi di malattia era già in atto nell’ottobre del 1958, quando
l’approvazione della legge Merlin decise, con la chiusura delle case di meretricio, la cessazione di ogni e qualsivoglia forma di controllo sanitario sulla prostituzione. Dall’ottobre
del 1958 ad oggi [1961?, ndr] la morbilità luetica ha subito un incremento notevole che,
in qualche luogo ha raggiunto punte del 300% rispetto al 1958, ma, valutando la situazione senza preconcetti di parte, bisogna riconoscere che tale aumento non raggiunge i valori che
l’abolizione totale di ogni controllo poteva, non a torto, far prevedere. Vero è che l’inadempienza da parte della grande maggioranza dei sanitari all’obbligo di denuncia falsa le statistiche: i dati fino al 1958 venivano infatti ricavati per la quasi totalità dai registri delle sale
celtiche, degli ambulatori di Questura [sic!] e dalle relazioni degli Ispettorati Provinciali
oltre che da quelli dei dispensari antivenerei; aboliti i controlli, rese inoperanti (senza l’obbligo del ricovero per le prostitute infette) le sale celtiche, tali statistiche sono viziate all’origine e quindi scarsamente attendibili».
52
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 53
tivi erano già stati testati curati e guariti; e tutto ciò che rimaneva erano
gli anticorpi segnaletici di un’infezione anche remota.
Non male, inoltre, considerando che soltanto una piccola parte – un
quarto – dei pazienti con sifilide precoce viene identificato con lo screening sierologico; il restante 75% si rivolge spontaneamente alle strutture
sanitarie, o è costituito dai ‘contatti’ di costoro.
Non male, infine, se si pensa che a questo accanimento da detectiveinquisitore-voyeur non corrisponde alcuna educazione all’igiene intima, né
alcuna educazione sessuale – nella doppia accezione di educazione alla
continenza o di educazione all’attività, a seconda delle opzioni di ciascuno.
(E, naturalmente, bandito sia fin il nome dell’orrido aggeggio di lattice
che preserva i cauti e gli incauti dalle amarissime sorprese del giorno
dopo).
L’AIDS per tanti versi assomiglia alla sifilide, salvo che – a tutt’oggi – non
ci sono farmaci risolutivi per sconfiggerlo.
E tuttavia per testare l’infezione da HIV è necessario il consenso esplicito dell’interessato, che ha libertà assoluta di sottoporsi o meno ad
analisi49.
Si tratta di una misura civile, oltreché di buon senso.
Perché non applicarla anche alla lue, da cui, tra l’altro, anche si guarisce?
La legge sulla sifilide convive con la legge sull’AIDS come uno spettro
sbuca nel mondo dei vivi. La convivenza è pacifica anche se i principi
sono antitetici: volta la legge sull’AIDS a contenere l’infezione senza ledere i diritti del cittadino (con qualche successo, pare); volta la legge sulla
sifilide a costringere il suddito, per far fronte a irragionevoli paure, ad
arcaiche tremebondità. L’irrazionale lavora sull’inerzia; il Parlamento sull’incoerenza.
2. Certificato per l’iscrizione al registro dei portieri-custodi
La norma50 riguarda
portieri di case d’abitazione, di albergo, di locali di pubblico spettacolo
(i buttafuori? i gorilla?);
49
L. 05.06.1990, art. 5, comma 3.
R. D. 18.06.1931, n. 773, art. 62, così come regolamentato dall’art. 113 del T.U.L.P.S. Al
momento di andare in macchina, apprendiamo che l’articolo 62 è stato abrogato dalla L.
24.11.2000, n. 340 (Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione
di procedimenti amministrativi), Allegato B, punto 1.
50
53
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 54
custodi di stabilimenti, opifici, magazzini, uffici;
guardie giurate.
La norma recita: «L’Autorità51 [...] nel provvedere sulle domande per l’iscrizione nel registro dei portieri, valuta, con criterio discrezionale, l’idoneità morale e politica dell’aspirante ed in particolare accerta se per età,
condizioni di salute, intelligenza, egli sia in grado di spiegare la necessaria vigilanza e di opporsi efficacemente alla consumazione di azioni delittuose» (i corsivi sono miei).
È complicato decidere se, in questo articolo di legge, sia più ripugnante
l’ideologia o l’italiano.
Esso suona indubbiamente meglio ritradotto nella lingua del Commissario Ingravallo, nella quale con ogni evidenza è stato concepito: U Podestà, mentre provvide ‘ncoppa a ‘ddimande pe l’iscrizzione dint’ o reggistro
de li portieri, a discrizzione soja...
Nessuno vorrebbe calarsi nei panni del Sindaco che deve rilasciare a
discrezione e su descrizione detta iscrizione.
Quale à ‘dda esse l’iddoneità morale dei buttafuori delle discoteche o dei
divertimentifici?
Nun deveno strupà troppo le rigazzìne, nun déveno tajà troppo la roina,
nun déveno menà troppo li ‘mbriachi?
E a quale mai parte politica deve appartenere detto vigilante onde essere riconosciuto idoneo?
Per il passato si può immaginare: col Federale, lo Squadrista, il Buce,
prima; ‘ccu Chiancimino o Gava sr. o Gava jr. o Andreotto o De Lorenzo o Cirillo Pomicillo, poi. O il De Michelis, onto. O il Biasutti, salt onest
lavoradôr52.
Ma oggi? berlusconide? veltronide? girella emerito d’umor faceto in attesa di posarsi sullo stecco?
E l’idoneità sanitaria cosa deve riguardare?
Masse muscolari a contrazione controllata, bi- tri- e quadri-cipiti ipertrofici, gran-dentato scaleno-antico sartorio deltoide e cremastere ipertonici, e carni ‘rrosse in genere senza na cicciolella de còtica, pronnezza
51
Di P.S. per le guardie giurate; il Sindaco per gli altri (ndr).
È questo il blasone del friulano: solido, onesto, lavoratore; naturalmente è il blasone che
il friulano ambisce gli venga riconosciuto, nascondendo apostati scansafatiche e latrocinanti che anche in esso si annidano. Tenuto conto di questi ultimi, in percentuali variabili, tale blasone può essere agevolmente innalzato da ogni ‘popolo’.
52
54
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 55
‘dde riflessi scattosità e scappamento, pancia-in-dentro e petto-in-fuori:
na miezza strada fra Sartana e l’ommo-Michelin?
(Più che una visita, questa assomiglia ad una ispezione delle carni, quale
pràticheno li vetrinari).
Che l’aula ‘sorda e grigia’ nell’anno VII dell’Era Fascista abbia approvato questa legge, si capisce benissimo; che la Corte Costituzionale, nell’Anno XXV dell’Era Demo-Craxiana, abbia ritenuto non fondata la
questione d’illegittimità53, si capisce anche meglio: le due parolette discrezione e idoneità politica sembrano fatte apposta per dare patente di legalità ad una notissima e adusatissima pratica: il clientelismo.
Ma il medico che c’entra?
Spetterà ad un istruttore di palestra, a un gestore di tiro a segno, ad un
allenatore di sumi, ad un cultore di kung-fu, ad un virtuoso di fitness, ad
un armaiolo, a un cronometrista, spetterà ad Arnold Schwarzenegger
decidere se la preparazione atletica del tizio sia commisurata alle sisifee
fatiche che gli si prospettano; e ad uno psicagogo dello sport accertare
che non metta dito al grilletto lasciandoci lo zampino quando gli salta la
mosca al naso se gli cacciano il dito nell’occhio intanto che l’erba cresce
sui cocci che restan suoi nel buon tempo che si spera.
Quanto decretato nel 1931 e ribadito dalla Corte Costituzionale nel 1973
era intanto stato contraddetto nel 1968: «saranno riservati ai mutilati e
invalidi almeno la metà dei posti disponibili di custodi, portieri, magazzinieri, ascensoristi [...] guardiani di parcheggi per vetture, guardiani di
magazzini... Nell’assegnazione di detti posti, dovrà essere data la precedenza [...] agli amputati dell’arto superiore o inferiore»54.
Saranno essi in grado «per età, condizioni di salute, intelligenza [...] di
spiegare la necessaria vigilanza e di opporsi efficacemente alla consumazione di azioni delittuose»?
3. Certificato per la condotta di generatori di vapore
«Nessun generatore di vapore […] può essere posto e mantenuto in azione senza la continua assistenza di persona che abbia i seguenti requisiti:
53
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 161 del 21.11.1973 ha dichiarato non fondata
la questione di legittimittà dell’art. 62 del T.U.L.P.S. in relazione all’articolo 3 della Costituzione.
54
L. 02.04.1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), art. 11.
55
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 56
1. età non minore di 18 anni compiuti; non maggiore dei 65 anni;
2. moralità e buona condotta;
3. idoneità fisica;
4. possesso del certificato di abilitazione per il tipo di generatore corrispondente»55.
Il rapporto tra moralità e ugello, la relazione tra buona condotta e valvola di sfiato, è materia di ponderosa riflessione dell’intera filosofia occidentale, da Anassimene a Schumpeter, che qui non delibaremo.
Stiamo sul sanitario.
Ci siamo scervellati anni per capire che tipo d’uomo debba essere uno
idoneo a gestire una caldaia a vapore.
Atrabiliare secondo Alcmeone crotoniate? O leptosomico secondo Borchardt? O iperstenico secondo Mills? O rosso malpelo, secondo Verga?
O tetanoide secondo Jaensch? O euriplastico secondo Bounak? O ohne
Eigenschaften secondo Musil?
Siamo giunti alla seguente conclusione: sarà considerato idoneo a fare il
caldaista a vapore colui le cui misure fisiche, moltiplica per 3, togli 12,
dividi per 4, aggiungi il numero che hai pensato, daranno 7, non uno di
più non uno di meno – purché sia rosso il malpelo, abbia il naso aquilino e sappia fare decentemente un caschè.
(A ben vedere, l’unica persona inidonea a gestire un generatore di vapore è il paraplegico, che non può calarsi nella botola durante l’ispezione di
verifica all’interno della caldaia – se c’è botola – che non può salire le scalette per accedere ai manometri e alle spie di controllo – casomai ci fossero scalette.
Due domande: è fuori dalla grazia-di-dio prevedere caldaie senza barriere architettoniche?
E, secondo: non è più semplice richiedere, quando se ne presenti l’eventualità, un certificato di inidoneità?
Ma, soprattutto: qual è il paraplegico che aspira a condurre caldaie a
vapore?).
Particolarmente curiosa è la limitazione agli ultrasessantacinquenni. A
quell’età, si dà la possibilità ad un cittadino di guidare un autoarticolato
o una Banca Centrale o una intera Nazione, ma non di ‘condurre’ una
caldaia a vapore. Il divieto non ammette deroghe; è senza remissione. Ma
55
R.D. 12.05.1927, n. 824, regolamento di esecuzione del R.D.L. 09.07.1926, all’art. 27.
56
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 57
tutti i governi, tanto quelli della destra ridens che quelli della sinistra malmostosa minacciano di mandarci in pensione a 86 anni d’età (la chiameranno: pensione di vecchiaia).
Che mestiere praticherà il conduttore di caldaie a vapore tra i 65 anni
(età alla quale non gli viene rilasciato più il patentino) e gli 86 anni (età
alla quale potrà finalmente abbandonarsi, edentulo e inalzheimerato, al
voluttuoso – o all’eterno – riposo)?
4. Certificato per l’impiego di gas tossici
In questo certificato deve apparire che:
«il soggetto non è affetto da malattie fisiche o psichiche e non presenta
deficienze organiche di qualsiasi specie, che gli impediscano di eseguire
con sicurezza le operazioni relative all’impiego di gas tossici;
non presenta segni d’intossicazione alcoolica o da sostanze stupefacenti;
ha integri il senso olfattorio e la pervietà nasale;
percepisce la voce afona ad almeno otto metri di distanza da ciascun
orecchio;
possiede un visus complessivo non inferiore a 14/10 (tavola di Snellen),
purché da un occhio non inferiore a 5/1056».
Dettagliato e meticoloso, come si vede; ma pateticamente inutile.
Ecco, per esempio, cosa significa quel ‘senso olfattorio’ integro.
È noto che un gas alle bassissime o basse concentrazioni puzza; alle alte
e altissime irrita soffoca ammazza.
In termini tecnici: di solito la soglia olfattiva è di molte grandezze inferiore alla soglia di nocività.
Valutata dunque – con la fine metodica dello sniff-test – la contaminazione dell’aria ambientale, il nostro eroe offre al gas l’impavido petto e
con le nude mani s’appresta alla pugna oppure mette le gambe in spalla
e se la squaglia a cercar riparo in più aprico suolo.
Ma lo sniff-test non funziona con tutti i gas.
Il fosgene, per esempio.
Ad una concentrazione di 0.2 mg/mc il fosgene provoca tosse, irritazione degli occhi e della gola, vomito.
Ma solo quando la concentrazione raggiunge 0.5 mg/mc si percepisce il
caratteristico odore musty hay o green corn – come dice Chanel – se ripe-
56
R.D. 09.01.1927, n. 147, capo VII, art. 26, comma 4°.
57
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 58
tute piccolissime fughe di fosgene non hanno già provocato, come accade, quell’anestesia olfattiva che innalza progressivamente la soglia di percezione dell’odore.
Quando, però, l’odore musty hay si diffonde nell’aria, il nostro eroe è già
scappato (se è furbo) o è già steso (se è mona).
Di fronte all’importanza spropositata attribuita al certificato – tale che il
prefetto concede il rinnovo del patentino «qualora dall’esame dei documenti e delle informazioni assunte risultino le condizioni di idoneità fisica psichica e morale» (quella, soprattutto) – in nessuna considerazione
vengono tenuti competenza professionale, addestramento, aggiornamento, vale a dire quelle conoscenze che sole possono garantire la sicura
gestione del problema.
Infatti, per accedere al patentino sono sufficienti: un certificato di studi
elementari57 ed un corso di formazione di almeno due mesi58.
Così il nostro idoneo, ignorando le basilari regole di protezione nei confronti del solfuro di carbonio, non aggiornato sulle moderne tecniche di
sterilizzazione con ossido di etilene, ignaro di nozioni di pronto intervento in caso di intossicazione da cianuri – e ciononostante iperosmico
robustoso di olimpico equilibrio e di integerrimi costumi – casca a terra
stecchito, i cianuri fottendosene della morale e persino della prestanza
fisica.
5. Certificato di idoneità all’esercizio dell’attività di autoriparazione
Il ‘responsabile tecnico’ oppure il titolare di un’impresa di
a. meccanica e motoristica
b. carrozzeria
c. elettrauto
d. gommista
deve essere dichiarato fisicamente idoneo all’esercizio dell’attività59.
A qual mai scopo ciò? chiederà il curioso, il causidico, l’analista, l’annalista.
È presto detto: «Al fine di raggiungere un più elevato grado di sicurezza
nella circolazione stradale, e per qualificare i servizi resi dalle imprese di
autoriparazione».
57
Ibid., art. 27, comma 3; il Regio Decreto precisa: la terza elementare.
Ibid., art. 38.
59
L. 05.02.1992, n. 122, art. 7, comma c.
58
58
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 59
Così, con logica stringente tanto da potersi ben definire kantiana, recita
l’articolo 1 della legge che le mani onte di morchia grasso e nerofumo
non si stancano di mandare a farsi benedire, con quel gesto che ne palesa il magno animo...
Il titolare dell’officina meccanica Luxor è sciancato. Sarà fisicamente idoneo a condurla? E, se sì, contribuirà ad un più elevato grado di sicurezza stradale almeno altrettanto quanto avrebbe potuto contribuirvi se
fosse stato di solida coscia?
Lo sfasciacarrozze della ditta All’antico Cjalzumit è sordo come una campana. Sarà perciò meno qualificato il servizio reso dalla sua impresa?
L’elettrauto della Cortocircuiti associati, il gommista della Bianca Molto
Elastica hanno il morbo di Hodgkin, la sindrome di Turner, la malattia di
Zollinger-Ellison, il feocromocitoma, il kuru. Saranno perciò da considerare, finché durano gli effetti del loro operato, responsabili degli ingorghi dei tamponamenti a catena delle stragi del sabato sera?
Se il nesso di finalità è ridicolo, i criteri di idoneità sono inesistenti.
‘Fisicamente idoneo’, recita la legge, e resta da stabilire quel che sta a
significare: capacità di prono-supinazione rapida tra scocca e piancito,
postazione a culo-buson per il controllo delle ganasce, equipollenza della
forza del braccio e di quella del crick…
Ma, se quel tale è schizo a quattro pistoni, è un paranoico con deliri
motoristici, è un depresso con tendenza alle catastrofi autostradali, ne
gode quando le vede, e se può le provoca, gliel’affido egualmente la
‘responsabilità tecnica’?
Va a finire così: che il certificato si rilascia a tutti quelli che lo richiedono; e lo richiedono tutti coloro che ne hanno necessità per poter tenere
aperta la loro officina, indipendentemente dalle loro condizioni di salute. Un certificato che si dà a tutti è una tautologia; un certificato che non
si può negare a nessuno, è una presa in giro.
Insomma, un’altra tassa occulta imposta dalla lobby dei medici o da quei
parlamentari tangentisti che poi si lagnano di non riuscire a farsi pagare
l’IRPEF.
6. Certificato di idoneità all’adozione
Il calvario cui debbono sottostare due poveri cristi che decidano di adottare un bambino, le peripezie tra scartoffie e assistenti sociali, giudici e
psichiatri, profili motivazionali e profili psicologici, è noto e insieme non
immaginabile.
59
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 60
Fra le altre risme di carta, la legge60 richiede che il Tribunale per i minorenni disponga indagini sui candidati genitori a riguardo della «...situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare...».
Quel ‘la salute’ fa sortire il seguente ircocervo, pomposo e sfilacciato: «Si
attesta che il signor ... ... è di sana e robusta costituzione fisica ed è esente da imperfezioni e difetti che possono impedire l’esercizio della patria
potestà, alla quale è da ritenersi, al momento della visita, fisicamente e
psichicamente idoneo».
È indubitabile che nobody is perfect, ma questo in America, dove sono
pragmatici, non in Italia dove siamo realisti e perciò vogliamo l’impossibile.
Naturalmente non viene svolta alcuna indagine sulla salute dei genitori
adottivi, salvo l’immancabile test luetico.
Fu in tal guisa che tre fanciulle vennero date in affido al signor Pacciani
(era sano, era robusto, la lue era negativa...).
C’è inoltre molto da discutere su quali possano essere le ‘imperfezioni’ e
i ‘difetti’ (fisici, si noti) che impediscono l’esercizio della patria potestà:
un lieve strabismo? l’ipospadia? una sordità selettiva per le canzonette
del Trio Lescano?
Ma anche fossero quelle indagini minuziose all’inverosimile, corredate da
un check-up che più completo non si può, con anamnesi risalente alla
quarta generazione anteriore, non servirebbero a niente: l’adozione
nazionale si dà in media 3 anni dopo l’emissione del certificato (ma si
può arrivare a 5 anni), e quella internazionale 2 anni in media (ma si può
giungere a 6 anni), quando l’ascosa metastasi si è ormai slatentizzata e
quel diabete, controllato allora solo con la dieta, è divenuto un’irrefrenabile melassa scompensata.
7. Certificato per la ‘Cessione del quinto’
La ‘Cessione del quinto’61 è quella strana forma di prestito per cui un tale
– che qui chiameremo Magagnon Ugo – può godere anticipatamente dei
danari da egli medesimo Magagnon accantonati, a condizione che s’impegni a restituirli, in congruo lasso di tempo, accompagnati da un modesto interesse, all’Ente che per lui Magagnon li custodisce (e che li investe
60
L. 04.05.1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori), art. 22,
comma 3° (dell’affidamento preadottivo) e art. 57, punto a (adozione in casi particolari).
61
L. 19.10.1956, n. 1224.
60
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 61
in stabili da locare ai meschini quaquaraquà di Affittopoli) al fine di
poterli ri-godere a conclusione del rapporto nella loro integrità – detratte le spese di funzionamento dell’Ente ed i mancati introiti degli affitti di
favore.
Vivrà abbastanza il Magagnon, da restituire all’Ente erogatore i danari
che gli si va a prestare?
Questo angoscioso interrogativo esistenzial-usurario nutre di sé la prognostica del certificato di ‘Cessione del quinto’.
Ora «la prognosi costituisce uno degli aspetti fondamentali dell’attività
clinica, e consiste nel prevedere l’ulteriore decorso della malattia in ogni
singolo caso. Sono elementi essenziali della prognosi l’etiopatogenesi e
l’anatomia patologica della malattia, le condizioni del malato al momento dell’esame, la possibilità e la frequenza delle complicazioni e associazioni morbose...».
La prognosi è dunque una previsione sul decorso e sull’esito di una
malattia: ed è basata su innumeri osservazioni di casi analoghi precedenti e sulla ponderazione del maggior numero di fattori favorevoli o sfavorevoli possibile.
Ma nel caso della ‘Cessione del quinto’ non ci viene richiesta la prognosi di una malattia sofferta dal signor Ugo Magagnon, bensì un pronostico sulla lunghezza e gli accidenti della di lui vita futura.
L’osservazione degli innumerevoli casi analoghi precedenti, e la ponderazione del maggior numero di fattori favorevoli e sfavorevoli possibile,
ci porta a concludere che certamente il signor Magagnon Ugo, essendo
nato, morirà; quando, non si sa, nulla essendovi di più certo della morte,
e nulla di più incerto della sua ora.
Più che una prognosi, dunque, ci viene richiesto un oroscopo; più che
auscultando i polmoni del debitore, essa deve essere formulata analizzando la linea della vita – ma andrebbero egualmente bene i tarocchi, i
fondi del caffè, le viscere degli uccelli, la palla di vetro e l’inghistara62; più
che sulle riviste di Patologia Clinica, tale arte si apprende dalle pagine di
«Astra», si calcola sui bioritmi di «Sirio»; più che da un laureato in medi-
62
L’inghistara, o anguistara, è un vaso di vetro panciuto a collo stretto che – rivestito da
una camicia di paglia e con un cercine d’appoggio, pure di paglia – costituisce il comune
fiasco. Un esempio di pratica divinatoria con l’inghistara è descritto da M. MILANI, L’incanto di Veronica Franco, in «Giornale Storico della Letteratura Italiana», CLII (1985), pp.
250-263.
61
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 62
cina, essa dovrebbe essere stesa da una chiromante, da Madame Sosotris,
dal Mago Aleff...
E più che all’epistemologia clinica essa si ispira al noto distico: «Prendi
questa mano, zingara / dimmi pure che destino avrò...» (I. Zanicchi,
Opera Omnia, CD 127945 CGD Ariola).
La Cassa di Risparmio, quando eroga i suoi prestiti, ipoteca la casa, i
campi, un bosco in Cordea.
Persino l’uomo del banco dei pegni, prima di consegnarti le sue lercie
banconote, chiede in garanzia un tostapane, due orecchini di filigrana,
un autovox, l’orologio a cucù.
La ‘Cessione del quinto’ è l’unico prestito basato su un referto astrologico e sulla speranza che gli emboli se ne stiano quieti.
(Ovviamente, andasse male, si rifanno sul trattamento di fine rapporto,
cioè sui soldi nostri che hanno in mano loro).
62
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 63
4
DIETRO IL MIRINO
Note sui ‘requisiti visivi’ per usare armi da fuoco
Tratterò, in questo capitoletto, dei requisiti ‘visivi’ necessari per imbracciare un’arma da fuoco.
Per sparare al capriolo e alla coturnice, al piattello e al tirassegno, al
mariuolo e alle bambine che passano, in Italia è necessario possedere
determinate caratteristiche visive auditive e psichiche; e, inoltre, che non
ci siano malformazioni, mutilazioni, alterazioni ‘neurologiche’.
Il lettore dovrà avere grande pazienza, poiché sarò costretto ad addentrarmi in dettagli tecnici molto noiosi.
Ma dio si rivela nel particolare; e così l’idiozia dei legislatori.
Tuttavia la pazienza del lettore verrà ricompensata.
Egli imparerà molto sull’approssimazione, l’arbitrarietà, l’opinabilità dei
requisiti imposti per legge; e ne inferirà giudizi conclusivi di portata
generale – se pure non li abbia già formulati – sui loro inventori.
1. Se il bersaglio è grosso, sparare e colpire è la stessa cosa; ma se il bersaglio è minuscolo, allora mirare è indispensabile per poter colpire, e
vedere per poter mirare.
La capacità di vedere, e quanto lontano, si definisce – in soldoni – ‘acutezza visiva’ (nel gergo dei medici: visus), si valuta con una tabella chiamata ottometro, e si misura in decimi.
Un occhio che vede 10 decimi presenta buona acutezza visiva.
Ma, di solito, gli occhi sono due.
Perciò, l’acutezza visiva globale sarà espressa dalla somma delle acutezze
visive dei due occhi: se anche l’altro occhio vede 10 decimi, si dirà che
quel tale possiede un visus complessivo di 20 decimi.
L’acutezza visiva a occhio nudo si chiama visus naturale.
Ma miopi ipermetropi astigmatici possono comunque rimediarne una
sufficiente con delle lenti, sferiche o cilindriche, positive o negative.
L’acutezza visiva raggiunta con l’uso di occhiali si dice: visus corretto.
63
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 64
2. Nell’anno 1991 per essere dichiarati idonei a maneggiare armi era
necessario
a. vederci con ambedue gli occhi,
b. avere un’acutezza visiva complessiva di 12 decimi,
c. che l’occhio più debole presentasse un visus di almeno 5 decimi (e l’altro, dunque, di almeno 7 decimi, poiché 12 meno 5 è uguale a 7)63.
Dunque, nel 1991, un monocolo – cioé un signore con soltanto un occhio
‘buono’ – non era idoneo ad andare né a caccia, né al poligono di tiro, e
men che meno era ritenuto abile alla difesa personale64.
Subito i cacciatori obiettarono che quando uno mira e spara, di solito
chiude un occhio. Perché dunque pretendere che ci veda con ambedue?
La Federcaccia levò alto un nitrito e fece pervenire al Ministero «numerosi quesiti concernenti perplessità e difficoltà nell’applicazione del
provvedimento legislativo...».
E il Ministero fece la prima clamorosa marcia indré: la regola fu mantenuta, però venne introdotta l’eccezione che, confermandola, la vanificava.
Era il febbraio del 1993. Si seguano i concettosi gongorismi del burodettato:
Qualora il richiedente non sia pienamente in possesso dei requisiti psicofisici
minimi [...] ha facoltà, allo scopo di consentire il rilascio del certificato di idoneità, di presentare [...] un’idonea certificazione medica attestante che, in speciali circostanze, la non idoneità a soddisfare una delle condizioni richieste dal
predetto articolo è tale che l’esercizio delle attività connesse al rilascio del
porto d’armi non è compromettente per la sicurezza propria ed altrui65.
Se, ordunque, colui che un medico ha certificato come non idoneo a sparare, trova qualche altro medico disposto ad attestare che la sua non idoneità a sparare non è tale da renderlo inidoneo a sparare, colui può esse-
63
D.M. 04.12.1991 (Determinazione dei requisiti psicofisici per il rilascio del porto d’armi), art. 1, lett. A.
64
Ma non lo era nemmeno un signore con ambedue gli occhi ‘buoni’, di cui uno ‘meno
buono’: un tale che presentasse, ad esempio, nell’occhio fiappo i 4 decimi, e nell’occhio
buono i 10 decimi (cioè, in totale, 14 decimi – un visus sufficiente per guidare un TIR):
costui infatti non raggiungeva quei 5/10 necessari a costituire il ‘visus minimo’. Altre cause
di non idoneità erano «la ambliopia, la diplopia, l’insufficiente visione notturna ed ogni
altro difetto della vista che comportasse una riduzione dei campi visivi, senza lente» (art.
1, lett. a, comma 2).
65
D.M. 05.02.1993 (Integrazione del decreto ministeriale 4 dicembre 1991, concernente
«Determinazione dei requisiti psicofisici per il rilascio del porto d’armi»), art. 1.
64
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 65
re dichiarato da quello stesso primo medico che già l’aveva ritenuto non
idoneo a sparare come idoneo a sparare.
La non pericolosità nell’uso delle armi è qualità che nasce dall’addestramento, dall’abilità, dalla prudenza, dal senso di responsabilità.
Come potranno essere queste qualità certificate, e per di più da un
medico?
E quali saranno mai le ‘speciali circostanze’? L’invasione degli orsi in
Sicilia, la calata dei lupi marsicani, i dintorni infestati da masnade di ustascia, la lotta al brigantaggio, la seconda guerra mondiale?
Senza porsi quesiti troppo elevati, tutti i cacciatori orbi, gli skeeters ciompi, i trappers monchi, i vecchi city angels con l’artrosi deformante risultarono, in quel 1993, angeli di prudenza, guglielmitell di abilità, robinhood
dotati di qualità funamboliche tali al cui confronto gli acrobati del circo
impallidivano: tali prudenza abilità e funambolismo vennero attestate e,
potenza del certificato, le loro inidoneità trasformate in idoneità.
E spararono tutti, idonei e contenti.
3. Spararono per poco.
Nel settembre del 1994 i Pensatori del Ministero partorirono nuovi topolini.
Non senza aver convocato, prima, «un ristretto gruppo di esperti» ed i
membri della Conferenza Stato-Regioni.
Naturalmente, i convocati ricevettero il gettone di presenza. Il rimborso
spese. La diaria. L’indennità di rischio ministeriale. L’indennità di fine
rapporto occasionale. Un giretto per Roma. Un’abbuffata con l’abbacchio. Er vino de li Castelli.
Confortati da costoro ancora un po’ abbioccati, i Maîtres-à-penser del
Ministero ritennero, innanzitutto, che i requisiti per i cacciatori e per il
tiro-a-volo dovessero essere diversi dai requisiti per la difesa personale.
In realtà esisterebbero anche differenze tra il cacciatore di brughiera e il
cacciatore delle alpi, tra quello che spara alle fòlaghe dalla sua botte in
laguna e quello che s’inerpica sulle dentate scintillanti vette a stanar lo
stambecco.
In cosa saranno mai simili quei cacciatori a colui che frequenta il poligono, con gli auricolari, la base d’appoggio e il bersaglio in luce?
E che cosa assimilerà agli uni e agli altri la vedova che conserva le armi
del defunto consorte venatore appese al muro del tinello?
Comunque, su questa basilare (e indimostrata) differenza vennero fondate le nuove regole.
65
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 66
Per i cacciatori e gli sportivi erano le seguenti:
requisiti visivi: visus complessivo non inferiore a 10 decimi; acutezza visiva
non inferiore a 8 decimi per l’occhio che vede meglio, raggiungibile con
lenti...66.
La matematica è certamente un’opinione, come diceva Wittgenstein; tuttavia le operazioni elementari dovrebbero reggere ancora; non serve
nemmeno mettere in colonna: 10 meno 8 è certamente eguale a 2.
Dunque, il cacciatore con due occhi buoni dovrà vederci almeno 8 decimi con un occhio, e minimo 2 decimi con l’altro, onde raggiungere il fatidico 10 decimi.
Se il medesimo raggiungesse i 7 decimi per parte (in totale: 14 decimi,
che è un’ottima acutezza visiva, tanto da poter guidare un camion col
rimorchio e vedere film anche dalla seconda galleria), beh, costui a caccia no, non ci potrebbe andare.
Infatti, non raggiunge quegli 8 decimi necessari e minimi che gli permetterebbero di impallinare la starna evitando il contadino e di azzoppare il
capriolo nella brumosa monte scansando il compagno di battuta.
14 decimi è – contro ogni evidenza – meno di 10 decimi e infinitamente
meno di 8 decimi.
Infatti, a differenza che nel 1991, ma a simiglianza del 1993, anche gli
orbi da un occhio potevano ora dedicarsi all’attività venatoria e al tiro a
volo:
Per i monocoli (organici e funzionali) l’acutezza visiva deve essere di almeno
8 decimi, raggiungibili anche con correzioni di lenti normali, lenti corneali o
con l’uso di entrambe67.
Come si vede, le ‘speciali circostanze’ si erano vanificate: segno che erano
improponibili anche prima.
E poiché vederci con due occhi era peggio che vederci da un occhio solo,
un’epidemia di orribili mutilazioni seguì al decreto: bracconieri incalliti
e disperati si cacciarono un dito nell’orbita al fine di privarsi (da una
parte sola, beninteso) della dolce luce del giorno; tornò in auge l’orbettino che com’è noto salta all’occhio; vennero riesumati fil-di-ferro stecche
di ombrelli e fin acido muriatico, onde obliterare pupille, conglutinare
66
D.M. 14.09.1994 (Requisiti psicofisici minimi per il rilascio ed il rinnovo dell’autorizzazione al porto di fucile per uso di caccia e al porto d’armi per difesa personale), art. 1,
commi 2 e 3.
67
Ibid., comma 4.
66
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 67
cristallini, evacuare umor acqueo; qualcuno si procacciò un tracoma
(monolaterale). San Ciclope fu venerato quale patrono; Santa Lucia fu
oggetto di iperdulia nelle staipe e nelle baite.
L’occhio del padrone andò ad ingrassare il cavallo (alla lettera: l’occhio
gli fu servito un bel giorno a colazione, in mezzo al mannello dell’avena).
E un’ondata di guarigioni da quelle croniche angine di petto travolse l’Italia: infatti, dacché l’occhio non vedeva, il cuore non doleva più.
Agli italiani non venne in mente di cingere d’assedio il ministero e
mettere al muro il suo titolare pro-tempore, scambiandolo inopinatamente per selvaggina di passo (diciamo: un onagro): gli italiani sono
avezzi alla pazienza, mugugnano ma sopportano, anche con una doppietta in mano – il che è già di per sé dimostrazione di civismo, sufficiente a conferire ipso-facto l’idoneità al porto d’armi a tutti i cittadini
del BelPaese.
Di lì a quattro anni, la norma fu ancora modificata.
Dall’aprile 1998 i requisiti per i cacciatori (monocoli e binocoli) sono
questi: possedere almeno 8 decimi per l’occhio che vede meglio (o per
l’unico occhio superstite), raggiungibili con qualunque tipo di correzione, compresi i fondi di bottiglia68.
Il che continua a facilitare la caccia ai quasi orbi, ma non ancora ai ben
vedenti (per esempio, ancora ne sono esclusi quelli che raggiungono i 14
decimi in totale, 7 decimi per parte), come si può argomentare tabelline
alla mano.
Ma quell’obiezione – che si spara socchiudendo un occhio – ai ministeriali è ormai entrata in testa e da lì non si smuove più.
Conosceranno i ministeriali gli Habicht «PV», la nuova generazione dei
variabili Swarovski?
Sono cannocchiali montati sul fucile, con torrette micrometriche a
regolazione quadrata, oculari ammortizzati, trattamento antiriflesso
multistrato. Ne esistono cinque tipi. Ingrandiscono la preda da 4 a 12
volte.
I cannocchiali Schmidt & Bender esistono dal 1957. Sono compatti, snelli, maneggevoli; di alta precisione, di grande luminosità, di estrema robustezza. L’ultima offerta ne allinea nove tipi. Ingrandiscono da 4 a 12 volte.
68
D.M. 28.04.1998 (Requisiti psicofisici minimi per il rilascio ed il rinnovo dell’autorizzazione al porto di fucile per uso di caccia e al porto d’armi per uso difesa personale), art. 1.
67
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 68
E che dire dei cannocchiali da puntamento Zeiss? Basta il nome, ovviamente. Ingrandimenti da 4 a 12 volte.
Riproduciamo qui una figura, così da confortare la loro incredulità.
Sapranno i ministeriali che – per usare un cannocchiale da puntamento
– il cacciatore si toglie gli occhiali, casomai li portasse? Sanno, dunque,
che – quando il cacciatore spara – quegli occhiali imposti con tanta acribia non servono a nulla?
E che tutte le loro regolette sono stupidissime dissennatezze, che hanno
l’unico scopo di rendere difficile la vita alla gente?
4. Il lettore sarà certo frastornato.
Poiché l’elenco delle imbecillità ministeriali non è ancora terminato, cercherò di facilitargli il compito con una tavola sinottica.
68
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 69
anno
1991
per il porto d’armi per caccia
o per tiro a volo
Visione binoculare
Visione monoculare
«…acutezza visiva
non inferiore a 12/10
complessivi, con non
meno di 5/10 per l’occhio che vede meno.
Tale visus può essere
raggiunto anche con
l’uso di lenti».
È considerata causa
di inidoneità.
per il porto d’armi per difesa
personale
Visione binoculare
Idem
Visione monoculare
Idem
«Sono altresì considerati causa di non idoneità la ambliopia, la
diplopia, l’insufficiente visione notturna ed
ogni altro difetto della
vista che comporti una
riduzione dei campi
visivi, senza lente».
1993
1994
1998
Anche i monocoli possono sparare, purché
presentino «un’idonea
certificazione medica
attestante che, in speciali circostanze, la
non idoneità a soddisfare una delle condizioni richieste [...] è
tale che l’esercizio
delle attività connesse
al rilascio del porto
d’armi non è compromettente per la sicurezza propria ed altrui».
Idem
«…visus complessivo
non inferiore a 10/10;
acutezza visiva non
inferiore a 8/10 per
l’occhio che vede
meglio».
«...l’acutezza visiva
deve essere di almeno 8/10...».
«…visus naturale: 5/10
per ciascun occhio;
visus corretto: 10/10
complessivi con non
meno di 5/10 per
l’occhio che vede
meno».
Questi requisiti sono
ottenibili anche con
lenti
Questi requisiti sono
ottenibili anche con
lenti
Il visus corretto è
ottenibile, ovviamente, con le lenti
«…acutezza visiva non
inferiore a 8/10 per
l’occhio che vede
meglio».
«...l’acutezza visiva
deve essere di almeno
8/10...».
