Relazione geologica

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Relazione geologica
INDICE
1. PREMESSA
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2. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E GEOMORFOLOGICO
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3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO
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4. INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO
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5. SISMICITA’
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6. MICROZONAZIONE SISMICA
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6.1 Carta della microzonazione sismica
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7. DESCRIZIONE DELLE FORMAZIONI PRESENTI
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8. CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA DELLE FORMAZIONI
pag. 10
9. ELABORATI CARTOGRAFICI DI SINTESI
pag. 11
9.1 Carta della pericolosità geologica e vulnerabilità del territorio
pag. 11
9.2 Carta dell’idoneità territoriale
pag. 12
10. CONCLUSIONI
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ELENCO ALLEGATI
Tav. A
Carta geologica di dettaglio
Tav. B
Tavola delle sezioni geologiche
Tav. C
Carta geomorfologica
Tav. D
Carta delle acclività
Tav. E
Carta idrogeologica
Tav. F
Carta della microzonazione sismica
Tav. G
Carta della pericolosità e vulnerabilità del territorio
Tav. H
Carta della idoneità territoriale
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1. PREMESSA
In relazione al progetto dell’opera in oggetto Nuovo Ospedale dei Castelli Romani e Parco
Biomedico, è stato effettuato uno studio geologico basato in gran parte sullo studio corredato
da indagini geotecniche effettuato nel 2003 dalla nostra società sul il medesimo sito per il
progetto denominato “Nuovo Ospedale dei Castelli Romani” in località Piani di S. Maria:
relazione geologico-tecnica Geoplanning S02/03, a cui si rimanda integralmente per dettagli
e approfondimenti.
Il presente studio ha seguito le richieste fornite dai Tecnici del Servizio Geologico Regionale
- Area S5 - Difesa del Suolo - Dipartimento Territorio della Regione Lazio ed è finalizzata ad
ottemperare le “Linee guida e documentazione per l’indagine geologica e per l’indagine
vegetazionale” Delibera Giunta Regionale del Lazio n. 2649 del 18 maggio 1999.
In particolare, come da richiesta, sono state fornite la Carta dell’Idoneità Territoriale e la
Carta della Vunerabilità e Pericolosità del Territorio.
2. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E GEOMORFOLOGICO
L’area studiata è ubicata nella parte meridionale del Comune di Ariccia, più precisamente
lungo la SS 207 “Nettunense” al km. 11.5 in località Piani di S. Maria a Fontana di Papa.
Il riferimento topografico è Foglio 150, Tavoletta III SE “Albano Laziale” della Carta d’Italia
1:25.000 edita dall’I.G.M, sezione 387120 della C.T.R. 1:10.000.
In particolare l’area studiata è caratterizzata da una quota topografica compresa tra circa 180
e 190 m s.l.m.
Dal punto di vista geomorfologico, l’area esaminata si inquadra sul versante meridionale del
Vulcano Laziale, in particolare poco a sud di Valle Ariccia in un paesaggio subpianeggiante
che degrada verso ovest, sud-ovest; poco distante, a ovest, è presente il Fosso Emissario
del lago di Nemi.
Nell’area in oggetto, non sono stati rilevati fenomeni di instabilità e/o frane.
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3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO
Per meglio inquadrare le problematiche geologiche del settore in esame, viene di seguito
descritta in breve l’evoluzione geologica dell’area dei Colli Albani cui questo appartiene.
Tale area, compresa fra la costa tirrenica ed i rilievi appenninici, è stata interessata dalla
messa in posto di una serie di edifici vulcanici a prevalente attività esplosiva.
Tra questi, il più imponente è il Vulcano Laziale, esso infatti raggiunge quasi i 1000 m di
altezza e si estende per un’area di circa 1500 km2.
