Piroplasmosi nei Cavalli abruzzesi e marchigiani
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Piroplasmosi nei Cavalli abruzzesi e marchigiani
11-05-2007 14:32 Pagina 209 Contributi pratici 05_maggio_2007_DEF.qxp nei Cavalli Piroplasmosi abruzzesi e marchigiani Gennaro J. Di Corinto Libero professionista Parole chiave Piroplasmosi Theileria equi Babesia caballi immunofluorescenza reazione a catena della polimerasi Barbara Bonfini, Giovanni Savini I.Z.S. dell’Abruzzo e del Molise Antonio Gatti Università di Teramo Riassunto Tra il 2002-2005 un gruppo di 380 cavalli allevati in Abruzzo e nelle Marche sono stati esaminati per Theileria equi e Babesia caballi mediante immunofluorescenza indiretta (IFI) e reazione a catena della polimerasi (PCR). Per l’infezione da T. equi sono stati inoltre valutati l’andamento nel periodo considerato, l’influenza di alcuni fattori intrinseci ed estrinseci all’animale e l’associazione con la sindrome da minor rendimento. Per lo studio dell’andamento dell’infezione nei quattro anni, in alcuni casi sono stati effettuati più prelievi da uno stesso animale per un totale di 582 campioni esaminati in IFI e PCR. Per verificare se il periodo in cui è stato effettuato il prelievo potesse aver influito sulla percentuale d’infezione, sono stati comparati i risultati ottenuti in PCR dai 189 prelievi del periodo novembre-aprile con i 331 di maggio-ottobre, mesi in cui le zecche sono più abbondanti. Per stimare l’influenza di alcuni fattori intrinseci ed estrinseci all’animale, sono stati esaminati in IFI campioni di differente sesso (n = 380), classi di età (377), regione (n = 378) e attitudine (360). I risultati dell’analisi di 303 cavalli scelti con criteri di casualità mostrano che l’infezione da T. equi è attualmente responsabile della quasi totalità delle piroplasmosi equine presenti in Italia: in questo studio, il 96,1% delle positività è dovuto a T. equi, ed il rapporto riscontrato tra le due infezioni protozoarie è 25:1. Percentuali di infezione da T. equi simili sono state osservate tra cavalli di differente sesso, attitudine e regione di provenienza, mentre percentuali diverse si sono osservate tra le varie classi di età, con valori significativamente più elevati nei cavalli di età superiore agli 8 anni. La percentuale di infezione è risultata uniformemente distribuita nei prelievi effettuati nella stagione favorevole alla infezione ed in quella invernale. L’associazione tra infezioni da T. equi e sindromi da minor rendimento è stata confermata dai risultati della comparazione tra la percentuale d’infezione riscontrata in PCR in un gruppo di 306 cavalli clinicamente sani al momento del prelievo e quella ottenuta in un gruppo di 74 cavalli che presentavano un calo delle performance sportive e/o una inusuale svogliatezza nelle normali attività quotidiane. 5 / 209 05_maggio_2007_DEF.qxp 11-05-2007 14:32 Pagina 210 Contributi pratici Introduzione La piroplasmosi equina è una parassitosi delle cellule ematiche trasmessa da zecche e sostenuta da protozoi del genere Babesia, B. equi e B. caballi. B. equi, a causa della presenza di uno stadio schizogonico intra linfocitario precedente a quello intra eritrocitario nell’ospite vertebrato, all’assenza di trasmissione transovarica e alla resistenza ai babesicidi tradizionali, è stata inclusa nel genere Theileria. La malattia può manifestarsi in forma iperacuta, acuta, subacuta e cronica: le prime due sono caratterizzate da un quadro clinico grave, talvolta mortale, mentre le forme subacuta e cronica si presentano, di norma, in forma subdola e spesso inapparente. A questi casi subdoli ed alla conseguente formazione di permanenti serbatoi di infezione è legata la vasta diffusione della malattia nel mondo. Il problema principale