Questo requisito è
ottenibile anche con
lenti.
Questo requisito è
ottenibile anche con
lenti.
«…visus naturale minimo: 1/10 per ciascun occhio;
visus corretto: 10/10
complessivi».
Il visus corretto è
ottenibile, ovviamente, con le lenti.
69
«…visus naturale minimo: 6/10;
visus corretto: 10/10».
«…visus naturale minimo: 1/10;
visus corretto: 9/10».
Il visus corretto è ottenibile, ovviamente, con
le lenti.
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 70
Dobbiamo infatti affrontare la questione, invero dirimente, dei requisiti
‘visivi’ di coloro che usano armi per difesa personale.
Ricorderà il benigno lettore che costoro erano stati separati dai cacciatori e dagli sportivi – benché senza dimostrato motivo.
A fini di difesa personale, nel decreto del 1994 (cito alla lettera)69 si pretendeva dai «Soggetti con visione binoculare: visus naturale: 5 decimi per
ciascun occhio; visus corretto: 10 decimi complessivi, con non meno di 5
decimi per l’occhio che vede meno».
Per ragioni di aritmetica elementare, poiché 5 più 5 è uguale a 10, e 10
meno 5 è uguale a 5, i requisiti a occhio nudo ed i requisiti ad occhio corretto erano identici, ovvero quel tale avrebbe dovuto poter vedere senza
lenti almeno altrettanto di quanto vedeva con le lenti (il che significa che
nessun beneficio gli derivava dal portare le lenti).
Si trattava di una corbelleria grande come uno yeti, che rendeva l’articolo inapplicabile sotto ogni profilo.
Tuttavia le corbellerie ministeriali non si cancellano con un frego di
penna.
Ciò costituirebbe un tratto di ripugnante semplicità.
Si deve, quantomeno, convocare una commissione, i cui componenti
siano – (finalmente?) – «competenti nel campo dell’oculistica» (sottintendendo che i componenti delle commissioni antecedenti avevano competenza esclusiva in gelati al lampone, bigiotteria di princisbecco e sistemi di aereazione lamellare).
E gli oculisti furono convocati.
Ricevettero il gettone di presenza. Il rimborso spese. La diaria. L’indennità di rischio ministeriale. L’indennità di fine rapporto occasionale. Un
giretto per Roma. Un’abbuffata con l’abbacchio. Er vino de li castelli.
Passato l’abbiocco, scrissero:
...l’attuale stesura [...] per quanto attiene i requisiti visivi in soggetti con visione binoculare, non permette una corretta valutazione medico-legale in quanto il visus naturale richiesto viene a sovrapporsi al visus corretto. [...] Una
puntuale e rigorosa applicazione medico-legale di tale norma, allo stato attuale, richiede il possesso dello stesso visus naturale e corretto nei termini indicati dal decreto.
Ciò era esattamente quanto avevano dedotto i fanciulli della scuola
media «Caterina Percoto» sita a Percoto, e della scuola elementare
«Ermes di Colloredo», sita a Colloredo, in via Ermes 3.
69
D.M. 14.09.1994 cit., art. 2, punto a.
70
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 71
E senza nemmeno una caramella di compenso.
Nel 1998 il decreto venne corretto. Si pretese un «visus naturale minimo:
1 decimo per ciascun occhio; visus corretto: 10 decimi complessivi», con
il che fu ristabilita almeno la logica, benché non ancora la decenza.
5. Il lettore ricorderà che i monocoli, nel 1991, non potevano assolutamente ‘difendersi’.
Ricorderà che, nel 1993, potevano ‘difendersi’ purché qualcuno certificasse che erano inidonei ma non pericolosi per sé e per gli altri (anche se
un tale che intende difendersi con un’arma da fuoco è – per definizione
– pericoloso almeno nei confronti di quell’altro da cui vuole difendersi).
Nel 1994 fu accordato loro di ‘difendersi’, se avevano un «visus naturale
minimo di 6 decimi e un visus corretto di 10 decimi».
Nel 1998 se presentavano «un visus naturale minimo di 1 decimo ed un
visus corretto di 9 decimi».
La sequenza comparata dei requisiti richiesti nei nove anni che intercorrono dal 1991 al 1998 dimostra a profusione che non esiste un vero motivo ‘scientifico’ – cioè riproducibile, verificabile, ed anche, se serve, falsificabile – alla base di queste successive disposizioni70.
Come non è stata data allora una giustificazione per l’esclusione dei
monocoli, non viene portata oggi nessuna giustificazione per
quell’un/decimo di visus naturale necessario.
Non viene esibito nessuno studio, tanto meno circostanziato ed attendibile, sul grado di sicurezza garantita dal novedecimivedente di oggi
rispetto al diecidecimivedente di ieri.
Il livello minimo viene disposto ‘per analogia’ con quanto previsto dal
codice della strada per la guida dell’auto. Ma non viene specificato quanto stretta sia la somiglianza tra l’arma propria (la pistola) e l’arma impro-
70
Che i ministeriali a proposito dell’acuità visiva diano letteralmente i numeri è dimostrato, inoltre, dai requisiti richiesti dal D.M. 05.06.1985 ai «direttori e responsabili dell’esercizio e relativi sostituti e per gli assistenti tecnici preposti ai servizi di pubblico trasporto
effettuati mediante impianti funicolari aerei o terrestri». I direttori d’esercizio dovrebbero
essere aquile alla prima visita, con 10/10 in ciascun occhio (cioè: 20/10 complessivi), ma
potrebbero benissimo essere semiciechi alla visita di revisione, cinque anni dopo, con 6/10
complessivi (cioè: 3/10 per parte) o 6/10 in un solo occhio. Il responsabile d’esercizio
dovrebbe possedere 10/10 in ciascun occhio alla visita iniziale (cioè: 20/10 complessivi) e
12/10 complessivi (cioè: 6/10 per occhio) con non meno di 4/10 nell’occhio peggiore
(soluzione estrema ammessa: 8/10 più 4/10) alla visita di revisione, cinque anni dopo.
Analoghi arbìtri si danno per ottenere o confermare la patente di guida.
71
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 72
pria (l’automobile); tra il bersaglio dell’una (ladruncolo nella notte, stupratore di bambine nella brughiera, torma di skinheads imbirrati) ed il
bersaglio dell’altra (pedone su strisce, massaia in bicicletta al bordo della
strada, scolaresca gitante in prossimità degli Uffizi).
E non si capisce chi impedirà al cacciatore di utilizzare a scopo di difesa
personale quella doppietta che di solito imbraccia a scopo anatricida, e
per usare la quale bastano le minori qualità visive già descritte.
Così, il 12 gennaio 1999, il tabaccaio Natale Del Moro staccò dal muro
«il fucile da caccia, calibro 12, regolarmente denunciato» e scese in strada. Due ladruncoli stavano scassinando la sua tabaccheria. Un terzo,
Davide M., faceva il palo.
Un colpo solo, ma devastante, colpisce il palo al viso, alla testa, al collo e alla
spalla destra, i pallini disegnano una rosa sul muro [...] Davide, piccolo giostraio con amici e parenti non nuovi alle rapine, viene operato due volte all’ospedale di Vicenza, il secondo intervento dura cinque ore71.
Aveva soltanto i requisiti ‘bassi’ per la caccia, il tabaccaio cacciatore con
fucile inopinatamente usato per difesa d’esercizio di monopolio, non i
requisiti ‘alti’ della difesa personale. E tuttavia, magari ci avesse visto
meno ancora! Avrebbe colpito la serranda, il palo della luce, la siepe
davanti al buio; avrebbe perduto le centomila lire, e Davide sarebbe
ancora lì, a correre pei campi del vicentino.
Ma non si tratta dell’eccezione: prestino attenzione, i miei dodici lettori,
alle modalità con cui si consumano i delitti di paese, la soppressione tragica di famigliari scomodi, di vecchi genitori invalidi, di mogli irritate e ormai
decise a troncare, di ladruncoli albanesi. Sempre e ovunque trionfa la doppietta, regolarmente staccata dal regolamentare chiodo, ivi appesa con
regolare permesso, ottenuto dopo regolamentare visita medica.
In Italia ci sono 44.000 porto-di-pistola; con l’aggiunta dei fucili, sembra
che almeno un milione di italiani possieda legalmente un’arma; cui vanno
aggiunti i nulla-osta della questura per la semplice ‘detenzione’ d’armi e
che nessuno sa quanti siano.
I loro possessori sono comuni vicini di casa: rotondetti, paciosi, ben rasati, affabili. «Io sono un mite – affermano – nella pistola ho trovato la sicurezza, la tranquillità». Poi li prende il raptus; vanno fuori-di-testa; hanno
i cinque-minuti. Imprevedibile a tutti, ed anche a loro medesimi, il rap-
71
R. BIANCHIN, Tabaccaio spara ai rapinatori. In fin di vita il palo della banda: 16 anni, in
«La Repubblica», mercoledì 13 gennaio 1999, p. 19.
72
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 73
tus futuro dovrebbe essere pronosticato dal medico certificatore con la
fine metodica del ‘colpo-d’occhio’.
6. Analoghe arbitrarie variazioni hanno subito altri requisiti.
La visione dei colori doveva essere prima saggiata con le tavole di Ishihara (specie di test trabocchetto per pittori impressionisti), poi erano sufficienti le matassine colorate.
Perché? Non c’è risposta.
Per l’udito, serviva prima la «percezione della voce sussurrata a sei metri
per ciaschedun orecchio»; serviva poi la «percezione della voce di conversazione a non meno di sei metri di distanza complessivamente».
Perché prima il sussurro? Perché poi la conversazione? A voce quanto alta?
Come due compitissime Frau che bevono il tè al Toscanelli di Salzburg, o
come due sciantose che insultano i rispettivi stramuorti a Spaccanapoli?
Perché prima a sei metri da ciascun orecchio? Perché poi a sei metri complessivamente? E perché sei metri, e non dodici, o due?
Non c’è risposta; se c’è, soffia nel vento.
Nell’ultimo decennio del millennio sono stati emanati quattro decreti
ministeriali, ciascuno dei quali modificava il precedente, salvo il primo, e
tre rettifiche di errori ‘materiali’ contenuti nei medesimi.
Nessuno di essi prescrive o contempla ciò che è veramente necessario per
usare armi: senso di responsabilità, civismo, e rispetto del prossimo.
Che sono, esattamente, le medesime qualità che servono per scrivere le
leggi.
Chi sbaglia, paga – tramanda la plebe.
Se il benzinaio per eccesso di difesa personale fredda il rapinatore, subisce un processo per omicidio – e sia pure preterintenzionale. Se il cacciatore impallina un gallo cedrone, il guardiacaccia gli eleva la contravvenzione, gli stila il verbale, lo manda dal pretore.
Ma il legislatore – che certamente ha sbagliato, e continua a farlo – ha poi
pagato? Non abbiamo avuto notizia di nessun’epurazione a Palazzo; non
è a nostra conoscenza alcun licenziamento per manifesta ottusità intellettuale tra i Funzionari del Gabinetto; non sono trapelate indiscrezioni
su arpionamenti di scroto del Maître pensatore e sollevamento del medesimo tramite argano, né di taglio della mano dello scriba maldestro, né di
taglio dello stipendio del normatore delirante.
Impuniti imperterriti impancati stipendiati gettonati indennizzati, i ministeriali continuano a dettare sciocchezze, i parlamentari ad approvarle, e
i cittadini a mugugnando soccombere.
73
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 74
5
DUE O TRE COSE SULLA PATENTE
A proposito della scadenza delle patenti
e dei connessi fastidi che sia il rinnovo
sia l’eventuale dimenticanza producono.
Entro subito nel merito,
con una domanda rivolta agli specialisti:
a che serve il rinnovo della patente?
Sono in possesso, tra l’altro, di una patente
rilasciata in Germania che, per quanto ne so,
mi accompagnerà per il resto dei miei giorni,
senza che peraltro a nessuno venga in mente
di chiedermi se ho fatto la visita oculistica
o se ho cambiato indirizzo.
Sergio Fratucello, Vipiteno
Lettere a «La Repubblica»,
16 marzo 2000
1. Come dev’essere un conducente di autoveicolo, oltre che divertito,
emozionato, fischiettante, rilassato, scattante, energico, posato, in severa
grisaglia o casual-sportivo o nudo-crudo o batrace imprincipato ché la
Schiffer l’ha baciato, al settimo cielo per la gran fortuna toccata proprio
a lui di stare al volante di Honda Joy-Machine, Toyota Corolla Clima,
Volvo S40 a iniezione diretta, Chrysler Stratus 2.0 LX, Ford Cougar, Vectra, Lexus, Seat Toledo e Verde Hyundai?
Deve essere «esente da malattie fisiche o psichiche, deficienze organiche
e minorazioni anatomiche e/o funzionali, che possano comunque pregiudicare la sicurezza della guida...» 72 – proprio come nella pubblicità.
72
D.P.R. 23.09.1976, n. 995 (Sostituzione di articoli [...] del Regolamento per l’esecuzione del codice stradale), art. 1: «il richiedente [...] risulti essere esente da malattie fisiche o
psichiche, deficienze organiche o minorazioni anatomiche e/o funzionali, che possano
comunque pregiudicare la sicurezza della guida di quei veicoli ai quali la patente abilita,
tenuto anche conto dell’uso cui essi sono destinati»; D.M. 23.06.1988, n. 263 «Norme di
attuazione di articoli della L. 111, relative ai requisiti psicofisici e psicotecnici per il conseguimento, la conferma e la revisione della patente di guida», art.1: «...risulti essere esente da malattie fisiche o psichiche, deficienze organiche o minorazioni anatomiche e/o funzionali, che possano comunque pregiudicare la sicurezza della guida di quei determinati
74
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 75
Tale perfetta sanità viene valutata e validata da un medico all’uopo predisposto, dopo un superficialissimo esame della vista (con l’ottometro),
una verifica dell’integrità degli arti (tramite elementari esercizi ginnici), e
la presta esecuzione di semplici ordini impartiti a voce bassissima (obbedisce, dunque sente il clackson).
Ci scappa anche qualche sbadata domandina.
«Abusa forse Lei talvolta dell’alcole, messere?».
«Gnaffe, no, dottor mio, invero! Mai più e mai altro».
Agli altri – ai ciompi e ai monchi, agli orbi e ai sordi, ai nani e ai piccoletti – quelli, insomma, che la norma definisce «mutilati minorati» di arti,
vista, udito, e «soma» – non è che la patente venga negata73.
La possono comunque conseguire, o conservare, ma dopo attenta valutazione da parte della Commissione Medica Provinciale Certificati Medici.
Questa Commissione è composta da tre medici, che lavorano in una sala
con le serrande abbassate (il buio, illuminato là in fondo dalla pallida
luce dell’ottometro, che conferisce all’insieme un aspetto cimiteriale,
serve per valutare la cosiddetta ‘visione notturna’).
Nell’oscuro speco, uno dei medici esamina i difettivi sensi, o tasta il moncherino incalzerottato, compilando nel mentre il verbale; gli altri due,
annoiatissimi, chiaccherano di donne, del tempo che fa, del malcerto
andamento dei Bot: alla fine, firmano in calce quel verbalino, rigorosamente di color celeste pervinca, che permette ai nostri sfortunati concittadini di ottenere una patente ‘speciale’.
La patente speciale ha tre caratteristiche: dura di meno; costa di più; e
comporta ‘adattamenti’ dell’auto.
Per quale motivo la durata di una patente speciale sia più breve della
‘normale’ è insondabile mistero: non c’è alcuna evidenza che il residuo
occhio sano del monorbo si deteriori con più velocità dei lumi dell’ambivedente; è invece dimostratissimo che un sordo carampano più di così
non peggiora, che l’arto amputato non ricresce, che la bassa statura non
si allunga.
tipi di veicoli ai quali la patente abilita»; D.L. 30.04.1992, n. 285 «Nuovo codice della strada», art. 319: «...il richiedente [...] non risulti affetto da malattia fisica o psichica, deficienza organica e minorazione psichica, anatomica o funzionale, tale da impedire di condurre con sicurezza quei determinati tipi di veicoli alla guida dei quali la patente abilita...».
73
Ibid., art. 7 (minorati della vista), art. 8 (minorati dell’udito), art. 9 (minorati degli arti
o della colonna), art. 10 (anomalie somatiche), art. 11 (coesistenza di minorazioni invalidanti).
75
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 76
È misterioso anche il motivo per cui i medici valutatori debbano essere
in tre – il che triplica il costo della visita – salvo la possibilità di aggiuntive provvigioni di becchime per le signore di cui discutono durante la
seduta.
Infine, le modifiche da apportare all’autoveicolo riguardano: specchietti
retrovisori laterali, comandi sul volante, frizione automatica, allungamenti del pedale, avvicinamenti del sedile... adattamenti insomma che
con ottima competenza possono essere suggeriti da un buon meccanico,
molto meglio che da un medico.
Ora, è intuitivo che se il piccoletto non riesce a premere con il piede la
frizione, la prima non ingrana e l’auto non si schioda; se, al contrario, la
marcia ingrana e l’auto si schioda, ciò significa che il piccoletto è riuscito ad arrivare col piede alla frizione.
Allungando la pedaliera? Segando le gambe al sedile? È affar suo; e del
suo meccanico; e del concessionario della sua autovettura: se non lo fa,
l’auto non parte.
Perché mai, dunque, l’adattamento gli dev’essere prescritto da un medico?
Pensare che un monocolo non si preoccupi di proteggere ed acuire il
visus del suo unico lume, che l’amputato di gamba non si premuri di
acquistare un’auto con frizione automatica, che il sordo non provveda ad
installare specchietti retrovisori sporgenti, equivale a considerare gli italiani che guidano e quelli che vendono automobili, alla stregua di una
massa di criminali autolesionisti.
Il che non è vero a priori; non è vero per tutti; non è vero sempre; ed è –
in tutta franchezza – principio indecente ed offensivo.
Dal 23 giugno 1988, le regole per ottenere o mantenere la patente sono
diventate più arcigne e il numero dei costretti a passare sotto le forche
caudine della Dark Committee è aumentato a dismisura74.
Accanto ai minorati della vista, dell’udito, degli arti, sono ora chiamati
all’appello: i malati di cuore; i diabetici75; quanti patiscono di disturbi
74
D.M. 23.06.1988, n. 263.
Dall’anno Duemila, però, le patenti A e B vengono rilasciate anche ai diabetici da un
medico ‘specialista’ dell’unità sanitaria locale: L. 07.12.1999, n. 472 (Interventi nei settori
dei trasporti), art. 32. Quest’articolo è stato origine e causa di un’esilarante circolare di un
Capo Dipartimento Trasporti Terrestri del Ministero dei Trasporti e della Navigazione.
Alcune perle: «In particolare, il testo novellato dell’articolo 119 [...] La norma attribuisce
altresì ai predetti organi medici monocratici la competenza [...] ad indicare l’eventuale sca75
76
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 77
endocrini gravi (cui ben altri pensieri premono, che non scarrozzare la
morosa); quanti soffrono di malattie del sistema nervoso, centrale e periferico; quanti presentano disturbi psichici; quelli con gravi malattie del sangue (?); i dializzati; e infine quelli che fanno uso di sostanze psicoattive (le
cosiddette droghe, inclusi vino e cannabis, esclusi zenzero e tabacco).
Sono aumentati anche i componenti della Commissione (i tre medicibase; più un fisiatra, per gli arti; più un ingegnere della Motorizzazione,
per le modifiche76; più un diabetologo per il diabete; più altri vari ed
eventuali); e, parallelamente, è aumentato il costo della visita: cioè, a parlar pulito, le regalie che minorati e malati – a conti fatti: i sudditi – debbono versare per vedersi – a conti fatti – elargire quella che si configura
– fatti i conti – come una Concessione Graziosa dello Stato Autocrate.
2. Fra di essi, figurano anche gli epilettici.
...epilessia. La concessione della patente delle sole categorie A e B è consentita a soggetti che non presentino crisi comiziali da almeno due anni. Tale condizione dovrà essere verificata dalla commissione medico [sic!] locale sulla
base di una certificazione redatta dal medico di fudicia [sic!] o da un sanitario appartenente alle strutture pubbliche. La validità della patente non può
essere superiore a due anni. [...]
Per la conferma e la revisione valgono le medesime modalità.
La patente di guida delle categorie C, D, E non deve essere rilasciata né confermata ai candidati o conducenti in atto affetti o che abbiano sofferto in passato di epilessia77.
denza [...] La disposizione di cui trattasi, quindi, individua una nuova categoria di organo
medico monocratico [...] avente competenza esclusiva [...] all’accertamento dei requisiti
psicofisici nei confronti dei soggetti affetti da diabete, anche se in trattamento insulinico,
dato che la norma non opera distinzioni [...] Qualora il medico accertatore ritenga che il
soggetto esaminato sia inidoneo alla guida, in modo temporaneo o definitivo, il giudizio
finale dovrà essere demandato alla Commissione medica locale» ecc. ecc. Questa signora
dovrebbe essere rimandata a frequentare le scuole elementari, per tentare di rimediare agli
svarioni grammaticali con cui sfrittella la sua prosa; per la supponenza, per i buroneologismi, credo non ci sia rimedio.
76
Circolare D.G. n. 68 D.C. IV A041 (prot. 3188/4635) del 20.05.1996: questa circolare
dispone la presenza dell’ingegnere alle sedute delle Commissioni Mediche locali in tutti i
casi di accertamento medico nei confronti di mutilati e minorati fisici. La presenza dell’ingegnere, utile talvolta per valutare alcune complesse minorazioni degli arti (egli può individuare la modifica all’autoveicolo più adatta al soggetto che esamina), non è affatto giustificata per quanto attiene i minorati della vista e dell’udito. Ma, poiché l’ingegnere (Carlo
Emilio perdono!) è di solito funzionario della Motorizzazione Civile, i suoi colleghi non
accettano il certificato se non porta anche la sua inutile firma.
77
D.M. 23.06.1988, n. 263, art. 1, punto 4, lettera d.
77
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 78
Apparentemente placido, nella bonomia della sua lenta prosa tranquilla
– qui e là lardellata da strafalcioni – quest’articolo occulta le tragedie che
produce.
All’età di due anni, durante un febbrone, il piccolo Alessio – scriccioletto primo ed unicogenito di Adelchi ed Argia Coassin, coltivatori diretti
della Bassa Friulana – ebbe una crisi convulsiva.
Luci accese in tutto il casale e fin sull’aia, inutili tentativi di fargli ingurgitare un po’ di latte-e-miele latte-e-cognac latte-e-novalgina (i poveri
rimedi a portata di mano), telefonate concitate, sommesso pianto in
vestaglia dei nonni che stanno di sopra, madre atterrita, padre disperato
che si torce le mani e fuma a raffica, e un significativo muggire che dalla
stalla si diffonde alla buia campagna circostante, e poi: bimbo avvolto
nella coperta, frenetico pigiare sull’acceleratore nella notte verso il pronto soccorso, spavento senza rimedio nella sala d’aspetto...
La crisi terminò com’era iniziata, per conto suo; un buon antipiretico
fece il resto; e non si ripresentò mai più.
L’avventura di quella notte lontana divenne un racconto iniziatico, più e
più volte narrato coi modi e il lessico della saga famigliare, fino a cristallizzarsi in un piccolo epos domestico.
Passarono i lustri, Alessio crebbe.
Diventò un ragazzone esuberante, che giocava interminate partite a pallone, trebbiava il frumento fin quando ci si vedeva, trinciava fiorentine e
scolava bottiglioni, insensibile alla fatica e generosamente prodigo della
sua gioventù.
A diciott’anni, si presentò alla visita medica per la patente; ebbe la malasorte di ricordare e la dabbenaggine di raccontare quell’ormai remoto
episodio, e fu inviato immediatamente a fissare l’appuntamento ‘in Commissione’, che lo mandò dal neurologo per una visita specialistica, da cui
sortì la necessità di sottoporsi ad un elettroencefalogramma, che benché
negativo comportò un prelievo di sangue per gli inevitabili ‘esami’, a conclusione dei quali il neurologo stilò il certificato, che infine, il giorno prenotato, fu esibito all’intermittente attenzione della Commissione Provinciale Patenti.
La legge fu applicata, come doveroso, e dunque gli fu negata la possibilità di ottenere la patente C, cui aspirava.
La patente B, su cui ripiegò, era valida per due anni soltanto.
Allo scadere dei due anni, Alessio avrebbe dovuto risottoporsi all’intera
trafila: a venti, a ventidue, a ventiquattro anni Alessio dovette (e ogni due
78
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 79
anni finché campa, dovrà) assoggettarsi a queste defatiganti ed inconcludenti ‘visite’ mediche.
Verso i ventisei anni cominciò a ritenere di essere un menomato – nonostante la sua salute perfetta e senza incrinature.
3. Ora, bisogna sapere almeno tre cose.
‘Epilessia’ è termine generico, non meno di ‘vomito’ o di ‘mal-di-testa’, e
serve a designare un gruppo assai multiforme di stati morbosi, tra di loro
anche molto diversi.
Esistono casi in cui una crisi convulsiva si presenta una volta sola in occasione di febbre elevata (in argot sanitario: convulsioni febbrili semplici);
esistono casi in cui le convulsioni – frequenti nell’infanzia e nell’adolescenza – scompaiono con la pubertà (nello slang medico: convulsioni neonatali benigne; epilessia con assenze dell’infanzia; epilessia con assenze giovanile); esistono delle crisi che si scatenano esclusivamente durante il
sonno oppure che sopravvengono esclusivamente al risveglio (nell’idioletto ippocrateo, rispettivamente, crisi morfeiche e crisi di Grande Male al
risveglio); esistono crisi precedute da lunghe sensazioni soggettive (aure);
e naturalmente, episodi convulsivi ripetuti e talvolta così di frequente che
non permettono al poveretto che ne è colpito né di lavorare né di uscir
di casa.
Poiché neonati e infanti non guidano, e quanti guidano non sono più
infanti e neonati (così asseriva anche Monsieur de La Palisse); poiché
non si guida durante il sonno né al risveglio; poiché c’è tutto il tempo,
quando scocca l’aura premonitrice, di portare il veicolo sul ciglio della
strada e lì sostare, dovrebbe conseguirne che dette ‘epilessie’ non costituiscono ostacoli alla guida – e nemmeno alla guida di camion con rimorchio, e nemmeno di autoarticolati o di autosnodati.
Ma c’è una seconda riflessione: «ogni individuo in particolari condizioni
può andare incontro ad una crisi epilettica, evento che non implica una
ripetizione delle crisi tale da identificare una malattia epilettica» – afferma il Dictionary of Epilepsy78: cioè, la probabilità che una crisi epilettica
si ripresenti una seconda volta in coloro che hanno già presentato convulsioni occasionali è pari alla probabilità che nel resto della popolazione una crisi epilettica si presenti una prima volta.
Vale a dire: o dovremmo limitare per un biennio alla volta la patente a
78
H. GASTAUT (a cura di), Dictionary of Epilepsy, WHO, Geneva, 1973, I, p. 59.
79
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 80
tutti gli automobilisti (prima o poi potrebbe capitar loro una crisi); oppure dovremmo considerare coloro cui è capitata una crisi soltanto, trascorso un congruo periodo di tempo, come ‘guariti’ dall’ ‘epilessia’, e
concedere loro la patente alla pari di tutti gli altri guidatori ‘normali’ (i
virgolettati sono sovrabbondanti ma obbligatori).
E, terzo: è noto da almeno vent’anni che gli ‘epilettici’ risultano tra i guidatori meno pericolosi, forse proprio perché la (o le) crisi cui sono andati incontro li rendono più prudenti degli altri. Donne ‘epilettiche’
mostrano una prevalenza di incidenti automobilistici inferiore a quella
dell’intiero insieme dei maschi, ‘epilettici’ e no. E non vi sono significative differenze di sinistri stradali tra pazienti ‘epilettici’ e popolazione
generale di controllo79.
Ma la legge non distingue tra sindrome e sindrome, né tra malato e guarito; peggio ancora: la legge non permette ai sanitari di fare alcuna distinzione; quell’onnicomprensivo ‘crisi comiziali’ non favorisce nemmeno i
soliti trucchi semantici, cui si ricorre quando a beneficio del cittadino si
tenta di aggirare una legge scema.
Se non c’è alcun motivo sanitario per il quale colui che ha sofferto di
determinati tipi di crisi convulsive debba essere considerato affetto da
‘epilessia’; se non c’è alcun motivo derivato dalle conoscenze mediche
che impedisca o sconsigli per costoro il conseguimento di una patente C
o superiori; se non c’è alcun motivo sanitario per il quale il poveretto
debba venir torturato ogni biennio con esami strumentali dall’esito sempre uguale e scontatamente negativo, allora, donde nasce tutta quest’enfasi?
Nasce da motivi non sanitari: dal pregiudizio che da sempre grava sull’epilessia – il male sacro; il morbo eccezionale, al cui scatenarsi gli antichi
79
A. CRANCER - L. MCMURRAY, Accident and violation ratio of Washington’s Medically
restricted drivers, in «JAMA», 205 (1968), pp. 272-276; L. BERGAMINI, Epilessia e patente
di guida, Atti del Meeting Internazionale, Verona 6-7 aprile 1978; R.L. MASLAND, Psychosocial aspects of Epilepsy, in R.J. PORTER - P.L. MORSELLI (a cura di), The Epilepsies, London 1985, pp. 365-380; P. HANSOTIA - S.K. BROSTE, The effect of epilepsy or diabetes mellitus on the risk of automobile accidents, in «N. Engl. J. Med.», 324 (1991), 3, pp. 22-26; J.
TAYLOR - D. CHADWICK - T. JOHNSON, Risk of accidents in drivers with epilepsy, in «Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry», 60 (1996), pp. 621-627; T. GISLASON et
al., Medical risk factors amongst drivers in single-car accidents, in «J. Int. Med.», 241 (1997),
3, pp. 213-219; J. TAYLOR - D.W. CHADWICK - T. JOHNSON, Accident experience and notification rates in people with recent seizures, epilepsy or undiagnosed episodes of loss of consciousness, in «QJM», 88 (1995), pp. 733-740.
80
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 81
scioglievano i comizi; il segno tangibile dell’invasamento da parte di
demoni o déi; la macchia morale o la maledizione immedicabile, che
rende il principe Myškin così irrimediabilmente ‘idiota’.
Questa superstizione cialtrona, evidentemente, alligna ancora nei ministeri (diversamente, e ben di più, che nelle savane keniote o nelle tundre
artiche).
4. Ragionamenti simili, a taglio strettamente sanitario, si potrebbero fare
(e sono stati fatti, anche da commissioni ministeriali – ma senza seguito)
per tutte le altre categorie contemplate nel decreto.
«La patente delle categorie C, D, E non deve essere né rilasciata né confermata a candidati o conducenti diabetici che abbiano bisogno di trattamento con insulina»80 – affermava, drasticamente, il decreto 23 giugno
1988; cosicché abbiamo tolto la patente a fior di giovinotti che col
mestiere di camionista sostenevano la giovane moglie e il figlioletto in
fasce, pronunciando il nostro severo non possumus di fronte a lacrime
irrefrenabili e disperate.
«...salvo casi eccezionali debitamente giustificati dal parere di un medico
autorizzato e con controllo medico regolare»81 – correggeva il Ministero,
il 16 dicembre 1998; sicché abbiamo restituito la patente al medesimo,
che ormai la rivuole soltanto per puntiglio, essendo divorziato dalla non
più giovane moglie, provato da due anni di disoccupazione, e ridotto a
fare lo spazzino: pronunciamo il nostro ponderato mo’ possumus rossi di
vergogna – noi, che avevamo avuto l’ambizione di diventare seri professionisti della prevenzione e siamo stati degradati a supini esecutori di
sempiezzi.
Nel 1997 è stato convocato presso il Ministero della Sanità un gruppo di
lavoro, battezzato «Sicurezza del Traffico». Aveva lo scopo di «affrontare più in dettaglio i conseguenti aspetti specifici derivanti dalla complessità della patologia diabetica»82 (dio strafulmini gli scribi). I suoi membri
conclusero che la patente C poteva essere rilasciata anche a persone che
80
D.M. 23.06.1988, n. 263, art. 1, punto 2; ribadito dai successivi D.P.R. 16.12.1992, n.
495, Appendice II; D.M. 08.08.1994; e dal D.M. 28.06.1996, che conteneva peraltro un
errore madornale, tale da impedire di fatto la guida di qualunque tipo di veicolo a tutti i
diabetici insulinodipendenti, e per correggere il quale ci sono voluti due anni (vedi nota
seguente).
81
D.M. 16.10.1998.
82
Circolare Ministeriale n. 400.7/L.D.I.6/DM88/94/1939 del 18.12.1997: l’eccezione si è
trasformata in regola con la L. 07.12.1999, n. 472 cit.
81
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 82
si curavano con l’insulina, purché per un tempo limitato (due anni soltanto), e soltanto dalla Commissione Provinciale.
La regola, trascritta nella legge del 1999, risulta diversa: il «conseguimento, la revisione o la conferma delle patenti C, D, CE, DE e sottocategorie» da parte di soggetti affetti da diabete è demandata alla Commissione Provinciale «integrata da un medico specialista diabetologo»; gli
accertamenti, per gli insulinodipendenti, sono effettuati «ogni anno,
salvo i periodi più brevi» 83.
Un Palazzone, ’na vorta tanto, è stato produttivo, celere, razzionale: subbito ce ne sta ’nantro che, de sconcerto, ammoscia tutto quanto: così li
penzieri der Ministero della Sanità vengono vanificati dagli improvvidi
decreti der Ministero dei Trasporti, come nun c’avessero nient’antro da
fa, li deragliatori.
Eppure, su questioni di ben altrimenti fondata evidenza, quanto (e per
quanto!) hanno cincischiato!
Sulla questione del casco obbligatorio per i motociclisti, o per i ragazzi
sul motorino, ad esempio84.
Sulla questione delle cinture di sicurezza, ad esempio85.
83
L. 07.12.1999, n. 472 (Interventi nel settore dei trasporti), art. 32.
L’uso obbligatorio del casco protettivo per motociclisti è legge dal 1986 (L. 11.01.1986,
n. 3). Ai maggiorenni alla guida di ciclomotori è stata, però, lasciata facoltà di scegliere se
indossare o meno il casco. La correlazione positiva tra obbligo di indossare il casco e riduzione della mortalità era già stata dimostrata con sufficiente chiarezza, e dal 1981 questa
era l’opinione dell’O.M.S. Nonostante la sufficiente chiarezza, l’estensione a tutti dell’obbligo del casco è stata rimandata di anno in anno fino al 1998. «Ma è con la decisione sul
casco obbligatorio che Costa [Paolo Costa, ministro dei Lavori Pubblici nel 1998, ndr]
tocca gli interessi miliardari delle case costruttrici [di motorini, ndr.] che negli ultimi anni
si sono battute – anche ricorrendo a lobby parlamentari – contro questa ipotesi. Il Ministero dei Lavori pubblici ha calcolato che lo Stato potrebbe risparmiare tra i 2.000 e i
3.000 miliardi ogni anno [...] in minori spese sanitarie alla voce ‘trauma cranico’. Un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità smonta poi uno a uno tutti i luoghi comuni contro
il casco obbligatorio. E divulga una stima su una ricerca in corso [...] il costo globale per
la comunità nazionale derivante da incidenti stradali è superiore a 50.000 miliardi all’anno» (C. CHIANURA, Casco obbligatorio per tutti. Motorini, finisce la deroga per i maggiorenni, «La Repubblica», 21 gennaio 1998). Finalmente (e solo) il 12.11.1999 il casco è
diventato obbligatorio per tutti (ma a partire dal febbraio 2000): se non si chiama cincischiare questo...
85
Nel 1977 era stato elaborato un complesso progetto di Codice della strada che avrebbe
dovuto sostituire le norme – superatissime – del 1958. In esso era previsto l’obbligo delle
cinture di sicurezza. Quest’obbligo è stato però sancito soltanto con la L. 18.03.1988, n.
111, artt. 20 e 21. Ci sono voluti dunque almeno 12 anni per giungere ad un provvedimento di sicura e dimostrata tutela dell’integrità fisica dei conducenti.
84
82
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 83
E sulla questione, capitale, della guida in stato di ebbrezza stanno cincischiando ancora.
5. Guidare in stato di ubriachezza o di ebbrezza è comportamento criminale.
La legge italiana fissa a 80 milligrammi (mg) ogni 100 millilitri (ml) di
sangue la concentrazione di alcool (alcoolemia) ammessa nei soggetti che
guidano.
Al di sopra di questa soglia, si configura lo stato di ebrietà.
Ma è noto da tempo che concentrazioni di alcool nel sangue anche inferiori a 30 mg % ml comportano parziale disabilità alla conduzione di veicoli. Se ad un guidatore coinvolto in un incidente stradale si riscontrano
alcoolemie uguali o superiori a 100 mg % ml, con una probabilità del
90% circa egli è stato il responsabile del sinistro.
Ora, per impedire l’ebrietà o l’ubriachezza al volante, ci sono due strade:
l’educazione, rigorosissima; e la repressione, durissima.
Sull’educazione.
Com’è noto, la maggioranza degli italiani non ruba, né uccide il vicino. È
stato loro inculcato in tutti i modi, fin dall’infanzia, che rubare è un peccato e, a chi lo commette, cascano le mani; ed è un reato, che porta dritto nelle grinfie dei carabinieri, come Pinocchio, e per il quale si finisce in
gattabuia. Sanno quel che rischiano; e se valga la pena rischiare.
Invece, una percentuale molto elevata (tra le più alte d’Europa) di italiani
guida in stato di ebbrezza. Nessuno ha insegnato loro che questo è un comportamento criminoso. Anzi, sanno che questo comportamento è tollerato, che la polizia chiude un occhio, che se la caveranno con poco danno.