La prima fase dell’attività di tale edificio vulcanico è quella del Tuscolano –Artemisio e si
svolge fra i 0.6 e i 0.35 M.A. Durante questa prima fase vengono messi in posto una
notevole quantità di prodotti vulcanici che, sottoforma di piroclastiti di ricaduta o di colate
piroclastiche, ricoprono e modificano la precedente morfologia dell’area.
A seguire, la seconda fase esplosiva (0.35 – 0.15 M.A.) si sviluppa all’interno della caldera
prodotta dal collassamento dell’area centrale dell’edificio; in questa fase si produce l’edificio
delle Faete con il cratere dei Campi di Annibale.
L’attività vulcanica termina intorno a 20.000 anni fa con un’ultima fase esplosiva di tipo
freatomagmatico; in quest’ultima fase si producono numerosi crateri eccentrici sul fianco
occidentale del vulcano, i più importanti dei quali sono quelli di Albano, Ariccia e Nemi.
Infine, durante l’ultima fase del periodo glaciale würmiano (circa 18.000 anni fa), la forte
regressione del livello marino, che determina una notevole erosione dei terreni deposti in
precedenza, e lo sviluppo del reticolo idrografico, creano le condizioni per la deposizione
dell’Unità delle Alluvioni attuali che, con il successivo innalzamento del livello marino vanno a
colmare le incisioni fluviali e le depressioni calderiche.
In particolare l’area in esame è impostata su prodotti vulcanici finali del Tuscolano-Artemisio
(Tavola A), costituiti qui da piroclastiti dell’apparato centrale, e in parte su prodotti vulcanici
dell’Unità Idromagmatica dell’attività finale, rappresentati da livelli cineritici alternati da livelli
sabbioso-lapillosi.
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4. INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO
L’area in oggetto appartiene al Gruppo idrogeologico dei Colli Albani, caratterizzato dalla
presenza di litotipi costituiti prevalentemente da prodotti piroclastici indifferenziati. La diversa
permeabilità di tali prodotti condiziona la circolazione sotterranea delle acque e determina la
formazione di una serie di falde sovrapposte.
La zona in studio ricade nel bacino del fosso Grande.
Tale bacino ha forma irregolare, allungata nel senso dell’asta dei fossi, e cioè in direzione
nord est-sud ovest, ha lunghezza di 20 km e larghezza massima di circa 10 km. La superficie
è di 127 kmq, la sua altitudine media è di 104 s.l.m. e si estende dalla costa tirrenica sino al
lago di Albano.
Nell’ambito del bacino è da segnalare la presenza a varie quote di alcune colate laviche.
Per quanto riguarda la permeabilità sia le piroclastiti sciolte che i termini litoidi si presentano
da mediamente a poco permeabili, mentre le lave, a seconda del grado di fatturazione, si
presentano da scarsamente a mediamente permeabili.
La profondità dal piano campagna della falda può variare da pochi metri nella Valle di Ariccia
a circa una decina nella zona di Fontana di Papa oppure a circa 200 m nella zona
settentrionale.
In particolare nell’area in studio il livello della falda principale, da misure eseguite nel
piezometro installato nel sondaggio S2 (Relazione geologico-tecnica - Geoplanning archivio
S02/03), è stata evidenziata ad una quota di circa 7 - 8 m dal p.c. coerentemente a quanto
riportato in letteratura.
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5. SISMICITA’
5.1 Considerazioni sulla sismicità dell’area
La sismicità dell’area albana presenta delle caratteristiche peculiari rispetto al restante
territorio regionale. Questa, infatti, è direttamente influenzata dalla presenza di un apparato
vulcanico sede di un’attività di tipo esplosivo. Per tale motivo, questo settore di territorio,
viene riconosciuto come un distretto sismico distinto e definito: quello dei Colli Albani.
La sismicità storica di questo distretto è molto ben documentata da molteplici lavori scientifici
che hanno affrontato lo studio di questo fenomeno.
