Dopo 7 anni una carezza: “Così mia glia Giulia si è svegliata dal

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Dopo 7 anni una carezza: “Così mia glia Giulia si è svegliata dal
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SITO WEB
INDIRIZZO
sabato 26 novembre 2016
www.lastampa.it
http://www.lastampa.it/2016/11/26/italia/cronache/dopo-anni-una-carezza-cos-mia-figlia-giulia-si-svegliata-dal-comaSwFZZJEdqTDOOjD2o5rD5H/pagina.html
Dopo 7 anni una carezza: “Così mia glia Giulia si è
svegliata dal coma”
Maura con la figlia in una piazza di Torino: oggi Giulia ha 27 anni
Non sappiamo se Giulia è un miracolo della vita. Perché noi non sappiamo cosa sono i miracoli. Ma Giulia è
uscita dal coma dopo sette anni, una mattina di febbraio che c’era il sole e un bel silenzio in quella luce,
nella camera della clinica con le pareti colorate e le montagne alla nestra, come disegni sui vetri, perché
tutto era così fermo in quella stanza da non sembrare vero, mentre la mamma le teneva la mano e lei è
salita con la sua per accarezzarla, senza parole.
Il silenzio a volte fa un gran rumore sul lato del cuore. Sua madre, Maura, ha pensato di sognare. Le ha
chiesto di rifare il gesto, perché non ci credeva. E Giulia le ha s orato di nuovo il braccio con la sua mano.
Dev’essere stato il suo modo per dire grazie. Maura è corsa fuori, a chiamare i medici: «Mia glia s’è
risvegliata!».
Adesso Giulia è qui davanti a noi, su una sedia a rotelle, con la sua giacca a vento blu scuro, una sciarpa di
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Ad uso
Esclusivo
del destinatario
viola
sui capelli
ricci, i calzoni stretti negli an bi, e gli occhi spalancati che ci guardano mentre recita
una delle cose che scrive per far delle canzoni, perché lei ama la musica: «A causa di un aneurisma è
successo un cataclisma, mi si è rotta una vena in testa. E non è stata una gran festa...». Aveva 15 anni quel
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Il silenzio
a volte fa
un gran rumore sul lato del cuore. Sua madre, Maura, ha pensato di sognare. Le ha
sabato
26 novembre
2016
chiesto
di
rifare
il
gesto,
perché non ci credeva. E Giulia le ha s orato di nuovo il braccio con la sua mano.
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Dev’essere
stato
il
suo
modo
per dire grazie. Maura è corsa fuori, a chiamare i medici: «Mia glia s’è
http://www.lastampa.it/2016/11/26/italia/cronache/dopo-anni-una-carezza-cos-mia-figlia-giulia-si-svegliata-dal-comarisvegliata!».
SwFZZJEdqTDOOjD2o5rD5H/pagina.html
Adesso Giulia è qui davanti a noi, su una sedia a rotelle, con la sua giacca a vento blu scuro, una sciarpa di
seta viola sui capelli ricci, i calzoni stretti negli an bi, e gli occhi spalancati che ci guardano mentre recita
una delle cose che scrive per far delle canzoni, perché lei ama la musica: «A causa di un aneurisma è
successo un cataclisma, mi si è rotta una vena in testa. E non è stata una gran festa...». Aveva 15 anni quel
pomeriggio del 24 marzo 2004, quando è cominciato tutto. Faceva la seconda scienti co all’Einstein,
ottimi voti e una vita felice. Giulia era una bella ragazzina, con i capelli ricci e biondi lunghi no in fondo alla
schiena. Era sul pullman con delle amiche che andava a trovare la nonna a San Mauro. A un certo punto s’è
come accasciata: «Ho un male terribile». Dietro il capo, sopra il collo. La portano all’ospedale San Giovanni
Bosco: ha un aneurisma per una malformazione congenita al cervello, di cui nessuno sapeva niente. La
mamma ricorda che quando sono arrivati al Pronto Soccorso, lei e il papà, li hanno fatti sedere e si è
sentita male: «Ditemi che cos’è?!». Il primario, dottor Luparello, le ha spiegato che «una malformazione così
se ne vede una ogni cento anni. Dif cile affrontarla». Però ci ha provato. Ha deciso di operarla, dopo averla
salutata sulla soglia della camera: a domani, Giulia. «Ha scommesso su di lei», dice Maura: «Gli dobbiamo
molto».