di questa patologia, oltre alla gravità dei sintomi, è rappresentato dal suo difficile controllo: infatti, tenuto conto degli ambienti in cui vengono allevati gli equini, della loro estesa superficie corporea e dell’ingente produzione di secreto da parte delle ghiandole sudoripare quando l’animale è sottoposto ad allenamento, è difficile tenere basso il livello di infestazione dell’ospite vertebrato. Un altro fattore non trascurabile è rappresentato dal fatto che, a seguito di un episodio acuto, un cavallo può diventare carrier di infezione anche per tutta la vita, con la conseguente presenza di soggetti asintomatici che, in particolari situazioni di stress, possono riproporre il quadro clinico tipico della forma acuta. Le babesie equine sono cosmopolite: sono state segnalate nell’Europa meridionale e nell’ex Unione Sovietica, mentre non si riportano casi di origine autoctona in Svizzera, al nord delle Alpi, Austria, Germania, Olanda, Irlanda e Gran Bretagna, nonostante la presenza dei potenziali vettori responsabili della trasmissione. Aree endemiche sono l’Africa, l’America latina e tutta l’Asia, eccetto il Giappone. In Australia sono state introdotte nel 1976, mentre negli Stati Uniti sono rimaste localizzate in Florida grazie al’’imposizione di rigide misure precauzionali. L’Italia non sembra discostarsi da quanto osservato negli altri Paesi: benché queste infezioni protozoarie siano endemiche e rappresentino ancora oggi una delle maggiori cause d’impedimento alla movimentazione di cavalli, non vi sono che pochi studi recenti, che hanno rilevato titoli anticorpali nei confronti di T. equi e/o B. caballi in quasi un terzo dei cavalli esaminati, con titoli da imputare per la quasi totalità alla prima che, delle due, è l’infezione più grave. In questo lavoro ci si è prefisso di aggiornare i dati esistenti, in modo da avere il punto sulla attuale presenza della babesiosi in Abruzzo e nelle Marche e di approfondire alcuni aspetti di questa patologia per tanti versi ancora poco chiari. Ricondurre lo scarso rendimento di un cavallo atleta alla piroplasmosi non è pratica comune e non di rado siffatti quadri clinici rimangono privi di una diagnosi e, di conseguenza, di una terapia in grado di risolvere il problema. Ulteriore obiettivo di questo studio è quindi quello di indagare se infezioni da T. equi possono essere associate a sindromi da minor rendimento. Materiali e metodi Studio epidemiologico L’indagine, iniziata alla fine del 2001 e terminata nell’ottobre del 2005, ha coinvolto 380 cavalli di differente età, sesso, razza ed attitudine, allevati nelle regioni Abruzzo e Marche. A parte un gruppo composto da 74 animali, in cui il prelievo è stato effettuato a seguito di un sospetto clinico, la scelta degli altri campioni ha rispettato criteri casuali e, tra questi, 303 sono stati esaminati per determinare la percentuale di animali infetti dalle due infezioni protozoarie. Il sangue è stato prelevato asetticamente dalla vena giugulare del cavallo in due provette sottovuoto, di cui una contenente anticoagulante (EDTA). Sui campioni di siero l’esame per la ricerca di anticorpi è stato effettuato utilizzando la metodica di immunofluorescenza indiretta (IFI), mentre sui campioni di sangue con anticoagulante è stata eseguita la reazione a catena della polimerasi (PCR), in accordo con quanto descritto da Cammà et al. Per lo studio dell’andamento dell’infezione nei 4 anni considerati, in alcuni casi sono 5 / 210 stati effettuati più prelievi da uno stesso animale per un totale di 582 campioni di siero e di sangue esaminati per T. equi e B. caballi. Per la T. equi, inoltre, è stata valutata la possibile influenza che fattori intrinseci all’animale, come sesso ed età, od estrinseci, come periodo di