un viaggio lungo l`arco alpino alla ricerca dell`agricoltura

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We Are Alps: un viaggio lungo l'arco alpino alla ricerca dell'agricoltura che resiste
We Are Alps: un viaggio lungo l'arco alpino alla
ricerca dell'agricoltura che resiste
28.08.2014 di Simonetta Radice
Il tour We Are Alps organizzato dalla Convenzione delle Alpi e raccontato da
Simonetta Radice. Parte Prima: dalla Val d'Ossola alla Val Poschiavo.
Verso Poschiavo sul Bernina Express
Photo by Simonetta Radice
Coop Sociale La Prateria Domodossola
Photo by Simonetta Radice
"Negli anni 50 Il contadino montanaro è sceso nelle fabbriche e oggi risalire la montagna è dura,
è dura". Così mi diceva Reinhold Messner a proposito dello stato di salute dell’agricoltura di
montagna del nostro Paese. E proprio all’agricoltura delle terre alte è stato dedicato – nel 2014,
anno internazionale del Family Farming –il tour We Are Alps organizzato dalla Convenzione delle
Alpi per offrire alla stampa internazionale uno spaccato di come vive e cresce oggi l’attività
agricola sull’arco Alpino. Da Domodossola alla Valtellina, dalla Svizzera alla Val Venosta fino al
Tirolo, la richiesta che si alza a più voci è la stessa: riconoscere all’agricoltura di montagna un
valore che va oltre la mera produzione - la redditività del resto è un tasto dolente dappertutto - e
che riguarda la protezione del territorio contro il dissesto idrogeologico, la tutela del paesaggio e
la creazione di occupazione a livello locale contro l’abbandono delle terre alte. Se le esigenze
sono comuni, ogni territorio, ogni Paese ha specifiche problematiche da affrontare e risponde in
maniera diversa alle istanze.
In Val d’Ossola: agricoltura e disabilità
La Val d’Ossola è un angolo di Piemonte che resiste: registra gli addetti più giovani rispetto alla
media regionale (51 anni contro 58), una sostanziale presenza femminile e all’ultimo censimento
(dato ISTAT 2012) 81 aziende che producono formaggio caprino. Non solo: Domodossola ospita
un esempio funzionante di cooperativa sociale, che coniuga l’attività agricola con il recupero
delle persone disabili o in condizioni di svantaggio economico. "La Prateria" – questo il nome
della cooperativa – è attiva sul territorio da oltre 20 anni e nasce da su iniziativa del Lions club di
Omegna e altri club della zona, con il contributo del distretto Lions 108 Ia1 e in collaborazione
con un gruppo di volontari. Oggi la struttura conta tredici dipendenti di cui dieci disabili e si avvale
della collaborazione imprescindibile di oltre cinquanta associazioni di volontariato attive sul
territorio, nonché di borse di volontariato internazionale. "Da una parte diamo il nostro contributo
Caseificio Alpibitto Albaredo
Photo by Simonetta Radice
Lo storico negozio Ciapponi Morbegno
Photo by Simonetta Radice
PORTFOLIO / gallery
Portfolio: We Are Alps: un viaggio lungo l'arco
alpino alla ricerca dell'agricoltura che resiste
a tener viva l’economia agricola montana in un territorio a rischio di abbandono" dice il
presidente de La Prateria Ivan Guarducci "Dall’altra adempiamo allo stesso tempo una funzione
sociale importante, anch’essa di grande importanza in un territorio come il nostro, collaborando a
stretto contatto con molte realtà del volontariato e non solo". Coltivazione di ortaggi e piccoli frutti
(La Prateria è il maggior produttore di patate bio in Ossola), ippoterapia, ortoterapia: come
sempre la parola d’ordine per le aziende agricole è multifunzionalità e La Prateria non fa
eccezione: oggi la cooperativa ha infatti aperto anche un piccolo agriturismo dove è possibile
gustare i prodotti coltivati o trasformati.