Si tratta di un ritardo pedagogico ‘epocale’ (mi si consenta la parolaccia).
Sulla repressione, basti un dato.
Nel 1992 sono stati espletati in Italia 10.000 controlli alcoolimetrici, pari
a 0.0003 controlli ogni 1.000 veicoli circolanti. In quello stesso 1992, in
Finlandia, ogni 1.000 vetture circolanti sono stati eseguiti 762 controlli
alcoolimetrici: vale a dire che due veicoli su tre sono stati controllati.
E comunque, per quelli beccati in fallo in Italia, le ammende sono lievi
(da 500.000 a 2.000.000 di lire), l’arresto non si applica, e il ritiro o la
sospensione della patente va «da 15 giorni a tre mesi» (se recidivo, fino
a sei mesi)86.
86
D.L. 30.04.1992, n. 285, art. 119.
83
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 84
Cioè: sciocchezze.
Su ciò sono d’accordo perfino gli accademici:
La mancanza in Italia di adeguati programmi di prevenzione/educazione
della popolazione giovanile e la carenza di effetto deterrente dovuta alla mancata applicazione della normativa operano sinergicamente nel mantenere una
elevata incidenza di comportamenti a rischio87.
Ricordate l’accanimento contro i cosiddetti epilettici?
Non possono guidare nei due anni successivi ad una crisi; ottengono la
patente per un biennio soltanto; non possono guidare camion...
Eppure, la probabilità statistica di provocare un incidente da parte di
consumatori di alcool è 1.000 (mille!) volte superiore alla probabilità di
provocare il medesimo incidente da parte dei cosiddetti ‘epilettici’.
Un paese che non provvede all’educazione e che non pratica la repressione, esige però la certificazione.
Con un risultato scontatissimo.
Nessuno mai si è presentato imbriaco o alticcio o semplicemente brillo
ad una visita medica per rinnovare la patente. Sono tutti parchi, frugali,
temperati, sobri, astinenti dall’alcool, addirittura astemi. Aborriscono il
merlot, schifano lo chardonnay, rifuggono dal tocai. Il picolit li fa orripilare.
Poi, ottenuto il certificato, escono dall’ambulatorio, trovano gli amici,
s’intoppano al bar, si scolano sei calici, e caracollano verso casa, sbandando a ritta e a manca, facendo fuori un cagnolino, scortecciando due
platani, e rifilando un bambinetto che attraversa.
6. Che sulla questione salute, e sui modi e mezzi per conseguirla e mantenerla, tutti – Sanità & Trasporti, Cani & Porci, Nani & Ballerine, tutti,
fuorché quello specifico medico che valuta quello specifico autista nella
dilui carne e dilui ossa – possano dire la loro, è sconcertante e sintomatico allo stesso tempo.
Ed è sconcertante e sintomatico che a nessuno venga in mente di verificare l’efficacia della normativa, in ordine alla validità dei mezzi usati e al
raggiungimento degli scopi prefissati.
87
S.D. FERRARA et al., Sostanze psicoattive e disabilità alla guida. Studio epidemiologico su
conducenti di veicoli nella Regione Veneto, in «Rivista Italiana di Medicina Legale», XIX
(1997), 2, pp. 389-410.
84
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 85
Sono diminuiti gli incidenti d’auto da quando la normativa infierisce su
diabetici, cardiopatici, ed ‘epilettici’?
Nel grafico sono riportati i dati assoluti degli incidenti stradali, dei morti
e dei feriti dal 1976 al 1996. Con intenzione, lo spartiacque è stato fissato al 1988, l’anno delle norme capestro, ma non ancora dei caschi obbligatori, delle cinte di sicurezza, della repressione dei ciocchettoni al
volante.
I dati assoluti di sinistrosità mostrano un trend leggermente decrescente
di incidenti tra il 1970 e il 1987 e leggermente crescente tra il 1989 e il
199688.
Anche il numero assoluto di morti decresce dal 1970 (10.000 decessi) al
1987 (6.784); e rimane sostanzialmente stabile tra il 1989 (6.410) ed il
1996 (6.193).
I feriti – il cui numero rimane costante nel venticinquennio – s’impennano negli ultimi tre anni esaminati.
Si tratta di una strage: dal 1988 al 1998, 97.000 persone sono morte in
88
Incidenti, 1970: 173.000; 1987: 158.208; 1989: 160.828; 1996: 183.415. I dati sono riportati in ISTAT, Gli incidenti stradali negli anni ’90. Rischio e sicurezza sulle strade italiane,
Roma 1998.
85
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 86
incidenti stradali (17 morti al giorno) e due milioni e mezzo sono rimaste
ferite. Il bilancio di questo disastro sfiora ogni anno i 16 mila miliardi.
Su questa strage, su questa ecatombe, la certificazione non sembra influire granché.
Anzi.
7. Gli incidenti d’auto costituiscono oggi, in Italia, la principale causa di
morte nell’età compresa fra i venti ed i quarant’anni.
È una tragedia nazionale, ad evitare la quale si dovrebbero dedicare
molte più energie di quelle che attualmente si spendono.
Giovinotti spericolati, o soltanto assonnati, oppure ebbri, ovvero impastigliati, o ahiloro sfortunati, azzardano un sorpasso, pigiano sull’acceleratore, affrontano spavaldi una curva, palpano la morosa di man destra,
l’asfalto è bagnato, l’auto non ha presa, ed è la fine, sotto forma di pioppo paracarro fossato o trasporto eccezionale.
Si tratta di giovanotti nel fiore dell’età, con davanti un futuro ricco di
speranze, di solito sanissimi, una perdita amara e immedicabile.
Proprio perché erano sanissimi, e non mostravano difetto, il certificato
per la guida è stato loro rilasciato senza nessuna difficoltà – com’è giusto.
E già questo dovrebbe costituire, di per sé, una prima (grossolana) verifica dell’utilità di quell’idoneità psico-fisica – se le leggi venissero sottoposte a verifica d’utilità.
8. Si è confrontato il numero di incidenti d’auto italiano con quello di
paesi nei quali per guidare serve una sola certificazione, e non una certificazione decennale o quinquennale o annuale?
Un bel paragone tra i numeri delle fracassine stradali nel Belpaese dalla
rosea patente – che esige come minimo 11 visite mediche tra i 18 ed i 78
anni – e nei paesi del Permis de conduire o del Fuererschein, che ne prevedono una o nessuna, è oltremodo interessante89.
89
Nel 1994, si sono avuti in Francia 132.726 incidenti con 9.019 morti; in Germania
392.754 incidenti con 9.814 morti; in Italia 170.679 incidenti con 7.104 morti. I deceduti
per 100.000 abitanti furono 15.8 in Francia, 12.1 in Germania, 12.4 in Italia. I morti ogni
10.000 veicoli circolanti furono 3.2 in Francia, 2,1 in Germania, 1.9 in Italia; i morti per
un milione di veicoli-chilometro 18.6 in Francia, 16.8 in Germania, 18.0 in Italia. I dati
sono riportati in ISTAT, Gli incidenti stradali negli anni ’90, cit.
86
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 87
Si sono tentate strade di tutela meno dispendiose o più certe di quella
compulsiva ‘visita’ medica e del suo corollario cartaceo?
Sono propriamente queste le verifiche che dovrebbero impegnare i ministeriali: essi invece dilapidano tempo e energie a determinare dimensioni, colore (rigorosamente rosa, con nuances violette) e numero di piegature della patente90, dimensioni, forma e sfondi delle targhe, e a scrivere
codici della strada, aggiornamenti ai medesimi, modifiche agli aggiornamenti, rettifiche alle modifiche, postille alle rettifiche, e codicilli alle
postille – cosicché nessun guidatore italiano conosce il codice della strada italiano (e, probabilmente, nessun ministeriale; e nemmeno il Ministro
dei Trasporti di volta in volta in carica).
Ecco perché nessuno risponderà al signor Sergio Fratucello di Vipiteno,
la cui lucida e concisa lettera è riportata in exergo a queste righe.
Egli si è illuso, e forse ancora si illude, di essere un cittadino (con diritto
a risposte, quando pone domande), di essere sottoposto a leggi razionali, di avere una pubblica amministrazione al suo servizio, di essere entrato in quell’Europa che dista dieci chilometri da casa sua.
Egli non sa (ancora) che a Roma c’è il Mastodonte, nel cui ventre molle
i Mandarini praticano le prestidigitazioni, fanno i giochetti col doppiofondo, tirano i dadi col piombino, estraggono i conigli dal cilindro,
fanno sparire le carte nella manica dello smoking.
Architettano vere e proprie truffe.
Mal che vada, c’è sempre il Fato, il Fato rio cinico e baro, il Fatone infame cui addossare la colpa.
90
Il nuovo modello è invero più complicato, prevede una «stampa in offset a cinque colori: bleu, giallo, rosa, verde e rosso»: esso è dettagliatamente descritto a p. 73 della G.U.
26.10.1999, Serie generale, n. 252.
87
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 88
6
PERINDE AC CADAVER
1. Si può continuare.
Non c’è atto dell’italica vita umana (e nemmeno bovina – a vero dire) che
si sottragga alla certificazione sanitaria.
C’è il certificato di gravidanza normale91, di gravidanza a rischio92, di
aborto93, di assistenza al parto94, di nascita di bimbo malformato95.
A quello di nascita di bimbo benformato sopperisce il certificato di
nascita semplice.
Anche le puerpere non occupate (e che dunque non beneficerebbero delle
indennità di maternità) debbono esibire un certificato di gravidanza onde
ottenere sussidi e sostegni per allevare il pargolo96: è un certificato, come
dire, post eventum, a gestazione terminata, ad acque rotte, a secondine espulse, a bimbo svezzato, entro il termine perentorio di 180 giorni; e si compila,
ora per allora, in base all’assunto che se vi è nascita, vi è stata gravidanza;
siamo in grado di smentire categoricamente la frottola delle cicogne.
C’è il certificato di avvenuta vaccinazione, la diffida per mancate vaccinazioni, e il certificato cumulativo di eseguite vaccinazioni97.
Il ragazzino che impara a fare le flessioni oppure a stare ritto sugli sci,
deve averne uno (certificato di attività sportiva non agonistica)98. Esso
91
D.P.R. 25.11.1976, n. 1026, artt. 4 e 14.
L. 30.12.1971, n. 1204, artt. 4 e 5.
93
D.P.R. 25.11.1976, n. 1026 cit., art. 15 comma 2.
94
R. Dl. 2128/1936, art. 18 (recentemente abrogato dal D.P.R. 20.10.1998, n. 403, art. 8).
95
R.D. 27.07.1934, n. 1265, art. 139; R.D. 17.02.1941-XIX, n. 1127 (Approvazione del
regolamento per la denuncia dei nati deformi e delle lesioni invalidanti); ribadito dal
D.P.R. 07.03.1975, n. 163, art. 9, lettera b.
96
L.R. Friuli-Venezia Giulia 24.06.1993, n. 49 (Norme per il sostegno delle famiglie e per
la tutela dei minori), art. 15: il termine perentorio di consegna del certificato è di 180 giorni dopo la nascita.
97
D.P.R. 22.12.1967, n. 1518, art. 47, così come modificato dal D.P.R. 26.01.1999, n. 355.
98
D.M. 28.02.1983 (Norme per la tutela dell’attività sportiva non agonistica), art. 1.
92
88
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 89
dev’essere rinnovato annualmente. Se vuole gareggiare con la squadra di
pallone del paese vicino, deve averne un altro (certificato di attività sportiva agonistica)99. Anch’esso deve essere rinnovato annualmente. Se poi
diventa professionista, un altro ancora100 (diverso, però, da quello che gli è
necessario se intende esercitare come sportivo professionista autonomo101).
Il maestro che insegna a sciare, deve averne uno (certificato di idoneità a
svolgere la mansione di maestro di sci102: che però non è necessario se
quel maestro insegna i rovesci del tennis, o il tiro in porta paraboloide).
Colui che aziona lo skilift, deve averne un altro (certificato di idoneità
alla conduzione degli impianti di risalita)103. Ci è ignoto il motivo dell’accanimento nei confronti della neve e degli sport invernali.
I bambinetti che sguazzano nella piscina bassa, gli olimpionici che fanno
le 40 vasche, il bagnino che li ammira fumando: tutti col loro bravo certificato. Di cui dev’essere fornito anche il pigrone che rifiuta la palestra,
il nuoto, lo sci (certificato di esonero dalle attività ginniche)104.
È ovvio che l’handicappato che vuole praticare uno sport dev’essere
munito di certificato apposito105: fossero stati italiani, col piffero che
avrebbero garreggiato e vinto a Sidney 2000, Terence Parkin, sordomuto, medaglia d’argento nei 200 rana; Tom Dolan, asmatico, oro nei 400
misti e argento nei 200 misti; Steve Redgrave, diabetico, quinto oro per il
canottaggio nella sua quinta olimpiade consecutiva; Gary Hall, diabetico
anche lui, oro nei 50 stile libero, bronzo nei 100 stile libero106. Al massimo,
li avrebbero spediti alle apposite olimpiadi riservate, là nel recinto...
C’è il certificato medico per guidare un automezzo terrestre107 (escluso
99
D.M. 18.02.1982 (G.U. 05.03.1982) e D.M. 28.02.1983 (G.U. 15.03.1983).
D.M. 13.03.1995.
101
L. 23.03.1981, n. 91, art. 3 comma 2.
102
L.R. Friuli-Venezia Giulia 18.04.1997, n. 16 (Ordinamento della professione di maestro
di sci), art. 8: «idoneità psico-fisica all’insegnamento dello sci attestata da un certificato
rilasciato dalla competente autorità sanitaria». È necessario un certificato «attestante l’idoneità psico-fisica» anche per essere ammessi alla prova attitudinale (art. 6).
103
D.M. 05.06.1985 (Disposizioni per i direttori ed i responsabili dell’esercizio e relativi
sostituti e per gli assistenti tecnici preposti ai servizi di pubblico trasporto effettuati
mediante impianti funicolari aerei e terrestri), art. 8, punto 5.
104
L. 07.02.1958, n. 88, art. 3.
105
D.M. 04.03.1993 (G.U. 18.03.1993).
106
C. ABBATE, E li chiamano invalidi, in «Panorama», XXXVIII (05.10.2000), 40, pag. 93.
107
D.P.R. 23.09.1976, n. 995 (Sostituzione di articoli [...] del Regolamento per l’esecuzione del codice stradale) cit.; D.M. 23.06.1988, n. 263 cit.; D.L. 30.04.1992, n. 285 (Nuovo
codice della strada) cit.
100
89
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 90
per il momento il monopattino), quello per guidare un automezzo acquatico108 (escluso per il momento il pedalò), e naturalmente quello per guidare un aeromobile109 (compreso il deltaplano, escluso per il momento
l’aquilone).
Il volontario della Croce Rossa che si presta a guidare un’ambulanza
della Croce Rossa, o il vigile del fuoco che intende sfrecciare con la rossa
autobotte dei vigili del fuoco, hanno necessità di una seconda patente
(oltre alla loro propria): benché i requisiti ‘fisici’ per ottenere la prima
siano esattamente identici a quelli per ottenere la seconda, però le visite
(o almeno: gli attestati) debbono essere due110.
Tutti debbono allacciare le cinture di sicurezza durante la guida; ma da
quest’obbligo si può venir anche esonerati – naturalmente tramite certificato: in questo modo gli esonerati possono legalmente far a meno di
indossare durante la guida quelle cinture che tutti gli altri italiani non
indossano egualmente, ma illegalmente111.
Debbono avere un certificato di idoneità: il vigile del fuoco volontario112
e il pompiere professionista, il volontario della protezione civile, il guardiaboschi, il guardiacaccia, il guardiapesca113.
Se però il guardiacaccia va a caccia deve avere anche il certificato che lo
rende idoneo ad andare a caccia (e a suo tempo deve essersi premunito
di un certificato che lo rendeva idoneo a sostenere l’esame venatorio114).
Ma anche chi non va a caccia, e tiene il fucile lì, appeso al muro, come
ornamento, deve avere un certificato di idoneità a detenere il fucile appeso al muro, lì, come ornamento115.
108
D.P.R. 09.10.1997, n. 431 (Regolamento sulla disciplina delle patenti nautiche), art. 5.
D.P.R. 05. 08. 1988, n. 404, art. 15.
110
D.L. 30.04.1992, n. 285, art. 138. Questa regola vale anche per i conducenti veicoli
della «Polizia di Stato, della Guardia di finanza, del Corpo di Polizia penitenziaria [...] del
Corpo forestale dello Stato, dei Corpi forestali operanti nelle regioni a statuto speciale e
nelle province autonome di Trento e di Bolzano e della Protezione civile» (comma 11).
111
D. Lgs. 30.04.1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), art. 172; D. Lgs. 10.09.1993, n.
360 (Disposizioni correttive e integrative del codice della strada, approvato con decreto
legislativo 30.04.1992, n. 285), art. 98.
112
D.P.G.R. Friuli-Venezia Giulia 28.12.1978, n. 01016/Pres., art. 15.
113
Il guardiacaccia e il guardiapesca sono «guardie particolari giurate volontarie», e dunque soggette al R.D. 04.06.1914, n. 563 (Approvazione del regolamento per gli Istituti di
vigilanza privata); al T.U.L.P.S. 18.06.1931, n. 773, Titolo IV (Delle guardie particolari e
degli istituti di vigilanza e di investigazione privata), artt. 133-141; e ai R.D.L. 26.09.1935,
n. 1952 e R.D.L. 12.11.1936, n. 2144.
114
D.P.G.R. Friuli-Venezia Giulia 25.03.1987, n. 9/CP.
115
T.U.L.P.S., R.D. 18.06.1931, n. 773, art. 35: «Il questore può subordinare il rilascio del
109
90
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 91
Anche per un archibuso seicentesco, una colubrina arrugginita, una piccola spingarda?
Anche per quelle.
Ci vuole un certificato per sparare al poligono, e un certificato per trasportare l’arma al poligono, dove si sparerà116.
Ci vuole un certificato per andare a far la naja (durante la quale s’impara a sparare, però senza bisogno di porto-d’armi); ce ne vuole uno per
essere esonerati dalla naja, imboscandosi come Capitan Nemo117; ed uno
per essere autorizzati al servizio civile (che comporta la rinuncia all’uso
delle armi da fuoco per il resto della vita – non però del temperino o della
scimitarra)118.
I fochini dediti al disgelamento delle dinamiti, al caricamento dei fori e al
brillamento delle mine nonché all’eliminazione delle cariche inesplose
debbono avere un certificato medico119.
Naturalmente, gli utenti di fucili a canne-mozze e di kalashnikov, le coppole storte e gli 007, usano dette armi senza certificato medico; e centrano il bersaglio, se lo centrano! e con o senza attestato, di quel che è successo a Capaci e in via D’Amelio si sa.
Serve un certificato per poter vendere sali e tabacchi (all’atto del rinnovo novennale della concessione120 – oltre al ‘libretto sanitario’, per via
delle mentine); e un certificato per poter vendere aspirine e viagra121 –
oltre al ‘libretto sanitario’, per via degli omogeneizzati e dei biscotti plasmon.
Debbono esibire il certificato di ammissione in comunità: lo scout che va
nulla osta [...] alla presentazione di certificato del medico provinciale o dell’ufficiale sanitario, o di un medico militare dal quale risulti che il richiedente non è affetto da malattie
mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere».
116
R.D. 06.05.1940, art. 76. Sembra che quest’articolo sia stato abolito, all’interno di una
situazione peraltro complicatissima, descritta con abbondanza di dettagli nella Circolare
del Ministero dell’Interno 14.02.1998 (Trasporto di armi comuni da sparo) pubblicata
sulla G.U. 27.02.1998, S.G., n. 48.
117
L’ultimo «elenco delle imperfezioni ed infermità che sono causa di non idoneità al servizio militare» è allegato al D.M. 04.04.2000, n. 114.
118
L. 15.12.1972, n. 772.
119
D.P.R. 19.03.1956, n. 302, art. 27.
120
L. 22.12.11957, n. 1293 (Organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio), art. 6.
121
D.P.R. 21.08.1971, n. 1275 (Regolamento per l’esecuzione della L. 02.04.1968, n. 475,
recante norme concernenti il servizio farmaceutico), art. 12.
91
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 92
in colonia122, il ginnasiale che va in collegio, la matricola che va in casa
dello studente; il credulone che cerca benefici alle terme.
Lo debbono avere: l’acrobata per fare le acrobazie, l’entraineuse per
intrattenere i clienti, e la putana foresta della Udine-Portogruaro per puttaneggiare sulla Udine-Portogruaro (ma all’ufficio stranieri della questura è schedata come ‘ballerina’, forse per via dei pas-des-deux che peripatetizzando esegue)123.
C’è un certificato che rende idoneo al lavoro il fanciullo, uno che rende
idoneo l’adolescente, uno che rende idonea la donna minorenne, uno
l’apprendista124, un altro ancora il lavoratore di mezza età125.
122
Circolare Ministero Sanità 24.06.1992, n. 25 (Misure di profilassi per l’ammissione nei
centri di vacanza per minori).
123
C.M. 04.08.1988, n. 81 prot. 7426/IR/A-74 Ministero del Lavoro (la circolare riguarda
i lavoratori extracomunitari dello spettacolo, e si basa sulla L. 943/86, art. 14, comma 2;
tuttavia le prostitute extracomunitarie vengono regolarmente registrate in questura come
‘ballerine’: dimodoché – ipocrisia sommandosi ad ipocrisia – vengono accompagnate,
assonnate e sfatte, al mattino presto, dopo una notte trascorsa a ‘danzare’, negli ambulatori di Igiene Pubblica dai loro macrò, e implorano quel certificato senza il quale il permesso di soggiorno non verrà loro rinnovato).
124
L. 26.04.1934, n. 653 (Tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli); L. 10.01.1935, n.
112 (Istituzione del libretto di lavoro); L. 19.01.1955, n. 25 (Disciplina dell’Apprendistato); D.P.R. 30.12.1956, n. 1668 (Regolamento applicativo); D.P.R. 19.03.1956, n. 303
(Norme generali per l’igiene del lavoro); L. 17.10.1967, n. 977 (Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti); D.P.R. 04.01.1971, n. 36 (Determinazione dei lavori leggeri nei
quali possono essere occupati i fanciulli); D.P.R. 17.06.1975, n. 479 (Regolamento sulla
periodicità delle visite mediche per minori); D.P.R. 20.01.1976, n. 432 (Determinazione
dei lavori pericolosi, faticosi e insalubri); ecc.
Alcuni articoli di queste leggi sono stati di recente abrogati dal D. Lgs. 04.08.1999, n. 345
(Attuazione della direttiva 94/33/CE relativa alla protezione dei giovani sul lavoro). Pur
essendovi tra i firmatari l’ottimo Bassanini, la legge è così logica e chiara da aver avuto
immediato bisogno di una circolare ‘applicativa’ (Circolare del Ministero del Lavoro e
della Previdenza sociale, n. 1/2000 del 05.01.2000, prot. 801- Segr.-/D). Nella circolare si
può leggere, a mo’ d’esempio, la seguente castroneria: «In via generale, l’art. 9 del nuovo
decreto dispone, per i minori, l’obbligo di una visita medica preassuntiva e di visite mediche periodiche da effettuare, a cura del datore di lavoro, presso la ASL territorialmente
competente [dunque, la visita dev’essere effettuata dal medico pubblico, ndr]. Fa eccezione
il caso di attività lavorative per le quali la vigente legislazione dispone la sorveglianza sanitaria disciplinata dagli artt. 16 e 17 del citato D. Lgs. 626/94 [in teoria, tutte le attività sono
sottoposte a sorveglianza sanitaria in base al D. Lgs. 626/94, e quindi tutte fanno eccezione,
ndr]. In tali fattispecie, le visite mediche preventive e periodiche devono essere, quindi,
effettuate dal medico competente, pubblico e privato, scelto dal datore di lavoro [come si
vedrà, una decisione del garante della concorrenza non ammette medici competenti pubblici;
si danno soltanto medici competenti privati, ndr]. Pertanto, poiché l’articolo in questione
ha compiutamente e diversamente disciplinato la materia, l’art. 9 del D.P.R. 1668/56 deve
ritenersi implicitamente abrogato nella parte in cui dispone per i minori, la visita medica
92
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 93
Tutti questi idonei, debbono poi venir resi idonei una seconda volta,
subito dopo – o subito prima, non importa – dal ‘medico competente’126.
Il personale della scuola – oltre alle idoneità di cui sopra – è tenuto a sottoporsi ogni biennio ad una visita medica supplementare, con radiografia del torace e ‘occorrendo’ esame dell’espettorato, onde scongiurare
l’altro grande spettro ottocentesco che s’aggira torvo per l’Italia del Duemila: il bacillo di Kook [sic!]127. Per meglio annientare il fetente, una circolare suggerisce di sostituire la schermografia con la prova tubercolinica, e – se proprio – con una radiografia128. Se la prova tubercolinica risulta negativa, il soggetto viene definito cutinegativo (abbiate pazienza): i
cutinegativi che lavorano in ospedali, che si iscrivono alla facoltà di medicina, che partono soldati, che abitano in «zone depresse ad alta morbosità» si debbono sottoporre alla vaccinazione contro la tubercolosi129.
a cura della struttura sanitaria pubblica [dunque la visita viene eseguita dal medico competente privato, il che è l’esatto contrario di quanto scritto nella legge, ndr]».
La mancata abrogazione delle norme sanitarie sull’apprendistato, tuttavia, configura
egualmente il doppio controllo sui minori, avviati di solito al lavoro nell’industria e nell’artigianato come ‘apprendisti’: un controllo ‘generico’, effettuato dall’igienista pubblico, ed
un controllo ‘specifico’, effettuato dal medico competente privato. (La circolare citata,
però, afferma che la disciplina per l’apprendistato dei minori è stata abrogata ‘implicitamente’: e perché non abrogarla ‘esplicitamente’?). E l’apprendistato dei ‘maggiori’? Infatti, anche gli adulti-apprendisti sono sottoposti al doppio regime descritto per i minoriapprendisti, benché non si comprenda in che cosa gli adulti-apprendisti siano diversi dagli
adulti-non-apprendisti (in alcuni settori l’apprendistato può prorogarsi fino ai 29 anni
d’età). Ministro e ministero, quae te dementia coepit? Considerazioni diverse ma altrettanto caustiche avanza A. BALDASSERONI, Minori e apprendisti. Una partita chiusa?, in «Bollettino SNOP», 53 (2000), pp. 43-44.
125
D.P.R. 19.03.1956 n. 303 (Norme generali per l’igiene del lavoro); D. Lgs. 19.09.1994,
n. 626, citato.
126
D. Lgs. 19.09.1994, n. 626, citato.
127
Così viene denominato nella Circolare del Ministro della Sanità del 24.03.1979, n. 20,
prot. n. 500.4/.
128
D.P.R. 22.12.1967, n. 1518 (Regolamento Circolare del Ministro della Sanità del
24.03.1979, n. 20), citato. È ben vero che il D. Lgs. 17.03.1995, n. 230, all’art. 111, prescrive: «5. Gli esami radiologici individuali o collettivi effettuati a titolo preventivo... devono essere effettuati soltanto se sono giustificati dal punto di vista sanitario. Tali esami debbono essere disposti dall’autorità sanitaria competente per territorio che ne dà adeguata
informazione ai gruppi di popolazione interessati. 6. Particolare attenzione dev’essere
posta nella giustificazione delle indagini radiodiagnostiche espletate su singole persone o
su particolari gruppi di persone con fini medico-legali o di assicurazione. Per questi esami
e per quelli di cui al comma 5 è escluso l’impiego della radioscopia diretta. [...] 8. Gli
esami di cui ai commi 5 e 6 vengono effettuati con il consenso della persona interessata».
129
L. 14.12.1970, n. 1088. Le modalità per l’esecuzione (perfino quelle!) sono state definite con D.P.R. 23.01.1975, n. 447. Il «Provvedimento 17.12.1998» della Conferenza per-
93
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 94
Questa vaccinazione non li rende immuni dalla tubercolosi, però li trasforma in cutipositivi.
C’è persino un certificato che attesta l’idoneità fisica e psichica di un
avvocato o notaio «anche in pensione» a fare il giudice onorario aggregato130: l’idoneità fisica si valuta con la capacità di trasportare per un corridoio giudiziario standard un’edizione seicentesca delle pandette senza
accenno di fiatone; quella psichica con la capacità di leggere un semestre
di «Lex» senza accenno di imborezzo.
C’è il certificato di adattabilità al clima tropicale; esso è bilingue (Well fitted for the tropicale climates) ed è unico per qualunque clima tropicale, in
qualunque stagione, in qualunque sito della grande Africa, della vasta
Asia, dell’immenso Sudamerica, praticando qualunque lavoro a qualunque grado di impegno muscolare.
Ce n’è uno che colloca al lavoro l’impedito131, un altro che certifica che
l’impedito reso collocabile una volta collocato non risulta pericoloso per
i compagni di lavoro132; un altro che certifica che l’impedito troppo
impedito è incollocabile al lavoro; un altro che esonera il datore di lavoro dell’impedito dal pagamento di oneri fiscali133.
manente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, che ha per titolo Documento di linee-guida per il controllo della malattia tubercolare, su
proposta del Ministro della sanità, ai sensi dell’art. 115, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 31.03.1998, n. 112, afferma: «La vaccinazione antitubercolare con BCG [...] nell’attuale situazione epidemiologica e di rischio, può essere considerata essenzialmente
come misura di protezione individuale e pertanto è opportuno che si vada al superamento
dell’obbligo vaccinale, limitandone l’indicazione alle sotto elencate particolari situazioni.
[...] 2. La vaccinazione dovrebbe inoltre essere considerata in quelle rare situazioni in cui,
per il controllo del rischio professionale, non si possa ricorrere al follow-up e alla terapia
preventiva [...] La vaccinazione è ritenuta utile per il personale sanitario, studenti in medicina, allievi infermieri e chiunque, a qualunque titolo, con test tubercolinico negativo,
operi esclusivamente in: a) ambienti ad alto rischio di esposizione a ceppi multifarmacoresistenti; b) ambienti ad alto rischio di tubercolosi, [se colui] presenti controindicazioni cliniche all’uso della terapia preventiva...», ecc. Ottimo. Ma – a parere dello scrivente – lo
Stato avrebbe dovuto abrogare le sue proprie inconsulte leggi, anziché farsi editore improprio di linee-guida scientifiche, che comunque meglio avrebbero figurato su una rivista
specialistica che su una Gazzetta Ufficiale.
130
Ministero di Grazia e Giustizia, Concorso per la copertura di posti di giudice onorario
aggregato presso le sezioni stralcio dei tribunali ordinari, pubblicato sulla G.U. del
19.12.1998.
131
L. 02.04.1968, n. 482, art. 20.
132
L. 02.04.1968, n. 482 cit., art. 19.
133
L. 05.02.1992, n. 104.
94
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 95
Dei lavoratori in nero si tace.
C’è un certificato che certifica che il tale è ammalato134; c’è il certificato
che certifica che quel certificato di malattia è veridico135; se però durante una così certificata malattia, il medico ‘fiscale’ non ha trovato a domicilio il lavoratore certificatamente malato, c’è il certificato che certifica
dov’è che si trovava non trovandosi a domicilio.
Naturalmente, c’è anche il certificato che certifica che l’ammalato non è
più ammalato136.
Ci sono i certificati di vecchiaia: gran parte degli attestati d’invalidità
civile sono, in realtà, certificati di vecchiaia; nei casi gravi attestano che il
vecchietto è così vecchio che da solo non ce la fa a badare a sé medesimo, e dev’essere assistito da qualcun altro (è la famosa ‘accompagnatoria’, miraggio di nipoti avidi e garanzia di viaggi esotici, alla dipartita del
percettore)137.
Com’è giusto, l’invalido anche non vecchietto, ha diritto al posteggio
nelle piazzole delimitate dalle apposite righe gialle: e, com’è giusto, tale
diritto viene acquisito con il rilascio di un certificato138. L’invalido ha,
naturalmente, diritto di voto: esso viene esercitato tramite certificato di
accompagnamento al seggio di elettori fisicamente impediti139; a meno
che non sia incapace: ma anche l’interdizione d’incapace è subordinata a
certificato medico.
C’è il certificato che certifica che la casa in cui abita Eleuterio Maieron
non ha servizi igienici, e presenta un’umidità ineliminabile. Questo certi134
L. 29.02.1980, n. 33 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 30.12.1979, n.
663), art. 2.
135
L. 20.05.1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della
libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento),
art. 5.
136
D.P.R. 22.12.1967, n. 1518, art. 42; D.P.R. 26.03.1980, n. 327, art. 41, comma 3 (il quale
segue ad un incredibile comma secondo che recita così: «I titolari o conduttori dell’esercizio hanno l’obbligo di segnalare immediatamente all’autorità sanitaria i casi sospetti di
malattie infettive e contagiose del personale dipendente per l’adozione degli eventuali
provvedimenti consequenziali, ivi compresa l’eventuale sospensione dell’attività lavorativa». Come si vede, siamo alla delazione; nonché all’esercizio abusivo di professione sanitaria. Ci vorrebbe, invero, un certificato che certificasse l’idoneità del titolare e del conduttore a fare il titolare e il conduttore in quanto in possesso, tra le altre peculiarità, dell’occhio clinico e di elementi di patologia medica.
137
L. 30.01.1971, n. 118; L. 15.10.1990, n. 295. Ad esse vanno aggiunte la L. 27.05.1970,
n. 382 sui ciechi civili e la L. 26.05.1970 sui sordomuti.
138
D.P.R. 16. 12. 1992, n. 495, art. 381; D.P.R. 503/1996, art. 12.
139
D.P.R. 30.03.1957, n. 361, artt. 55 e 56; D.P.R. 22.12.1967, n. 1518, art. 42, comma 5.
95
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 96
ficato fa acquisire ad Eleuterio Maieron punteggio per alloggiare nelle
case popolari140.
Manca ancora il certificato di idoneità alla minzione, di idoneità a soddisfacente coito, di idoneità alla buona morte.
C’è tuttavia già il certificato delle cause di morte e quello dello stato di
morte, quello di verifica della chiusura della bara e quello di trasporto
della salma, nazionale e internazionale.
Del carro funebre su cui la salma viene trasportata al camposanto dev’essere certificato lo stato di manutenzione (igienica, non meccanica), e per
di più annualmente141.
Così il ciclo sarebbe completo, se non ci fosse anche il certificato di esumazione e quello di estumulazione – vuoi ordinarie vuoi straordinarie –
e quello di cremazione. Non hanno ancora inventato il certificato di escinerazione, ma lo faranno, oh, se lo faranno, poiché questa è la mission:
addaveni’ a certificare i vivi e i morti – amen.
2. Soltanto per condurre un’automobile, un italiano normale tra i 18 ed
i 68 anni, deve sottostare ad almeno 7 visite mediche per certificazione;
se guida il camion, a 13 visite; se ha avuto da bimbo un ‘piccolo attacco’
convulsivo, 26 visite.
Se il patentato è un insegnante, 35 visite; se ha per soprammercato la passione per la caccia, 42 visite; se poi quest’insegnante patentato e cacciatore aiuta al pomeriggio la moglie che gestisce un bar, 94 visite.
Se l’insegnante, patentato e cacciatore, che aiuta al pomeriggio la moglie
al Roxy Bar, ha avuto da bambino un ‘piccolo attacco’ convulsivo, 109
visite; se pratica anche la corsa campestre, 164 visite.
Si trascurano qui le varie le eventuali e le accidentali.
Tutto ciò, a esser sani; poi ci sono visite e ricoveri per la colica renale, la
fibrillazione atriale, l’ernia discale – cui gli umani prima o poi vanno soggetti – com’è purtroppo noto.
Nessuna meraviglia che gli italiani non producano, non prolifichino, non
leggano Proust. Passano la loro vita dal medico: da malati, per farsi curare e – se ci riescono – guarire; da sani, per farselo certificare.
140
D.P.R. 30.12.1972, n. 1035, art. 7, p. 4, lett. b.
D.P.R. 10.09.1990, n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria), art. 1,
p. 1 (Denuncia delle cause di morte), art. 4, p. 4 (Accertamento dello stato di morte), artt.
24-36 (Trasporto di salma), artt. 82-89 (Esumazioni ed estumulazioni), art. 79, p. 4 (Cremazione).
141
96
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 97
Jules Romains lo diceva con amara e scintillante ironia: «Les gens bien
portants sont des malades qui s’ignorent»142. I buroestremisti-di-centro del
ministero l’hanno preso alla lettera: ogni sano è un malato che non sa di
esserlo; perciò tutto dev’essere sottoposto all’occhiuto strologare del
medico-cartomante: l’assenza di malattia e lo stato di malattia; l’integrità
e l’handicap; a tutela del singolo, a tutela della banca, a tutela della
società; per un rischio generico (la vita stessa!), per un rischio specifico,
per un rischio effettivo, per un rischio inesistente; con inclusioni immotivate, con immotivate esclusioni...
Il procedimento è quello di dichiarare sano un tale perché non si è riusciti a provare che è malato – come dire: sano per insufficienza di prove.
Quest’aberrazione si dà quotidianamente.
3. In un paese civile, tutti i cittadini sono innocenti fino a prova contraria (pare).
Sembra che il reciproco – vale a dire, considerarli colpevoli fintantoché
non dimostrino la loro innocenza – sia segno di barbarie giuridica, e tratto distintivo di teocrazie e dittature.
Recentemente, in Italia, si tenta anche di considerare i cittadini ‘sinceri’,
fino a prova contraria – sino a che non vengano sbugiardati, e si dimostri
patentemente che hanno dichiarato il falso. Questo è il principio che
informa di sé l’autocertificazione.