campionamento, regione di appartenenza e attitudine, possono avere sulla percentuale di infezione. Per il sesso, gli animali sono stati divisi in 140 castroni, 79 maschi e 161 femmine. Per l’età, si sono formate tre classi: nella prima sono stati inclusi 71 soggetti da 1 a 3 anni, nella seconda 143 da 4 ad 8 e nella terza 163 cavalli di età superiore agli 8 anni. Per la regione di appartenenza, la percentuale di infezione nei 225 cavalli abruzzesi è stata comparata con quella osservata nei 153 marchigiani. Per valutare se l’attitudine dell’animale potesse influire sulla percentuale di infezione da T. equi, sono stati inclusi nello studio 189 cavalli da sella (equitazione di campagna) e 171 utilizzati in varie discipline sportive come galoppo, trotto, ostacoli, giostre cavalleresche, raining, endurance, morfologia, alta scuola. Per tutti questi fattori sono stati considerati solo i risultati ottenuti dall’esame sierologico dei campioni (IFI). Per verificare se il periodo in cui è stato effettuato il prelievo potesse aver influito sulla percentuale d’infezione, i risultati ottenuti in PCR dai 189 prelievi effettuati nel periodo novembre-aprile sono stati comparati con quelli dei 331 prelievi del periodo maggio-ottobre, mesi in cui le zecche sono più abbondanti. Monitoraggio clinico Il monitoraggio di tipo clinico è stato realizzato su una popolazione equina composta da 380 animali, tutti allevati in scuderie e utilizzati in varie discipline sportive o da sella. Al momento del prelievo ogni animale era sottoposto a visita clinica. L’indagine ha comparato la percentuale di infezione da T. equi riscontrata in PCR in un gruppo di 306 cavalli clinicamente sani al momento del prelievo con quella ottenuta in un altro gruppo di 74 cavalli, in cui si osservavano o erano segnalati dall’allevatore un calo delle performance sportive e/o una inusuale svogliatezza nelle normali attività quotidiane. 05_maggio_2007_DEF.qxp 11-05-2007 14:32 Pagina 211 Analisi statistica Figura 1 Distribuzioni di probabilità della percentuale di animali positivi alla reazione a catena della polimerasi per T. equi e B. caballi Figura 2 Distribuzioni di probabilità della percentuale di animali positivi alla immunofluorescenza per T. equi e B. caballi Figura 3 Distribuzioni di probabilità della percentuale di animali positivi alla reazione a catena della polimerasi per T. equi Figura 4 Distribuzioni di probabilità della percentuale di animali positivi alla immunofluorescenza per T. equi I dati parassitologici e sierologici sono stati analizzati mediante approccio bayesiano utilizzando la distribuzione di probabilità beta (s+1, n-s+1), dove s è il numero totale dei campioni positivi e n è il numero totale dei campioni esaminati. Il picco della curva di distribuzione rappresenta il valore più probabile della percentuale degli animali positivi mentre la larghezza della curva dà informazioni circa l’incertezza della stima dovuta alla dimensione del campione. Sono stati inoltre calcolati i rispettivi intervalli di confidenza al 95%. Risultati Studio epidemiologico Dei 303 campioni di sangue esaminati in PCR, 43 sono risultati positivi per T. equi (14,2%, l.c.i. 10,7%, l.c.s. 18,6), mentre 1 trottatore castrone di 8 anni per B. caballi (0,33%, l.c.i. 0,8%, l.c.s. 1,8%). Due castroni di 8 e 10 anni, uno adibito alla sella e l’altro agli ostacoli, hanno evidenziato presenza di materiale genetico di entrambi i protozoi (0,66%, l.c.i. 0,2%, l.c.s. 2,4%) (Fig. 1). Dei 303 campioni di siero esaminati in IFI, 57 sono risultati positivi per T. equi (18,7%, l.c.i. 14,8%, l.c.s. 23,6%), 1 cavalla da scuola di 8 anni per B. caballi (0,33%, l.c.i. 0,8%, l.c.s. 1,8%) mentre 1 castrone maremmano di 8 anni da sella ha evidenziato presenza di anticorpi nei