Quasi 13 ore di intervento, dalle 6 di sera alle 7 del mattino, con 12 sacche di sangue perché quando ha
tolto l’aneurisma è come se avesse levato un tappo. «Era irriconoscibile, tutta fasciata, completamente
gon a, intubata». Le avevano tolto anche una parte di cervello. «Adesso dobbiamo arginare questa diga
che si è aperta», le dice il dottor Livigni. La mamma la veglia senza un attimo di sosta, leggendole Harry
Potter, che a lei piaceva. È in coma indotto, ma quando provano a risvegliarla, inizia una seconda emorragia
cerebrale. Le fanno un’altra craniotomia. Stavolta non è più coma indotto. Passa un anno e mezzo in
quell’ospedale. Vogliono metterle una valvola intracranica, ma la valvola si ottura. Altra operazione, per
metterle una valvola esterna: ne cambiano almeno cinque. La portano agli Anni Azzurri di Volpiano. C’è un
grande silenzio, in quell’emporio dell’ef cienza che a Maura sembra persino troppo lucente al confronto del
disordine così caldo dell’ospedale.
E invece è proprio qui che si risveglia. Altro tempo deve passare però, e altri dolori. Maura la veste tutte le
mattine, le in la le scarpe, la fa passeggiare, cerca di inventarle una seppur piccola abilità motoria anche
con il coma. Le prende una tv, organizza la festa di compleanno per i suoi 18 anni, con un sacco di gente, i
festoni e i palloncini che lei guarda inerte dal suo mondo lontano. Fa venire a sue spese una logopedista,
una neuropsicologa e un operatore ri essologo che l’aiutano a mantenere il corpo intatto. «Bisogna
scommettere sulla persona anche quando è in coma», dice. Lei ha fatto di più. La vita può regalare anche
amori così grandi, oltre al dolore. Vende il suo appartamento, perché adesso la sua casa è quella camera lì,
con quelle montagne alla nestra che forse saranno nte. Mentre il calvario continua: c’è un batterio che la
infetta e bisogna operarla di nuovo. Solo che dopo l’intervento, ritorna. La curano i dottori Ricci e Casarino,
e lei li prega: «Per favore, teniamola almeno com’è». Alla ne i medici riescono a levarle il batterio. Poi arriva
quella mattina di febbraio. Giulia si risveglia «e la sanità si accorge improvvisamente di noi». Ma bisogna
operarla di nuovo: ci sono gli ascessi cerebrali da rimuovere. Lo fa il dottor Federico Griva: «Luparello l’ha
salvata, e Griva me l’ha ridata alla vita».
Ce n’è voluto di tempo perché l’amore di una mamma avesse ragione. Se c’è un miracolo è questo. Ora
Giulia ha seguito il corso di riabilitazione nel Centro Cardinal Ferrari di Fontanellato del gruppo Kos. Lei
continua a leggerle i libri, la porta al mare a Marina di Bibbona, e ora vogliono andare a Barcellona in
camper e poi a New York. Maura ha solo paura che dopo di lei non ci sia lo stesso amore per farla vivere
come adesso. Il suo sogno è mettere insieme una piccola comunità di persone con lo stesso problema.
Giulia scrive le sue canzoni rap sperando che J-Ax o Fedez gliele cantino. Le piacciono i Mouse e i Linkin
Park, musica dura. E ascolta Vasco Rossi, Alba Chiara. Ce n’è voluto di tempo. Questa è la vita, Giulia. C’è un
po’ di confusione, la piazza è piena di gente. Ma senti come piove. Giulia, senti come piove.
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