Oggi, finalmente, posso presentarmi ad uno sportello, e dichiararmi esistente in vita (fino a prova contraria), e dunque nato, il giorno tale nel
luogo tale, come d’altronde mi ricordo benissimo e senza certificati, e
laureato, come so, e innocente, e militesente o assolto, e celibe o monogamo (o bigamo, come accade), eccetera.
Analogamente, dovremmo ritenere segno del livello della civiltà sanitaria
di una nazione che i suoi cittadini vengano considerati sani, a meno che
– nel loro interesse, principalmente; ed anche nell’interesse della Comunità – non si dimostrino malati.
Riteniamo dunque necessario che si introduca nel nostro ordinamento il
principio di ‘presunzione di sanità’: principio ragionevole, semplice, economico, distruttore di infinite scartoffie.
L’interesse della Comunità dovrebbe essere basato sull’evidenza argomentativa e, meglio ancora, ‘scientifica’, e non sugli arzigogoli.
142
J. ROMAINS, Knock, ou Le triomphe de la Médecine (Acte I), Paris 1924.
97
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 98
Di conseguenza, un certificato o qualsiasi atto ‘sanitario’ dovrebbe essere innanzitutto razionale; in secondo luogo, di dimostrabile efficacia; in
terzo luogo, a parità di efficacia con altro mezzo, maggiormente efficiente.
Nessun certificato e nessun atto ‘sanitario’ imposto per legge deve essere introdotto o mantenuto in vita se non risponde a queste tre caratteristiche.
Si provi ad applicarle, ad esempio, al cosiddetto ‘libretto sanitario per gli
alimentaristi’, inaugurato nel 1980.
Esso avrebbe dovuto essere razionale. Si è dimostrato subito, e con estrema facilità, che non lo era.
La sua introduzione avrebbe dovuto comportare un crollo delle tossinfezioni alimentari dal 1980 in poi. Il che non si è dato: a dire il vero, poche
cose sono risibili in Italia quanto i dati sulle tossinfezioni – le regioni che
notificano, come il Friuli-Venezia Giulia contano ovviamente (ed apparentemente) molte più tossinfezioni delle regioni che non notificano
affatto, come le Puglie, dove tuttavia l’Epatite A è endemica – a ulteriore dimostrazione che la tutela della salute è secondaria alla preminente
produzione di carta.
Infine, nel determinare il crollo di dette tossinfezioni, esso avrebbe dovuto avere un’efficacia pari, ad esempio, all’educazione sanitaria dei cuochi,
ma essere nel contempo più rapido, più economico, più incisivo. Nessuna dimostrazione di efficienza è stata esibita.
Offrono spunti di riflessione anche l’abrogazione – nell’anno 1994 –
della ‘visita medica’ per il rilascio del certificato di abitabilità (e, in Friuli-Venezia Giulia, dal 1998, anche del certificato di agibilità); e l’abolizione (dicembre 1997) della vaccinazione antitifica per gli alimentaristi.
Ebbene, nessun dimostrabile patatrac è seguito all’abrogazione di queste
due norme; così come nessun dimostrabile beneficio seguiva al loro mantenimento in vigore.
Possono continuare i DIP (Dipartimenti di Prevenzione) ad adoperare
strumenti così arcaici e sputtanati?
98
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 99
STUPIDEZZI E ALTRI STUPIDEZZI
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 100
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 101
7
L’EDILIGIENICA
ovvero: della ridondanza
1. «I progetti per le costruzioni di nuove case, urbane e rurali, quelli per
la costruzione o per la sopraelevazione o per le modificazioni, che
comunque possono influire sulle condizioni di salubrità delle case esistenti, debbono essere sottoposti al visto del Podestà, che provvede previo parere dell’ufficiale sanitario e sentita la commissione edilizia»143.
Questo è quanto veniva prescritto nel 1934, ai tempi della proclamata
‘lotta al tugurio’ e degli effettuati ‘sventramenti urbani’: ai tempi in cui
un quarto del popolo italiano viveva in abitazioni costituite da una sola
stanza, con indici di affollamento di tre-quattro persone a vano, e la coabitazione appariva dura e generalizzata regola; senza latrina, senza
acquaio, col pavimento di coccio o di terra pesta, con poca luce, con finestrelle simili a pertugi; quando un giaciglio serviva a sei cristiani e ci si
riscaldava col braciere di carbonella144; ai tempi in cui si abbatté la Spina
dei Borghi e si fondarono Sabaudia Latina e Littoria.
Questa legge vale ancora oggi.
Così, il cittadino Gigi Buttus, muratore provetto in foresto e in Friuli,
con qualche palanca da parte, presenta in Comune – abita, poniamo, a
Caminetto di Buttrio – un progetto per costruirsi la casa, a firma del geometra Bàllico il giovane, che sa come vanno i traffici del mondo (e del
Municipio).
Il tecnico comunale verifica la conformità del progetto ai parametri contemplati nelle leggi vigenti.
143
TULS 27.07.1934, n. 1265 cit., art. 220.
ISTITUTO CENTRALE DI STATISTICA DEL REGNO D’ITALIA, Indagine sulle abitazioni al 21
aprile 1931, Parte I, Relazione del prof. A. Niceforo, Firenze 1936, citato da D. PRETI, La
lotta antitubercolare nell’Italia fascista, in «Storia d’Italia», Annali 7 cit., pp. 953-1015 (la
citazione sta alle pp. 961-62 e note).
144
101
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 102
I parametri sono minuziosissimi, e prescrivono quanto dev’essere grande
una finestra, quanto larga una porta, quanto alto un soffitto, quanto
lunga la pedata quanto alta l’alzata di uno scalino, quanto elevati balaustre e parapetti, quanto deve capire un corridoio, come si compensano le
altezze delle mansarde145, come si scaricano i cessi, come debbono essere smaltite le acque ‘luride’ (sarebbero le risciacquature)146, come dev’essere costruito un acquedotto e quali caratteristiche debba avere l’acqua
potabile per poter essere bevuta147, come dev’essere fatto un garage148,
oltre ai metricubi concedibili in quell’area, agli oneri di urbanizzazione,
ai diritti dei ‘terzi’, alle esenzioni fiscali ecc.
145
D.M. 05.07.1975 (Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20.06.1896 relativamente
all’altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali di abitazione): art. 1:
altezza minima dei vani abitabili e dei vani accessori; art. 2: superficie abitabile per abitante; superficie minima delle camere da letto; art. 3: superficie minima degli alloggi
monostanza per una o due persone; art. 4: temperatura interna dell’alloggio; art. 5: fenestratura minima; art. 6: ventilazione ed aspirazione meccanica; art. 7: bagno, dotazione
minima; art. 8: uso di materiale fonoassorbente; i parametri dell’altezza sono stati modificati dal D.M. 09.06.1999. L.R. Friuli-Venezia Giulia 23.08.1985, n. 44 (Altezze minime e
principali requisiti igienico-sanitari dei locali adibiti ad abitazione, uffici pubblici e privati ed alberghi): art. 2: altezza minima dei vani abitabili ed accessori; art. 3: compensazione
di altezze; art. 4: isolamento dei vani; art. 5: altezze minime dei vani nei centri storici; art.
6: superfici minime abitabili per alloggi in zone e casi particolari; art. 7: superfici fenestrate; art. 8: superfici minime abitabili in alberghi; art. 9: servizi igienici nelle strutture
ricettive alberghiere; art. 10. eliminazione delle barriere architettoniche. La L.R. 44 è stata
poi modificata, per quanto riguarda la compensazione delle altezze in zone montane, dalla
L.R. 29.08.1991, n. 37, dalla L.R. 25.03.1996, n. 16, e dalla L.R. 19.08.1996, n. 31 (art. 21
e art. 22). Così sarà accaduto, immagino, anche nelle altre regioni.
146
Norme tecniche generali sulla natura e consistenza degli impianti di smaltimento sul
suolo o in sottosuolo di insediamenti civili di consistenza inferiore a 50 vani o [a] 5.000
mc, allegato alla Deliberazione 04.02.1977 del Comitato per la tutela delle acque dall’inquinamento; Ripubblicazione del testo del decreto-legge 17.03.1995, n. 79, coordinato
con la legge di conversione 17.05.1995, n. 172, recante «Modifiche alla disciplina degli
scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature», ecc. ecc. ecc.
147
Ibid., Allegato 3; D.P.R. 24.05.1988, n. 236 (Attuazione della direttiva CEE n. 80/778
concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell’art. 15 della
legge 16.04.1987, n. 183); D.M. 26.03.1991 (Norme tecniche di prima attuazione del
decreto del Presidente della Repubblica 24.05.1988, n. 236, relativo all’attuazione della
direttiva CEE n. 80/778, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano);
D.M. Sanità 13.12.1991 (Direttive per la redazione, elaborazione, aggiornamento e trasmissione della mappatura relativa agli impianti di acquedotto e per la trasmissione dei
dati relativi ai controlli analitici esperiti sulle acque destinate al consumo umano); ecc. ecc.
ecc.
148
D.M. 01.02.1986 (Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l’esercizio di
autorimesse e simili).
102
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 103
Verificato il verificabile, annotato l’annotabile e chiosato il progetto sull’eliocopia, il tecnico comunale invia il plico al Dipartimento di Prevenzione (o DIP o Settore Igiene – i nomi sono ballerini e cambiano come i
governi) per un parere ‘igienico-sanitario’.
Il parere ‘igienico-sanitario’ comporta – ancora una volta – una verifica
della conformità del progetto ai parametri di legge: finestre porte soffitti
corridoi mansarde scalini balaustre parapetti cessi lavandini metricubi e
terzi inclusi.
Riverificato il verificabile, riannotato l’annotabile e richiosata a margine
l’eliocopia (e senza scordare il Timbro! e il Numero di Protocollo! e gli
altri rituali!) il DIP rimanda il suo parere al tecnico comunale.
Il tecnico comunale fa convocare a questo punto la Commissione edilizia
del Comune, che per la terza volta verifica la conformità del progetto alle
leggi.
Soltanto quando questo via-vai è finito, il Sindaco rilascia la concessione
edilizia.
E finalmente il signor Gigi Buttus, dopo aver dormito in camere avventizie per anni, dà avvio ai lavori di scavo e fonda della sua casetta, e può
sperare di convolare a giuste (benché fragili, dati i tempi) nozze con Esterina Spizzamiglio, che non ci sperava più.
2. Nel 1993 i Settori Igiene del Friuli-Venezia Giulia hanno smaltito
37.116 pratiche attinenti alla cosiddetta «igiene dell’abitato ed igiene edilizia».
Ciò significa che essi hanno verificato che 37.116 progetti – già verificati dai tecnici comunali, e prima della verifica della commissione edilizia
– fossero in regola con le leggi edilizie.
Qualcuno di questi 37.116 pareri è stato dato secondo criteri igienistici?
Gigi Buttus ha dormito in tutti questi anni in mezzo Friuli, in camere a
un letto prese in affitto da privati, tutte di diversa cubatura e tutte regolarissime, secondo i minuziosi dettami della legge regionale.
In una regolare camera di 20 metricubi con 0.8 metriquadri di finestra
(chiusa d’inverno, aperta d’estate) a Varmo, non lontano dal tiepido
Adriatico; in una regolare camera di 17.6 metricubi con 0.53 metriquadri
di finestra a Venzone, centro storico medievale di struggente suggestione
ai piedi delle Alpi Carniche; in una regolare camera di 19.2 metricubi con
una finestra (chiusa d’inverno e d’estate, vorrei vedere!) di 0.66 metriquadri a Collina di Forni Avoltri, sotto i cretti, a 1.250 metri d’altitudine;
103
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 104
in una regolare camera di 16 metricubi con 0.66 metriquadri di finestra a
Tolmezzo, cittadina del fondovalle montano149.
Gigi Buttus, inoltre, ha avuto l’occasione di mangiare in irregolari ma
onnipresenti scantinati adattati a taverna (anche nella casa del sindaco) e
di dormire in irregolari ma ubiquitarie soffitte adattate a mansarda
(anche in casa dell’ufficiale sanitario).
Non ci ha mai rimesso in salute – salvo quei fastidiosi cerchi alla testa la
mattina, dopo il pieno di cabernet in taverna – salvo quelle fastidiose blenorragie, dopo accoppiamenti avventizi e senza precauzioni in mansarda.
Gigi Buttus capisce che questi diversi cubaggi, queste distinte fenestrature, questi divieti per cantine e soffitte rispondono a molteplici logiche:
alla necessità del risparmio energetico, al rispetto delle architetture
medievali barocche rococò neoclassiche liberty mistilinee dei centri storici, alla volontà di regolamentare o addirittura tagliare le unghie alla speculazione edilizia, alle ristrettezze economiche dei poveretti che vogliono
ristrutturare.
Non certamente a criteri igienico-sanitari.
Gigi Buttus comprende tutte queste ragioni: ma non capisce perché se è
stato considerato ‘igienico’ che egli abbia potuto trascorrere la notte
senza pericoli e nocumenti in una camera di 16 metricubi a Tolmezzo,
un’eguale ‘cubatura’ non lo possa garantire dai medesimi pericoli o
nocumenti a Udine, a Trieste-Caralcore, a Roma-Ladrona, a RomaCapoccia, a San Cono, a Lipari-Sud e – naturalmente – a Caminetto di
Buttrio.
3. Gigi Buttus non capisce quel ‘sedici metricubi’ – numero magico sotto
il quale mai si scende.
Perché ‘sedici’, e più di ‘sedici’, ma mai meno di ‘sedici’?
Ci proveremo a spiegarglielo noi.
Quel ‘sedici’ vien fuori dal ragionamento di un illustre docente di Igiene
a Monaco di Baviera nella seconda metà dell’Ottocento, il professor Max
von Pettenkofer, quello che credeva ai miasmi e alle antropotossine ma
neanche un poco al commabacillo di Koch (all’età di 76 anni ne ingerì
149
Ho proceduto al calcolo delle cubature delle diverse stanze nei diversi paesi del Friuli
sulla base delle altimetrie ufficiali (Varmo: 18 m. slm; Venzone: 230 m,. slm; Tolmezzo: 375
m. slm; Collina di Forni Avoltri: 1250 m. slm) e dei parametri dettati dalla L.R. FriuliVenezia Giulia 23.08.1985, n. 44, citata.
104
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 105
una sorsata, in pubblica e spavalda dimostrazione d’inefficacia causale,
attorniato dai suoi studenti reverenti e da teutonici giornalisti, e non si
prese il colera: il che sembrò un trionfo definitivo sull’odiato rivale. A 84
anni si suicidò, a privata dimostrazione dell’efficacia causale del proiettile di revolver correttamente puntato alla tempia su impulso del grilletto
adeguatamente premuto. Tutto finisce nella vita; ed anche in medicina.
Solo la burocrazia è eterna, e eterna dura).
In un ambiente confinato – ragionava il professor Pettenkofer – un uomo
inspira (e dunque consuma) Ossigeno ed espira (e dunque produce) Anidride Carbonica.
Quando l’Anidride Carbonica raggiunge una concentrazione dell’uno
per mille, l’aria di quella stanza dev’essere considerata insalubre.
Non trascrivo qui i calcoli: sono complessi e lunghi150.
Il risultato dei quali è che il ‘cubo d’aria’, necessario affinché la concentrazione di Anidride Carbonica in una stanza non possa nuocere ad un
uomo adulto, è pari a 32 metricubi.
Ma ci sono gli spifferi, le fessure, la «respirazione del muro tramite pori»
[sic!]... una stanza non è mai ermeticamente chiusa.
Perciò, concludeva il professor Pettenkofer, si può considerare che in
detta stanza vi siano almeno due ricambi d’aria all’ora. Sicché, diviso
trentadue per due, il ‘cubo d’aria’ necessario all’uomo diviene di ‘sedici’
metricubi.
E se son meno?
Se sono di meno
…non solo i medici, ma tutti hanno osservato che le persone obbligate a
restare lungamente in luoghi male aereati appaiono meno floride, e si è
sovente messa in relazione l’anemia e la debolezza generale, particolarmente
nei bambini, con la vita in ambienti sopraffollati e insufficientemente ventilati...
...chi entra in un ambiente ove essi [gli odori] siano presenti, respira con
minore libertà: il respiro si fa più superficiale, e sebbene sia possibile una
certa assuefazione, tuttavia è opinione generale che cotesta modificazione,
per quanto attenuata, resti e significhi necessariamente ematosi meno completa. Fu detto pure che ne soffre l’appetito: e si è dedotto, probabilmente
esagerando un po’, che l’aspetto meno florido o addirittura sofferente che
150
Si possono leggere in D. OTTOLENGHI, Trattato d’igiene, Milano 1933, Vol. I, parte II,
L’ambiente fisico e sociale e la salute. Igiene degli aggregati urbani e rurali e delle abitazioni, pp. 673-678.
105
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 106
hanno gli abitanti degli ambienti sovraffollati e dei quartieri cittadini più
densi, sia da attribuirsi a cotesta insufficiente respirazione151.
L’anemia, la debolezza, la disappetenza, l’ematosi: dire castronerie ma
con supponente autorevolezza e gonfiando un po’ il torace, è tecnica
antica degli imbonitori di sempre.
La concentrazione accettabile di Anidride Carbonica salì con gli anni al
2 per mille, al 3 per mille, su su, fino al 6.6 per mille. E ascende ancora.
(La concentrazione media accettabile è oggi di 5 parti per mille; quella
da non superare mai di 30 parti per mille)152.
Inoltre, è bene non propalare notizie sui muri coi pori, sugli infissi che
non tengono: i muratori sono suscettibili, i serramentisti permalosi.
Infine: il ‘cubo d’aria’ di Pettenkofer è parametro ‘rigoroso’ soltanto per
le camere destinate al riposo di una persona. Per le camere da utilizzarsi da
due persone, si fa lo sconto: non servono 2 ‘cubi d’aria’, ma 1,5; e per quelle a tre letti, altro sconto: non servono 3 ‘cubi d’aria’, bensì soltanto 2.
Ma non dileggeremo qui l’illustre professor Pettenkofer, né i suoi seguaci.
Dileggeremo quanti continuano a ritenere quelle sue approssimative
deduzioni un dogma ‘igienico’, ed a pretendere che esso debba venir
verificato da un medico.
Non contesteremo che sia necessario tagliare le unghie agli speculatori
edilizi.
Contesteremo che ci si debba avvalere di una struttura sanitaria per farlo.
Non corbelleremo quanti si affannano a salvare l’edilizia dei centri storici.
Corbelleremo quanti – per poterne permettere la salvaguardia – credono
di dover derogare da regole ‘igienico-sanitarie’ che non esistono.
4. I succedanei del pitale hanno nomi pomposi.
Non ‘tazza del cesso’ ma ‘servizio igienico’; non bidè lavandino vasca da
bagno, ma ‘sanitari’; non carta da culo, ma ‘carta igienica’.
Che tutta questa ceramica, tutta questa maiolica, tutto questo bendidio
cessorio abbia a che vedere con la prevenzione delle malattie a trasmissione oro-fecale è fuori dubbio.
151
Ibid., pp. 663, 672, 674.
ASSOCIAZIONE ITALIANA DEGLI IGIENISTI INDUSTRIALI, Valori limite di soglia per sostanze chimiche (TLV) e indici biologici di esposizione (IBE) ACGIH 1997, Supplemento a
«Giornale degli Igienisti Italiani», XXIII (1998), 1.
152
106
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 107
Ma che tutto questo sia stato promosso, provocato o addirittura imposto
dagli igienisti e dalle norme ‘sanitarie’ è palesemente falso.
Si dia un’occhiata alla tabella che segue:
Provincie di Udine
e Pordenone
1951
1961
1971
1981
1991
176.841
191.363
221.487
246.304
293.935
Acquedotto in casa
33.017
18.7%
91.297
47.7%
151.516
68.4%
187.417
76.1%
248.351
84.5%
Acquedotto fuori casa
19.878
11.2%
30.303
15.8%
9.499
4.3%
2.610
1.1%
1.611
0.5%
Gabinetto esterno
122.948
69.3%
110.783
57.9%
61.373
27.7%
15.474
6.3%
3.655
1.2%
Gabinetto interno
38.948
22,0%
75.609
39.5%
155.320
70.1%
196.051
79.6%
222.176
75.6%
Bagno interno
12.380
7.0%
45.446
23.7%
144.111
65.1%
233.187
94.7%
285.941
97.3%
Senza cesso
10.286
5.8%
3.285
1.7%
952
0.4%
Numero di abitazioni
290
1
0.1% 0.00034%
Si notino, ad esempio, i due balzi notevolissimi dei bagni.
Nel 1961 ne erano dotate il 23.7% delle abitazioni; nel 1971 il 65% delle
abitazioni.
Tra e fra, nel 1968, era stata varata in Friuli una legge regionale, la numero 1 dell’8 gennaio. Recitava: «Allo scopo di migliorare le condizioni di
vita delle famiglie dei coltivatori diretti e degli affittuari [...] l’Amministrazione regionale è autorizzata a concedere contributi in conto capitale e concorsi negli interessi [...] I contributi in conto capitale potranno
essere concessi per il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie e
di abitabilità delle case...»153.
Quell’anno arrivarono in regione richieste per milioni di Lire di contributi; i milioni richiesti furono erogati; i milioni erogati furono spesi; e
furono spesi proprio nel costruire gabinetti di decenza...
153
L.R. Friuli-Venezia Giulia 08.01.1968, n. 1, artt. 1 e 3.
107
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 108
Nel 1981 la percentuale di case dotate di bagno era ascesa al 94.7%.
Tra e fra, nel 1976, il Friuli era stato mezzo diroccato da un violento terremoto: all’inizio dell’anno successivo era già cominciata la ricostruzione.
In quel 1977 in cui si principiò a ricostruire il Friuli atterrato, le abitazioni
erano inconcepibili senza bagno; inoltre il bagno non costava una lira.
Se ne attivarono due, tre, anche quattro per casa, un profluvio di zampilli
e spissulotti, uno splendore di mastrolindi e deodoranti.
Disponibilità di denaro, maioliche e piastrelle a costi accessibili («Il
secondo bagno dove vuoi. Sanitrit ti dice quanto può costare...»), scuole
per geometri, pubblicità televisionaria («Venti piani di morbidezza» e
«Ci potreste anche mangiare dentro» – nel cesso, dopo aver usato WC
Net) – patofobie e osmofobie, saugelle e rexone, terrore metafisico del
germe e confusioni patafisiche tra igiene e cosmesi: tutto questo ed altro
ancora giustifica i bagni che balzano e le altre percentuali.
Il medico c’entra come i cavoli alla celebre merenda.
Tuttavia, l’igienista era ormai stato identificato come ‘medico dei cessi’; e da
questo ruolo rifiutava di evadere. Perciò si accanì sulle ventole (ma erano
omologate), mise becco sugli sciacquoni (ma erano standard), infine ripiegò
sull’antilatrina – la cui invenzione considerò conquista miliare della civiltà.
L’antilatrina postula che un aerosol merdifero si sprigioni dalla tazza del
‘water’. In detto aerosol un nugolo di batteri voraci come cavallette
cavalca Indòlo e Scatòlo, i lunghicriniti destrieri dalle frogi schiumanti.
Linea Maginot per gli aggressori, che ci si sfracelleranno, è la porta del
bagno; meglio se le porte sono due.
Nessuno si è curato di dimostrare sperimentalmente quel presupposto,
che – oltretutto – è anche improbabile.
Così l’antilatrina resta l’ultimo baluardo dell’igienista squintiato.
5. Non è che un’abitazione non possa dare problemi alla salute ed alla sicurezza dei suoi inquilini: il monossido di carbonio nel garage, gli ossidi di
azoto sopra il gas, gli acari nella moquette, la formaldeide che esala dai tramezzi, il phon nel bagno allagato dopo le abluzioni, le attrezzature per il faida-te, la pignatta a bollore, la favilla dal caminetto...
Ma di questi problemi non si occupa la vetula legge; dunque non se ne
occupano nemmeno le vestali della legge – gli igienisti di complemento154.
154
Sugli incidenti domestici, vedi il numero monografico di «Professione Sanità Pubblica
e Medicina Pratica», II (1993), 3, pp. 27-76.
108
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 109
Ben altrimenti impegnativo è l’Alto Compito che affida loro la Nazione:
ad esempio, verificare le caratteristiche estetiche delle targhe, insegne ed
inserzioni per la pubblicità sanitaria, e – in certi casi – autorizzare il collega ad affiggere la lapide sul muro155.
Discorsi analoghi si possono fare per gli alberghi, i ristoranti, gli agriturismi, le malghe, i rifugi, le scuole, gli impianti sportivi, le piscine, le case
di riposo...156.
Che l’architetto pigro o il geometra accidioso non abbiano voglia di studiarsi le leggi è fatto certissimo: tanto sopperisce l’apposita Unità Operativa del DIP che spiega corregge riprogetta avalla... talvolta prepara ponderose ‘linee guida’ col sunto di tutte le leggi possibili e immaginabili...
Che le itale leggi possibili e immaginabili siano infinite, e intricate, e tali
per cui Le Corbusier ed Alvar Aalto non avrebbero mai potuto costruire
nemmeno una villetta unifamiliare nel Belpaese, anche questo è certissimo;
un assaggino è stato offerto nelle note a questo scritto. (Che siano state poi
del tutto inefficaci, basta attraversare una periferia del Nord, guardare
Tivoli anche da lontano, fare piccolo cabotaggio lungo le coste tirreniche,
passare in ferrovia lungo l’adriatica, per rendersene conto).
Che i DIP stiano al gioco, questo è il tragico: e tutti ricordano le appassionanti discussioni se le superfici ‘portate’ potessero essere considerate
‘finestrate’ quando le porte fossero dotate di vetri; se le balaustre a ele-
155
L. 05.02.1992, n. 175 (Norme in materia di pubblicità sanitaria e di repressione dell’esercizio abusivo delle professioni sanitarie), modificata con L. 26.02.1999, n. 42; D.M.
16.09.1994, n. 657 (Regolamento concernente la disciplina delle caratteristiche estetiche
delle targhe, insegne e inserzioni per la pubblicità sanitaria).
156
A solo titolo d’esempio, trascegliendo fior da fiore: D.M. 09.04.1994 (Approvazione
della regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l’esercizio delle attività
ricettive turistico-alberghiere): al punto 6.5, caratteristiche dei corridoi degli alberghi, al
punto 6.6, caratteristiche di scale e scalini, al Titolo IV, caratteristiche dei rifugi alpini, con
meno (p. 25) e con più (p. 26) di 25 posti-letto... D.M. 18.12.1975 (Norme tecniche
aggiornate relative all’edilizia scolastica, ivi compresi gli indici minimi di funzionalità
didattica, edilizia ed urbanistica da osservarsi nella esecuzione di opere di edilizia scolastica) con una slavinata di tabelle a determinare i metricubi minimi per alunno impegnato nelle attività didattiche normali e speciali, in attività collettive integrative e parascolastiche, in biblioteca e in mensa, nella fondamentale attività di pelandronare nell’atrio, di
far pipì nel pissoir, di sviluppare i muscoli in palestra; il tutto è diviso per cicli (scuola
materna, elementare, media e superiore: queste ultime divise in liceo classico, scientifico,
istituto magistrale e istituto per geometri); per le mense è contemplata pure l’ipotesi che
vengano usate dal 70% (talora dall’80%) degli alunni, con e senza doppio turno di refezione; ecc.
109
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 110
menti orizzontali fossero ammissibili, stanteché un bambino può scalarle e cascare disotto...
Onde ha assolutamente ragione Graziano Frigeri:
l’enorme mole di tempo dedicata all’esame dei progetti e ai colloqui coi progettisti [serve] semplicemente a semplificare l’iter burocratico di approvazione dei progetti stessi, scaricare gli uffici tecnici comunali di lavoro e responsabilità, surrogare competenze tecniche che i progettisti dovrebbero possedere in proprio...
6. Recita l’articolo 221 del famoso TULS: «Gli edifici o parti di essi [...]
non possono essere abitati senza autorizzazione del Podestà, il quale la
concede quando, previa ispezione dell’ufficiale sanitario [...] risulti che la
costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto approvato, che i
muri siano convenientemente prosciugati e che non sussistano altre cause
di insalubrità».
Sicché, tinteggiato il tinello, allacciato il lavello, collocata la imhoff e
‘bagnato’ il licôf157, si attendeva l’Evento: l’Ispezione dell’Ufficiale (benché solo) Sanitario.
Egli si accingeva all’arduo Suo compito, conscio della Sua alta responsabilità.
Come tutti i consci, era un po’ accigliato.
Innanzitutto, imponeva le mani alle pareti – sorta di pranodiagnosta del
calcinaccio; indi, scrutava ogni crespa del parato ogni crepa dell’intonaco, alla ricerca della minima gonfiatura dell’impercettibile scaglia; poi
annusava l’aria: non ife non micelio non acaro acquattato nell’anfratto
sfuggiva al suo vigile sniffare di bracchetto; e infine, ecco la verga vibrare e il rabdomante snidarla, là dietro l’acquaio, l’infida, la fetente, che
infiniti addusse lutti agli achei – per capillarità risalita dietro le piastrelle
– la macchia d’umido.
Resa con ciò abitabile l’abitazione, l’abitante ci andava ad abitare.
Questa ‘visita’ era (ed è) del tutto inutile: la sua inutilità è testimoniata
157
Il licôf è «nell’uso comune attuale, la merenda o pasto che il proprietario dà di regola
agli operai occupati nella costruzione di un edificio, quando giungono al coperto: dicesi
Fâ il licôf, ed il ritrovo ha carattere festevole, con imbandieramento o infrascamento del
colmo della nuova casa», G.A. PIRONA - E. CARLETTI - G.B. CORGNALI, Il nuovo Pirona.
Vocabolario friulano, Udine 1977, sub voce.
110
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 111
dalle decine di migliaia di case ‘abitabili’ (e di fatto abitate) sorte sotto il
viadotto dell’autostrada, ai bordi della discarica, sottovento alla fonderia,
nei pressi dell’icmesa, sul ciglione della frana, nelle grave del torrente che
se la porterà con tutti i suoi inquilini.
Così Dogna, paesetto malconcio, sta tutt’intero sotto un viadotto della
statale.
L’ardito manufatto ruba il sole a ogni ora del giorno.
Le finestre delle abitazioni si aprono sugli ameni paesaggi dei piloni.
I camion cascano nell’orto davanti a casa.
Ma quella casa, e ogni altra casa di Dogna, singolarmente considerata, e
ognuna delle sue stanze – e corridoio, mansarda, cesso, scalini e balaustre – quella casa, insomma, non sgarra di un millimetro dai parametri
dati.
Onde è ‘abitabile’, per non confutabile certificazione del medico igienista.
Così Firmano s’erge fra sei discariche maleodoranti.
Perciò quelle finestre debbono restare perennemente chiuse – pena lo
schifo protratto, la nausea montante, il vomito incoercibile.
Ma i metriquadri di finestra per ogni stanza sono un decimo della superficie del pavimento di quella stanza, non un centimetro un angoletto un
riquadrino di meno.
Onde le stanze sono in perfetta incontrovertibile regola, e perciò dichiarate ‘abitabili’ che di più non si può.
(Gli abitanti di Firmano hanno chiesto ospitalità a parenti residenti in
luoghi il più lontano possibile da Firmano).
Nonostante la palese inutilità, tutti, ma proprio tutti gli edifici – e non
solo le civili abitazioni – dovevano essere sottoposti a questa pratica di
così clamorosa inconsistenza professionale.
Affinché non vi fossero equivoci, ciò venne ri-ribadito158: «A costruzione
ultimata o comunque prima che possano essere immesse delle persone
nel fabbricato, il proprietario deve ottenere il permesso di abitabilità, o
il permesso di agibilità se trattasi di edifici ad altro uso».
L’agibilità dunque era un’estensione dell’abitabilità, sua escrescenza, o
metaplasia: e così, per altri quarant’anni, quanto non era ‘abitabile’,
venne reso ‘agibile’; e quanto non era ‘agibile’, ma assomigliava vagamente ad una casetta, ‘usabile’.
158
D. del 31.01.1958, n. 136, all’articolo 38.
111
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 112
Fu in tal guisa che vennero rilasciate delle certificazioni di ‘abitabilità’
persino per le tombe di famiglia, in perfetta equivalenza fra le dimore dei
vivi e quelle dei defunti, salvo la pétite difference...
Nel 1994, un Decreto159 ha finalmente disposto l’abrogazione dell’articolo 221 «limitatamente alla disciplina per il rilascio del certificato di abitabilità».
Dal 1994, insomma, l’ispezione dello sciamano (benché Ufficiale quantunque solo sanitario) non serve più; ed è sufficiente che il direttore dei
lavori asseveri la conformità al progetto approvato, perché il sindaco rilasci quel permesso.
Non è successo nessun patatrac (segno che si poteva farne tranquillamente a meno anche prima): gli abusivisti hanno continuato ad abusare,
i socialdemocratici hanno procurato i condoni, i verdi hanno sognato la
dinamite, la gente perbene ha pagato l’Iva sulle piastrelle, gli architetti
hanno staccato la parcella per le asseverazioni. Nessuno è morto per
colpa di un mancato certificato ‘sanitario’ di abitabilità. Nessuna casa è
crollata perché il certificato non la puntellava più.
(Al contrario, molte case dichiarate abitabili si sono afflosciate come
soufflé e molti siti certificati agibili si sono rivelati trappole per topi).
La chiara legge ha procurato spasmi pilorici a non finire ai burodispeptici.
E il troppo presto tirato sospiro di sollievo, si è trasformato in grugnito
nel leggere un ineffabile comma (il sesto) di una Legge regionale160 del
1997: «Il certificato di agibilità è rilasciato [...] previo accertamento dell’esistenza dei requisiti [la conformità al progetto approvato, l’avvenuta
prosciugatura dei muri e la salubrità degli ambienti, ndr] svolto dall’Ufficio tecnico e dal responsabile del settore igiene pubblica ed ecologia
della competente azienda per i servizi sanitari, secondo le rispettive competenze».
Insomma: la ‘visita medica’ è stata abolita per le civili abitazioni, ma non
per gli alberghi, le fabbriche, le scuole: essi ancora vedranno l’Offiziale
(soltanto sanitario) con le palme stese a tastare l’umido, a guatare l’aspergillo, a captare l’olezzo del sifone, ad auscultare il gorgoglìo dello
scarico, onde possano dichiararsi agibili.
159
160
D. del 22.04.1994, n. 425, art. 5.
L.R. Friuli-Venezia Giulia 12.11.1997, n. 34, articolo 40.
112
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 113
7. Qual è mai la ragione che avrà spinto i Consiglieri Regionali a votare
e il Presidente della Giunta a firmare un siffatto articolo?
Temevano forse il dilagare di febbri pestilenziali, di fetidi miasmi, di brògnole pustolose, qualora l’ombra del Sanitario non si fosse proiettata –
risanatrice e certificatrice – sulle pareti, per esempio, di un albergo?
Se ciò temevano, temevano invano.
Un albergo, a costruzione ultimata, deve essere ‘visitato’ da un medico
almeno altre tre volte in ottemperanza ad almeno altre tre leggi:
a) per ottenere l’autorizzazione all’apertura: «...occorre, ai fini igienico
sanitari, anche l’autorizzazione del Podestà, che la concede su parere
favorevole dell’Ufficiale Sanitario»161;
b) per attestare «la specifica capacità ricettiva delle singole camere od
unità abitative, numerate progressivamente, del numero di letti e dei
bagni/docce...»162;
e, se dotato di cucina – come un albergo normalmente è –
c) per rilasciare l’autorizzazione sanitaria: condizionata «dall’accertamento dei requisiti igienico-sanitari, sia di impianto che funzionali, previsti dalle leggi e dai regolamenti»163.
Dunque, in totale, sono quattro le ‘visite’ mediche cui dovrebbe essere
sottoposto un albergo; e quattro i certificati che ne conseguono; in ipotesi (invero truffaldina) una visita soltanto, ma comunque quattro certificati; e naturalmente, quattro pagamenti secondo tariffario.
La parziale sovrapponibilità – quanto al fine – di questi attestati fa sorgere l’inevitabile domanda: non ne basterebbe uno?
E perché non applicare da subito i principi di quell’altra legge dello Stato
che stabilisce di ridurre il numero dei procedimenti amministrativi,
accorpando quelli che si riferiscono alla medesima attività?
E comunque: perché un medico – o un ingegnere a ciò delegato – quando un geometra, un perito edile, un muratore sono certamente più competenti e più attrezzati (metro avvolgibile, livello, matita copiativa...)?
Il caso degli alberghi viene portato qui come esempio.
Identico discorso vale per le scuole (almeno tre visite, di cui una annuale), per gli edifici commerciali, per le attività artigianali o produttive in
genere (almeno sei certificati, aumentabili a piacere).
161
TULS 27.07.1934, n. 1265, stracitato, articolo 231, mai abrogato.
L.R. Friuli-Venezia Giulia 18.04.1977, n. 17, articolo 4, in vigore.
163
L. 30.04.1962, n. 283, articolo 2, con tanto di D.P.R. di attuazione.
162
113
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 114
Da notare che, di solito, gli edifici commerciali, artigianali o produttivi
da ispezionare sono ‘scatoloni’ vuoti, senza previsione di quali specifiche
attività andranno ad insediarvisi.
Cosa si certificherà dunque? Il fatto che esistono, che sorgono accanto a
tre esili betulle, che sono colorati di blu?
Tullio Regge ha provato ad inventariare il numero degli interlocutori istituzionali di una raffineria: ne ha contati 37. Guardia di Finanza, Utif,
Consorzio Nucleo Industriale, Genio Civile, Ispettorato del Lavoro,
Dogana, ISPELS, Vigili del Fuoco, Comitati Nazionali Interregionali
Regionali Provinciali Consortili Comunali Frazionali di Quartiere e di
Caseggiato...