Le prime indicazioni di eventi sismici risalgono al periodo romano ma le informazioni più
complete e attendibili si riferiscono all’ultimo secolo con la messa in opera di una rete
sismica capillare sull’intero territorio nazionale e l’istituzione di Osservatori sismici e di centri
di ricerca come l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Migliaia sono state le scosse sismiche verificatesi in quest’area, con frequenza veramente
notevole, la gran parte delle quali ha avuto un’intensità compresa fra il secondo e il terzo
grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg (M.C.S.). L’attività sismica del distretto dei Colli
Albani è caratterizzata da terremoti di moderata energia, con Magnitudo mai superiore a 5.2
e con ipocentro molto superficiale, solitamente attorno 5 km di profondità.
Tra gli eventi più significativi verificatisi nell’area si ricordano quelli del 1806 (Rocca Priora),
del 1892 (Lanuvio), del 1899 (Frascati) e del 1927 (Nemi), tutti con un’intensità pari all’VIII
grado della scala M.C.S.
L’area di risentimento è in genere limitata ai Colli Albani, in conseguenza della modesta
profondità epicentrale; fa eccezione, tuttavia, il terremoto del 1806 che venne avvertito fino a
Napoli.
La frequenza degli eventi sismici e la molto modesta variazione della Magnitudo
all’aumentare del tempo di ritorno (un decimo di unità per tempo di ritorno di un secolo) fa
ritenere che la massima intensità registrata nell’area (Magnitudo 5.2), sia la massima
prevedibile.
Per quanto riguarda più specificamente il Comune di Ariccia occorre sottolineare che nel
passato, numerose scosse avvenute nell’area albana, sono state risentite all’interno del
territorio comunale. Infatti, la sua collocazione è proprio nella zona occidentale dell’apparato
vulcanico, quella dove storicamente si è registrata la più intensa attività sismica. Tale
fenomenologia è probabilmente riconducibile al fatto che in questa parte del complesso si è
verificata l’ultima fase di attività esplosiva che ha dato luogo agli apparati eccentrici di
Albano, Nemi e Ariccia. L’intensità massima registrata nel Comune di Ariccia è stata pari al
VII grado della scala M.C.S.
In base alla L’OPCM 3274 del 20/03/03 il territorio di Ariccia rientra come zona sismica 2 a
cui corrisponde un’accellerazione orizzontale di progetto del suolo ag = 0.25g.
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6. MICROZONAZIONE SISMICA
6.1 Carta della microzonazione sismica
L’elaborato cartografico relativo alla microzonazione sismica del territorio è stato realizzato
esaminando le fonti storiche con lo scopo di definire le caratteristiche di sismicità dell’area
classificando le litologie in base al loro comportamento in funzione di una sollecitazione
sismica.
La microzonazione sismica permette sia di riconoscere la vulnerabilità sismica del territorio a
scala locale che di suddividere in zone omogenee riguardo alla risposta sismica e ai rischi
diretti o indiretti causati da un evento sismico.
Il metodo con il quale è stata costruita la carta viene definito metodo della rigidità sismica o
metodo di Medvedev, modificato da Broili. Tale metodo fornisce indicazioni circa l’aumento
dei danni prodotti dal terremoto in relazione alle caratteristiche litologico-meccaniche dei
terreni.
Utilizzando questo metodo è stata quindi eseguita una classificazione delle facies litologiche
(Tabella 1) presenti nell’area in esame e sono stati ricavati valori orientativi di γ (t/m3), Vω
(Km/sec) e R che rappresentano rispettivamente la densità media, la velocità delle onde
sismiche superficiali e la rigidità sismica dello strato superficiale, caratteristici delle singole
facies riconosciute nell’area.
Successivamente le facies litologiche presenti nell’area, sulla base delle loro caratteristiche
geomeccaniche e idrogeologiche, sono state raggruppate in “zone” a comportamento
omogeneo dal punto di vista sismico. La Carta della microzonazione sismica è stata restituita
ad una scala 1:5.000.