V di Valtellina
Dici Valtellina e subito pensi al vino, alla breasola e al Bitto. Qui, forse più che altrove, le aziende
agricole sono a dimensione familiare, se si pensa che nella provincia di Sondrio la produzione
del latte si basa su un totale di tredicimila capi e ogni azienda ne possiede circa venti. Albaredo
per San Marco, comune di 350 abitanti nel parco delle Orobie Valtellinesi, è l’esempio di un
paese di montagna che non si arrende, che investe sulle sue tradizioni e scommette sul futuro.
Oltre il 95% del territorio comunale è ancora coltivato e nel 2006 è stato aperto il caseificio
Alpibitto, a cui conferiscono tutti gli allevatori del paese per una produzione totale di circa 2500
kg l’anno di formaggio a latte crudo, tra Bitto e Matusc. Nello stesso edificio, è stato aperto un
call center che dà lavoro a 25 donne e offre servizi di telemarketing, help desk, teleselling e altro
ad aziende pubbliche e private. Il centro del Paese celebra gli antichi mestieri e le antiche
tradizioni: il passaggio dei lavatoi, ancora utilizzato dalle donne del posto, racconta con dipinti e
sculture le leggende e le attività che da sempre popolano la valle. "Albaredo è un esperimento di
successo oggi" dice l’ex sindaco Patrizio del Nero. "Siamo oggetto di studio da parte di università
italiane e internazionale e sarebbe molto importante condividere esempi di buone pratiche per
dare voce alla montagna che vive, che non rinuncia alle sue tradizioni e al tempo stesso è
capace di guardare avanti. Credo che il valore specifico dell’agricoltura di montagna,
dell’agricoltura eroica debba essere riconosciuto con sistemi specifici, perché ha effetti positivi su
tutta la comunità".
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29.08.14 11:33
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We Are Alps
Alpi
Convenzione delle Alpi
Val d’Ossola
Questione di DNA
A Morbegno la Convenzione delle Alpi ha da poco aperto un nuovo Info Point; qui incontriamo il
padre di un giovane allevatore, che ha deciso di portare avanti la tradizione di famiglia "Per fare
agricoltura in montagna bisogna averlo nel DNA" dice "non ci si improvvisa e non bisogna aver
paura di far fatica". "Il nostro è un territorio molto difficile" aggiunge il sindaco Andrea Ruggeri
"ma anche capace di dare grandi soddisfazioni; agricoltura di montagna significa tante cose,
dalla salvaguardia del territorio alle nuove prospettive di occupazione per più o meno giovani."
Valtellina
Val Poschiavo
Simonetta Radice
INFO / links & info:
www
www.alpconv.org
Viticultura eroica in Valtellina
Ma la Valtellina è nota soprattutto per il vino. Nella provincia di Sondrio, la fondazione Fojanini
assiste oltre tremila piccoli produttori dediti alla cosiddetta "viticoltura eroica", che sfrutta il poco
terreno che le montagne mettono a disposizione attraverso la lunga e paziente opera dei
terrazzamenti. Siamo naturalmente sul versante retico della valle – l’area terrazzata più vasta
d’Italia - e parliamo di un’estensione totale di circa 1500 ettari. Di queste tremila piccole aziende,
la metà producono per autoconsumo e costituiscono un secondo lavoro per chi le possiede e
solo una ventina si automantegono. C’è da dire che fino agli anni Ottanta tutto il vino valtellinese
veniva venduto quasi solo in Svizzera. Oggi la qualità è decisamente migliorata e vengono
commercializzate circa 3 milioni di bottiglie l’anno, tutte a denominazione di origine controllata. Il
vitigno è naturalmente il Nebbiolo, particolarmente adatto alla montagna perché permette una
vendemmia tardiva – essenziale per chi d’estate era o è impegnato nella monticazione del
bestiame - e invecchia lentamente. In Valtellina, l’abbandono delle terre coltivate è forse meno
sentito che altrove "è un terreno faticoso da coltivare, e chi ha qualcosa se lo tiene stretto" fa
notare il ancora Andrea Ruggeri "ma quando un vigneto viene abbandonato" aggiunge Graziano
Murada, presidente della fondazione Fojanini "insegniamo a piantare olivi, che sono piante
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rustiche, hanno bisogno di poco lavoro e permettono di evitare che il terreno si degradi fino a
quando un nuovo viticoltore non decida di riprendere l’attività." E il biologico, di cui tanto si parla?