Chi deve applicare queste norme, spesso in contrasto tra di loro o redatte in
un linguaggio arcaico e risorgimentale, deve affrontare problemi interpretativi insormontabili. Si creano così le premesse per l’inefficienza e la corruzione, che a volte è l’unica via d’uscita per situazioni impossibili. Un alto ufficiale dei carabinieri mi ha confessato che è costretto a perdere l’intera mattinata nel tentativo, il più delle volte vano, di decodificare il fiume di norme in
arrivo 164.
Tra di essi c’è – naturalmente – anche l’Azienda Sanitaria, più volte e per
più ragioni.
8. Sospettiamo che i veri motivi per i quali non si è abolita la ‘visita’ di
abitabilità siano i seguenti.
Primo: i consiglieri regionali ed i loro ineffabili funzionari sono incerti –
esattamente come gli operatori che le applicano – sulle leggi che approvano; questa confusione è dettata dai troppi precedenti legislativi, onde
c’è il dubbio di aver omesso dimenticato trascurato qualcosa, e da una
generale confusione sui princìpi; ed è aggravata dall’uso di un italiano
impacciato, scadente e ‘interpretabile’.
La norma è già stata citata; la ricito qui per maggiore chiarezza:
Il certificato di agibilità è rilasciato […] previo accertamento dell’esistenza
dei requisiti [la conformità al progetto approvato, l’avvenuta prosciugatura dei
muri e la salubrità degli ambienti, ndr], svolto dall’ufficio tecnico e dal
responsabile del settore Igiene pubblica ed ecologia della competente Azienda per i servizi sanitari...165.
164
T. REGGE, Sopravvivere in una Repubblica fondata sulle norme, in «Le Scienze», XXXI
(1998), 356, p. 7.
165
L.R. 34/97, art. 40, comma 6, citata.
114
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 115
E questa era l’interpretazione:
Mentre la normativa statale prevede ‘l’ispezione’ per il rilascio dell’agibilità,
la normativa regionale non lo prevede. Infatti, la legge regionale stabilisce che
sia per l’agibilità che per l’abitabilità siano presentati gli stessi documenti, fra
i quali c’è una sorta di autocertificazione della conformità rispetto al progetto approvato, dell’avvenuta prosciugatura dei muri e della salubrità degli
ambienti. Nel caso dell’abitabilità il sindaco può (non deve) disporre ‘l’ispezione’, nel caso dell’agibilità non è così. Per il certificato di agibilità sarà ‘il
medico o l’ingegnere a ciò delegato’ a valutare se il progetto merita ‘una visita’ oppure se la documentazione, la dichiarazione del direttore dei lavori, la
tipologia dell’intervento, richiedono o meno un sopralluogo.
In sostanza, quindi, prima della L.R. 34/97 l’ispezione per l’agibilità era
dovuta, dopo no.
Bastava leggere la legge166.
La confusione impera. La legge dice che, per il rilascio dell’agibilità è
necessario verificare l’esistenza dei requisiti attestati da quei certificati: e
cioè, il prosciugamento dei muri, la salubrità degli ambienti... E come, se
non con un’ispezione? Tra l’attestazione dei requisiti e la verifica della
loro esistenza passa la stessa differenza che intercorre tra la pubblicità
del kindercacao e lo sgranocchiamento del medesimo.
Ma si ammetta pure che – in virtù di un italiano approssimativo – le due
cose equivalgano. Dovremmo dedurne che l’ispezione è abolita. E invece no: gli ineffabili sostengono che essa è facoltativa.
Trovi il lettore, nel comma di legge integrato più sopra riportato, una
qualunque espressione che permetta tale opzionalità: del tipo ‘previo
accertamento facoltativo dell’esistenza...’ oppure: ‘a discrezione dei verificatori...’ oppure: ‘ad arbitrio di...’ o anche: ‘possono procedere...’.
Un’espressione simile nella legge non c’è.
Ma forse questa era davvero la volontà dei legislatori.
In tal caso bastava non – come concludono gli ineffabili – leggere la
legge, bensì scriverla.
Il secondo motivo della mancata abrogazione dell’ispezione di agibilità è
che essa apporta danaro (benché non moltissimo) alle casse della Regio-
166
I paragafi 5, 6 e 7 di questo capitolo – salvo modifiche apportate nella stesura definitiva – sono stati pubblicati su «Il Gazzettino» del 2 febbraio 1998, a firma dell’autore e di
Adriano Michelli. Ha replicato, il 18 febbraio 1998, ancora su «Il Gazzettino», l’Assessore regionale del Friuli-Venezia Giulia Mario Puiatti: dalla sua replica ho estrapolato la citazione sopra riportata.
115
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 116
ne. Ovvero: la finta ‘visita’ medica servirebbe ad estorcere a dei cittadini
(ignari della sua inutilità, ma consci della sua obbligatorietà) del denaro
non altrimenti esigibile; i medici che l’eseguono sarebbero così ridotti a
grassatori per conto terzi.
Fra le molte umiliazioni che un anacronistico ordinamento della Sanità
Pubblica infligge quotidianamente ai suoi ‘funzionari’, questa è certamente la più vergognosa.
E, terzo, l’idolatria generale per la carta bollata, onde quando casca un
palazzo, anziché perseguire gli impresari edili che usano sabbia al posto
del calcestruzzo, subito s’inventa il ‘fascicolo di fabbricato’, come se non
ce ne fossero già abbastanza, di ‘fascicoli di fabbricato’, ad impolverarsi
ed ammuffire negli uffici tecnici comunali; come se le modifiche ai fabbricati medesimi non fossero state autorizzate una per una – salvo le abusive, alle quali non c’è rimedio – con complicatissime defatiganti procedure; e come se architetti ingegneri e geometri (quegli stessi cui verrà
demandato il monitoraggio cementizio) non sedessero tutti quanti, nessuno escluso, nelle commissioni edilizie.
(Ad ogni modo, la legge era tanto chiara che il Consiglio Regionale ha
sentito la necessità di modificarla. E così, nel fatidico novembre 1998, il
comma contestato è stato sostituito così: «Il certificato di agibilità è rilasciato entro sessanta giorni dalla richiesta, previo accertamento dell’esistenza dei requisiti di cui al comma 1 svolto dall’Ufficio tecnico comunale»167.
Che è più chiaro; che è diverso da quanto sostenevano i funzionari; e che
finalmente libera il cittadino da (almeno) uno di questi smandrappatissimi burolaccioli).
167
L.R. 09.11.1998, n. 13, art. 82, punto 24.
116
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 117
8
L’«IGIENE» COME PUNIZIONE
DEL VICINO
Ceschiano, li 11 agosto 1993
Al Signor Sindaco di Cave Montano
Il sottoscritto Loreto Rossi informa la S.V. che in Ceschiano sotto la nostra
abitazione sita in via Fontana, 13 la presenza di un pollaio di proprietà di
Mioni Luigi, il cui gallo ogni mattina alle ore 04 comincia a cantare e continua fino a mattina.
Disturba immensamente la nostra quiete tanto da non riprendere il sonno.
Ho fatto presente l’inconveniente al proprietario con buone maniere mentre usava un tagliaerba. Mi ha investito di ingiurie dicendo pure che se non
andavo via mi tagliava il collo.
Faccio presente che il pollaio si trova ubicato in mezzo a due case abitate
da Miranda e da Giuliano Arcalli.
Chiedo alla S.V. provveda a norma di Legge ad eliminare l’inconveniente
del gallo, ed anche del pollaio.
In fede Loreto Rossi
Cave Montano, 10 settembre 1993
Spettabile USL
Per quanto di competenza, si trasmette copia di esposto qui pervenuto.
Distinti saluti.
Il Sindaco
Tramezzo, 09 ottobre 1993
Ai vigili Sanitari
Si trasmette copia di esposto qui pervenuto, commettendo alle SS.LL. di
provvedere con apposito sopralluogo a quanto si evidenzia in allegato.
Distinti saluti.
Il Responsabile del Settore Igiene Profilassi e Medicina Legale
Tramezzo, 14 ottobre 1993
Al Responsabile del Settore Igiene Profilassi e Medicina Legale - Sede
Si comunica alla S.V. che si è proceduto in data 12 ottobre 1993 al sopralluogo in oggetto, ma che non si è potuto verificare quanto segnalato nella
117
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 118
lettera di esposto in quanto all’atto del sopralluogo il gallo non cantava.
Si fa presente alla S.V. la difficoltà di espletare un sopralluogo alle 4 antimeridiane, col rischio poi che quella mattina il gallo tace.
Tuttavia ci si dichiara disponibili al richiesto sopralluogo, purché le ore
lavorative in esso impiegate si configurino come straordinario notturno.
Restiamo in attesa di una Sua autorizzazione scritta.
I Vigili Sanitari
Tramezzo, 05 novembre 1993
Al Signor Sindaco di Cave Montano
In relazione alla nota a margine evidenziata, si comunica che è stato effettuato apposito sopralluogo, ma che non si è potuto – per causa di forza
maggiore – venire a capo dell’inconveniente in oggetto.
Qualora la S.V. ritenesse opportuna la ripetizione di detta indagine, vorrà
farmene cortese cenno, ed essa verrà prontamente espletata.
Distinti saluti.
Il Responsabile del Settore Igiene Profilassi e Medicina Legale
Ceschiano, 05 novembre 1993
Al Signor Sindaco di Cave Montano
Alla Stazione dei Carabinieri di Cave Montano
Segnalo alle Signiorie Vostre che in data di oggi, non sentendo cantare il
gallo secondo che è consueto, mi sono recato con la mia moglie Silvestrini
Annetta nel mio pollaio sito in via Fontana, 13, e l’ho trovato in una marea
di sangue morto di cortello.
Certo delle considerazioni di queste poche righe, cordialmente saluto
Mioni Luigi
1. La corrispondenza che il lettore ha avuto modo di gustare – mutati
soltanto i nomi di persona e di luogo – è un assaggio (un tenuissimo
assaggio) delle questioni di natura ‘igienico-ambientale’ di cui vengono
investiti i Servizi di Igiene Pubblica di un’Azienda per i Servizi sanitari.
Evidentemente nessuno aveva informato il galletto dell’entrata in vigore
dell’ora legale.
Ciò detto, la demenza tutti cattura: il Sindaco che, in luogo di archiviare,
trasmette all’USL; l’USL che, anziché declinare, invia i vigili sanitari; i
vigili sanitari che, invece di richiedere il ricovero coatto dei primi due,
procedono alle 10 del mattino all’ascolto del muto gallinaceo che ha
smesso di salutare il sorgere astrale da circa sei ore.
Non compaiono qui gli altri personaggi, che di solito, e in casi altrettanto futili, intervengono nella vicenda: i vigili urbani, la polizia, l’avvocato
118
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 119
di parte, il procuratore della Repubblica, il giudice di pace, il difensore
civico, il servizio ambientale della Provincia, le associazioni di categoria,
la camera di commercio, i comitati dei cittadini, la lega per i diritti dei
consumatori degli inquilini degli animali dell’ambiente, e via istituendo.
Si tratti di «api pericolose e sporcaccione» (letterale) oppure di un
«rudere in via di decadimento» (testuale), degli schiamazzi estivi al bar
sottocasa ovvero delle erbacce cresciute a dismisura sugli argini della roggia, di canne fumarie malprogettate piuttosto che di fognature ormai
sconnesse; si tratti di denunce firmate o di segnalazioni anonime, dettate
da mero malanimo o da una situazione oggettivamente non più sopportabile, da rapporti di cattivo vicinato o da beghe ereditarie, l’igiene c’entra comunque e sempre.
Il fatto è che l’‘igiene’ non è disciplina scientifica, ma luogo comune tramandato dai tormentoni pubblicitari: non si apprende in un corso di specializzazione post-universitario, bensì guardando settanta volte lo spot di
Ajax Igiene Attiva, e allargandone per ricaduta le implicazioni.
La parola ‘igiene’ ha valore semantico incerto ed elastico, che comprende il diritto privato e la buona educazione, il terrore del germe e la convivenza condominiale, la ricerca del colpevole e la mitologia dei denti
sani in seguito all’uso di bollicine micronizzate di bluboll che, insinuandosi sotto il bordo gengivale, proteggono ‘il sorriso’.
‘Igiene’ è, inoltre, parola magica, come «Apriti Sesamo!», come «Abracadabra!»: pronunciandola tutti accorrono, tutti si agitano, tutti scrivono, tutti provvedono, con gesti compulsivi da tarantati. La sua presenza
tutto inflorida, il culetto ai bebè non si irrita, il mestruo si assorbe e non
macula; la sua mancanza spiega ad abundantiam la sventura.
Il medico ‘igienista’, dunque, non è colui che conosce ‘l’igiene’ per averla faticosamente appresa sui banchi dell’università o della scuola di
specialità; la conosce benissimo anche il cittadino comune, per scienza infusa.
L’igienista è semplicemente colui che constata la ‘mancanza di igiene’ del
vicino – che il cittadino ha per conto suo già constatato e denunciato – e
che, possibilmente, procede ad una sua punizione.
Ecco una classificazione di ‘inconvenienti igienici’ per i quali il comparsame sopra elencato ha girato in lungo e in largo il territorio – vasto, ma
scarsamente popolato – di una USL montana in un quadriennio.
119
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 120
Alimenti
Alimenti
Acqua
Pubblici Esercizi
‘Inquinamenti’
Rumore
Rifiuti
Fumi
Canali
Varie
3
6
9
18
(5,6%)
30
39
20
6
95
(23,6%)
19
19
(5,9%)
Edilizia
Fognature
Abitazioni
Ruderi
40
74
26
140
(44,2%)
Bestie
Animali
Liquame-Letame
34
31
65
(20,5%)
La voce ‘alimenti’ comprende: gabinetti di bar sporchi, o con piastrelle
sbrecciate, o siti nel cortile; una sprite scaduta, quattro pere fraciche;
acqua potabile torbida o ferruginosa;
‘inquinamenti’ vale: canali di scolo con ristagno, canne fumarie con tragitti e sbocchi demenziali (decine di casi), cassonetti dei rifiuti collocati
sotto le finestre della cucina, o della camera dei bambini, o della stanza
della vecchia nonna;
‘edilizia’ riguarda: ruderi pericolanti e no, accumuli di rottami in cortili
promiscui, prati non sfalciati, una vasca «con acqua stagnante puzzante
e colubridante» (alla lettera), le «conseguenze igrotermiche» (testuale)
del calpestamento delle cacche di cane, muffe sulle pareti della propria
abitazione, infiltrazioni d’acqua dal piano di sopra, vani abusivi, sottoscala ingombri;
ed ‘agricoltura’ contempla: l’allevamento di una capra con «evidenti ricadute igieniche sull’abitazione stessa e su quelle vicine» o l’allevamento di
diecimila polli a breve distanza da un gruppo di case agricole, un modesto cumulo di letame o un grande lagunaggio di liquame, odori molesti,
nugoli di mosche, muggiti e nitriti, ragli e belati, mugli e barriti, notturni o diurni, intermittenti o diuturni...
Ci si chiede: perché i segnalanti e gli esponenti non hanno chiamato la
donna delle pulizie o l’idraulico o il muratore o il fumista o lo spazzacamino o il disinfestatore? perché non hanno lasciato correre l’acqua, e gettato le pere nel cassonetto, e rifiutato la sprite scaduta? perché non hanno
falciato il prato, convocato la nettezza urbana, discusso in riunione di
120
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 121
condominio o in consiglio comunale o in assemblea consortile?
Perché, insomma, hanno ritenuto necessario affidare ad una protesta
scritta ciò che si poteva risolvere con maggior facilità con una telefonata
e una parcella?
E perché hanno ritenuto strada più facilmente praticabile travestire da
‘problema igienico’ ciò che pertiene in realtà all’intolleranza, a rapporti
di vicinato difficili, all’evoluzione troppo rapida e inconsulta del paesaggio agricolo, alla ormai scarsa familiarità con le bestie?
2. Infatti, anche ammesso che si trattasse di ‘inconvenienti igienici’, l’intervento delle Aziende Sanitarie solo raramente si è rivelato risolutivo –
come la brutta fine del galletto sta ad indicare.
Ma ecco un altro esempio, con chiose. Anche qui si mutano i nomi di
luogo e di persona.
Tutto comincia con una canna fumaria. Questa canna fumaria fuoriesce
da un muro esterno, e va a sboccare proprio al di sotto di una finestra
dell’abitazione dei denuncianti. Si tratta con ogni evidenza di una soluzione architettonica dada; e nulla è più facile che prevederne gli esiti:
ogni volta che la stufa viene accesa, la camera del vicino viene invasa dal
fumo.
I vigili ‘sanitari’, puntuali e compiti, vanno in sopralluogo, e sentenziano
che sì, «…si è riscontrata la presenza del camino oggetto dell’esposto,
come risulta anche dal reperto fotografico allegato alla presente» ma
«all’atto del sopralluogo non si sono potuti verificare inconvenienti dal
punto di vista igienico visto che il camino oggetto dell’esposto non era in
funzione». L’immaginazione non è contemplata dall’esercizio della vigilanza ‘sanitaria’.
L’amministratore straordinario dell’USL, in una lettera a firma congiunta
col capo settore Igiene Pubblica, prende atto del verdetto e ribadisce:
«Non si è potuta verificare la presenza di inconvenienti igienici, tenuto
conto che il camino non era in funzione. In ogni caso dovrà essere verificata la regolarità di tale camino, in riferimento all’articolo 73 del regolamento edilizio di codesto comune».
Dunque, ben quattro adulti ignorano ciò che sa qualunque bimbo con
elementari conoscenze di fisica degli aeriformi (o anche solo del noto
proverbio: «il fumo va in su, l’acqua va in giù»).
Il Sindaco, nel cui comune spunta il camino incriminato si dichiara impotente: «si assicura che il Comune di Bernuschi applicherà quanto dall’ar121
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 122
ticolo 73 disposto, non appena si verranno a creare i presupposti (riattamento, ammodernamento, ampliamento o altro)».
È l’estate 1993, lo spolert è spento; ma dopo l’estate vien l’autunno, come
da regolamento, e in montagna fa freddo.
Illustrissimo signor Procuratore della Repubblica,
siamo due pensionati al minimo, e nel corrente anno, con i sudati risparmi di
una vita, siamo riusciti a ristrutturare un fabbricato rurale ereditato da una
zia, che ora potremmo abitare. Diciamo potremmo perché il nostro vicino (il
sig. Francesco Vigato) avendo il camino esterno sotto le nostre finestre, ci
riempie la casa di fumo e ci costringe a lasciare l’abitazione...
È naturale che la scia di fumo che abbiamo sempre sotto le nostre finestre
non può che nuocere alla nostra salute...
È giusto e umano tutto questo? Chiediamo solo di essere tutelati prima di
tutto nella salute, ed anche nei diritti di ogni cittadino.
Luigi e Giancarlo Mastropasqua
Il Procuratore della Repubblica ordina un’approfondita indagine (dice
proprio così); e incarica della medesima il Settore Igiene Pubblica, di cui
sopra; il Settore Igiene Pubblica incarica della medesima i vigili sanitari,
di cui sopra; i vigili sanitari si recano all’abitazione di cui sopra e interpellano il proprietario.
All’atto dell’ispezione ed alla presenza del sig. Francesco Vigato si è potuto
verificare quanto già constatato nel precedente sopralluogo, la relazione grafica e fotografica si allega alla presente. Il sig. Vigato inoltre dichiarava che
c’è la possibilità di collegare il tubo di servizio della stufa a legna con la canna
fumaria esistente tra le proprietà dello stesso e dei signori Mastropasqua, ma
all’atto dell’ispezione i sigg. Mastropasqua non erano disposti a concedere
tale allaccio. Onde poter verificare se le emissioni di fumi superano il grado
di tollerabilità si ritiene utile predisporre dei rilevamenti atmosferici in loco.
Vengono pertanto predisposte le ‘analisi’. Nell’agosto 1994, tre tecnici
analisti dal capoluogo salgono fino a Bernuschi (120 kilometri), misurano, ridiscendono a valle (altri 120), analizzano e, infine, concludono: che,
all’analisi, il fumo è risultato essere fumo, e che «...l’unica soluzione
ammissibile è il [suo] convogliamento in condotto di dimensioni appropriate con emissione al di sopra della copertura dell’edificio».
Questa geniale soluzione viene comunicata all’USL; e dall’USL esternata
al Procuratore e al Sindaco. Il Procuratore non è da meno, e comunica a
stretto giro di posta anch’egli al Sindaco il contenuto della lettera pervenutagli dall’USL: così il Sindaco apprende che il fumo va in su da ben due
autorità.
122
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 123
Passa un anno, o poco più: e il 24 novembre 1995 i due pensionati, inviperiti, segnalano che nulla è cambiato e
...a questo punto vi richiediamo un sopralluogo, sia perché insoddisfatti della
vostra risposta; sia perché il Comune ha lasciato che venissero fatti dei lavori di ammodernamento, ma non ha imposto l’eliminazione della canna fumaria, contravvenendo il comune stesso ai suoi regolamenti e all’impegno preso.
Il sopralluogo (il quarto) viene effettuato, l’emergere della canna fumaria
dal muro riconstatato, la riconstatazione reinviata al Sindaco, che finalmente comunica: «...in data 9 febbraio 1996 è stata rilasciata da questo
Comune al sig. Vigato Francesco autorizzazione edilizia per la costruzione di una canna fumaria affinché l’evacuazione dei fumi avvenga oltre la
copertura dell’edificio, eliminando in tal modo l’inconveniente di cui
all’esposto richiamato in oggetto».
Della felice conclusione di questa ‘eccezionale’ vicenda non può non
essere informato il Procuratore della Repubblica, che tanta pena s’è dato.
Si consideri il costo globale dell’operazione: quattro sopralluoghi di tre
ore l’uno, espletati da due e tre persone; quindici lettere; fotografie, grafici, campionamenti, analisi; quattro anni di fiele e sacramenti; e tutto ciò
per avviare a soluzione quello che un muratore avrebbe risolto in mezza
giornata di lavoro, a un decimo del prezzo.
Ma forse che risolvere importava a qualcuno?
Attenti a non sbilanciarsi, alle procedure formali, ai birignao del burogergo; attentissimi a non assumersi responsabilità, ma anche a non dare
l’impressione di declinarle; ponendo un’attenzione addirittura meticolosa nell’evitare qualunque affermazione attinente al buon senso, le pubbliche amministrazioni appaiono più occupate a oliare la macchina dei
loro stupidezzi che ad impedire l’affumicamento dei pensionati.
3. In realtà queste diatribe non sono risolvibili né da un Dipartimento di
Prevenzione né dal Prefetto né dal Questore né da nessun altro.
Affrontare un qualunque problema di ‘igiene ambientale’ significa precipitare in un orrido che tutto inghiotte, tra in-gorghi semantici, rapide
legali, turbini regolamentari, e poi le secche paralizzanti della contraddizione e dell’incertezza.
Si pensi, ad esempio, alle puzze provenienti da una stalla.
Il medico ne sa ben poco.
Sa che sono dovute a composti volatili che si sprigionano dalla decomposizione putrefattiva di sostanze organiche, ad opera di microorganismi
123
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 124
in condizioni di anaerobiosi; che vengono rilasciati per ristagno di deiezioni nella stalla, oppure nella vasca di stoccaggio, oppure per spandimento
di deiezioni su terreno agricolo; che vengono poi trasportati, per diffusione o per convezione, nell’ambiente aereo circostante, sia come molecole
allo stato aeriforme, sia come molecole adsorbite su particellato.
Sa che in un liquame di suini si possono contare anche 125 composti
volatili168.
Ma sa anche che le varie sostanze osmogene si miscelano tra di loro,
sovente in interazione potenziante delle reciproche concentrazioni; e che
la correlazione tra concentrazione dei singoli componenti e odore dell’insieme è ben lontana dall’essere stabilita: e che dunque nessuna misura ‘oggettiva’ (per esempio, di un tracciante, o di un marcatore) sarà
equivalente anche alla lontana alla percezione ‘soggettiva’.
Perciò il sistema di rilevazione delle puzze è antidiluviano, e consiste a
tutt’oggi in un ‘gruppo di analisi olfattiva’, che si reca sul campo ad annusare l’odoraccio e a darne definizioni più o meno raffinate (‘fetente’,
‘putrido’, ‘stomachevole’, ‘alquanto stomachevole’, ‘insopportabilmente
stomachevole’, ed altre aggettivazioni in crescere – talvolta trasformate in
valutazioni semiquantitative)169.
Inoltre, quel medico sa che, di solito, gli odori non sono pericolosi, anche
se molesti; che non fanno male, anche se fanno schifo.
Infatti l’odore di una sostanza si percepisce – nella maggioranza dei casi
– ad una concentrazione di gran lunga inferiore alla concentrazione che
provoca danni alla salute (e, ad esempio, di gran lunga inferiore alla concentrazione massima ammessa in ambienti confinati).
168
D.T. HILL - C.L. BARTH, Quantitative prediction of odor intensity, in «Transactions of
the ASAE», 19 (1976), 5, p. 939 ss.; J.R. MINER, Management of odors associated with livestock production, in «Managing Livestock Wastes». Proceedings 3rd International Symposium on Livestock Wastes, 275 (1975); ID., Controlling odors from livestock production facilities: state of the art, in «Livestock Wastes: a Renevable Resource». Proceedings 4th
International Symposium on Livestock Wastes ASAE 1980; J. HARTUNG, Odour problems
in intensive animal husbandry, in «Second Inf. Bull. from the FAO European network on
Animal Waste Utilization» 1984.
169
B. BERGLUND et al., Measurement of rapid changes of odour concentration by a signal
detection approach, in «J. Air Pollut. Control Assoc.», 24 (1974), 162 ss; T. LINDVAL, Monitoring odorous air pollutants in the field with human observers, in «Ann. N. Y. Acad. Sc.»,
237 (1974), 347 ss; qualche progresso nel rilevamento ‘oggettivo’ degli odori sembra
potersi prospettare, vedi D. NARDUCCI, Oltre l’olfatto: i sensori di gas, in «Le Scienze», 366
(1999), pp. 82-88, ma non ancora a portata di USL.
124
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 125
Così, per fare un esempio, la ‘soglia olfattiva’ dell’idrogeno solforato è di
0.00047 parti per milione (ppm), contro una concentrazione di sicurezza
di 10 ppm. Ma poi solo a 20 ppm l’idrogeno solforato provoca disturbi
(anoressia, fotofobia, vomito, diarrea); e solo a 500 ppm dà un avvelenamento acuto mortale.
A rigore, dunque, le puzze riguardano la piacevolezza (o spiacevolezza)
del luogo, non la salute.
4. E tuttavia – nonostante che il suo naso sia simile al naso di tutti gli altri
umani; che l’anosmia non pregiudichi una laurea in medicina e chirurgia;
che possa anch’egli avere il cimurro, come tutti; che non sia abilitato per
diploma alla sniffatura professionale – è al medico che vengono posti quesiti intorno agli odori molesti – stabilito a priori che si tratta (ci mancherebbe) di un problema ‘igienico’; lo nominano addirittura perito del tribunale, o di parte, o di tutte e due; lo incaricano di organizzare le ronde di vigili sanitari annusatori (la cui sensibilità odorosa è gerarchicamente inferiore).
A quel medico si parano davanti, in teoria, tre strade: o non permettere
agli odori di prodursi (ciò si ottiene in un modo solo: chiudendo la stalla; le soluzioni tecniche di abbattimento di esalazioni maleodoranti escogitate hanno dato finora risultati insoddisfacenti); o non permettere ai
vicini di annusarli (costringendoli in casa: il che si può richiedere d’inverno, ma non d’estate; e solo limitando alquanto la loro libertà); o infine, interporre la massima distanza possibile tra la sorgente degli odori e
i destinatari dei medesimi.
Il mitico TULS, all’articolo 216, sembrerebbe sovvenirlo.
Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi.
La prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne
e tenute lontane dalle abitazioni; la seconda quelle che esigono speciali cautele per l’incolumità del vicinato [...].
Una industria o manifattura, la quale sia inscritta nella prima classe, può essere permessa nell’abitato, quante volte l’industriale che l’esercita provi che,
per l’introduzione di nuovi metodi o di speciali cautele, il suo esercizio non
reca nocumento alla salute del vicinato. [...].
Gli allevamenti sono inclusi nell’elenco delle industrie insalubri di 1a classe (voce c, n. 1)170: ultimo di una serie di elenchi che vedono gli alleva170
D.M. 05.09.1994.
125
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 126
menti in vario modo siglati, senza mai specificarne consistenza tipologia
struttura.
Sembrerebbe: perché poi risulta difficile al nostro medico-bracchetto
allegare simili sostantivi ed aggettivi (‘pericolose per la salute’, ‘incolumità’, ‘nocumento’) ad un allevamento, anche consistente; e definire con
tali termini gli odori talvolta anche nauseabondi che ne sprigionano.
E poi: ‘lontana dalle abitazioni’; ma lontana quanto?
Qui sembra venirgli in soccorso il Piano Urbanistico Regionale (PUR). Il
quale stabilisce che gli ‘insediamenti industriali’ debbono distare 300
metri dai ‘confini di zona’ residenziale; e demanda ai comuni di regolamentare (con i Piani Regolatori Comunali – PRG) ristrutturazioni,
ampliamenti, cambi di destinazione d’uso, e financo di determinare ciò
che è industriale e ciò che non lo è.
Per definire le caratteristiche ‘industriali’ di allevamenti vengono usati i
parametri più disparati: qualcuno utilizza il ‘numero di capi allevati’,
qualcun altro ricorre alla ‘estensione della superficie coperta’, qualcun
altro ancora ai cbe (capi bovini equivalenti), onde introdurre il criterio
subordinato degli allevamenti ‘aziendali’ o ‘interaziendali’, in contrapposizione agli allevamenti ‘intensivi’.
Per parametri uguali si danno distanze dall’abitato anche molto diverse;
per parametri anche molto diversi distanze uguali: in qualche comune
una stalla di 10 bovini deve star lontana 300 metri dall’abitato, in qualche altro 300 metri è la distanza regolamentare per una stalla di 100 bovini; superfici coperte di 10.000 mq. obbligano una lontananza minima di
100 metri, superfici coperte di 1.000 mq. esigono distanze di 300 metri.
Comuni contermini hanno vincoli disuguali.
Così, a Sedegliano: «si considerano a carattere industriale gli allevamenti nei quali la superficie utile complessiva supera mq. 300 se bovini a stabulazione libera, mq. 1.500 se bovini in poste o box, mq. 1.000 se avicunicoli, e mq. 500 se suini [sic!]»171.
Nel contermine comune di Mereto di Tomba, si considerano – invece –
«a carattere industriale gli allevamenti nei quali la superficie [coperta,
ndr] supera i 1.200 mq. per bovini in poste o box, 1.800 mq. per bovini
a stabulazione libera e 600 mq. se per suini, avicunicoli o simili»172.
171
PRG del Comune di Sedegliano (Udine), approvato con D.P.G.R. 0414 del 27.08.1989.
PdF del Comune di Mereto di Tomba (Udine), approvato con D.P.G.R. 09.09.1986, n.
0411/Pres.
172
126
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 127
Può dunque accadere che un’azienda suinicola di 598 mq. sia da considerare industriale a Sedegliano; non industriale pochi metri più in là, a
Mereto di Tomba; e ‘aziendale’ qualche chilometro oltre, a Udine.
Si noterà, inoltre, che il termine ‘industriale’ è giocato nei PRG in accezioni diverse da quella usata nella classificazione delle industrie insalubri,
dove la parola ‘industria’ sta a significare semplicemente ‘attività’173.
Ulteriori complicazioni insorgono qualora si consideri che molti allevamenti – classificati ‘industriali’ dai PRG ed ‘industrie’ insalubri dal decreto ministeriale – sono d’altra parte classificati ‘insediamenti civili’ ai fini
dello smaltimento delle deiezioni, ove dispongano di almeno un ettaro di
terreno ogni 4000 chili di ‘peso vivo’ di bestiame174.
Si badi: ‘insediamenti civili’ in deliberata contrapposizione con gli ‘insediamenti industriali’, che non posseggono tali caratteristiche.
La confusione raggiunge il parossismo quando s’introducono, poi,
distinzioni del tipo: ‘azienda a dimensione famigliare’, ovvero: ‘azienda a
conduzione famigliare’: è infatti noto che una famiglia-tipo può oggi condurre allevamenti anche di dimensioni cospicue.
Insomma, un allevamento può contemporaneamente essere definito: ‘non
industriale’ ai sensi del Piano Regolatore, ma ‘industria insalubre’ ai sensi
del Decreto Ministeriale, ma ‘insediamento civile’ ai sensi del Decreto
Interministeriale, ma ‘a conduzione famigliare’. Collocato in prossimità
di un paese, o addirittura nel contesto di un centro abitato (poiché facilmente si dimostra che esso non comporta pericolo o nocumento alla salute del vicinato), gode di tutti i crismi di una contraddittoria legalità.
E tuttavia putisce fortemente, i cittadini nauseati vociano sotto le finestre
del municipio, il sindaco preme.
Il nostro medico sniffatore tenta col codice penale:
Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o altrui uso, cose atte ad offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di
gas, di vapori o di fumo atti a cagionare tali effetti, è punito...175.
173
Infatti, una scelta parziale e volutamente tendenziosa delle attività annoverate tra le
insalubri comprende: attività artigianali, come di solito sono le carrozzerie (I,C,4), le falegnamerie (II,C,5), le lavanderie a secco (II,C,9); attività commerciali, exempli gratia, le
friggitorie (II,C,7); o addirittura, attività che rientrano nel campo dei servizi (ad esempio,
i distributori di benzina (II,B,28): vedi D.M. 05.09.1994, cit.
174
Decreto Interministeriale 08.05.1985, che definisce quanto previsto dalla L. 25.12.1979, n.
650, art. 17, ultimo comma, che modifica e ‘perfeziona’ la L. 10.05.1976, n. 319.
175
Codice Penale, art. 674.
127
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 128
Ritenta col codice civile:
Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal
fondo del vicino se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi176.
La ‘normale tollerabilità’ è concetto evanescente, su cui da cinquant’anni i giudici tentennano; la ‘molestia’ è un fastidio personalissimo sui cui
da cinquant’anni gli avvocati concionano; e gli uni e gli altri risolvono
tentennamenti e concioni – è il caso di dirlo – a lume di naso.
...Così, tra leggi che contraddicendo si elidono, rattoppi nuovi a vesti
vecchie, prassi giudiziaria che vanifica le teorie giurisprudenziali, e il
lezzo che tutto ammorba, il Dipartimento di Prevenzione si aggira sempre più perplesso, scrive e perora, giostra e media, in spazi impropri e in
compiti altrui – e in deroga all’antico detto: sutor, ne ultra crepidam.
5.
Vico Equestre 30. 12. 1995
Al Signor Sindaco del Comune di Vico Equestre
Invio la presente richiesta anche a nome di molti altri sfortunati abitanti di
via Pernod, esattamente nei pressi della chiesa di Maria Maddalena Penitente, i quali ne subiscono i continui rintocchi diurni e notturni (che persino battono i quarti d’ora, ripetendo l’ora).
Noi dirimpettai abbiamo la campana di fronte e, pure con le finestre sbarrate (ma d’estate non si può, pena il soffocamento) i numerosi e prolungati rintocchi disturbano continuamente anche chi, come me, fa i turni di notte e di
giorno deve dormire.
Vi chiedo di fare un rilevamento dei rumori durante le suonate che durano
ben cinque minuti alle 7 del mattino ed alle 12, senza contare l’Ave Maria e
le Messe.
In attesa di un vostro riscontro, porgo distinti saluti.
Gelmina Vuerich
Vico Equestre, 17 gennaio 1996
Spettabile USL
In relazione all’allegata copia della denuncia presentata dalla sig.ra Gelmina
Vuerich in merito al problema del disturbo arrecato dal suono delle campane della chiesa di Maria Maddalena Penitente di via Pernod, si chiede di voler
176
Codice Civile, art. 844.
128
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 129
comunicare l’esito di eventuali indagini e di voler comunque fornire elementi di valutazione del problema in parola.
L’Assessore all’Ecologia
Vico Equestre, 24 gennaio 1996
All’Assessore all’Ecologia
Si dà seguito alla Sua pregiatissima del 17.01.1996.
Come non Le sarà ignoto, è proprio delle campane lo scampanio: e poiché
non si dà scampanio afono, qualsiasi misurazione sortirà un univoco risultato: lo scampanio è rumoroso.
Non misurabile è, al contrario, il disagio di chi svariate situazioni dell’esistenza hanno reso intollerante allo scampanio medesimo. Costoro stanno
diventando di giorno in giorno più numerosi.
In nessun modo di un problema di Igiene Pubblica si tratta, bensì e soltanto
di strategie amministrative.
Un invito a riunione dei parroci cittadini potrà agevolmente contribuire a dar
soluzione all’inconveniente, decidendo – per esempio – di ritardare l’Angelus
mattutino, di diradare le sonate, di abolire i rintocchi inutili.
La discussione dovrà necessariamente essere retta dal buonsenso, e senza il
conforto di complicate costose pleonastiche fonometrie.
Col rammarico di chi dal suono delle campane è rallegrato,
distintamente la saluto
Il Responsabile del Settore Igiene Profilassi e Medicina Legale
Inutile aggiungere che l’Assessore si è offeso.
129
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 130
9
IL SUBIETTIVO E L’OSTATIVO
«Articolo 231. Per l’apertura degli alberghi, oltre l’autorizzazione prescritta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, occorre, ai fini
igienico-sanitari, anche l’autorizzazione del sindaco, che la concede su
parere favorevole dell’ufficiale sanitario»177.
«Le disposizioni degli articoli 231 e 232 del testo unico delle leggi sanitarie
[...] sono estese alle pensioni, alle locande, agli alberghi diurni, agli affittacamere, ai ristoratori, alle trattorie, alle mescite, ai caffè, alle osterie»178.