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Tabella 1 – litofacies, classi e rigidità sismica
Considerando le varie litologie presenti all’interno del settore in studio riconosciute 2 zone:
Zona Z3
Comprende i terreni delle facies litologiche C7 (Piroclastiti sabbioso-ghiaiose) e C8
(Piroclastiti sabbioso-limose). Le ridotte resistenze meccaniche sono dovute al minore
addensamento e alla minore coesione. L’incremento di intensità sismica rispetto ai terreni a
più elevata rigidità è circa 2. Per questi motivi nelle aree che ricadono in questa zona sono
da esaminare gli aspetti geomorfologici e ideologici, e sono da valutare con grande dettaglio
i parametri geotecnici e le condizioni di stabilità d’insieme.
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Zona Z6
Comprende i terreni delle facies litologiche C10 (Alluvioni di Valle Ariccia). Sono terreni
geomeccanicamente scadenti e le condizioni di utilizzo sono limitate sotto il profilo della
portanza e dei cedimenti. Sono litofacies cui corrispondono le condizioni di risposta sismica
relativa più gravose.
7. DESCRIZIONE DELLE FORMAZIONI PRESENTI
Le indagini effettuate (Relazione geologico-tecnica S02/03) hanno permesso di riconoscere
la seguente successione così suddivisa
in
funzione delle diverse caratteristiche
stratigrafiche, granulometriche e geotecniche dei vari terreni incontrati.
Formazione 1 – Terreno vegetale
Lo spessore è compreso tra 1.0 m e 1.5 m. Si presenta di colore marrone e a granulometria
limoso-argillosa. Si rinvengono minerali femici e resti vegetali.
Formazione 2 – Tufo granulare marrone bruno
Al di sotto è presente tufo granulare marrone bruno a tratti marrone-grigiastro, a prevalente
granulometria sabbioso-limosa a tratti sabbioso-ghiaiosa; si rinvengono abbondandi femici e
scorie varicolori. A luoghi si presenta argillificato e di colore marrone-rossastro. Si rinviene
da mediamente addensato ad addensato. Lo spessore è compreso tra 3.9 m (S2) a 8.0 m
(S3).
Formazione 3 – Tufo granulare grigiastro
Inferiormente è presente tufo granulare grigiastro a prevalente granulometria sabbiosoghiaiosa a tratti sabbioso-limosa; si presenta da addensato a ben addensato. Si rinvengono
abbondanti femici, analcime e scorie. A luoghi nel sondaggio S3 sono presenti frammenti di
lava. Lo spessore è compreso tra 1.5 m (S3) a 2.7 m (S2).
Formazione 4 – Lava
La successione investigata termina con questa formazione costituita da lava leucititica grigionerastra, compatta; si presenta non fessurata e poco vacuolare. Nel sondaggio S2 da 7.7 m
a 9.0 m si rinviene in frammenti immersi in una matrice sabbiosa grigio scuro. Lo spessore è
compreso tra 1.0 m (S1 e S3) a 2.3 m (S2), ma rimane comunque aperto verso il basso in
quanto non è stato raggiunto il limite inferiore.
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Nell’allegato 1 della relazione geologico-tecnica S02/03 sono riportati le stratigrafie dei
sondaggi geognostici eseguiti che meglio chiariscono, anche visivamente, i rapporti esistenti
tra le formazioni presenti.
8. CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA DELLE FORMAZIONI
8.1 Introduzione
La caratterizzazione geotecnica dei terreni presenti nell’area in studio è stata effettuata
utilizzando i risultati delle prove geotecniche di laboratorio di 8 campioni prelevati durante
l’esecuzione dei 3 sondaggi e mediante le 23 prove penetrometriche eseguite (Relazione
geologico-tecnica S02/03).
Sono state pertanto eseguite analisi fisiche-granulometriche e prove di taglio diretto (TD) con
scatola di Casagrande da 36 cm2 per ottenere i parametri coesione (c') e angolo di attrito
interno (φ'), espressi in termini di tensioni efficaci; prova di espansione laterale libera (ELL)
per ottenere la coesione non drenata (cu) oltre a una prova di permeabilità per ottenere il
coefficiente di permeabilità (K).