"E’ un concetto destinato a cambiare" continua Graziano Murada "In futuro sarà necessario che
tutta la filiera sia effettivamente bio, con un occhio di riguardo per il risparmio energetico."
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Rinvio robusto per l'arrampicata in
falesia.
Valposchiavo: parola d’ordine "Bio"
Proprio sul concetto di Bio punta tutto la Val Poschiavo, che si presenterà insieme alla Valtellina
per Expo 2015. Valtellina e Valposchiavo: separate politicamente dal XV secolo, hanno
mantenuto nel tempo rapporti commerciali molto stretti e sono collegate dal Bernina Express,
parte del Patrimonio Unesco dell’Umanità. L’obiettivo della piccola Val Poschiavo (237 km
quadrati per 3500 abitanti) è raggiungere quota 100% bio per tutta la produzione agricola locale.
Obiettivo possibile, se si pensa che oggi la percentuale di terreno coltivato bio è il 91% ( in tutta
la Svizzera, le aziende bio sono circa il 12%, meno che in Austria come vedremo.) "Questo
risultato è il frutto di un cammino iniziato quasi 30 annni fa" dice Gianluca Giuliani, responsabile
del progetto. "Si tratta di una filosofia che la valle ha voluto e vuole abbracciare per valorizzare la
produzione locale, dalla materia prima al prodotto finito: nella stessa ottica è nata l’etichetta
100% Val Poschiavo, che identifica tutti i prodotti a filiera locale." La valle conta una cinquantina
di aziende agricole full time e altrettante part time: si tratta per lo più di aziende piccole – le più
grandi non dispongono di oltre 50 ettari di terreno – con in media una ventina di capi per un tipo
di agricoltura rigorosamente estensiva, premiata con sovvenzioni specifiche da parte della
Confederazione. "Resta ancora qualche passo da fare" continua Giuliani "stiamo cercando di
fare rete con hotel e ristoranti perché inseriscano nei loro menu anche piatti 100% Val Poschiavo
e perché ci aiutino a veicolare l’immagine di una valle attenta a rafforzare la propria identità". Chi
vuole diversificare la propria attività agricola punta infine sulle erbe officinali. E’ il caso
dell’azienda bio Raselli, 1 5 ettari e 30 varietà di piante coltivate per una produzione di 40
tonnellate di erbe secche all’anno circa. Attiva da oltre 30 anni, l’azienda è fornitore dagli anni 80
di Ricola, "che paga prezzi equi, che permettono di vivere" dice il titolare Reto Raselli. Ma è il
mercato delle tisane a rappresentare la parte più consistente del suo business, commercializzate
anche da Coop svizzera a marchio Coop. "Abbiamo comunque una linea di prodotto tutta nostra"
continua Raselli "è importante, perché permette di far conoscere al cliente finale anche il nome
del produttore". La Valtellina – ma possiamo dire l’Italia - è dietro l’angolo ma sembra di essere
atterrati su un altro pianeta. Qui nessuno rinuncia alla certificazione bio perché si scoraggia di
fronte alla burocrazia e la specificità dell’agricoltura di montagna viene riconosciuta e premiata: le
aziende possono così non rincorrere il modello simil-industriale per poter essere redditive, ma
concentrarsi sulla qualità dei prodotti.
Siamo a metà del nostro itinerario ma una cosa è ormai chiara: l’agricoltura di montagna non può
vincere in una logica di concorrenza con la pianura e con la produzione industriale: per le terre
alte non possono valere le sole leggi del mercato, soprattutto quando quest’ultimo gioca al
ribasso a favore del profitto immediato. Ma profitto non significa automaticamente valore, e
viceversa: prati sfalciati, muri a secco, territori abitati e curati sono un patrimonio che arricchisce
la comunità, che aiuta il turismo, che aumenta il benessere sociale. E’ davvero possibile
quantificare tutto questo?
di Simonetta Radice
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29.08.14 11:33