«L’esercizio di stabilimenti, laboratori di produzione, preparazione e
confezionamento, nonché di depositi all’ingrosso di sostanze alimentari,
è subordinato ad autorizzazione sanitaria. Il rilascio di tale autorizzazione è condizionato dall’accertamento dei requisiti igienico-sanitari, sia
d’impianto, che funzionali previsti dalle leggi e dai regolamenti»179.
1. Queste sono le basi giuridiche della ‘autorizzazione sanitaria’.
Esse discendono da un postulato di diritto amministrativo che Sabino
Cassese racconta in questo modo:
Secondo un’antica impostazione, l’autorizzazione toglie un limite all’esercizio
di un diritto proprio del privato. L’autorizzazione, dunque, è una forma di
controllo pubblico su attività private, che si esercita subordinando il loro
svolgimento al consenso della pubblica amministrazione180.
E Rizzati & Rizzati, autori del best-seller Tutela igienico sanitaria degli alimenti e bevande e dei consumatori, ribadiscono:
177
TULS 27.07.1934, n. 1265, art. 231.
L. 16.06.1939, n. 1112.
179
L. 30.04.1962, n. 283 (Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), art. 2.
180
S. CASSESE, Le basi del diritto amministrativo, Torino 1989, p. 274.
178
130
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 131
Quando un singolo o un ente hanno un diritto, il cui esercizio è però subordinato ad un atto di consenso da parte della pubblica amministrazione, quest’atto di consenso configura la cosiddetta autorizzazione che, in sostanza,
rimuove l’ostacolo all’esercizio del diritto preesistente. È, quindi, l’autorizzazione un sistema di prevenzione che si ricollega chiaramente all’attività di
polizia, e si riferisce soltanto a quelle attività materiali o facoltà giuridiche, il
cui uso può apparire socialmente pericoloso – ragion per cui si giustifica il
divieto assoluto di esercizio, oppure la subordinazione dell’esercizio medesimo alla licenza dell’autorità, la quale di volta in volta e caso per caso, vedrà
se il pericolo sussista sempre (divieto), oppure possa essere rimosso o attenuato con particolari cautele (autorizzazione)181.
Preparare del cibo da somministrare al prossimo è, dunque, diritto ‘subbiettivo’ di ogni cittadino che desideri esercitarlo; ma è attività senza pari
pericolosissima – più della Luftwaffe.
La pericolosità connessa con la cottura dell’intingolo o con la mescita del
vin rosso costituisce una ‘condizione ostativa’ all’esercizio del diritto
‘subiettivo’.
Tuttavia particolari cautele possono rimuoverla, o attenuarla.
Per quarantun anni l’indicazione di queste cautele venne delegata al
buon senso o alla competenza dell’ufficiale sanitario oppure ai regolamenti locali di igiene.
Nel 1980 esse vennero minuziosamente elencate in una legge182: ed erano
uguali per la gelata Val d’Aosta e per l’assolata Sicilia, per la piovosa Carnia e per la siccitosa Sardegna. Erano, insomma, le cautele che vanno
magnificamente bene per Campo de’ Fiori, estese all’intero stivale.
Sono in vigore tutt’ora.
Esse contemplano locali distinti e separati per il deposito delle materie
prime, per la produzione dei cibi, per il deposito dei prodotti finiti.
Questi locali debbono essere costruiti in modo da garantire una facile e adeguata pulizia, e debbono essere sufficientemente ampi, aerabili e illuminabili: non sono ammessi anfratti intanfanati, bicocche diroccate, antri oscuri;
e nemmeno quelle vecchie cantine che maturano così bene il salame.
Debbono avere pareti e pavimenti le cui superfici siano facilmente lavabili e disinfettabili. Debbono essere muniti di dispositivi idonei ad evitare la presenza di roditori e di insetti: trappole per pantegane, esche per
181
L. RIZZATI - E. RIZZATI, Tutela igienico sanitaria degli alimenti e bevande e dei consumatori, Milano 1994 (XXI ed.), p. 1300.
182
D.P.R. 26.03.1980, n. 327, cit., art. 28.
131
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 132
blatte, reticelle alle finestre (poi le mosche entrano dalla porta).
Debbono essere adibiti esclusivamente all’uso cui sono destinati. C’era
una volta in America il brufoloso Noodles che spiava la graziosa e volitiva Deborah esercitarsi sulle punte al ritmo di Amapola, nel deposito di
farina di Brooklin; questo, in Italia, non si lascia nemmeno concepire.
Gli impianti, gli utensili, le superfici di lavorazione, le attrezzature di
refrigerazione, debbono essere idonei ‘sotto il profilo igienico-sanitario’. Per la vendita del latte, però, non è sufficiente che i banconi siano
‘idonei’, bensì che siano di marmo – non se ne indica la cava di provenienza183.
L’acqua potabile dev’essere potabile.
Se non c’è acqua potabile in quantità sufficiente, si può ricorrere ad altra
acqua, purché sia potabile [sic!].
I servizi igienici devono rispondere ‘alle normali esigenze igienico-sanitarie’ – la sciolta di Gargamella dopo l’abbuffata di trippe, la minzione
pantagruelina che sommerge Parigi sono ‘esigenze igienico-sanitarie’
eccezionali, vagamente calamitose e comunque non contemplate.
I lavabi debbono consentire il lavamento, gli spogliatoi lo spogliamento
ed i rivestitoi il rivestimento; i rifiuti devono essere stipati in bidoni da
rifiuti.
Se pignatte e cuccume, forchettoni e mescoli, batticarne e segaossa,
taglieri e ceppi, frigoriferi e freezer, piastrelle e lavabi sono presenti e idonei, la spaventevole pericolosità connessa alla preparazione degli alimenti si ritiene rimossa o attenuata.
Le condizioni ‘ostative’ scompaiono.
Il diritto ‘subiettivo’ si ripristina.
L’attività si autorizza.
L’oste può finalmente preparare in tutta calma le polpette all’arsenico da
somministrare a causidici e legulei, per farne conveniente strage184.
183
R.D. 09.05.1929, n. 994, art. 22, lett. e.
La dottrina in voga oggidì riguardo ai provvedimenti permissivi che condizionano l’esercizio di diritti cosiddetti fievoli fin dall’origine o in attesa di espansione, distingue i provvedimenti abilitativi (che consentirebbero l’esercizio sulla base di un accertamento tecnico) dai provvedimenti autorizzatori (che consentirebbero, invece, l’esercizio del diritto
sulla base di una valutazione discrezionale della rispondenza dei requisiti concreti agli specifici interessi amministrativi tutelati). Poiché l’autorizzazione sanitaria viene rilasciata
sulla base di un semplice accertamento ‘tecnico’ dei requisiti prescritti, e non lascia spazio
a valutazioni discrezionali di interessi pubblici, il diritto fievole di colui che esercita un’attività di preparazione di alimenti si espanderebbe in diritto pieno nel momento stesso in cui
184
132
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 133
L’autorizzazione sanitaria viene rilasciata in casi particolari (presumibilmente: dove c’è lucro) dal Ministero della Sanità.
A lucro incerto, viene rilasciata – per gli impianti di macellazione e per i
laboratori di preparazione di sostanze di origine animale – dall’organo
delle regioni «competente in materia veterinaria»; dall’organo delle
regioni «competente in materia medica» [sic!] per gli stabilimenti in cui
si preparano sostanze alimentari di origine vegetale, latte e derivati del
latte185, dolci.
A lucro cessante, dal comune «attraverso [sic!] le unità sanitarie locali»
per i depositi all’ingrosso e per i «piccoli laboratori artigianali annessi ad
esercizi di somministrazione di sostanze alimentari e bevande».
I negozi in cui gli alimenti si vendono e basta non vi sono soggetti; ma
autorizzarli è più ‘sicuro’, cosicché si autorizzano egualmente186.
l’autorità sanitaria accerta i requisiti strutturali e funzionali del laboratorio. L’autorizzazione sanitaria sarebbe, dunque, un’abilitazione piuttosto che un’autorizzazione, ancorché
chiamata autorizzazione piuttosto che abilitazione (Corte di Cassazione, sentenza n. 888
del 12.03.1998, III Sez. Pen).
Come si può notare, il gergo dei giuristi è addirittura più ridicolo di quello dei medici; e
nasconde, sotto i paludatissimi ragionamenti, una concezione del cittadino come suddito
– titolare di diritti fievoli, espansibili a pieni dalla pubblica amministrazione – che ha purtroppo una lunga storia ma, ci si augura, una rapidissima fine.
185
D.P.R. 26.03.1980, n. 327, cit., art. 25. Ma il D.P.R. 14.01.1997, n. 54 (Regolamento
recante l’attuazione delle direttive 92/46 e 92/47/CEE in materia di produzione e immissione sul mercato di latte e prodotti a base di latte) all’art. 2, punto n, definisce «autorità
competente» al rilascio di autorizzazioni «il Ministero della sanità, la Regione o la Provincia autonoma e il servizio veterinario [sic!] della unità sanitaria locale territorialmente
competente». Questa legge ‘sul latte’ è stata definita «la peggior iattura che potesse capitare alla microeconomia di montagna» da due veterinari che conoscono bene il dramma
del territorio su cui operano; vedi A. SOLDÀ - G. GROSSO, Legalizzata l’eutanasia della
montagna, in «La voce veterinaria», 5 (1997). «Il recepimento delle direttive CEE, senza
alcuna deroga a salvaguardia delle zone montane (il mero buon senso di chi le deve applicare non è sufficiente) è equivalso alla legalizzazione dell’eutanasia per la nostra zootecnia
dando un notevole contributo ad uno spopolamento già in atto ed al relativo e conseguente degrado ambientale. Infatti la stima degli allevamenti chiusi o che stanno per chiudere nell’ultimo periodo del corrente anno è valutato intorno al 25-30% del totale. Si dirà
che ciò non lede certamente i grandi numeri né può interessare i politici per l’inconsistenza della forza elettorale della montagna, certamente però interessa il servizio veterinario che si trova nella sua veste di vigile-censore-notaio a redigere i certificati di morte dei
piccoli allevamenti e delle attività annesse».
186
Infatti, poiché la ratio della norma è quella di prevenire eventuali pregiudizi per la salute pubblica attraverso il controllo, da parte della pubblica amministrazione, dei requisiti
igienici dei locali, la conseguente autorizzazione deve riguardare anche gli esercizi di vendita qualora in essi, all’attività strettamente commerciale, si unisca un’attività, sia pure elementare, di produzione e preparazione della merce venduta. Così la Cass. Penale, Sez. V,
133
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 134
2. I ‘requisiti igienico-sanitari’ necessari per rilasciare l’autorizzazione
‘sanitaria’ soffrono di almeno due importanti difetti.
In primo luogo, l’igiene non è uno ‘stato’, bensì un processo: vale a dire,
una serie di atti semplici ma ripetuti quotidianamente o più volte al giorno, capaci di eliminare temporaneamente la sporcizia, la polvere, i batteri, che tuttavia un’ora dopo ricomincieranno a depositarsi, ad accumularsi, a proliferare.
Nessuno garantisce che quei locali in cui la pulizia risulta facile e adeguata, in cui le pareti e pavimenti sono agevolmente lavabili e disinfettabili, vengano poi – una volta ottenuta l’autorizzazione sanitaria – effettivamente puliti, sul serio lavati, davvero disinfettati.
È vero anche il contrario: che superfici difficilmente lavabili possono
effettivamente venir pulite, e a fondo, e spesso, e volentieri, da un gestore scrupoloso: si ricorda qui l’esistenza dell’idropulitrice, del vaporello,
dell’imbiancatura a calce dell’arricciato, del catturapolvere, dell’olio di
gomito, e di molto d’altro.
A rigore, dunque, bisognerebbe rimuovere la ‘condizione ostativa’ ogni
giorno; e, soprattutto, dopo aver verificato l’effettiva eliminazione della
cragna.
A rigore, si dovrebbe rilasciare un’autorizzazione sanitaria al dì.
In secondo luogo, la legge non distingue tra una multinazionale dello
yogurt o della carne in scatola e un’osteria di villaggio o una macelleria
di paese; tra alimenti deperibili e alimenti sempiterni; tra cibi che possono venir consumati fra tre anni e a mille chilometri di distanza – e che
dunque esigono requisiti di sterilità, conservabilità, trasportabilità – e
cibi che vengono consumati a dieci minuti dalla cottura, ancora fumanti,
nella sala da pranzo accanto alla cucina; tra alimenti il cui rischio per la
salute è nullo o basso e alimenti il cui rischio per la salute è elevato o altissimo: onde fabbricare baccalà oppure salsa bourguignonne, gallette o vov
per la legge è medesima cosa.
Si tratta di requisiti troppo generici per l’industria del tonno o delle
08.11.1985; sentenze analoghe in Cass. Penale, Sez. VI, 06.11.1992; Cass. Penale, Sez. VI,
02.12.1993. Affettar prosciutti costituirà ‘manipolazione elementare’? E pelar patate? E
sbacellare fagioli? E cimare tegoline? E incasseruolare insalate russe o greche? E porzionare formaggi? E invaschettare olive? Affettando pelando sbacellando cimando incasseruolando porzionando invaschettando non si usano forse le mani, donde il ‘si manipola’?
Le succitate sentenze sono di specchiata congruenza, ma di siderale distanza dalla realtà –
da quella tutela della salute pubblica cui si vorrebbe pervenire.
134
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 135
merendine; troppo meticolosi e dettagliati per un salumificio artigianale
o per una trattoria.
3. Da almeno cinque secoli, il lardo di Colonnata viene stagionato in
conche di marmo di Carrara, dentro cantine scavate nella roccia.
Le conche vengono strofinate con aglio su tutta la superficie interna, il
fondo viene ricoperto di sale marino, erbe aromatiche (anice stellato,
rosmarino, aglio) e spezie (cannella, chiodi di garofano, coriandolo, noce
moscata): ogni famiglia ha la sua ricetta, gelosamente custodita.
Su questo ‘fondo’ viene steso uno strato di lardo, che viene ricoperto da
altro sale marino erbe aromatiche e spezie, e via alternando, fino a riempire la conca.
Una settimana dopo questa operazione le conche vengono riaperte per
versarci una salamoia molto densa, poi il tutto viene lasciato riposare; da
6 a 10 mesi dopo, il lardo è pronto: tagliato in fette molto sottili, viene
servito come gustosissimo antipasto dal sapore incomparabile, celebre
nel mondo.
Nel marzo 1996, le ‘Autorità’ si accorsero che le cantine dei sei esercizi
pubblici di Colonnata non avevano l’autorizzazione sanitaria. Nessuno
aveva rimosso la ‘condizione ostativa’, che pesava su di esse come un
macigno apuano. In sua carenza, chissà quali nequizie vi si praticavano,
quale lordura vi si annidava, quali venefici vi si architettavano...
Gli esercenti vennero denunciati alla magistratura.
Le conche furono piombate dalla polizia.
I vigili sanitari sequestrarono baffe di lardo, da portare ad analizzare.
Il signor Venanzio, del Ristorante Da Venanzio di Colonnata, cercò di
correre ai ripari, e chiese quell’autorizzazione sanitaria di cui i suoi antenati avevano fatto a meno nei cinque secoli precedenti.
L’USL gli fe’ sapere che gliel’avrebbe senz’altro rilasciata. Queste erano
le condizioni:
a) che, nella cantina, le famose pareti di roccia viva e il pavimento di mattoni – da cui trasudava quell’umidità, che erano responsabili di quel
microclima, che permettevano quella mirabile stagionatura – fossero
rivestiti di resina che li rendesse facilmente lavabili, come impone la
legge;
b) che la cantina fosse preceduta da un’anticantina – da intendersi come
locale di preparazione – anch’essa col pavimento in materiale lavabile e
disinfettabile, un tavolo di lavorazione in materiale lavabile disinfettabi135
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 136
le ed imputrescibile, uno sterilizzatore per gli utensili in materiale lavabile disinfettabile imputrescibile e asetticizzabile, un lavandino con
acqua calda e fredda;
c) che fosse costruito un servizio igienico, con un’antilatrina, in cui collocare un lavabo con rubinetteria a pedale ed acqua calda e fredda, nonché armadietti a doppio scomparto in numero proporzionale agli addetti alla lavorazione – il signor Venanzio, il fellone, aveva fino allora usato
e fatto usare ai suoi lavoranti il pulitissimo bagno di casa sua per alleggerire il superchio peso del ventre;
d) che vasche di plastica verde sostituissero le conche di marmo187.
La terminologia psichiatrica è inadeguata a definire simili provvedimenti: e, tuttavia, ciascuna di queste prescrizioni trovava un preciso fondamento nell’ineludibile dettato di legge e nella follia generale che lo guida.
Il risultato degli esami analitici dimostrò quel che il palato dei buongustai sapeva da tempo: che il lardo di Colonnata era uno dei prodotti
migliori che si potesse trovare sul mercato italiano, anche dal punto di
vista igienico. Infatti, tutti i parametri sia chimici che microbiologici
risultavano nella norma; ed erano tali che l’omologo ‘lardo di Colonnata’
industriale, fabbricato in laboratori asettici e stagionato in bacili di plastica verde – con l’aggiunta di tutti i suoi legalissimi antiossidanti, conservanti, nitrati – impallidiva al confronto.
Di fronte a risultati così entusiasmanti, un Servizio Sanitario Nazionale
serio avrebbe rilasciato un attestato di merito con menzione onorevole ed
ovazioni standing al signor Venanzio – ancorché non autorizzato – ed alla
sua cantina – ancorché non piastrellata – e alle cantine di tutti gli altri
colonnatesi – ancorché senza anticantina né antilatrina.
Ma la legge impedisce al Servizio Sanitario di comportarsi in modo razionale.
La Legge esige, semplicemente, il Rispetto di Sé Medesima.
Non è un problema di poco conto.
Il formaggio di fossa, il bitto, il castelmagno, la bresaola, la mocetta vadostana, il buristo, la soprassata, le mortadelline di Campotosto, la vezzena,
il culatello di Zibello, il formaggio di malga, la shulta, i fichi imbottiti di
187
Traggo queste notizie (salvo il color verde delle vasche) da un articolo documentatissimo di G. PUCCI, Il sequestro del lardo di Colonnata, in «L’inventario della Fierucola della
terra Italiana», I (1996), 1-2, pp. 9-19.
136
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 137
Lungro, le formaggette di Capua, la petha della Valcellina, i pomodorini
seccati al sole, gli spaghetti alla chitarra e tutti i cibi e i sapori della tradizione italiana188, fabbricati stagionati e conservati secondo procedure
tradizionali, e che la tradizione ha dimostrato adeguate a garantirne la
salubrità, rischiano di grosso189.
Immaginate una malga, una casera, una baita – a 1500 metri di altitudine, in un pianoro circondato da crode, cui si arriva per sentieri scoscesi
– ‘autorizzate’.
Le condizioni saranno le solite.
Locale di lavorazione e cellaio ‘piastrellati’ ad altezza d’uomo; sgocciolatoio e fascere di acciaio inossidabile; acqua calda; un refrigeratore in
luogo del tradizionale sistema di affioramento della panna... in modo che
la malga assomigli quanto più possibile ad un locale di Via Condotti a
Roma o della Grande Place di Bruxelles, unico modello conosciuto dagli
scemetti che scrivono le norme.
E ricordate le sagre di paese?
I baracchini precari, i tavoli piantati nell’erba, le birre Moretti al fresco
nel ruscello, i cibi della nostra quotidianità – la polenta, rimestata in certi
paioli fuligginosissimi rimediati in qualche cantina, in qualche soffitta; la
costa e la salsiccia cotte su griglie improvvisate; il formaggio della nostra
latteria, il vino ‘andante’ cioè pessimo (la cui pessima qualità ed esagerata quantità influiscono certamente sui sovracuti sopranili e sgangherati
con cui infioriamo i nostri cori notturni, nonché sul cerchio alla testa del
188
Vedi: O. SALVADORI DEL PRATO, Trattato di tecnologia casearia, Bologna 1998, passim;
C. CANTONI - G. GROSSO - A. SOLDÀ, I salumi della Carnia, in «Archivio Veterinario Italiano», 43 (1992), 5-6, suppl., pp. 28-36; P. CATTANEO - C. BALZARETTI - C. CANTONI, I
sanguinacci d’Italia, in ibid., pp. 37-45.
189
Se ne è reso conto persino (incredibile dictu) un ministro, De Castro, che ha emanato il
D.M. 08.09.1999, n. 350 (Regolamento recante norme per l’individuazione dei prodotti
tradizionali di cui all’art. 8, comma 1, del decreto legislativo 30.04.1998, n. 173). Tale
decreto appare di leggiadra e semplicissima applicazione, ed è dimostrazione irrefragabile dell’impegno federalista del governo D’Alema. Infatti: «è istituito presso il Ministero per le politiche agricole l’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali»;
quest’elenco è costituito dalla somma degli elenchi che le Regioni provvedono a stilare;
gli elenchi regionali vengono trasmessi al Ministero titolare; il Ministero titolare valuta
anche le deroghe necessarie per determinati prodotti, e le comunica ai ministeri confratelli della Sanità e dell’Industria; la trimurti ministeriale comunica poi alle Regioni elenchi e deroghe. Attendiamo, ovviamente, un dettagliato regolamento di attuazione, che
specificherà gli ulteriori obblighi e passaggi e domande ed autorizzazioni speciali e
moduli e quant’altro.
137
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 138
giorno dopo, riottoso a quantità anche industriali di alka-seltzer) – diventati per transustanziazione folklorica i cibi della festività, condivisi all’aperto e in compagnia, con le fisarmoniche e la semplice allegria dei valligiani?
Ebbene, anche le sagre debbono essere autorizzate.
E per autorizzarle si pretende che una cappa convogli altrove il fumo
delle griglie – nonostante che il baracchino sia aperto ai quattro venti.
Che ci sia un gabinetto chimico, con antilatrina.
Che piatti e bicchieri siano di plastica mono-uso (anche se il minimo
inconveniente così evitato – la contaminazione da microbi – ne genera
uno enorme – lo smaltimento della plastica, l’indistruttibile che eterna
dura).
La piastrellatura del prato.
Ovvio che si sprechino i sacramenti di organizzatori inferociti e gli anatemi di parroci fuori dalla grazia del loro dio, che minacciano la pena
degli schiaffoni in questa vita e le fiamme dell’inferno nell’altra all’intero
mondo.
4. Il 26 maggio 1997 è entrata in vigore la famosa Centocinquantacinque190 sull’igiene dei prodotti alimentari.
La legge definisce «tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza e
la salubrità dei prodotti alimentari», nelle fasi successive alla «produzione primaria». Poiché per «produzione primaria» s’intende il raccolto dei
prodotti agricoli, la mungitura del latte, la macellazione, la legge si applica alle fasi successive di «preparazione, trasformazione, fabbricazione,
confezionamento, deposito, trasporto, distribuzione, manipolazione,
vendita o fornitura, compresa la somministrazione» al consumatore.
Il responsabile di ogni industria alimentare è anche responsabile del fatto
che tutte le fasi di preparazione del cibo siano effettuate in maniera igienica.
Come garantisce tutto ciò?
190
D. Lgs. 26.05.1997, n. 155 (Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari). Questa legge a me pare una buona legge, per almeno un motivo: è scritta in corretto italiano, anziché nello slang incomprensibile, così simile all’argot malavitoso, in cui è scritta la maggior parte delle italiche norme. È chiara, semplice, e tale che chiunque la legga – anche se non è un leguleio o un avvocato o un costituzionalista esperto in jeans antistupro – ne capisce il senso. Insomma, è l’eccezione (che
purtroppo conferma la regola).
138
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 139
Usando il famoso sistema HACCP (Hazard Analysis and Critical Control
Points), inventato per nutrire gli astronauti nello spazio, e catapultato
inopinatamente nella bettola di Pradandons191.
Un esempio di HACCP, tra i più semplici: quello del signor Zampini, che
produce e vende bignè alla crema.
L’analisi dei rischi per gli alimenti, generica e specifica, cercherà di comprendere da dove possano derivare problemi alla salute dei suoi clienti.
Non certamente dalla sfoglia; probabilmente dalla crema.
La crema si fa con: tuorlo d’uovo, zucchero, latte, un cucchiaio di farina,
una buccia di limone o un po’ di vaniglia (anche panna, per deliziare il
ghiottone con la superba Chantilly).
Ancora: i rischi non verranno certo dalla farina (che si suppone setacciata) né dallo zucchero (che si ritiene raffinato), né dalla vaniglia (che sarà
purificata), né dalla scorza del limone – benché farina, zucchero, vaniglia
possano contenere residui degli antiparassitari usati durante la coltivazione del grano, della canna, della Vanilla planifolia: ma l’enfasi sul germe
fa porre all’ultimo posto il problema. I rischi semmai deriveranno dal
latte (quando mal pastorizzato, o mal conservato), dalla panna (se mal
stabilizzata, se contaminata) e certamente dalle uova (che nel guscio, ma
anche nel tuorlo, possono facilmente ospitare microorganismi).
Tutti questi ingredienti, mescolati tra loro, vengono cotti a temperature
tra gli 80 ed i 120°C: i batteri presenti nell’intruglio durante la cottura
schiattano, e alla fine la crema nella pignatta sarà praticamente sterile.
Poi verrà raffreddata. Coperta o scoperta? In frigo, o fuori dal frigo? Il
rischio di contaminazione o di moltiplicazione batterica in frigorifero
sarà minore che fuori dal frigo; e fuori dal frigo sarà minore in una teglia
coperta che in una scoperta.
A questo punto ci sarà da farcire i bignè; prendere la crema con la spatola, inserirla nel sac-à-poche, bucare il bignè e schizzarcela dentro.
191
Il sistema HACCP fu messo a punto negli anni Sessanta del ’900 dalla Società Pillsbury
per la preparazione degli alimenti destinati agli astronauti del progetto di volo Mercury.
Perfezionato per il programma Gemini, venne infine completato nel quadro del progetto
Apollo. Esso prevede i seguenti punti: a) l’analisi dei potenziali rischi per gli alimenti (in
generale); b) l’individuazione dei punti in cui possono verificarsi dei rischi per gli alimenti (in particolare); c) le decisioni da adottare riguardo ai punti critici così trovati, al fine di
renderli sicuri; d) l’individuazione e l’applicazione di procedure di controllo e sorveglianza di questi punti critici; e) il riesame periodico sia dell’analisi dei rischi sia dei punti critici sia delle procedure di controllo e sorveglianza.
139
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 140
La spatola, il sac-à-poche, il banco, le mani del pasticcere sono puliti?
Il pasticcere ha il raffreddore, i foruncoli, il mal di gola e sputacchia le
sue goccioline di Pflügge sulla regolamentare casseruola?
Fa la pipì nell’autorizzatissimo cesso e poi non si lava le mani nell’autorizzatissimo lavello a pedale?
Farciti i bignè, si esporranno al pubblico.
Il sottovetro del bancone da esposizione va meglio della guantiera coperta che va meglio del vassoio scoperto: in quest’ultimo caso, infatti, i
germi presenti nell’aria del bar, sollevati dalle scarpe del cliente che
entra, eliminati dagli avventori che ordinano, andranno a posarsi sulle
paste, germineranno nella crema, produrranno – se ne sono capaci – le
loro tossine.
I punti critici sono dunque: modalità di raffreddamento della crema, modalità di farcitura del bignè, modalità di conservazione del bignè farcito.
Se ne può aggiungere un altro: il tempo trascorso tra la fabbricazione della
crema e la sua consumazione (minore è il tempo intercorso e minore è la
probabilità che si sviluppino tossine – ad esempio la stafilotossina).
A questi punti critici è necessario applicare delle decisioni ‘di igiene’, che
saranno: banco di lavoro, spatola e sac-à-poche pulitissimi, frigoriferi alla
giusta temperatura; mani del pasticciere monde, abiti da lavoro di bucato; bocca protetta da mascherina se influenza raffreddore angine sono in
agguato; protezioni, ogni volta che si può; e paste fresche di giornata.
Qualcuno suggerisce anche di procedere ad analisi microbiologiche
(costano un patrimonio, servono a ben poco) e chimiche (costano un
patrimonio, e servono ancor meno).
Come si vede, ogni pasticciere che non sia uno sporcaccione, sappia fare il
suo mestiere, e lavori con buon senso, è in grado di applicare il sistema
HACCP. Anzi, l’ha già fatto; senza sapere che si chiama così, lo fa da sempre.
5. Con la Centocinquantacinque si è passati, dunque e finalmente, dall’igiene come ‘stato’ all’igiene come ‘processo’.
Il ‘processo’ igienico è affidato, com’è logico e ragionevole e com’è sempre accaduto, alla responsabilità del produttore: il sistema è definito
pleonasticamente come un auto-controllo. Il produttore è autonomo nell’individuare le soluzioni anche tecnologiche più consone al tipo ed alle
dimensioni della sua azienda. Le soluzioni che egli ha individuato, purché siano efficaci ad assicurare l’igiene, vengono accettate dall’autorità
che controlla l’auto-controllo (proprio così).
140
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 141
Il produttore di cibo, dunque, garantisce la rimozione quotidiana delle
condizioni ‘ostative’.
Se ne dovrebbe dedurre che l’autorizzazione sanitaria è defunta, o almeno superflua.
Ahinoi, le cose non vanno in questo modo, per il solito vezzo d’introdurre leggi nuove senza abrogare le antiche, e senza verificare la coerenza di queste e di quelle, e senza nemmeno eliminare le incongruenze.
Perciò, le procedure si intortigliano in modo tale che l’Autorità autorizza un imprenditore ad usare autonomamente la sua autonomia imprenditoriale, sulla quale peraltro l’Autorità vigila affinché egli autonomamente faccia ciò che l’Autorità gli ha concesso di fare.
Si tratta di un’autonomia puramente virtuale; un simulacro di autonomia, un lemure.
Oltre al vincolo di partenza, ci sono i vincoli di percorso, le briglie delle
1219 leggi sugli alimenti in vigore dal 1890 al 6 aprile 1998, le pastoie di
quei ventiquattromila commi...192.
E, naturalmente, rimane la distanza, di status e di potere, tra controllore
e controllato: essendo il controllato soltanto un cittadino ed avendo dalla
sua soltanto l’esperienza (anche) secolare, il rigore professionale e magari l’evidente approvazione dei consumatori; essendo il controllore un
pubblico ufficiale o un ufficiale di polizia giudiziaria ed avendo dalla sua
le leggi, i regolamenti, i pregiudizi e le superstizioni igieniche, ed alle
spalle un intero Stato.
6. Il secondo difetto di cui soffriva il sistema autorizzativo – e cioè la previsione di obblighi uguali per situazioni anche abissalmente diverse –
invece è rimasto.
Ora, è evidente che l’igiene è indispensabile sia alla Galbani che nel
CRAL di Mieli, sia alla Buitoni che nel panificio di Pantianins, sia nei prosciuttifici di San Daniele che nel piccolissimo salumificio Unfer che a
Tischlbong/Timau fa la miglior ‘Shulta di Tischlbong’ del mondo.
Ma è anche evidente che la mancanza di igiene nel panificio di Pantianins
192
R.D. 03.08.1890, n. 7045 (Regolamento speciale per la vigilanza igienica sugli alimenti,
sulle bevande e sugli oggetti di uso domestico): è questa la legge più antica tutt’ora in vigore da noi reperita. Contiene delle prescrizioni assolutamente condivisibili. «Art. 149. È
inoltre vietato vendere acquavite, rhum, cognac, kirsch, arrac, liquori, tinture ed essenze
contenenti acido cianidrico in dose nociva, acidi minerali, metalli tossici, materie coloranti
nocive, alcool metilico, acido picrico, gomma, gutta e droghe medicinali a dose di rimedio».
141
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 142
comporterà la fabbricazione di pane comunque ottimo (a 150°C, temperatura di cottura del pane, crepano anche i germi più trucidi) mentre gli
effetti saranno disastrosi se un accidente accade alla Buitoni; che spalmare maionese su di un panino nel CRAL di Mieli è cosa diversa dal fabbricare decine di quintali e migliaia di tubetti di maionese alla Calvè; e
che un errore di confezionamento o di maturazione alla Citterio dove
insaccano migliaia di salami al dì avrà conseguenze diverse dal medesimo
errore compiuto al salumificio Unfer di Tischlbong (che fa la miglior
‘Shulta di Tischlbong’ del mondo - dieci pezzi all’anno).
La necessità per tutti gli operatori di istruirsi e di mettere in opera pratiche igieniche, è sacrosanto dovere; la necessità per tutti gli operatori di
documentare allo stesso modo e grado di complessità quelle pratiche
igieniche è balorda invenzione.
Eppure: «Il responsabile dell’industria alimentare deve tenere a disposizione dell’autorità competente preposta al controllo tutte le informazioni concernenti la natura, la frequenza ed i risultati relativi alla procedura» che abbiamo appena raccontato.
Questo significa: che ci deve essere un piano documentario (cartaceo) di
autocontrollo con l’annotazione scritta degli interventi che si intendono
eseguire o che si sono eseguiti.
Per consentire il confezionamento della documentazione concernente
«la natura, la frequenza ed i risultati relativi alla procedura» sono sorti
dal nulla consulenti e laboratori, che sottopongono gli ‘alimentaristi’ ad
un bombardamento di informazioni interessate e terrorizzanti, proponendo i loro manuali di ‘buona pratica’, le loro schede, le loro analisi.
Le poiane si sono buttate a capofitto sulle carogne.
Geometri, tecnologi alimentari, necrofori in pensione, saltimbanchi,
pescivendoli, vigili sanitari in disarmo, medici-ayatollah, acchiappatopi e
mestichini – complici camere di commercio o stordite o conniventi –
hanno proposto ai loro malcapitati clienti – minacciando multe stratosferiche – lampade ultraviolette per stecchire zanzare, gabattoli a ferormoni per blatte, offe al dicumarolo per ratti, tamponi microbiologici sul
banco, termometri a sonda per misurare la ‘temperatura al cuore’ del
brasato, registratori in continuo per congelatori, oltre – naturalmente – a
metricubi di carta, rilegati e non.
Il tutto al costo di fior di dobloni193.
193
Il Parlamento Sovrano è stato costretto a prendere atto del mugugno e dell’irritazione
dei sudditi. Con L. 21.12.1999, n. 526 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi deri-
142
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 143
Tra il 1991 e il 1995 sono stati denunciati in Italia 3.090 focolai epidemici di infezioni, tossinfezioni ed intossicazioni di origine alimentare. In
essi sono state coinvolte 26.235 persone (5247 persone all’anno). Ciò
significa che, ogni anno, un italiano su centomila ha avuto un episodio di
cagotto. Nel 67.8% dei casi i ‘focolai’ avevano avuto origine da cibi preparati a casa (in particolare, erano implicati alimenti a base di uova crude
– maionese e tiramisù)194. Per dimensioni, effetti e implicazioni, non si
tratta affatto di un problema ‘sociale’; e, casomai, riguarda gli allevatori
di pollame, non le casalinghe o i ristoratori.
Mentre cotanta enfasi veniva posta sulla (improbabile) contaminazione
microbiologica del ragù, scoppiavano nell’ordine gli scandali di: mucche
pazze (nutrite con farina di carogne), carni rosse agli estrogeni, polli belgi
alla diossina (allevati con olio di macchina esausto), miele all’idrossimetilfurale, funghi bulgari radioattivi, sedano al clorotalonil, arance al pesticida: tutte contaminazioni – come ognun vede – messe in opera nella
‘produzione primaria’ (quella che non è contemplata dalla legge); e di: fichi
turchi con contorno di lepidotteri, tortellini farciti di larve di coleotteri,
pomodori in banda stagnata contenenti stagno bandato, torrone con arachidi e aflatossine, acque minerali al solvente, thè alla pesca e acido ascorbico, e altre schifezze accadute durante il confezionamento ‘industriale’.
7. Sacrosanto verbo di Helmut Schmidt195, non dimenticato cancelliere
(allora) federale tedesco:
vanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 1999), art.
10, ha pertanto disposto che le Regioni indichino i prodotti ‘tradizionali e tipici’ per la cui
produzione l’HACCP non si applica del tutto (punti 7-9); nonché «le industrie alimentari nei confronti delle quali adottare, in relazione alla tipologia di attività, alle dimensioni
dell’impresa e al numero di addetti, misure volte a semplificare le procedure del sistema
HACCP» (punto 5). Imperturbabili, i corifei della 155 – che nel 1997 volevano misurare
la temperatura del pollo in cottura ‘al cuore’ col termometro al vidia, e sottoporre a misure igieniche la pizza che usciva sterile dal forno a legna – con altrettanto e uguale impegno
si sono disposti alla semplificazione (meglio, alla complicazione della semplificazione).
Che sia nero, che sia bianco; che sia utile, che sia inutile; che abbia fondamenti professionali, che non li abbia affatto, l’Impegno degli igienisti al chiacchiericcio resta (pateticamente) lo stesso.
194
A.M. PRETE - L. VELLUCCI - S. SQUARCIONE, Focolai epidemici di origine alimentare:
alcuni aspetti epidemiologici nel quinquennio 1991/95, in http://www.sanita.it/
malinf/lavori/sitialim.htm.
195
H. SCHMIDT, Ma questa Europa non può allargarsi, in «La Repubblica», 14 ottobre
1999.
143
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 144
Sia il Parlamento europeo che i capi di governo riuniti in seno al Consiglio
europeo devono impedire che quella ventina di ‘Consigli’, costituiti di fatto
dai superburocrati degli stati membri, continuino ad ignorare il principio di
sussidiarietà. Per questioni come il prezzo dei libri, i decibel per le falciatrici
di uso privato, la superficie dei sedili dei trattori, la purezza della birra o il
grado di curvatura dei cetrioli non si sente il bisogno di un allineamento
europeo. E la Corte di Giustizia di Lussemburgo non dovrebbe essere
costretta a decidere se esentare o meno dall’IVA i suonatori ambulanti.