Le principali caratteristiche fisico-meccaniche rilevate per ciascun livello campionato sono
state le seguenti:
caratteristiche fisiche
-γ
= peso di volume naturale
-K
= coefficiente di permeabilità
caratteristiche meccaniche
- c'
= coesione drenata (in termini di tensione efficace), ottenuta da una prova di taglio
diretto consolidata drenata
- φ'
= angolo d'attrito interno (in termini di tensione efficace), ottenuto da una prova di
taglio diretto consolidata drenata
- cu
= coesione non drenata ottenuta da una prova di espansione laterale libera
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8.2 Descrizione geotecnica
Vengono di seguito illustrate, con riferimento alle formazioni stratigrafiche incontrate nel
corso delle indagini, le principali caratteristiche fisico-meccaniche derivanti dalle prove
geotecniche eseguite in laboratorio, dalle prove penetrometriche e dalla letteratura
geotecnica qualora il dato di laboratorio non sia disponibile.
F1) Terreno vegetale
Dati di letteratura e prove penetrometriche:
γ
= 1.60 - 1.80
g/cm3;
c’
= 0.0
kg/cm2;
φ’
= 25 - 28
°;
F2) Tufo granulare marrone bruno
Campioni S1C1, S2C1, S3C1, S3C2 S3C3 e prove penetrometriche* :
γ
= 1.56 - 1.82
g/cm3;
c’
= 0.0 – 0.37
kg/cm2;
cu
= 0.43
kg/cm2;
φ’
= 27 - 36
°;
φ*
= 29 - 34
°;
k
= 3.5x10-6 - 4.5x10-7
cm/sec;
F3) Tufo granulare grigiastro
Campioni S1C2, S2C2, S2C3, e prove penetrometriche* :
γ
= 1.56 - 1.82
g/cm3;
c’
= 0.0
kg/cm2;
φ’
= 36 - 41
°;
φ*
= 36 - 38
°;
F4) Lava
Dati di letteratura
γ
= 2.80 - 2.90
g/cm3;
σf
= 1000 - 1500
kg/cm2;
L’allegato relativo alle prove di laboratorio (Allegato 2 Relazione geologico-tecnica S02/03)
riassume tutti i parametri geotecnici rilevati per ciascun campione.
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9. ELABORATI CARTOGRAFICI DI SINTESI
9.1 Carta della pericolosità geologica e vulnerabilità del territorio
La Carta della pericolosità e vulnerabilità del territorio è il risultato dell’analisi e della
comparazione degli elementi precedentemente acquisiti. Tra gli aspetti di pericolosità
emergono la franosità, l’alluvionabilità e l’amplificazione sismica; mentre per quanto
concerne la vulnerabilità viene considerato l’inquinamento degli acquiferi e la stabilità dei
versanti.
Il termine pericolosità viene utilizzato non in termini di probabilità che un dato fenomeno
naturale possa verificarsi, ma come indice della presenza in una determinata zona di
situazioni geologiche che possono limitare l’intervento urbanistico o della possibilità che
situazioni simili possano verificarsi in futuro.
In questa carta vengono rappresentate delle zone omogenee in cui sono presenti o possibili
situazioni geologiche penalizzanti operando una zonazione del territorio in aree con diverso
grado di pericolosità a seconda della loro intensità ed eventuale concomitanza.
Sono stati riconosciuti 2 intervalli di pericolosità crescente. Tale suddivisione è stata
realizzata sovrapponendo e integrando i dati forniti dalla lettura dei precedenti elaborati
cartografici prodotti. In particolare, la carta geologica ha indicato le caratteristiche litotecniche
dei terreni; la carta geomorfologia ha definito i processi geomorfici attivi e le forme derivate
da questi; la carta idrogeologica ha descritto la permeabilità dei terreni, l’idrodinamica
superficiale e sotterranea; la carta delle acclività ha riconosciuto le aree di potenziale
dissesto idrogeologico; la cartografia vegetazionale redatta dall’agronomo ha individuato la
tipologia di vegetazione presente sui versanti; la carta della microzonazione sismica ha
suddiviso il territorio comunale in funzione delle aree aventi comportamento sismico
omogeneo.