confronti di entrambi i protozoi (0,33%, l.c.i. 0,8%, l.c.s. 1,8%) (Fig. 2). Il 2004 è l’anno che ha fatto rilevare una percentuale superiore di animali positivi alla T. equi (Figg. 3-4). L’incremento osservato al test dell’immunofluorescenza è risultato significativo rispetto al dato rilevato nel 2002 (Fig. 4). Non vi sono stati incrementi significativi (P > 0,05) nelle percentuali di animali infetti da T. equi negli altri anni considerati in questo studio (Figg. 3-4). Percentuali di infezioni da T. equi simili sono state riscontrate nei castroni (26,4%, l.c.i. 20,0%, l.c.s. 34,5%), nei maschi (20,2%, l.c.i. 12,9%, l.c.s. 30,4%) e nelle femmine (17,4%, l.c.i. 12,3%, l.c.s. 24,0%) esaminati (Fig. 5), mentre percentuali differenti si sono evidenziate nelle diverse classi di età considerate. In particolare, i valori osservati nella classe che includeva cavalli di età superiore agli 8 anni (25,8%; l.c.i. 19,7%, l.c.s. 33,0%) sono risultati significativamente più elevati rispetto a quelli evidenziati nella classe di cavalli di età compresa tra gli 1 e 3 anni (9,9%, l.c.i. 4,9%; l.c.s. 19,0%) (Fig. 6). Non si sono riscontrate differenze significative (P>0,05) nelle percentuali di infezione osservate tra i cavalli adibiti alla equitazione campestre e quelli impiegati nelle diverse discipline sportive, tra i cavalli abruzzesi e quelli marchigiani e tra i prelievi effettuati nella stagione favorevole all’infezione ed in quella invernale. Monitoraggio clinico Quando testati per T. equi mediante PCR, il gruppo di cavalli che presentava una sintomatologia da scarso rendimento ha evidenziato una percentuale di infezione da T. equi superiore (P < 0,05) rispetto al gruppo che al momento del prelievo non presentava sintomi (Fig. 7). 5 / 211 05_maggio_2007_DEF.qxp 11-05-2007 14:32 Pagina 212 Contributi pratici Figura 5 Distribuzione di probabilità della percentuale di stalloni, cavalle e castroni positivi alla immunofluorescenza per T. equi Figura 6 Distribuzione di probabilità della percentuale di cavalli positivi alla immunofluorescenza per T. equi suddivisi per classi di età Figura 7 Distribuzione di probabilità della percentuale di cavalli positivi alla reazione a catena della polimerasi per T. equi suddivisi in base alla sintomatologia Discussione I risultati esposti confermano che l’infezione da T. equi è attualmente responsabile della quasi totalità delle piroplasmosi equine presenti in Italia. In questo studio, il 96,1% delle positività è dovuto a T. equi, ed il rapporto riscontrato tra le due infezioni protozoarie è 25:1. Come in altre occasioni dimostrato, oggi si assiste ad un totale ribaltamento rispetto a quanto accadeva 35 anni or sono quando la maggior parte delle segnalazioni di piroplasmosi riguardava infezioni da B. caballi, talora anche in rapporto 10:1. La riduzione delle infezioni da B. caballi è sicuramente da attribuire, almeno in parte, ad un cambiamento del sistema di allevamento, con una riduzione del tipo brado o semibrado a cui sembra correlata l’infezione da B. caballi. L’incremento delle infezioni da T. equi è, invece, da implicare a diversi fattori. La presenza di elevate percentuali di infezioni riscon- trate in altri studi così come in questo, dove includendo tutte le positività riscontrate nei tests impiegati si raggiungono livelli di positività del 26,4%, e la bassa frequenza di casi conclamati riferibili a T. equi, farebbero supporre una presenza endemica di questa parassitosi con la maggior parte dei casi a decorso asintomatico. Nello stabilire questa situazione sono senza alcun dubbio entrate in gioco le caratteristiche biologiche di T. equi, quali la possibilità di trasmissione transtadiale dell’infezione da parte del vettore, che ne determinano la capacità di diffondersi più