Ma in Italia statisti di tal levatura non esistono, e dunque il parlamento
del Belpaese accetta queste eurosciocchezze a scatola chiusa, senza
distinguere, smussare, semplificare, derogare, tutelare i prodotti e la cultura (le culture) della penisola.
E ciò nonostante sia pacifico che una ‘direttiva europea’ obbliga sì al
risultato da raggiungere, ma fa salva la competenza degli organi nazionali sulla forma e sui mezzi per raggiungerlo.
Ben diversamente son passate le vicende in Francia, nella douce France,
dove hanno l’ésprit de géometrie, e dove hanno deciso che
i piccoli stabilimenti la cui totale produzione è venduta direttamente al consumatore (vendita diretta a colui che ‘mangia il prodotto’) non sono soggetti
ad autorizzazione;
può essere concessa una deroga a quegli stabilimenti in cui meno del 30%
della produzione totale viene venduta ad intermediari (ristoratori, dettaglianti) locali o comunque situati a meno di 80 km. di distanza dall’azienda
in questione;
l’approvazione europea può essere rilasciata a quegli stabilimenti che «possiedono delle cantine naturali di stagionatura, ovvero hanno muro pavimenti
e soffitti non lisci, ma provvedono correttamente alla loro manutenzione; non
hanno impianti specifici per la manutenzione e la produzione delle derrate
alimentari non imballate e non confezionate, ma evitano la contaminazione di
queste derrate; lavorano prodotti in vasche di rame, su tavole di legno, in tele
vegetali, ma correttamente pulite e all’occorrenza disinfettate»;
la ‘ristorazione privata’ non è soggetta agli obblighi della direttiva europea:
non vi sono soggetti i restaurants, i bistrots, le mescite...196.
Ésprit de géometrie, ma anche ésprit de finesse, dove le ragioni della ragione si accordano alle ragioni del cuore, dei buoni sapori e del buon senso.
196
J.C. LE JAOUEN, L’industria casearia francese e la normativa sanitaria, in «Caseus», 1
(1997), tradotto in «L’inventario della Fierucola della Terra italiana», III (1998), 8-9, p. 21.
144
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 145
DA TULS A CAOS
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 146
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 147
10
IL TRAVET E L’ACCHIAPPAMARIUOLI
ovvero: l’ambiguo statuto della Pubblica Igiene
Ma cotesta vostra Igiene
non è dessa
un po’ troppo inframettente?
L’indulgente Lettore chiederà: ma c’è davvero in Italia una struttura
deputata esclusivamente a perpetrare simili concentrate nequizie?
E se c’è, qual è?
Dobbiamo con rammarico rispondere che sì, una struttura siffatta esiste;
e si chiama, purtroppo, Dipartimento di Prevenzione.
Il Dipartimento di Prevenzione dovrebbe fare prevenzione.
Vale a dire: conoscere quali sono i fattori di rischio o di danno per la salute
della collettività, ed intervenire per eliminarli – o almeno per contenerli.
Su questo concetto ci sono stati, in un passato nemmeno troppo lontano,
dibattiti pionieristici ed appassionati, di idealisti o di illusi197; si sono accese speranze e combattute battaglie, in Parlamento e fuori; ci sono stati giovani che in suo nome hanno tralasciato ben più remunerative carriere.
197
Cito qui soltanto G.A. MACCACARO (i cui articoli sono raccolti in Per una medicina da
rinnovare. Scritti 1966-1976, Milano 1979), S. DELOGU - G. BERLINGUER (di cui si vedano
almeno i capitoli sulla prevenzione in Una riforma per la salute. Iter e obiettivi del Servizio
sanitario nazionale, Bari 1979). Il concetto di prevenzione agitato in questi scritti era,
ovviamente, diverso dal concetto di ‘igiene’ – anch’esso, a modo suo, ‘prevenzionista’ –
appassionatamente dibattuto alle origini della disciplina: vedi C. POGLIANO, L’utopia igienista (1870-1920), in «Storia d’Italia», Annali 7 cit., pp. 589-631. È comunque interessante notare che, allora come ora, «gli ordigni della burocrazia erano venuti inceppando [...]
l’autonomia dei tecnici preposti al risanamento di una popolazione presso cui mortalità e
morbilità raggiungevano tassi fra i più elevati in Europa» (p. 609); che, allora come ora,
aumentava «il fastidio della burocrazia nel veder crescere corpi paralleli sottratti al suo
dominio» (p. 611); fino alla celebre – ma non originale – battuta del Di Rudiní: «la salute pubblica era cosa troppo importante per lasciarla ai medici» (p. 610).
Forse, quando le acquisizioni scientifiche resero matura la ‘nuova’ prevenzione, quella
degli anni Settanta del Novecento, sarebbe stato necessario fare delle riflessioni e delle
riforme onde impedire che essa fosse ingoiata dalla ‘vecchia’ igiene – com’è poi puntualmente accaduto.
147
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 148
Nel 1978, la parola ‘prevenzione’ è entrata perfino in una legge dello
Stato198.
Ma si trattava di chiacchiere, soltanto di chiacchiere, tanto a destra (che
non ci ha mai creduto), quanto a sinistra (che ha fatto finta di crederci; e
ha smesso ben presto).
La prevenzione, infatti, è come i carmina: non dat panem, né tangenti.
Non incrementa il consumo di farmaci, anzi suo scopo è – tendenzialmente – di ridurne l’impiego.
Dunque, non interessa alle case farmaceutiche (salvo a quelle che producono vaccini – ma si tratta di ben modesto mercato).
Non incrementa i ricoveri ospedalieri, anzi, se funzionasse, ci sarebbero
meno malati e perciò meno ricoverati.
Dunque, non è per nulla considerata dagli imprenditori edili, dai venditori di macchinari diagnostici, dai manager e dai clinici con libera professione intra-extramuraria.
Non distribuisce lenimenti e conforti, non esibisce risultati né clamorosi
né immediati; e non procaccia consensi. Talvolta costringe a interventi
strutturali, anche costosi.
Dunque, è meno che mai in auge tra i politici, cui arride il belletto e l’apparenza, non il rigore e la sostanza.
È un’arte povera, una disciplina scalza, una pratica a suo modo sovversiva.
Come volete che potesse importare la prevenzione al Renato, al Costante, al France’ – candidato al Nobel e a Poggioreale; e ai loro scherani, il
Duilio, il Rino, er Fracica; e ai loro funzionari, specie anodina eterna ed
immutabile; e alla folla dei loro postulanti?
E cosa volete che importi agli assessorati regionali, che della ‘prevenzione’ hanno fatto un buroipnotico cartaceo, volto a garantire l’accidia di
funzionari e dipendenti, il sonnolento continuo reiterato coatto bla-bla,
tra pigra autocelebrazione e piagnonerie lamentose, tra rituali estenuati e
inconcludenti convegni?
La Politica degli ultimi cinquant’anni non si è mai misurata – giova sottolineare questo mai – con i problemi minuti ma innumerevoli che la fatiscenza, formale e sostanziale, dell’Igiene Pubblica prima, dei DIP poi,
pone agli operatori e soprattutto ai cittadini; con la quantità industriale
di ore di lavoro e soprattutto di vita, perdute in pratiche di nessun signi-
198
L. 23.12.1978, n. 833 (Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale).
148
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 149
ficato ‘sanitario’ o di nessun significato tout court; con le procedure tra il
magico e l’idiota e con la loro sgargiante clamorosa conclamata inefficacia.
Parafrasando il grande Sraffa: produzione di carta tramite carta, ecco
l’occupazione principale dei DIP.
La carta, com’è ovvio, è carta bollata.
Queste baracche – per ammissione di tutti – fanno acqua, vacillano,
aggettano, periclitano, stanno crollando, sono già crollate.
Servono ruspe per le macerie; e discariche per inerti.
Ma lo stato delle cose ha origini lontane – e sempre presenti; ancora e tuttora, le mort saisit le vif.
1. Nell’Anno XII dell’Età dell’Orbace, la tutela dell’igiene e della sanità
pubblica, intesa come Funzione di Stato, fu scritta nelle Tavole di una
Norma Imperitura.
Da lì non si schiodò per settant’anni a venire.
Ciò accadeva il 27 luglio 1934, portava il numero 1265, e il titolo di
«Testo unico delle leggi sanitarie», di cui senz’ambagi fu coniato l’acronimo199.
Come disse il poeta: ed è subito TULS.
Il TULS prevedeva un’organizzazione sanitaria di questo genere.
Al vertice della Pubblica Sanità stava il Ministero dell’Interno (quello
199
Trascuro qui di citare gli antecedenti di quel Regio decreto. Vedi G. OGNIBENI, Legislazione ed organizzazione sanitaria nella seconda metà dell’Ottocento, in M.L. BETRI e A.
GIGLI MARCHETTI (a cura di), Salute e classi lavoratrici in Italia dall’Unità al Fascismo,
Milano 1982, pp. 583-603. Dopo le leggi ‘piemontesi’ – ad esempio, la L. 20.11.1859, nella
quale si prefigurava la tutela della sanità pubblica affidata al ministero dell’Interno e
«sotto la sua dipendenza» ai governatori e intendenti (poi prefetti e sottoprefetti) e ai sindaci, secondo uno schema che avrà fortuna per un intero secolo, e la L. 20.03.1865 – la
prima legge dell’Italia ‘unita’ fu la L. 22.12.1888, n. 5843 «Legge sulla tutela dell’Igiene e
della sanità», denominata anche Legge Crispi-Pagliani. Essa derivava dall’opera del medico e patriota Luigi Bertani, che aveva previsto una piramide tecnico-sanitaria (Medico
condotto ed ufficiale sanitario dello Stato; Medico provinciale fiancheggiato da un Consiglio per la pubblica igiene; Magistrato Supremo per la pubblica igiene, con qualifica di
Sottosegretario di Stato, assistito da un Consiglio Superiore centrale e da un Ufficio tecnico) del tutto svincolata dall’autorità amministrativa. La morte di Depretis – che aveva
sostenuto Bertani – e l’avvento di Crispi giovarono sì a portare a compimento la riforma,
ma eliminarono ogni carattere di autonomia tecnico-sanitaria dal provvedimento. Le leggi
emanate successivamente furono poi raccolte e coordinate nel Testo Unico delle Leggi
Sanitarie 01.08.1907, n. 636.
149
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 150
che arrestava i sovversivi, per intenderci); a latere, suo organo tecnico, il
Consiglio Superiore di Sanità.
In scala gerarchica (discendente) seguiva il Prefetto, col potere di autorizzare e di emanare ordinanze contingibili ed urgenti; a latere, suo organo tecnico, l’Ufficio Sanitario provinciale, col Medico il Veterinario i
‘Funzionari’ provinciali ed i Vigili sanitari provinciali che «non possono
entrare in funzione se non dopo aver prestato giuramento davanti al pretore»200.
In fondo alla scala, nel comune, stava il Podestà «al quale la legge affida
la tutela della salute pubblica» e dunque ‘Autorità Sanitaria’ comunale; a
latere, suo organo tecnico, l’Ufficiale Sanitario, e i vigili urbani (o le guardie campestri) ‘versati in igiene’.
Questo era il telaio, nelle sue linee essenziali.
Non era molto democratico, non era nemmeno granché pratico, non era
certamente imperituro; e tuttavia sotto questo disegno c’era un pensiero
(diciamo: il ‘Sistema completo di Polizia Medica’), e la baracca si reggeva in piedi (dove avrebbe potuto razionalmente collocarsi la ‘Polizia
Medica’, se non nell’ambito del Ministero dell’Interno, tra i celerini e
l’OVRA?)201.
Nel corso degli anni – mentre l’orbace trascolorava in biancofiore – fu
compiuta questa doppia operazione: la baracca fu in varie guise minata;
e contemporaneamente fu subissata da troppe competenze; onde caracollò e poi crollò in varie parti, benché puntellata e rabberciata in vari
modi.
200
R.D. 27.07.1934, n. 1265, cit., art. 91.
In realtà, il Ministro dell’Interno era previsto quale Autorità Suprema della Sanità già
dal Regolamento di Polizia Medica, di Sanità Continentale e di Sanità Marittima del primo
Regno d’Italia (D. 05.09.1806); così come dalla L. 20.03.1865, n. 2248, all. c, e dalla L.
22.12.1888, n. 5849 (Legge sulla tutela dell’igiene e della Sanità Pubblica), in perfetto allineamento con le (scarse, nulle) possibilità terapeutiche dell’epoca. «Il concetto di affidare al Ministero dell’Interno la tutela della salute pubblica e di tutto quanto ha attinenza
con essa è antico nella nostra legislazione, e trova la sua ragione nel fatto che esso è il gran
motore di tutto l’organismo amministrativo della Nazione, dirige, vigila e controlla tutto
lo svolgimento delle attività e delle finanze delle provincie e dei comuni, e tutela l’ordine
pubblico, circostanza non trascurabile, poiché il concorso delle Autorità di pubblica sicurezza riesce di grande aiuto in momenti di calamità e di epidemie e può facilitare l’adozione di provvedimenti sanitari»: A. LABRANCA, Legislazione ed ordinamenti sanitari italiani secondo il nuovo testo unico delle leggi sanitarie, in D. OTTOLENGHI, Trattato d’Igiene cit., pp. 1041-1286 (la citazione è a p. 1068).
201
150
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 151
Innanzitutto, il Sindaco prese il posto del Podestà: al potere illegittimo
disceso per li rami fu sostituito un potere legittimo sortito dalle urne
(«Quando si dà la parola al popolo, il popolo magari se la prende»).
Poi, nel luglio 1945, l’Alto Commissariato per l’Igiene e Sanità Pubblica
(una sorta di ministero dimezzato, di seconda scelta) supplì al Ministero
degli Interni, benché rimanesse immutata la dipendenza dei medici provinciali dal prefetto (e tutto il resto).
Solo nel 1958, fu varato un vero Ministero della Sanità202.
Si occupava di tutto un poco, poco di tutto, e niente di Sanità Pubblica.
Medico e Veterinario provinciali ne divennero dipendenti, ancorché
coordinati dal Prefetto (vale a dire, dipendevano dal Ministero della
Sanità, ma venivano coordinati dal Ministero dell’Interno)203.
L’ufficiale sanitario era «organo periferico del Ministero della Sanità», e
dipendeva – nell’esercizio delle sue funzioni – dal medico provinciale
come sopra coordinato; e poteva avvalersi, per l’esercizio delle sue funzioni, dell’opera dei vigili urbani o dei messi comunali204.
Poi, nel 1981, furono istituite le Unità Sanitarie Locali (le USL) «complesso dei presidi, degli uffici e dei servizi dei comuni singoli o associati
[...] i quali in un ambito territoriale determinato assolvono ai compiti del
servizio sanitario nazionale...»205.
Le USL esprimevano un Comitato di Gestione ed un Presidente. Per
delega, implicita o esplicita, i presidenti delle USL divennero una sorta di
Supersindaco a esclusiva valenza sanitaria.
Di esse, divennero funzionari il medico ed il veterinario provinciali e gli
ufficiali sanitari, cessando d’essere organi periferici del Ministero. Furono chiamati «medici dei settori» igiene e veterinario delle USL. Un settore nuovo venne aggiunto: quello della Medicina del lavoro, fondamenta-
202
L’Alto Commissariato per l’Igiene e la Sanità fu istituito con D. Lgs. 12.07.1945, n. 417;
tutte le attribuzioni già spettanti al Ministero degli Interni gli vennero trasferite con D.
Lgs. 31.07.1945, n. 446. Il Ministero della Sanità venne istituito con L. 13.03.1958, n. 296.
203
D.P.R. 11.02.1961, n. 264, art. 1, comma 2: «Il prefetto coordina l’attività degli uffici
del medico provinciale e del veterinario provinciale e a tale scopo può impartire le istruzioni necessarie per il funzionamento di essi nell’ambito delle rispettive competenze,
secondo le direttive del Ministero della Sanità».
204
Ibid., art. 2. Le edizioni Pirola – benemerite nel settore, quanto la Laterza negli studi
filosofici – riproducevano così (ancora nel 1972) l’articolo 1 del TULS: «La tutela della
sanità pubblica spetta al Ministro della sanità e, sotto la sua dipendenza, ai prefetti e ai
Sindaci».
205
L. 23.12.1978, n. 833 cit., art. 10.
151
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 152
le e fino allora negletto. I vigili sanitari si ritrovarono nominati, nell’esercizio delle loro funzioni, Ufficiali di Polizia Giudiziaria (UPG).
Il Prefetto si defilò (mai troppo presto, e non del tutto) ed i suoi poteri
passarono ai già citati burocrati regionali, o al mai dimenticabile Comitato di Gestione – dio l’abbia in gloria, inclùsivi quei galantuomini che
lucravano sui cateteri degli incontinenti e sottraevano il latte alle neonatologie.
Poi, nel 1994, le ASS soppiantarono le USL206.
Le ASS non erano più ‘associazioni di comuni’, bensì Aziende. Aziende,
si dovrà supporre, giusta la definizione del Codice Civile, che perseguono il loro scopo in regime di economicità, efficacia e redditività207: avevano il budget, il direttore generale, il contratto di lavoro privatistico (e il
ricorso al TAR, mal che la vada), l’accreditamento, i DRG, l’effigie di De
Lorenzo in seno e quella di Caravaggio nel taccuino.
Allora i boccheggianti ‘settori’ Igiene pubblica, Medicina del Lavoro e
Veterinario furono raggruppati nel Dipartimento di Prevenzione.
I medici ed i veterinari e il ‘comparto’ divennero dipendenti di queste
Aziende, pubbliche, ma mica tanto.
Si noti, intanto: Commissariato (e sia pure Alto, e vada pure soltanto per
l’Igiene e la Sanità), Ufficiale (sanitario) e Vigilanza (sanitaria), Ufficiali o
Agenti di Polizia Giudiziaria, Polizia (mortuaria o venerea o dei costumi
o medica); e altrove: denuncia (di malattie infettive), repressione (di
malattie diffusive), restrizione dei rapporti personali, sia fiduciaria sia
mediante piantonamento, ricovero coatto: i nomi tradiscono le cose; qui,
tradiscono l’origine questurina e militaresca della Sanità Pubblica, quello che lo Stato voleva o vuole o vorrebbe che noi fossimo: i Bava Beccaris del vaiolo (o – faute de mieux – dei vaiolosi); i von Clausewitz del
cagotto; gli Scelba della salubrità alimentare, i Gava dei fognoli; i Milosevic della pulizia igienica (non è forse la Guerra l’Igiene del mondo?).
Ai tempi in cui denuncia isolamento disinfezione e quelle quattro vaccinazioni (antivaiolosa, antirabbica, antitifica, antidifterica) erano le uniche
armi di fronte ad epidemie anche spaventevoli, e non c’era nemmeno il
salvarsan a dare un’apparenza terapeutica alla sostanziale impotenza dei
medici, queste azioni militaresche avevano manico. Forse.
206
D. Lgs. 30.12.1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell’articolo 1 della legge 23.10.1992, n. 421).
207
Codice Civile, artt. 2082-2093.
152
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 153
Che si chieda alle balestre di scoccare ancora, in tempi di guerre stellari;
che si ordinino, oggi!, strategie basate sulle frombole; che si ponga a fondamento della tattica salutifera del Terzo Millennio la testudo... questo è
il paradosso.
Si noti, poi, la contiguità al potere politico e la subordinazione all’apparato: da cui procede inevitabile la trasformazione di medici (e altri sanitari) in Funzionari della Pubblica Amministrazione. (Se – oltre che inevitabile – essa sia anche opportuna, efficace, produttiva di salute, in parte
si è visto, in parte si vedrà).
2. Questo quanto a organizzazione, o forma, o – più correttamente –
Gerarchia.
Quanto alla sostanza, i contenuti del lavoro dell’Ufficiale Sanitario
prima, del Medico del Settore Igiene poi, del medico del Dipartimento
di Prevenzione infine, rimasero immutati nel tempo – salvo gli accumuli,
gli ammonticchiamenti e le proliferazioni.
Profilassi di malattie infettive e diffusive, promozione e coordinamento
di indagini epidemiologiche su base locale, educazione sanitaria, tutela
degli alimenti e del latte, igiene dell’abitato (piani regolatori, pareri edilizi, abitabilità, agibilità), polizia mortuaria, igiene termale [sic!], controllo dell’approvvigionamento idrico, dello smaltimento dei rifiuti, della
produzione e commercio di gas tossici, radioattività, dietetica, cosmesi,
accertamenti medico-legali, certificazioni, lotta all’inquinamento (aereo,
idrico, atmosferico, da rumore): come si vede c’è di tutto un po’, giusto
un concetto dilatatissimo di ‘igiene’, secondo una visione cosmica di prevenzione208.
Un elenco analogo vale per i veterinari; uno analogo per i medici del
lavoro.
208
Si considerino titoli capi e sezioni del TULS 27.07.1934, n. 1265, cit.: Titolo II (Esercizio delle professioni e delle arti sanitarie e di attività soggette a vigilanza sanitaria), Capo
II, Sezione I (Dell’autorizzazione ad aprire ed esercitare una farmacia), Sezione X (Degli
stabilimenti balneari, termali, idroterapici, di cure fisiche ed affini, delle acque minerali
naturali ed artificiali); Titolo III (Dell’igiene del suolo e dell’abitato), Capo III (Delle lavorazioni insalubri), Capo IV (Dell’igiene degli abitati urbani e rurali e delle abitazioni),
Capo V (Degli alberghi), Capo VI (Delle stalle e concimaie); Titolo IV (Della tutela igienica dell’alimentazione, dell’acqua potabile e degli oggetti di uso personale); Titolo V
(Provvedimenti contro le malattie infettive e sociali). Si confrontino con l’elenco delle
attribuzioni della L. 833 del 1979.
153
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 154
Che la pratica di tanto bendidio sia poi inetta ed impotente nella sostanza non toglie benemerenze alla forma, completa e ineccepibile.
Manca soltanto la lotta all’inquinamento normativo, che tanti danni provoca all’umana salute.
Infatti, ogni voce di questi elenchi rimanda a qualche legge specifica,
preesistente o susseguente, di solito a più di una. Queste leggi, naturalmente, hanno solo remoto carattere sanitario; e prevalenti valenze commerciale, o amministrativa, o poliziesca.
Le leggi nazionali sono state ‘perfezionate’ dalle leggi regionali; le leggi
regionali dai regolamenti locali; i regolamenti dalle circolari esplicative;
le circolari dalle sentenze della giurisprudenza.
L’intrico è indistricabile, tropicale, senza fine.
Così è accaduto che l’Ufficiale sanitario prima, il medico del Settore Igiene poi, e il medico del Dipartimento di Prevenzione infine, si siano ridotti a mozzi-travet indaffaratissimi in affannosa navigazione nell’arcipelago
legale: per loro tramite, lo Stato ficca il suo adunco nasone in ogni minimo atto quotidiano della vita dei suoi cittadini.
Il Dipartimento di Prevenzione, che dovrebbe fare prevenzione, svolge
in realtà esclusivamente attività burocratica: certificatoria, autorizzativa,
repressiva, analitica (a fini certificatori e repressivi); non nasce come individuazione e risposta ai problemi, bensì come applicazione di e verifica
dell’ottemperanza a leggi.
I libri più in uso nel DIP non sono libri tecnici ma le raccolte della Gazzetta Ufficiale; le domande più in uso nei DIP non sono quesiti scientifici, bensì quesiti legali.
È la famosa igiene di carta – che non s’identifica ma molto si approssima
alla carta igienica...
3. Quell’organizzazione e questi contenuti generano mostruosità.
Proviamo a classificare gli 813.580 ‘atti’ prodotti dai Settori Igiene Pubblica e Medicina del Lavoro dell’intera regione Friuli-Venezia Giulia nell’anno 1995, secondo la loro vera natura209.
209
Elaborazioni mie sui dati contenuti in REGIONE AUTONOMA FRIULI-VENEZIA GIULIA,
Relazione sanitaria 1994-1995, Pasian di Prato 1998.
154
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 155
buroatti
atti repressivi
atti ‘sanitari’
atti buro-sanitari
‘idiozie’
456.147
57.443
285.170
10.037
4783
56.06%
7.05%
35. 05%
1.23%
0.58%
Ho definito buroatti: le autorizzazioni ed attestazioni ‘sanitarie’, i ‘pareri
igienico-sanitari’ ed i ‘pareri per le abitabilità e le agibilità’ in edilizia, i certificati di ‘apertura scuole’, le autorizzazioni alla vendita e detenzione di fitofarmaci, le ‘visite’ fiscali (tra vergogna e menzogna), le autorizzazioni all’assistenza riabilitativa e protesica (tra le quali giganteggiano le cure termali,
lutoterapia e sabbiature incluse, che dovrebbero guarire anche quelle fastidiosissime epicondiliti, dopo di che non resta che Lourdes).
Fra i buroatti ho incluso anche i ‘certificati individuali’ – le Sane&Robuste, le ‘idoneità fisiche all’impiego’, i ridicolissimi ‘libretti sanitari’, i certificati di idoneità a sparare ai caprioli, a manovrare caldaie a vapore, ad
usare gas tossici, ad aggiustare spinterogeni, a guidare la Panda e tutte le
altre facezie – molti dei quali sono concentrati di fatuità e labilità intellettiva, com’è stato fin troppo facile dimostrare.
L’azione repressiva è quella espletata dalla ‘vigilanza sanitaria’, il cui
compito è appunto di verificare che le leggi siano rispettate e reprimere
coloro che sgarrano – una timida azione di polizia, senza la decisione e il
rigore e il dogmatismo dei NAS dei NOE dei NOCS: la timidezza e l’indecisione nascono dall’incertezza sulla natura della ‘vigilanza sanitaria’ e
dalla collocazione di questi ‘poliziotti’ in un DIP; e l’inefficacia sfolgora
anche là (soprattutto là) dove l’efficienza brilla.
Ho incluso negli ‘atti buro-sanitari’ le sedute per il riconoscimento dell’invalidità civile – sorta di INPS surrettizio, dove il postulante chiede
pensioni ed esenzioni non in cambio dei suoi versamenti ma in grazia
delle sue disgrazie; e dove il compito del sanitario consiste nell’attribuire
secondo manuale un punteggio alle magagne altrui.
Sotto il termine ‘idiozie’ ho raggruppato quelle pratiche che hanno valenza
rituale o scaramantica, ad esempio le cosiddette disinfezioni, dove per disinfezione s’intende qualche suffumigio con la pericolosa formaldeide, anziché
una bella fregatura con lo spazzolone di saggina ed i più potenti ed efficaci
Spic&Span, Cif Ammoniacal, Mastro Lindo, WC Net e Last al Limone.
Come si può vedere, il 63.11% di questi atti non ha nulla a che spartire
155
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 156
con la sanità, bensì con la burocrazia e con la polizia, ancorché denominata sanitaria.
E non ci si lasci ingannare: di quei 285.170 atti ‘sanitari’ ben 272.805
(cioè il 95.66%) sono vaccinazioni.
Se si tolgono dal computo le vaccinazioni, di attività sanitaria non ne
resta proprio210.
Non credo affatto che la prevenzione sia compito né esclusivo né prevalente del medico – o di figure sanitarie.
So che i problemi igienistici, prima che dai medici, sono stati bene
affrontati ed ancor meglio risolti da fior di biologi, ingegneri, periti industriali, chimici e geniali artigiani.
Il fatto è che – nel Dipartimento oggi, nei Settori ieri l’altro – gli ingegneri
non hanno prodotto ‘soluzioni’ per la salute, bensì hanno controllato la
rispondenza alle leggi di piani regolatori, particolareggiati, d’attuazione, di
variante; che i biologi non hanno studiato i cambiamenti dell’ambiente
anche locale ed i loro riflessi sul benessere, bensì hanno controllato il rispetto dei limiti di legge dei camini degli scarichi e delle discariche; ed i sanitari – che costituiscono la fetta più numerosa di personale – hanno verificato
la corrispondenza alle norme delle verifiche dei primi e dei secondi.
Quel dilatatissimo concetto di igiene, quella cosmica visione di prevenzione hanno diluito la ‘sanità’ a tale punto, che la ‘sanità’ nella prevenzione e nell’igiene non c’è più.
E allora, che ci stanno a fare, costoro, in un’Azienda sanitaria?
Non si capisce nemmeno perché un simile organismo debba essere guidato da un medico anziché da un azzeccagarbugli, da un distillatore di
elisir, da un negromante, da una marcegaglia o da un radarista.
Le conclusioni sono: che il Dipartimento di Prevenzione non fa prevenzione; e che un nome sbagliato gli è stato attribuito.
4. Ogniqualvolta si è introdotto vinello nuovo nella botte vecchia è crepata la botte e si è rovinato il vino.
Ad esempio, si ponga la domanda: «Chi è la massima autorità sanitaria di
un comune?».
210
Valori relativi identici si riscontrano anche negli anni 1983, 1991, 1992, 1993. I valori
assoluti, invece, crescono, stante il proliferare inconsulto di leggi, regolamenti, direttive,
circolari, chiose e altra letteratura.
156
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 157
Il Podestà – risponde il TULS: «Il Podestà [leggi: il Sindaco] è l’Autorità
Sanitaria del Comune ed ha alla sua dipendenza l’ufficiale sanitario»211.
E l’Ufficiale Sanitario?
Suo braccio tecnico – risponde il TULS: «...assiste il Sindaco nell’esecuzione di tutti i provvedimenti sanitari ordinati sia dall’autorità comunale,
sia dalle autorità superiori»212.
Pare ovvio: il tecnico rilascia pareri tecnici, l’autorità rilascia autorizzazioni.
Ma ecco la zeppa – una zeppa qualunque: ricaviamo questa dalla legge
sui surgelati.
Per ottenere la licenza di vendita per la voce ‘alimenti surgelati’ il titolare dell’esercizio richiedente dovrà dimostrare, mediante attestato rilasciato dalle
competenti autorità sanitarie comunali, di disporre di un locale di vendita che
risponda ai requisiti igienico-sanitari necessari per il commercio degli alimenti surgelati213.
Se l’analisi logica non è un’opinione, la sequenza dovrebbe ordinarsi
così:
a) il «titolare dell’esercizio» si rivolge alla «competente autorità sanitaria
comunale», cioè al Sindaco, per ottenere un attestato in cui si dichiara
che il suo locale di vendita eccetera;
b) il Sindaco – eseguito, o fatto eseguire un sopralluogo – rilascia l’attestato che dichiara eccetera;
c) ottenuto l’attestato, il «titolare dell’esercizio» presenta al medesimo
Sindaco il medesimo attestato con il quale dimostra al medesimo Sindaco che il suo locale – come d’altronde il Sindaco ha appena dichiarato –
risponde eccetera;
d) quello stesso medesimo Sindaco rilascia a quello stesso medesimo titolare di esercizio la licenza di vendita di surgelati.
Siamo al vaudeville, al puro Feydeau, ad un poco divertente Achille
Campanile; a meno che... A meno che nel dettato di legge non si volesse
intendere altro, e che le parole «competente autorità sanitaria comunale», stessero ad indicare non il Sindaco, ma l’Ufficiale Sanitario (o la figura che oggi lo sostituisce).
Il che sarebbe in aspra contraddizione coi principi in testa enunciati.
211
TULS 27.07.1934, n. 1265 cit., art. 2.
TULS 27.07.1934, n. 1265 cit., art. 40.
213
L. 27.01.1968, n. 32, art. 3.
212
157
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 158
Contraddizioni del genere ce n’è a decine; in decine di leggi l’Ufficiale
Sanitario, o chi l’ha sostituito, è definito ‘autorità’ (con la a minuscola, a
fini di distinzione).
Talvolta l’autorità (minuscola) ‘eleva contravvenzione’ all’Autorità
(maiuscola) perché l’Autorità (maiuscola) ha dimenticato di chiedere
all’autorità (minuscola) un’autorizzazione ad autorizzare se stessa a fare
qualcosa.
(Avranno poi un qualche senso, tutte queste autorizzazioni ‘sanitarie’?
Nel caso dei surgelati, o il congelatore funziona – e che funzioni si verifica col termometro – o il congelatore non funziona – idem: il buono o
cattivo funzionamento del congelatore è dipendente dall’erogazione di
energia elettrica, e non dall’attestato, né tantomeno dai requisiti ‘igienico-sanitari’ del locale di vendita).
Ad ogni modo, o siamo alla comica finale, o le ‘autorità sanitarie’ sono due.
5. Fintantoché il Sindaco aveva ‘alla sua dipendenza’ l’Ufficiale Sanitario, poteva legittimamente ordinargli di far questo e di far quello.
Ma il medico e tutto il personale del DIP non è alle dipendenze del sindaco.
Dipende infatti da un’Azienda per i Servizi Sanitari (ASS o ASL o AUSL:
gli acronimi son ballerini); suo superiore gerarchico è il Direttore Sanitario, e in capite, il Direttore Generale.
Come farà il Sindaco ad ordinare alcunché al dipendente di un’altra
amministrazione, le cui esigenze, priorità, obiettivi d’autonoma scelta,
risultati da esibire sono (dovrebbero essere) del tutto diversi da – o
comunque solo parzialmente coincidenti con – esigenze, scopi, obiettivi
di un Comune?
Sarebbe come se l’Agnelli (qui inteso come prototipo di ‘Imprenditore’)
ordinasse ad un gruppo di operai della Pirelli di produrre parafanghi per
lui, e quando va bene a lui, anziché pneumatici per Pirelli, che però continua a pagar loro il salario.
Questo è proprio ciò che accade: i DIP producono carta, oltre che in
conto proprio, anche in conto dei Comuni: il benigno Lettore sa già che
le carte prodotte per conto comunale sono altrettanto inutili di quelle
prodotte per conto proprio.
Ma i Comuni non sono i soli ad impartire ordini al dipendente del DIP: la
Magistratura gli delega inchieste su infortuni, la Provincia si avvale della
sua opera per reprimere reati ambientali, la Prefettura lo precetta per
158
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 159
incredibili ‘Commissioni Pubblico Spettacolo’ dove ventiquattro buontemponi s’intruppano a visitare balere, auditorii, teatri di provincia...
Poniamo caso che, in un anno di grazia a venire, una qualunque ASL si
prefigga l’obiettivo di ridurre nel suo territorio la mortalità per cause cardiologiche del 30%, uno sforzo immane, e decida che tutto il suo personale deve concorrere a quel risultato.
Ebbene, nossignore: la risoluzione dell’inconveniente igienico richiesta dal
Comune, l’inchiesta sul muratore scivolato dal tetto voluta dalla procura,
l’indagine sul fetor caprino che ammorba la villa di campagna del notaio, il
parere sulla pedana del ballo liscio vanno subito e inequivocabilmente dati.
L’urgente viene prima dell’importante, almeno per i pubblici uffici.
E c’è ben altro: perché mai un sindaco debba obbligatoriamente avvalersi di questi consulenti, e non di altri, magari migliori e a minor costo,
è misteriosa questione, la cui ragione sfugge ai più.
6. A fianco dell’Ufficiale – ci stanno i caporali: cioè i ‘vigili sanitari’.
Essi sono un corpo di polizia a tutti gli effetti, come i carabinieri, la Polstrada, i NAS, i NOE, gli UVAC, la Guardia di Finanza, l’UTIF, gli Urbani, e gli altri corpi di repressione e di vigilanza dello Stato.
Essi invigilano, invero, a impedire che vengano commessi reati, o a reprimere i reati che scoprono essere stati commessi.
Ancora: i reati raramente attentano alla salute.
Si ricorda come evento favoloso e unico il barbera al metanolo, che tanto
turbamento provocò tra i sommeliers e i bevitori.
Nel quotidiano si tratta di solito di reati amministrativi, o di frodi alimentari senza risvolti sanitari, o di smaltimento furtivo e notturno di scovazze per non pagare il dazio, o di superamento di limiti di legge senza
riflessi né immediati né di lungo periodo sulla salute.
Poiché le funzioni di vigilanza e repressione rivoltano lo stomaco delicatissimo dei prevenzionisti ‘puri’, molti sono stati i tentativi di riciclo dei
vigili in scartoffisti o in portaborse o in succedanei del medico (quando
il medico si stufa di una pratica, loro la completano).
Perciò si sono tentate operazioni di cosmesi anabattistica: col denominarli ‘ispettori d’igiene’ oppure ‘tecnici della prevenzione’214.
Ma biacca e rossetto nominalistici non hanno mai trasformato una baldrac-
214
D.M. 17.01.1997, n. 58 (Regolamento concernente l’individuazione della figura e relativo profilo professionale del tecnico di prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro).
159
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 160
ca in una verginella; e la legge, dopo aver cambiato loro il nome, ribadisce
le undici volte la loro immutata funzione di vigilanza e controllo.
Cioè: ‘vigili’ erano e ‘vigili’ restano.
7. Su cosa esercitano vigilanza e controllo?
Nel 1967 una legge ha definito come dev’essere il nostro pane quotidiano. Il pane ne sentiva estremo bisogno, nonostante che il suo utilizzo nell’alimentazione umana risalisse a migliaia d’anni; e che fosse accertato
l’uso di pane lievitato già dal IV secolo avanti Cristo.
Particolarmente i cornetti gli sfilatini e le mantovane si agitavano; provenivano da una regione con antiche tradizioni sindacali; un sotterraneo
antisemitismo serpeggiava nei confronti degli azzimi.
Dunque, dal 1967, il nostro pane quotidiano fu «il prodotto ottenuto
dalla cottura di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune»215.
Questo era il pane normale; se poi impastato con farina 00, 0, 1 e via
dicendo, avrebbe dovuto soggiornare su scaffalature o in ceste diverse e
separate, ciascuna col suo bravo cartellino bene in vista, a indicare: pane
00, 0, 1 e via pascendo.