1- Pericolosità molto bassa
Pericolosità geomorfologia e caratteristiche geologico-tecniche tali da non imporre particolari
limitazioni alle scelte urbanistiche. I territori che ricadono in questa classe sono le aree
collinari a bassa acclività con caratteristiche geotecniche da buone a ottime. I processi
geomorfici sono poco intensi e non ci sono condizioni favorevoli all’amplificazione sismica.
2- Pericolosità bassa
Pericolosità geomorfologia e caratteristiche geologico-tecniche che richiedono l’esecuzione
di indagini geognostiche. Le aree che ricadono in questa classe sono gli impluvi sede di
drenaggio superficiale e le aree di ricarica della falda acquifera a più elevata vulnerabilità.
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9.2 Carta dell’idoneità territoriale
La Carta della idoneità territoriale è il prodotto dell’analisi della pericolosità e vulnerabilità del
territorio in funzione dello strumento urbanistico, realizzata tenendo presente i possibili effetti
indotti dall’attuazione dello stesso sull’ambiente. L’idoneità del territorio è valutata in
relazione alla previsione urbanistica ed è funzione dei rischi individuati e degli interventi atti a
mitigarli. Quando non sussiste la possibilità di abbassare la soglia di rischio a livelli
accettabili, l’area viene considerata “non idonea”. La valutazione e la mitigazione dei rischi
tiene inoltre conto delle aree circostanti, e comunque esterne, a quella interessata dallo
strumento urbanistico, che potrebbe esercitare e/o subire un’influenza dell’area in esame. La
valutazione dei rischio è estesa anche alle aree urbanizzate, dove la soglia di rischio può
essere ridotta anche attraverso il miglioramento delle caratteristiche strutturali dell’edificato,
delle aree agricole, boscate e a verde, per le quali vengono previste condizioni anche
minime di edificabilità e comunque di uso del territorio.
Sulla base della valutazione della pericolosità geologica, geomorfologica, sismica e
idrogeologica sono state individuate le seguenti 2 aree.
1 - Area con idoneità senza particolari limitazioni
Area in cui non c’è nessun limite all’edificabilità in quanto non sono presenti zone in frana e
di esondazione. I terreni presentano ottime caratteristiche geomeccaniche. La progettazione
degli interventi edificatori deve comunque attenersi alle norme tecniche emanate con il D.M.
11/03/1988.
2 - Area con idoneità con particolari limitazioni
Aree nelle quali l’edificabilità è possibile ma richiede indagini geognostiche specifiche,
verifiche di stabilità ed eventuali interventi di stabilizzazione preventivi. Le caratteristiche
geomeccaniche dei terreni sono da buone a mediocri e localmente anche variabili, remote
possibilità di esondazione. A livello di progetto sono necessarie indagini geognostiche per la
definizione dei parametri geomeccanici dei terreni, della capacità portante e degli eventuali
cedimenti totali e differenziali. La progettazione degli interventi edificatori deve comunque
attenersi alle norme tecniche emanate con il D.M. 11/03/1988.
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10. CONCLUSIONII
Nell’area di nuova destinazione d’uso il presente studio Geologico, sintetizzato dalle Carte
sia della pericolosità geologica e vulnerabilità del territorio sia dell’idoneità territoriale, non ha
evidenziato particolari preclusioni e/o pericolosità dal punto di vista geologico, anche sulla
base delle indagini geotecniche in sito svolte e riportate sulla nostra relazione geologicotecnica S02/03.
Roma, 2 gennaio 2007
(Dott. Geol. Fabio Garbin)
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