velocemente rispetto a B. caballi. In questo contesto è il cavallo stesso che può considerarsi serbatoio di infezione in quanto può rimanere parassitato da T. equi per tutta la vita, mentre la zecca gioca un ruolo secondario. È chiaro che in un simile scenario il riscontro di una distribuzione uniforme della positività nei prelievi effettuati nelle stagioni caldo umide rispetto a quelle fredde diventa facilmente prevedibile. Parimenti, diventano comprensibili anche le analoghe elevate percentuali di positività riscontrate in categorie come cavalli da equitazione campestre o cavalli adibiti a varie discipline sportive dove la diversa tipologia di allevamento, nonché le diverse attenzioni, potevano far presumere differenze significative nei livelli di infezione. La resistenza di T. equi alle terapie e la frequenza con cui i cavalli sono soggetti a spostamenti ne facilitano ulteriormente la diffusione dando origine a popolazioni equine con percentuali di infezioni simili come quelle abruzzesi e marchigiane. In queste condizioni di endemia si viene così a creare una situazione di stabilità caratterizzata da livelli di infezione pressoché costanti negli anni, così come evidenziato in questo studio (ad eccezione dei dati IFI ottenuti nel 2003), e dalla rarità dei casi clinici segnalati. In un contesto simile diminuiscono le forme iperacute-acute ed aumentano quelle croniche rendendo l’approccio diagnostico più complesso. I risultati ottenuti in questo lavoro evidenziano una chiara correlazione tra presenza di forme subdole caratterizzate da minor rendimento ed infezione da T. equi. Diventa quindi importante, da parte del veterinario, essere al corrente della presenza di questa parassitosi spesso troppo sottovalutata nel territorio dove esercita la professione. Un corretto approccio diagnostico è alla base di un mirato intervento terapeutico. Quest’ultimo, nei casi di sindrome da minor rendimento segnalati ed/o osservati nel presente lavoro, ha restituito il cavallo ai rendimenti abituali. È noto come in situazioni di endemia i puledri nati ricevano anticorpi materni verso T. equi attraverso il colostro. In queste aree l’immunità passiva trasmessa con il colostro, comprovabile fino a 5 mesi di età, insieme a fattori non specifici, garantisce ai puledri protezione nei confronti delle babesie equine per i primi 6-9 mesi di vita. Infezioni (frequenti in tali condizioni) prese durante questo periodo stimoleranno una risposta immunitaria attiva più duratura senza provocare quadri clinici conclamati. Dai risultati ottenuti è evidente come la percentuale di infezione negli animali esaminati cresca con l’aumentare dell’età. 5 / 212 05_maggio_2007_DEF.qxp 11-05-2007 14:32 Pagina 213 I livelli di infezione più elevati si sono riscontrati negli animali di età superiore agli 8 anni. Se è vero che con il passare degli anni aumenta la probabilità che un animale incontri una zecca infetta, è altrettanto vero che l’aumentata percentuale di infezione riscontrata nei cavalli anziani potrebbe essere una conseguenza del fatto che infezioni da T. equi possono durare tutta la vita dell’animale. Sebbene quest’indagine abbia coinvolto solo due regioni ed un numero limitato di animali, si è tuttavia convinti che studi simili siano in grado di fornire utili informazioni sulla situazione di queste parassitosi in Italia. È fuor di dubbio che l’approfondimento di alcuni aspetti, per molti versi ancora poco chiari, possa favorire un giusto approccio al problema evitando inutili apprensioni o eccessive superficialità. È utile ricordare che una giusta informazione potrebbe evitare contrattempi che non giovano né alla professione né tanto meno alla situazione italiana. La bibliografia è disponibile sul sito www.ilprogressoveterinario.it