Esisteva anche il pane speciale, quando agli ingredienti tradizionali si
aggiungevano burro, olio d’oliva, strutto, latte, mosto d’uva, zibibbo ed
altre uve passe, fichi, olive, anice, cumino, sesamo, malto, saccarosio,
destrosio, semi di lino.
Pani diversi da questi avrebbero dovuto essere autorizzati, con decreto
ministeriale.
Così, il pane col miele ed il pane con la zucca sono stati prelibati ma illegali fino al 1970, anno in cui sono diventati prelibati ma legali in grazia
di un provvido decreto216.
Ci si domanda: in quel triennio, dal 1967 al 1970, il pane col miele o con la
zucca, ancorché non autorizzati, saranno stati egualmente igienici e nutrienti? o avranno al contrario provocato coliche e coprofluvii dissenterici – serrandosi o rilasciandosi lo sfintere al divieto o permesso ministeriale?
E le ottime rosette con semi di papavero che sfornavano anche allora in
Süd Tirol, avranno nuociuto a indigeni e allogeni, almeno fino al fatidico
1998?
215
216
L. 04.07.1967, n. 580, art. 14.
D.M. 05.02.1970.
160
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 161
Infatti, nel 1998 è entrata in vigore un’altra legge, che ‘liberalizza’ cornetti baguettes e anche rosette, che adesso si possono fare con tutto,
basta dirlo217.
La vigilanza sanitaria, che in tutti questi anni si è occupata di pane, ha
denunciato panettieri fornai e ofelé perché il contenuto in acqua superava il 40%, perché il pane 00 era collocato nello scaffale del pane tipo 1,
perché i cornetti erano venduti a pezzi e non a peso, perché la ciabatta
allo speck conteneva lo speck, e altre anomalie panificatorie.
Ma se oggi è commestibile ciò che ieri era vietato, significa che i divieti
di ieri non riguardavano la commestibilità e la salubrità del prodotto.
Significa anche che i ‘vigili sanitari’ non rilevavano attentati alla salute,
bensì frodi in commercio, pubblicità ingannevole, altro.
Perché dunque chiamarli ‘sanitari’?
Perché farli operare in un’azienda sanitaria?
«È vietato di [sic!] preparare e smerciare miscele di olio di oliva con altri
olii vegetali commestibili...»218.
Si noti: olii commestibili; non: sarpenti ben velenati.
Chi fa la spesa ha certamente diritto di sapere se mette nella sporta olio
di oliva ultravergine, oppure olio di girasole ch’io lo contempli, ovvero
mescole tra questo e quello, o ancora intrugli di potacci e gherigli; ciò
dev’essere indicato nell’etichetta, e dev’essere ben leggibile.
Su quanti raggirano questo divieto si deve certamente vigilare; e il reato
dev’essere certamente punito.
Ma perché mai dal personale di un Dipartimento di Prevenzione?
«Chiunque, contro il divieto della legge [...] fabbrica, o introduce nello
stato, o detiene per vendere, o vende droghe, liquori ed altre bevande
alcooliche, è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda...»219.
La grappa di Cabia – responsabile dei deliri patriottardi del nostro Giosuè, onde si dice: cjóc tanche Carducci a Cjabia220– lo slivowitz di Stolviz-
217
D.P.R. 30.11.1998, n. 502 (Regolamento recante norme per la revisione della normativa in materia di lavorazione e di commercio del pane, a norma dell’articolo 50 della legge
22.02.1994, n. 146).
218
R.D.L. 15.10.1925, n. 2033.
219
Codice penale, art. 686.
220
Cioè: ubriaco quanto Carducci a Cabia. Giosuè Carducci soggiornò a Piano d’Arta
(oggi: Arta Terme) nel 1885. Da quella sua alpestre vacanza sortirono due mediocri poesie, Il Comune rustico e In Carnia. Vedi A. MANZANO (a cura di), Lettere di Carducci dalla
161
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 162
za che insapora gubane e strukelj, il fragolino di Buttrio che allieta i
dopopranzi e i dopocena, sono bevande buonissime, senza traccia di
metilico, di sapori e retrogusto incomparabili.
Se grappa e maraschino son di fosso, si tratta di un raggiro all’UTIF, non
allo stomaco dei bevitori.
Se l’ottimo fragolino non è vino, poiché non deriva da vitigno, si tratta di
uno sberleffo a Veronelli, non di un avvelenamento del prossimo.
È giusto reprimere raggiri e sberleffi, tutelare erario ed enologi.
Ma perché a farlo debbono essere i vigili ‘sanitari’, dipendenti di un’Azienda che si occupa di salute, che cura magagne e previene malattie?
E così via per 1219 volte – tante sono le leggi sugli alimenti a tutt’oggi in
vigore, prodotte da un alacrissimo parlamento tra il 1890 e il 6 aprile 1998;
a dieci articoli in media per ciascuna, fanno dodicimila articoli – e almeno
ventiquattromila commi: ventiquattromila splendide occasioni ‘di tutela’...
8. Una norma senza sanzione, non norma è, ma vaga esortazione.
Perciò quelle ventiquattromila occasioni di tutela diventano ventiquattromila occasioni per contestare illeciti; in un modo o nell’altro, ventiquattromila ottimi pretesti con cui vigili sanitari e urbani, finanzotti e
carabinieri del NAS possono punire il contravventore.
Molte punizioni, oggi, sono «depenalizzate».
La «depenalizzazione» consiste in questo: i reati ‘penali’ sono stati trasformati in reati ‘amministrativi’; la multa e l’ammenda, la reclusione e
l’arresto si tramutano in «sanzioni amministrative pecuniarie»; e le «pene
accessorie» cangiano in «sanzioni amministrative accessorie».
Ad esempio, il sacrosanto diritto alla bestemmia – legittima benché vana
protesta contro gli dei, propri e altrui, transeunti o sempiterni, immaginari o reali responsabili del caos e del dolore del mondo – comporta l’esborso di 600.000 lire, e non più la comparsa in ceppi davanti al magistrato; ad esempio, la diffusione di stampa clandestina, le grida e le manifestazioni sediziose – di cui solo gli dei sopracitati sanno quanto bisogno
ci sarebbe – non portano più dritti in galera, ma portano dritti all’ufficio
postale, per il dovuto versamento di 1.200.000 lire221.
Carnia, Udine 1973. Cabia è una frazioncina del medesimo comune, dove – allora, e per
molto tempo ancora – si distillarono vinacce e prugne, parte legalmente e parte no.
221
D. Lgs. 30.12.1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge 25.06.1999, n. 205), art. 57 (in tema di
162
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 163
Insomma, il mucchio delle scovazze non è stato incenerito, come si auspicava, ma è stato solamente trasportato altrove.
Sempre scovazze sono, sempre in cumulo restano, ma in altro sito.
Una parte è transitata al DIP.
Infatti e per esempio, quasi tutte le norme attinenti gli alimenti, sono
state «depenalizzate».
Colui che eleva la contravvenzione è il responsabile dell’Ufficio; e poiché
l’Ufficio è collocato in un’Azienda per i Servizi Sanitari, il responsabile è
quasi sempre un medico; dunque colui che commina le sanzioni sugli alimenti è quasi sempre un medico.
Ed eccolo là, quel piripicchio che in baldanzosa gioventù s’era appassionato di mesoteliomi e di immunologia, di prevalenze morbose e di asma
late, di prevenzione della silicosi e di epatiti virali, eccolo là, il piripicchio, che annaspa tra un visto e un considerato, che si arrabatta tra commi
e richiami di cui all’articolo, che s’impaluda tra le cannucce e il braco di
procedure e sofismi, mentre multa saldo a destra e a manca, settemilioni
a destra, trenta a manca, il doppio del minimo un terzo del massimo, e
tanto va la gatta al lardo, e in dubio pro reo222.
Ma il sistema è democratico; il contestato può «produrre scritti difensivi», avanzare la pretesa di «essere ascoltato».
E dunque, l’Ufficio istituisce un vero e proprio tribunalino, in cui il medico – attaccati al chiodo camice e martelletto, indossati toga e tocco –
s’impanca a giudice dei comportamenti altrui, e della plausibilità, congruità, veridicità delle scuse e delle giustificazioni addotte.
Si prenda, ad esempio, il cappellino: quel buffo cappellino o bustina o
crestina o retìna o visierina o cuffietta o frontino o cerchietto o fiocchetto o gibus – insomma, uno di quegli «idonei copricapo che – a norma di
legge – contengono la capigliatura» del cuoco, della cameriera, del vivandiere, dell’ostessa dei tre merli223.
Il medico (e qualunque persona di buonsenso) sa che nulla è più inutile
bestemmia), art. 45 (in tema di grida e manifestazioni sediziose), art. 47 (in tema di divulgazione di stampa clandestina). Il decreto è firmato D’Alema e Diliberto, cioè da due
signori che in gioventù hanno certamente diffuso stampa clandestina, e certissimamente
hanno gridato e manifestato sediziosamente. Adesso, anziché abrogare misure di certa illiberalità, «depenalizzano». Potenza del ruolo istituzionale nella modificazione del carattere e delle convinzioni.
222
L. 24.11.1981, n. 689 (Modifiche al Sistema penale); vedi inoltre nota precedente.
223
D.P.R. 26.03.1980, n. 327 cit., art. 42.
163
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 164
di quel cappellino, da cui prorompono ciocche e rizzotti, che si installa
sul cacumine sommitale della cotonatura, che intriga appena la nazarena
o la coda-di-cavallo, che appiccica alla nuca e sulla fronte il riporto del
pel del cuoco.
Tuttavia, quando il vigile ‘sanitario’ denunzia (e non può non denunziare) il malfatto, quando il NAS infierisce (e non può non infierire) sulla
testa impudicamente nuda, il medico dell’Ufficio deve applicare la legge.
La legge prevede un’ammenda di 500.000 lire.
Come si difenderà il gourmet sorpreso a farcire la faraona a capo scoperto?
Visto il verbale di contestazione n. 4751/X-1R, notificato in data 19.11.1999,
come da allegata fotocopia, rivolge a codesto Spettabile Ufficio rispettosa
istanza affinché si compiaccia esaminare la possibilità di annullare la sanzione applicata di L. 500.000 o quantomeno concedere una ulteriore congrua
riduzione in considerazione che:
- l’aver omesso di indossare un idoneo copricapo, per contenere la capigliatura, fu circostanza del tutto involontaria, tenendo presente che tutti i copricapi in dotazione al ricorrente risultavano, all’atto dell’ispezione, erroneamente sistemati da parte del personale all’uopo incaricato, nell’apposito
reparto di lavaggio e pulitura per cui, suo malgrado, si è sentito in dovere di
svolgere comunque le sue mansioni di prestatore d’opera dipendente;
- di ritenere, a suo modesto avviso, oltremodo onerosa la sanzione applicata
in rapporto sia della gravità della violazione accertata sia alle sue modeste
possibilità economiche, derivanti unicamente dal lavoro dipendente con reddito mensile fisso.
Nella viva speranza che la presente troverà la massima considerazione sin
d’ora, con tutta osservanza, sentitamente ringrazia e ben distintamente saluta. Luca Plozner.
Nessun cuoco scrive con tanta ridondante salameleccheria; onde si conclude che già 300.000 lire sono finite in tasca ad un avvocato arruffone,
nel tentativo maldestro di ridurre l’ammenda a 200.000 lire: sicché –
sommando l’onorario dell’avvocato e l’ammenda presunta – pagherà lo
chef la somma intera – ben che la vada.
Ma il problema non sta qui – ci saran soldi anche quando noi non ci saremo più.
Il problema sta nel fatto che la competenza professionale – quella caratteristica intramata di passione e di sapere tecnico, di esperienza e di studio, che rende idraulico un idraulico e pontiere un pontiere; che distingue un tornitore da un botanico, ed un sellaio da un astronauta; che rendeva così orgoglioso il Faussone de La chiave a stella – quella competen164
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 165
za professionale è superflua per i legislatori onniscienti: onde un medico
può fare anche il giudice224.
9. La presenza della vigilanza nell’ambito della prevenzione è – oggettivamente – un ostacolo allo svolgimento delle attività di prevenzione.
Oggettivamente e giustamente.
Si pensi alla tutela della salute in fabbrica, o nei luoghi di lavoro.
In una fabbrica, c’è un’ovvia contraddizione tra gli interessi dei datori di
lavoro e gli interessi dei lavoratori. L’azienda, infatti, è un’organizzazione
volta al profitto, ed è allo scopo di produrre profitto che la manodopera
viene utilizzata; la tutela della salute dei lavoratori, in questo contesto,
rappresenta una diseconomia esterna, che va perciò esclusa dal ‘costo del
lavoro’.
Stante il palese conflitto tra gli interessi degli uni e degli altri, la Legge
833/78 affidava ad un ente sopra le parti, ipotizzato come neutrale, e cioè
allo Stato, la tutela della salute dei lavoratori.
La legge 626/94, al contrario affida la tutela della salute dei lavoratori al
datore di lavoro (come dire: affido al lupo l’incolumità di Cappuccetto
Rosso); e riserva al Servizio Pubblico compiti pressocché esclusivi di vigilanza sull’operato del servizio padronale così concepito225.
Ne consegue che le Aziende Sanitarie (si noti l’aggettivo qualificativo!)
224
Al contrario della stragrande maggioranza degli igienisti, e contro ogni evidenza, il
CODACONS (Coordinamento di associazioni per la tutela dell’ambiente e dei diritti di
utenti e consumatori) ritiene che il cappellino sia indispensabile. Ennesimo esempio della
vacuità del concetto di igiene come specifico professionale. Scrive perciò al Ministero
della Sanità, invocando rigore. Ennesimo esempio di ‘igiene come punizione del vicino’,
già illustrata in questo libro. Il Ministero ovviamente annuisce. Ennesimo esempio di
potaccio ministeriale che gabella per intervento scientifico una viltà diplomatica. Il Ministero invoca una particolare attenzione «all’osservanza delle norme di legge sulla sicurezza alimentare, con particolare riferimento agli adempimenti che la legge 155/97 assegna ai
responsabili delle attività riguardanti gli alimenti nell’ambito dell’autocontrollo». Ennesimo esempio di confusione mentale determinata dalla confusione delle leggi: il cappellino
è obbligatorio giusto il DPR 327/80, ed è facoltativo secondo il D. Lgs. 155/97 (il personale «indosserà indumenti adeguati, puliti e, se del caso, protettivi», cap. VIII dell’Allegato). Vedi Circolare Ministeriale Dip. Alim. San. Pub. Vet., n. prot. 600.V/72.1/652 del
29.02.2000.
225
«Affidare la tutela della salute dei lavoratori ai datori di lavoro potrebbe essere discutibile sotto il profilo della legittimità costituzionale»: C. ROMAGNOLI - L. BRIZIARELLI, Il
D. Lgs. 626/94. Dal modello operaio al modello padronale. Un’altra ideologia, in «La Medicina del Lavoratori», X (1995), 39, pp. 93-100.
165
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 166
non possono esercitare ‘attività sanitaria’ in fabbrica o negli altri luoghi
di lavoro: infatti, la compresenza all’interno della medesima ASS di vigilanza e di sorveglianza sanitaria sarebbe idonea «a creare ingiustificati
vantaggi [...] in danno degli operatori che, non essendo legittimati a svolgere le funzioni di vigilanza – istituzionalmente riservate alla ASL – non
possono presentarsi sul mercato con le stesse opportunità di cui godono
le ASL»226.
In altre parole: si deve impedire ad una struttura pubblica – che ha poteri di vigilanza e di repressione sulla medicina del lavoro privata – di esercitare la medicina del lavoro pubblica in concorrenza con la medicina del
lavoro privata, poiché il ‘deterrente’ repressivo fornisce ingiusto vantaggio all’attività pubblica a danno di quella privata.
Così il sottile Amato, purtroppo, Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato.
Amato ha torto.
Ma sbagliate non sono le sue conclusioni, bensì i suoi rimedi: che consistono nell’impedire ad una struttura sanitaria pubblica di ‘fare sanità’
perché contiene elementi di polizia, anziché estromettere dalla struttura
sanitaria pubblica la polizia, per permetterle di ‘fare sanità’.
Inoltre, secondo calcoli recenti, la Struttura Pubblica riesce a sottoporre
a vigilanza non più del 3% dell’universo delle imprese in Italia; sul rimanente 97%, dunque, non si esplica nessuna forma di vigilanza227. (E,
anche ammesso che attraverso la vigilanza si possa far prevenzione, non
è certamente e in nessun caso prevenzione l’impiego della vigilanza per
le ‘inchieste infortuni’ delegate dalla magistratura dopo che l’evento mortale o lesivo è accaduto).
La conclusione, pertanto, va corretta così: si impedisce alla Struttura
Sanitaria Pubblica di ‘fare sanità’ perché essa ha anche funzioni di
repressione che, di fatto, non è messa in grado di svolgere.
Infine, vi è una forte carenza di medici del lavoro libero-professionisti. Il
226
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, «Parere ai sensi dell’art. 22 della
legge 10 ottobre 1990, n. 287, relativa alle distorsioni di mercato derivanti dall’applicazione del D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, contenente disposizioni relative al miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro», del 19.12.1997,
prot. n. 37824.
227
ASSOCIAZIONE NAZIONALE MEDICI DEL LAVORO PUBBLICI (A.N.M.L.P.), Per un testo
unico delle norme generali di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, in «Ambiente
Risorse Salute», XVIII (1999), 65, pp. 25-27.
166
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 167
servizio aziendale (privato) non riesce a coprire più del 20% delle aziende.
Questo fatto comporta un’ulteriore correzione della conclusione.
In Italia, semplicemente, non si fa né vigilanza né repressione né prevenzione; né da parte del soggetto pubblico né da parte di quello privato (tralasciando di descrivere, per questi ultimi, il crescente degrado, etico e
deontologico; i professionisti che si appaltano il lavoro l’un l’altro; la ‘valutazione dei rischi’ eseguita dal commercialista o dal geometra; lo spreco di
esami inutili ai fini della valutazione dei rischi lavorativi; eccetera).
Cosicché, non deve stupire affatto che ogni anno in Italia un milione di
persone subisca un incidente sul lavoro, con conseguenze di invalidità
permanente per oltre 27.000 casi, e con la morte di 1.300 lavoratori.
Per la precisione, non debbono stupire i 962.143 incidenti sul lavoro del
1998, con 1.343 morti; né i 948.190 con 1.362 morti del 1997; né i
986.759 con 1.320 morti del 1996; né i 995.031 con 1.375 morti del 1995;
né il 1.026.368 con 1.322 morti del 1994 e via all’indietro, una strage infinita, un terzo in più della media europea, un primato di dolore, di dolori e di vergogna.
I sudari di quei morti, le bende di quei lavoratori maciullati fratturati
stroppiati sono tramate da tutte le futili ma ossequienti carte, da tutte le
impotenti ma dettagliatissime leggi, da tutte le circolari auliche e patetiche, in rigorosissima e fatua concatenazione formale e senza nessuna
presa sulla realtà.
Passato l’attimo fuggente delle indignazioni di rito e delle perorazioni di
principio, gli imprenditori tornano alla fregola gloriosa del profitto ed i
sindacalisti alle loro consuete occupazioni: più simili, ormai, a banchieri
della J.P. Morgan che a Di Vittorio e a Pastore, atterriti oramai soltanto
dalla caduta dell’indice Nikkei, guardano con distaccato fastidio alla
caduta del muraro dall’impalcatura – tutto quel sangue appiccicaticcio,
quell’impiastricciamento; e il maciullamento degli operai nella bettoniera li fa inorridire molto meno del maciullamento delle azioni in borsa.
«La salute non si monetizza» era lo slogan, gridato nell’orribile sindacalese di vent’anni fa: vale a dire, né si compra, né si vende.
Lo slogan di oggi è che la salute si compra, si vende, e – il più delle volte
– semplicemente si regala.
10. Infine, i Veterinari, ripartiti nelle tre aree «funzionali della sanità animale; dell’igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione,
conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro deriva167
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 168
ti; e dell’igiene degli allevamenti zootecnici e delle produzioni zootecniche»228.
La loro collocazione nell’ambito del Ministero della Sanità, e – per ricaduta – nelle Aziende Sanitarie, e – di conseguenza – nei Dipartimenti di
Prevenzione si dà soltanto per dilatazione psichedelica dell’orizzonte
professionale (gira psilocibina a Montecitorio, a Palazzo Madama); e
quest’anomala collocazione dello scibile animale nell’ambito sanitario
esiste solo in Italia ed in Austria.
Negli altri paesi d’Europa il Servizio Veterinario è di competenza del
Ministero dell’Agricoltura (Finlandia, Svezia, Lussemburgo, Danimarca,
Inghilterra, Francia, Irlanda, Portogallo); oppure dei Ministeri dell’Agricoltura e della Sanità (a mezze: Belgio, Olanda, Grecia, Spagna; nei Länder tedeschi un modello fortemente decentrato li vede collocati ora nell’ambito della Sanità, ora in quello dell’Agricoltura, o degli Affari Interni, o degli Affari Sociali, a seconda delle scelte locali)229.
Ma l’anomala collocazione si comprende benissimo ponendo mente ai
discorsi fatti fin qui. Tutta l’attività della Veterinaria Pubblica è normata;
e talmente, che per fare il Veterinario Pubblico non serve conoscere la
scienza veterinaria, basta conoscere le leggi; e così minuziosamente, che
la Polizia Veterinaria costituisce il paradigma metafisico di ogni presente
e futuro Stato di Polizia, dall’eugenetica al mattatoio.
Le norme hanno una soltanto vaga radice scientifica – di solito si tratta
di compromessi tra le diverse esigenze dei produttori da un lato, e degli
animalisti, consumatori, slow-foodisti, tecnologi alimentari dall’altro (sicché i veterinari stanno sotto il fuoco incrociato degli allevatori, che imputano loro di non tenere nel dovuto conto la redditività delle aziende e le
esigenze economiche: ‘il Servizio Veterinario deve orientarsi ad essere
utile per il consumatore, non dannoso per il produttore’; e via peanando
– il solito vezzo di prendersela con gli esecutori delle Leggi, anziché con
le Leggi; e dei consumatori che imputano loro di non essere sufficientemente rigorosi).
Tuttavia, là dove la legge prevede per essi un ruolo da étoile è nel com-
228
D. Lgs. 30.12.1992, n. 502, così come modificato dal D. Lgs. 07.12.1993, n. 517, art. 8.
Traggo queste notizie da P. DEMARIN, La legislazione, i compiti e la programmazione dell’attività degli uffici veterinari per gli adempimenti CE in Italia, Tesi di specializzazione in
Diritto e Legislazione Veterinaria, Università degli Studi di Milano, aa. 1995-96 (relatore
prof. F. Pezza), passim; vedi, inoltre P. RASORI - R. MARABELLI, I servizi veterinari nei paesi
della CEE, in «Il Progresso Veterinario», VL (1991), 10, pp. 335-344.
229
168
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 169
pito anagrafico-burocratico: registrano la nascita della vitella, le praticano le vaccinazioni infantili, ne misurano la crescita ponderale, stilano il
passaporto sanitario, autorizzano mezzi di trasporto e stalle di sosta,
provvedono alla villeggiatura estiva della bovina in Alpe, controllano
macelli, necroscopizzano carcasse, inorecchinano randagi, oliano la macchina macinasalsiccie, stecchinano culatelli, certificano dop e dog e
doc...230.
Tutte queste attività sono, ovviamente, importanti e benemerite; ma
hanno da spartire piuttosto con la zootecnia che con la prevenzione...
Gli umani bevono latte e mangiano cacio. I veterinari, onde garantire la
salubrità di quel latte la bontà di quel cacio, controllano lo spermino del
torello, la fecondazione della frisona, l’incremento della produzione lattiera, il rispetto delle ‘quote latte’ stabilite dalla CE, l’erogazione dei contributi...
Ma si tratta di problemi zootecnici! – esclameranno i miei ormai sette lettori. Sì, certo; ma non si vorrà mica interrompere la filiera... Perché, per
tutelare la salute umana, il Servizio Veterinario Pubblico deve (e vuole)
partire da lontano; anzi, da lontanissimo; parte – letteralmente – ab ovo.
Così, questi professionisti di grande simpatia e di grande preparazione,
con cui è un privilegio lavorare e andare a cena, e la cui competenza svaria dall’avicoltura alla mascalcia, dal miglioramento genetico delle pezzate rosse, all’importazione vituperevole dei caimanini, al volo nuziale dell’ape regina, alla liquidazione dell’indennità di abbattimento, alla prevenzione del randagismo, alla zooantropologia urbana, alla razionalizzazione
della filiera del prosciutto, all’eradicazione della Rift Valley Fever nel Mali,
sono ridotti a Super Vigili Sanitari, e sommersi da alluvioni di carte, in
genere di color rosa, più difficili da governare di un mulo irlandese.
11. Illogicità, delirio, inefficacia… Indecisione, confusione, inutilità…
Lacerti rari di procedimento scientifico nel gurgite vasto della ripetizione insensata… Croste di muro che lasciano a pena intravvedere la sinopia di un pensiero, ormai corrotto mutilo alterato…
È certo venuto il momento delle riflessioni radicali. Se non ora, quando?
230
L. D’ESPOSITO, La legislazione sulla vigilanza sanitaria delle carni, con commento del
R.D. n. 3298 del 1928, Bari 1985; F. PEZZA (a cura di), Guida all’esercizio professionale per
i medici-veterinari, Torino 1991 (con aggiornamenti successivi).
169
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 170
11
UNA MODESTA PROPOSTA
In poche questioni sanitarie la politica è capitale come nel caso della
Pubblica Sanità.
È propriamente dalla concezione del rapporto tra cittadini e Stato, tra Diritti (anche il diritto alla salute) e Doveri (anche il dovere della salute), tra sottomissione (la subdola, ma non perciò meno costrittiva, sottomissione alle
angherie burocratiche), libertà del singolo (la piccola, ma non meno importante libertà dalle medesime) e tutela della collettività che discende la ‘filosofia’ stessa, di organizzazione e di contenuti, della Pubblica Sanità.
La filosofia che oggi informa di sé i DIP risale ai primordi del secolo,
salvo gli innumeri affastellamenti posteriori; rimanda ad ideologie ed a
pratiche autoritarie; esita in costruzioni penose – tra TULS e Caos, tra
Autorizzazione e Repressione, tra Burocrazia e Giurisprudenza, con soltanto remoti agganci ‘sanitari’ e soltanto improbabili risultati preventivi;
e andrebbe – a parer nostro – radicalmente cambiata.
Procedere all’abrogazione delle norme più arcaiche, desuete, ingiustificate, contraddittorie, o di non evidente efficacia (e ce n’è a iosa) aiuterebbe di molto il progetto di trasformazione dei DIP da organismi burocratico-amministrativi in organismi sanitario-preventivi.
Ma tutto questo non basta.
Offriamo alla riflessione alcuni principi:
i. Sui certificati s’è detto: per rimanere in vita debbono essere almeno
razionali, ragionevoli, di dimostrabile efficacia, di buona efficienza. Debbono derivare da indagini validate e rispondere a fini di salute, e non
discendere da astratti postulati di diritto amministrativo.
Anzi, meno il diritto amministrativo s’intromette e meglio è.
Secondo noi, non esiste in Italia un solo certificato atto a passare un simile vaglio.
ii. È necessario cominciare a distinguere l’igiene dalla prevenzione.
170
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 171
Di igiene nel mondo occidentale ce n’è fin troppa; di prevenzione fin
troppo poca.
L’igiene è appannaggio delle multinazionali della detersione, delle nazionali dello smaltimento, delle municipalizzate della distribuzione d’acqua
potabile, delle SpA alimentari, delle fabbriche di piastrelle e di bidè; ed
è introiezione del SuperIo di ogni casalinga, di ogni bambino buono, di
ogni cittadino medio.
Sconfina spesso nella buona educazione; s’intreccia sovente alla cosmesi
e all’estetica.
I danni da eccesso di igiene si contemplano quotidianamente: allergie da
saponi, bugnoni da deodoranti, resistenze acquisite e crociate ai disinfettanti, ipersensibilità agli odori inusuali, diffidenza verso le tecniche tradizionali di preparazione del cibo (con complemento di pressoché totale
sterilità – e aggiunte sistematiche di antimicrobici – nei cibi industriali,
da cui quegli intestini pulitissimi e quelle atopie che incrementano in
misura preoccupante231)...
Forse è necessario cominciare a fare prevenzione anche nei confronti dell’igiene.
iii. Una volta cassata la parola ‘igiene’ dal vocabolario del prevenzionista,
bisognerà che egli si occupi di prevenzione, primaria (vale a dire: impedire l’insorgere di malattie o disabilità) e secondaria (vale a dire: individuare, tramite screening di massa, stadi di malattia così precoci da permettere un intervento efficace).
Dunque: medicina del lavoro, superando lo sciocchissimo divieto del
dottor Amato, mirando all’integrazione delle professionalità e badando a
non trasformarla in ‘visitificio’232; vaccinazioni, senza i vincoli di obbligatorietà oggi esistenti nelle vaccinazioni dell’infanzia; infettivologia, là dove
le malattie infettive, date per defunte dal positivismo trionfante, sono ancora tra noi, alcune non curabili, altre non guaribili (vedi epatite C, vedi infezione da HIV); prevenzione di malattie croniche, non tumorali233 e tumo-
231
G.A. ROOK - J.L. STANFORD, Give us this day our daily germs, in «Immunol. Today», 19
(1998), pp. 113-116; P.M. MATRICARDI et al., Exposure to foodborne and orofecal microbes
versus airborne viruses in relation to atopy and allergic asthma: epidemiological study, in
«BMJ», 320 (2000), pp. 412-417.
232
Vedi le osservazioni di D. MIRABELLI, Quale sorveglianza sanitaria sui lavoratori, in
«Epidemiologia e Prevenzione», 17 (1993), 187-190.
233
Ad esempio, R. TRONCONE - L. GRECO - S. AURICCHIO, Gluten-sensitive Enteropathy,
in «Pediatric Clinics of North America», 43 (1996), pp. 355-373; C. CATASSI - C.I.M. RÄT-
171
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 172
rali, non professionali (cancro della mammella, cancro del collo dell’utero) e professionali, secondo metodi validati, indirizzi corretti, mirando a
verificarne gli esiti, e a correggerne il tiro – se serve234; poco d’altro: educazione sanitaria, purché non diventi l’agitato allarmismo delle trasmissioni televisionarie, la parenesi moraleggiante e confusa sugli ‘stili di vita’,
gli aleatori precetti di culinaria235...
Un agire circoscritto, umile, pragmatico, senza le tentazioni dell’onnipotenza e dell’onnipresenza: dovendosi escludere, per ovvia modestia, che
le unità sanitarie locali intervengano a livello planetario, sul buco dell’ozono, sullo scioglimento dei ghiacciai, sulla deforestazione amazzonica –
anche al fine di evitare che preoccupazioni universali paralizzino l’operatività effettiva.
Mai come in questo campo è necessaria onestà intellettuale, e tenere sempre in mente il monito e la distinzione di Giulio A. Maccacaro sulla ‘vera
e falsa prevenzione’236, ad evitare quegli innumeri screening dei fattori di
rischio, quei generici check-up che oggidì si praticano e che servono poco
a prevedere e pochissimo a prevenire, quanto piuttosto a moltiplicare
sportule e clienti.
E fuggire come la peste la tentazione di aggiungere altra medicalizzazione alla medicalizzazione perpetrata dagli innumeri abusivi della prevenzione, cui già accade oggidì di autorizzare (o non autorizzare) il
coito all’infartuato, il frappé al diabetico, la sberla al monello, lo sci
allo sciatore, il lardo al sovrappeso, il sale all’iperteso, la buona morte
al moribondo, in una sorta di ossessiva riduzione della vita alla medicina
SCH - E. FABIANI et al., Coeliac Disease in the Year 2000: Exploring the Iceberg, in «The
Lancet», 343 (1994), pp. 200-203; A. TOMMASINI - T. NOT - R. MARZARI - A. VENTURA,
Malattia celiaca: tra passato e futuro, in «Prospettive in pediatria», 29 (1999), pp. 181-196.
234
Vedi G. MALTONI - F. BERRINO - P. BRUZZI - S. FRANCESCHI - D. PALLI - M. ROSSELLI
DEL TURCO, Raccomandazioni per gli screening in oncologia, in «Epidemiologia e Prevenzione», X (1988), 36, pp. 29-36; in generale L. TOMATIS (a cura di), IARC. Il cancro: cause
frequenza controllo, Milano 1991.
235
Così, non bisognerà mai più lanciarsi nella promozione delle diete low-fat, high-fiber
per la prevenzione del cancro colonrettale: c’è il rischio di venir smentiti subito dopo. Vedi
A. SCHATZKIN et al., Lack of effect a low fat-high fiber diet on the recurrence of colorectal
adenomas, in «The New England Journal of Medicine», 342 (2000), 16, pp. 1149-1155;
D.S. ALBERTS et al., Lack of effect of high-fiber cereal supplement on the recurrence of colorectal adenomas, in Ibid., pp. 1156-1162.
236
G.A. MACCACARO, Vera e falsa prevenzione, in Per una medicina da rinnovare cit., pp.
319-326.
172
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 173
– vale a dire alle opinioni in quel momento correnti della medicina237.
E mai come nella prevenzione è necessaria quella condivisione e quella
partecipazione attiva dei cittadini che oggi si ritiene necessaria perfino
nella pratica clinica238: ogni intervento coercitivo andrà dunque visto
come un ostacolo alla creazione di un buon rapporto con il cittadino.
iv. In modo particolare, è indispensabile estromettere dall’ambito prevenzionistico l’attività di ‘vigilanza’, per almeno tre ottimi motivi.
La vigilanza, infatti, agisce secondo altri presupposti, altre procedure,
altri fini. I presupposti discendono non dall’epidemiologia, ma dalla lettera della norma; le procedure sono stabilite dal Codice, non dai manuali tecnici; i fini rispondono a logiche giustamente e latamente repressive,
non preventive.
In secondo luogo la vigilanza è attività autonoma, soltanto illusoriamente ed impropriamente governabile o programmabile; e risponde a plurimi soggetti: al Procuratore della Repubblica, al Sindaco, fin alla Camera
di Commercio, e solo buon ultimo al DIP (per non peculiari funzioni di
amministrazione di giustizia e di comminazione di ammende).
In terzo luogo, l’attività repressiva cozza di frequente con l’attività preventiva. Quando si dà un tale contrasto, la legge opta sempre per la paralisi dell’attività di prevenzione pubblica, a favore dell’attività di vigilanza
pubblica sull’attività di prevenzione privata. Come clamorosamente
dimostrato dalle vicende della 626/94, che abolisce tutta l’attività pubblica nel campo della prevenzione sui luoghi di lavoro trasformandola in
attività di controllo, ispezione, repressione.
Insomma, dovendo scegliere tra la ‘prevenzione’ e la ‘polizia’, lo Stato
butta a mare la ‘prevenzione’ e sceglie la ‘polizia’.
E tutto questo non accade nel benemerito Corpo dei Carabinieri, bensì
in una struttura ‘sanitaria’.
È indifferibile – per questioni di principio, e di funzionalità – il trasferimento della vigilanza ‘sanitaria’ ai NAS, all’Ispettorato del lavoro, alla
Questura, a chicchessia.
v. Conseguenza ultima (o prima) è che la Prevenzione sanitaria non può
essere una branca del Diritto Amministrativo, bensì e soltanto una disci237
Vedi, ad esempio, M. BOBBIO, Leggenda e realtà del colesterolo. Le labili certezze della
medicina, Torino 1993, particolarmente alle pp. 126-138.
238
Vedi ancora M. BOBBIO, La certezza della malattia e la probabilità della guarigione, in
«Epidemiologia e Prevenzione», 17 (1993), pp. 194-196.
173
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 174
plina – appunto – sanitaria. Le attività dei DIP debbono essere sottratte
alla cogenza del ginepraio normativo e restituite al sapere ed alla pratica
‘scientifiche’.
I DIP useranno dunque gli strumenti del loro mestiere – epidemiologia,
infettivologia, tecniche evidenze risultati delle discipline prevenzionistiche – esattamente come internisti o otorinolaringoiatri usano i loro.
Nessuno ha mai ordinato ad un internista se e come curare un’ulcera
peptica; al contrario, è stato ordinato ad un igienista quando e come e
con quale tipo di vaccino e con quante dosi e su quale territorio praticare la campagna antipolio. Ciò ha assunto caratteri di fragorosa contraddittorietà, ad esempio nel caso della vaccinazione antitifica; ha aggiunto
rischi supplementari non indispensabili, come nel caso delle vaccinazioni antipolio; ha comportato rivaccinazioni superflue (e probabilmente
dannose), come nel caso dei richiami antitetanici.
Il principio del raggiungimento di obbiettivi di prevenzione o di tutela
collettiva della salute; il principio della dimostrabilità confrontabilità e
confutabilità dei risultati debbono valere anche per i DIP; i principi della
discrezionalità, dell’autonomia operativa, della responsabilità debbono
valere anche nei DIP.
Ovviamente, i professionisti dei DIP sono sottomessi alle leggi generali
dello Stato; ma non supini funzionari, che arrossiscono di vergogna nel
somministrare certificati e nel preparare pareri contrari al sapere scientifico, all’evidenza epidemiologica, alla razionalità, al comune buonsenso,
bensì ‘sanitari’ che, nel procedere, agiscono responsabilmente – come
dovrebbe usare – secondo la scienza e la coscienza.
Ma per far ciò, è necessario fuoriuscire dall’ottica acchiappamariuoli del
Ministero dell’Interno e dai ludi cartacei della Pubblica Amministrazione.
174
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 175
imp sevizia mod. 9-04-2014aa_imp sevizia 24/04/14 12:20 Pagina 176